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L'anti-leggenda napoleonica nelle stampe dei musei di Portoferraio
In collaborazione con
Il mito del rovescio. Alcuni cenni sull'iconografia satirica anti-napoleonica
La presenza di stampe satiriche anti-napoleoniche nelle collezioni Olschki e Turini De-Micheli custodite nei Musei Nazionali di Portoferraio, permette al visitatore di percepire immediatamente l'esistenza, accanto alla produzione iconografica di stampo apologetico, di un inaspettato "rovescio della medaglia". Se poi quel visitatore è di nazionalità francese e le sue vicende non lo hanno mai portato ad incrociare i numerosi studi fioriti nel suo Paese sull'argomento, l'effetto-sorpresa sarà per lui alquanto traumatico . Con gli occhi e la memoria nutrita dalle meritatamente celebri immagini di David, Ingres, Gros, Canova, Vernet, Girodet, Proudhon e tanti altri, oltre che da un'alluvione di altre figurazioni dell'imperatore, scoprirà in quei pochi disegni - spesso rozzi e attestati su standard stilistici mediocri - un mondo nuovo . Se non lo aveva mai sfiorato l'idea che Bonaparte potesse qualificarsi con appellativi diversi da "geniale", "immenso", "sublime", "valoroso" e via proseguendo sui toni sfolgoranti della celebrazione, si troverà ora all'improvviso di fronte ad un registro "nero", a un repertorio chiamato a rimandare l'immagine dell'uomo che arriva ad identificarsi completamente col potere, un uomo dispotico e violento, sprezzante e cinico con i propri sudditi, sanguinario con i nemici, codardo nel momento della sconfitta. Il fiorire di una feroce satira anti-napoleonica per immagini nei paesi schierati contro il Bonaparte, da questi assoggettati o minacciati (soprattutto in Inghilterra e in Prussia e, in misura minore, in Russia), fu certo conseguenza di una serie di complesse motivazioni storiche, militari e politiche, che qui si possono solo accennare. In breve si può ricordare che Napoleone, sia per la democratica Inghilterra che per i regimi assolutistici dell'Europa centrale - tutti sistemi solidamente incentrati sull'aristocrazia -, rappresentava il campione delle istanze rivoluzionarie dell'89, propagatore delle idee repubblicane e borghesi, quindi una minaccia ideologica permanente, anche al di là degli esiti realmente impressi alla sua vicenda con la svolta personalistica e autoritaria dell'Impero. Sul piano
politico Napoleone veniva identificato con l'usurpatore del legittimo potere monarchico e con il miscredente nemico della religione e della Chiesa mentre, sul piano umano, l'enfasi veniva posta sulla sua condizione di parvenu dalle incertissime ascendenze aristocratiche, proveniente da una realtà geografica lontana e sconosciuta, facilmente assimilabile, nell'immaginario nordico, all'esotismo semi-barbarico dei popoli mediterranei. Tutti elementi, questi, che si ritroveranno puntualmente nella deformazione polemica delle incisioni satiriche. Le vicende e i caratteri interni alla parabola politica del generale còrso - soprattutto la potenza simbolica delle sue imprese e il conseguente impatto del suo mito sull'immaginario collettivo determinarono ovviamente anche le modalità espressive e la diffusione della produzione satirica sullo scenario europeo, oltre ad affidargli una forte valenza come strumento di immediata lotta politica. Se da una parte, in Francia, ogni disegno caricaturale era vietato dalla censura poliziesca tipica del regime dittatoriale esistente, dall'altra proprio il divieto rinvigoriva il ruolo propagandistico che l'opposizione realista attribuì immediatamente a tale forma artistica, un ruolo fondato sulla produzione anonima e sotterranea e sulla circolazione clandestina. Le differenze, di contenuti e di stile, tra le produzioni dei diversi paesi denotavano altresi le disparità di condizioni in cui questa particolarissima arte si sviluppava. In Inghilterra, dove la consolidata struttura democratica consentiva di indirizzare il sarcasmo perfino contro la casa regnante e contro il governo di Sua Maestà , le immagini, oltre ad essere tutte firmate per l'assenza di censura, si inserivano nella corrente di un'antica tradizione e denotavano pertanto un'elevata qualità artistica. La carica innovativa degli artisti inglesi - oltre al citato Gillray, si ricorda qui l'opera di Georges Cruikshank e Thomas Rowlandson - , ma soprattutto la ricchezza e la complessità semantica delle loro vignette, ne facevano un prodotto ideale per il livello culturale relativamente elevato della società inglese dell'epoca. Maggiore apertura e dinamismo sociali erano elementi destinati ad ampliare sensibilmente il pubblico dei potenziali fruitori del messaggio polemico tanto che, in occasione delle periodiche uscite delle stampe satiriche, si assisteva a manifestazioni ormai già inscrivibili tra i fenomeni tipici di una società di massa . In Inghilterra era inoltre maggiormente avvertibile il rancore diffuso verso il nemico che aveva portato la sfida alla più grande potenza marinara fino al punto di progettare l'invasione del suo suolo. Il conseguente aspro livello dello scontro ideologico e politico-militare agiva da presupposto del bisogno di creare un "rovescio" in negativo del mito napoleonico e questo, unito all'abilità e alla modernità espressiva degli artisti, produceva risultati di eccezionale potenza. La violenza del segno grafico, la faziosità dei contenuti, la rabbia di cui le vignette si impregnavano erano tutti elementi, insieme alla leggibilità immediata del messaggio, di uno stato d'animo di manifesta inferiorità: schiacciati dalla oppressiva potenza della leggenda napoleonica, gli artisti inglesi si trovavano di fronte, come unica via di fuga, la creazione dell'anti-leggenda, il rovesciamento del mito in anti-mito. Da questo gioco obbligato di contrasti scaturiscono le principali tipologie del repertorio satirico inglese, dove si osserva la continua e secca inversione di segno: Napoleone-Dio diventa così Napoleone-Diavolo, con tutto un corollario di contrapposizioni
secondarie (valoroso-codardo, aristocratico-plebeo, virtuoso-perverso, magnanimo-meschino ecc.). L'assenza di deformazione della sua immagine fisica dimostra poi la sostanziale impossibilità di manipolare una figura tanto saldamente insediata nell'immaginario popolare, quasi che gli autori si riservassero per la satira il terreno psicologico non osando intervenire sull'elemento iconografico per timore di rendere inintellegibile il prodotto. La deformazione si limiterà allora al nome (per gli inglesi Napoleone rimarrà sempre, anche da imperatore, il generale "Boney", con un gioco di parole allusivo alla sua magrezza), oppure si svolgerà sul terreno più propriamente allegorico con l'adozione di un nutrito repertorio animalesco, ispirato al bestiario della favolistica classica (Esopo, La Fontaine ecc.). Camuffare Napoleone da animale consente ai caricaturisti di offrire un immediato sostegno, comprensibile anche da parte di strati sociali non colti, alle sue numerose connotazioni negative (volpe=astuzia, tigre=bramosia di potere ecc.). Inoltre, specie all'indomani della caduta, l'uso del bestiario serve agli autori anche per liberare con più naturalezza le forze irrazionali rimaste compresse nell'inconscio collettivo durante i lunghi anni dei suoi trionfi. I sentimenti più semplici e brutali dell'animo umano - crudeltà, desiderio di vendetta, derisione sprezzante per lo sconfitto riemergono in figure reiterate di leoni azzannanti, di cani martoriati, di tigri scannate, immagini dove il sangue scorre a fiumi, con evidente allusione alla necessità di un risarcimento collettivo per il sangue versato dal Bonaparte. L'elemento della vendetta contro il responsabile di tante carneficine ritorna in tutta la serie di immagini in cui Napoleone viene mostrato in grande familiarità con le potenze del Male (soprattutto il Diavolo e la Morte rappresentata in forma di scheletro) , oppure sotto le sembianze dell'orco divoratore di uomini, con un chiaro ricorso agli ambienti e alle modalità espressive popolari della fiaba. Un'altra categoria di stampe degna di nota è quella che si potrebbe definire dei ritratti "arcimboldeschi", dove l'immagine di Napoleone acquista poteri di dissimulazione, nascondendosi al primo sguardo oppure assumendo attribuzioni improprie, tutte ovviamente finalizzate alla derisione del personaggio . Differenti erano le condizioni in cui si sviluppò l'arte della caricatura nei paesi continentali, soprattutto in Prussia, ma anche in Russia, in alcuni Stati italiani e nella stessa Francia: in un ambito marcatamente autoritario e nazionalistico, la diffusione di quell'arte ebbe un significato del tutto contingente di strumento della lotta all'invasore francese. Così, una volta caduto Napoleone e restaurato l'ordine dell'Ancient Régime, i governi si affrettarono a ripristinare la censura e a perseguitare questa forma artistica potenzialmente eversiva. L'innegabile predominio inglese nel settore, nonché la consistenza delle tirature destinate all'estero, determinava la presenza sul continente di modelli provenienti d'oltre-Manica e acquisiti, con variazioni, nei singoli repertori. Elemento caratteristico della produzione prussiana era tuttavia un'accentuazione della carica nazionalistica, mentre in Francia, dato il carattere colto di uno strumento indirizzato essenzialmente all'aristocrazia, si nota l'uso deformato a fini satirici di modelli pittorici elevati .
Ma diamo ora uno sguardo più ravvicinato alle stampe satiriche di Portoferraio. Delle 26 esposte se ne possono identificare come propriamente satiriche o caricaturali 18; vi è poi un ritratto ad acquarello (inv. 122681), in cui i tratti del personaggio non appaiono particolarmente deformati da intenti caricaturali. Infine, oltre alle 5 stampe introduttive, ne sono presentate due di carattere tradizionalmente allegorico sul tema della caduta (inv. 122678 e 133768). Delle 18 propriamente satiriche, 8 sono di produzione francese, 5 germanica e 6 italiana. Di queste ultime, però, 3 (inv. nn. 122625, 122628 e 122709) sono semplici versioni con legenda in lingua italiana, di originali tratti dal repertorio tedesco, a dimostrazione di quanto rapida fosse la circolazione dei modelli nel continente e di quanto limitata fosse, in particolare, l'autonomia creativa della produzione italiana. Ben 9 stampe hanno un legame con l'esilio elbano o per ambientazione (7), o per allusione al viaggio che l'ex imperatore è costretto a compiere verso l'isola (2). Per ovvi motivi satirici l'immagine dell'isola, o del suo capoluogo, che se ne ricava non è esaltante, trattandosi quasi sempre di un angusto e dissestato scoglio chiamato ad evocare, per contrasto ironico, la disgrazia di un uomo che aveva dominato l'intera Europa . Un tema, questo, che ritorna nell'incisione in cui Bonaparte, con aria sconfortata, passa in rassegna un esercito composto da marionette - con cani al posto dei cavalli e giocattoli al posto dell'artiglieria (inv. 143018) - dove l'ironia si svolge sul contrasto con la Grande Armée e sul fatto che il trattato di Fontainebleau aveva concesso all'esule di possedere un esercito di dimensioni ridotte. In un'altra ancora il tema viene ripreso riducendo la partenza per l'Elba a quella di un qualsiasi coscritto che parte per la prima volta in guerra e prende congedo dalla madre (inv. 143019). In generale, il tema dell'Elba viene presentato sempre in termini denigratori, come nel caso del ricorso ai tonni, pesci di cui, notoriamente, le acque dell'isola erano in passato molto ricche: a Napoleone, il genio militare, non resta che comandare un esercito di tonni (inv. 143013), oppure, in un'altra stampa (inv. 143012), non resta che approfittare del soggiorno in quei luoghi per dedicarsi all'attività della pesca, tipica di un "pensionato". Interessante è, in quest'ultimo esempio, la presenza alle spalle di Napoleone di un misterioso personaggio in vesti tipiche dell'Oriente islamico, probabilmente una crudele allusione ironica al passato di onori e gloria che continua a gravare sulle spalle dell'illustre sconfitto. Riguardo all'Elba va osservato infine che il maggior numero di stampe con questo tema proviene dalla Francia, circostanza dovuta, con ogni probabilità, al grande impulso che la caduta di Napoleone deve aver dato alla produzione satirica di quel paese. Francese è, ad esempio, una stampa già citata (inv. 143016) che si può inscrivere tra quelle che trattano ironicamente il tema della "ubiquità" di Napoleone. A causa della vastità dei territori interessati alle sue imprese militari e della rapidità, per i tempi, dei suoi spostamenti, Bonaparte aveva inserito tra i termini costitutivi della sua leggenda questa che è una virtù tradizionale dell'agiografia religiosa. Nel registro satirico, una volta effettuata la trasposizione dal terreno divino a quello diabolico, l'ubiquità si traduce nella raffigurazione di un corridore scatenato, spesso munito di stivali magici o di trampoli, che compete nella corsa con animali velocissimi oppure unisce con le sue gambe punti geografici lontanissimi . Nella stampa qui esposta, al contrario, l'eroe onnipresente e onnipotente sembra aver perso il suo
smalto e si avvia sconsolato verso Portoferraio, con un bagaglio fatto di cianfrusaglie, simboli disastrati del potere appena perduto. Sempre al tema del viaggio fantastico è dedicata un'altra delle stampe francesi (inv. 143006): Napoleone, a cavallo dell'aquila imperiale e circondato da tutti gli altri orpelli simbolici del suo potere, vola alla volta dell'isola d'Elba. Il contenuto ironico della raffigurazione è questa volta tutto nella sproporzione tra lo splendore dell'apparato iconografico (mezzo di trasporto e simbologia imperiale) e la povertà dell'obiettivo (l'esilio in una lontana isola del Tirreno, richiamata dallo sciame di api, simbolo dell'Elba, che ronzano intorno all'Imperatore). Di contenuto simile è la stampa dal titolo molto chiaro ("Qui trop embrasse mal etreinte", inv. 143015), dove l'aquila imperiale è l'ultima occasione di salvezza per un Bonaparte che vede scivolarsi sotto gli occhi, uno dopo l'altro, tutte le componenti del suo immenso impero . Alla serie di stampe incentrate sul Napoleone "mutante" - quelle dove a volto e corpo viene attribuita la capacità di trasmettere o contenere svariati significati - appartengono due stampe, una francese (inv. 143005) e una italiana tradotta da un originale tedesco del 1814 (inv. 122625). Simili per il genere (ritratto) e per il taglio dell'inquadratura (busto), sono diversissime per contenuto. Se la prima caricatura, con il suo lungo naso a becco d'uccello, è infatti una scherzosa e semplice allusione alla credenza popolare francese secondo cui le avversità si manifestano fisiognomicamente con l'allungarsi del naso , la seconda è invece una orrorifica costruzione "arcimboldesca" del busto di Napoleone, un assemblaggio figurato di tutte le sue nefandezze, viste con occhi germanici (il cappello è l'aquila imperiale, il volto è composto di scheletri, il collare è un fiume di sangue, la spallina è formata dalla Legion d'onore e termina con la mano di Dio Vendicatore, la giubba è la carta della Confederazione renana dove l'esercito napoleonico subì gravi perdite) . Tra tutte, le immagini satiriche più narrativamente complesse sono le tre di produzione italiana (inv. 122626, 122628, 122709) che, non a caso, necessitano tutte di una legenda esplicativa. La prima, che è anche l'unica non di provenienza tedesca, si potrebbe intitolare "Bolle di sapone" ed è un breve apologo sulla vanità della gloria: le bolle di sapone fabbricate da Bonaparte per divertire suo figlio, non sono altro che i tanti regni da lui conquistati, svaniti uno dietro l'altro con la stessa facilità. La seconda, da un originale tedesco, è quella più legata nella narrazione all'attualità: Napoleone, reduce dalla Russia, è circondato dai rappresentanti delle potenze alleate che gli applicano le coppette per il salasso. Come recita la legenda, "Il ghiaccio di Russia gli ha fatto male", e un Bonaparte così remissivo, completamente in balia degli avversari, mostra di trovarsi ormai al termine del suo ciclo di potere. La terza, infine, riporta il titolo "Bonaparte di cera" ed è una complessa scena di impostazione teatrale. Il fantoccio di cera dell'Imperatore sta per sciogliersi sotto i raggi di un sole cocente e inutilmente i suoi fedelissimi si ingegnano a contrastare questo processo irreversibile con ridicoli ventagli o, addirittura, soffiando. La stampa, anch'essa edita in originale a Berlino, è del 1814, l'anno della caduta e del primo esilio; pertanto la comicità trasmessa dall'affannarsi dei personaggi
intorno a Napoleone rappresenta, ancora una volta, il rovescio della medaglia di una realtà drammatica.
Amedeo Mercurio Soprintendenza per i Beni A.A.A.S. di Pisa
L'esilio elbano di
Le condizioni poste col Trattato di Fontainebleau (11 aprile 1814) dalle Potenze alleate, stabilirono che l'Imperatore detronizzato dovesse vivere in esilio in un territorio appartente alla Francia, ma sul quale agevoli erano le possibilità di controllo da parte della flotta britannica. In generale, ma soprattutto se confrontati con le condizioni dure e punitive del successivo esilio di Sant'Elena, i termini del trattato apparivano miti: a Napoleone veniva assicurata la sovranità sull'Elba, isola che, per vicinanza geografica e affinità di condizioni morfologiche non poteva non ricordargli la natìa Corsica. Per quanto piccola, l'isola veniva costituita anche formalmente in regno, con il suo esercito (la "Pétite Armée"), le sue finanze, la sua corte. Quello che gli autori satirici sbeffeggiavano come un ridicolo "regno da operetta", bastava tuttavia a mitigare, nell'animo di Napoleone, il dolore per la recente perdita di fasti e glorie infinitamente maggiori. Proprio l'opportunità di esercitare un potere effettivo per modificare la realtà circostante, impegnandosi in ambiti a lui sconosciuti, sembrò inizialmente acquietare i suoi propositi di rivincita. Da perfetto figlio dell'Illuminismo - formazione testimoniata ancora oggi dai libri portati con sé o raccolti all'Elba - si rimboccò le maniche e applicò le sue energie al miglioramento delle condizioni complessive dell'isola: agricoltura, commercio, industria estrattiva furono i tre campi a cui si dedicò maggiormente. Ma le difficoltà finanziarie - non gli era mai stato corrisposto l'appannaggio previsto dal Trattato -, l'esatta sensazione di essere circondato da informatori britannici, la certezza dell'abbandono da parte
di Maria Luisa, notizie poco rassicuranti sulle intenzioni di Londra di non accontentarsi dell'Elba come sua destinazione finale, lo convinsero a tentare l'avventura della fuga e di un'improbabile riconquista del potere.
Oltre all'evidente attrazione che, a distanza di quasi due secoli, il ricordo della sua breve permanenza nell'isola continua ad esercitare sui visitatori, restano di lui oggi visibili soprattutto alcuni interventi di riqualificazione di preesistenti edifici. Tra questi vanno ricordati i due complessi della Palazzina dei Mulini, nel centro di Portoferraio, e di Villa San Martino, in campagna, successivamente trasformati.
Arrivée de Napoleon dans l'Ile d'Elbe = Ankunft von Napoleon in den Elbeschen Insel... [Arrivo di Napoleone all'Isola d'Elba] Deposé à la Bibliotheque Acquaforte; 296 x 237 mm. Portoferraio, Museo Nazionale di Villa San Martino, Collezione Olschki Inv. 143016
"Qui trop embrasse mal étreint!" Acquadorte acquarellata; 290x235 mm. Portoferraio, Museo Nazionale di Villa San Martino Collezione Olschki - Inv. 143015
[Caricatura di Napoleone] - Acquaforte; 170 x 125 mm. Portoferraio, Museo Nazionale di Villa San Martino, Collezione Olschki - Inv. 143005
Départ pour l'Ile d'Elbe [Partenza di Napoleone per l'Isola d'Elba] N.8 1814 Bibliotheca Lindesiana 30 Litografia a colori; 300 x 390 mm. Portoferraio, Museo Nazionale di Villa San Martino, Collezione Olschki Inv. 143014
[Testa di Napoleone] Il cappello è l'Aquila prussiana, la faccia sono gli uomini da lui sacrificati, il collarino è il torrente di sangue da lui fatto spargere... Berlin, 1814 Incisione acquarellata; 188 x 150 mm. Portoferraio, Museo Nazionale di Villa San Martino, Collezione Turini-De Micheli Inv. 122625
Napoleon Fischzug auf der Insel Elba / O Weh! Sie sind verloren [Napoleone mentre pesca all'Isola d'Elba] Wohrd an Nurnberg bei C. Riedel [Riedel Konrad] Acquaforte acquarellata; 230 x 310 mm. Portoferraio, Museo Nazionale di Villa San Martino, Collezione Olschki Inv. 143012
[Napoleone comanda un battaglione di tonni-soldati] Nuovi militi tonni olà estraete/ ad alta voce Bonaparte dice... Acquaforte acquarellata; 210 x 285 mm. Portoferraio, Museo Nazionale di Villa San Martino, Collezione Olschki Inv. 143013
Voyage à l'Ile d'Elbe Bibl[...] Lind[...] N.2,1814 Acquaforte; 190 x 185 mm. Portoferraio, Museo Nazionale di Villa San Martino, Collezione Olschki Inv. 143006
Direzione Artistica Cinzia Bibolotti Franco A. Calotti
Ideazione, progettazione ed edizione eBook a cura di Franco A.Calotti