1
LA NEUTROPENIA NELL’ADULTO E NEL BAMBINO Bruno Fattizzo UO Oncoematologia, Fondazione IRCCS Ca’ Granda – Ospedale Maggiore Policlinico Il termine neutropenia fa riferimento a una riduzione del numero assoluto di neutrofili circolanti inferiore a 1.800/microL nei soggetti di etnia caucasica e a 1.500/microL nei soggetti di etnia negroide da un anno all’età adulta; mentre nei bambini da 2 settimane di vita ad un anno il limite inferiore del range di normalità è di 1.000/microL (1). La neutropenia si definisce cronica se tale riduzione persiste per un periodo superiore a tre mesi. Si classifica in base alla conta neutrofila in forme lievi (neutrofili compresi tra 1.000 e 1.500/microL), moderate (neutrofili compresi tra 1.000 e 500/microL) e gravi (neutrofili inferiori a 500/microL). Inoltre si possono identificare forme congenite ed acquisite, quest’ultime a loro volta distinguibili in primitive e secondarie. (2). Di seguito verranno trattate dapprima le forme acquisite, più comuni nell’adulto, e quindi le forme congenite.
NEUTROPENIE ACQUISITE Tra le forme acquisite distinguiamo neutropenie primitive e secondarie e, in base al meccanismo immunologico coinvolto nella distruzione, neutropenie immunomediate (autoimmuni o alloimmuni) e non immunomediate (2,3). Per la diagnosi delle forme acquisite primitive, che presentano più di frequente un andamento cronico e dove il riscontro può essere occasionale, è necessaria l’esclusione di tutte le forme secondarie, che sono causa più frequente di neutropenia e permettono, una volta eliminato il trigger patogenetico, il possibile ripristino della conta neutrofila.
Forme secondarie Deficit nutrizionali Una leucopenia, generalmente lieve-moderata, si può osservare nei pazienti con deficit nutrizionali, quali i soggetti affetti da anoressia nervosa o in caso di ridotti livelli di vitamine del gruppo B (B12 e folati in modo particolare) o di rame, a causa di mancato assorbimento, ridotta assunzione o aumentate richieste metaboliche (celiaci, gastro/entero-resecati, vegani, vegetariani, gravidanza, età evolutiva). In questi soggetti possono coesistere altre citopenie, quali anemia macrocitica e piastrinopenia; oltre al dato anamnestico, la caratteristica ipersegmentazione del nucleo dei neutrofili allo striscio di sangue periferico e la possibile associazione di neuropatia e glossite possono orientare verso il deficit di B12. Farmaci Vi sono poi le neutropenie legate ad esposizione ad agenti fisici e chimici, quali radiazioni e farmaci. Nelle forme da farmaco (4), spesso si osserva una neutropenia grave (<500/microL) definita “agranulocitosi” farmaco-indotta che, seppure spesso sporadica e transitoria, espone il paziente ad un considerevole rischio infettivo. Tra i farmaci responsabili ricordiamo alcuni antitiroidei (tiouracile, propiltiouracile, metimazolo, carbamizolo), antibiotici (cefalosporine, penicilline, solfonamide, cloramfenicolo), anticonvulsionanti (carbamazepina e acido
valproico), neurolettici (clorpromazina, clozapina), chemioterapici (fludarabina, bendamustina, procarbazina, citarabina, daunorubicina, vinblastina, vincristina) ed immunosoppressori (rituximab, ciclofosfamide, azatioprina, metotrexato). Il meccanismo patogenetico può essere quello di una tossicità diretta dovuta all’attività del farmaco su cellule altamente replicanti, come si osserva per molti agenti chemioterapici per i quali la neutropenia rappresenta la principale tossicità limitante la dose. Oppure può verificarsi una agranulocitosi farmacoindotta idiosincrasica (idiosincrasic drug reaction, IDR), dove il target possono essere i neutrofili maturi o i precursori midollari. Questa reazione da ipersensibilità B-mediata è specifica per ciascun individuo; molte IDR sono associate allo sviluppo di anticorpi anti-farmaco o di autoanticorpi, come accade per le reazioni da beta-lattamici e da aminopirina; il test di attivazione linfocitaria dei linfociti del paziente esposti al farmaco in vitro rappresenta un ulteriore prova a sostegno della patogenesi immune (5). Quest’ultima può realizzarsi tramite meccanismo “aptene-carrier”, dove il farmaco forma complessi o produce modifiche nei peptidi self rendendoli riconoscibili come estranei dal sistema immune, o tramite la “danger hypothesis”, dove un trigger meccanico o infettivo (6) potrebbe fornire il secondo segnale per innescare la reazione immune; quest’ultimo è il caso della agranulocitosi da procainamide associata ad interventi cardiochirurgici a cuore aperto (7). Nel caso della clozapina, si è ipotizzato che causi una diminuzione dell’ATP e del glutatione ridotto rendendo così i neutrofili estremamente suscettibili agli stress ossidativi, come osservato sui precursori neutrofili esposti ai metaboliti della clozapina in vitro (8,9). Inoltre la clozapina è in grado di ridurre il rilascio di GM-CSF (fattore di crescita granulocitario) in vitro (10) riducendo la capacità rigenerativa del midollo. Recentemente si è osservata un’aumentata incidenza di IDR indotta da clozapina in una popolazione di Ebrei Ashkenazi con aplotipo HLA B38, DR4 e DQW3; ciò suggerisce che vi siano alcuni polimorfismi HLA che conferiscono una maggiore suscettibilità alle reazioni da farmaco. Rituximab, un anticorpo monoclonale anti-CD20 utilizzato in regimi chemio-immunoterapici, può indurre neutropenia prolungata associata a ipogammaglobulinemia e linfopenia, legandosi al Fc-gamma-receptor dei precursori neutrofili midollari (11). Infine alcuni farmaci come etoposide, diclofenac e il tiomaleato sodico di oro producono neutropenia inducendo modifiche del microambiente midollare (12). La reazione idiosincratica è generalmente considerata doseindipendente, sebbene l’uso di dosi maggiori di farmaco rendano più probabile il suo verificarsi e un dosaggio <10 mg/die di un farmaco raramente causi una reazione (13). L’incidenza va da 1/100 a 1/100.000 individui/anno e può verificarsi fino a uno-sei mesi dalla sospensione del farmaco; la riesposizione in genere provoca il ripetersi della reazione, ad eccezione delle reazioni lievi, dove il meccanismo immunomediato può andare incontro a immunotolleranza (14,15). La gravità della reazione idiosincratica è poco prevedibile e raggiunge una mortalità del 5% che risulta associata ad età avanzata (>65 anni), neutrofili <100/microL e stato settico. La maggioranza delle forme comportano un rapido calo della conta, in alcuni casi dopo un aumento paradosso (come per la clozapina), il cui ripristino si
2
osserva dopo 1-2 settimane dalla sospensione del farmaco (16). Il mancato ripristino rappresenta un fattore prognostico negativo. L’approccio clinico migliore consiste nel monitoraggio emocromocitometrico del paziente esposto a farmaci potenzialmente causa di IDR e nella pronta sospensione dell’agente tossico in caso di comparsa della neutropenia, con l’uso di G-CSF nelle forme gravi e prolungate. La diagnosi, generalmente clinica, può avvalersi di test poco diffusi, quali la ricerca degli anticorpi anti-neutrofili farmaco-indotti in citofluorimetria, ELISA e immunoblotting, e il test di agglutinazione granulocitaria (17). Infezioni Un’altra causa di neutropenia secondaria sono le infezioni, che possono portare a una diminuita proliferazione dei precursori mieloidi dovuta ad alterazione del microambiente midollare. Tra gli agenti virali ricordiamo il Parvovirus B19, che può dare nella fase acuta una neutropenia transitoria che raramente cronicizza in caso di persistenza dell’infezione a livello dei precursori mielodi distrutti dai linfociti citotossici attivati (18,19). Una neutropenia si osserva frequentemente nei pazienti con infezione da HIV, in particolare nelle fasi avanzate della malattia, sia per la tossicità diretta del virus sui precursori mieloidi sia a causa dei farmaci antiretrovirali (20). Altri virus chiamati in causa sono il virus di Epstein Barr, il citomegalovirus ed i virus dell’epatite B e C. Per quanto riguarda gli agenti batterici, nei pazienti con neutropenia cronica si riscontra un’aumentata prevalenza dell’infezione cronica da Helicobacter Pylori e si può avere una normalizzazione della conta neutrofila a seguito della terapia eradicante (21,22). Infine una neutropenia può presentarsi anche in corso di tubercolosi, brucellosi, tifo e leishmaniosi (23-26). Malattie ematologiche e oncologiche Una neutropenia acquisita si osserva anche nel corso di patologie ematologiche dove si può verificare una sostituzione del tessuto emopoietico sano, come accade in corso di leucemie acute e croniche e disturbi linfoproliferativi, o un’insufficienza midollare congenita, come nell’anemia di Fanconi, o acquisita, in parte dovuta ad inibizione immunomediata/flogistica dei precursori come si osserva nelle mielodisplasie e nell’anemia aplastica (2,27). Tra i disordini linfoproliferativi ricordiamo la leucemia a cellule capellute (hairy-cell leukaemia) dove la neutropenia è dovuta all’infiltrazione del midollo, all’inibizione dell’attività midollare ad opera delle citochine prodotte dalle cellule capellute e all’incrementato sequestro splenico; il trattamento della patologia di base consente un aumento del numero di neutrofili circolanti e una diminuzione delle complicanze infettive, che spesso sono molto gravi (28-30). Va inoltre menzionata la neutropenia associata alla leucemia a grandi linfociti granulari (large granular lymphocyte leukemia LGL), clinicamente simile alla sindrome di Felty, che può associarsi ad artrite reumatoide, splenomegalia e HLA-DR4. La diagnosi viene solitamente posta in presenza di linfocitosi clonale nel sangue periferico con le caratteristiche immunofenotipiche della LGL. La terapia immunosoppressiva con ciclofosfamide o metotrexato permette di ottenere buone risposte, così come la stimolazione con G-CSF in caso di neutropenia grave e infezioni (31). Endocrinopatie e sequestro Vanno inoltre ricordate come causa di neutropenia, alcune endocrinopatie, come l’ipotiroidismo, l’iposurrenalismo e il panipopituitarismo e le condizioni di ipersplenismo (2,27).
Forme alloimmuni Le forme da alloanticorpi sono estremamente rare, tuttavia nel neonato può manifestarsi la “alloimmune neonatal neutropenia” (AINN), dovuta ad una reazione di isoimmunizzazione materna nei confronti degli antigeni dei neutrofili ereditati dal padre; essa va in genere incontro a risoluzione spontanea in circa 11 settimane, e di rado richiede terapia (32). Nell’adulto una neutropenia alloimmune si può osservare come parte di una reazione trasfusionale (2). Forme autoimmuni secondarie Le neutropenie autoimmuni secondarie sono solitamente associate a malattie autoimmuni sistemiche, in particolare artrite reumatoide e lupus eritematoso sistemico (LES), dove sono spesso documentati degli autoanticorpi anti-neutrofili (2,33-35). Oltre agli autoanticorpi partecipano alla patogenesi di queste forme un aumentato sequestro splenico, una inibizione dell’attività midollare determinata dalle citochine infiammatorie, e una aumentata apoptosi dei neutrofili circolanti. In queste forme spesso concomitano una anemia emolitica e/o una trombocitopenia, che rispondono al trattamento della malattia di base. La sindrome di Felty ( neutropenia, artrite reumatoide e splenomegalia) è descritta in meno dell’1% dei pazienti affetti da artrite reumatoide, e si caratterizza per una neutropenia spesso severa (< 200/microL) a prognosi sfavorevole a causa della grave diatesi infettiva. La terapia si fonda sull’utilizzo di immunosoppressori e G-CSF in occasione di episodi infettivi. (36,37) Infine nel LES la conta neutrofila può essere usata per valutare l’attività di malattia (38,39).
Forme primitive Le neutropenie acquisite primarie sono definite dall’assenza di una patologia sottostante. Possono essere distinte in forme croniche dell’età adulta e in forme benigne dell’infanzia. Neutropenia idiopatica/autoimmune cronica dell’adulto (chronic benign neutropenia, CBN) La neutropenia cronica benigna dell’adulto, caratterizzata da un calo della conta della durata di almeno tre mesi, rappresenta condizione ematologica rara, con una prevalenza stimata del 1% nella razza bianca e del 5% nella razza nera (40). Si distinguono classicamente due forme di CBN: neutropenia autoimmune (Primary Immune Neutropenia PIN) in caso di positività della ricerca degli autoanticorpi antineutrofili e neutropenia cronica idiopatica (Chronic Idiopathic Neutropenia, CIN), in caso di negatività degli anticorpi anti neutrofili. La PIN, a differenza della forma pediatrica, presenta una maggiore incidenza nel sesso femminile e una minore tendenza alla remissione spontanea. Le due forme di CBN potrebbero essere parte di uno spettro di condizioni che vanno da una patogenesi più marcatamente cellulo-mediata, nella CIN, a una francamente anticorpo-mediata, tipica della PIN. Inoltre, come discusso in seguito, la bassa sensibilità dei test per la ricerca degli anticorpi anti-neutrofili non permette di escludere con certezza la loro presenza nella CIN. Pertanto CIN e PIN verranno di seguito trattate congiuntamente (41). L’eziopatogenesi comprende oltre alla citotossicità cellulare mediata da anticorpi (antibodydependent cellular cytoxicity, ADCC) nelle forme con antineutrofili positivi (42), anche una disregolazione citochinica tipica di un processo infiammatorio a basso grado con coinvolgimento dei macrofogi attivati, responsabili della
3
diminuita sopravvivenza dei neutrofili e di una ridotta produzione midollare. Alcune evidenze in questo senso sono state prodotte da Papadaki et al (43) che hanno confrontato i livelli sierici di alcune citochine infiammatorie tra un gruppo di 132 pazienti e 34 individui sani, riscontrando un incremento significativo di interleuchina 1β (IL-1β), interleuchina-6 (IL-6), transforming growth factor-β1, (TGF-β1), interleuchina-8 (IL-8), RANTES (CCL5), tumor necrosis factor-α, (TNF-α) e del suo recettore solubile (sTNF-RI) nei pazienti con CIN rispetto ai controlli. Il livello di citochine circolanti correlava con la gravità della neutropenia. E’ stato inoltre riportato un coinvolgimento dei precursori midollari e del microambiente, suffragato dal riscontro di un'aumentata infiltrazione di linfociti T attivati e un incremento della concentrazione di interferone-γ (IFN-γ) (44) e di TGF-β1 (45) in campioni bioptici di pazienti con CBN. Il riscontro di un aumento di cellule che esprimono Fas ligand (FasL) dimostrerebbe un incremento dei fenomeni apoptotici nei precursori midollari (44). Infine, è stata riportata un’aumentata espressione del Toll Like Receptor 4 sulla superficie dei monociti midollari, produttori di citochine pro-infiammatorie, in questi pazienti (46). La diagnosi, illustrata nella figura 1, è prevalentemente una “diagnosi di esclusione” dopo una attenta valutazione della storia familiare, dell’anamnesi patologica remota e l’esclusione di tutte le forme secondarie. La ricerca degli anticorpi antineutrofili è assai complicata a causa della elevata labilità dei granulociti exvivo. Tra i metodi disponibili ricordiamo il test dell'agglutinazione granulocitaria (granulocyte agglutination test, GAT), in cui il siero del paziente viene incubato assieme ai granulociti neutrofili e l’agglutinazione dei neutrofili rileva la presenza di anticorpi adesi alle cellule (47); e il test dell'immunofluorescenza granulocitaria (granulocyte immuno-fluorescence test, GIFT), in cui i neutrofili vengono sottoposti a fissazione mediante glutaraldeide, e la presenza di IgG sulla loro superficie rivelata mediante antisiero anti-IgG umane in fluorescenza. In casi di neutropenia severa, all'utilizzo del GIFT é preferibile la ricerca degli anticorpi liberi nel siero mediante il test dell'immunofluorescenza granulocitaria indiretta (GIIFT). Il test diretto è gravato da un alto numero di falsi positivi dovuti al legame aspecifico della IgG al recettore per la frazione Fc-gamma delle IgG o al numero insufficiente di neutrofili isolati. Al contrario, un test negativo è utile per escludere l’AIN dato che i falsi negativi sono assai rari. L’esatto opposto si verifica per il test indiretto, gravato da una limitata sensibilità a causa della piccola quantità di anticorpi antineutrofili circolanti e della bassa copertura del pattern HNA (human neutrophil antigen) nella sospensione di neutrofili utilizzata che dovrebbe includere almeno una cellula test HNA-1a/1a e una 1b/1b omozigote (48). Tale problematica è amplificata dalla variabilità di espressione in superficie del HNA-1 (49). Le indicazioni emerse dal International Granulocyte Immunology workshop (50,51) prevedono l’uso combinato di GAT e GIFT per ottenere le massime sensibilità e specificità. L’utilizzo di un anticorpo coniugato a fluoresceina isotiocianato permette l’identificazione degli autoanticorpi in GIFT in citofluorimetria e con microscopia a fluorescenza. Altre metodiche includono metodo ELISA (enzyme-linked immunosorbent assay) e il test MAIGA (monoclonal antibody immobilization of granulocyte antigens), basato sull’utilizzo di anticorpi monoclonali specificamente diretti contro glicoproteine della superficie granulocitaria. In questo test i granulociti vengono contemporaneamente incubati con anticorpo monoclonale (primo anticorpo) e siero da testare; dopo solubilizzazione, aliquote del lisato cellulare vengono incubate con antisiero da capra diretto contro gli anticorpi murini (secondo anticorpo); dopo immobilizzazione del complesso, il
sistema rivelatore è costituito da un antisiero anti proteine umane in chemiluminescenza (52-54). Nonostante la presenza delle diverse metodiche elencate, la determinazione degli anticorpi anti-neutrofili è tuttora un test non routinario. Nel complesso la sensibilità riportata non va oltre il 62,5 % e la specificità è inferiore all’85% (53,55,56). L’opportunità di eseguire una valutazione midollare va considerata in tutti i pazienti con neutropenia idiopatica per escludere segni di displasia, anomalie citogenetiche e malattie oncoematologiche sottostanti. Tuttavia, nei pazienti con storia di neutropenia cronica isolata lieve-moderata la valutazione midollare è spesso non conclusiva. Inoltre, spesso non è necessaria per la diagnosi definitiva, come nel caso di alcune sindromi linfoproliferative quali l'espansione LGL che si può ottenere con la citofluorimetria su sangue periferico. Dal punto di vista clinico questa condizione ha in genere un decorso benigno nella maggioranza dei pazienti con una piccola quota di complicanze infettive (23%) che non richiedono in genere ospedalizzazione né terapia specifica con fattori di crescita (57,58). Nella valutazione del paziente, va considerata l’ospedalizzazione nel caso di neutropenia grave di nuovo riscontro, in particolar modo se febbrile o con altre citopenie associate che richiedono l’esclusione di forme leucemiche acute. Nel paziente con neutropenia febbrile, dopo la raccolta delle emocolture, va subito iniziata una terapia antibiotica empirica a largo spettro, comprendente Pseudomonas Aeruginosa e gli altri gram negativi. L’utilizzo del G-CSF va riservato ai pazienti con infezioni gravi e ricorrenti, erosioni o infezioni muco-cutanee. In questi casi si preferiscono i prodotti non pegilati che danno meno frequentemente algie ossee, da proseguire alla dose minima per mantenere il paziente asintomatico e con una conta generalmente superiore a 250-300 cellule/microL. Nei pazienti con CBN possono essere presenti una splenomegalia nel 10-20% dei casi (58,59) e citopenie associate da flogosi cronica quali anemia moderata in circa il 15% dei casi e piastrinopenia lieve nel 10% (57,60,61). Di comune riscontro è una condizione di osteopenia (circa il 44% dei pazienti) e di osteomalacia (circa il 15% dei pazienti); si ritiene che anche il processo di riassorbimento osseo sia da attribuire all’azione delle citochine quali TNF-α ed IL-1β (59). In un recente studio (58) su 76 pazienti adulti con neutropenia cronica, l’andamento dei neutrofili nel tempo ha mostrato una grande variabilità interindividuale (range 100-2.510/microL, mediana 1.143/microL) seppure con una limitata variabilità intraindividuale, con valori pressochè costanti nel singolo paziente. Un terzo dei pazienti mostrava una positività per anticorpi antineutrofili, il 21% una ipergammaglobulinemia policlonale e il 10,7% una gammopatia monoclonale di incerto significato. Questi rilievi pongono l’accento su una attività linfoproliferativa in senso lato, sottostante l’attivazione del meccanismo autoimmune. I valori di neutrofili erano inferiori nei soggetti di sesso maschile, in quelli con positività per autoanticorpi antineutrofili, con gammopatia monoclonale o con splenomegalia. La valutazione midollare alla diagnosi è stata eseguita nella metà dei casi senza evidenziare una patologia definita. Nel follow up (durata mediana di circa cinque anni), un quarto dei pazienti ha mostrato variazioni dei parametri emocromocitometrici (comparsa di anemia, piastrinopenia, linfocitosi, monocitosi, o peggioramento della neutropenia) che hanno indotto ad eseguire una rivalutazione midollare o dell’immunofenotipo periferico, portando alla diagnosi di tre casi di sindrome mielodisplastica (una leucemia mielomonocitica cronica, una citopenia refrattaria con displasia unilineare e una displasia multilineare); di 4 casi di leucemia a cellule capellute e di 5 casi di espansione cronica di grandi linfociti granulari (Large Granular Lympocyte, LGL chronic
4
expansion). Questi ultimi pazienti presentavano già all'arruolamento una lieve linfocitosi assoluta ed in tre su cinque vi era un incremento delle cellule NK su sangue periferico seppure inferiori al range diagnostico. Infine, in uno di questi pazienti, la rivalutazione da parte del patologo della prima biopsia ossea ottenuta alla diagnosi con l’utilizzo di colorazioni immunoistochimiche mirate, ha mostrato la presenza di un infiltrato LGL già presente. Per cui è consigliabile eseguire, in un paziente valutato per neutropenia cronica isolata con anche modesta linfocitosi che si decida di sottoporre a valutazione midollare, un pannello immunoistochimico comprendente CD3, CD4, CD5, CD7, CD8, CD16, CD56, CD57, TIA1 e il granzime-B. Gli studi disponibili, suggeriscono di eseguire controlli ematologici periodici, ricorrendo ad esami di approfondimento diagnostico più specifici (come la biopsia midollare o la ricerca del profilo immunofenotipico su sangue periferico in citofuorimetria) in caso di aggravamento della neutropenia o della comparsa di linfocitosi o ulteriori citopenie associate. Neutropenia autoimmune dell’infanzia (AIN) La neutropenia autoimmune dell’infanzia è una condizione frequente nei neonati, con un’incidenza di 1/100.000 e l’età mediana alla diagnosi è di 7-9 mesi (62). In questa patologia, si riscontrano autoanticorpi diretti contro antigeni di membrana dei neutrofili, perlopiù localizzati a livello del recettore per il frammento Fc delle immunoglobulina G di tipo 3b (human neutrophil antigen-1, HNA-1). Tali autoanticorpi sono responsabili dell’aumentata distruzione periferica dei neutrofili circolanti. La neutropenia risultante è solitamente moderata (500-1000 neutrofili) e il decorso benigno e si risolve spontaneamente in circa 2-3 anni nel 95% dei casi. Si stima che la diagnosi sia incidentale nel 30% dei casi e che il riscontro occasionale di neutropenia isolata in soggetti di età inferiore a 3-4 anni riveli una AIN sottostante nella maggioranza dei casi. Una monocitosi assoluta può associarsi in circa un quarto dei casi (48,63). Complicanze infettive severe (polmoniti, meningiti e sepsi) si presentano solo nel 12-20% dei casi (48,64). Alla biopsia midollare, i precursori mielodi sono di solito in numero normale o lievemente aumentato e può essere presente un arresto maturativo tardivo. Nei casi in cui la diatesi infettiva risulti più severa è stato ipotizzato che gli autoanticorpi siano diretti verso antigeni comuni sia ai neutrofili maturi circolanti che ai precursori midollari. Trattandosi di una patologia benigna che va incontro a risoluzione spontanea, non è richiesta nessuna terapia specifica, ad eccezione di una pronta antibiotico terapia con amoxi-clavulanato durante gli episodi infettivi e l’utilizzo di vaccini ad agente ucciso nel caso in cui concomiti/non si possa escludere una immunodeficienza (48,65,66). In caso di infezioni gravi o chirurgia è indicato l’uso di G-CSF alla dose di 1-2 mcg/Kg/die per 5-7 giorni con neutrofili target 1000/microL. La diagnosi è basata sulla dimostrazione degli anticorpi antineutrofili, che presenta le stesse problematiche già discusse per la CBN dell’adulto. Le linee guida AIEOP fanno riferimento all’utilizzo del GIIFT in citofluorimetria, ripetuto per almeno trequattro volte nell’arco di 4-6 mesi per la diagnosi di AIN. In caso di negatività e di mancato riscontro di arresto maturativi a livello midollare, viene posta la diagnosi di “neutropenia cronica idiopatica benigna dell’infanzia”. La diagnosi differenziale deve comprendere oltre alle forme congenite, secondarie, e alloimmuni, la neutropenia transitoria dell’infanzia, una condizione benigna che insorge a seguito di un episodio infettivo, spesso virale più raramente batterico, e che si risolve spontaneamente in circa 1 anno senza causare
complicanze severe (67). Vanno inoltre escluse forme legate alla gravidanza o al parto (67% dei pazienti con asfissia perinatale; 50% nei casi di ipertensione gravidica; 50% delle eritroblastosi fetali e nel gemello donatore nella “twin to twin transfusion”) (68-71) e la neutropenia cronica nel nato da madre con neutropenia autoimmune primitiva.
NEUTROPENIE CONGENITE Nelle forme congenite, le cui principali caratteristiche sono riassunte in Tabella 1, la diagnosi viene generalmente posta in età pediatrica in quanto la gravità della neutropenia comporta un importante incremento dell’incidenza di infezioni virali e batteriche. La diagnosi, supportata dalla precocità di insorgenza, dalle eventuali manifestazioni cliniche associate (disturbi neurologici, cutanei, cardiaci ecc…) e dal tipo di ereditarietà (autosomica dominante o recessiva o legata all’X), viene posta in seguito ad indagine molecolare che permette l’identificazione della mutazione responsabile. Le due più importanti forme di neutropenia congenita sono la neutropenia ciclica e la neutropenia severa congenita, anche nota come sindrome di Kostmann. Nella neutropenia ciclica il conteggio dei neutrofili nel sangue periferico oscilla, con una frequenza di circa 21 giorni, da valori minimi prossimi allo zero a valori prossimi al range di normalità. Al nadir della conta (che di solito ha una durata di 3-4 giorni) possono verificarsi infezioni gravi, che generalmente vengono prevenute mediante l’utilizzo di fattore stimolante le colonie granulocitarie (G-CSF) (47). Quest’ultimo non abolisce del tutto la ciclicità delle fluttuazioni della conta, tuttavia riduce significativamente le complicanze infettive gravi. La trasmissione è autosomica dominante e riguarda mutazioni prevalentemente missens (esoni 2-5 e introne 3) del gene ELANE che codifica per la esterasi neutrofila, le cui forme mutate sono causa della transitoria insufficiente maturazione dei precursori neutrofili (72). La neutropenia severa congenita (severe congenital neutropenia, SCN), descritta per la prima volta dal medico svedese Rolf Kostmann, vede coinvolti numerosi geni fra cui ELANE (50- 60% dei casi, a livello degli esoni 4 e 5) HAX1, GFI1, G6PC3, WAS. La forma ELANE mutata è a trasmissione autosomica dominante e, seppure la patogenesi non sia del tutto chiara, sembra coinvolgere un accumulo dell’elastasi in sedi non appropriate, tra cui il reticolo endoplasmatico, anche a causa di una anomala struttura terziaria della proteina (unfolded protein). Clinicamente si presenta con neutropenia isolata, spesso severa, scarsamente responsiva ai G-CSF (72-74). Le forme HAX1 mutate(4-30% dei casi) presentano trasmissione autosomica recessiva, e un deficit dell’omonima proteina mitocondriale che comporta una riduzione della stabilità del potenziale di membrana mitocondriale, con conseguente aumentata apoptosi dei precursori mieloidi. Nei casi in cui si associ l’apoptosi delle cellule neuronali si hanno anche manifestazioni neurologiche con deficit cognitivo, ritardo nell’apprendimento e epilessia. (74,75). Altre rare forme includono la mutazione del gene G6PC3 (glucose 6 phosphatase catalytic subunit 3) che comporta un’alterata omeostasi del glucosio intracellulare; in questa forma autosomica recessiva alla neutropenia si associano trombocitopenia, difetti cardiaci congeniti, malformazioni urogenitali e dimorfismo facciale. Infine ricordiamo le mutazioni del gene GFI 1, con carenza della omonima proteina e conseguente difettosa differenziazione mieloide, e del gene WAS, con iperattivazione della protenia che porta a un’eccessiva polimerizzazione dell’actina e ad aumentata apoptosi e diminuita citocinesi dei neutrofili. Il trattamento delle forme congenite, indipendentemente dall’eziopatogenesi, è ad oggi basato sull’utilizzo dei fattori di
5
84.Tabella 1 Classificazione delle principali forme di neutropenia congenita e loro manifestazioni. Patologia
Gene Mutato
Trasmissione
Manifestazioni Ematopoietiche
Manifestazioni Extraematopoietiche
SCN 1
ELANE
AD
CN
-
SCN 3
HAX1
AR
CN
Epilessia, deficit cognitivo
Neutropenia Ciclica
SCN 2 SCN 4
ELANE
GFI1
G6PC3
AD
AD AR
Oscillazione della conta neutrofila ogni 21 giorni CN linfopenia CN, trombocitopenia
SCN 5
WAS
XL
CN
Sindrome Chediak-Higashi
LYST
AR
CN, piastrinopatia
Sindrome WHIM
CXC4
AD
CN, mielocatessi, linfopenia
Disgenesia Reticolare
AK2
AR
CN, linfopenia severa
Sindrome Shwachman-Diamond
Discheratosi Congenita
SBDS
DKC1
AR
XL
-
-
Difetti cardiaci congeniti, malformazioni vie urinarie, dimorfismo facciale -
CN
CN
Insufficienza pancreatica, insufficienza midollare, deformità scheletriche Albinismo oculocutaneo, diatesi emorragica, disordini neurologici Verruche recidivanti, immunodeficienza combinata, ipogammaglobulinemia
Sordità neurosensoriale bilaterale
Pigmentazione cutanea, leucoplachia, distrofia ungueale
Abbreviazioni: AD, autosomica dominante; AR, autosomica recessiva; XL, legata al cromosoma X; CN, neutropenia congenita.
crescita granulocitari (G-CSF), che ha drasticamente ridotto le complicanze infettive, seppure con possibili complicanze tardive quali la trasformazione leucemica e lo sviluppo di mielodisplasia; quest’ultime descritte in circa il 10% dei pazienti (72-74). Vi sono poi delle sindromi cliniche a varia ereditarietà che si presentano con neutropenia nella gran parte dei casi (> 80%). Tra queste ricordiamo la sindrome di Shwachman – Diamond– Oski (AR) causata da mutazioni del gene SDBS sul cromosoma 7, che codifica per una proteina ribosomiale, che comporta insufficienza middolare con neutropenia sintomatica (nel 88100% dei casi), ritardo di crescita e bassa statura, insufficienza pancreatica e deformità scheletriche, con possibilità di evolvere in LMA (76-78). La sindrome Chediak–Higashi (AR), da mutazione del gene LYST, codificante per una proteina citoplasmatica che regola l’esocitosi lisosomiale, si presenta con neutropenia, disordini neurologici, albinismo oculo-cutaneo e diatesi emorragica da piastrinopatia in fase neonatale (79). La sindrome WHIM (Warts, Hypogammaglobulinemia, Infections e Myelokathexis; AD), è una immunodeficienza congenita causata da una mutazione del gene CXC4 che comporta una apoptosi intramidollare dei precursori mieloidi ma anche spiccata linfopenia con ipogammaglobulinemia. Si manifesta con infezioni recidivanti, anche a carico cutaneo (verruche recidivanti) di eziologia sia virale che batterica e può complicare con tumori di origine virale come i carcinomi secondari ad HPV e linfoma a cellule B secondari ad EBV (80,81). La Disgenesia Reticolare rappresenta la forma più grave di immunodeficienza severa combinata congenita (SCID; AR) causata da mutazioni dell’adenilato chinasi 2, che comporta la pressoché completa assenza di granulociti e linfociti nel sangue periferico, ipoplasia del timo, e compromissione della risposta immunitaria innata e adattativa.Infine, la Discheratosi Congenita é caratterizzata da un'eccessiva brevità dei telomeri in tessuti ad intensa attività proliferativi che può portare a insufficienza midollare (82,83).
KEY ISSUES In caso di neutropenia cronica va valutata la gravità clinica in base alla conta neutrofila (> o <500/mmc) e alla diatesi infettiva. Nel paziente adulto un’attenta anamnesi personale che tenga conto della frequenza e della gravità delle infezioni fin dall’infanzia e un’anamnesi familiare permette l’esclusione delle forme congenite e benigne dell’infanzia. In caso di storia positiva la genetica molecolare eseguita in centri specializzati è spesso dirimente. I dosaggi di vitamina B12 e acido folico, del TSH, le sierologie per i virus epatotropi e HIV, e un pannello di autoimmunità comprendente ANA, ENA, FR e anti-DNA permettono l’esclusione delle più comuni cause di neutropenia secondaria nell’adulto. I livelli di LDH e beta2microglobulina, la presenza di sintomi sistemici quali sudorazioni, febbre e calo di peso (sintomi B) e il riscontro di linfocitosi, splenomegalia o linfoadenopatie associate alla neutropenia cronica devono far porre il sospetto di una forma secondaria a malattia ematologica. La persistenza di neutropenia isolata per più di tre mesi, avendo escluso le cause secondarie e congenite, può essere indagata con la ricerca degli anticorpi antineutrofili presso centri specializzati, per la diagnosi differenziale tra CIN e PIN. Il paziente con CBN dell’adulto merita un follow-up clinicolaboratoristico a 3, 6, 12 mesi dalla diagnosi, e quindi ogni 1-2 anni a seconda della stabilità clinica della neutropenia. L’uso del G-CSF e di una pronta terapia antibiotica a largo spettro, che preveda la copertura per Pseudomonas aeruginosa, è da riservare ai casi di neutropenia febbrile. La valutazione midollare è indicata nel sospetto di malattia ematologica sottostante e in caso di neutropenia severa persistente/ingravescente non secondaria alla diagnosi.
6
BIBLIOGRAFIA 1.
2. 3.
4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11.
12. 13. 14. 15. 16. 17. 18. 19. 20. 21. 22.
Dinauer M. The phagocyte system and disorders of granulopoiesis and granulocyte function. In Nathan D., Orkin S., editors. (eds), Nathan and Oski’s Hematology of Infancy and Childhood. Philadelphia, PA: WBS Saunders. 2003; 923–1010. Capsoni F, Sarzi-Puttini P, Zanella A. Primary and secondary autoimmune neutropenia. Arthritis Research & Therapy 2005;7: 208–14. Carmen S. P. Lima, Erich V. Paula, Tatiana Takahashi, Sara T. O. Saad, Irene Lorand-Metze, Fernando F. Costa. Causes of incidental neutropenia in adulthood. Ann Hematol 2006; 85: 705– 9. Johnston A, Uetrecht J. Current understanding of the mechanisms of idiosyncratic drug-induced agranulocytosis. Expert Opin Drug Metab Toxicol 2015; 11:243-57. Nyfeler B, Pichler WJ. The lymphocyte transformation test for the diagnosis of drug allergy: sensitivity and specificity. Clin Exp Allergy 1997; 27:175-81. Levy M. Role of viral infections in the induction of adverse drug reactions. Drug Saf 1997; 16:1-8. Ellrodt AG, Murata GH, Riedinger MS, et al. Severe neutropenia associate with sustained-release procainamide. Ann Intern Med 1984; 100:197-201. Boxer LA. How to approach neutropenia. Hematology Am Soc Hematol Educ Program. 2012;2012:174-82. Williams DP, Pirmohamed M, Naisbitt DJ, et al. Induction of metabolism-dependent and independent neutrophil apoptosis by clozapine. Mol Pharmacol 2000; 58:207-16. Sperner-Unterweger B, Gaggl S, Fleischhacker WW et al. Effects of clozapine on hematopoiesis and the cytokine system. Biol Psychiatry 1993; 34:536-43. Tesfa D, Ajeganova S, Hagglund H, et al. Late onset neutropenia following rituximab therapy in rheumatic diseases: association with B lymphocyte depletion and infections. Arthritis Rheum 2011; 63:2209-14. Guest I, Utrecht J. Drugs that induce neutropenia /agranulocytosis may target specific components of the stromal cell extracellular matrix. Med Hypotheses 1999; 53:145-51. Utrecht JP. New concepts in immunology relevant to idyosincratic drug reactions: the “danger hypothesis” and innate immune system. Chem Res Toxicol 1999; 12:387-95. Agnelli G, Eriksson BI, Cohen AT et al. Safety assessment of new antithrombotic agents: lessons from the extend study on ximelagatran. Thromb Res 2009. 123:488-97. Singer JB, Lewitzky S, Leroy E et al. A genome-wide study identify HLA alleles associated with lumiracoxib-related liver injury. Nat Genet 2010; 42:711-14. Andersohn F, Konzen C, Garbe E. Systematic review: agranulocytosis induced by nonchemotherapy drugs. Ann Intern Med 2007; 146: 657-65. Curtis BR. Drug-induced immune neutropenia/agranulocytosis. Immunohematology 2014; 30:95-101. Istomin V, Sade E, Grossman Z, Rudich H, Sofer O, Hassin D. Agranulocytosis associated with parvovirus B19 infection in otherwise healthy patients. Eur J Intern Med 2004;15:531-3. Scheurlen W, Ramasubbu K, Wachowski O, Hemauer A, Modrow S. Chronic autoimmune thrombopenia/neutropenia in a boy with persistent parvovirus B19 infection. J Clin Virol 2001;20:173-8. Shi X, Sims MD, Hanna MM, et al. Neutropenia during HIV Infection: Adverse Consequences and Remedies. Int Rev Immunol 2014;33:511-36. Wang L, Zou X, Liu YF, Sheng GY Association between helicobacter pylori infection and chronic idiopathic neutropenia. J Huazhong Univ Sci Technolog Med Sci 2013;33:353-6. Papadaki HA, Pontikoglou C, Stavroulaki E, et al. High prevalence of Helicobacter pylori infection and monoclonal gammopathy of undetermined significance in patients with chronic idiopathic
23. 24. 25. 26. 27. 28. 29. 30. 31. 32.
33. 34. 35. 36. 37. 38.
39. 40.
41. 42. 43.
44. 45.
46.
neutropenia. Ann Hematol 2005;84:317-20. Sheehan V, Weir A, Waters B. Severe neutropenia in patients with chronic hepatitis C: a benign condition. Acta Haematol 2013;129:96-100. Husain EH,Mullah-Ali A, Al-Sharidah S, Azab AF, Adekile A. Infectious etiologies of transient neutropenia in previously healthy children. Pediatr Infect Dis J 2012;31:575-7. Savard M, Gosselin J. Epstein-Barr virus immunossuppression of innate immunity mediated by phagocytes. Virus Res 2006;119:134-45. Sloand E. Hematologic complications of HIV infection. AIDS Rev 2005;7:187-96. Newburger PE, Dale DC. Evaluation and management of patients with isolated neutropenia. Semin Hematol 2013;50:198-206. Kraut EH. Clinical manifestations and infectious complications of hairy-cell leukaemia. Best Pract Res Clin Haematol 2003;16:3340. Morrison VA. Infections in patients with leukemia and lymphoma. Cancer Treat Res 2014;161:319-49. Jain P, Pemmaraju N, Ravandi F. Update on the Biology and Treatment Options for Hairy Cell Leukemia. Curr Treat Options Oncol 2014; 2:187-209. Steinway SN, LeBlanc F, Loughran TP Jr. The pathogenesis and treatment of large granular lymphocyte leukemia. Blood Rev 2014;28:87-94. Porcelijin L, Abbink F, Terraneo L, Onderwater-Vd Hoogen L, Huiskes E, de Haas M. Neonatal alloimmune neutropenia due to immunoglobulin G antibodies against human neutrophil antigen5a. Transfusion 2011;51:574-7. Berliner N, Horwitz M, Loughran TP Jr. Congenital and acquired neutropenia. Hematology Am Soc Hematol Educ Program 2004: 63-79. Autrel-Moignet A, Lamy T. Autoimmune neutropenia. Presse Med 2014;43:105–18. Akhtari M, Curtis B, Waller EK. Autoimmune neutropenia in adults. Autoimmun Rev 2009;9:62-6. Balint GP, Balint PV. Felty's syndrome. Best Pract Res Clin Rheumatol 2004;18:631-45. Newman KA, Akthari M. Management of autoimmune neutropenia in Felty's syndrome and systemic lupus erythematosus. Autoimmun Rev 2011;1:432-7. Martínez-Baños D1, Crispín JC, Lazo-Langner A, SánchezGuerrero J. Moderate and severe neutropenia in patients with systemic lupus erythematosus. Rheumatology (Oxford) 2006;45:994-8. Kaplan MJ. Neutrophils in the pathogenesis and manifestations of SLE. Nat Rev Rheumatol 2011 27;7:691-9. Hsieh MM, Everhart JE, Byrd-Holt DD, Tisdale JF, Rodgers GP. Prevalence of neutropenia in the U.S. population: age, sex, smoking status, and ethnic differences. Ann Intern Med 2007;146:486–92. Gibson C, Berliner N. How we evaluate and treat neutropenia in adults. Blood 2014; 124:1251-8. Abbas KA, Lichtman AH, Pober JS. Cellular and molecular immunology 4th edition. Pag 331-2. Papadaki HA, Coulocheri S, Eliopoulos GD. Patients with chronic idiopathic neutropenia of adults have increased serum concentrations of inflammatory cytokines and chemokines. Am J Hematol 2000;65:271-7. Papadaki HA, Stamatopoulos K, Damianaki A et al. Activated Tlymphocytes with myelosuppressive properties in patients with chronic idiopathic neutropenia. Br J Haematol 2005;128:863-76. Stavroulaki E, Kastrinaki MC, Pontikoglou C et al. Mesenchymal stem cells contribute to the abnormal bone marrow microenvironment in patients with chronic idiopathic neutropenia by overproduction of transforming growth factor-β1. Stem Cells Dev 2011;20:1309-18. Velegraki M, Koutala H, Tsatsanis C, Papadaki HA. Increased levels of the high mobility group box 1 protein sustain the
7
47. 48. 49.
50. 51.
52. 53.
54.
55. 56. 57. 58.
59.
60. 61.
62. 63. 64.
inflammatory bone marrow microenvironment in patients with chronic idiopathic neutropenia via activation of toll-like receptor 4. J Clin Immunol 2012;32:312-22. Berliner N, Horwitz M, Loughran TP Jr. Congenital and acquired neutropenia. Hematology Am Soc Hematol Educ Program 2004: 63-79. Bux J, Behrens G, Jaeger G, Welte K. Diagnosis and clinical course of autoimmune neutropenia in infancy: analysis of 240 cases. Blood 1998;91:181-6. Willcocks L., Lyons P., Clatworthy M., Robinson J., Yang W., Newland S. Copy number of FCGR3b, which is associated with systemic lupus erythematosus, correlates with protein expression and immune complex uptake. J Exp Med 2008; 205: 1573–82. Lucas G1, Rogers S, de Haas M, Porcelijn L, Bux J. Report on the Fourth International Granulocyte Immunology Workshop: progress toward quality assessment. Transfusion 2002; 42:462-8. Lucas G, Porcelijn L, Fung YL, et al. External quality assessment of human neutrophil antigen (HNA)-specific antibody detection and HNA genotyping from 2000 to 2012. Vox Sang 2013; 105:259-69. Sella R, Flomenblit L, Goldstein I, Kaplinsky C. Detection of antineutrophil antibodies in autoimmune neutropenia of infancy: a multicenter study. Isr Med Assoc J 2010;12:91-6. Bux J, Kober B, Kiefel V, Mueller-Eckhardt C. Analysis of granulocyte-reactive antibodies using an immunoassay based upon monoclonal-antibody-specific immobilization of granulocyte antigens. Transfus Med 1993;3:157-62. Verheugt FWA, von dem Borne AEGK, van Noord-Bokhorst JC, Engelfriet CP. Autoimmune granulocytopenia: the detection of granulocyte autoantibodies with Immunofluorescence test. Br J Haematol 1978; 39: 339-50. McCullough J, Clay ME, Priest JR, et al. A comparison of methods for detecting leukocyte antibodies in autoimmune neutropenia. Transfusion 1981; 21: 483-92. Bux J, Chapman J. Report on the Second International Granulocyte Serology Workshop. Transfusion 1997; 37: 977-83. Papadaki HA, Palmblad J, Eliopoulos GD. Non-immune chronic idiopathic neutropenia of adult: an overview. Eur J Haematol 2001;67:35-44. Fattizzo B, Zaninoni A, Consonni D, Zanella A, Gianelli U, Cortelezzi A, Barcellini W. Is chronic neutropenia always a benign disease? Evidences from a 5-year prospective study. Eur J Int Med 2015; 26:611-15. Dale DC, Cottle TE, Fier CJ et al. Severe chronic neutropenia: treatment and follow-up of patients in the Severe Chronic Neutropenia International Registry. Am J Hematol 2003;72:8293. Palmblad J, Papadaki HA. Chronic idiopathic neutropenias and severe congenital neutropenia. Curr Opin Hematol 2008;15:8-14. Papadaki HA, Eliopoulos DG, Valatas V, Eliopoulos GD. Anemia of chronic disease is the more frequent type of anemia seen in patients with chronic idiopathic neutropenia of adults. Ann Hematol 2001;80:195-200. Farruggia P, Dufour C. Diagnosis and management of primary autoimmune neutropenia in children: insights for clinicians. Ther Adv Hematol 2015;6:15-24. Bux J. Nomenclature of granulocyte alloantigens. Transfusion 1999; 39:662-3. Fioredda F, Calvillo M, Bonanomi S, et al. Congenital and acquired neutropenia consensus guidelines on diagnosis from the
65. 66. 67.
68. 69. 70. 71. 72.
73. 74. 75.
76. 77.
78. 79. 80. 81.
82. 83.
Neutropenia Committee of the Marrow Failure Syndrome Group of the AIEOP (Associazione Italiana Emato-Oncologia Pediatrica). Pediatr Blood Cancer 2011;57: 10–17. Lyall EG, Lucas GF, Eden OB. Autoimmune neutropenia of infancy. J Clin Pathol 1992;45:431-4. Bruin M, Dassen A, Pajkrt D, et al. Primary autoimmune neutropenia in children: a study of neutrophil antibodies and clinical course. Vox Sang 2005;88:52-9. Alexandropoulou O, Kossiva L, Haliotis F,et al. Transient neutropenia in children with febrile illness and associated infectious agents: 2 years' follow-up. Eur J Pediatr 2013;172:811-9. Engle W., Rosenfeld C. Neutropenia in high-risk neonates. J Pediatr 1984; 105: 982–6. Koenig J., Christensen R. Neutropenia and thrombocytopenia in infants with Rh hemolytic disease. J Pediatr 1989; 114: 625–31. Koenig J., Hunter D., Christensen R. Neutropenia in donor (anemic) twins involved in the twin-twin transfusion syndrome. J Perinatol 1991; 11: 355–8. Blanco E., Johnston D. Neutropenia in infants with hemolytic disease of the newborn. Pediatr Blood Cancer 2012; 58: 950–2. Germeshausen M, Deerberg S, Peter Y, Reimer C, Kratz CP, Ballmaier M. The spectrum of ELANE mutations and their implications in severe congenital and cyclic neutropenia. Hum Mutat 2013: 34:905-14. Horwitz MS, Corey SJ, Grimes HL, Tidwell T. ELANE mutations in cyclic and severe congenital neutropenia: genetics and pathophysiology. Hematol Oncol Clin North Am 2013; 27:19-41. Boztug K, Klein C. Genetics and Pathophysiology of Severe Congenital Neutropenia Syndromes Unrelated to Neutrophil Elastase. Hematol Oncol Clin N Am 2013; 27: 43–60. Morishima T, Watanabe K, Niwa A, et al. Genetic correction of HAX1 in induced pluripotent stem cells from a patient with severe congenital neutropenia improves defective granulopoiesis. Haematologica 2014;99:19-27. Dall'oca C, Bondi M, Merlini M, Cipolli M, Lavini F, Bartolozzi P.Shwachman-Diamond syndrome. Musculoskelet Surg 2012; 96:81-8. Myers KC, Bolyard AA, Otto B, et al. Variable clinical presentation of Shwachman-Diamond syndrome: update from the North American Shwachman-Diamond Syndrome Registry. J Pediatr 2014;164:866-70. Donadieu J, Fenneteau O, Beaupain B, Mahlaoui N, Chantelot CB. Congenital neutropenia: diagnosis, molecular bases and patient management. Orphanet J Rare Dis 2011;6:26. Nagai K, Ochi F, Terui K, et al. Clinical characteristics and outcomes of Chédiak-Higashi syndrome: a nationwide survey of Japan. Pediatr Blood Cancer 2013;60:1582-6. Kawai T, Malech HL. WHIM syndrome: congenital immune deficiency disease. Opin Hematol 2009;16:20-6. Wetzler M, Talpaz M, Kleinerman ES, et al. A new familial immunodeficiency disorder characterized by severe neutropenia, a defective marrow release mechanism, and hypogammaglobulinemia. Am J Med 1990;89:663-72. Mialou V, Leblanc T, Peffault de Latour R, Dalle JH, Socié G. Dyskeratosis congenita: an update. Arch Pediatr 2013;20:299306. Nishio N, Kojima S. Recent progress in dyskeratosis congenita. Int J Hematol 2010;92:419-24.