L’Insegnamento della Religione Cattolica in Europa Prof. Francesco Montemaggiore
Premessa: abbiamo ascoltato molte informazioni nella relazione della Prof.ssa Recrosio; anche molte cose nuove meritevoli di riflessione. Penso sia opportuno mettere in evidenza ai fini della nostra riflessione due dati che mi sembrano oggettivi per un inizio di ulteriore considerazione: a) in Italia: l’insegnamento della Religione cattolica è un’istituzione del concordato tra Stato italiano e Chiesa cattolica. Prevede in tutte le scuole pubbliche italiane lezioni settimanali di R.C. (un’ora e mezza nella Scuola Materna; due ore nella Scuola Primaria e un’ora nella Scuola Secondaria di 1°e 2° grado). Ogni anno, all’atto di iscrizione alla classe successiva l’alunno, o chi per lui, decide se avvalersi o non avvalersi a tale possibilità. Così a livello istituzionale; ma non è così pacifico il valore educativo dell’IRC: - da parte cattolica (ma anche di qualche laico illuminato, vedi Umberto Eco, Ferrara…) la conoscenza della Bibbia e del Cattolicesimo è ritenuta opportuna, anzi fondamentale parte integrante del patrimonio storico, culturale e artistico dell’Italia; - da parte laica, ma anche da qualche ambiente religioso, l’IRC è visto in conflitto con la laicità della Costituzione e della scuola pubblica, in quanto insegnamento di parte. Nel senso che educazione e formazione religiosa sono prerogative della famiglia e della chiesa e non andrebbero gestite dallo stato direttamente o indirettamente. b) in Europa: l’insegnamento della Religione o delle religioni è presente in quasi tutti i paesi europei (fuorché in Francia, Slovenia, Ungheria), con diverse modalità (obbligatorio o facoltativo) e con contenuti diversi (religione cattolica protestante, ortodossa) e con approcci anche diversi (storico, etico, catechistico o para-catechistico). Mi sembra opportuno sottolineare che l’insegnamento della R. nelle scuole è strettamente legato (diretta-indirettamente) al tipo di religione professata a maggioranza nei singoli Paesi. Dei 28 europei, - n.13 risultano essere a maggioranza cattolica: (Austria, Belgio, Croazia, Francia, Irlanda, Italia, Lituania, Polonia, Portogallo, Repubblica Ceca, Spagna, Slovacchia, Ungheria); - n.8 sono a maggioranza protestante: (Danimarca, Finlandia, Inghilterra, Galles, Islanda, Lettonia, Norvegia, Scozia e Svezia); - n.6 hanno maggioranza ortodossa: (Bielorussia, Bulgaria, Romania, Serbia-MontenegroMacedonia, Ucraina, Estonia); - caso a parte la Germania in cui la componente cattolica e protestante quasi si equivalgono. Così come le maggioranze nella Repubblica Ceca (cattolica) e Lettonia (protestante) sono in realtà minoranze rispetto ad una maggioranza agnostica. Domanda: in questo contesto religioso europeo, come si pone l’insegnamento della/e Religione/i nella scuola? Va sottolineato che le Chiese cristiane in Europa non hanno la stessa visione né sull’educazione religiosa, né sulla scuola pubblica, e quindi assumono strategie diverse. In particolare: - solo in tre paesi non si insegna religione a scuola: In Francia (salvo l’Alsazia-Lorena); l’Ungheria (religione è materia extrascolastica e facoltativa); e la Slovenia. In alcuni paesi, non si insegna solo in particolari regioni: i Cantoni in Svizzera ecc… 1
- in 6 paesi l’insegnamento della religione non è curricolare (disciplinare), ma è materia alternativa all’insegnamento di una materia laica, cosiddetta “etica” (Lettonia, Lituania, Polonia, Slovacchia, Portogallo e Lussemburgo). - in 2 paesi l’insegnamento della R. è materia opzionale cioè IR oppure scelta con un insegnamento di etica o morale (Belgio e SS. della Croazia) - in 14 paesi l’insegnamento della R. è materia curricolare obbligatoria con possibilità di dispensa o esonero, come in Italia pre-Concordato dell’84; - in 12 paesi è facoltativa, come nell’Italia post-concordato ‘84. - solo in 12 paesi vengono offerte discipline alternative ai non avvalentisi; - in 9 paesi si insegna R. come “etica” o morale laica; - in 3 paesi (Italia, Russia, Ucraina) la materia alternativa è decisa dalle scuole, mentre in Germania è decisa dal Land: etica o filosofia pratica o storia delle religioni, oppure tutte e tre insieme. Come si vede, è un quadro articolato e in continuo movimento e quindi ogni possibile confronto è suscettibile di variazioni continue a seconda dei governi e delle maggioranze politiche che si succedono. Ma, preliminare ad ogni possibile raffronto con altre realtà europee mi sembra opportuna una breve lettura della situazione italiana in fatto di stranieri.
Quanti gli stranieri in Italia? Difficile da definire le cifre del pluralismo etnico e quindi religioso in Italia, per varie ragioni: a) perché non vi sono dati ufficiali desumibili da qualche censimento; b) perché in Italia quasi tutti si dicono cattolici (86% circa, ma molto meno sono i praticanti; e così anche per le altre confessioni presenti); c) perché solo ultimamente si va stabilizzando il fenomeno dell’immigrazione finora incontrollato e caotico. Qualche cifra approssimativa la si può dedurre dalla popolazione che apertamente si riconosce in qualche confessione religiosa o che frequenta abbastanza frequentemente la propria chiesa. Ecco allora, non tanto i dati precisi, quanto l’ordine di grandezza delle presenze religiose in Italia: - al 1° posto i mussulmani con circa un milione di presenze; - al 2° posto gli ortodossi (soprattutto romeni) con 800.000; - al 3° posto i testimoni di Geova con 400.000; - a seguire: gli evangelici pentecostali (250.000) e quelli tradizionali (200.000); i buddisti (100.000) e gli induisti (105.000); i protestanti storici (60.000) i mormoni (25.000) i sikh (25.000) ecc… Si tratta di dimensioni importanti che trasudano problematiche di vario tipo in termini prima di tutto di con-vivenza ai vari livelli: civili, sociali, culturali e anche religiosi. Nel nostro caso il primo problema è come integrare questi immigrati nel tessuto sociale, ma anche religioso del nostro paese? Abbiamo di fronte vari modelli: a) all’inglese: è un modello “multiculturale” per cui l’immigrato non rinuncia alla sua cultura e religione ma si impegna a osservare con scrupolo le leggi del paese ospitante; 2
b) alla francese: è un modello di “inculturazione” vera e propria per cui l’immigrato oltre alle leggi deve assumere anche la cultura anche religiosa del paese in cui vive; - all’italiana?: è un modello “compatibile” in quanto “interculturale” per cui l’immigrato, oltre a rispettare le leggi del paese in cui vive e conservare la sua cultura d’origine, dovrebbe anche cercare di condividere alcuni valori, alcuni concetti e alcuni comportamenti di fondo comuni, quali bene/male; libertà; coscienza, responsabilità, fede e religione…. Non facile; per questo, occorre un serio e accogliente dialogo ad ogni livello, compreso sul piano interreligioso, pur nella chiara consapevolezza delle proprie identità anche religiose. In questa ottica ha un ruolo fondamentale la scuola il cui scopo primo è quello di aiutare i giovani a capire chi sono e come devono relazionarsi con se stessi e con gli altri. Ma anche questo che sembra unanimemente accettato, sembra invece essere problematico. Il nodo di fondo, almeno nella scuola in Italia, sembra ancora essere se la scuola deve fornire abilità strumentali alla soluzione di problemi pratici: le famose “competenze strumentali” (e allora la religione può anche essere assente come curricolo), oppure se la scuola deve educare la persona nella sua totalità (e allora la religione ha un posto importante). In quest’ultimo caso la scuola deve misurarsi con il fatto religioso nel contesto in cui vivono i propri alunni; così come anche la religione deve confrontarsi con la cultura dei soggetti a cui la sua proposta si rivolge. È qui che entra di diritto l’insegnamento della religione: come momento di sintesi tra educazione e vita; tra cultura e vita; tra fede e vita. Dalla lettura sommaria dell’IR. Nelle scuole europee, quali orientamenti e quali problematiche cogliamo? Su alcuni nodi fondamentali quali la natura, le finalità, il valore e la valutazione dell’IR? 1) Natura dell’IR(C) Si oscilla tra un insegnamento di contenuto strettamente religioso, a volte quasi catechetico, e invece un insegnamento di etica e/o cultura morale (Lettonia, Lituania, Norvegia, Ucraina e Portogallo, e una decina di Paesi che la pongono come eventuale alternativa all’IR.). Sta ad indicare che in molti paesi la natura dell’IR è considerata funzionale ai comportamenti pratici e alla convivenza civile più che alla formazione di una coscienza religiosa dell’alunno. Sul piano istituzionale poi risultano esserci tre modelli di IR: a) uno dal basso per cui la scuola si pone a servizio delle esigenze religiose dell’alunno e allora c’è la tendenza ad un IR confessionale o addirittura alla catechesi; b) uno dall’alto e in questo caso è la scuola a includere la dimensione religiosa nel piano studi e nei curricoli ritenendo la religione una componente fondamentale dell’educazione. c) c’è un terzo modello: che esclude del tutto l’IR. NB): a quale di questi modelli si ispira l’IRC in Italia? E lo si condivide ancora? 2) Finalità dell’IR(C) Per la maggior parte dei Paesi europei si riscontra la dimensione etica dell’IR, vi sono anche altre intenzionalità educative nei singoli paesi: a) la conoscenza della cultura nazionale e delle tradizioni come in circa una decina di Paesi: Austria, Finlandia, Irlanda, Portogallo, Italia Spagna, Slovacchia, Ungheria, Norvegia; col pericolo di privilegiare le tradizioni cultural-religiose locali più che la dimensione storica della religione e la traditio fidei. 3
b) la formazione di una cultura cristiana o di una visione cattolica del mondo come in alcuni dipartimenti francesi, in Germania, Italia e Portogallo, con l’obiettivo di documentare il contributo culturale che il Cristianesimo ha dato in Europa. c) l’educazione-formazione integrale dell’identità personale, autonoma e critica con l’idea che la religione è fattore costitutivo della persona, in circa una decina di Paesi: (Croazia, Danimarca, Finlandia Portogallo, Romania, Scozia, Svezia, Ucraina, Serbia, Belgio francese….) d)IR come contributo al senso vero della vita (Belgio, Repubblica Ceca, Scozia Spagna, alcuni dipartimenti francesi) con ampia finalità educativa; e) IR come dialogo e confronto con la società multi religiosa “in loco”, soprattutto nei Paesi del Nord: Finlandia, Scozia, Svezia; f) IR che pone alla base un’approfondita cultura biblica: in molti paesi ma in modo intensivo in Islanda, Scozia, in alcuni dipartimenti francesi; g) IR come evangelizzazione in Germania, Polonia e Ungheria (disc.extrsc.) h) IR con intenzionalità anche catechetica in Inghilterra e Galles, Norvegia, Repubblica Ceca e Serbia-Montenegro. Domanda: in Italia, quali sono le finalità tra quelle indicate? E sono adeguate alla situazione culturale ed etica italiana? 3) Il valore dell’IR Il valore dell’IR è legato al peso che gli viene dato come disciplina scolastica e lo si può misurare in due modi: - o basandosi sul posto che occupa nell’ordinamento scolastico ufficiale; - o verificando sul campo e nei fatti la reale incisività che ha nella formazione dei giovani. Mentre in quest’ultimo caso non possiamo che avere un’idea di massima trattandosi di valutazioni oggettive, nel primo caso invece possiamo avere un quadro complessivo esaminando la condizione giuridico-istituzionale che l’IR riveste nei singoli Stati: cioè se è curricolare o extracurricolare; facoltativo o obbligatorio; se solo nel ciclo primario o nel ciclo completo. - Curricolare o extracurricolare. Per capire meglio la condizione di curricolarità guardiamo all’Italia dove l’IRC è disciplina obbligatoria come presenza nei curricoli scolastici, ma facoltativa come accesso e frequenza. -Quanto alla dignità disciplinare: la curricolarità dell’IRC si riscontra in quasi tutti i paesi europei e ciò dimostra l’importanza che viene data alla formazione religiosa; piuttosto la differenza passa tra un IR confessionale (che sembra prevalente) ed uno non confessionale. -Quanto alla frequenza: diversa è la questione della curricolarità intesa come collocazione dell’IR nei piani studio, dove le differenziazioni sono molte tra Paese e Paese e addirittura dentro lo stesso Paese (una o due o tre ore/sett.; in orari poco favorevoli; con un minimo di alunni ecc…). - Facoltativo o obbligatorio. Riguardo alla frequenza possiamo cogliere tre tipi di IR: a) obbligatorio cioè senza alcuna materia alternativa o esonero; b) opzionale cioè obbligatorio con la possibilità di un’alternativa di insegnamento etico; c) facoltativo totale cioè senza alcun vincolo di materia alternativa. Nella maggior parte dei Paesi c’è l’IR facoltativo (13 Paesi); in 7 Paesi l’IR è opzionale; in altri sei l’IR è obbligatorio. Se consideriamo l’opzionalità come una specie di obbligatorietà di frequenza, si 4
ha una sostanziale parità. Da precisare che l’IR obbligatorio è nei Paesi tutti a maggioranza protestante e hanno un IR non confessionale. 4) Differenze tra ordini e gradi di scuola. L’Italia degli anni venti, con la riforma Gentile l’IR come disciplina ordinaria era presente solo nella scuola primaria (forse perché più adattabile alla fantasia dei bambini?) mentre nella scuola secondaria era sostituita dallo studio della filosofia. Una situazione simile permane in alcuni Paesi come la Danimarca, la Norvegia, la Spagna che prevedono una valutazione formale dell’IR solo nel ciclo primario. Altri Paesi come il Portogallo e alcuni dipartimenti francesi danno più importanza all’IR nella sc. Secondaria. Però nella maggior parte dei Paesi europei l’importanza dell’IR è identica nell’intero ciclo scolastico. 5) La valutazione scolastica. La valutazione è un indicatore significativo del peso e dell’importanza scolastica di una disciplina e bisogna dire che l’IR spesso non gode di una piena valutazione scolastica: sia come modalità di comunicare la valutazione come in Italia e Spagna con una scheda a parte, sia soprattutto come capacità dell’IR di pesare come ogni altra materia sul profitto finale dell’alunno. C’è un criterio di fondo: - dove l’IR non è confessionale o obbligatorio, è valutato a tutti gli effetti ma non sempre con chiarezza e l’IR è pienamente valutato concorrendo all’esito finale (facendo media) in 12 paesi (Austria, Belgio, Croazia, Danimarca, Germania, Norvegia, Portogallo, Rep. Ceca Romania, Scozia Spagna e Svezia). E dove l’IR non viene valutato? È perché l’IR è inteso come fede personale o perché è impossibile avere dati oggettivi? -dove invece l’IR è valutato, sembra che dipenda dal suo carattere di dignità educativoformativa riconosciuta formalmente. Ma anche qui è evidente un’ulteriore ambiguità: un IR dal basso che risponde ai bisogni dell’utenza è meno valutabile in via ordinaria; un IR dall’alto in quanto inserita negli ordinamenti scolastici e ritenuta indispensabile alla formazione di un giovane, gode di una valutazione normale. Riflessione: in Italia, la valutazione disciplinare c’è, ma permangono dubbi, ambiguità e qualche provocazione.
E l’IRC, cioè l’insegnamento della Religione proposta dai cattolici in Italia? C’è una consapevolezza nella Chiesa, che il servizio dell’IRC nella scuola, statale o paritaria, è ormai una sfida complessa ma necessaria, pena la progressiva insignificanza culturale della religione cristiana nella realtà scolastica e nella società, a favore di un dubbio sincretismo, tanto pericoloso quanto subdolo e inavvertito. Per questo è importante un rapporto dialogico tra scuola e religione anche perché è in profondo cambiamento sia la società sempre più “conoscitiva” e post-cristiana, cambia la scuola che fatica ad adeguarsi alla società, e cambia lo scenario socioreligioso specie per il diffondersi dei cosiddetti “sena-religione”. Urge un’alleanza nuova e più responsabile tra scuola e religione e questa passa attraverso un retto insegnamento della Religione che, in un’Europa unita dovrebbe essere abbastanza omogeneo e quindi dovrebbe superare gli attuali tre modelli di insegnamento dell’IR: - Corsi curricolari obbligatori o opzionali obbligatori sul fatto religioso come nei 5 Paesi scandinavi e in Germania, Belgio e Regno Unito; - Corsi confessionali facoltativi come nei Paesi a maggioranza cattolica sia tradizionale Austria, Italia, Spagna ecc., sia di recente insegnamento come i Paesi dell’Europa centro-orientale Croazia, Polonia, Ungheria….). 5
- Corsi di catechesi scolastica extra-curricolare ma in orario scolastico come nei Paesi excomunisti dell’Est. Dai documenti del Magistero risulta chiaro che l’IRC è un servizio indispensabile all’uomo e quindi deve entrare come contributo specifico nel progetto educativo della scuola e, in quanto disciplina, supera l’ambito scolastico avendo come riferimento la famiglia e la società. Quindi ha pieno diritto di essere collocato all’interno dei percorsi scolastici, almeno per tre motivi: 1) perché nella scuola, che ha anche un ruolo sociale, l’IRC fa proprie le finalità della scuola stessa, ponendosi in termini di conoscenza dei contenuti della religione cristiana; 2) perché l’IRC offre un valido contributo a comprendere la tradizione culturale dell’Occidente segnata profondamente dal cristianesimo; 3) perché l’IRC mostra come la religione è fonte di esperienze conoscitive ed intuitive relative all’intero mondo del Trascendente e offre grandi possibilità di conoscere ed approfondire “a tutto tondo” anche eventi e valori semplicemente umani. In sintesi: nella scuola, come si può sciogliere e sviluppare il nodo dell’interculturalità e quindi dell’interreligiosità in Italia ma anche in Europa secondo un modello tendenzialmente unitario? Attraverso una coscienza ed una cultura del confronto e del dialogo che nella scuola passa attraverso le discipline (v. storia, filosofia, ecc…) ma che punta al confronto tra esperienze anche religiose e di fedi diverse. L’IRC diventa veicolo e strumento privilegiato non tanto di conoscenze teoriche del dato religioso, pur importante, quanto di una visione e interpretazione personale e originale della realtà, del mondo, dell’esistenza. L’IRC diventa una vera e propria prospettiva di fondo entro cui si costruisce e si realizza l’uomo e il cittadino. In questo senso trova sintesi e soluzione anche l’annoso problema della confusione-sovrapposizione tra IRC e catechesi facendosi servizio pastorale alla persona che è ogni studente.
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