Dott. Andrea Guerrini – Analisi di Bilancio
Andrea Guerrini
L’ANALISI DI BILANCIO Dispense ad uso degli studenti dei corsi di laurea specialistica e dei master post laurea
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1. Il bilancio pubblicato Il bilancio, contenente lo stato patrimoniale ed il conto economico, è redatto almeno in ogni esercizio, come richiesto dalla normativa in materia. Il codice civile richiede la presentazione di due schemi, aventi la struttura qui riportata.
Lo stato patrimoniale ex art.2424 c.c. A)Crediti verso soci
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A)Patrimonio netto 1)Capitale 2) Riserve….. 3)Utili
B)Immobilizzazioni I) Immobilizzazioni immateriali 40 II) Immobilizzazioni materiali 500 III)Immobilizzazioni finanziarie 1) Partecipazioni 10 2)Crediti con separata indicazione degli importi esigibili entro (entro) (oltre) l’esercizio successivo 5 30
B)Fondi per rischi e oneri C) Trattamento fine rapporto
D)Ratei e risconti attivi
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10 5
D)Debiti con separata indicazione degli importi esigibili oltre l’esercizio successivo (entro) 1)Obbligazioni 10 2)Obbligazioni convertibili 5 3)Debiti verso banche 10 4)Debiti verso altri finanziatori 70 5)Acconti 20 6)Debiti verso fornitori 30 11)Debiti tributari 20 13)Altri debiti -
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E)Ratei e risconti passivi
C)Attivo circolante I) Rimanenze 35 II)Crediti con separata indicazione degli importi esigibili oltre (entro) (oltre) l’esercizio successivo 20 5 III)Attività finanziarie IV)Disponibilità liquide
100 35
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(oltre) 200 50 47 15 8
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2004 6.207.188 4.194 761.468 700.311 6.972.850 41.628 1.930.663 275.104 3.705.766 598.908 6.552.069 420.781 2.142 24.319 158.822 -132.361 -300 -300 89.401 78.513 10.888 299.008 -130.418 168.590
Ricavi vendite e prestazioni Variazione lavori Altri ricavi - di cui Contributi in conto esercizio VALORE DELLA PRODUZIONE Materie prime e consumo Servizi Godimento beni di terzi Costi del personale Ammortamenti e svalutazioni COSTI DELLA PRODUZIONE RISULTATO OPERATIVO Proventi da partecipazioni Altri proventi Oneri finanziari TOTALE PROV.ED ONERI FIN. Svalutazione di partecipazioni TOTALE RETTIFICHE ATT. FIN Proventi straordinari Oneri straordinari TOTALE PROV.ONERI STRAORD. RISULTATO ANTE IMPOSTE Totale imposte sul reddito Utile/perdita di esercizio
2003 4.814.608 11.199 515.887 460.498 5.341.694 55.688 835.671 269.466 3.510.637 655.947 5.327.409 14.285 407 11.413 103.453 -91.633 -249 -249 157.533 29.504 128.029 50.432 -23.000 27.432
2002 5.976.754 37.644 440.523 493.200 6.454.921 18.371 1.386.344 328.911 4.018.693 702.024 6.454.343 578 424 13.751 176.137 -161.962 -305 -305 245.005 65.741 179.264 17.575 -7.900 9.675
Questo documento mira a soddisfare le richieste informative dei portatori di interessi interni (proprietario, amministratori, organismi di controllo interno, personale), ed esterni (istituti di credito, obbligazionisti, fornitori, clienti, consumatori, associazioni sindacali, associazioni di categoria). 2
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Alcuni portatori di interessi sono, tuttavia, interessati a conoscere più approfonditamente gli andamenti della gestione trascorsa, sviluppando ipotesi sugli andamenti futuri: ci riferiamo alla proprietà ed agli amministratori per quanto concerne l’interno ed agli analisti finanziari e finanziatori (banche, amministrazioni pubbliche, fondi di investimento) per quanto riguarda l’esterno. Più in particolare: • i proprietari e gli amministratori vorranno studiare i risultati delle politiche poste in essere in passato, simulando, per il futuro, gli effetti delle azioni alternative da intraprendere; • gli analisti finanziari ed i finanziatori vorranno, invece, analizzare le performance aziendali degli ultimi esercizi, eventualmente estrapolando delle proiezioni per il futuro, al fine di valutare l’opportunità di investire in azienda. Per soddisfare tali fabbisogni informativi non basta più il solo “bilancio civilistico” ed occorre costruire un nuovo bilancio, avente gli stessi valori, ma logiche di classificazione differenti: in sostanza di deve procedere ad un’operazione di “riclassificazione” del bilancio pubblicato. La riclassificazione può essere effettuata soltanto da personale esperto in materia e che possiede delle informazioni non sempre diffuse all’esterno. Per tale motivo il bilancio riclassificato solitamente è costruito dalla funzione Amministrazione e Finanza, oppure da consulenti esterni che lavorano per l’azienda (commercialisti, società di consulenza). In alcuni casi, qualora il bilancio riclassificato internamente non sia stato divulgato all’esterno, l’operazione di riclassificazione dovrà essere effettuata da altri soggetti esterni, come gli analisti finanziari, i finanziatori ed i centri studi, i quali, tuttavia non sempre possiedono tutte le informazioni necessarie e, perciò, costruiscono degli schemi aventi alcune approssimazioni. Una buona conoscenza ragionieristica è richiesta non soltanto, come detto poco sopra, al soggetto che si appresta a riclassificare gli schemi, ma anche ai destinatari dell’informazione, in quanto gli schemi dovranno essere, successivamente, sottoposti ad interpretazione, ovvero ad analisi previa indici e quozienti di bilancio. 2. La riclassificazione dello stato patrimoniale Lo stato patrimoniale rappresenta la fotografia dei valori contabili: tale schema contiene, infatti, variabili stock, misurate in un preciso istante di temporale. Qualora sia utilizzato uno schema a sezioni contrapposte, in avere saranno rappresentate le fonti di finanziamento, ottenute sia a titolo di capitale di rischio che di terzi; mentre in dare verranno evidenziati gli impieghi, ossia gli investimenti che con tali fonti sono stati realizzati. I valori stock contenuti nello stato patrimoniale hanno natura: • Finanziaria • Economica Nel primo caso rientrano: − crediti e debiti di finanziamento − crediti e debiti di funzionamento − crediti e debiti verso soci − crediti e debiti presunti, come i ratei attivi e passivi ed i fondi rischi e oneri futuri Rientrano, invece, nel secondo caso: − rimanenze di fattori a fecondità semplice − rimanenze di fattori a fecondità ripetuta 3
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− − − − − − −
rimanenze di prodotti partecipazioni e titoli finanziari quote di costi rinviate al futuro, come i risconti attivi relativi a servizi non ancora utilizzati capitale apportato dai soci utile di esercizio utili di esercizi precedenti e riserve quote di ricavi rinviate al futuro, come i risconti passivi relativi a servizi e prestazioni non ancora erogate
I criteri di riclassificazione dello stato patrimoniale sono due: • il criterio della liquidità (crescente o decrescente) • il criterio della pertinenza gestionale. Tali criteri non sono sostitutivi, bensì complementari, in quanto consentono di ottenere due differenti schemi che soddisfano altrettante finalità conoscitive. 2.1 Il criterio di liquidità Se lo scopo conoscitivo è quello di evidenziare la composizione degli investimenti e dei finanziamenti aziendali, distinguendo tra valori di lungo (aventi scadenza maggiore di un anno) e di breve periodo (con scadenza inferiore all’anno), e soprattutto, quello di verificare l’adeguatezza della struttura delle fonti di finanziamento e le condizioni di equilibrio finanziario, dovrà essere adottato il criterio di liquidità. La scelta tra una rappresentazione in ordine crescente o decrescente è soltanto un problema di forma, in quanto non va ad inficiare il grado di soddisfazione del fabbisogno informativo. Nella trattazione ci riferiremo ad un criterio di liquidità crescente. Procedendo dalla colonna dell’attivo, gli investimenti sono distinti in relazione alla facilità con cui ritorneranno liquidi: considerando, quindi, il loro tempo di realizzo dovranno essere individuati gli investimenti di breve, che si prevedono di realizzare entro l’anno, e gli investimenti di lungo, la cui realizzazione avverrà oltre l’anno. Specularmene nella colonna del passivo+netto dovranno essere distinti i finanziamenti in relazione alla facilità con cui ritorneranno liquidi: considerando, quindi, il loro tempo di estinzione dovranno essere individuati i finanziamenti di breve, che si prevedono di estinguere entro l’anno, ed i finanziamenti di lungo, che si prevedono di estinguere oltre l’anno. In figura 2 riportiamo uno schema sintetico di riferimento. ATTIVO
PASSIVO+NETTO
Investimenti di lungo
Finanziamenti di lungo
Investimenti di breve
Finanziamenti di breve
Ciascun investimento comporta un flusso iniziale di risorse finanziarie ed un deflusso più o meno lento di queste, in relazione alla durata prevista dell’impiego. Le rimanenze di fattori a fecondità semplice come, ad esempio, le merci di un azienda commerciale, rappresentano degli investimenti che hanno assorbito liquidità al momento dell’acquisto e si trasformeranno nuovamente in liquidità al momento della vendita e del relativo incasso di denaro dal cliente. Supponendo che, mediamente, il ciclo operativo aziendale, ossia il tempo che intercorre tra l’acquisto del fattore a 4
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fecondità semplice e l’incasso derivante dalla vendita del prodotto sia pari a 90 giorni, possiamo affermare che le rimanenze di merci evidenziate nello schema di stato patrimoniale abbiano un tempo di realizzo inferiore all’anno e siano quindi da considerarsi di breve periodo. Le rimanenze di fattori a fecondità ripetuta, come gli impianti, rappresentano, invece, degli investimenti che hanno assorbito liquidità al momento dell’acquisto e soltanto gradualmente ed in modo indiretto produrranno risorse liquide nei vari esercizi, attraverso la vendita dei prodotti finiti al cui processo produttivo partecipano. Se al momento dell’acquisto la vita utile di un impianto è quantificata in 10 anni, significa che il fattore sarà in grado di partecipare ai processi produttivi di tale periodo e, perciò, i ricavi derivanti dalla vendita dei rispettivi prodotti dovranno contribuire al ritorno in forma liquida dell’investimento, attraverso la copertura di tutte le quote di ammortamento stanziate. Nell’esempio riportato, soltanto la quota parte dell’investimento che ritornerà liquida attraverso i ricavi del primo anno, costituisce un impiego di breve periodo, mentre il resto è interamente di lungo. Tuttavia, nella riclassificazione, per semplicità, tutti gli impieghi relativi a fattori a fecondità ripetuta che ritorneranno totalmente liquidi oltre l’anno sono considerati di lungo, a prescindere dalla quota scadente entro l’esercizio. Questa considerazione non può essere fatta per gli stock finanziari attivi, come i crediti di finanziamento e di funzionamento: se, infatti, l’azienda presenta al termine dell’esercizio un credito di finanziamento di 1000 euro, da restituire in quote costanti per 5 esercizi, in sede di riclassificazione si avranno crediti di breve per 200 euro e crediti di lungo per 800 euro. Similmente, se una quota di un credito verso clienti scadrà oltre l’esercizio successivo, dovrà essere inserita tra gli investimenti di lungo, separandola dalla quota scadente nel breve. Per quanto concerne gli altri investimenti finanziari, come le partecipazioni in altre aziende, saranno considerati di lungo periodo qualora corrispondano a quote rilevanti che permettono di influire sulla gestione, altrimenti, le azioni acquistate a titolo meramente speculativo sono da considerare investimenti a breve. Gli altri investimenti finanziari, come, ad esempio, i titoli di stato, saranno inseriti tra l’attivo fisso qualora il management preveda di detenerli in portafoglio fino alla scadenza o, almeno, oltre l’esercizio successivo, mentre verranno posti nell’attivo corrente qualora siano considerati degli investimenti temporanei, da liquidare nel breve. Riassumendo, possiamo affermare che la colonna dell’attivo di uno stato patrimoniale riclassificato secondo un criterio di liquidità crescente avrà la seguente struttura: ATTIVO FISSO − Immobilizzazioni materiali (impianti, attrezzature, fabbricati) − Immobilizzazioni immateriali (marchi, brevetti, software) − Immobilizzazioni finanziarie (partecipazioni strategiche e quote di crediti di finanziamento, di crediti verso clienti e di crediti presunti scadenti oltre l’esercizio successivo, altri investimenti finanziari se si prevede di detenerli oltre l’esercizio successivo) ATTIVO CORRENTE − Disponibilità non liquide (rimanenze di materie prime, semilavorati, lavori in corso su ordinazione, prodotti in corso di lavorazione, prodotti finiti) − Liquidità differite (quote di crediti verso clienti, di crediti di finanziamento e di crediti presunti scadenti entro l’esercizio successivo) − Disponibilità liquide (cassa, banca c/c, posta c/c, titoli da liquidare nel breve). 5
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Se gli investimenti rappresentano la destinazione delle risorse finanziarie, i finanziamenti ne indicano la provenienza. Ogni finanziamento rappresenta un flusso di risorse che darà luogo entro un certo intervallo di tempo ad un deflusso di pari importo che si manifesterà più o meno lentamente, in relazione al tempo di estinzione del finanziamento. Le fonti acquisite a titolo di capitale di rischio, corrispondenti al capitale apportato dai soci, alle riserve ed agli utili non distribuiti, hanno un tempo di estinzione indeterminato: non esiste, infatti, una scadenza prefissata entro la quale il capitale dovrà essere rimborsato. Questa forma di finanziamento è quindi da considerare di lungo periodo. Similmente, anche le fonti acquisite a titolo di capitale di terzi, sono da includere tra i finanziamenti a lungo, qualora il denaro debba essere restituito al creditore oltre l’esercizio successivo: rientrano in questa categoria le quote di prestiti obbligazionari, di mutui bancari, di finanziamenti di società controllanti o controllate o collegate, scadenti oltre l’esercizio successivo. Il ragionamento vale anche per i debiti di funzionamento, come i debiti commerciali e per trattamento di fine rapporto, e per i debiti presunti, come i fondi rischi ed oneri ed i ratei passivi, la cui estinzione è prevista o stimata oltre l’esercizio successivo. Tra i finanziamenti a breve saranno, invece, incluse le quote scadenti entro l’esercizio successivo di finanziamenti aventi una durata pluriennale. Se, ad esempio, al 31/12/annoT un’azienda possiede un mutuo per 10.000.000 euro, avente una rata di 1.000.000 da restituire il 15/06/annoT+1 ed il resto nei successivi esercizi, in sede di riclassificazione di bilancio avremo all’interno delle passività le seguenti voci: PASSIVO DI LUNGO Mutuo di lungo periodo 9.000.000 ………….. PASSIVO DI BREVE …………….. Mutuo di breve periodo 1.000.000 Similmente, anche le quote di debiti di funzionamento e di debiti presunti scadenti nel breve periodo verranno incluse nel passivo corrente. Se al 31/12/anno T un’azienda presenta un fondo TFR pari a 60.000.000, ed i piani per l’anno T+1 prevedono dei pensionamenti di 5 persone, la cui quota di trattamento fine rapporto maturata ammonta a 13.000.000, in sede di riclassificazione di bilancio avremo all’interno delle passività le seguenti voci PASSIVO DI LUNGO Debiti per TFR 47.000.000 ………….. PASSIVO DI BREVE …………….. Debiti per TFR 13.000.000 Tra il passivo di breve saranno, inoltre, inclusi gli scoperti di conto corrente e gli altri debiti di finanziamento da rimborsare interamente nell’esercizio successivo. Riassumendo, possiamo affermare che la colonna del passivo+netto di uno stato patrimoniale riclassificato secondo un criterio di liquidità crescente avrà la seguente struttura: PASSIVO CONSOLIDATO − Mezzi propri (capitale sociale, riserve, utile di esercizio) 6
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− Finanziamenti di lungo periodo (debiti di finanziamento, di funzionamento e debiti presunti, scadenti interamente oltre l’esercizio successivo; quote di debiti scadenti oltre l’esercizio successivo) PASSIVO CORRENTE (o di breve) − Finanziamenti di breve periodo (debiti di finanziamento, di funzionamento e debiti presunti, scadenti interamente entro l’esercizio successivo; quote di debiti scadenti entro l’esercizio successivo). Dopo aver effettuato la riclassificazione, lo schema di bilancio sul quale effettuare le successive analisi è il seguente:
Il criterio di liquidità crescente
Attivo fisso
Mezzi propri
Attività immobilizzate
Disponibilità non liquide
Attivo corrente
Passivo a medio/ lungo termine
Passivo consolidato
Liquidità differite
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Liquidità immediate Liquidità differite Crediti verso clienti Crediti di finanziamento Crediti verso soci Titoli realizzabili nel breve Ratei e risconti
5 60 20 5 10 10 15
Disponibilità non liquide Immobilizzazioni materiali Immobilizzazioni immateriali Immobilizzazioni finanziarie Partecipazioni Crediti di finanziamento Crediti verso clienti
TOTALE ATTIVO
Passivo di breve
Passivo corrente
Liquidità immediate
35 500 40 45 10 30 5
685
Capitale netto Capitale sociale Riserve
100 35
Passivo a medio/lungo termine Obbligazioni Obbligazioni convertibili Debiti verso altri finanziatori Debiti verso fornitori Fondo TFR
200 50 47 15 45
Passivo corrente Debiti verso banche Debiti verso fornitori Debiti tributari Acconti Ratei e risconti Fondo TFR Debiti verso altri finanziatori Obbligazioni Obbligazioni convertibili
10 30 20 20 8 20 70 10 5
TOTALE PASSIVO
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135
357
193
685
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3.2 Le analisi dello stato patrimoniale finanziario Una volta terminata la fase di riclassificazione, lo stato patrimoniale può essere utilizzato per l’analisi gestionale, utilizzando i più opportuni indicatori. La riclassificazione secondo il criterio di liquidità permette di analizzare: - La composizione degli impieghi (analisi verticale degli impieghi) - La composizione delle fonti (analisi verticale delle fonti) - La correlazione tra impieghi e fonti (analisi orizzontale) L’analisi verticale consente di individuare l’incidenza di specifiche voci dello stato patrimoniale sull’importo totale del raggruppamento a cui appartengono o su altre voci appartenenti alla stesso raggruppamento. Considerando la colonna dell’attivo, alcuni indici che rappresentano la composizione verticale sono ad esempio: Attivo corrente/Totale attivo = indice di elasticità degli impieghi Attivo fisso/Totale attivo = indice di rigidità degli impieghi o alternativamente: Attivo corrente/Attivo fisso = quoziente di elasticità degli impieghi Attivo fisso/Attivo corrente = quoziente di rigidità degli impieghi In primo luogo occorre chiarire la differenza tra indici e quozienti. I primi derivano dal rapporto tra una voce ed il totale del raggruppamento a cui la medesima voce appartiene. Il quoziente è invece dato dal rapporto tra una voce ed un’altra voce appartenente allo stesso raggruppamento. Da un punto di vista segnaletico, per l’analisi gestionale, potranno essere utilizzati alternativamente o indici o quozienti: le interpretazioni che ne conseguiranno saranno le stesse. L’indice di elasticità oscilla tra 0 e 1. Un aumento di questo indice segnala l’incremento di investimenti smobilizzabili entro breve termine. Qualora l’indice si approssimi all’unità avremo una struttura produttiva elastica, che darà all’azienda la possibilità di adeguarsi facilmente ai cambiamenti dei quantitativi richiesti dal mercato, limitando, in caso di diminuzione della domanda, il livello di capacità produttiva inutilizzata, coprendo, in caso di aumento, tutti i picchi di domanda. Specularmente, l’incremento dell’indice di rigidità evidenzia una certa difficoltà dell’azienda ad adeguarsi ai volumi della domanda di mercato. Come tutti gli indici di bilancio, potranno emergere delle differenze nello spazio (tra un azienda e l’altra) e nel tempo (nella medesima azienda, ma in momenti diversi). Nel caso di una stessa azienda, potremmo avere da un periodo all’altro una tendenza al ribasso dell’indice di elasticità qualora, ad esempio, siano stati internalizzati dei processi produttivi un tempo svolti presso terzisti. Tale politica comporta, come ovvio, un incremento degli investimenti di lungo periodo, per l’acquisto degli impianti volti a svolgere le lavorazioni suddette.
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L’analisi orizzontale consente di analizzare l’adeguatezza della struttura finanziaria aziendale. I principi da utilizzare per la corretta progettazione della struttura finanziaria aziendale sono: - L’attivo fisso deve essere coperto interamente dal passivo consolidato (passivo di lungo + mezzi propri) - L’attivo a breve dovrebbe essere finanziato preferibilmente con il passivo corrente - La liquidità immediata e quella differita dovrebbero coprire il passivo corrente. Il primo principio costituisce una condizione necessaria per evitare incagli di tipo monetario negli esercizi successivi. Considerando la correlazione tra fonti e impieghi di breve periodo può essere espresso anche in tal modo: - Il passivo di breve deve coprire esclusivamente l’attivo di breve. Gli impieghi e le fonti sono visti, nella logica finanziaria, come delle entrate potenziali future e delle uscite potenziali future. Più in particolare, l’attivo corrente darà luogo, entro l’esercizio successivo, ad entrate (ad esempio i crediti commerciali saldati dai clienti), mentre il passivo corrente genererà uscite (si pensi ai debiti commerciali da estinguere).
Con il CRITERIO DI LIQUIDITA’ Il “criterio generale... si guardaguida” alla “facilità“ con la quale le poste patrimoniali possono dare luogo a movimenti di moneta
ATTIVITÀ
PASSIVITÀ
produzione di…
assorbimento di…
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Conseguentemente, diventa necessario mantenere un saldo positivo tra attivo e passivo corrente, ossia tra entrate ed uscite potenziali di breve periodo, onde evitare crisi di liquidità nell’esercizio successivo.
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finanziario … Il loro confronto definisce il baricentro dello stato patrimoniale finanziario
ATTIVITÀ CORRENTI
AC
future entrate “potenziali” nel breve
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PASSIVITÀ CORRENTI
PC
CCNf CCNf future uscite “potenziali” nel breve
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Le misure da utilizzare nell’analisi verticale sono: Passivo consolidato (Mezzi propri + passivo di lungo)/Attivo fisso = Quoziente di struttura secondario Mezzi propri/Attivo fisso = Quoziente di struttura primario Attivo corrente/Passivo corrente = Quoziente di disponibilità o alternativamente: Passivo consolidato-Attivo fisso = Margine di struttura primario Mezzi propri – Attivo fisso = Margine di struttura secondario Attivo corrente – Passivo corrente = Margine di disponibilità o Capitale circolante netto finanziario La distinzione tra quozienti è margini è puramente matematica (i primi sono rapporti, mentre i secondi corrispondono a differenze) mentre da un punto di vista gestionale non cambia alcunché. 3.2 Il criterio di pertinenza gestionale La sistemazione delle voci di stato patrimoniale può essere realizzata mediante un criterio alternativo rispetto a quello di liquidità, volto a porre in luce i fabbisogni di finanziamento delle diverse gestioni aziendali. Come noto la gestione aziendale è suddivisibile in ordinaria e straordinaria in relazione alla frequenza dei fatti amministrativi. La prima è inoltre suddivisibile in gestione operativa, finanziaria ed accessoria. La gestione operativa comprende tutti quei fatti amministrativi attinenti le attività di produzione di beni e servizi, ricerca e 10
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sviluppo, amministrazione e vendita; la gestione finanziaria concerne il reperimento delle fonti atte a coprire tutte le categorie di impieghi; mentre la gestione accessoria riguarda le attività di investimento in impieghi non attinenti il core business aziendale (si pensi a immobili concessi in locazione a terzi, agli investimenti in titoli ed azioni). Volendo adottare una riclassificazione secondo lo schema di pertinenza gestionale, dovranno essere individuate le destinazioni di ogni elemento. La struttura di stato patrimoniale presenterà 3 aree distinte tra gli impieghi e fonti, intitolate rispettivamente alla gestione operativa, finanziaria ed accessoria.
Fonti della gestione operativa Impieghi nella gestione operativa Fonti finanziarie
Impieghi nella gestione accessoria
Fonti della gestione accessoria
GESTIONE OPERATIVA L’area dello stato patrimoniale relativa alla gestione operativa comprende gli elementi dell’attivo che si generano con l’attività operativa aziendale, e le fonti sorte spontaneamente. Tra gli impieghi ricordiamo: - Gli impianti e macchinari utilizzati per la produzione, - Le attrezzature utilizzate nella produzione, ricerca e sviluppo, vendite e amministrazione - I marchi, brevetti, licenze software - I crediti verso clienti - Le scorte di materie prime, prodotti finiti, semilavorati, lavori in corso su ordinazione, prodotti in corso di lavorazione A differenza del criterio di liquidità, in questo caso gli elementi non sono distinti in base alla scadenza, bensì in base alla destinazione, per tale ragione, all’interno di ogni classe ritroviamo voci aventi una diversa scadenza temporale. Tra le fonti si annoverano: - I debiti verso fornitori - Il fondo trattamento fine rapporto - I fondi rischi ed oneri Tali fonti non sono reperite direttamente sul mercato dei finanziamenti, ma sorgono “spontaneamente” con lo svolgersi della gestione operativa. La Gestione operativa può essere suddivisa in due sotto aree: il Ciclo operativo e la Struttura operativa. Il ciclo operativo riguarda le attività di Acquisto di fattori a fecondità semplice, trasformazione delle materie in prodotti finiti, e la vendita dei prodotti. La struttura 11
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concerne, invece, l’acquisto di fattori a fecondità ripetuta ed il loro mantenimento. Stante tale distinzione, all’interno dello stato patrimoniale potranno essere distinte queste due ulteriori aree. Il ciclo operativo è formato da impieghi come: - Crediti verso clienti - Rimanenze di magazzino Le fonti del ciclo operativo sono costituite prevalentemente da: - debiti verso fornitori - fondi rischi ed oneri relativi al ciclo, come il fondo oscillazione cambi. La struttura operativa è invece composta da: - Impianti e macchinari - Attrezzature - Immobilizzazioni immateriali - Fondo TFR - Fondi rischi ed oneri relativi alla struttura operativa, come il fondo manutenzioni immobilizzazioni GESTIONE FINANZIARIA La gestione finanziaria comprende esclusivamente l’area passiva, ed è costituita dalle fonti di finanziamento acquisite a titolo di rischio e dai mezzi propri, come il capitale sociale, le riserve e gli utili portati a nuovo. GESTIONE ACCESSORIA L’area della gestione accessoria è composta da investimenti che non rientrano nel ramo operativo. Le fonti spontanee, ove presenti, riguarderanno eventuali debiti di funzionamento, ratei e risconti, fondi rischi ed oneri relativi alla gestione degli investimenti summenzionati. Gli impieghi relativi all’area in esame sono costituiti da investimenti in titoli e partecipazioni acquistate a fini meramente speculativi e, quindi, non strategiche per l’azienda, oltre che da crediti di finanziamento e da immobilizzazioni non destinate all’attività caratteristica. Per quanto riguarda gli investimenti in partecipazioni, deve essere evidenziato come non sempre sia corretto collocarli all’interno dell’area accessoria: è chiaro, infatti, che qualora le partecipazioni siano determinanti per lo svolgimento dell’attività caratteristica aziendale dovranno essere inserite all’interno della struttura operativa: si pensi, per esempio, ad una holding, a capo di un gruppo operante in uno specifico settore, che detiene direttamente le partecipazioni nelle imprese controllate, integrate verticalmente con la holding stessa.
La struttura dello stato patrimoniale può anche essere di tipo scalare, presentando in tal modo in sequenza i risultati intermedi del ciclo operativo, della struttura operativa, della gestione accessoria e finanziaria.
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Struttura scalare Crediti verso clienti + Rimanenze finali di merci e materie + Debiti verso fornitori – Capitale circolante netto commerciale Ratei e Risconti relativi al ciclo operativo +/Debiti tributari – Fondi rischi – Capitale circolante netto operativo Immobilizzazioni immateriali + Immobilizzazioni materiali + Fondo TFR e quiescenza Altri fondi – Capitale investito netto operativo Immobilizzazioni finanziarie + Attività finanziarie correnti + Altre immobilizzazioni + Capitale investito netto globale Debiti di finanziamento a lungo termine – Debiti di finanziamento a breve termine (al netto delle liquidità) – Capitale netto Dott. Andrea Guerrini, Corso di Programmazione e Controllo
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Come è possibile osservare dallo schema sopra riportato, la struttura scalare consente di calcolare dei risultati intermedi per area gestionale, ottenuti dalla somma algebrica di fonti e impieghi correlati all’area stessa. Tali grandezze rappresentano il fabbisogno (se di segno algebrico positivo) o le fonti (se negativo) rispettivamente generato e richieste dall’area stessa. Il Capitale circolante netto commerciale è ottenuto dalla somma algebrica tra crediti verso clienti, debiti verso fornitori e magazzino. Se positivo indica la presenza di un fabbisogno di finanziamento generato dalla gestione operativa corrente, mentre se negativo indica la capacità del ciclo di generare risorse finanziarie: quest’ultima è una situazione tipica delle aziende commerciali, come i supermercati, che vendono a pronti e non hanno crediti verso clienti e comprano le merci a dilazione. Tali politiche fanno assumere al Capitale circolante netto commerciale (CCNC) un valore pari a zero o addirittura negativo. Di tale situazione beneficerà la gestione extracaratteristica, grazie a massicci investimenti in attività accessorie e finanziarie. Il capitale investito netto operativo è dato dalla sommatoria del CCNO e degli investimenti/finanziamenti della struttura operativa: il suo valore rappresenta l’ammontare di risorse finanziarie necessarie per “mettere in piedi” e “far funzionare” la gestione operativa aziendale.
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Crediti commerciali +magazzino -debiti commerciali Capitale circolante netto commerciale
25 35 -45
+Crediti diversi caratteristici operativi correnti -Debiti diversi caratteristici operativi correnti Capitale circolante netto operativo caratteristico
15 -48
-Fondo TFR +Immobilizzazioni tecniche (non correnti) +Immobilizzazioni immateriali (non correnti) Capitale investito netto caratteristico
-65 500 40
+Immobilizzazioni civili +Attività finanziarie Capitale investito netto globale
15
-18
457 # 55 512
-Debiti di finanziamento (al netto delle liquidità) Capitale proprio
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-387 125
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Sommando anche le immobilizzazioni dell’attività accessoria e finanziaria si ottiene il capitale investito netto globale, ossia l’ammontare complessivo degli investimenti al netto delle fonti spontanee. Togliendo dal CING il valore dei finanziamenti acquisiti a titolo di capitale di terzi, si ottiene per differenza il valore dei mezzi propri. 3.2 Le analisi dello stato patrimoniale di pertinenza gestionale Adottando la struttura di tipo scalare anziché a sezioni contrapposte, è già possibile individuare dei risultati intermedi come il CCNC, CCNO e CING. Tali grandezze consentono di effettuare un’analisi della gestione aziendale: più in particolare evidenziano i fabbisogni di finanziamento e le varie forme di copertura. Un indicatore chiave calcolabile con una riclassificazione di pertinenza gestionale, è l’aliquota di CCNC, ottenuta rapportando il CCNC al fatturato. Tale aliquota evidenzia il fabbisogno di finanziamento generato per ogni euro di prodotti/servizi venduti. Confrontando questo indicatore nel tempo o nello spazio è possibile evidenziare la tendenza nel livello di efficienza della gestione. A parità di fatturato, risulterà più efficiente l’azienda con meno CCNC, in quanto capace di contenere gli investimenti e/o di incrementare le passività spontanee. Qui di seguito riportiamo un esempio relativo a due aziende.
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Esempio di analisi dell’aliquota di CCNC L’azienda A ha 3000 di crediti verso clienti, 1200 di scorte di merci 400 debiti verso fornitori. Di conseguenza il suo CCNC ammonta a 3800. Il fatturato è pari a 5000. L’azienda B ha 4800 di crediti verso clienti, 3000 di scorte di merci 3000 di debiti verso fornitori. Il CCNC ammonta a 4800. Il suo fatturato è pari a 10000. L’aliquota di CCNC di A è pari a: 3800/5000=0,76 euro L’aliquota di CCNC di B è pari a: 4800/10000=0,48 euro In sostanza l’azienda B, pur avendo un maggior volume di attività ha un minor fabbisogno di finanziamento, che a sua volta deriva da un contenuto livello di scorte e di crediti e da un buon livello dei debiti verso fornitori. Dott. Andrea Guerrini, Corso di Programmazione e Controllo
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Il CCNC dipende dal livello di attività e dalle politiche aziendali, sia commerciali che di produzione e di acquisto. Più in particolare deriverà dal livello di fatturato e dai giorni medi di dilazione concessi ai clienti, dai giorni di giacenza delle rimanenze e dai giorni medi di pagamento concessi dai fornitori. La riprova di questa affermazione è implicita nelle formule adottabili per il calcolo dei crediti verso clienti, rimanenze di materie, rimanenze di prodotti finiti, debiti verso fornitori. - Crediti verso clienti = (Ricavi + iva sulle vendite) * tempo medio incasso annuo/360 - Debiti verso fornitori = (Costi d’acquisto + iva sugli acquisti) * tempo medio incasso annuo/360 - Rimanenze di materie = Consumo di materie*giorni di giacenza materie/360 - Rimanenze prodotti finiti = Costo del venduto*giorni di giacenza prodotti finiti/360 Come è possibile evidenziare i valori stock del CCNC sono derivano dalla seguente formula: - Stock = livello di attività * giorni medi annui/360 4 La riclassificazione del conto economico Il conto economico può essere riclassificato per natura o per destinazione. Nel primo caso i flussi economici sono elencati in base alla natura del provento (per vendita di prodotti, servizi, altro) o dell’onere (costi per materie, servizi, godimento beni di terzi, altro). Nel secondo caso, invece, i flussi sono destinate a specifiche aree gestionali, peraltro equivalenti a quelle create per lo stato patrimoniale di pertinenza gestionale. La struttura che può assumere il conto economico per destinazione è la seguente:
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Le “aree” della gestione nel Conto Economico Scalare Costi - Ricavi Ricavi gestione caratteristica - Costi gestione caratteristica Risultato Operativo Caratteristico +/Saldo gestione extra-caratteristica +/Saldo gestione finanziaria +/Saldo gestione straordinaria Oneri tributari
Solidità economica: Se Reddito Lordo ≅ ROGC
=
Reddito Netto
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Tra i ricavi della gestione caratteristica sono presenti i ricavi per la vendita dei prodotti e servizi di pertinenza del core business aziendale. Tra i costi caratteristici avremo, specularmente, i costi per i fattori produttivi impiegati direttamente per la produzione dei beni/servizi venduti, e di quei fattori utilizzati per la ricerca e sviluppo, la vendita e l’amministrazione. All’interno dell’area extracaratteristica sono compresi i ricavi ed i costi relativi agli investimenti accessori, si pensi ai fitti attivi relativi ad immobili locati a terzi ed alle relative spese di manutenzione, e ai proventi finanziari, come interessi attivi su titoli e crediti di finanziamento e dividendi azionari Il saldo dell’area finanziaria è, invece, sempre negativo e deriva dagli oneri connessi ai finanziamenti richiesti a terzi. L’area straordinaria è invece costituita da proventi ed oneri relativi a: - eventi inusuali(incendi o furti nei magazzini), - operazioni occasionali che non si manifestano regolarmente (plusvalenze/minusvalenze derivanti dalla vendita di pacchetti azionari), - rettifiche di costi e ricavi manifestatisi nei precedenti esercizi (perdite su crediti sorti negli esercizi precedenti), e altri costi e ricavi non di competenza dell’esercizio (svalutazione immobilizzazioni, plusvalenze e minusvalenze). In questa struttura è possibile evidenziare dei risultati intermedi corrispondenti alla redditività generata dalle diverse gestioni. Tali risultati sono definiti rispettivamente Risultato operativo (RO), Risultato operativo globale (ROG), dato dalla somma tra il RO ed il saldo della gestione extracaratteristica, Risultato ordinario (R.ord.), dato dalla somma tra il ROG ed il saldo della gestione finanziaria, ed infine il Risultato lordo (R.L), dato dalla somma tra il risultato ordinario ed il saldo della gestione straordinaria.
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I risultati progressivi del Conto Economico Scalare Costi - Ricavi Ricavi gestione caratteristica - Costi gestione caratteristica Risultato Operativo Caratteristico +/Saldo gestione extra-caratteristica Saldo gestione finanziaria +/Saldo gestione straordinaria Oneri tributari =
Reddito Netto Dott. Andrea Guerrini, Corso di Programmazione e Controllo
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4.1 La collocazione delle rimanenze all’interno del conto economico Lo schema di conto economico più elementare, usato dalle aziende italiane fino all’entrata in vigore del d.lgs. 127/1991, era a COSTI, RICAVI E RIMANENZE. Si veda la figura qui riportata. COSTI Costi per l’acquisto di fattori produttivi Altri costi Rimanenze iniziali di materie Rimanenze iniziali di prodotti Utile di esercizio
RICAVI Ricavi di vendita prodotti e servizi Altri ricavi Rimanenze finali di materie Rimanenze finali di prodotti Perdita di esercizio
Tale conto economico è a sezioni contrapposte e presenta nel dare i costi relativi all’acquisto dei fattori produttivi, il valore delle rimanenze iniziali, corrispondenti a costi ripresi dal precedente esercizio e, qualora l’avere sia maggiore del dare, l’utile di esercizio a saldo. In avere sono invece presenti i ricavi di vendita, gli altri ricavi, come i proventi finanziari ed accessori, e le rimanenze finali, in quanto corrispondono a costi sospesi e rinviati all’esercizio successivo. Una struttura alternativa, adottata con il d.lgs 127/1991 è denominata a VALORE DELLA PRODUZIONE OTTENUTA. Tale schema può assumere una struttura sia a sezioni contrapposte che di tipo scalare. Considerando per semplicità una struttura del primo tipo, avremo in dare il valore dei costi di acquisto dei fattori produttivi, gli altri costi, e la somma algebrica tra le rimanenze iniziali e quelle finali di materie prime. Tale sommatoria rappresenta un decremento, se inserita in dare con segno +, oppure incremento, se inserita in dare con segno meno. (Lo spostamento delle rimanenze finali di materie dall’avere al dare nel passaggio da un conto economico a Costi ricavi e rimanenze ad uno a Valore della produzione ottenuta, determina il cambiamento di 17
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segno del corrispondente valore, cosicché, una volta inserite nella colonna dei costi avranno segno negativo). In avere sono presenti i ricavi di vendita e gli altri ricavi, oltre alla somma algebrica tra il valore delle rimanenze finali e quelle iniziali di prodotti finiti. In questo caso, qualora questa sommatoria assuma segno positivo, saremo di fronte ad un incremento del magazzino prodotti finiti rispetto all’inizio del periodo, altrimenti ad una sua diminuzione. (Anche in questo caso lo spostamento del valore delle rimanenze iniziali di prodotti dalla colonna dei costi a quella dei ricavi determina il cambiamento di segno del corrispondente valore). COSTI della produzione ottenuta Costi per l’acquisto di fattori produttivi Altri costi Rimanenze iniziali di materie -Rimanenze finali di materie Utile di esercizio
RICAVI della produzione ottenuta Ricavi di vendita prodotti e servizi Altri ricavi Rimanenze finali di prodotti -Rimanenze iniziali di prodotti Perdita di esercizio
Lo spostamento delle rimanenze finali di materie nella colonna dei costi, e lo spostamento delle rimanenze iniziali di prodotti nella colonna dei ricavi, determina due grandezze denominate Valore della produzione ottenuta (in avere) e costi della produzione ottenuta (in dare). Questo conto economico contiene, infatti, non soltanto i ricavi di vendita, ma anche il valore dell’incremento del magazzino prodotti finiti, rappresentato appunto dalla somma algebrica tra rimanenze finali e quelle iniziali. In questo caso, nella colonna dei ricavi sono inclusi sia i ricavi di vendita che quelli di tipo interno, relativi all’incremento del magazzino. Ovviamente in caso di un decremento delle giacenze di prodotti finiti, non avremo ricavi interni, bensì costi interni da porre a rettifica dei ricavi di vendita per determinare la produzione ottenuta. Passando all’analisi dei costi, si supponga che i costi di acquisto di fattori produttivi corrispondano esclusivamente all’acquisto di materie prime. Sommando i costi di acquisto alle rimanenze iniziali di materie abbiamo il valore delle materie disponibili per la produzione; togliendo da quest’ultimo valore le rimanenze finali, si perviene al costo della produzione ottenuta, ovverosia al valore delle materie consumate per generare la produzione che è stata ottenuta. Applicando un ulteriore spostamento di voci, si perviene ad uno schema di conto economico denominato a COSTO DEL VENDUTO. Lo spostamento in questione riguarda la variazione del magazzino prodotti finiti, calcolato, come detto, dalla somma algebrica tra rimanenze finali ed iniziali. Spostando tale valore dalla colonna dei ricavi a quella dei costi si ottiene il conto economico qui di seguito riportato. COSTI del venduto RICAVI di vendita Costi per l’acquisto di fattori produttivi Ricavi di vendita prodotti e servizi Altri costi Altri ricavi Rimanenze iniziali di materie Perdita di esercizio -Rimanenze finali di materie -Rimanenze finali di prodotti +Rimanenze iniziali di prodotti Utile di esercizio 18
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A questo punto la colonna dei costi contiene non più il valore dei consumi della produzione ottenuta, ovvero il valore dei fattori produttivi consumati per produrre i prodotti che sono stati in parte venduti ed in parte messi a magazzino, bensì presenta il costo del venduto, cioè il costo dei fattori produttivi consumati per ottenere i prodotti venduti, esclusi, quindi, i lotti depositati in magazzino. Come bilanciamento dei costi del venduto, tra i ricavi dovranno essere inseriti soltanto i ricavi di vendita, escludendo quelli interni. Per un chiarimento sulla determinazione del costo del venduto procediamo con un esempio numerico. Si supponga che l’azienda alfa presenti il seguente schema di conto economico a costi ricavi e rimanenze. COSTI RICAVI Costi per l’acquisto materie Rimanenze iniziali di materie Rimanenze iniziali di prodotti Utile di esercizio
1000 50 70 1330
Ricavi di vendita prodotti e servizi Rimanenze finali di materie Rimanenze finali di prodotti Perdita di esercizio
2300 60 90
Il totale dei ricavi è pari a 2450, il totale costi ammonta invece a 1120, per differenza l’utile di esercizio è pari a 1330 euro. Volendo determinare il valore della produzione ottenuta, basterà sommare ai ricavi di vendita le rimanenze finali di prodotti e sottrarre il valore di quelle iniziali. Il calcolo sarà quindi: 2300+90-70=2320. Volendo poi determinare i costi sostenuti per produrre un valore di 2320, basta sommare ai costi di acquisto per materie prime (che nell’esempio costituisce l’unico fattore della produzione) le rimanenze iniziali di materie e sottrarre quelle finali. Il calcolo sarà quindi: 1000+50= 1050 valore delle materie disponibili; 1050-60=990 costo della produzione ottenuta. Naturalmente, sottraendo dal valore della produzione ottenuta il relativo costo, l’utile di esercizio rimarrà invariato. In questo caso la riclassificazione del conto economico comporta, infatti, esclusivamente uno spostamento di voci e non un cambiamento nei criteri di valutazione e di determinazione del risultato economico. COSTI della produzione ottenuta RICAVI della produzione ottenuta Costi per l’acquisto materie 1000 Ricavi di vendita prodotti e servizi 2300 Rimanenze iniziali di materie 50 Rimanenze iniziali di prodotti -70 Rimanenze finali di materie -60 Rimanenze finali di prodotti 90 Utile di esercizio 1330 Perdita di esercizio Passando alla costruzione del conto economico a costo del venduto avremo, come già detto, un ulteriore spostamento di voci dalla colonna dei ricavi a quella dei costi. Sommando ai costi della produzione ottenuta il decremento del magazzino prodotti finiti o sottraendone l’incremento, si otterrà il costo della produzione venduta. Esemplificando quanto detto mediante i calcoli abbiamo: 990+70-90=970 costo del venduto. Naturalmente, anche in questo caso, sottraendo dai ricavi di vendita il costo del venduto si perviene ugualmente ad un utile di 1330 euro.
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Il Costo del Venduto
Consumo Consumo materie materie
Quote Quote di di Costi Costi industriali industriali (lavoro, (lavoro, amm.ti, amm.ti, ecc) ecc) Rimanenze Rimanenze iniziali iniziali di di prodotti prodotti Acquisti Acquisti prodotti prodotti
Costo Costo della della Produzione Produzione Ottenuta Ottenuta
Costo Costo dei dei prodotti prodotti disponibili disponibili per per la la vendita vendita
Rimanenze Rimanenze finali finali di di prodotti prodotti Costruzioni Costruzioni in in economia economia
Costo Costo del del venduto venduto
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4.2 Le tipologie di conto economico Un primo schema di conto economico, previsto tra l’altro anche dalla legislazione civilistica, ha una struttura scalare ed è a costi e ricavi della produzione ottenuta.
Conto economico a valore della produzione ottenuta Costi - Ricavi Ricavi gestione caratteristica +(-) incremento (decremento) magazzino prodotti - Costi consumi fattori produttivi relativi alla produzione ottenuta
Risultato Operativo Caratteristico +proventi finanziari ed accessori -oneri accessori Risultato operativo globale -oneri finanziari Risultato ordinario Saldo gestione straordinaria Oneri tributari = Dott. Andrea Guerrini, Corso di Programmazione e Controllo
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Una elaborazione di tale schema, prevede la distinzione tra costi esterni e costi interni. I costi esterni sono relativi a quei fattori produttivi acquistati esternamente, non facenti parte della struttura aziendale: si pensi ad esempio alle materie prime, ai servizi impiegati nell’attività caratteristica, come energia elettrica, acqua, gas, telefono, canoni di locazione ed altro. Sono considerati costi interni quelli relativi a fattori produttivi legati alla struttura aziendale da un vincolo avente una certa durata: è il caso degli 20
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impianti e degli altri cespiti ammortizzabili, nonché del costo degli operai, degli impiegati e dei dirigenti. La differenza tra valore della produzione e costi esterni determina il valore aggiunto. Questa grandezza è un importante indicatore di performance, e rappresenta il valore che le risorse interne all’azienda (personale ed impianti) sono in grado di generare combinando opportunamente i fattori esterni. Il valore aggiunto ha una notevole importanza per i vari stakeholder aziendali, in quanto risulta molto interessante la sua distribuzione. Esso, infatti, viene spalmato tra il personale di vario livello, coprendo il costo del lavoro, l’azienda, coprendo i costi per ammortamenti, i conferenti capitale di credito, coprendo gli oneri finanziari, lo stato, coprendo le imposte, ed i conferenti il capitale di rischio, generando come risultato residuale l’utile di esercizio.
I risultati particolari della gestione caratteristica Basati sulla classificazione Costi Interni-Costi Esterni
Costi - Ricavi della produzione ottenuta Vendita di prodotti Altri ricavi di esercizio Incremento magazzino prodotti Prodotto di esercizio
• E’ adatto per confronti con aziende concorrenti o con standard di mercato Costi strutturali e di lavoro dipendente (Struttura tecnica e organizzativa) Relativi a fattori produttivi correnti (diversi dal lavoro dipendente) Dott. Andrea Guerrini, Corso di Programmazione e Controllo
Costi Esterni Spese di utilizzo materie Margine Industriale Lordo Altre spese operative Valore Aggiunto Costi Interni Spese di personale Margine Operativo Lordo Quote di ammortamento Reddito Operativo
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Per fare maggiore chiarezza sulla distinzione tra costi interni ed esterni, possiamo affermare che i costi interni corrispondono ai fattori costituenti il “motore” della dinamica reddituale, ovvero il processo di trasformazione, mentre i costi esterni rappresentano il “carburante” che di volta in volta è impiegato per alimentare e far funzionare il motore. Le caratteristiche tipiche di produzioni ad elevato valore aggiunto sono: - impiego di materie prime poco costose, - economie di scala ed alta efficienza interna, - elevato grado di integrazione verticale. Passando ad uno schema riclassificato a costo del venduto e secondo il criterio della destinazione funzionale, si ottengono dei risultati intermedi di tipo diverso rispetto ai conti economici presentati. Tuttavia, soltanto un analista interno o, comunque, un soggetto avente delle informazioni riservate riuscirà ad attuare questo tipo di riclassificazione. Come è possibile osservare dalla figura di seguito riportata, devono essere reperite le destinazioni delle varie voci di costo, identificando se il consumo di alcuni fattori produttivi si sia manifestato nell’area industriale, commerciale, amministrativa o nella ricerca e sviluppo. L’operazione, ovviamente non è di poco conto e richiede un sistema contabile in grado di rilevare e tenere memoria della destinazione di tutti i fattori. Per quanto riguarda le materie prime non ci sono problemi, 21
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dal momento che il loro impiego concerne esclusivamente la parte industriale, mentre emergono problemi maggiori per gli stipendi e per il consumo di servizi, quali l’energia elettrica, il gas, l’acqua ed il materiale di consumo.
I risultati particolari della gestione caratteristica Basati sulla classificazione a “Costo del Venduto
Costi e Ricavi del Venduto Ricavi netti di Vendita Costo industriale del venduto Risultato lordo industriale
• E’ adatto per analisi interne perché necessità di informazioni supplementari rispetto al CE Civilistico • I costi sono classificati per destinazione e non per natura
Costi di ricerca e sviluppo Costi commerciali Costi amministrativi Risultato operativo caratteristico
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Un ulteriore elaborazione del conto economico è costituita dalla distinzione tra costi variabili e costi fissi rispetto ai volumi di vendita. In azienda sono presenti costi relativi a fattori produttivi il cui consumo aumenta all’aumentare dei volumi di vendita o di produzione. Per quanto concerne l’area industriale avremo le materie prime e la manodopera diretta, mentre per l’area commerciale avremo i costi per servizi, come il trasporto e le provvigioni. Tra i costi fissi, o semivariabili, abbiamo invece la manodopera indiretta e gli ammortamenti industriali per lo stabilimento, mentre per la parte commerciale avremo la quota fissa degli stipendi ed eventuali ammortamenti per attrezzature ed automezzi utilizzati nella distribuzione e nella vendita.
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I risultati particolari della gestione caratteristica Basati sulla classificazione Costi Fissi-Costi Variabili Costi - Ricavi della produzione ottenuta Vendita di prodotti Altri ricavi di esercizio Incremento magazzino prodotti
Prodotto di esercizio Costi Variabili Industriali Spese di utilizzo materie Spese manodopera "diretta"
• osservazione di costi operativi aziendali con riferimento a loro diverso grado di elasticità/rigidità
Altre spese variabili industriali
Margine di contribuzione industriale Costi Variabili Commerciali
• analisi della capacità di adattamento al mercato
Spese per servizi di trasporto Provvigioni ad intermediari Altri costi variabili commerciali
Margine di contribuzione totale Costi fissi operativi
• capacità di copertura dei costi di struttura
Spese manodopera "indiretta" Quote di ammortamento Altri costi fissi operativi
Reddito Operativo Dott. Andrea Guerrini, Corso di Programmazione e Controllo
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Anche da questo conto economico si ottengono delle grandezze altrimenti non individuabili con gli altri schemi. Il Margine di contribuzione industriale, dato dalla differenza tra il prodotto di esercizio ed i costi variabili industriali, rappresenta il contributo dato da un euro di ricavo della produzione ottenuta alla copertura dei costi commerciali variabili e dei costi fissi. Esso è indicativo dello sforzo che l’azienda deve sostenere in termini economici per produrre un certo quantitativo di prodotti. (Se dal prodotto di esercizio togliamo i costi commerciali variabili otteniamo il margine di contribuzione commerciale che evidenzia, invece, lo sforzo intermini economici sostenuto dall’azienda per vendere un certo quantitativo di prodotti.) Il margine di contribuzione totale indica invece il contributo dato da un euro di fatturato alla copertura dei costi fissi. 5 Le analisi delle diverse tipologie di conto economico Una prima analisi che può essere effettuata sul conto economico riguarda l’andamento dell’efficienza aziendale. A prescindere dal tipo di schema utilizzato, la percentualizzazione delle variabili rispetto ai ricavi o al valore della produzione e la comparazione di più esercizi permette di effettuare questo tipo di indagine. Nella figura che segue è rappresentato il conto economico di pagina 1 percentualizzato.
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Conto economico percentualizzato 2004 Ricavi vendite e prestazioni
%
6.207.188
Variazione lavori Altri ricavi VALORE DELLA PRODUZIONE Materie prime e consumo Servizi Godimento beni di terzi
Ammortamenti e svalutazioni COSTI DELLA PRODUZIONE RISULTATO OPERTIVO Proventi da partecipazioni Altri proventi Oneri finanziari
%
4.814.608
2002
90,13%
%
5.976.754
92,59%
4.194
0,06%
11.199
0,21%
37.644
0,58%
761.468
10,92%
515.887
9,66%
440.523
6,82%
6.972.850
100,00%
5.341.694
100,00%
6.454.921
100,00%
41.628
0,60%
55.688
1,04%
18.371
27,69%
835.671
15,64%
1.930.663
Costi del personale
2003
89,02%
1.386.344
0,28% 21,48%
275.104
3,95%
269.466
5,04%
328.911
5,10%
3.705.766
53,15%
3.510.637
65,72%
4.018.693
62,26%
598.908
8,59%
655.947
12,28%
702.024
10,88%
6.552.069
93,97%
5.327.409
99,73%
6.454.343
99,99%
420.781
6,03%
14.285
0,27%
578
0,01%
2.142
0,03%
407
0,01%
424
0,01%
24.319
0,35%
11.413
0,21%
13.751
0,21%
158.822
2,28%
103.453
1,94%
176.137
2,73%
TOTALE PROV E ON. FIN.
-
132.361
-1,90%
-
91.633
-1,72%
-
161.962
-2,51%
Svalutazione di partecipazioni
-
300
0,00%
-
249
0,00%
-
305
0,00%
TOT RETTIFICHE ATT. FINANZ
-
300
0,00%
-
249
0,00%
-
305
0,00%
Proventi straordinari
89.401
1,28%
157.533
2,95%
245.005
3,80%
Oneri straordinari
78.513
1,13%
29.504
0,55%
65.741
1,02%
TOT. PROV. E ON. STRAORD.
10.888
0,16%
128.029
2,40%
179.264
2,78%
299.008
4,29%
50.432
0,94%
17.575
0,27%
130.418
-1,87%
23.000
-0,43%
7.900
-0,12%
168.590
2,42%
27.432
0,51%
RISULTATO ANTE IMPOSTE Totale imposte sul reddito Utile di esercizio
-
-
-
9.675
0,15%
In modo particolare, gli indici percentuali di rilievo per l’analisi di efficienza sono quelli associati al costo della produzione ed evidenziati in giallo. Il confronto di queste misure segnala l’andamento dell’efficienza esterna, condizionata dai prezzi di acquisto dei fattori, e di quella interna, determinata dalle quantità di fattori consumate per unità di prodotto ottenuto. Oltre ad un’analisi di efficienza, i valori in percentuale dei costi permettono di osservare, se confrontati su un certo numero di esercizi, il regime di variabilità dei costi: infatti, un andamento pressoché costante delle percentuali segnala la presenza di un costo variabile, mentre un’accentuata tendenza a crescere o a decrescere rispettivamente al diminuire e all’aumentare del valore della produzione, segnala la presenza di costo fisso o semivariabile. L’aggiunta di due colonne intitolate alle variazioni in valore assoluto tra un esercizio e l’altro e la loro percentualizzazione sulla base dei valori del primo esercizio, risulta di notevole utilità soprattutto per l’analisi delle vendite. Esaminando il conto economico qui di seguito riportato si osserva come i ricavi di vendita siano diminuiti di circa il 19% dal 2002 al 2003 e poi aumentati del 29% dal 2003 al 2004. Questo tipo di indicatori può essere impiegato nella prima fase di analisi delle vendite, per essere, poi, successivamente esploso nelle varie determinanti, in modo da identificarne le cause di variazione: si pensi, ad esempio, alla scomposizione di queste variazioni per singoli mercati o prodotti, al fine di dimostrare quale siano i segmenti che hanno maggiormente contribuito alle variazioni del fatturato.
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Conto economico con variazioni 2004 Ricavi vendite e prestazioni
6.207.188
Variazione lavori Altri ricavi VALORE DELLA PRODUZIONE Materie prime e consumo Servizi Godimento beni di terzi Costi del personale Ammortamenti e svalutazioni COSTI DELLA PRODUZIONE RISULTATO OPERTIVO Proventi da partecipazioni Altri proventi Oneri finanziari
2003
2002
var 04-03
4.814.608
5.976.754
1.392.580
28,92%
-
-
%
4.194
11.199
37.644
7.005
-62,55%
761.468
515.887
440.523
245.581
47,60%
6.972.850
5.341.694
6.454.921
1.631.156
30,54%
%
1.162.146
-19,44%
26.445
-70,25%
75.364
17,11%
-
1.113.227
-17,25%
41.628
55.688
18.371
14.060
-25,25%
37.317
203,13%
1.930.663
835.671
1.386.344
1.094.992
131,03%
-
550.673
-39,72%
275.104
269.466
328.911
5.638
2,09%
-
59.445
-18,07%
3.705.766
3.510.637
4.018.693
195.129
5,56%
-
508.056
-12,64%
598.908
655.947
702.024
57.039
-8,70%
-
46.077
-6,56%
6.552.069
5.327.409
6.454.343
1.224.660
22,99%
-
1.126.934
-17,46%
420.781
14.285
578
406.496
2845,61%
13.707
2371,45%
2.142
407
424
1.735
426,29%
-
17
24.319
11.413
13.751
12.906
113,08%
-
2.338
-17,00%
-
72.684
-41,27%
70.329
-43,42%
158.822
103.453
-
var. 03-02
-
176.137
-4,01%
55.369
53,52%
TOTALE PROV E ON. FIN.
-
132.361
-
91.633
-
161.962
-
40.728
44,45%
Svalutazione di partecipazioni
-
300
-
249
-
305
-
51
20,48%
56
-18,36%
TOT RETTIFICHE ATT. FINANZ
-
300
-
249
-
305
-
51
20,48%
56
-18,36%
-
68.132
-43,25%
-
87.472
-35,70%
49.009
166,11%
-
36.237
-55,12%
117.141
-91,50%
-
51.235
-28,58%
248.576
492,89%
32.857
186,95%
107.418
467,03%
15.100
191,14%
141.158
514,57%
17.757
183,53%
Proventi straordinari
89.401
157.533
245.005
Oneri straordinari
78.513
29.504
65.741
TOT. PROV. E ON. STRAORD.
10.888
128.029
179.264
RISULTATO ANTE IMPOSTE
299.008
50.432
17.575
Totale imposte sul reddito Utile di esercizio
-
130.418 168.590
-
23.000 27.432
-
7.900 9.675
-
-
-
Determinando anche i risultati intermedi per singola area di gestione, come nello schema che segue, sarà possibile calcolare degli indicatori volti a misurare l’incidenza delle varie aree gestionali sul risultato di esercizio. Il rapporto tra risultato operativo globale e risultato operativo (ROG/RO) pone in luce l’incidenza della gestione extracaratteristica sul risultato operativo. Questo indice deve essere prossimo all’unità. Un suo aumento può segnalare in alternativa: - un incremento del contributo delle aree estranee al core business aziendale alla generazione del risultato economico; - una errata riclassificazione del risultato economico, dovuta all’errata localizzazione dei componenti economici nelle due aree di gestione; - un cambiamento del core business aziendale Altro risultato di questo tipo è il rapporto tra risultato ordinario e risultato operativo globale (R.ord/ROG): un suo decremento nel tempo segnala la maggiore incidenza degli oneri finanziari sul risultato di periodo. Simili considerazioni possono essere fatte per gli oneri e proventi straordinari, calcolando il rapporto tra risultato lordo e risultato ordinario (R.L/R ord.).
25
Dott. Andrea Guerrini – Analisi di Bilancio
Conto economico per aree di gestione 2004 Ricavi vendite e prestazioni
%
6.207.188
Variazione lavori Altri ricavi VALORE DELLA PRODUZIONE
Costi del personale Ammortamenti e svalutazioni
%
5.976.754
92,59%
0,06%
11.199
0,21%
37.644
10,92%
515.887
9,66%
440.523
6,82%
5.341.694
100,00%
6.454.921
100,00%
1.930.663
Godimento beni di terzi
2002
90,13%
4.194
41.628
Servizi
%
4.814.608
761.468 6.972.850
Materie prime e consumo
2003
89,02%
100,00 % 0,60%
55.688
1,04%
27,69%
835.671
15,64%
18.371 1.386.344
0,58%
0,28% 21,48%
275.104
3,95%
269.466
5,04%
328.911
5,10%
3.705.766
53,15%
3.510.637
65,72%
4.018.693
62,26%
598.908
8,59%
655.947
12,28%
702.024
10,88%
6.552.069
93,97%
5.327.409
99,73%
6.454.343
99,99%
420.781
6,03%
14.285
0,27%
2.142
0,03%
407
0,01%
424
0,01%
24.319
0,35%
11.413
0,21%
13.751
0,21%
300
0,00%
249
0,00%
305
0,00%
RISULTATO OPER. GLOBALE
446.942
6,41%
25.856
0,48%
14.448
0,22%
Oneri finanziari
158.822
2,28%
103.453
1,94%
176.137
2,73%
RISULTATO ORDINARIO
288.120
4,13%
77.597
-1,45%
161.689
-2,50%
Proventi straordinari
89.401
1,28%
157.533
2,95%
245.005
3,80%
Oneri straordinari
78.513
1,13%
29.504
0,55%
65.741
1,02%
299.008
4,29%
50.432
0,94%
17.575
0,27%
130.418
-1,87%
23.000
-0,43%
7.900
-0,12%
168.590
2,42%
27.432
0,51%
COSTI DELLA PRODUZIONE RISULTATO OPERTIVO Proventi da partecipazioni Altri proventi Svalutazione di partecipazioni
-
RISULTARO LORDO Totale imposte sul reddito Utile di esercizio
-
-
-
-
578
-
-
-
9.675
0,01%
0,15%
L’aggiunta di dati extracontabili in calce al conto economico permette di calcolare degli indicatori di efficienza più precisi. Seguendo lo schema qui riportato, con l’aggiunta del numero dei dipendenti, dei volumi di produzione e dei quantitativi di fattore produttivo impiegati è possibile avere degli indici del tipo: DIPENDENTI - Risultato operativo/numero dipendenti = risultato operativo pro capite (produttività dei dipendenti) ulteriormente scomponibile in: -
Costi del personale/numero dipendenti = costo per dipendente (efficienza esterna)
-
Valore della produzione/numero dipendenti = produttività dei dipendenti (proxy dell’efficienza interna).
FATTORI PRODUTTIVI - Costo delle materie prime/quantità materie = costo unitario delle materie prime (efficienza esterna) -
Costo delle materie prime/volumi di produzione = costo delle materie per unità di prodotto (efficienza esterna di acquisto ed efficienza interna)
-
Quantità di materie/Volumi di produzione = materie per unità di prodotto (efficienza interna)
PRODOTTI - Valore della produzione/volumi di produzione = valore medio dei prodotti (proxy dell’efficienza esterna) 26
Dott. Andrea Guerrini – Analisi di Bilancio
Conto economico con dati extracontabili 2004 Ricavi vendite e prestazioni Variazione lavori Altri ricavi VALORE DELLA PRODUZIONE Materie prime e consumo Servizi Godimento beni di terzi Costi del personale Ammortamenti e svalutazioni COSTI DELLA PRODUZIONE
%
2003
%
2002
%
6.207.188
89,02%
4.814.608
90,13%
5.976.754
4.194
0,06%
11.199
0,21%
37.644
92,59% 0,58%
761.468
10,92%
515.887
9,66%
440.523
6,82%
6.972.850
100,00%
5.341.694
100,00%
6.454.921
100,00%
41.628
0,60%
55.688
1,04%
18.371
0,28%
1.930.663
27,69%
835.671
15,64%
1.386.344
21,48%
275.104
3,95%
269.466
5,04%
328.911
5,10%
3.705.766
53,15%
3.510.637
65,72%
4.018.693
62,26%
598.908
8,59%
655.947
12,28%
702.024
10,88%
6.552.069
93,97%
5.327.409
99,73%
6.454.343
99,99% 0,01%
RISULTATO OPERTIVO
420.781
6,03%
14.285
0,27%
578
Proventi da partecipazioni
2.142
0,03%
407
0,01%
424
0,01%
Altri proventi
24.319
0,35%
11.413
0,21%
13.751
0,21%
Svalutazione di partecipazioni
-
RISULTATO OPER. GLOBALE
300
0,00%
446.942
6,41%
Oneri finanziari
158.822
2,28%
RISULTATO ORDINARIO
288.120
4,13%
Proventi straordinari
89.401
Oneri straordinari
78.513
RISULTARO LORDO Totale imposte sul reddito Utile di esercizio Numero dipendenti
-
249
0,00%
25.856
0,48%
-
305
0,00%
14.448
0,22%
103.453
1,94%
77.597
-1,45%
1,28%
157.533
2,95%
245.005
3,80%
1,13%
29.504
0,55%
65.741
1,02%
299.008
4,29%
130.418
-1,87%
168.590
2,42%
112
-
-
-
50.432
0,94%
23.000
-0,43%
27.432
0,51%
117
-
-
176.137
2,73%
161.689
-2,50%
17.575
0,27%
7.900
-0,12%
9.675
0,15%
143
Quantità prodotte Quantità consumate
6 Gli indicatori derivanti da valori economici e patrimoniali Tra gli indicatori più significativi impiegati nell’analisi di bilancio sono compresi quelli derivanti dal rapporto tra flussi economici e valori di stato patrimoniale. Tali valori sono utili per lo studio della redditività e della produttività. Gli indicatori di redditività rapportano un flusso economico, costituito da un risultato intermedio, ad uno stock finanziario. Tra gli altri, abbiamo: - ROE (return on equity) = Risultato netto/capitale proprio - ROI (return on investment) = Risultato operativo/Capitale investito - RONA (return on net assets) = Risultato operativo/CINO Queste misure evidenziano la redditività generata da un euro di capitale investito. Il ROE è l’indicatore più noto, e mostra la redditività del capitale proprio. Esso viene utilizzato per valutare l’opportunità di investire una certa somma di denaro in un’azienda, attraverso una sua comparazione con il rendimento di investimenti alternativi, quali BOT, BTP, immobili, altre aziende. Il ROI costituisce una determinante del ROE, e rappresenta la redditività operativa del capitale investito nella gestione aziendale, coperto sia con fonti di terzi che con mezzi propri. Risulta molto utile per effettuare alcune indagini sulla gestione operativa, anche attraverso la sua scomposizione in due ulteriori indicatori, denominati ROS (return on sales) e turnover del capitale, cosi ottenuti: RO/CI = Risultato operativo/vendite(ROS) * (Turnover) vendite/capitale investito Dalla formula si evince che la redditività del capitale investito dipende dalla redditività delle vendite, ossia dal risultato operativo generato da un euro di fatturato e dal turnover del capitale, ovvero dal numero di volte in cui il capitale investito ritorna liquido in un esercizio attraverso le vendite. Qui di seguito riportiamo un piccolo esempio per evidenziare come i due indici condizionano la redditività de capitale investito. 27
Dott. Andrea Guerrini – Analisi di Bilancio
Le aziende A e B producono capi d’abbigliamento per uomo. L’azienda A è fortemente integrata verticalmente, e copre l’intero processo produttivo, dalla filatura e tessitura al confezionamento ed alla distribuzione degli abiti. L’azienda B, invece, ha un profilo strategico completamente diverso: è, infatti, riuscita a decentrare presso i terzisti l’attività di confezionamento, mantenendo esclusivamente la funzione di ricerca e sviluppo, acquisto di tessuti e distribuzione dei prodotti finiti. BILANCIO AZIENDA A Ricavi di vendita 1200 Costi del venduto 450 Risultato operativo 750 ATTIVO Attivo fisso Attivo circolante
5200 800
Totale
6000
PASSIVO + NETTO Mezzi propri Passivo di lungo Passivo di breve Totale
3400 1900 700 6000
PASSIVO + NETTO Mezzi propri Passivo di lungo Passivo di breve Totale
400 1900 700 3000
BILANCIO AZIENDA B Ricavi di vendita 1200 Costi del venduto 825 Risultato operativo 375 ATTIVO Attivo fisso Attivo circolante
1200 800
Totale
3000
Il ROI delle due aziende è pari a: ROI A = 750/6000 = 0,125 ROI B = 375/3000 = 0,125 Scomponendo i due indicatori abbiamo: ROI A = 750/1200*1200/6000 = 0,625*0,2 = 0,125 ROI B = 375/1200*1200/3000 = 0,3125*0,4 = 0,125 Come risulta evidente, l’azienda A ottiene il suo ROI soprattutto grazie ad elevati margini sui prodotti. Ciò è dovuto alla strategia di integrazione verticale adottata dall’azienda che determina minori costi di produzione rispetto a B, i cui costi di produzione, invece, sono al netto anche dei margini di guadagno dei terzisti. A parziale bilanciamento dell’elevata redditività delle vendite interviene, tuttavia, un basso grado di rotazione del capitale investito, dovuto proprio agli ingenti investimenti realizzati nelle strutture produttive, mentre nel caso di B proprio tale indicatore permette di compensare l’andamento del ROS, grazie alla strategia di decentramento produttivo che limita l’ammontare degli investimenti (la metà di quelli di A). Il RONA costituisce un più raffinato indicatore di redditività operativa. Esso presenta lo stesso numeratore del ROI, ed un denominatore pari al capitale investito al netto delle passività spontanee quali: debiti verso fornitori, fondi rischi ed oneri ed altro. 28
Dott. Andrea Guerrini – Analisi di Bilancio
Rispetto al ROI, il RONA presenta un più elevato grado di omogeneità tra numeratore e denominatore. Come noto i debiti verso fornitori danno origine a degli oneri finanziari impliciti, inclusi nel prezzo di acquisto. Tali oneri sono compresi, come noto, tra i costi di produzione, nella voce costi di acquisto di materie. In tal modo, il risultato operativo è espresso al netto anche di questi componenti economici, quindi, per omogeneità, il denominatore dovrà essere calcolato al netto delle passività spontanee i cui oneri finanziari impliciti sono stati sottratti dal numeratore. Tra gli indicatori di produttività ricordiamo lo stesso turnover del capitale investito, discusso in precedenza: esso rappresenta il livello di fatturato prodotto da un euro di capitale investito e corrisponde perciò ad un indicatore del tipo output/input. Al contempo ricordiamo che tale indice può essere interpretato anche secondo un’ottica di tipo finanziario, leggendolo come il numero di volte in cui il capitale investito si trasforma in risorse monetarie attraverso le vendite. Ulteriori indicatori di produttività derivano dalla scomposizione del turnover del capitale investito, e sono calcolati rapportando le vendite ad ognuna delle componenti del capitale. Tra gli altri ricordiamo: Attivo fisso/vendite = turnover dell’attivo fisso Attivo corrente/vendite = turnover dell’attivo corrente. Per quanto riguarda l’attivo corrente risulta possibile anche calcolare il reciproco di tale indicatore, che costituisce una misure di durata. Su questo rinviamo al paragrafo 3.2.
7. Il rendiconto finanziario Per una completa interpretazione della gestione trascorsa crediamo sia indispensabile completare gli strumenti di analisi gestionale con il rendiconto finanziario.
Il rendiconto finanziario permette di osservare la variazione subita dalla liquidità nell’arco di un certo intervallo di tempo, individuandone le differenti cause
In assenza di un rendiconto finanziario chiunque voglia esaminare la gestione disporrà di valori stock di natura finanziaria ed economica, riportati nello stato patrimoniale, e di valori flusso di natura economica, cioè dei ricavi e dei costi contenuti nel conto economico; saranno, però, del tutto sconosciute le dinamiche dei flussi finanziari. Avendo a disposizione gli stati patrimoniali relativi a due esercizi, possono essere calcolate le variazioni subite da uno stock come la liquidità, ma non sarà possibile osservarne immediatamente le determinanti, che deriveranno sia dalla gestione caratteristica, che da quella accessoria e finanziaria. Uno stesso incremento di liquidità nel tempo (per una stessa azienda) o nello spazio (tra più aziende) può derivare da un differenziale positivo tra ricavi e costi e da una oculata gestione del ciclo monetario, oppure potrà scaturire dalla dismissione di immobilizzazioni caratteristiche e dall’acquisizione in modo massiccio di finanziamenti a fronte di flussi di liquidità caratteristici correnti negativi. Qui di seguito riportiamo gli schemi di bilancio di un’azienda tipo. In assenza di un rendiconto finanziario risulta difficile spiegare le cause della variazione di liquidità: che cosa ha determinato il decremento di liquidità da 200 euro a 20 euro? 29
Dott. Andrea Guerrini – Analisi di Bilancio
Stato patrimoniale T-1 Impianti 1200 Mezzi propri 800 Scorte 800 Mutui (LT) 2200 Clienti 2300 Deb.fin.(BT)1500 Liquidità 200 TOT 4500 TOT 4500
Impianti Scorte Clienti Liquidità TOT
Stato patrimoniale T 1100 Mezzi propri 900 900 Mutui (LT) 1500 2700 Deb.fin (BT) 2320 20 4720 TOT 4720
Conto economico T Ric. vendita Consumo mat Costo personale MOL Ammortamenti Ris. Operativo Oneri fin. Ris. Lordo Imposte (30%) Ris netto
5000 340 1230 3430 100 3330 230 3100 930 2170
La costruzione del rendiconto finanziario può essere effettuata secondo due metodi basilari: - Il metodo diretto - Il metodo indiretto.
Come determinare le variabili prevede l’esposizione analitica dei flussi finanziari distinguendo le entrate dalle uscite
parte dal risultato economico d’esercizio, a cui vengono aggiunti o sottratti i flussi “finanziari”
7.1 Il metodo diretto Con il metodo diretto la variazione di liquidità di un certo periodo, in questo caso il periodo T, è calcolata contrapponendo le entrate alle uscite avvenute nel periodo stesso. Le entrate sono riferite ad esempio all’incasso delle fatture attive, alla vendita di impianti e partecipazioni, all’acquisizione di mutui passivi e debiti finanziari vari, agli aumenti di capitale sociale, al rimborso di mutui attivi e finanziamenti vari. Le uscite sono invece riferite al pagamento delle fatture passive, all’acquisto di impianti e partecipazioni, al rimborso di mutui passivi e debiti vari, alle diminuzioni di capitale sociale, ed alla concessione di mutui attivi e finanziamenti vari. Per attuare il metodo diretto è necessario tenere una contabilità apposita per la rilevazione di ogni singolo incasso e pagamento. In buona sostanza è necessario un sistema di contabilità finanziaria, come quello adottato negli enti locali italiani, che funzioni in parallelo o in maniera integrata con il sistema di contabilità generale ed analitica. Il rendiconto finanziario ottenuto presenta la struttura qui di seguito riportata.
30
Dott. Andrea Guerrini – Analisi di Bilancio
ENTRATE
USCITE
Incasso fatture attive
Pagamento fatture passive
Incasso vendita immobilizzazioni caratt.
Pagamento acquisto immobilizzazioni caratt. Pagamento salari e stipendi e TFR
Incasso crediti e proventi finanziari
Pagamento debiti ed oneri finanziari
Incasso proventi extracaratteristici
Pagamento oneri extracaratteristici
Incasso vendita immobilizzazioni extracar.
Pagamento acquisto immob. extracar. Pagamento oneri tributari
La contrapposizione tra entrate ed uscite, anche se riferibile a specifiche aree di gestione, non consente tuttavia di effettuare utili analisi gestionali. Considerando ad esempio la differenza tra gli incassi ed i pagamenti attinenti l’area operativa corrente, potrà essere individuato il flusso di cassa creato da tale gestione in un certo periodo, osservandone l’entità ed il segno (se positivo (negativo) le entrate saranno maggiori (minori) delle uscite). Sarà tuttavia impossibile individuarne le singole determinanti: un positivo flusso di cassa della gestione operativa corrente potrebbe, infatti, derivare da: A. una differenza positiva tra i ricavi di vendita ed i costi operativi (ad esclusione degli ammortamenti). Considerando un’azienda che acquista fattori produttivi pagando in contanti e vende ai clienti incassando a pronti, una qualsiasi differenza positiva tra incassi e pagamenti dipenderà, in primo luogo, dalla differenza tra ricavi e costi: quindi, un flusso finanziario è in stretta dipendenza dal flusso economico. B. Un’oculata gestione del ciclo monetario, che prevede un volume medio dei debiti verso fornitori maggiore del volume medio dei crediti verso clienti. Considerando un’azienda che presenta un livello dei ricavi pari a quello dei costi dei fattori produttivi (utile zero), la differenza positiva tra incassi e pagamenti dipenderà, in primo luogo, dalla differenza nei giorni medi di dilazione concessi rispettivamente ai clienti ed ai fornitori. C. Entrambi gli aspetti. In conclusione, sia per l’onerosità nelle procedure di costruzione, sia per lo scarso contenuto informativo, il metodo diretto è sostituibile con quello di tipo indiretto. 7.2 Il metodo indiretto. Il flusso di liquidità della gestione operativa corrente Il metodo indiretto determina la variazione di liquidità di un certo periodo, in questo caso il periodo T, utilizzando i dati contenuti nello stato patrimoniale del periodo in questione (T) e del periodo immediatamente precedente (T-1), nonché i dati di conto economico del periodo appena concluso (T).
31
Dott. Andrea Guerrini – Analisi di Bilancio
I dati di conto economico costituiscono dei flussi economici, corrispondenti a potenziali entrate (i ricavi) ed a potenziali uscite (i costi) La regola summenzionata vale per tutti gli elementi di ricavo e di costo, ad eccezione di quelli “non monetari”, riferiti alla quota parte di ricavi e costi pluriennali da imputare ad un esercizio. Il termine “potenziali entrate” indica la possibilità di un ricavo di trasformarsi in entrata di denaro o di rimanere soltanto un credito. Specularmente, il termine “potenziali uscite” indica la possibilità di un costo di trasformarsi in uscita di denaro o di rimanere soltanto un debito. Se consideriamo l’area operativa corrente, i ricavi di vendita a conto economico corrisponderanno, da un punto di vista finanziario, ad un flusso di cassa o ad un flusso di crediti commerciali. I costi monetari corrisponderanno invece ad un deflusso di cassa o ad un flusso di debiti. I costi non monetari non corrisponderanno, invece, né ad un deflusso di cassa né ad un flusso di debiti, in quanto la loro manifestazione finanziaria è riferita ad esercizi trascorsi (tipicamente gli ammortamenti). Considerando il caso esemplificato poco sopra, si hanno potenziali entrate per 5000 euro, corrispondenti ad entrate effettive in caso di incasso a pronti, e potenziali uscite per 1570 euro (pari al consumo di materie ed al costo del personale), corrispondenti ad uscite effettive in caso di pagamento a pronti nell’acquisto dei fattori produttivi ed assenza di scorte di materie iniziali e finali. Il MOL corrisponde dunque ad un flusso potenziale di liquidità della gestione operativa corrente Un MOL positivo costituisce una fonte di finanziamento, un MOL negativo costituisce un fabbisogno di finanziamento da coprire con fonti opportune
Ricavi di vendita Costo del venduto
MOL
Flusso di crediti Flusso di cassa Flusso di debiti Incremento magazzino Decremento magazzino Flusso di cassa
Flusso potenziale di liquidità
Dalla tabella sopra riportata si evince che il MOL rappresenta non soltanto una variazione economica, ma anche una variazione patrimoniale. Se letto come variazione economica esso rappresenta la ricchezza prodotta in un certo lasso di tempo, al lordo dei costi non monetari e dei costi extra operativi. Se letto come variazione finanziaria esso rappresenta la sommatoria delle variazioni subita da grandezze di stato patrimoniale quali: - I crediti commerciali - I debiti verso fornitori - Il magazzino 32
Dott. Andrea Guerrini – Analisi di Bilancio
-
La cassa
Il flusso potenziale di liquidità Variazione Debiti Comm.
Variazione Crediti Comm. Variazione Magazzino
MOL
Variazione liquidità
Essendo l’obiettivo primario del rendiconto finanziario quello di determinare i flussi di cassa, individuandone i fattori causali, per determinare il flusso di cassa della gestione operativa corrente partendo dal MOL, quest’ultimo dovrà essere depurato dalla variazione dei crediti commerciali, dalla variazione dei debiti verso fornitori e del magazzino. La variazione di tali voci patrimoniali consiste nella differenza da un anno all’altro di ciascuna voce ed è calcolata utilizzando i due schemi di stato patrimoniale a disposizione. Più in particolare dal MOL devono essere sottratti (aggiunti) gli incrementi (decrementi) dei crediti e delle scorte e aggiunti (sottratti) gli incrementi (decrementi) dei debiti commerciali.
Il calcolo della liquidità Variazione liquidità
MOL
-
=
Variazione Crediti Comm.
-
Variazione Magazzino
Variazione Debiti + Comm.
Nel caso esemplificato il MOL ammonta a 3430 euro, la variazione dei crediti è pari a 400 (2700 – 2300), la variazione dei debiti commerciali è pari a 0, la variazione del 33
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magazzino è pari a 100 (900 – 800). Il flusso di cassa generato dalla gestione corrente è pari a 3430 – 400 – 100 = 2930.
La variazione di liquidità della gestione operativa corrente se positiva costituisce una fonte di finanziamento, se negativa denota un fabbisogno suscettibile di copertura
In conclusione, tra il MOL ed il flusso di liquidità della gestione operativa corrente, l’indicatore che più adeguatamente rileva il fabbisogno della gestione corrente è il secondo, in quanto tiene conto anche della dinamica dei crediti/debiti commerciali e degli investimenti in scorte. Possiamo affermare che il MOL è assimilabile al flusso di acqua prodotto da un rubinetto. L’acqua costituisce la liquidità potenzialmente prodotta. La spugna rappresenta, invece, l’effetto prodotto dalla politica del circolante, che condiziona il livello dei crediti, dei debiti e delle scorte. Un elevato flusso potenziale potrebbe essere interamente assorbito dagli investimenti nei crediti commerciali e nelle scorte, i cui incrementi sono pari al MOL. L’effetto sui flussi di cassa è in questo caso pari a zero, in quanto la spugna ha assorbito tutto il flusso. Il medesimo flusso potenziale potrebbe invece essere incrementato a causa di disinvestimenti nei crediti e nelle scorte e da un aumento dei debiti. L’effetto sui flussi di cassa è positivo, in quanto la spugna ha ceduto flussi trattenuti in periodi precedenti.
Il MOL ed il flusso di liquidità
7.3 Il metodo indiretto. Il flusso di liquidità della gestione operativa non corrente Anche la gestione operativa non corrente o di struttura condiziona i flussi di liquidità. Considerando come componenti fondamentali di tale gestione l’acquisto e la vendita di immobilizzazioni operative (impianti, attrezzature, fabbricati) e la gestione del fondo TFR, possiamo affermare che la variazione di liquidità della gestione operativa di struttura deriva sia dall’ammontare degli acquisti e delle vendite di immobilizzazioni che dall’incremento e dal decremento del fondo TFR. Tale variazione sarà positiva in presenza di una vendita di immobilizzazioni superiore agli acquisti, o di un accantonamento a TFR maggiore dei suoi utilizzi. 34
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Il saldo tra acquisti/vendite di immobilizzazioni si ottiene con la seguente formula: (Immobilizzazioni nette T – Immobilizzazioni nette T-1 + Ammortamenti T)*-1 Nel caso esemplificato avremo una saldo acquisti vendite pari a 0. La variazione delle immobilizzazioni è, dunque, interamente dovuta agli ammortamenti e perciò non è da considerare ai fini del rendiconto finanziario. 1100 (Impianti netti T) – 1200 (Impianti netti T-1) + 100 (Ammortamenti T) = 0 Supponendo che invece il valore delle immobilizzazioni nell’anno T fosse stato 1200, avremmo avuto un saldo acquisti/vendite pari a 100. Ciò vuol dire che nel periodo in corso le vendite di impianti hanno superato gli acquisti per un ammontare pari a 100 e, dunque, tale valore deve essere inserito con segno meno, essendo un deflusso di liquidità. [1200 (Impianti netti T) – 1200 (Impianti netti T-1) + 100 (Ammortamenti T)]*-1 =-100 La variazione del TFR si ottiene dalla differenza tra il debito dell’anno T e quello dell’anno precedente: Debito TFR T – Debito TFR T-1 Nel caso esemplificato non è presente la quota di TFR per semplificare gli schemi. Il flusso di liquidità della gestione operativa di struttura è complessivamente pari a 0.
7.4 Il metodo indiretto. Il flusso di liquidità della gestione accessoria La gestione accessoria può, al pari della gestione operativa di struttura, determinare dei flussi o dei deflussi di liquidità. Le componenti di quest’area sono, come noto, gli investimenti finanziari e gli investimenti accessori, come un’abitazione ad uso civile data in affitto. La variazione è calcolabile effettuando una differenza tra il suo valore nell’anno T ed il suo valore nell’anno precedente. (Immobilizzazioni nette T – Immobilizzazioni nette T-1)*-1 In presenza di proventi, come interessi o dividendi, alla prima formula ne dovrà essere aggiunta un’altra, che tiene conto delle entrate potenziali ad essi connesse: (Immobilizzazioni nette T – Immobilizzazioni nette T-1)*-1 + Proventi accessori
7.5 Il metodo indiretto. Il flusso di liquidità della gestione finanziaria Il flusso di liquidità della gestione finanziaria comprende sia le variazioni dei debiti finanziari a breve e lungo termine, sia le variazioni dei mezzi propri. In effetti, sappiamo che l’aumento delle fonti di finanziamento, sia a titolo di capitale proprio che di rischio, costituisce un flusso di liquidità, mentre un decremento provoca un deflusso. 35
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Oltre alla semplice variazione degli elementi patrimoniali devono, tuttavia, essere considerati anche gli oneri finanziari di competenza, che costituiscono un flusso di uscita potenziale. Le modalità di calcolo della variazione dei debiti di finanziamento prevedono la differenza tra i debiti nel periodo T ed i debiti nel periodo immediatamente precedente. Debiti finanziari T – Debiti finanziari T-1 In presenza di oneri finanziari, alla prima formula ne sarà aggiunta immediatamente un’altra, che tiene conto dei flussi di uscita potenziali ad essi connessi: Debiti finanziari T – Debiti finanziari T-1 - Oneri finanziari La variazione dei mezzi propri è determinata dalla differenza tra il valore dei mezzi propri nell’anno T ed il valore nell’anno T-1 e gli utili netti dell’anno T. La differenza, se positiva, dimostra che gli aumenti di capitale hanno superato le diminuzioni e le distribuzioni degli utili: in tal caso si parla, a ragione, di flusso di liquidità da soci. Mezzi propri T – Mezzi propri T-1 – Utile netto T Nel caso esemplificato la variazione dei debiti finanziari è la seguente: 1500 + 2320 (debiti finanziari LT + BT anno T) – 2200+1500 (debiti finanziari LT + BT anno T-1) = 3820-3700 = 120 flusso di liquidità A tale flusso dovranno successivamente essere sottratte le uscite per il potenziale pagamento degli oneri finanziari pari a 230 euro. La variazione dei mezzi propri ammonta invece a -2070, stando a dimostrare che gli amministratori hanno deciso di ridurre il capitale o di distribuire gli utili degli esercizi precedenti. 900 (mezzi propri T) – 800 (mezzi propri T-1) – 2170 (Utile T) 7.6 Il metodo indiretto. Il flusso di liquidità della gestione tributaria Tra i flussi in uscita deve essere considerato anche il valore delle imposte risultante da conto economico, eventualmente rettificato per l’ammontare di fondi per imposte differite o integrato per l’ammontare delle imposte anticipate. Nel caso esemplificato il valore delle imposte ammonta a 930 euro.
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7.6 Conclusioni Il rendiconto finanziario del periodo T presenta i seguenti valori: 1)Liquidità iniziale T Margine operativo lordo -incremento (decr.) crediti commerciali - incremento (decr.) scorte + incremento (decr) debiti commerciali A)Flusso di liquidità della gestione operativa corrente - incremento (decr) immobilizzazioni + incremento (decr.)debiti per TFR B)Flusso di liquidità della gestione operativa di struttura -incremento (decr.) immobilizzazioni accessorie + proventi da investimenti accessori C)Flusso di liquidità della gestione accessoria + incremento (decr.) debiti di finanziamento - oneri finanziari + incremento (decr.) mezzi propri D) Flusso di liquidità della gestione finanziaria E) Flusso di liquidità della gestione tributaria 2)Flusso di liquidità (A+B+C+D+E) 3)Liquidità finale (1+2)
200 3430 -400 -100 0 2930 0 0 0 0 0 0 120 -230 -2070 -2180 -930 -180 20
Come è possibile osservare dallo schema, la gestione aziendale nel periodo T ha complessivamente distrutto liquidità per 180 euro, che naturalmente corrispondono alla variazione della liquidità calcolata utilizzando i valori di stato patrimoniale: 20 (Liquidità T) – 200 (Liquidità T-1) = -180. Il rendiconto finanziario, a differenza della semplice variazione calcolata sui valori di stato patrimoniale, è in grado di spiegare le cause del deflusso. Leggendo lo schema, si nota che la gestione corrente ha prodotto notevole liquidità, grazie al MOL elevato, soltanto parzialmente assorbito dall’incremento degli investimenti in scorte ed in crediti. La gestione finanziaria ha invece assorbito risorse, in quanto buona parte dei finanziamenti di terzi è stata estinta ed inoltre si è avuta una massiccia distribuzione di dividendi ai soci. Non ultima risulta essere l’incidenza della gestione tributaria sul flusso di liquidità. Per un’analisi ancora più approfondita potrebbe essere aggiunta allo schema una colonna con delle incidenze percentuali di ogni singola voce su una grandezza chiave, come il MOL o il flusso di liquidità complessivamente creato.
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