ISTITUZIONI DI DIRITTO PRIVATO I SEMINARIO III – 19.3.2007 Il soggetto del rapporto giuridico: la persona giuridica
Dott.ssa Francesca Parola
MATERIALI
1. associazioni non riconosciute: responsabilità ex art. 38 c.c. (Cass., 11.5.2004, n. 8919).…p. 1;
2. comitati (Cass., 29.11.1999, n. 13338)…….………………………………………………….p. 3.
Associazioni non riconosciute: responsabilità ex art. 38 c.c.
IL CASO Il sig. Quarto ha svolto attività lavorativa a favore dell’associazione non riconosciuta Circolo nautico Campomarino. Non essendo mai stato retribuito, decide di agire in giudizio nei confronti dell’associazione, nonché dei legali rappresentanti della stessa. Assunte le vesti, rispettivamente, di attore e di convenuto, si illustrino le argomentazioni a favore e contro l’accoglimento del ricorso del sig. Quarto.
Cass., sez. lav., 11-05-2004, n. 8919. MASSIMA La responsabilità personale e solidale prevista dall’art. 38 c.c. per colui che agisce in nome e per conto dell’associazione non riconosciuta non è collegata alla mera titolarità della rappresentanza dell’associazione, bensì all’attività negoziale concretamente svolta per conto di essa e risoltasi nella creazione di rapporti obbligatori fra questa ed i terzi, con la conseguenza che chi invoca in giudizio tale responsabilità è gravato dall’onere di provare la concreta attività svolta in nome e nell’interesse dell’associazione, non essendo sufficiente la prova in ordine alla carica rivestita all’interno dell’ente. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con ricorso del 6 marzo 1987 al Pretore di Tarante Floriano Quarto chiedeva che l'associazione non riconosciuta Circolo nautico Campomarino nonchè Amedeo Chimienti ed altri titolari di cariche associative fossero condannati a pagargli somme dovute a titolo retributivo per un rapporto di lavoro subordinato svoltosi fra il 1 giugno 1974 e il 31 dicembre 1985. Con sentenza del 28 aprile 1999 il Pretore accoglieva la domanda nei confronti dell'associazione ma la rigettava nei confronti del presidente e dei componenti il consiglio d'amministrazione, non responsabili in quanto non risultavano avere agito in concreto in nome e per conto del sodalizio. Proposto appello principale dal Quarto e incidentale dal Chimienti ed altri, la Corte di Lecce con sentenza del 25 maggio 2001 rigettava quello principale e dichiarava inammissibile quelli incidentali. Quanto all'impugnazione del prestatore di lavoro, la Corte notava come questi non avesse mai indicato, e in particolare non nell'atto introduttivo del giudizio, quale concreta attività negoziale le persone fisiche convenute avessero svolto per assumere obblighi come datori di lavoro. Le richieste istruttorie avanzate in appello, poi, erano inammissibili perchè nuove. Gli appelli incidentali erano parimenti inammissibili poichè gli appellanti erano stati in primo grado assolti dalla domanda e non avevano perciò alcun interesse a dolersi della decisione. L'eccezione di estinzione del processo, sollevata dagli eredi di Ettore Polito per tardiva notifica del ricorso in riassunzione dopo la morte del loro dante causa, era parimenti tardiva in quanto non immediatamente successiva alla loro prima difesa (art. 307, quarto comma, cod. proc. civ.) e perciò inammissibile. Contro questa sentenza ricorrono per Cassazione in via principale il Quarto ed in via incidentale condizionata Lidia Cappa ed altri eredi Polito, i quali sono anche controricorrenti insieme al Chimienti e litisconsorti, ed hanno ulteriormente illustrato con memoria le loro difese. MOTIVI DELLA DECISIONE 1
Entrambi i ricorsi, principale e incidentale, debbono essere riuniti ai sensi dell'art. 335 cod. proc. civ.. A) Col primo motivo il ricorrente principale lamenta la violazione dell'art. 38 cod. civ., che andrebbe interpretato, contrariamente a quanto fece la Corte d'appello, nel senso di rendere responsabili, insieme all'associazione non riconosciuta, gli amministratori per la semplice titolarità della carica ed a prescindere dall'avere essi agito in concreto, o meno, per conto di essa. Il motivo non è fondato. A norma dell'art. 38 cod. civ., delle obbligazioni assunte, tramite i suoi rappresentanti, dall'associazione non riconosciuta rispondono anche personalmente e solidalmente le persone che hanno agito in nome e per conto di essa. Questa responsabilità personale e solidale è collegata non già alla mera titolarità della rappresentanza dell'associazione e neppure al contributo alla formazione della sua volontà bensì soltanto all'attività negoziale, espressiva della volontà nei confronti dei terzi e così idonea alla costituzione di rapporti obbligatori nei loro confronti (Cass. 17 dicembre 1962 n. 3384, 14 dicembre 1977 n. 5456, 18 gennaio 1978 n. 236, 27 dicembre 1991 n. 13946). Chi invoca la detta responsabilità è onerato della prova di quell'attività negoziale (Cass. 21 maggio 1998 n. 5089). Per quanto riguarda i rapporti di lavoro subordinato, la prova della costituzione del rapporto, e quindi dell'assunzione degli obblighi propri del datore di lavoro, non può essere sostituita dalla prova del rapporto previdenziale instaurato con l'ente assicuratore (Cass. n. 13946 del 1991 cit.). In tali sensi si è espressa la sentenza impugnata, che perciò dev'essere confermata sul punto. B) Col secondo motivo il ricorrente principale denunzia vizi di motivazione in ordine al materiale probatorio costituito dalla lettera di licenziamento, da un assegno bancario, dal documento col calcolo delle competenze spettanti al lavoratore e dalla denuncia agli enti previdenziali, tutti sottoscritti dal presidente dell'associazione datrice di lavoro. Il motivo non è fondato poichè si riferisce ad atti di adempimenti di obbligazioni già assunte o comunque diversi da negozi giuridici con effetti obbligatori verso il prestatore di lavoro. Del resto il lamentato vizio di motivazione su un punto decisivo non sussiste poichè i documenti di cui al motivo di ricorso recano firme illeggibili e diverse l'una dall'altra onde non è censurabile il fatto che i giudici di merito li abbiano trascurati, ritenendoli privi di efficacia probatoria. Col terzo motivo il ricorrente deduce violazione dell'art. 437 cod. proc. civ. e vizi di motivazione, sostenendo che le prove da lui chieste in appello avrebbero dovuto essere ammesse perchè indispensabili ai fini della decisione, ma il motivo è inammissibile poichè l'ammissione delle prove nuove in appello è riservata al sovrano apprezzamento del collegio di merito. Con l'unico motivo i ricorrenti incidentali Serenella e Rosario Polito lamentano la mancata dichiarazione di estinzione del processo, che essi eccepirono prima di ogni altra difesa, vale a dire nella memoria di costituzione in appello, stante la loro contumacia in primo grado per mancata notifica, da parte dell'attore, dell'atto di riassunzione del processo dopo la morte del loro dante causa. Il ricorso, dichiaratamente condizionato, è assorbito a causa del rigetto del ricorso principale. Le spese seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte, riuniti i ricorsi, rigetta quello principale e dichiara assorbito quello incidentale; condanna il ricorrente principale al pagamento delle spese processuali in euro - 50,00 - oltre ad euro millecinquecento per onorario, complessivamente a favore di tutti i controricorrenti.
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Comitati
IL CASO Il sig. Crisafulli ha svolto attività di cronometraggio in occasione di una gara organizzata da un comitato. Non essendo mai stato retribuito, decide di agire in giudizio nei confronti del suddetto ente. Assunte le vesti, rispettivamente, di attore e di convenuto, si illustrino le argomentazioni a favore e contro l’accoglimento del ricorso del sig. Crisafulli.
Cass., sez. III, 29-11-1999, n. 13338. MASSIMA Un comitato, ancorché costituito da un ente pubblico non economico, ove manchi del riconoscimento della personalità giuridica di diritto pubblico, configura una struttura privatistica la quale opera nell’ambito del diritto privato con piena autonomia di gestione, né si rende preclusiva di una tale qualifica la circostanza che l’ente in questione si riveli privo di autonomia nell’attività di raccolta dei fondi da impiegare per il raggiungimento dello scopo, posto che ciò che caratterizza un tal tipo di ente è il fatto del suo costituirsi per uno dei fini indicati dall’art. 39 c.c. e la esistenza di un fondo con cui perseguire detto fine, e non certo l’attività di raccolta dei fondi stessi; conseguentemente, anche in tal caso, esso ha - pur privo di personalità giuridica - la titolarità piena e diretta dei rapporti patrimoniali relativi sia a beni mobili che immobili, e quindi risponde delle obbligazioni assunte dai suoi rappresentanti. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto 15 febbraio 1996 Crisafulli Enrico, quale legale rappresentante della Associazione Cronometristi di Palermo conveniva in giudizio, innanzi al giudice di pace di Cefalù Spinosa Giuseppe, nella qualità di Presidente del Comitato organizzatore della XXV cronoscalata CefalùGibilmanna, chiedendone la condanna al pagamento della somma di L. 3.371.000, quale corrispettivo per il servizio di cronometraggio espletato in occasione della gara organizzata dal comitato. Con sentenza 15-17 maggio 1997 il giudice adito, in contumacia del convenuto accoglieva la domanda attrice e condannava per l’effetto lo Spinosa, e i componenti del Comitato da questi rappresentato al pagamento della somma di L. 3.371.000. Gravata tale pronunzia dallo Spinosa, nella qualità di presidente del Comitato organizzatore della XXV Crononoscalata Cefalù-Gibilmanna, il tribunale di Termini Imerese con sentenza 17 marzo-19 aprile 1997 rigettava l’appello, ponendo a carico dell’appellante le spese del grado. Deducendo l’appellante Comitato organizzatore della XXV Crononoscalata Cefalù-Gibilmanna la propria carenza di legittimazione passiva in ordine al credito reclamato dalla Associazione cronometristi di Palermo, i giudici di secondo grado hanno disatteso tale assunto sul rilievo, da un lato, che la costituzione di un comitato, la cui attività rimanga confinata nell’ambito del diritto privato, senza assumere personalità di diritto pubblico, non ha bisogno di forme particolari, dall’altro, che nella specie ancorché il comune di Cefalù avesse provveduto a finanziare completamente la nascita del comitato appellante, questo rientrava a pieno titolo nella nozione di comitato di cui all’art. 39 c.c., avendo i suoi componenti operato per il raggiungimento di uno scopo (la gara in questione) di cui si erano fatti promotori, con conseguente applicazione dell’art. 41 c.c. in tema di obbligazioni assunte per conto del comitato. 3
Per la cassazione di tale pronunzia ha proposto ricorso, affidato ad un unico motivo, Spinosa Giuseppe, nella qualità di presidente e legale rappresentante del Comitato organizzatore della XXV Crononoscalata Cefalù-Gibilmanna. Resiste, con controricorso, Crisafulli Enrico, nella qualità di Presidente legale rappresentante della Associazioni cronometristi di Palermo. MOTIVI DELLA DECISIONE 1. Con l’unico motivo il ricorrente comitato denunzia "violazione ed erronea applicazione degli artt. 39, 40, 41 c.c., in relazione all’art. 360 n. 3 e 5 c.p.c., omesso esame di un punto decisivo della controversia". Richiamati i principi generali in tema di comitati, il ricorrente nega che nella specie possano trovare applicazione, nei suoi confronti, le regole poste dagli artt. 39 - 42 c.c., atteso che - come precisato da autorevole dottrina nonché da Cass. 28 ottobre 1959, n. 3138 - non può ritenersi "comitato" il gruppo di persone che cura l’esecuzione degli interessi e le finalità di un ente pubblico, e che sia cioè un semplice organo esecutivo dello stesso ente e nella specie il Comitato organizzatore della XXV Crononoscalata Cefalù-Gibilmanna aveva la veste di semplice organo esecutivo del Comune di Cefalù, ente organizzatore e finanziatore della manifestazione. Al fine di negare che all’ente [di fatto] "Comitato organizzatore della XXV cronoscalata CefalùGibilmanna" possano applicarsi le disposizioni di cui agli artt. 39 e ss. c.c. parte ricorrente invoca: - l’insegnamento contenuto in Cass., 28 ottobre 1959, n. 3138 (nonché in "autorevole dottrina) secondo cui non può ritenersi comitato, ai sensi dell’art. 39 il gruppo di persone che cura l’esecuzione di interessi e finalità di un ente pubblico e che sia, cioè, un semplice organo esecutivo dello stesso ente, facendo difetto l’elemento caratteristico del "comitato", lo scopo di raccogliere "fondi"; - la circostanza che esso concludente ha svolto, con riguardo alla cronoscalata esclusivamente attività esecutiva, concretatasi nella cura "materiale" della organizzazione della gara, senza alcun potere di raccolta di fondi; - la circostanza che ogni onere economico, relativo alla manifestazione, faceva carico al comune di Cefalù, come risulta da molteplici deliberazioni assunte al riguardo dal consiglio comunale, nonché dall’art. 1 del regolamento ufficiale di gara secondo cui il Comune di Cefalù, Assessorato Turismo e Spettacolo e Sport "indice e organizza una competizione automobilistica internazionale di velocità in salita denominata XXV Cefalù-Gibilmanna"; - la circostanza che l’Associazione ora controricorrente ha emesso una fattura nei confronti del comune di Cefalù. 2. Il motivo non può trovare accoglimento. Sotto diversi, concorrenti, profili. 2.1. Come riferito sopra, i giudici del merito, alla luce di tutte le risultanze di causa, tenuti presenti principi di diritto ripetutamente affermati da questa Corte, quanto alla modalità di costituzione dei comitati, hanno ritenuto, da un lato, che il Comitato attuale ricorrente deve qualificarsi "comitato" ai sensi dell’art. 39 c.c., dall’altro, che nella specie - non avendo il comitato ottenuto la personalità giuridica - delle obbligazioni assunte dal comitato stesso (nella specie nei confronti della Associazione Cronomestri di Palermo) devono rispondere - a norma dell’art. 41 c.c. solidalmente e personalmente tutti i componenti dello stesso, da ultimo, che potendo il comitato non riconosciuto stare in giudizio nella persona del presidente (a norma dell’art. 41, u. co. c.c.) correttamente l’Associazione attrice ha evocato in giudizio questo ultimo, per conseguire il compenso del caso per il servizio di cronometraggio espletato su richiesta del Comitato stesso. Non controverso quanto sopra è palese che con il motivo in esame parte ricorrente pur denunciando - nella intestazione - la violazione, sotto il profilo di cui all’art. 360 n. 3 c.p.c., degli artt. 39, 40 e 41 c.c., in realtà sollecita - "contra legem" e cercando di superare quelli che sono i limiti del giudizio di
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legittimità (che non è un giudizio di merito di terzo grado) - una nuova valutazione, da parte di questa Corte, delle risultanze di causa. 2.2. Anche a prescindere da quanto precede, comunque, nessuno dei rilievi sopra riassunti coglie nel segno. 2.2.1. Cass., 28 ottobre 1959, n. 3138, ben lungi dall’affermare il principio, di diritto, che parte ricorrente le attribuisce, ha affrontato un problema totalmente diverso, da quello dei "comitati" organizzati da enti pubblici per il raggiungimento delle finalità loro proprie, avendo risolto il diverso problema dei criteri distintivi dei "comitati" (ai sensi dell’art. 39 c.c.) rispetto alle "associazioni non riconosciute". Giusta la testuale previsione dell’art. 39 c.c., ancora, "salvo quanto stabilito nelle leggi speciali" [con riferimento al caso di specie certamente assenti] "sono regolati dalle disposizioni seguenti (cioè dagli artt. 40-42 c.c.", "i comitati promotori di... festeggiamenti e simili". Pacifico quanto sopra non può dubitarsi che il comitato attuale ricorrente, costituito - come si ammette nello stesso ricorso - al fine della "cura materiale della organizzazione della gara" automobilistica sopra descritta, rientri nella previsione normativa sopra richiamata. Irrilevante, al fine di pervenire ad una diversa conclusione, è la circostanza che nella specie il comitato sia stato costituito da un ente pubblico non economico (in particolare il comune di Cefalù). In molteplici occasioni - infatti - questa Corte, in termini opposti rispetto a quanto si assume in ricorso, ha affermato che anche un comitato costituito da enti pubblici, ancorché non economici, ove manchi del riconoscimento della personalità giuridica di diritto pubblico, configura una struttura privatistica, secondo la previsione degli art. 39 ss. c.c. (Cfr., tra le tantissime, Cass., sez. un., 18 ottobre 1985 n. 5138, resa con riguardo al comitato promotore delle manifestazioni espositive di Firenze e Prato, nonché Cass., sez. un., 3 novembre 1982 n. 5754, ove il rilievo che il "Centro per lo sviluppo economico, turistico e sportivo di Firenze", costituito dal comune di Firenze, dall’azienda autonoma del turismo e dall’ente provinciale del turismo, il quale ha natura di comitato, ai sensi degli art. 39 ss. c.c., è privo di personalità giuridica di diritto pubblico, ed opera nell’ambito del diritto privato, con piena autonomia di gestione rispetto ai suddetti enti pubblici). 2.2.2. Irrilevante, ancora, al fine del decidere e di escludere che l’ente ora ricorrente possa qualificarsi "comitato", è la circostanza che lo stesso non aveva "autonomia" nella attività di raccolta dei fondi (da impiegare per il raggiungimento dello scopo). Ciò che caratterizza un "comitato", infatti è il suo costituirsi per uno dei fini indicati dall’art. 39 c.c. [e, senza ombra di dubbio, tale fine nella specie ricorre, come si è osservato sopra] e la esistenza di un "fondo" con cui perseguire detto fine, non anche l’attività di "raccolta" (o di "questua") dei fondi stessi. Poiché nella specie - come ammette parte ricorrente - tali "fondi" [da impiegare dal comitato per il raggiungimento del fine per il quale era stato costituito] certamente esistevano, per essere stati forniti dal comune di Cefalù - che doveva provvedere alla "dotazione" del comitato stesso [ed in effetti vi ha provveduto, stanziando congrui finanziamenti (per L. 229.500.000, si precisa in ricorso)] - è evidente che nulla si oppone al riconoscimento dell’ente ricorrente come un "comitato" soggetto alla disciplina di cui agli artt. 39 e ss. c.c. 2.2.3. La circostanza - infine - che l’ente ora ricorrente ha svolto, con riguardo alla cronoscalata (per la quale era stato costituito) esclusivamente attività esecutiva, concretatasi nella cura "materiale" dell’organizzazione della gara, lungi dall’escludere la "responsabilità" dell’ente per le obbligazioni assunte in tale attività "materiale", la conferma ulteriormente. In particolare non è controverso, in causa, che l’ente ora ricorrente - appunto nell’ambito della "cura materiale dell’organizzazione della gara" - ha commissionato alla associazione controricorrente il servizio di cronometraggio della cronoscalata di cui si discute. Poiché nella specie - come nell’esecuzione di tutte le altre operazioni connesse allo svolgimento della manifestazione di cui si discute - il Comitato ha agito "in proprio" cioè "spendendo" il proprio nome - e non dichiarando di agire in rappresentanza di altri enti - è palese, come anticipato, che correttamente i giudici di merito hanno ritenuto la responsabilità del Comitato stesso nei confronti 5
della Associazione Cronometristi, per il pagamento del corrispettivo per l’opera svolta da quest’ultima. E’ pacifico - infatti - presso la dottrina più autorevole, come presso una consolidata giurisprudenza di questa Corte regolatrice, che nella specie non può che essere ulteriormente confermata, che i comitati privi di riconoscimento, pur non essendo persone giuridiche, sono figure soggettive alle quali può essere attribuita la titolarità diretta dei rapporti a contenuto patrimoniale relativi sia a beni mobili che immobili e sono, quindi, responsabili delle obbligazioni assunte dai loro rappresentanti (cfr., al riguardo, ad esempio, Cass., 23 giugno 1994, n. 6032; nonché Cass., 12 giugno 1986, n. 3898, e Cass. 12 gennaio 1982, n. 134). 2.2.4. Palesemente irrilevante, al fine del decidere, e di giungere ad una diversa conclusione della lite, è - da ultimo - la circostanza che anteriormente al giudizio la Associazione controricorrente abbia emesso "fattura" nei confronti del Comune di Cefalù (e da questo ultimo non pagata). In tema di contratto d’opera - infatti - il "committente" è obbligato a corrispondere il corrispettivo dovuto in quanto "parte" del rapporto, senza che rilevi, in senso contrario, che la documentazione fiscale - per richiesta dello stesso committente o per qualsiasi altra circostanza - risulti emessa nei confronti di un terzo. 3. Risultato infondato in ogni sua parte - in conclusione - il proposto ricorso deve rigettarsi. Sussistono giusti motivi onde disporre, tra le parti, la totale compensazione delle spese di questa fase. PER QUESTI MOTIVI La Corte, rigetta il ricorso. Spese di questa fase compensate.
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