INSEGNAMENTO DI ISTITUZIONI DI DIRITTO PRIVATO I LEZIONE VIII
“I BENI ED I DIRITTI REALI” PROF.SSA ANNAFLORA SICA
Istituzioni di Diritto Privato I
Lezione VIII
Indice 1
Le cose e i beni -------------------------------------------------------------------------------------------- 3 1.1.
Cose generiche e cose specifiche ------------------------------------------------------------------ 4
1.2.
Beni divisibili ed indivisibili ----------------------------------------------------------------------- 6
2
I rapporti di connessione tra le cose e le universalità --------------------------------------------- 8
3
I diritti reali---------------------------------------------------------------------------------------------- 12
4
Il diritto di proprietà ---------------------------------------------------------------------------------- 14
5
Caratteristiche del diritto di proprietà ------------------------------------------------------------- 16
6
Limiti legali ed estensione della proprietà --------------------------------------------------------- 18
7
Modi di acquisto della proprietà -------------------------------------------------------------------- 21 7.1 Occupazione ------------------------------------------------------------------------------------------- 21 7.2 Invenzione --------------------------------------------------------------------------------------------- 22 7.3 Accessione unione e specificazione ---------------------------------------------------------------- 23
8
Azioni a difesa della proprietà ----------------------------------------------------------------------- 26
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633)
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1 Le cose e i beni Secondo l'art. 810 c.c.: Sono beni le cose che possono formare oggetto di diritti Dal testo dell'articolo ci accorgiamo che non tutto quello che esiste in natura (le cose) può essere qualificato come bene, ma solo quelle "cose" che possono essere oggetto di diritti. Poniamoci allora la domanda: che caratteristiche deve possedere una cosa per essere considerata bene? Rispondiamo: deve essere suscettibile di appropriazione e di utilizzo, deve possedere, cioè, un valore. Potremmo, allora, continuare ancora a chiederci: e quando una cosa ha un valore? Rispondiamo ancora: quando esiste in quantità limitata ed è suscettibile di appropriazione. Da questo gioco di domande e risposte ci rendiamo conto che non sono beni le cose che si trovano in natura in quantità illimitate o, comunque, maggiore ai bisogni umani, come potrebbe essere l'aria o, non appropriabili, come le stelle od il sole, mentre è sicuramente un bene l'energia elettrica prodotta grazie ai pannelli solari. L'argomento a questo punto potrebbe considerarsi chiuso, ma noi non siamo ancora soddisfatti dei risultati raggiunti; a ben guardare abbiamo definito "il bene " solo dal punto di vista economico, ma da punto di vista giuridico il concetto di " bene " è più vasto: sono beni non solo le cose che hanno un valore, ma anche i diritti perché anche questi hanno valore e sono commerciabili (o, meglio, negoziabili). In questo senso si esprime spesso il codice considerando beni anche i diritti. Esaurita questa importante premessa elenchiamo le diverse categorie di beni cominciando dalla distinzione tra beni corporali ed immateriali: sono tutti beni che possono essere percepiti con i nostri sensi; questi beni hanno, quindi, materialità corporea come un anello o l'energia elettrica a differenza dei primi non hanno materialità corporea, non possono essere percepiti direttamente con i nostri sensi, ma solo attraverso l'intelligenza. Ne sono esempi gli stessi diritti e le opere dell'ingegno. Proseguiamo delle nostre distinzioni puntualizzando quella tra beni mobili e beni immobili:
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sono tutti quelli che sono incorporati naturalmente o artificialmente al suolo. Non è possibile spostare tali beni senza provocarne un cambiamento notevole della loro struttura o destinazione. Ricordiamo, ad esempio, gli edifici,gli alberi e le costruzioni. Sono beni mobili tutti quelli che non sono considerati beni immobili. Come si vede il concetto di bene mobile lo ricaviamo per esclusione; ma chiediamoci come mai è così importante distinguere tra beni mobili e immobili. La risposta la dobbiamo rinvenire nel diverso modo di circolazione (cioè di trasferimento) delle due categorie di beni; i beni mobili circolano in maniera molto semplice bastando la semplice consegna del bene per trasferire, di regola, anche la proprietà su di esso; per i beni immobili la situazione è più complessa in quanto è necessaria la forma scritta per il trasferimento e bisognerà annotare tutte le vicende che li riguardano in appositi registri in modo da permettere ai terzi di conoscere delle loro vicende. È quindi previsto un regime di pubblicità immobiliare. La pubblicità attraverso le annotazioni su appositi registri è prevista anche per particolari categorie di beni mobili, come le autovetture, che per questo motivo vengono detti " beni mobili registrati ".
1.1.
Cose generiche e cose specifiche •
Cose generiche: la cosa è individuata per la sua appartenenza ad un genus
•
cose specifiche: la cosa possiede una sua individualità che la distingue all'interno del suo genere
La distinzione tra cose generiche e specifiche dipende dalla considerazione che i soggetti hanno della cosa. Una stessa cosa può venire considerata come generica o specifica secondo le intenzioni delle parti. Se mi impegno a vendere un cavallo arabo posso concordare con il compratore che la vendita può avere ad oggetto un qualsiasi animale del genere, ma potrebbe accadere che l'accordo riguardi un particolare cavallo arabo, con certe caratteristiche ben precise, ed allora ecco che vendita avrà ad oggetto una cosa specifica e non più generica. All'opposto può accadere che una cosa comunemente intesa come specifica, ad es. un quadro, possa essere considerata come generica, magari perché interessa più per le sue dimensioni che per la sua individualità. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633)
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La distinzione è particolarmente rilevante perché la proprietà delle cose generiche passa solo con l'individuazione della cosa da trasferire (art. 1378 c.c.); se la cosa perisce prima della individuazione il venditore non sarà liberato dall'obbligo di fornire la cosa, poiché questa, appartenendo appunto ad un genere, è sempre reperibile, a meno che per un disastro perisca tutto il genere ( un virus che uccida tutti i cavalli del mondo). •
Cose fungibili sono quelle che all'interno di un genere possono essere facilmente sostitute le une alle altre di identica utilità;
•
cose infungibili: sono quelle non possono essere sostituite le une alle altre senza danneggiare l'interesse del creditore.
Il codice civile spesso si riferisce ai concetti di fungibilità e di infungibilità. Il comodato, ad esempio, ha ad oggetto cose infungibili (art. 1803 c.c.) poiché bisogna restituire la stessa cosa ricevuta; il mutuo ha ad oggetto cose fungibili (art. 1813 c.c.) perché devono essere restituite cose della stessa specie e qualità; la compensazione opera tra debiti e crediti che hanno ad oggetto cose fungibili (art. 1243 c.c.). Le cose fungibili vengono spesso in considerazione per la caratteristica di essere considerate a peso o a misura ( 100 kg. di grano), e anche da questo punto di vista possono essere distinte dalle cose generiche dove si fa riferimento al modo in cui le parti decidono di definire la cosa, se appartenente ad un genus o meno. •
Beni consumabili: sono quelli che hanno ad oggetto cose che si prestano ad un uso ripetuto come un vestito o un'automobile
•
Beni inconsumabili: sono quelli che possono essere utilizzati una sola volta come un litro di benzina.
Dalla definizione comprendiamo il concetto di bene inconsumabile non corrisponde con quello di cosa indistruttibile, in quanto in natura non esiste cosa che non possa essere distrutta o consumata; è chiaro, allora, che la nozione è di natura giuridica e non fisica. Ripetiamo che bene inconsumabile è quello che si presta ad utilizzazione ripetute, anche se queste, per ipotesi, fossero molto ridotte. All'opposto i beni consumabili non sono quelli che semplicemente "si consumano con l'uso " poiché questa è una caratteristica di tutto ciò che esiste natura, ma sono beni che possono essere usati una sola volta. Con il loro uso unico hanno esaurito la loro funzione.
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L'unicità dell'uso può essere causata sia dalle caratteristiche fisiche del bene sia da vincoli di natura giuridica: è ovvio, infatti, che un litro di benzina per autotrazione può essere utilizzato una sola volta in quanto sua funzione si attua proprio attraverso la sua distruzione. Una somma di denaro, invece, potrebbe sembrare un bene inconsumabile in quanto le banconote possono passare di mano per parecchie volte; ma è anche vero che il proprietario di una banconota nel momento in cui la spende non può più usarla; dal suo punto di vista una banconota è sicuramente un bene consumabile poiché può utilizzarla una sola volta.
1.2.
Beni divisibili ed indivisibili •
Beni divisibili: hanno ad oggetto cose che possono essere frazionate in parti omogenee tali da conservare proporzionalmente il valore dell'intero;
•
beni indivisibili: hanno a oggetto cose che non possono essere frazionate.
Questa definizione merita un chiarimento ed un approfondimento; in natura pare che non esistano cose che non possono essere divise. In passato si riteneva che l'atomo non potesse essere diviso, ma si è poi scoperto che era composto da un nucleo, composto protoni e neutroni, ed elettroni ed ora si sa che gli elementi del nucleo sono loro volta composti da particelle ancora più piccole dette "quark". Risulta allora evidente che la divisibilità o l'indivisibilità non derivano da caratteristiche fisiche ma da valutazioni economiche e giuridiche. Avendo ben chiara questa premessa, scopriamo che il fulcro del concetto sta nella possibilità di frazionamento in parti della cosa; quest'ultima è frazionabile quando può essere divisa in parti omogenee, cioè in porzioni che conservano proporzionalmente funzione e valore del tutto; è quindi indivisibile un libro perché venti pagine non hanno, in proporzione, il valore del libro intero, mentre è divisibile una partita di grano perché una sua parte conserva la funzione dell'intera partita e possiede proporzionalmente il valore del tutto. Può accadere, però, che si consideri indivisibile un bene suscettibile di essere diviso in parti; in questi casi avremo una indivisibilità convenzionale (o soggettiva), come nel caso in cui creditore pretenda che il grano sia consegnato in una sola volta o una indivisibilità legale come nel caso delle parti comuni di un edificio. •
beni presenti: sono già esistenti in natura e possono essere oggetto di diritti reali, come la proprietà;
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beni futuri: non sono ancora venuti ad esistenza. Tali beni non possono essere oggetto di diritti reali ma solo di rapporti obbligatori.
Anche per questa definizione è necessario un approfondimento; a prima vista può sembrare un non senso parlare di beni futuri in quanto un bene, per esser tale, deve anche esistere. Ma è anche vero che nel campo dei rapporti economici giuridici si possono prendere impegni affinché si costituisca un oggetto che al momento non esiste ancora: è questo il bene futuro considerato proprio perché si presume che verrà ad esistenza. Questa situazione di incertezza circa l'effettiva "nascita" del bene comporta delle limitazioni in merito ai diritti che potranno sorgere; un bene futuro, infatti, non potrà mai essere oggetto di un diritto reale, come la proprietà, perché tali diritti si costituiscono sopra ad una cosa (una res) sempreché questa esista; Nel caso i diritti relativi, invece, ci si può tranquillamente impegnare su beni che ancora non esistono, come i frutti di un albero, e quindi una parte si può obbligare a vendere tali frutti ma solo dopo che saranno venuti ad esistenza. Prima di quel momento la stessa parte sarà solo obbligata ad adoperarsi per fare in modo che questi nuovi beni vengano ad esistenza ed è per questo che si dice che i beni futuri possono essere solo oggetto di rapporti obbligatori (art. 1348 c.c.). I frutti: Sono beni prodotti periodicamente da un altro bene senza che questo modifichi la sua natura o sua destinazione economica per effetto della produzione. Noi tutti abbiamo istintivamente chiaro il concetto di " frutto " come qualcosa che nasce da un'altra; la nostra idea, però, si riferisce solo ad una particolare categoria di frutti, i frutti naturali. Esiste, invece, anche un'altra categoria, i frutti civili. Distinguiamoli prendendo spunto dalla definizione fornitaci dall'articolo 820 del codice civile: •
frutti naturali sono quelli che provengono direttamente dalla cosa vi sia stata o meno l'opera dell'uomo come ad esempio i prodotti agricoli, delle miniere, i parti degli animali;
•
frutti civili: sono quelli che si traggono da una cosa come corrispettivo del suo godimento che altri ne abbia; sono frutti civili le rendite vitalizie gli interessi sui capitali il corrispettivo di locazioni ed i canoni enfiteutici.
I frutti naturali non sono considerati tali fino a quando non siano separati dalla cosa madre; è però possibile che siano considerati come cosa mobile futura.
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2 I rapporti di connessione tra le cose e le universalità Abbiamo sinora parlato di beni e li abbiamo sempre considerati formati da una cosa unica; in realtà, accade spesso che i beni non siano formati da un solo elemento ma sono il frutto della combinazione o della fusione di cose più semplici. Ci occuperemo quindi proprio di quei beni che sono il frutto della combinazione di cose più semplici premettendo che la nostra valutazione avrà sempre natura economica e giuridica, e non fisica, perché dal punto di vista fisico non è forse possibile individuare una cosa che sia veramente " semplice " cioè non composta dalla fusione di più elementi minori. Iniziamo la nostra indagine dal primo gradino, cioè dalle cose semplici. Sono formate dalla combinazione di diversi elementi, ma questi sono fusi tra loro in modo tale da perdere la loro individualità e da far apparire all'esterno l'esistenza di una cosa unica Per capire se ci troviamo di fronte ad una cosa semplice o ad una cosa composta non dovremo certamente ricorrere al microscopio, ma, molto più semplicemente ai nostri sensi. Anche la cosa semplice è composta da più elementi, ma osservandola appare essere una cosa unica; sono cose semplici un animale, un anello d'oro, un albero anche se sappiamo tutti benissimo che l'oro contiene anche una piccola percentuale di rame, che un animale è composto da diversi organi e così via. La cosa semplice, non può essere divisa senza distruggerla o alternarne profondamente la fisionomia. Prima di chiudere il discorso sulle cose semplici, è necessario fare una piccola precisazione: cosa semplice non vuol dire cosa indivisibile; se è infatti vero che normalmente le cose semplici sono anche indivisibili, accade anche che cose semplici possano essere divisibili, come ad esempio una forma di pane che può essere tranquillamente divisa in più fette. Le cose composte sono il frutto della combinazione di più elementi che conservano la loro individualità essendo ancora distinguibili gli uni dagli altri. Per capire che cos'è una cosa composta è utile riportare subito degli esempi: un'automobile è sicuramente una cosa composta, un computer è anche un'altra cosa composta e così via. Dagli esempi fatti ci rendiamo conto che le cose composte sono il frutto di elementi che conservano la loro autonomia, e sono suscettibili di autonomi rapporti giuridici, ma che sono Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633)
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complementari gli uni agli altri, sono unificati, cioè, per servire a un unico scopo; in un computer è quindi possibile vendere la scheda video senza che vi sia necessità di alienare l'intera macchina, ma è anche vero che senza la scheda video il computer non può funzionare. Una cosa è accessoria quando è in rapporto con un'altra cosa detta principale. La combinazione delle due cose non forma un bene nuovo rimanendo entrambe autonome sia da punto vista della funzione che da quello materiale. Anche questa definizione ha bisogno di essere chiarita con un esempio: un computer è sicuramente una cosa composta, una statua è accessoria al fondo in cui è posta poiché non è complementare al fondo, ma serve solo per il suo abbellimento. Il fondo, infatti, rimarrà tale anche senza la statua, mentre il computer perderà la sua funzione se non avrà più la scheda video o il monitor. Avendo chiarito il concetto di cosa accessoria possiamo meglio comprendere che cos'è una pertinenza: sono pertinenze le cose destinate in modo durevole a servizio o ad ornamento di un'altra cosa Come si è già accennato la pertinenza non è un elemento funzionale della cosa principale perché è dotata di autonomia sia funzionale che materiale. Per creare il rapporto con la cosa principale saranno quindi necessari degli elementi che non riscontriamo nella cosa composta, e precisamente: •
L’elemento oggettivo: che consiste nel rapporto di servizio od ornamento rispetto alla cosa principale;
•
L’elemento soggettivo: la volontà da parte del proprietario o del titolare di altro diritto reale di destinare la cosa al servizio o ornamento della cosa principale.
Una volta costituito il rapporto, la pertinenza segue la sorte della cosa principale; se ad esempio si vende la cosa principale s'intende venduta anche la pertinenza a meno che le parti non abbiano convenuto diversamente (art. 818 c.c.). È possibile, però costituire rapporti giuridici diversi per la pertinenza; posso, quindi, concedere in uso il garage annesso alla mia casa o venderlo. Il vincolo di pertinenza cessa quando viene meno l'elemento oggettivo o soggettivo, ad es. quando la cosa è stata venduta o è perita. Le universalità sono gli insiemi di cose mobili o di rapporti giuridici considerati in maniera unitaria
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Il codice civile all'articolo 816 prevede solo le universalità di fatto, cioè quella pluralità di cose mobili appartenenti alla stessa persona cui è stata data una destinazione unitaria. La dottrina, invece, ha individuato anche una nuova categoria di universalità non avente ad oggetto beni mobili, ma dei rapporti giuridici che si è voluto considerare in maniera unitaria. Esempio di questa seconda universalità è l'eredità. Tornando alle universalità di fatto ne individuiamo le caratteristiche essenziali nell'essere composta da una pluralità di cose mobili e dal fatto che tutte queste appartengano allo stesso proprietario; c'è bisogno, inoltre,della volontà del proprietario stesso di destinarle ad uno scopo comune. Come esempi di universalità di fatto possiamo citare una biblioteca, un gregge o l'azienda, anche se per quest'ultima vi sono dei dubbi circa la sua natura di universalità patrimoniale, vista l'eterogeneità gli elementi di cui è composta. •
L'universalità di fatto si distingue dalle cose composte poiché non v'è coesione fisica tra gli elementi che la compongono;
•
si distingue dalle pertinenze perché non esiste rapporto di subordinazione tra un bene e l'altro.
Dal punto di vista dei rapporti giuridici, è possibile chiedere la tutela attraverso l'azione di manutenzione che, vedremo, non è concessa per i beni mobili; per le universalità di mobili non vale la regola "il possesso vale titolo" nel senso che non si acquista la proprietà con la semplice trasmissione possesso, cosa accade invece per i beni mobili anche l'ipotesi in cui il possesso sia stato trasmesso da chi non è proprietario, ma sarà necessario che il possesso duri per dieci anni. È comunque possibile che i singoli beni che compongono l'universalità siano oggetto di diversi rapporti giuridici: se sono possessore di una biblioteca posso venderla per intero, ma anche alienare singolarmente i libri che la compongono. Il patrimonio è l'insieme dei rapporti giuridici attivi e passivi rilevanti economicamente e facenti capo ad un soggetto Il patrimonio è quindi una figura eterogenea composta da una serie di rapporti giuridici attivi (i diritti) e passivi (gli obblighi) facenti capo ad un unico soggetto detto titolare del patrimonio. Non tutti i diritti e obblighi facenti capo a una persona (che ricordiamo può essere anche una persona giuridica) sono patrimonio.
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I rapporti giuridici facenti capo ad una persona possono essere di varia natura, pensiamo ai diritti di elettorato, e nessuno si sognerebbe mai di dire che nel suo "patrimonio" rientrano i diritti sui figli. Il patrimonio rappresenta quindi un unico concetto (ma non un unico bene), anche se spesso si tende a metterne in luce un aspetto piuttosto che un altro. A volte per patrimonio si intende l'insieme dei beni materiali di una persona (terreni, automobili etc), altre volte come la parte di patrimonio che residua sottratti i debiti (il patrimonio netto), ma a noi interessa il patrimonio nel suo significato giuridico- economico, che è quello che abbiamo fornito nella definizione. Ogni patrimonio ha un suo unico titolare, tuttavia in certi casi si permette che siano creati altri patrimoni separati o autonomi da quello del titolare; abbiamo quindi: •
patrimonio separato: è un complesso di beni che in virtù di una speciale destinazione formano un patrimonio distinto da quello del titolare. Tipico è il fondo patrimoniale ex art. 167 c.c. dove i coniugi costituiscono un patrimonio separato di beni mobili e immobili per far fronte ai bisogni;
•
patrimonio autonomo: tipico delle società di persone, costituisce la principale garanzia per i debiti della società. Di questo patrimonio non possono disporne i soci sino allo scioglimento della società.
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3 I diritti reali Fanno parte della categoria dei diritti assoluti (come il diritto al nome) ma si differenziano dagli altri diritti assoluti perché hanno ad oggetto cose. All'inizio della nostra trattazione abbiamo distinto le tre categorie di diritti soggettivi, assoluti, relativi e potestativi. Nell'ambito della categoria dei diritti assoluti, distinguiamo i diritti reali che sono diritti assoluti su una cosa, una res, da cui derivano il nome. Essendo diritti assoluti ne hanno le fondamentali caratteristiche, vediamole: 1. assolutezza: possono essere fatti valere nei confronti di tutti i consociati sui quali incombe solo un generico dovere di astensione; 2. immediatezza: il titolare realizza il diritto direttamente senza che sia necessaria la collaborazione di altri soggetti, come accade nei diritti di credito; 3. tipicità:i diritti reali sono solo quelli previsti dalla legge. Costituiscono, quindi, una categoria di diritti composta da un numero chiuso. I diritti reali sono quindi diritti assoluti, ma hanno una loro particolare classificazione; distinguiamo, quindi, tra: diritti su cosa propria unico diritto di tal genere è il diritto di proprietà che attribuisce al suo titolare le più ampie facoltà sul bene, nei limiti imposti dalla legge Il diritto di proprietà è quindi l'unico su una cosa propria. La compressione del diritto di proprietà può essere massima in alcuni casi, come nell'ipotesi dell'usufrutto. I diritti reali di godimento sono: •
Superficie
•
Enfiteusi
•
Usufrutto
•
Uso
•
Abitazione
•
Servitù
Al di fuori dei diritti reali di godimento, ne abbiamo una altra particolare categoria, i diritti reali di garanzia, forse più simili ai diritti di credito se non fosse per alcune particolari caratteristiche che si fanno valere erga omnes.
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Come si evince dal nome, sono diritti che costituiscono una garanzia su un bene, garanzia talmente incisiva da poter essere opposta nei confronti di qualsiasi successivo avente diritto sulla cosa. Sono diritti reali di garanzia: • il pegno, sui beni mobili • l'ipoteca, di regola costituita sui beni immobili.
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4 Il diritto di proprietà Il proprietario ha diritto di godere e disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo entro i limiti e con l'osservanza degli obblighi stabiliti dall'ordinamento giuridico (art. 832 c.c.) Il diritto di proprietà è quello che forse più di qualsiasi altro diritto interpreta uno dei fondamentali bisogni dell'uomo, quello di avere un suo spazio dove può liberamente esplicarsi. Questo spazio, separato da quello degli altri esseri umani, è composto di luoghi e cose dove l'uomo può sviluppare liberamente il suo dominio, senza interferenze da parte di altri individui. Sin dai tempi più antichi questo bisogno è stato sempre riconosciuto dalle comunità umane, a volte come vero proprio dominio assoluto su luoghi, beni e anche persone, altre volte in una forma più attenuata dai vincoli imposti da ordinamenti giuridici evoluti. I tentativi delle società del cosiddetto socialismo reale di abolire o di svuotare di contenuto il diritto di proprietà, sono naufragati insieme a quelle forme di organizzazione sociale, che ormai esistono nella loro forma originaria solo in due stati, Cuba e Corea del Nord. Le attuali società democratiche hanno sempre riconosciuto piena cittadinanza al diritto di proprietà, ma con dei limiti, poiché nell'attuale stato di evoluzione giuridica e sociale, ripugna pensare che il proprietario abbia un dominio assoluto sui suoi beni, dominio che in certi casi può anche contrastare con i superiori interessi della collettività. Di questa necessità si è fatta carico la nostra legge fondamentale, la Costituzione della Repubblica Italiana, che all'art.42 sulla proprietà privata, dopo averne riconosciuto la legittimità dopo la proprietà pubblica, dispone che: La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto e di godimento e i limiti allo scopo di assicurare la funzione sociale e renderla accessibile a tutti. La proprietà privata può essere, nei casi preveduti dalla legge e salvo indennizzo, espropriata per motivi di interesse generale. La legge stabilisce le norme e i limiti della successione legittima e testamentaria e testamentaria e i diritti dello Stato sulle eredità. La proprietà non è quindi una forma di sovranità sui beni, ma è un diritto che deve armonicamente inserirsi nel più ampio contesto sociale e non contrastare con esso.
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Per il proprietario vi saranno, quindi, non solo diritti (o meglio facoltà, espressione del diritto di proprietà), ma anche doveri, che renderanno il diritto di proprietà non solo utile per il proprietario, ma anche per la società. In questo si esplica la funzione sociale della proprietà che non per questo, però, potrà divenire qualcosa di diverso da quanto è espresso dall'art. 832 c.c. È vero, infatti, che l'art.42 della Costituzione riconosce e determina la funzione del diritto di proprietà, ma è pur sempre l'art. 832 del codice civile che ne definisce il contenuto.
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5 Caratteristiche del diritto di proprietà L'art. 832 specificando il contenuto del diritto di proprietà, ce ne indica le principali caratteristiche, vediamole: 1. pienezza è un diritto che consente al suo titolare ogni utilizzazione lecita del bene che si esplica principalmente nel potere di godimento e di disposizione ("ha diritto di godere e disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo" art. 832); 2. esclusività il rapporto che si instaura tra proprietario e bene è esclusivo, nel senso che non sono ammesse interferenze di altri soggetti nel rapporto con il bene; 3. elasticità le facoltà del proprietario possono essere limitate dalla esistenza di altri diritti, come l'usufrutto, sullo stesso bene. In questi casi, però, il diritto rimane comunque integro riacquistando automaticamente tutta la sua pienezza alla cessazione del diritto che lo comprime; 4. autonomia e indipendenza a differenza degli altri diritti reali, il diritto di proprietà può esistere da solo, senza dipendere da altri diritti di maggiore ampiezza. 5. perpetuità si ritiene che non possano essere imposti limiti temporali alla proprietà, non è ammessa una proprietà "a tempo". 6. imprescrittibilità la proprietà non si perde per il non uso, potendo solo essere usucapita dall'uso che altri ne faccia. In primo luogo abbiamo visto che il proprietario ha il diritto di godere e di disporre del bene. Che cosa si intende con questa espressione? È il caso di distinguere tra i due termini, in quanto il godimento indica una relazione di carattere fondamentalmente (anche se non esclusivamente) materiale, mentre il potere di disporre indica una relazione più raffinata con la cosa, di carattere principalmente giuridico. Di conseguenza nel diritto di godimento rientrano le facoltà relative, ad esempio, alla coltivazione del fondo ed alla raccolta dei frutti, all'uso di un appartamento o di una automobile e così via. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633)
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A ben guardare le facoltà attribuite al proprietario, sono illimitate ed è per questo che si dice che il diritto di proprietà ha la caratteristica della "astrattezza". Il potere di disporre del bene, invece, si esplica principalmente nella alienazione del bene, ma non solo, potendo il proprietario anche costituire anche altri diritti sulla proprietà, reali, come l'uso, o di godimento, come la locazione. È certo, però, che il diritto di godere e disporre del bene, non sono diritti minori del diritto di proprietà, ma facoltà attraverso le quali si esprime il diritto, facoltà, come abbiamo sottolineato poc'anzi, tendenzialmente illimitate.
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6 Limiti legali ed estensione della proprietà Nella definizione dell'art. 832 abbiamo visto che le facoltà attraverso le quali si esplica il diritto di proprietà sono fondamentalmente illimitate. Si è infatti deciso di indicare i limiti del diritto di proprietà, piuttosto che elencarne le facoltà, con l'ovvia conseguenza che il proprietario può fare del suo diritto e della cosa che ne è oggetto ciò che vuole, ma questa illimitata signoria del suo volere trova il confine nei limiti imposti dalla legge. Questi si incontrano sia nel codice civile che nelle leggi speciali, e spesso comprimono in maniera rilevante il diritto di proprietà (pensiamo ai divieti di edificare in zone di interesse paesaggistico o archeologico). In questa sede ci occuperemo dei soli limiti che emergono dal codice civile, rimandano allo studio del diritto amministrativo lo studio dei provvedimenti e delle altre leggi che incidono sul diritto di proprietà. Le limitazioni cui va incontro il proprietario, soprattutto il proprietario di immobili o fondi, sono fondamentalmente di due categorie: 1. limiti imposti per ragioni di pubblico interesse 2. limiti imposti per salvaguardare i concorrenti diritti di altri soggetti privati Prima di affrontare elencare le diverse ipotesi di limitazione del diritto di proprietà, il codice civile all'art. 833 pone una norma di carattere generale che vieta al proprietario di compiere atti di emulazione che sono "atti i quali non abbiano altro scopo che quello di nuocere o recare molestia ad altri" (divieto di atti emulativi). Il proprietario, infatti, del suo bene, può farne ciò che vuole, ma non può compiere degli atti al solo scopo di arrecare danno ad altri. Si propone spesso l'ipotesi di chi pianta dei pali altissimi sul suo terreno per impedire l'atterraggio di un aereo sul terreno confinante, ma le ipotesi potrebbero essere innumerevoli. È importante sottolineare, invece, che per realizzare la previsione dell'art. 833 non basta che l'atto possa arrecare danno ad altri, ma è anche necessario che sia stato compiuto "al solo scopo" di arrecare danno o molestia. Se, quindi, il proprietario pianta dei pali altissimi sul suo terreno anche per istallarci dei reattori eolici, l'atto non sarà emulativo e quindi lecito. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633)
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Ma torniamo ai limiti specifici imposti dall'ordinamento al diritto di proprietà che sono: •
espropriazione per pubblica utilità
•
requisizione
•
limiti alla proprietà edilizia
Passiamo, ora, agli altri limiti previsti dalla legge previsti principalmente per regolare i rapporti di vicinato. limiti imposti per salvaguardare i concorrenti diritti di altri soggetti privati: •
distanze nelle costruzioni (artt. 873\899 c.c.)
•
distanze tra alberi e siepi (artt. 892\899 c.c.)
•
luci vedute o prospetti( art. 904 \906 c.c.)
•
stillicidio (art. 908 c.c.)
•
acque private (artt. 909 \ 922 c.c.)
•
divieto di immissioni (art. 844 c.c.)
La proprietà fondiaria oltre ad avere una estensione orizzontale, ne ha anche una verticale, si estende, cioè, sia verso il basso che verso l'alto. Stabilito questo principio, (vedi art. 840 c.c.), sorge l'ulteriore problema di stabilire sino a che punto si estende in senso verticale la proprietà; potrebbe, ad esempio, il proprietario impedire che degli aerei sorvolino il suo fondo? Ci risponde sempre l'art. 840 che distingue tra opere compiute nel sottosuolo e attività che si svolgono nello spazio sovrastante la proprietà. Il proprietario del suolo ha anche la proprietà del sottosuolo, ma la proprietà del sottosuolo è limitata da numerose legislazioni speciali previste per determinate attività, tra cui ricordiamo: 1. miniere, cave torbiere 2. antichità e belle arti 3. opere idrauliche 4. zone forestali 5. limiti imposti dal codice della navigazione (v. art. 714 ). Al di fuori dei limiti imposti dalle leggi speciali, il proprietario ha diritto di usare il sottosuolo, ma non può opporsi ad attività di terzi che si svolgano a tale profondità che egli non abbia interesse ad escluderle
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633)
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Come si vede l'art. 840 delimita un concetto dell'esercizio del diritto di proprietà del sottosuolo "flessibile", poiché non ne pone un limite preciso (ad es. 100 metri), ma lo relaziona all'interesse del proprietario. Se il proprietario ha un interesse concreto allo sfruttamento del sottosuolo ad una determinata profondità, ecco che potrà escludere altri dall'usarlo, ma se questo interesse manca il secondo comma dell'art. 840 espressamente esclude che possa opporsi a tali attività. Discorso analogo può essere fatto per lo spazio soprastante il fondo: il proprietario del suolo non può opporsi ad attività di terzi che si svolgano a tale altezza nello spazio sovrastante, che egli non abbia interesse ad escluderle Da quanto abbiamo sino ad ora visto sembrerebbe che la proprietà abbia una estensione in senso verticale limitato dall'interesse del proprietario, ma a guadar bene l'art. 840 non limita la proprietà verticale alla possibilità di sfruttamento, ma ne limita solo l'esercizio. Anzi dallo stesso articolo 840 emerge che il legislatore ha inteso estendere la proprietà in linea teorica sino all'infinito sia verso il basso che verso l'alto, ma condizionandone l'uso verticale all'esistenza di uno specifico interesse e (secondo i casi) limitando la proprietà stessa o il suo uso con delle leggi speciali. In senso orizzontale, invece, il proprietario può agire come meglio crede sul suo fondo, anche recintandolo (art. 841 c.c.) e, comunque, impedendo ad altri di attraversarlo. In certi casi, però, il proprietario deve consentire l'attraversamento o l'accesso al fondo senza che possa opporvisi e ciò accade nelle ipotesi di: • caccia e pesca (art. 842 c.c.) ; • opere necessarie al vicino (art. 843 c.c.); • recupero di cose o animali di terzi che si trovino sul suo fondo (art. 843 c.c. comma 3) .
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7 Modi di acquisto della proprietà La proprietà si acquista per occupazione, per invenzione, per accessione, per specificazione, per unione o commistione, per usucapione, per effetto di contratti, per successione a causa di morte e negli altri modi stabiliti dalla legge. L'art. 922 riportato in tabella elenca i diversi modi di acquisto della proprietà, senza, però, indicarli in modo tassativo (infatti la proprietà si acquista anche"negli altri modi stabiliti dalla legge"). Prima di analizzare singolarmente le diverse ipotesi previste dal codice civile, possiamo distinguere i modi di acquisto della proprietà in due categorie: 1. modi di acquisto a titolo originario 2. modi di acquisto a titolo derivativo La distinzione, non riportata nell'art. 922 , ma forse tenuta presente dal legislatore, è particolarmente importante perché nei modi di acquisto a titolo derivativo si verifica una successione nel diritto che è trasmesso da un soggetto ad un altro, mentre in quelli a titolo originario si diviene (o è come se si divenisse) proprietario per la prima volta. Di conseguenza l'acquisito a titolo originario è più certo rispetto a quello derivativo, per la semplice ragione che in quest'ultimo caso la situazione giuridica trasmessa potrebbe non essere quella che appare; potrebbe accadere, infatti, che si acquisisca il diritto da chi non è proprietario, e poiché non si può trasmettere quello che non si ha, il nuovo presunto proprietario non avrà in realtà acquisito alcun diritto. Ma c'è di più. Vi sono molti diritti che insistono sulla proprietà, sia reali che di godimento, e la trasmissione della proprietà a titolo derivativo comporta di regola la trasmissione anche di questi ed altre situazioni giuridiche; Questo non accade in caso di acquisto a titolo originario poiché il diritto si costituisce per la prima volta, privo, quindi, di pesi.
7.1
Occupazione
Secondo l'art. 923 c.c. primo comma: Le cose mobili che non sono proprietà di alcuno si acquistano con l'occupazione Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633)
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Il primo comma dell'art. 923 ci svela, in primo luogo, che con l'occupazione si può divenire proprietario di soli beni mobili, beni mobili, però, che non siano di proprietà di nessun altro soggetto. Per i beni immobili abbandonati non è possibile l'occupazione, sia perché l'art. 923 non li nomina, sia perché l'art. 827 c.c. espressamente dispone che: I beni immobili che non sono in proprietà di alcuno spettano al patrimonio dello Stato. Il secondo comma dell'art. 923 ci specifica, poi, quali sono questi beni mobili che non sono di proprietà di alcuno, dividendole in: • cose abbandonate; • gli animali che formano oggetto di caccia e di pesca . Le cose abbandonate, come è ovvio, sono quegli oggetti che altri gettano via, come spesso si vede nelle strade e nei campi. È importante, però, che dalle circostanze di tempo e di luogo si evinca chiaramente l'intenzione di spogliarsi del bene, e tale non sarebbe il caso di chi impegnato nelle pulizie di casa, lasci temporaneamente al di fuori della sua porta un vaso. L'appropriazione di detto vaso non darebbe luogo ad occupazione, ma ad un furto. Sono anche oggetto di occupazione le cose che non sono mai state in proprietà di alcuno. Per quanto riguarda la caccia e la pesca, ricordiamo che la disposizione del codice civile è sostituita dalla legislazione speciale in materia affidata ex art. 117 della Costituzione alla competenza delle regioni. Ma veniamo ad un'altra questione. Cosa bisogna fare per occupare un bene abbandonato? La risposta è semplice: impossessarsene. In altre parole per acquisire la proprietà di un bene abbandonato basterà appropriarsene materialmente. Compiuto questo atto si presume che il bene sia stato appreso con la volontà di farlo proprio.
7.2
Invenzione
Con l'invenzione abbiamo una ipotesi affine, ma diversa dalla occupazione. In quel caso, infatti, si trattava dei beni mobili "abbandonati", qui, invece, si fa riferimento a cose mobili "smarrite" .
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La differenza tra le due situazioni è evidente e si deduce dalla natura del bene mobile e dalle circostanze di tempo e luogo del ritrovamento; una vecchia sedia o un vaso rotto lasciati per la strada possono essere stati abbandonati, ma un portafoglio con del denaro o un braccialetto d'oro saranno stati smarriti. Ciò chiarito, cosa deve fare il ritrovatore? Secondo l'art. 927 in primo luogo deve restituire il bene al proprietario, ma se non lo conosce? Ci risponde sempre l'art. 927 secondo cui il ritrovatore deve consegnarla senza ritardo al sindaco del luogo in cui l'ha trovata, indicando le circostanze del ritrovamento. A questo punto il sindaco deve rendere noto il ritrovamento pubblicandolo nell'albo pretorio del comune (art. 928 c.c.). Da questa pubblicazione possono scaturire due eventi: 1. non si presenta nessuno a reclamare il bene entro un anno dalla pubblicazione: il bene diviene di proprietà del ritrovatore iure inventionis 2. il proprietario si presenta a ritirare la cosa o la somma smarrita: in questo caso deve pagare a titolo di premio al ritrovatore, se questi lo richiede, il decimo della somma o del prezzo della cosa ritrovata, ma se il valore del bene eccede 5,16 euro, il premio per il sovrappiù è solo del ventesimo.
7.3
Accessione unione e specificazione
Secondo l'art. 934 c.c. Qualunque piantagione, costruzione od opera esistente sopra o sotto il suolo appartiene al proprietario di questo, salvo quanto è disposto dagli articoli 935, 936, 937 e 938 e salvo che risulti diversamente dal titolo o dalla legge. In generale, e salve le ipotesi previste dallo stesso articolo 934, il suolo attrae tutto ciò che vi è sopra incorporato. In altre parole il proprietario del suolo è proprietario anche dei beni che lì si trovano, siano essi mobili o immobili. Da questa regola potrebbe sembrare che tutto quello che si trova sul fondo divenga del proprietario e se io lascio la mia bicicletta sul fondo altrui ne perderò la proprietà.
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In realtà non tutto quello che si trova sul suolo diviene del proprietario del fondo, ma solo quello che vi è incorporato, come, appunto, le piantagioni, le costruzioni e le altre opere che si trovino sopra (ma anche sotto) il suolo. Non perderò, quindi, la proprietà della mia preziosa bicicletta, ma se, per ipotesi, questa bicicletta viene saldamente connessa al suolo al fine di farne un monumento al ciclismo, ecco che la sua proprietà passa al proprietario del fondo. Di accessione si parla anche in generale per indicare tutti i casi di espansione della proprietà nel caso in cui una cosa sia unita materialmente in un'altra per fatto naturale o umano. Per stabilire quale bene attrae l'altro (o meglio a quale proprietario andrà la proprietà del bene) si ricorre al concetto della prevalenza. La cosa prevalente, e quindi principale, attrae la cosa secondaria, che è accessoria. Partendo da questo concetto generale di accessione, possiamo distinguerne diverse ipotesi nella sottostante tabella. L’accessione tra mobile a immobile è l'ipotesi dell'art. 934. Il suolo attrae le cose mobili e immobili incorporate ad esso mentre tra immobile a immobile è il caso di : 1. Alluvione: unioni di terra e incrementi, che si formano successivamente e impercettibilmente nei fondi posti lungo le rive dei fiumi o torrenti. Appartengono al proprietario del fondo; 2. Avulsione: un fiume o torrente stacca una parte considerevole e riconoscibile di un fondo contiguo al suo corso e la trasporta verso un fondo inferiore o verso l'opposta riva. Il proprietario del fondo al quale si è unita la parte staccata ne acquista la proprietà. Deve però pagare all'altro proprietario un'indennità nei limiti del maggior valore recato al fondo dall'avulsione; 3. Alveo abbandonato: se un fiume o un torrente forma un nuovo letto, abbandonando l'antico, il terreno abbandonato rimane assoggettato al regime proprio del demanio pubblico; 4. Isola formata nel fiume: le isole e unioni di terra che si formano nel letto dei fiumi o torrenti appartengono al demanio pubblico.
L’unione o commistione è se due cose mobili appartenenti a proprietari diversi sono state unite o mescolate in guisa da formare un sol tutto e non sono separabili senza un notevole deterioramento, la proprietà ne diventa comune in proporzione del valore delle cose spettanti a Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633)
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ciascuno, ma se una cosa può essere considerata principale rispetto all'altra o è di molto superiore per valore, il proprietario della cosa principale o di maggior valore acquista la proprietà del tutto, pagando però, all'altro proprietario il valore della cosa che vi è unita o mescolata (art. 939 c.c.) La Specificazione è nel caso in cui si adoperi della materia altrui per formare una nuova cosa, chi ha compiuto l'opera diviene proprietario della cosa dovendo solo pagare al proprietario della materia il suo valore. Se, però, il valore della materia sorpassi notevolmente quello della mano d'opera la cosa spetta al proprietario della materia, il quale deve pagare il prezzo della mano d'opera(art. 940 c.c.).
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8 Azioni a difesa della proprietà Occupiamoci ora di un argomento particolarmente delicato, stabilire cosa può fare il proprietario contro chi turbi o contesti il suo diritto. Il codice civile prevede diversi tipi di azione a seconda della turbativa subita dal proprietario, azioni lunghe e complicate che, pur garantendo la definitività del provvedimento del giudice, proprio per la loro complessità non sono idonee a garantire rapidamente le ragioni del proprietario. Il legislatore si è accorto del problema e ha previsto accanto alle azioni a difesa della proprietà, altre azioni che tutelano non tanto la proprietà, ma quella minore situazione chiamata possesso (art. 1140), che è una situazione di fatto che si manifesta in un'attività corrispondente all'esercizio della proprietà o di altro diritto reale. Come è facile intuire, però, le azioni a difesa del possesso possono fornire solo una tutela temporanea, perché bisognerà pur sempre accertare se il possesso sia conforme alla situazione giuridica che presuppone. Tenendo bene a mente quanto detto sopra, distinguiamo due tipi di azioni: • azioni possessorie: assicurano una tutela rapida al possessore ma provvisoria perché si potrà poi accertare se il possesso sia giustificato anche nella titolarità di un diritto reale; • azioni petitorie: sono le azioni a difesa della proprietà, lunghe e complesse, assicurano un accertamento definitivo della posizione del proprietario ora delle azioni petitorie previste dal codice agli articoli 948 e seguenti che sono: o l'azione di rivendicazione o l'azione negatoria o l'azione di regolamento dei confini o l'azione per apposizione dei termini
L’azione di rivendicazione è l'unica azione che il proprietario non possessore può esperire per recuperare la cosa posseduta o detenuta da altri. Questa azione è quindi possibile solo per chi, affermandosi proprietario, non solo vuole che si accerti questa sua qualità, ma vuole anche che la cosa sia recuperata da chi la detiene o possiede. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633)
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Si tratta, quindi, di un proprietario che ha perso o non è riuscito mai a conseguire il possesso del bene. L'azione è imprescrittibile perché è ugualmente imprescrittibile il diritto di proprietà, ma il proprietario potrebbe comunque non riuscire a raggiungere il suo scopo per effetto dell'usucapione che ha fatto acquistare il diritto ad altri. Dal punto di vista processuale osserviamo e ribadiamo che: 1. il proprietario non deve essere in possesso della cosa che vuole, appunto, recuperare; 2. può proseguire l'azione anche se chi la possiede o la detiene non ha più la cosa; in questo caso il convenuto ex possessore o detentore deve recuperare la cosa o corrisponderne il valore, oltre il risarcimento del danno; 3. l'azione è imprescrittibile; 4. se si tratta di bene immobile sono comunque salvi gli effetti della trascrizione (art. 2653 n. 1). 5. il proprietario deve provare il suo diritto. Proprio l'ultimo punto è l'elemento cruciale della azione di rivendicazione. Chi afferma di essere il proprietario non solo dovrà provare che è divenuto tale in base ad un valido titolo di acquisto, ma dovrà anche provare che ha ricevuto il diritto da chi era effettivamente proprietario e, per far questo, sarà necessario provare che il vecchio proprietario aveva ricevuto il diritto da chi era effettivamente proprietario e così di seguito in una catena di prove che dovrebbe giungere al primo ed incontestabile proprietario da cui è sorto a titolo originario il diritto di proprietà in contestazione nel processo. Non sfugge la enorme difficoltà di questo tipo di prova tanto che si parla di "probatio diabolica". Cosa deve fare allora il proprietario per evitare la probatio diabolica? Distinguiamo: se si tratta di bene mobile gli basterà provare il possesso in buona fede ex art. 1153 c.c., se si tratta di bene immobile, dovrà provare di aver acquistato a titolo originario anche mediante usucapione. L’azione negatoria è il rimedio concesso al proprietario che intende far accertare l'inesistenza di diritti affermati da altri sulla cosa o anche far cessare le molestie o turbative connesse con l'affermazione del diritto altrui sulla sua cosa. L'azione è ammessa quando un altro soggetto affermi di avere diritti sulla cosa o, addirittura, affermi di essere lui il proprietario. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633)
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Si ritiene che l'altrui vanto deve corrispondere alla affermazione di un diritto reale, visto che un diritto personale non può mettere in discussione la pienezza della proprietà. Se l'affermazione del diritto è accompagnata anche da turbative o molestie di fatto, il proprietario può chiedere che se ne ordini la cessazione e chiedere il risarcimento del danno. A differenza della azione di rivendicazione il proprietario non dovrà ricorrere alla "probatio diabolica" per dimostrare l'esistenza del suo diritto, bastando che dimostri di averlo ottenuto in base ad un valido titolo di acquisto. Presupposto processuale per adire il giudice è la serietà della minaccia portata da chi si afferma titolare del diritto sulla cosa; mancando quest'ultima il giudice non potrà far altro che giungere ad una sentenza puramente processuale, senza entrare nel merito della richiesta avanzata dal proprietario, per l'inesistenza dell'interesse ad agire ex art. 100 c.p.c. All’azione di regolamento di confini si può ricorrere quando il confine tra due fondi è incerto. Anche questa azione, come le altre già viste, riguarda la proprietà, poiché non si discute dei rapporti personali tra i proprietari, ma della esatta estensione della proprietà dei due fondi. Non vi è, quindi, alcuna controversia circa l'esistenza del diritto di proprietà sulla parte del fondo confinante, come potrebbe accadere nella azione di rivendica o negatoria, ma solo della estensione dello stesso proprio in base al titolo di proprietà. Le parti devono provare con ogni mezzo l'esatto confine, ma se non vi riescono il giudice dovrà comunque stabilire il confine in base alle mappe catastali. All’azione per apposizione dei termini si esperisce per far apporre i termini tra fondi contigui quando manchino o sono divenuti irriconoscibili. Questa azione, a differenza delle altre, non riguarda i rapporti tra i fondi, ma tra i proprietari dei fondi che non curano l'apposizione o la manutenzione dei termini. Questi sono quei segni di pietra o altra materia che servono a rendere riconoscibili i confini. Le spese per l'apposizione o il ristabilimento dei termini devono essere ugualmente ripartite tra i proprietari. La competenza spetta in via esclusiva al giudice di pace.
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