INSEGNAMENTO DI ISTITUZIONI DI DIRITTO PRIVATO I LEZIONE II
“REALTA’ SOCIALE E ORDINAMENTO GIURIDICO (B)”
PROF. DOMENICO RUGGIERO
Istituzioni di Diritto Privato I
Lezione II
Indice 1
Regole e principi ------------------------------------------------------------------------------------------ 3
2
La sanzione delle norme--------------------------------------------------------------------------------- 7
3
Diritto e morale ------------------------------------------------------------------------------------------- 9
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633)
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1 Regole e principi Le norme si distinguono in regole e principi: la regola è una norma che richiede un insieme sufficientemente specifico di comportamenti per la sua soddisfazione. La conseguenza è evidente: la regola può essere osservata o violata! Ad esempio, la norma secondo la quale è obbligatoria una determinata vaccinazione è regola che impone un comportamento e può essere o no rispettata: se la vaccinazione è eseguita, la regola è rispettata; se non è eseguita, la regola è violata. Il principio, invece, è una norma che serve ad imporre al massimo un valore. Sua caratteristica è la non definibilità in astratto della fattispecie alle quali è applicabile: esso è sempre applicabile ad una nuova fattispecie, non compresa in altre norme, quando la valutazione della nuova fattispecie riceva senso soltanto mediante la realizzazione di quel valore che il principio afferma. Il principio si attua non con un’unica intensità (si può essere più o meno liberi, eguali, protetti ecc.) e non con un’unica soluzione (si può essere liberi, eguali o protetti in vari modi, sottoponendosi a varie regole, scegliendo diverse soluzioni, conciliando o sacrificando alcuni e non altri interessi ecc.). In tal senso il principio è norma aperta ad una molteplicità di soluzioni. La norma che dica “occorre tutelare la salute di ciascuno” enuncia un principio, poiché non soltanto esiste una pluralità (pressocchè infinita e indefinibile a priori) di comportamenti che sono in grado di attuarlo (ad es., obbligando o imponendo con la forza una vaccinazione, migliorando le condizioni di vita, prevenendo con esami periodici ecc.), ma, soprattutto, ciascun comportamento protegge, a diversi livelli, la salute. Ogni regola è riconducibile almeno ad un principio. La regola riguarda un comportamento e lo valuta; questo, valutato positivamente, costituisce un modo di attuare il principio. La regola è quindi una scelta tra le molteplici opportunità di realizzazione del principio. Il principio connette una serie di regole tra loro e ciascuna ha un proprio ruolo nell’attuazione del principio. In tal modo il principio unifica le regole nel comune riferimento ad un valore, quello in esso affermato; assegna alle regole una direzione, un senso. Nessuna regola ha un senso se non sia riferita ad un principio. Quando la legge detta una regola – o insiemi complessi di regole – effettua una scelta sul modo di realizzare il comando contenuto nel principio. Nell’interpretazione di una regola (meglio: di una fonte del diritto dalla quale trarre, per via di interpretazione, una regola) si pone un duplice problema: se la regola sia congruente con il Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633)
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principio e se essa ne sia l’unica modalità di attuazione. La regola che non sia riconducibile in via immediata al principio e che costituisca una deviazione, giustificata in quella particolare fattispecie dalla priorità di altre valutazioni, è norma eccezionale. La regola che è valutata dall’ordinamento giuridico come la unica modalità di attuazione del corrispondente principio è norma inderogabile. La norma eccezionale non è applicabile oltre i casi e i tempi in essa considerati (14 dis. prel.); la norma speciale, invece, è dettata per materie particolari all’interno di un tipo più generale. Le regole speciali non sono necessariamente eccezionali: per essere tali non è sufficiente la particolarità della materia (ad es., il trasporto via mare, disciplinato dal codice della navigazione, rispetto alle regole generali del trasporto dettate dal codice civile), ma occorre che sussista un contrasto con il principio. La regola speciale (non quella eccezionale) può essere applicata per analogia. La distinzione tra specialità ed eccezionalità non è un “prima” ma un “dopo”, è una qualifica che si attribuisce soltanto mediante l’individuazione del contenuto della norma ed il raffronto con i principi generali, si da poter esprimere una valutazione sulla sua rilevanza nell’ambito del sistema. La norma eccezionale è una prescrizione dettata per problemi singolari nei quali il principio corrispondente incontra l’esigenza di altri principi – abitualmente con esso non concorrenti – che in quella ipotesi richiedono di volere o, semplicemente, è dettata per fattispecie atipiche nelle quali il principio corrispondente deve essere attuato mediante regole altrettanto atipiche. Un esempio per la prima ipotesi: una regola che vieti di vendere energia elettrica a un paese straniero con il quale vi è una crisi diplomatica e militare è una deviazione dal principio della libertà di scambi, il quale cede in favore del principio della pace nelle relazioni internazionali. Le regole che pongono sanzioni economiche sono giustificate se il paese straniero abbia messo in pericolo la pace e se le sanzioni siano uno strumento di dissuasione per evitare la soluzione della controversia con la guerra (11 Cost.). Il divieto di vendere energia elettrica è una regola eccezionale e non sarebbe possibile applicarlo per analogia al divieto di vendere medicinali (per di più la vendita di medicinali attua non soltanto il principio di libertà degli scambi ma anche quello di tutela della salute). Un esempio per la seconda ipotesi: la regola che vieta di uscire dai finestrini di un autobus è dettata per una situazione tipica e soddisfa il principio di tutela della salute. La regola che permette in ipotesi di incendio di rompere il finestrino con un apposito piccone per fuggire è eccezionale, attuazione atipica del medesimo principio. Non potrebbe analogicamente invocare questa regola chi desideri uscire più in fretta da un autobus affollato. L’eccezionalità o specialità di una norma non è una qualità intrinseca: dipende dal sistema (di norme) ove è inserita. Al mutare del sistema può mutare la qualificazione. Il divieto di atti Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633)
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emulativi (atti compiuti dal proprietario soltanto allo scopo di nuocere o molestare altri: 833) – considerato una norma eccezionale quando vigeva il principio ottocentesco dell’inviolabilità del diritto del proprietario (ogni limite legislativo al suo potere era quindi eccezionale) – non è eccezionale (e può essere applicato per analogia) nel vigente sistema, costruito sui principi costituzionali di solidarietà (2 Cost) e di funzionalizzazione della proprietà (42 Cost.). L’eccezionalità è questione di interpretazione: essa non è altro che la corretta individuazione della singolarità della relazione tra i molteplici principi coinvolti nella fattispecie concreta o della singolarità della relazione tra i molteplici principi coinvolti nella fattispecie concreta o della singolarità dell’attuazione del principio di una fattispecie atipica. Si che non è del tutto esatto discorrere di assoluto divieto di interpretazione analogica, come si fa usualmente. La norma eccezionale, in quanto singolare relazione tra regola e principi, è applicabile anche analogicamente all’interno del proprio contesto: in tutte le ipotesi ascrivibili a quella relazione o attuazione atipica è giustificabile l’applicazione analogica. Quando non sussistono le condizioni di eccezionalità prima illustrate, si applicheranno analogicamente le (altre) norme non eccezionali vigenti o si applicherà direttamente il principio. La medesima varietà di intrecci tra regole e principi si riscontra nella qualificazione delle norme inderogabili. La norma derogabile è applicabile salvo che la volontà dei privati non disponga diversamente, elaborando una regola diversa. La norma inderogabile non lascia questa libertà di scelta; se essa è violata, spetta al soggetto interessato (c.d. principio dispositivo) chiedere al giudice di applicare le sanzioni previste. La norma inderogabile è imperativa se il principio (o la combinazione di principi) ad essa riferibile si attua mediante il controllo immediato sull’attività di autoregolamentazione dei privati, incidendo sul potere di dar vita ad una fattispecie (che non abbia i requisiti richiesti dalla legge) o sul potere di predisporre la disciplina (inserendo clausole contrarie). La violazione di una norma imperativa provoca la nullità dell’atto salvo che la legge non disponga diversamente (1418). Una opinione diffusa, tuttavia, qualifica imperative soltanto le norme inderogabili che concernono la disciplina degli atti, non quelle che configurano la fattispecie. Anche la qualificazione di inderogabilità è non un “prima” ma un “dopo”, è il risultato di una complessa interpretazione la quale tiene conto dell’interesse e del valore tutelati dalla disposizione, della intensità della sua rilevanza e delle garanzie richieste affinchè sia concesso ai soggetti il potere di stabilire da sè le regole applicabili alle loro vicende. Poiché ogni principio ammette una pluralità di modalità di soddisfazione, vi è una pluralità di regole che – ciascuna riconducibile allo stesso principio – soddisfano a diversi livelli (“più” o “meno”) il valore affermato Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633)
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dal principio. Una norme è inderogabile se – per esplicita scelta legislativa (scelta legittima se congruente con il sistema costituzionale) o per effetto di (corretta) interpretazione – è l’unica modalità di attuazione del principio corrispondente. Tra l’inderogabilità assoluta e la totale derogabilità vi sono stati di inderogabilità di intensità diversa, giustificati dal diverso modo di comporsi degli interessi del concreto problema da regolare rispetto ad un determinato principio. L’esperienza legislativa conosce l’inderogabilità in peius: la norma stabilisce un livello minimo di tutela al di sotto del quale è vietato scendere, ma le parti restano libere di assicurare un risultato migliore, più favorevole di quello minimo garantito. Il lavoratore subordinato, ad esempio, ha diritto ad un giorno di riposo alla settimana (2109); la legge vieta di concordare una riduzione del tempo di riposo ma non un suo prolungamento. L’inderogabilità può riguardare il modo di conclusione di un contratto: una regola, inderogabile se il contratto è concluso in un certo modo, è derogabile se il contratto è concluso in altro (2113); talvolta è derogabile se un contraente è assistito da organizzazioni sindacali (45, l. 3 maggio 1982, n. 203): l’assistenza almeno nell’intenzione legislativa, vanifica la disparità di forza contrattuale che potrebbe indurre il contraente (in situazione di inferiorità economica o culturale) ad accettare un contratto a condizioni non convenienti. Il giudizio sull’inderogabilità o sul tipo di derogabilità è pertanto l’esito di un procedimento interpretativo circa le modalità di attuazione del principio in uno specifico contesto, valutando le opportunità di realizzazione del principio in uno specifico contesto, valutando le opportunità di realizzazione del principio in relazione con altri principi e con le concrete competenze, conoscenze, poteri e sfere di influenza proprie di ciascun soggetto.
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2 La sanzione delle norme Caratteristica fondamentale dell’ordinamento giuridico è che esso è normalmente obbligatorio, cioè vincolante per i consociati, con la conseguenza che la violazione di una regola importa una conseguenza, una sanzione. La violazione di una regola deve provocare delle conseguenze, altrimenti sarebbe soltanto simbolo di un valore non più osservato dalla comunità e configurerebbe una dissociazione tra ideale e realtà, inammissibile per il diritto. Si pone una regola affinché serva a qualcosa: la realizzazione della regola è garantita da sanzioni, positive e negative. Sanzione negativa – detta sovente “sanzione” senza altre qualificazioni – è conseguenza sfavorevole inflitta all’autore della violazione. Esclusa la pena restrittiva della libertà (tali regole non fanno parte del diritto civile, ma di quello penale), sono tipiche sanzioni civilistiche: il risarcimento del danno (il pagamento di una somma di denaro); l’esecuzione in forma specifica (la realizzazione di una situazione di fatto corrispondente a quella che si sarebbe determinata se la norma non fosse stata violata: ad es., far prelevare con l’aiuto della forza pubblica una valigia che non sia stata restituita dal deposito bagagli in violazione dell’obbligo proprio del custode); la clausola penale (l’accordo sulle conseguenze della violazione di un’obbligazione: 1382) e, almeno da un certo punto di vista, l’invalidità del contratto, mediante la quale si impedisce il raggiungimento di uno scopo quando questo sia stato perseguito violando determinate regole (ad es., la prescrizione secondo la quale la vendita di un edificio abusivo, costruito senza concessione edilizia è priva di effetti, configura una sanzione con la quale si impedisce al venditore di raggiungere lo scopo di trasferire la proprietà al fine di acquisire il prezzo). Sanzioni positive, invece, sono le conseguenze favorevoli (benefici) per l’agente, derivanti dall’osservanza di talune regole. Esempi tipici sono le leggi di incentivazione: si prescrive che gli investimenti industriali in una determinata zona abbiano una disciplina fiscale di favore. La coattività è un carattere dell’ordinamento giuridico nel suo complesso, non di ogni singola regola giuridica. Esempi di regole non coattive si riscontrano nell’ambito sia dei rapporti patrimoniali (ad es., nell’obbligazione naturale il debitore non può essere costretto ad adempiere, ma se adempie non può successivamente pentirsi e chiedere la restituzione di quanto adempiuto: 2034) sia, e soprattutto, dei rapporti non patrimoniali. Il dovere di fedeltà tra coniugi (143) non è certo Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633)
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coercibile mediante sanzioni quali l’esecuzione forzata in forma specifica. Dal complesso di valutazioni comprese nella regola della fedeltà coniugale – libertà, dignità, responsabilità, lealtà – emerge l’impossibilità di ricorrere a forme di privazione della libertà o di controllo poliziesco sul comportamento affettivo, ma anche la rilevanza di tali comportamenti nella valutazione giuridica delle conseguenze della crisi coniugale. Giuridicità non significa dunque soltanto potere di punire mediante la privazione della libertà (diritto penale) o del patrimonio (diritto privato nell’accezione tradizionale); il diritto ha molti modi di intervenire ognuno dei quali adeguato ai valori che la regola assume a parametro della propria valutazione (regolamentare i rapporti coniugali è cosa ben diversa dal regolamentare l’organizzazione di una società per azioni). Dalla varietà delle conseguenze con le quali il diritto positivo (cioè il diritto, prevalentemente scritto, posto da fonti predeterminante e riconoscibili) assicura il rispetto delle proprie disposizioni, si comprende che esso assolve una duplice funzione: a) mantenere semplicemente la conservazione delle situazioni presenti nella società, conformando le proprie regole a quelle sociali preesistenti; b) svolgere, sotto la spinta di interessi alternativi, una funzione di trasformazione dell’esistente, di modificazione della società.
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3 Diritto e morale La coercibilità che è elemento essenziale del diritto deve essere letta alla luce di un importante aspetto dell’ordinamento, la sua corrispondenza al comune sentire morale. È coercibile, vincolante, ma esso è osservato perché fondato sul consenso morale. Il diritto condivide con l’etica, l’economia, la religione e la sociologia l’attenzione rivolta a regole (condivise o contestate) diffuse in una determinata comunità. Distinguere le regole giuridiche da quelle sociali o morali è compito non semplice. Molteplici sono le opinioni, ispirate da ideologie, fedi, convinzioni filosofiche sul diritto o da posizioni politiche. Il problema di distinguere tra regole di diversa specie sorge storicamente quando la comunità riconosce al proprio interno una pluralità di autorità, ciascuna portatrice di uno specifico assetto ordinamentale. Il diritto fa parte di questo tessuto culturale e la distinzione delle sue regole dalle altre non va intesa come separazione da ogni altro aspetto della realtà. Il diritto che previene e compone i conflitti sociali ha anche un contenuto morale perché l’osservanza delle sue regole non sarebbe possibile se mancasse il consenso morale di fondo (quanto meno su ciò che ciascuno possa fare liberamente senza recare danno agli altri e sui modi di controllo del comportamento umano nelle sue infinite situazioni concrete). La comunità chiede a se stessa se il comportamento di qualcuno leda qualcun altro e se occorra fissare un modello di condotta da codificare in una norma affidata all’autorità di un potere costituito. Si passa dalla morale al diritto quando le questioni circa il mutamento della norma o la sanzione da comminare per l’ipotesi di sua violazione sono tanto rilevanti da non poter essere rimesse all’iniziativa spontanea e da chiedere uno stabile apparato, una specifica procedura e ulteriori regole di organizzazione le quali definiscano chi predispone il testo della regola, chi la interpreta, chi la applica, chi la esegue. Il discorso giuridico è dunque il discorso morale condotto con particolari procedure e con finalità di regolazione dell’intera comunità in modo non soltanto persuasivo ma anche coattivo. La morale è esigenza di interrogare la coscienza, di discutere la legittimità di una regola o la bontà di un’azione, di affidarsi ad un sistema nel quale le decisioni sono sempre rivedibili e manca un’autorità costituita, essendo tutto affidato alla persuasione ed alla osservanza spontanea; questa esigenza – nell quale è racchiuso il fascino della morale (libera ricerca del bene in una comunità ideale di uomini responsabili) – è soddisfatta soltanto se contemporaneamente sia istituito un potere organizzato, nel quale identificare le fonti dei comandi e i criteri per la loro applicazione. In sintesi: Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633)
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senza etica non v’è diritto ma la considerazione morale della convivenza richiede la presenza del diritto. Il discorso giuridico è sempre sociale ed è rivolto alla comunità, affinchè chiunque ne faccia parte possa assumerlo a giustificazione dell’agire; il discorso morale è individuale con riflessi sociali, affinchè ciascuno giustifichi la libertà di un comportamento che altri possono non condividere o non seguire. Diritto e morale sono quindi complementari. La loro distinzione dipende dal grado di complessità, oggettività e pubblica controllabilità dei procedimenti con i quali le regole si creano, modificano, abrogano e applicano e con i quali si definiscono ed eseguono le sanzioni per la loro inosservanza. Vengono meno altri criteri di distinzione tra diritto e morale, in particolare quello fondati sul contenuto o sulla forma della regola. Quanto al primo, non esistono contenuti intrinsecamente morali o giuridici, né materie morali impossibili da trattare secondo diritto. “Non rubare” o “rispetta le promesse” sono imperativi morali e giuridici. La differenza consiste soltanto nella necessità di definire in anticipo l’ambito di applicazione, cioè le ipotesi nelle quali la regola possa essere violata (ad es., per salvare la propria o l’altrui vita), quali siano le sanzioni, come si possa graduare l’intensità e fissare il risarcimento del danno. Rilevante, inoltre, è il contesto nel quale si pone la regola: indicare a quale ora del giorno si possa passeggiare o mangiate in compagnia è, a casa nostra o dei nostri ospiti, regola sociale (di etichetta) ma è regola giuridica in un carcere o in una caserma. Quanto alla forma: si è sostenuto che le regole morali non sono rispettate se manca la convinzione interiore circa la sua bontà o giustezza. Questa distinzione tuttavia è connessa ad una concezione del diritto quale formale meccanismo di ordine privo di sostanza, idoneo a raccogliere qualsiasi contenuto. In realtà la morale si occupa di questioni che radicano l’identità della vita comune (ad es., aborto, sperimentazione medica, eutanasia ecc.) e il diritto affronta i problemi morali con le proprie forme di argomentazione. Abbandonare i propri figli è illecito morale e giuridico, senza che sia rilevante l’atteggiamento interiore; le regole morali sull’aborto o sui trapianti richiedono comportamenti, non mere convinzioni interiori. La congruenza tra morale e diritto giustifica il richiamo di norme morali entro l’ordinamento giuridico: regole giuridiche dispongono che la violazione di una regola morale rende invalido il contratto (illiceità per contrarietà al buon costume: 1343) o impedisce di chiedere la restituzione di una prestazione quando l’immoralità sia bilaterale (di chi effettua e di chi riceve la prestazione : 2035); viceversa, la conformità ad una regola morale giustifica un’attribuzione patrimoniale (non può essere chiesta la restituzione del bene o, in genere, del valore economico che sia stato liberamente trasferito in conformità ad un dovere morale: 2034). Ciò dimostra che regole morali e Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633)
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giuridiche spesso sono tra loro in concorso; i comportamenti che incidono sul senso della vita richiedono che la disciplina idonea ad attuarli sia affidata anche a regole morali in concorso con quelle giuridiche.
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