INSEGNAMENTO DI ISTITUZIONI DI DIRITTO PRIVATO I LEZIONE VII
“GLI ELEMENTI ACCIDENTALI E LA PATOLOGIA DEL NEGOZIO GIURIDICO” PROF.SSA ANNAFLORA SICA
Istituzioni di Diritto Privato I
Lezione VII
Indice 1
Gli elementi accidentali --------------------------------------------------------------------------------- 3
2
La condizione ---------------------------------------------------------------------------------------------- 4
3
Il termine --------------------------------------------------------------------------------------------------- 9
4
Il modus -------------------------------------------------------------------------------------------------- 11
5
Inesistenza, nullità ed annullabilità del negozio giuridico -------------------------------------- 12
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633)
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1 Gli elementi accidentali Abbiamo visto quali sono gli elementi che necessariamente devono esistere in un negozio giuridico senza i quali è nullo. Oltre a questi elementi essenziali, le parti sono libere di apporre al negozio delle clausole che ne condizionano l'efficacia o il tempo oppure il modo dell'adempimento. Le clausole più usate sono, appunto, la condizione, il termine ed il modo. Attraverso queste clausole si permette ai motivi, che normalmente sono irrilevanti, di entrare a far parte del regolamento negoziale. Non tutti i negozi giuridici, però, sopportano gli elementi accidentali; abbiamo, infatti, una categoria di atti detti "Acti Legitimi" che non tollerano l'apposizione di tali elementi come nel caso del matrimonio che non può essere sottoposto a condizione o a termine. È da osservare rispetto a tali atti, che in alcuni casi l'apposizione dell'elemento accidentale non comporta la nullità dell'intero negozio giuridico, come nell'esempio già fatto del matrimonio (vitiatur, sed non vitiat), mentre in altri casi apposizione di un elemento accidentale comporta la nullità dell'intero negozio giuridico come nel caso previsto dall'articolo 475 c.c. relativo all'accettazione ereditaria.
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2 La condizione E’un avvenimento futuro ed incerto dal cui verificarsi le parti fanno dipendere l'inizio o la cessazione degli effetti di un negozio giuridico ( articolo 1353 c.c.) Caratteri essenziali: la condizione produce i suoi effetti sull'efficacia del negozio e non sulla sua validità l'efficacia del negozio è subordinata al verificarsi di un evento che si identifica con la condizione stessa l'evento per essere definito " condizione " deve essere futuro ed incerto
Da quanto detto risulta ben chiaro che non può essere condizione un avvenimento presente anche se le parti ignorino il suo verificarsi, oppure un evento futuro ma certo. È facile, infatti, confondere la condizione con il termine che fa anche riferimento ad un evento futuro ma certo. La condizione determina l'efficacia del negozio; l'articolo 1353 del codice civile fa riferimento, in realtà, a due tipi condizione, la condizione sospensiva e la condizione risolutiva. La condizione sospensiva è quella da cui dipende l'efficacia del negozio ad esempio:" ti darò 100 se verrà la nave dall'Asia". È chiaro che fino a quando non sarà giunta la nave non darò quello che avevo promesso La condizione è risolutiva quando gli effetti del negozio si producono fino al verificarsi della condizione, ad esempio: " ti permetto di occupare il mio appartamento fino a quando mi sposerò". È chiaro che in questo caso l'avverarsi della condizione risolverà il contratto di comodato che avevo stipulato Altre distinzioni possano utilmente farsi relativamente alla condizione, anche se meno importanti delle precedenti; abbiamo, ancora: •
condizione affermativa: se la situazione si modificherà in seguito all'avveramento della condizione, esempio: " ti darò 100 se verrà la nave dall'Asia"
•
condizione negativa: se la situazione rimarrà immutata in seguito all'avveramento della condizione, esempio: " ti darò 100 se non partirai"
•
condizione casuale: se il fatto dipende dal caso o da terzi
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•
condizione potestativa: se il fatto dipende dalla volontà di una delle parti
•
condizione mista: se il fatto dipende dalla volontà di una delle parti e dal caso
Di tutte le ipotesi di condizione riportate, sicuramente la più interessante è quella che riguarda la condizione potestativa. Abbiamo detto, infatti, che questa si ha quando l'avvenimento oggetto della condizione dipende dalla volontà di una delle parti, come nel caso in cui stabiliamo che ti assuma al mio servizio nel caso in cui acquisti un nuovo appartamento. Questa condizione è perfettamente valida, ma l'articolo 1355 del codice civile chiaramente dispone la nullità di una alienazione o dell'assunzione di un obbligo che dipenda da una condizione sospensiva subordinata alla semplice volontà di chi deve vendere o di chi deve assumersi l'obbligo; è questa la condizione meramente potestativa che, se apposta, rende nullo l'intero negozio; la ragione della nullità è semplice: l'ordinamento non può conferire validità a negozi giuridici che dipendano dalla semplice volontà di un soggetto, come, ad esempio, ti darò 100 se vorrò o (che è lo stesso) se mi leverò il cappello La condizione, come abbiamo visto, è una delle clausole più frequentemente usate dai soggetti di un negozio giuridico, elemento accidentale che si liberi di apporre o meno; ciò però, non deve far credere che il potere di soggetti sia illimitato anche in merito al tipo di condizione, perché attraverso questo elemento si potrebbe facilmente eludere divieti imposti dall'ordinamento, oppure dare validità a negozi giuridici che, per il modo in cui vengono usati, non avrebbero alcun riconoscimento da parte dell'ordinamento giuridico; chiariamo quindi il nostro discorso cominciando a considerare in quali casi non si riconosce validità alla condizione, situazioni che possono portare a travolgere l'intero negozio giuridico. •
Condizione illecite- sono quelle contrarie a norme imperative all'ordine
pubblico e al buon costume. Questo tipo di condizioni rendono nullo il contratto cui sono apposte, come ad esempio nel caso in cui io mi impegni a vendere un appartamento a condizione che l'acquirente mi permetta la spaccio di droga in una stanza dello stesso. Diversamente, però, bisogna ragionare nel caso in cui la condizione sia apposta in negozi mortis causa; in quest'ultimo caso la condizione illecita non rende nullo il negozio, ma si considera non apposta (art. 634 c.c.) come ad esempio nel caso in cui si dica " nomino mio erede Tizio se ucciderà Caio ".
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Anche in questo caso, però, la condizione può rendere nullo l'intero negozio quando sia stata l'unico motivo che ha determinato il testatore a disporre (art. 626 c.c.) •
Condizioni impossibili- solo quelle che non hanno alcuna possibilità di
realizzarsi; esempio tipico " ti darò 100 se toccherai il cielo con un dito ". Anche in questo caso bisogna distinguere tra negozi inter vivos e mortis causa; nei primi la condizione renderà nullo l'intero negozio, mentre nei negozi mortis causa si avrà per non apposta a meno che non sia stato l'unico motivo che ha spinto il testatore a disporre. Sempre in merito alle condizioni impossibili bisogna distinguere il caso della condizione sospensiva da quello della condizione risolutiva;la prima, se impossibile, comporta la nullità dell'intero contratto mentre la seconda non influisce sulla sua validità. Un esempio chiarirà come mai esiste questa differenza: " ti darò 100 se toccherai il cielo con un dito ". In questo caso è evidente per quale motivo la condizione rende nullo l'intero negozio. Condizione risolutiva impossibile: " continuerai abitare della mia casa sino a quando toccherai il cielo con un dito ". Qui il contratto è perfettamente valido in quanto intendo consentire, in realtà, l'uso perpetuo della mia abitazione. La condizione illecita o impossibile può essere apposta anche ad un patto contrattuale e non a tutto l'intero negozio; in questo caso vi sarà la nullità della singolo patto a meno che risulti che le parti non avrebbero concluso quel contratto senza il patto reso nullo dalla condizione (art. 1419 c.c.). Come ormai risulta evidente la condizione, come del resto anche il termine, risulta legata allo scorrere del tempo. Abbiamo quindi due periodi relativi alla vita della condizione: la fase di pendenza della condizione in cui esiste una situazione di incertezza circa il suo avveramento e la fase di avveramento o di mancanza della condizione, in questi casi è la situazione di incertezza cessa Durante la fase di pendenza esiste una situazione di incertezza. Nel caso di condizione sospensiva, infatti, il diritto non è ancora nato ma potrebbe nascere; nel caso di condizione risolutiva il diritto esiste ma potrebbe essere posto nel nulla in seguito all'avveramento della condizione.
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Esiste, quindi, una situazione a favore di colui che sarebbe avvantaggiato dall'avveramento della condizione, situazione che non può essere equivalente ad un diritto ma a qualcosa di meno, una aspettativa, una aspettativa all'acquisto del diritto. Proprio per tutelare questa aspettativa il codice civile all'articolo 1356 permette al titolare in attesa di avveramento della condizione di poter compiere atti conservativi; potrebbe ad esempio chiedere che si provveda alla custodia dei beni. Del resto durante la pendenza alla condizione la parte che ancora è titolare del diritto deve comportarsi secondo buona fede, proprio per evitare di danneggiare le ragioni di colui che si trova in una situazione di aspettativa. In ogni caso è pur sempre vero che sino a quando non si verificherà la condizione, il titolare del diritto condizionato potrà anche disporne vendendo, per esempio, il bene oggetto del diritto stesso (art. 1357 c.c.). Se però la condizione si verifica, l'atto di disposizione sarà inefficace anche nel caso in cui si sia stabilito che la condizione non abbia efficacia retroattiva a norma dell'articolo 1360 del codice civile. La condizione si considera avverata quando si verifica l'evento dedotto, è giunta la nave dall'Asia, si è superato l'esame diritto privato e così via. Come si vede si tratta di un evento realmente verificatosi che produce anche degli effetti giuridici. In un caso però, si considera avverata la condizione anche quando non sia verificato l'evento dedotto, quando, cioè, la condizione non si sia verificata per fatto imputabile a chi aveva un interesse contrario al suo avveramento (art. 1359 c.c.), come nel caso di chi, invece di aspettare tranquillamente che giunga la nave dall'Asia, si adoperi per farla affondare. In tale ipotesi il già ricordato articolo 1359 del codice considera la condizione come avverata, considera quindi come se la nave fosse effettivamente giunta nel porto. Avveratasi la condizione si producono tutte le conseguenze del negozio condizionato, ma tali conseguenze non si producono dal momento in cui si è verificata la condizione, ma dal momento in cui si è stipulato il negozio. È quindi vero che la condizione ha efficacia retroattiva nel senso che gli effetti dell'avveramento retroagiscono sino al momento in cui è stato concluso il contratto (art. 1360 c.c.). Un esempio chiarirà meglio il concetto
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Se ho sottoposto a condizione un contratto di compravendita concluso il 18 di aprile e la condizione si è verificata il 7 luglio, l'acquirente diverrà proprietario del bene dal 18 di aprile e non dal 7 luglio. Si parla in questi casi di retroattività reale, perché questa opera ipso iure ed ha effetti erga omnes. In ogni caso, però, le parti possono stabilire un diverso termine di efficacia del contratto e se la condizione è risolutiva ed apposta ad un contratto ad esecuzione continuata o periodica (come l'abbonamento ad una rivista), l'avveramento della condizione, salvo patto contrario, non ha effetto sulle prestazioni già eseguite. Se, quindi, m'impegno a fornire settimanalmente un giornale fino a quando verrà nave dall'Asia, all'avveramento della condizione non dovrò restituire tutti i soldi che ho ricevuto per l'abbonamento. Consideriamo ancora che la retroattività non pregiudica la validità di atti di amministrazione compiuti dalla parte a cui, in pendenza la condizione, spettava l'esercizio del diritto; anche i frutti prodotti dalla cosa dovranno essere consegnati al nuovo titolare del diritto solo al momento dell'avveramento della condizione e non dalla data di stipulazione del contratto (art. 1361 c.c.).
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3 Il termine Il termine di efficacia è un avvenimento futuro e certo dal quale o fino a quale si producono gli effetti di un negozio giuridico, il termine di adempimento o di scadenza invece, si riferisce sempre ad un evento futuro e certo ma serve a differire nel tempo l'adempimento di una obbligazione. Nel termine di efficacia il diritto nasce o cessa di esistere nel giorno indicato dal termine. Per esempio, stabiliamo che il 15 aprile ti darò locazione la mia casa per un anno. In questo caso il diritto nascerà il 15 aprile e cesserà alla mezzanotte del 15 aprile dell'anno successivo. Abbiamo quindi un termine iniziale ed un termine finale. Nel termine di adempimento o di scadenza non si fa questione circa l'esistenza del diritto che è certo sin dal momento in cui raggiungiamo l'accordo, ma ci limitiamo semplicemente a differirne l'adempimento. Le regole previste per il termine a volte si riferiscono al termine di scadenza, altre volte al termine di efficacia a volte, infine, ad entrambi; per evitare confusione specificheremo quando ci riferiamo all'uno o all'altro termine; se, invece, ci riferiamo al termine senza null'altro indicare, vogliamo dire che la regola si adatta ad entrambe le ipotesi. Il termine al pari della condizione si riferisce ad un evento futuro, ma, a differenza di questa, certo. Avremo, quindi, termine sia nel caso in cui si sappia esattamente quando si verificherà l'avvenimento (ad es. il 15 marzo) sia nel caso in cui non si sappia quando si verificherà (ad es. il giorno della morte di Tizio); ciò perché l'elemento caratterizzante del termine è la certezza. Vediamo ora come si computa il termine. Secondo l'articolo 2963 del codice civile i termini si computano secondo il calendario comune, cioè secondo il calendario gregoriano. Se il termine è indicato in anni, mesi o giorni, questo si compie allo scadere dell'anno del mese o del giorno indicato. Se quindi, ad esempio, si indicherà il mese di febbraio come termine, questo si intende scaduto il 28 di febbraio non avendo alcuna rilevanza la minore durata del mese di febbraio rispetto gli altri mesi dell'anno.
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I giorni si calcolano sempre tutti interi, cioè dalla mezzanotte alla mezzanotte, è non da un ora all'altra; se quindi alle sei del pomeriggio ci accordiamo che domani mi restituirai la cosa, vorrà dire che avrai tempo sino alla mezzanotte di domani per la restituzione e non fino alle 6. Non si calcola il giorno nel corso del quale cade il momento iniziale del termine, in altre parole non viene calcolato il giorno iniziale (dies a quo) mentre è calcolato il giorno finale (dies ad quem); se il 15 luglio che dovrai restituirmi la cosa fra dieci giorni, intendiamo dire che il termine scadrà alla mezzanotte del 25 luglio. Si potrebbe obiettare che in realtà è stato contato il termine iniziale del 15 luglio, ma a guardare bene se avessimo contato anche il 15 luglio i giorni non sarebbero più 10 ma 11 . Se il termine cade in un giorno festivo è prorogato di diritto al giorno seguente non festivo. Il termine differisce dalla condizione per consiste nel suo carattere di certezza. In questa ottica si capisce come mai il termine non ha efficacia retroattiva, a differenza di quanto accade nella condizione che, se avverata, rende il diritto esistente sin dal giorno in cui è stato posto in essere negozio condizionato. Nel caso del termine di efficacia, invece, il diritto esiste o cessa di esistere alla scadenza del termine. Non è quindi il caso di far riferimento ad alcuna retroattività vista la certezza momento in cui si produrranno o cesseranno di prodursi gli effetti del negozio. Il termine di scadenza può essere stabilito a favore del debitore, come accade di solito, o del creditore; in quest'ultimo caso il creditore potrà chiedere l'adempimento anche prima della scadenza del termine. Se invece è stabilito a favore del debitore, il creditore non potrà chiedere l'adempimento prima alla scadenza. Tuttavia, se il debitore paga prima della scadenza, non potrà ripetere quanto pagato e ciò perché il diritto del creditore era già esistente ma s'era differito solamente l'adempimento (articolo 1185 c.c.). In certi casi, però, il debitore perde beneficio del termine di scadenza, quando cioè si trovi in condizioni tali che il passare del tempo mette in pericolo l'adempimento dell'obbligazione. Ciò accade, secondo l'articolo 1186 del codice civile, quando il debitore è divenuto insolvente (caso tipico è quello del fallimento), oppure quando ha volutamente diminuito le garanzie che aveva dato per l'adempimento o, infine, non ha fornito quelle promesse. Se per l'obbligazione non è stato stabilito alcun termine di adempimento, vuol dire che il creditore potrà chiedere l'adempimento nel momento che riterrà più opportuno, a meno che per la natura della obbligazione con per gli usi sia comunque necessario un termine che, in caso di disaccordo fra le parti, sarà determinato dal giudice. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633)
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4 Il modus Il modo, o onere, è un peso imposto dall'autore di un atto liberalità sul beneficiario dell'atto stesso. Di solito quando si pone in essere un atto di liberalità, per esempio una donazione, non si pretende nulla dal beneficiario dell'atto; tuttavia, in certi casi, l'autore dell'atto può volere qualcosa dal beneficiario, potrebbe stabilire, ad esempio, che il beneficiario della donazione di una casa dovrà erigere nel giardino una statua del donante. Non bisogna però confondere in modo con la condizione; il donante, infatti, non dice: "ti darò la mia casa a condizione che mi erigerai la statua"ma dice: " ti ho donato la casa, e se la accetti dovrai costruire una statua nel giardino". Di conseguenza il modo obbliga semplicemente il beneficiario, ma non sospende l'efficacia dell'atto di liberalità. Potrebbe darsi che l'autore dell'atto di liberalità imponga un onere eccessivamente gravoso per il beneficiario; in questo caso il beneficiario non è tenuto all'esecuzione dell'obbligo oltre il valore di ciò che ha ricevuto. Nel caso in cui il modo fosse impossibile o illecito, si ha per non apposto, salvo che non risulti essere l'unico motivo che ha determinato la liberalità. Se, infine, il beneficiario non adempie l'onere, chiunque ha interesse può agire per il suo adempimento. In ogni caso, però, inadempimento dell'onere non comporta la risoluzione del negozio, a meno che questa non sia stata prevista come conseguenza dell'inadempimento.
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5 Inesistenza, nullità ed annullabilità del negozio giuridico Un negozio è inefficace quando non produce effetti sia nei confronti di tutti i soggetti dell'ordinamento sia nei confronti di alcuni soggetti determinati (inefficacia relativa ). Ci occupiamo dell'inefficacia in occasione dello studio della patologia del negozio giuridico, anche se un negozio inefficace non è necessariamente affetto da una patologia. Ci interessa invece mettere in evidenza questa categoria giuridica in modo da chiarirne le differenze con la nullità e l'annullabilità. Abbiamo visto che un negozio è inefficace quando non produce effetti; questo però non vuol dire che tutti negozi inefficaci sono invalidi come non è sempre vero che tutti i negozi validi sono efficaci L'inefficacia è, infatti, una situazione in cui un negozio giuridico non produce effetti. Ciò può accadere per volontà delle parti, come nel caso in cui si sia apposta una condizione sospensiva ad un negozio giuridico. Altre volte può verificarsi perché il negozio giuridico, pur essendo perfetto in tutti i suoi elementi, è stato posto in essere con l'intenzione di danneggiare i creditori; anche in questo caso il negozio non è nullo né annullabile, poiché perfetto in tutti i suoi elementi, ma è semplicemente inefficace nei confronti dei creditori che hanno agito con l'azione revocatoria (inefficacia relativa o inopponibilità). In altri casi accade invece che un negozio invalido sia efficace. Pensiamo al caso che vedremo di qui a poco dell'annullabilità; qui negozio è invalido per un vizio causato, ad esempio, da dolo, ma già sappiamo che sin quando il raggirato non agirà per far dichiarare l'annullabilità di quel negozio questo sarà perfettamente efficace. Solo in un caso l'inefficacia non si distingue dalla invalidità, e ciò accade quando il negozio è viziato da nullità. In questo caso il negozio nullo non produce alcun effetto ed è quindi anche inefficace, ma l'inefficacia è solo la conseguenza della nullità e non si identifica in essa rimanendo comunque concetto autonomo rispetto a quello della nullità. La nullità è la conseguenza voluta dall'ordinamento in seguito ad un vizio particolarmente grave che colpisce un negozio giuridico; tale vizio può consistere nella mancanza di un elemento Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633)
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essenziale, nella illiceità del negozio, della causa o dei motivi o infine per mancanza dei requisiti relativi all'oggetto. La nullità può essere anche prevista in altri casi previsti dalla legge. Conseguenza della nullità sarà inefficacia del negozio giuridico La nullità è la patologia più grave che può colpire un negozio giuridico in quanto ne provoca l'assoluta mancanza di efficacia. Scendendo su un piano " medico " potremmo dire che il negozio giuridico è nato morto, mentre commetteremmo un errore se pensassimo che il negozio sia nato vivo e poi successivamente morto. Con ciò si vuol dire che un negozio nullo è come se non fosse mai nato e, quindi, tutto quello che è stato dato in base a questo negozio potrà essere ripetuto. L'articolo fondamentale che ci illustra il concetto di nullità è il 1418 del codice civile. Dalla sua lettura possiamo agevolmente dividere i casi di nullità in quattro grandi categorie: 1. atto nullo perché contrario a norme imperative In questo caso la contrarietà di un atto ad una qualsiasi norma imperativa ne comporterà automaticamente la nullità. Stabilendo in generale la nullità degli atti contrari a norme imperative, il legislatore ha inteso comminare questa sanzione anche quando la nullità dell'atto non sia espressamente prevista da una norma. È chiaro che per poter applicare adeguatamente il precetto contenuto dell'articolo 1418 c.c. sarà necessario verificare se la norma violata dall'atto sia o meno imperativa 2. atto nullo poiché manca di uno degli elementi essenziali del negozio giuridico Sono i casi previsti dall'articolo 1325 c.c. relativi agli elementi essenziali del negozio giuridico. Sappiamo che la mancanza di uno di questi elementi comporterà la nullità del negozio mentre, con riferimento ai contratti, si avrà comunque nullità quando, oltre alla mancanza degli elementi previsti dall'articolo 1325 c.c., il contratto avrà l'oggetto mancante, impossibile, illecito indeterminato o indeterminabile 3. atto nullo perché illecito In questo caso il negozio è nullo perché la causa è contraria a norme imperative all'ordine pubblico o al buon costume o perché illeciti sono i motivi quando le parti di Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633)
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un contratto si sono determinate a concluderlo per un motivo illecito comune ad entrambe 4. atto nullo perché contrario ad una specifica norma di legge A differenza del primo caso, qui per aversi nullità sarà necessario che la legge la preveda specificamente come sanzione per il compimento del negozio. La nullità potrà scaturire sia dalla violazione di una norma del codice civile sia dalla violazione di norme contenute in leggi speciali. La nullità può colpire l'intero negozio o una sua parte oppure, ancora, singole clausole. Si parla in tutti questi casi di: •
nullità totale quando investe l'intero negozio
•
nullità parziale quando investe parti o clausole del negozio. In questo caso il negozio è nullo solo se i contraenti non l'avrebbero concluso senza quella parte o clausola colpita da nullità (art. 1419 c.c.). Non si verifica la nullità quando le singole clausole nulle sono sostituite di diritto da norme
imperative. Per stabilire quando la nullità di singole clausole (o parti del) negozio comporti la nullità dell'intero negozio sarà quindi necessario andare a ricercare l'intenzione delle parti, l'intenzione comune nel caso di contratti. Tale intenzione sarà desunta dal loro comportamento e non certo da sottili indagini psicologiche; in altre parole bisognerà verificare se dal contegno delle parti sarà oggettivamente possibile risalire alla loro intenzione secondo i principi della buona fede e dell'affidamento. Precisiamo, ancora, che nel caso in cui vi sia nullità parziale, comunque residuerà un negozio giuridico perfetto del tipo voluto dalle parti, e non un altro tipo di negozio come invece accade nell'ipotesi apparentemente simile relativa alla conversione del negozio nullo. L’azione di nullità è l'azione con cui si intende far dichiarare dal giudice la nullità di un negozio giuridico. Abbiamo già detto che un negozio giuridico nullo è come se non fosse mai venuto in esistenza. Il più delle volte, tuttavia, materialmente esiste un negozio giuridico, seppur nullo, ed una delle parti potrebbe chiedere all'altra che vi sia data esecuzione. Proprio per evitare incertezze circa il vizio che affligge il negozio ci si può rivolgere al giudice affinché questo accerti la nullità.
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L'azione volta a far dichiarare la nullità di negozio giuridico presenta alcune caratteristiche peculiari che il codice civile ci illustra agli articoli 1421 e 1422. Vediamole analiticamente: •
Legittimazione all'azione di nullità : la nullità può essere fatta valere da chiunque vi abbia interesse. In alcuni casi in cui la legge limita la legittimazione a far valere la nullità del negozio si parla di nullità relativa anche se tale figura è contestata da parte della dottrina
•
Natura dell'azione volta a far valere la nullità: l'azione è di accertamento in quanto il giudice non fa altro che dichiarare una situazione già esistente
•
Rilevabilità d'ufficio della nullità: la nullità del negozio giuridico può esser fatta valere in giudizio non solo dalle parti ma anche dal giudice anche se non vi sia stata specifica richiesta proveniente da una delle parti.
•
Impossibilità di sanatoria: il negozio nullo non può essere sanato attraverso un negozio di convalida.
•
In alcuni casi però la legge prevede la sanatoria di negozio nullo come il caso di nullità delle società per azioni ex articolo 2332 c.c.
La conversione del negozio nullo è l'ipotesi in cui le parti stipulino un contratto ignorando la causa di nullità. Se questo negozio nullo contiene in sé i requisiti di sostanza e di forma di un diverso negozio valido, si convertirà automaticamente nel negozio valido quando le parti lo avrebbero comunque voluto se avessero conosciuto la causa di nullità del negozio invalido. Abbiamo, in primo luogo, un negozio nullo. Questo negozio contiene gli elementi di diverso negozio valido (ad esempio un contratto che regola il diritto di servitù nullo per difetto di forma può contenere gli elementi di diritto personale di passaggio). Le parti nello stipulare il negozio non erano a conoscenza della causa del nullità (ad esempio, la mancanza della forma scritta). Dallo sviluppo delle trattative e da tutti gli altri elementi oggettivi si giunge a desumere che le parti avrebbero stipulato il diverso contratto valido se avessero conosciuto la causa di nullità del negozio nullo; si fa riferimento, cioè, ad una ipotetica volontà delle parti.
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In presenza di tutte queste condizioni il contratto nullo si converte automaticamente nel minore contratto valido. Non bisogna confondere la conversione del negozio nullo con la conversione formale; quest'ultima opera in maniera automatica quando un negozio giuridico può essere compiuto validamente in più forme. Se è nulla la forma prescelta il negozio può assumere la diversa forma valida; se, ad esempio, un atto pubblico non è stato posto in essere secondo le formalità prescritte dalla legge, potrà valere come scrittura privata sempreché, beninteso, sia stato redatto in forma scritta ( articolo 2701 c.c.). Non si deve confondere, ancora, la conversione del negozio nullo con la rinnovazione; quest'ultima si ha con la formazione di un nuovo negozio per quanto possibile identico al precedente ma senza il vizio che ha causato la nullità; ad esempio negozio stipulato verbalmente relativo a beni immobili viene rinnovato in forma scritta. Abbiamo visto che un negozio nullo non produce alcun effetto; nella gran parte dei casi, però, la nullità del negozio non è subito evidente ed accade spesso che siano compiute attività giuridiche e materiali in base al negozio affetto da nullità. Se sono state eseguite delle prestazioni in base ad un negozio nullo se ne potrà pretendere la ripetizione e, d'altro canto, non si potrà chiedere l'esecuzione di un contratto nullo. È vero infatti che non solo è imprescrittibile l'azione volta a far dichiarare la nullità di negozio giuridico, ma è altrettanto imprescrittibile la relativa eccezione. In altre parole in qualsiasi momento di fronte ad una richiesta di esecuzione di negozio nullo, ci si potrà opporre eccependo la nullità del negozio. Più volte si è affermato che il negozio nullo è come se non fosse mai esistito. Esistono dei casi, però, dove l'applicazione di questa regola potrebbe portare a conseguenze assai gravi o ingiuste. Pensiamo al caso del lavoratore che in buona fede abbia prestato la sua attività lavorativa in base ad un contratto nullo. Applicando le regole che abbiamo sopra ricordato, al lavoratore non spetterebbe alcun compenso per l'attività svolta; per evitare queste conseguenze la legge dispone (art. 2126 c.c.), che la nullità del contratto di lavoro non produce effetto per il periodo in cui il rapporto ha avuto esecuzione; in altre parole la dichiarazione nullità non ha in questi casi efficacia retroattiva.
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Altra deroga alla disciplina generale la troviamo in tema di società per azioni dove la dichiarazione di nullità dell'atto costitutivo non ha efficacia retroattiva e ciò per salvaguardare i creditori della S.p.a. L'annullabilità è una forma meno grave di invalidità rispetto alla nullità grazie alla quale si permette al soggetto che è stato danneggiato da un negozio giuridico viziato, per la violazione di norme poste per la sua tutela, di impugnarlo e di farne cessare l'efficacia. Come si vede dalla definizione l'annullabilità si distingue profondamente dalla nullità. Sappiamo infatti che il negozio nullo è come se non fosse mai nato. Conseguenza di ciò sarà la totale mancanza di effetti del negozio affetto da nullità. La situazione giuridica è invece completamente diversa nel caso dell'annullabilità. Il negozio annullabile non è " nato morto " ma è " nato malato " nel senso che è comunque fornito di vitalità e potrà sia guarire dalla malattia che lo affligge sia morire in seguito ad essa. Questa metafora rende bene l'idea delle conseguenze che scaturiscono dalla annullabilità. Il negozio annullabile è quindi produttivo di effetti, come il malato è comunque vivo, ma questi effetti possono essere posti nel nulla dall'impugnazione da parte del legittimato davanti al giudice che annullerà il negozio, oppure i suoi effetti potranno consolidarsi quando il legittimato all'impugnazione decida di non avvalersi di questo suo potere e lasciare in vita il negozio. È vero, quindi, che mentre la nullità tende a proteggere interessi generali, l'annullabilità tende a salvaguardare principalmente interessi particolari dei soggetti colpiti dal vizio del negozio. A loro, infatti, è data la scelta tra lasciare in vita il negozio o provocarne la fine, cosa che non è certamente possibile nel caso della nullità. L'annullabilità, a differenza della nullità, non è prevista in via generale dal codice ma è stabilita di volta in volta in norme specifiche. Ricordiamo i vizi della volontà, errore violenza e dolo; sappiamo che un contratto concluso per effetto di dolo potrà essere annullato dal raggirato; altri casi li ritroviamo nelle ipotesi di negozi conclusi da chi era incapace di intendere o di volere(art. 1443 c.c.) Soffermiamoci ora sull'azione di annullamento regolata dagli articoli 1441 e seguenti del codice civile. L'articolo 1441 si occupa specificamente della legittimazione a chiedere l'annullamento. Come ovvia conseguenza di quello che abbiamo detto, questa spetterà solo a colui che è stato danneggiato dal negozio viziato cioè a colui nel cui interesse è stata posta l'annullabilità. Nel caso di dolo, infatti, solo al raggirato spetterà l'azione di annullamento e non certo a chi ha Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633)
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usato gli artifizi e raggiri e tantomeno ad un terzo. Per questo motivo normalmente si parla di annullabilità relativa. Solo in rari casi la legittimazione all'azione annullamento può spettare a chiunque vi abbia interesse come nel caso del matrimonio ex articolo 119 del codice civile. Si parla in questi casi di annullabilità assoluta, forse anche per evidenziate la tutela dell'interesse generale che in questi casi riveste l'annullabilità. Limite all'esercizio dell'azione di annullamento è la prescrizione. È possibile, infatti, agire per far annullare negozio nel termine di cinque anni. I cinque anni normalmente decorrono dal giorno in cui è venuta meno la causa che ha viziato il negozio annullabile. Per questo motivo l'articolo 1442 c.c. dispone al secondo comma che "quando l'annullabilità dipende da vizio del consenso o incapacità legale il termine decorre dal giorno in cui è cessata la violenza, è stato scoperto l'errore o il dolo, è cessato lo stato di interdizione o di inabilitazione, ovvero il minore ha raggiunto la maggiore età. Negli altri casi il termine decorre dal giorno della conclusione del contratto". Si vede, quindi, che l'articolo 1442 non intende in nessun modo tutelare chi ha approfittato del vizio del negozio; il termine per la prescrizione decorre, infatti, da quando è cessata l'efficacia della causa di annullabilità. L'azione annullamento si prescrive, quindi, in cinque anni ma l'eccezione annullamento è imprescrittibile. Cerchiamo di chiarire questa apparente contraddizione con un esempio. Se ho concluso un contratto in base ad un errore essenziale e riconoscibile avrò cinque anni di tempo dalla scoperta del mio errore per poter far annullare il contratto. Ma se il contratto non è stato ancora eseguito e dopo cinque anni l'altra parte non caduta in errore pretende l'esecuzione contratto, io potrò sempre oppormi eccependone l'annullabilità (quae temporalia ad agendum, peptetua ad excipiendum). Passiamo adesso ad occuparci dall'altro modo in cui si può sanare un contratto annullabile, cioè della convalida. La convalida è un negozio giuridico con il quale la parte legittimata a chiedere l'annullamento del contratto vi rinuncia pur essendo consapevole del vizio che è causa di annullabilità
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Abbiamo già osservato che l'annullabilità è posta principalmente per la tutela di interessi particolari di un soggetto. A lui infatti spetta agire per l'annullamento del contratto oppure rimanere inerte sanando così vizio. La sanatoria può avvenire, però, anche attraverso un mezzo specifico, la convalida (art. 1444 c.c.). Attraverso la convalida, infatti, il contraente cui spetta l'azione annullamento può porre in essere un nuovo negozio attraverso il quale dichiari di voler convalidare il negozio annullabile. In questo caso si parla di convalida espressa poiché c'è stata una specifica attività volta a manifestare la volontà di convalidare; per la validità del negozio di convalida sarà anche necessario che sia indicato il vizio che inficia il negozio annullabile; la ragione di ciò è intuitiva. Come farebbe, ad esempio, il raggirato a convalidare il negozio se non si sia ancora reso conto di essere stato raggirato? La convalida, oltre che espressa può essere anche tacita. Questa si verifica quando il contraente cui spetta l'azione annullamento ha volontariamente dato esecuzione al negozio pur conoscendo il motivo di annullabilità. La sola esecuzione, anche parziale, del contratto accompagnata dalla consapevolezza dell'esistenza del vizio potrà esser considerata come convalida tacita; altri comportamenti, come ad esempio la promessa di eseguire la prestazione, non costituiranno convalida tacita. In ogni caso essendo la convalida un negozio giuridico dovrà essere posta in essere solo da chi è in condizione di concludere validamente il negozio di cui si tratta. Il minore, quindi, non potrebbe convalidare un negozio annullabile propria a causa della sua minore età. Abbiamo visto che l'annullamento del negozio ha efficacia retroattiva, nel senso che tende ad eliminarne gli effetti sin dal momento della sua nascita. La situazione fra le parti sarà quindi simile a quella relativa ad un contratto nullo; tutto ciò che è stato prestato in base ad un contratto poi annullato, potrà essere ripetuto. Sappiamo però che il negozio annullabile ha prodotto comunque degli effetti e i terzi potrebbero avere acquistato dei diritti in base al negozio poi annullato Proprio per tutelare queste terzi l'articolo 1445 del codice civile fa salvi i diritti dei terzi acquistati in buona fede ed a titolo oneroso sia che riguardino beni mobili sia che riguardino beni immobili.
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Per i beni immobili però è necessario precisare che il diritto del terzo prevarrà solo quando quest'ultimo abbia trascritto il suo acquisto prima che sia stata trascritta la domanda giudiziale con la quale si chiede l'annullamento. In ogni caso, però, se annullamento è stato concesso per la tutela di incapace legale, il diritto dell'incapace prevarrà comunque su quello del terzo, nonostante le trascrizioni che questi abbia potuto effettuare prima della trascrizione della domanda giudiziale. Attraverso l'azione di rescissione si permette a un soggetto che ha concluso contratto in condizioni di pericolo o di bisogno di sciogliersi dallo stesso quando queste condizioni hanno provocato delle notevoli sproporzioni tra prestazioni contrattuali. L' azione rescissione ha lo scopo di portare ad equità un contratto che sia stato concluso sotto la pressione di circostanze eccezionali che possono consistere in uno stato di pericolo o di bisogno. Pensiamo al caso in cui una madre vede rischiare di annegare suo figlio e non è in grado di prestargli soccorso; in tale situazione potrebbe promettere una grossa somma di denaro a chi lo porterà in salvo. Pensiamo ancora all'ipotesi di chi trovandosi in stato di bisogno venda un bene prezioso al di sotto della metà del suo valore. Entrambi i contratti sono stati conclusi sotto la spinta di situazioni particolari, ben note a tutti i contraenti, situazioni che hanno cagionato una particolare iniquità nelle condizioni negoziali. Proprio per permettere un riequilibrio delle condizioni negoziali, il legislatore ha concesso l'azione di rescissione, lasciando la scelta alla parte svantaggiata se mantenere in vita al contratto oppure rescinderlo, facendone cessare l'efficacia. La figura della rescissione è tradizionalmente inquadrata tra le cause di invalidità del contratto, anche se una autorevole dottrina la intende, piuttosto, come rimedio contro l'iniquità di un contratto di per sé perfetto. Vediamo ora le regole generali relative all'azione di rescissione: •
inammissibilità di convalida: il contratto rescindibile non può essere convalidato per evitare che attraverso la convalida si ponga nel nulla la tutela accordata attraverso l'azione di rescissione;
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riduzione ad equità: la parte avvantaggiata dal contratto può evitare la rescissione offrendosi di riportare il negozio ad equità; in tal modo non potrà più avere corso l'azione di rescissione;
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prescrizione: l'azione di rescissione si prescrive nel termine di un anno dalla conclusione del contratto (art. 1449 c.c.); passato l'anno non sarà più possibile opporre rescissione, e, a differenza di quanto accade per i negozi annullabili, nemmeno in via di eccezione;
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diritti dei terzi: a differenza di quanto accade per l'azione di annullamento, la rescissione non pregiudica i diritti dei terzi, anche se questi erano in mala fede (art. 1452 c.c.) ; sono fatti salvi, però, gli effetti della trascrizione la domanda di rescissione; in altre parole se la domanda di rescissione è stata trascritta prima del contratto impugnato, la pronuncia sulla rescissione avrà effetto anche nei confronti dei terzi.
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