INSEGNAMENTO DI ISTITUZIONI DI DIRITTO PRIVATO I LEZIONE IX
“I DIRITTI REALI SU BENI ALTRUI” PROF.SSA ANNAFLORA SICA
Istituzioni di Diritto Privato I
Lezione IX
Indice 1
La superficie ----------------------------------------------------------------------------------------------- 3
2
L’Enfiteusi ------------------------------------------------------------------------------------------------- 5
3
Usufrutto --------------------------------------------------------------------------------------------------- 7
4
Uso e abitazione ----------------------------------------------------------------------------------------- 10
5
Le servitù prediali -------------------------------------------------------------------------------------- 11
6
Oneri reali e obbligazioni propter rem------------------------------------------------------------- 18
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633)
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1 La superficie Il proprietario di un suolo può concedere ad un altro soggetto il diritto di costruire un edificio sopra al suo suolo attribuendogli la proprietà separata dell'edificio. Il proprietario può, inoltre, alienare la costruzione già esistente mantenendo la proprietà del suolo (art. 952 c.c.). Sappiamo che per il fenomeno giuridico della accessione il proprietario del suolo è anche proprietario di quello che vi è posto al di sopra. È possibile, tuttavia, separare la proprietà del suolo da quella della soprastante costruzione attraverso il diritto di superficie, che è un vero e proprio diritto reale. Questo può assumere la forma di una concessione ( di diritto privato) del proprietario del suolo, che attribuisce ad un altro soggetto il potere di costruire sul suo suolo, e di mantenere la proprietà della costruzione effettuata. Vi saranno, quindi, due proprietà diverse, quella del proprietario, e quella del titolare del diritto di superficie, che ha avuto il diritto di costruire sul suolo del proprietario. Un'altra ipotesi di diritto di superficie è quella prevista dal secondo comma dell'art. 952, secondo cui il proprietario può alienare la proprietà della costruzione già esistente, separatamente dalla proprietà del suolo. In questo caso il proprietario del suolo aliena la proprietà superficiaria. È chiara la differenza tra i due tipi di diritto di superficie, perché il primo riguarda una costruzione non ancora eseguita, mentre il secondo riguarda una costruzione già edificata. Secondo l'art. 953 c.c. è anche possibile costituire il diritto a tempo determinato, con la conseguenza che alla scadenza del termine il diritto di superficie si estingue e il proprietario del suolo diventa proprietario della costruzione. Veniamo, infine, ai casi specifici di estinzione del diritto di superficie. • scadenza del termine • prescrizione; in questo caso bisogna distinguere tra il diritto ad edificare e quello relativo alla proprietà superficiaria. 1.
diritto ad edificare: si estingue per prescrizione ventennale per non uso
2.
proprietà superficiaria: è imprescrittibile
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In merito alla estinzione, dobbiamo, infine parlare dei diritti acquistati dai terzi in base al diritto di superficie, distinguendo tra tre ipotesi: 1. diritti reali acquisiti da terzi dal titolare del diritto di superficie: cessano insieme al diritto di superficie; 2. diritti reali concessi a terzi dal proprietario del suolo: si estendono alla costruzione per il principio della espansione del diritto di proprietà; 3. diritti personali di godimento: cessano allo spirare del termine del diritto di superficie.
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2 L’Enfiteusi E’ un diritto reale che attribuisce all'enfiteuta il diritto di godimento di un immobile dietro l'obbligo di pagare un canone e di migliorare il bene. L'enfiteusi è un diritto reale ormai quasi completamente in disuso; fu usato soprattutto nell'800 per permettere agli agricoltori di avere pieni poteri sui fondi che coltivavano, con la possibilità per l'enfiteuta di affrancare il fondo divenendone proprietario. Per cercare di bilanciare la posizione dell'enfiteuta e quella del proprietario ( spogliato in gran parte dei suoi poteri) si stabilì un periodo minino di durata del diritto (20 anni) e la stessa possibilità di affrancazione era subordinata alla trascorrere del ventennio. Questa situazione è stata, però, in parte modificata dall''art. 10 l. 18 dicembre 1970, n. 1138 che ha abrogato i primo tre commi dell'art. 971 che stabilivano, appunto, il periodo minimo di affrancazione in venti anni. Nella situazione attuale, quindi, non c'è termine per procedere alla affrancazione, potendo chiederla anche subito dopo la nascita del diritto; stando così le cose, i casi in cui sopravvive l'enfiteusi sono davvero pochi. Passiamo, ora, agli obblighi e diritti delle parti. •
l'enfiteuta ha molte delle facoltà che avrebbe il proprietario sul fondo (art. 959 c.c.) ma non può alienarlo
•
può disporre del suo diritto sia per atto tra vivi che per testamento (artt. 965 e 967 c.c.). La forma scritta è richiesta a pena di nullità (art. 135o n. 2)
•
può affrancare il fondo in qualsiasi momento pagando al proprietario pagando una somma pari a 15 volte il canone annuo (art. 1 comma 4 l. n 607\66) (art. 971 c.c.). L'atto di affrancazione costituisce un diritto potestativo contro il quale il proprietario non può opporsi
•
non è ammessa la subenfiteusi (art. 968 c.c.)
•
ha l'obbligo di migliorare il fondo
•
ha l'obbligo di pagare un canone periodico che può consistere anche in una quantità fissa di prodotti naturali (art. 960 c.c.)
Consideriamo la posizione del proprietario.
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• può chiedere la devoluzione (cioè la liberazione) del fondo enfiteutico se l'enfiteuta deteriora il fondo o non adempie all'obbligo di migliorarlo o, infine, è in mora nel pagamento di due annualità di canone ( art. 972 c.c.) • quando cessa l'enfiteusi deve rimborsare l'enfiteuta dei miglioramenti e delle addizioni effettuate (art. 975 c.c.) • può chiedere la ricognizione del proprio diritto un anno prima del compimento del ventennio a chi si trova nel possesso del fondo. La ricognizione è un atto di accertamento del diritto delle parti (art. 969 c.c.) • deve subire l'affrancazione del fondo Veniamo alla durata e prescrizione dell'enfiteusi. • il diritto non può avere durata inferiore a venti anni, salvo il diritto di affrancazione. Si può costituire in maniera perpetua • si prescrive per non uso ventennale Chiudiamo l'argomento con i casi di estinzione del diritto reale. •
decorso del termine eventualmente stabilito
•
prescrizione ventennale
•
affrancazione
•
devoluzione
•
perimento totale del fondo (art. 963 c.c.)
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3 Usufrutto E’ il diritto reale che permette all'usufruttuario ha di godere della cosa e di trarne ogni utilità rispettando, però, la destinazione economica del bene. L'usufrutto è un altro diritto reale che limita in maniera quasi completa le facoltà del proprietario sul bene. Da questo punto di vista è simile all'enfiteusi, ma da questa se ne distingue perché l'usufruttuario deve rispettare la destinazione economica del bene e non ha alcun obbligo di miglioramento.
Aggiungiamo, poi, che non è previsto alcun diritto di affrancazione in suo favore. Anche con queste differenze, tuttavia, le facoltà del proprietario sono totalmente compresse, tanto che per indicare il suo diritto di parla di "nuda proprietà". Il proprietario può però vendere la sua nuda proprietà, o costituirvi pegno o ipoteca. L'usufrutto si distingue dall'enfiteusi anche per i beni che ne possono costituire l'oggetto. Mentre l'enfiteusi ha per oggetto solo beni immobili, l'usufrutto può avere oggetto anche beni mobili, titoli di credito (come le azioni), ma anche aziende, universalità prodotti dell'ingegno oltre a, ovviamente, ai beni immobili. In genere tale diritto ha ad oggetto beni inconsumabili, ma può esserci usufrutto anche su beni consumabili (art. 995 c.c.). In questo caso l'usufruttuario non potrà certo restituire la stessa cosa ricevuta ( pensiamo che oggetto dell'usufrutto siano delle caramelle) ma un'altra di uguale quantità o qualità o pagare il valore del bene. Si parla in questi casi di "quasi usufrutto" e si discute se questo possa esistere da solo o riguardi beni che sono compresi in un più vasto usufrutto di beni inconsumabili (vedi il primo comma dell'art. 995 c.c.). La dottrina è in prevalenza per la prima ipotesi. Schematizziamo, ora, nel solito modo gli elementi esenziali dell'usufrutto. Avendo già detto del suo oggetto, vediamo come si costituisce. •
per legge; ex art. 324 c.c. i genitori esercenti la potestà hanno in comune l'usufrutto dei beni del figlio
•
per atto tra vivi, ma se ha ad oggetto beni immobili richiede la forma scritta a pena di nullità ( n. 2 art. 1350 c.c.)
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per testamento, ma non è ammesso l'usufrutto successivo, mentre è possibile l'usufrutto congiuntivo a favore di più persone. In questo caso l'usufrutto durerà sino alla morte di chi tra gli usufruttuari sarà sopravvissuto agli altri
•
per usucapione al pari di tutti i diritti reali (art. 1158 c.c.).
In merito alla durata, l'art. 979 c.c. ci chiarisce che questo non può eccedere la durata della vita dell'usufruttuario, e che, di conseguenza, non può essere perpetuo. Se è costituito a favore delle persone giuridiche non può eccedere trenta anni. Visto il modo come si costituisce il diritto, analizziamone il contenuto che si sostanzia nei diritti e negli obblighi dell'usufruttuario e del proprietario. Cominciamo con l'usufruttuario. •
ha il generale diritto di godere della cosa, cioè di usarla nel modo che riterrà più opportuno, ma non può mutarne la destinazione economica né venderla poiché non ne è il proprietario
•
ha il diritto di fare suoi i frutti naturali e civili (art. 984 c.c.)
•
ha il diritto do conseguire il possesso della cosa oggetto del diritto (art. 981 c.c.) ma solo se prima fa l'inventario dei beni e presta idonea garanzia al proprietario(art. 1002 c.c.)
•
può cedere il suo diritto ( art. 980 c.c.) ma solo se non è vietato dal titolo costitutivo
•
può locare il bene o accendervi ipoteca. La locazione perdura anche dopo la cessazione dell'usufrutto ma solo se stipulata per atto pubblico o per scrittura privata con data certa anteriore a detta cessazione (art. 999 c.c.)
Occupiamoci, ora, in maniera particolare degli obblighi dell'usufruttuario. Abbiamo già visto che deve rispettare la destinazione economica del bene. Aggiungiamo che deve prendere le cose nello stato in cui si trovano, ma non deve certo restituirle così come si trovavano. Questo non significa, tuttavia, che l'usufruttuario può deteriorare i beni sino a distruggerli o danneggiarli. Dispone, infatti, il secondo comma dell'art. 1001 c.c. che: Nel godimento della cosa egli deve usare la diligenza del buon padre di famiglia
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L'usufruttuario restituirà quindi il bene dopo averlo usato secondo la necessaria diligenza, e se questa è stata osservata, il proprietario non potrà certo dolersi delle condizioni in cui è stato restituito il bene. Nell'ambito degli obblighi gravanti sull'usufruttuario secondo l'art. 1004 c.c. vi rientrano le spese per la manutenzione ordinaria, la custodia e l'amministrazione del bene. Deve, inoltre, provvedere a sostenere tutti i pesi che gravano sul reddito, e ciò perché ha l'effettivo godimento del bene (art. 1008 c.c.) mentre al proprietario spettano i carichi gravanti sulla proprietà (art. 1009 c.c.) ma l'usufruttuario dovrà corrispondere l'interesse sulla somma pagata. Consideriamo, ora, la posizione del proprietario. •
ha diritto sul tesoro ritrovato nel fondo (art. 988 c.c.)
•
può alienare la nuda proprietà
•
deve provvedere alle riparazioni straordinarie (art. 1005 c.c.) e pagare le
imposte e i pesi che gravano sulla proprietà(art. 1009 c.c.) Concludiamo l'argomento elencando i casi di cessazione dell'usufrutto. 1.
morte dell'usufruttuario o scadenza del termine trentennale se si
tratta di persona giuridica 2.
prescrizione ventennale per non uso
3.
riunione dell'usufrutto e della proprietà nella stessa persona
4.
totale perimento della cosa su cui è costituito
5.
grave abuso del diritto da parte dell'usufruttuario ( art. 1015 c.c.)
6.
scadenza del termine convenuto per la durata l'usufrutto
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4 Uso e abitazione E’ un diritto reale dal contenuto più limitato dell'usufrutto perché attribuisce al suo titolare il potere di servirsi del bene e, nel caso sia fruttifero, di raccoglierne i frutti, ma solo per quanto occorre per i bisogni suoi e della sua famiglia Come si vede dalla definizione l'uso è una sorta di fratello minore dell'usufrutto, perché i poteri dell'usuario sono ben più limitati di quelli dell'usufruttuario. Anche l'usuario, infatti, può, al pari dell'usufruttuario, servirsi della cosa, usarla, ma, a differenza di questo, può percepire i frutti solo per quanto occorre per i bisogni suoi e della sua famiglia. Aggiungiamo, poi, che non può appropriarsi dei frutti civili, cedere il diritto o dare in locazione il bene. Per l'abitazione i poteri del titolare del diritto sono ancora più limitati. Dispone, infatti, l'art. 1022 c.c. Chi ha il diritto di abitazione di una casa può abitarla limitatamente ai bisogni suoi e della sua famiglia Come si vede in questo caso il diritto è limitato alla solo abitazione della casa, escluso, quindi, l'uso del bene. Il codice civile all'art. 540 ci indica una applicazione specifica di questo diritto reale, attribuito al coniuge legittimario. Anche per l'abitazione vige il divieto di cessione e di locazione, ma in entrambi i casi vi è l'obbligo delle riparazioni ordinarie, alle spese di coltura (per l'usuario), al pagamento dei tributi come l'usufruttuario (art. 1025 c.c.). Chiudiamo l'argomento ricordando che l'art. 1026 c.c. dispone che le disposizioni relative all'usufrutto si applicano, in quanto compatibili, all'uso e alla abitazione, confermando, così, la "parentela" tra questi tre diritti reali.
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5 Le servitù prediali La servitù prediale consiste nel peso imposto sopra un fondo per l'utilità di un altro fondo appartenente a diverso proprietario. Dobbiamo considerare, infatti, che in un paese antico e popolato come l'Italia è ben difficile che vi siano fondi "liberi" perché quando non sono di proprietà di alcuno, fanno parte del patrimonio dello Stato (art. 827 c.c. ); accade, quindi, che un fondo necessariamente confinerà con un altro di proprietà pubblica o privata, e poiché questi fondi non sono delle isole, ben potrà succedere che i proprietari dei fondi contigui o vicini si accordino affinché un fondo possa trarre utilità dall'altro, con la compressione di alcune facoltà che spettano al proprietario dell'atro fondo. Si potrà convenire, infatti, che il proprietario di un fondo non possa sopraelevare per evitare di togliere la veduta all'altro fondo. Notiamo che il codice civile non parla di proprietari, ma di fondi, volendo porre l'accento sul fatto che il diritto riguarda dei fondi, e le utilità che se ne traggono sono oggettive dei fondi considerati e non dei singoli proprietari. Se ad esempio, mi accordo con il mio confinante per far istallare delle luci sul suo fondo in modo da poter meglio indicare la direzione del mio ristorante, non avremo servitù, perché l'utilità che ne traggo è personale dovuta alla mia attività di ristoratore. Ma se mi accordo con il mio confinante affinché si crei un passaggio sul suo fondo per accedere al mio, avremo servitù, perché vi sarà vantaggio per il mio fondo indipendentemente dalla mia attività o da quelle che possano svolgere i successivi proprietari. Fatte queste indispensabili premesse, possiamo meglio schematizzare gli elementi della servitù. Abbiamo, infatti: •
il peso imposto su un fondo di cui all'art. 1027 c.c.: è la limitazione di una o più facoltà del proprietario di un fondo
•
il fondo servente è il fondo che sopporta il peso a favore dell'atro fondo
•
il fondo dominante è il fondo che, in relazione al peso imposto al fondo servente, ne trae utilità, vantaggi
Ad una compressione delle facoltà del proprietario del fondo servente, corrisponde, quindi, una utilità del fondo dominante. Se non posso sopraelevare, il fondo dominante avrà la veduta del mare. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633)
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Il codice civile all'art. 1028 ci chiarisce che cosa può essere l'utilità, il vantaggio del fondo dominante affermando che L'utilità può consistere "anche "nella maggiore comodità o amenità del fondo dominante. Può del pari essere inerente alla destinazione industriale del fondo mentre il successivo articolo 1029 ci specifica che si può costituire la servitù anche per una utilità futura. In altre parole il codice dà una nozione ampia di utilità, identificandola con un qualsiasi vantaggio, persino nella maggiore comodità o amenità del fondo, sempreché riguardi "il fondo" e non i singoli proprietari; si ammette, inoltre, anche la servitù anche a favore di un fondo che abbia destinazione industriale, si ammette, cioè, che la servitù possa riguardare anche specifiche necessità dell'industria posta sul fondo dominate. Ma in che cosa consiste il dovere del titolare del fondo servente? In nulla, potremmo rispondere (art. 1030 c.c.). Il proprietario del fondo servente deve solo sopportare il peso sul suo fondo. In alcuni casi è tenuto a un "non facere" come nel caso della servitù di veduta. Si afferma infatti che "servitus in faciedo consistere nequit". È vero però che al proprietario del fondo servente spetterà un corrispettivo per la servitù, e che potrebbe anche impegnarsi (o essere obbligato per legge) a prestazioni accessorie. In questo caso non può liberarsi delle spese necessarie per l'uso o per la conservazione della servitù, se non cedendolo al proprietario del fondo dominante (art. 1070 c.c.) Poniamoci, ancora, un'altra serie di domande necessarie per chiarire il contenuto del diritto. Chiediamoci, infatti, in che rapporto devono essere i fondi per aversi servitù. Rispondiamo che i fondi devono essere vicini ed appartenere a due proprietari diversi. La vicinanza non significa, però, che i fondi debbano essere confinanti. Per soddisfare il requisito basta che un fondo si trovi abbastanza vicino per essere utile all'atro. Ma vi può essere servitù a vantaggio di un soggetto piuttosto che di un fondo? No, perché la servitù riguarda solo fondi e se per, esempio, mi accordo con una persona affinché passi sul mio fondo per andare a pescare, questo non darà luogo a servitù, ma vi saranno solo effetti obbligatori. Si parla, in questi casi, di "servitù irregolari" proprio perché manca la caratteristica della predialità (praediàlis, dal latino medievale: che riguarda un fondo). Chiediamoci ancora: ma se il fondo servente è venduto, il nuovo proprietario dovrà rispettare la servitù? Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633)
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La risposta la troviamo nella natura del diritto che riguarda i fondi e non le persone dei singoli proprietari. Proprio per questo motivo il diritto riguarda tutti i proprietari di quel fondo. Il diritto reale di servitù ha quindi caratteristiche particolari rispetto agli altri diritti reali di godimento. Rispetto a questi, infatti, non può essere ceduta né ipotecata, proprio perché si risolve in una qualità inseparabile del fondo, e nemmeno può essere divisa. Se, quindi, la proprietà del fondo dominate è frazionata la servitù è dovuta a ciascuna porzione, senza che però si renda più gravosa la condizione del fondo servente (art. 1071 c.c. ). La servitù e trattata nel codice in ben 72 articoli (dal 1027 al 1099) e si rende quindi necessaria una elencazione dei fondamentali aspetti di questo diritto. Distinguiamo in: •
apparenti : sono quelle cui sono destinate opere visibili e stabili per il loro esercizio (ad esempio la servitù di acquedotto)
•
servitù non apparenti: sono quelle dove non vi sono sono opere destinate all'esercizio della servitù. Pensiamo ad una servitù di passaggio pedonale. Se non vi è una strada per consentirlo la servitù è non apparente, c'è ma non si vede (art. 1061 c.c. comma 2)
Ancora possiamo distinguere in: •
continue quelle per il cui esercizio non è necessario il fatto dell'uomo in quanto vi sono delle opere permanenti per il loro esercizio
•
discontinue quelle per cui è necessaria un attività umana
Da quanto abbiamo detto si evince che la servitù di acquedotto è apparente e continua, mentre quella di passaggio pedonale è non apparente e discontinua. La distinzione in continue e discontinue può sembrare un innocuo giochino privo di rilevanza pratica, ma così non è. Ai fini della prescrizione, infatti, se una servitù è discontinua la prescrizione inizia a correre dall'ultima attività eseguita dall'uomo, dall'ultima passeggiata; nell'altra ipotesi sino a quando l'acquedotto è in attività, non vi sarà mai inizio della prescrizione (art. 1073 c.c.). Sempre in relazione alla prescrizione distinguiamo tra:
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Lezione IX
servitù positive: quelle in cui il proprietario del fondo servente deve sopportare l'attività del fondo dominante. Il comportamento del proprietario del fondo serventesi sostanzia in un "pati", in una sopportazione
•
servitù negative: quelle in cui il comportamento del proprietario del fondo servente si sostanzia in un non fare, come la servitù di non soprelevare
Abbiamo detto che la differenza è importante ai fini delle prescrizione. In quelle negative fino a quando il proprietario del fondo servente si attiene al "non facere" non vi sarà mai prescrizione, ma se "fa" ad esempio costruendo quando non poteva, la prescrizione ventennale inizierà a correre dal momento in cui ha violato l'obbligo (art. 1073 comma 2). Le servitù prediali possono essere costituite coattivamente o volontariamente. Possono anche essere costituite per usucapione o per destinazione del padre di famiglia L'art. 1031 c.c. che abbiamo integralmente riportato nella tabella, ci indica in generale come si possono costituire le servitù. Nulla di strano sul fatto che si possa costituire una servitù per volontà di una o più soggetti, ma è sicuramente eccezionale la previsione che il diritto possa sorgere anche coattivamente, cioè anche contro la volontà del proprietario del fondo servente. Il motivo di tanta severità va ricercato in situazioni che pongono il proprietario di un fondo in situazioni difficili se non proprio insostenibili. Prendiamo l'ipotesi dell'art. 1051 c.c. che prevede la servitù di passaggio coattivo. In questo caso abbiamo un fondo che non ha accesso sulla via pubblica, o lo avrebbe ma con eccessivo dispendio o disagio. Se il proprietario del fondo intercluso non si è accordato con quello del fondo confinante, ecco che potrà rivolgersi al giudice affinché la servitù si costituisca per sentenza. La volontà della legge, quindi, si sostituisce a quella delle parti costituendo una servitù per sentenza. Il diritto del proprietario del fondo intercluso è, quindi, un vero e proprio diritto potestativo, e la sentenza avrà carattere costitutivo. Avendo spiegato la ragione per cui il legislatore ha previsto le servitù coattive, possiamo classificare i modi di costituzione delle servitù. La principale distinzione, in merito è tra servitù volontarie e coattive. Cominciamo con le servitù volontarie.
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Lezione IX
Si costituiscono tramite contratto o testamento (art. 1058 c.c.) me se il bene appartiene a più comproprietari c'è bisogno del consenso di tutti (art. 1059 c.c.).
•
Il contratto deve essere stipulato per iscritto a pena di nullità (art. 1350 n. 4) e deve essere trascritto
•
usucapione , ma solo se apparenti (art. 1061 c.c. comma 1)
Non abbiamo considerato tra le servitù volontarie quella che si costituisce per destinazione del padre di famiglia prevista dall'art. 1062 c.c. In questo caso un proprietario costituisce delle opere sul suo fondo, una strada asfaltata, per esempio, tali da essere utili per una porzione del fondo rispetto ad un'altra. Ebbene se queste opere sono permanenti e visibili e se il fondo viene diviso e venduto a due (o più) soggetti diversi, basterà dimostrare che il proprietario ha lasciato le cose in maniera corrispondete all'esistenza di una servitù che questa, in assenza di una diversa volontà del vecchio proprietario, è costituita. La servitù si costituisce, quindi, se si verifica la situazione prevista dalla legge, senza che vi sia una specifica manifestazione di volontà e senza che nemmeno vi sia una sentenza. Come risulta evidente da quanto detto, tale servitù può costituirsi solo se apparente. Passiamo, ora, alle servitù coattive. (art. 1032 c.c.) Sono espressamente previste dalla legge, ma sorgono, (in mancanza di contratto) solo a seguito a sentenza o atto dell'autorità amministrativa. Al proprietario del fondo servente è dovuta una indennità. •
passaggio coattivo (art. 1051 e ss c.c.) si verifica quando il fondo è circondato da fondi altrui, e non ha uscita sulla via pubblica né è possibile procurarla senza eccessivo dispendio o disagio, oppure quando il fondo ha un accesso alla via pubblica, ma questo è inadatto o insufficiente ai bisogni del fondo e non può essere ampliato (art. 1052 c.c.). Non sono compresi nella servitù le case, i cortili, i giardini e le aie ad esse attinenti. Al proprietario del fondo servente è dovuta una indennità proporzionata al danno cagionato dal passaggio
•
acquedotto e scarico coattivo (artt. 1033 e ss.) il proprietario di un fondo ha il diritto di far passare le proprie acque su fondi altrui, ma solo alle condizioni previste dall'art. 1037 c.c. e l'indennità è dovuta tenendo conto dei parametri previsti dall'art. 1038 c.c.
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Lezione IX
elettrodotto (art. 1056 c.c.) è costituita per permettere il passaggio sui fondi delle linee elettriche. La disciplina della servitù di elettrodotto trova la sua fonte anche in numerose leggi speciali (art. 119 ss. r.d. n. 1775\1933; l. n. 1314\1964e l. n. 339\1986)
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passaggio di vie funicolari (art. 1057 c.c.) è costituita per permettere il passaggio di vie funicolari aeree a uso agrario o industriale. La disciplina della servitù trova la sua fonte anche in leggi speciali
Il diritto di servitù è di tal natura che può compromettere in maniera rilevante gli interessi del proprietario del fondo servente. Per questo motivo deve essere esercitato, da un lato, in maniera da recare il minor danno possibile al fondo servente, dall'altro, in modo da permettere un utile esercizio della servitù. Di questa esigenza si è fatto carico il legislatore stabilendo una serie di regole, da applicarsi quando le parti non abbiano previsto le modalità di esercizio del diritto. L'art. 1063 c.c., infatti dispone che L'estensione e l'esercizio delle servitù sono regolati dal titolo e, in mancanza, dalle disposizioni seguenti estinzione della servitù: 1. confusione, vi è riunione in una sola persona della proprietà del fondo dominante con quella del fondo servente (art. 1072 c.c.) 2. rinunzia (art. 1070 c.c.) 3. scadenza del termine, se previsto nel titolo 4. impossibilità di usare la servitù e venir meno della sua utilità ma solo se perdurino per venti anni ( articolo 1074 c.c. ) 5. prescrizione per non uso ventennale (art. 1073 c.c. ) La servitù si può quindi estinguere nei casi indicati nella tabella, ma è necessario approfondire le ipotesi di estinzione per prescrizione. Abbiamo già visto, infatti, che i termini di prescrizione cominciano a decorrere in tempi diversi secondo il tipo di prescrizione; Per una servitù apparente, infatti, la prescrizione potrebbe non iniziare mai, perché sino a quando esiste l'opera che ne permette l'esercizio, ve ne sarà sempre uso e, quindi, non è possibile pensare ad una prescrizione per "non uso". Analogamente accade per le servitù negative che consistono in un non facere; fino a quando non si svolge l'attività vietata non comincerà mai a correre il termine di prescrizione per Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633)
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non uso; sembra un paradosso, ma per le servitù negative il termine di prescrizione per non uso, comincia a decorrere dall'inizio dell'uso; il paradosso, però, è solo apparente, perché nelle servitù negative "l'uso" consiste nella mancanza della attività vietata, mentre il "non uso" si risolve nel compimento di quella attività. Se il fondo dominante è appartenuto a diversi proprietari, agli effetti dell'estinzione per prescrizione, si computa anche il tempo per il quale la servitù non fu esercitata dai precedenti titolari. Se, invece, il fondo dominante appartiene a più comproprietari, basterà l'uso del diritto da parte di uno di loro, per aversi interruzione delle prescrizione, e ciò per il principio della indivisibilità della servitù dal bene. È interessante, infine, l'ultimo comma dell'art. 1073 secondo cui la sospensione o l'interruzione della prescrizione a vantaggio di uno dei comproprietari giova anche agli altri. Ciò vuol dire che se uno dei comproprietari è in guerra, sino a quando dura questa situazione vi sarà sospensione della prescrizione anche per gli altri che sono rimasti, nel frattempo, inerti, che non hanno usato il diritto pur non essendo impegnati in operazioni belliche. Chiudiamo, finalmente, l'argomento relativo alla servitù accennando ai mezzi di tutela previsti dal legislatore. L'art. 1079 c.c. prevede che il titolare del diritto di servitù, a pari del proprietario, può esercitare l'azione confessoria chiedendo al giudice di farne accertare la esistenza contro chi ne contesta l'esercizio e per farne cessare gli eventuali impedimenti e turbative. Anche per le servitù sono possibili le azioni possessorie di cui parleremo in seguito.
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6 Oneri reali e obbligazioni propter rem Consistono in una attività a carattere periodico che è dovuta da un soggetto per il fatto che si trova nel godimento di un bene. La figura degli oneri reali non è pacifica in dottrina, ma è riportata in alcuni diffusi manuali di diritto privato. Tutta la questione nasce dal fatto che questi oneri reali hanno una disciplina in parte diversa dalle ordinaria obbligazioni, anche da quelle propter rem. Ed infatti gli oneri reali sono un numerus clausus, nel senso che sono possibili solo se previsti dalla legge, e il valore della prestazione è delimitato dal valore stesso della cosa; in tal caso non trova applicazione la regola dall’art. 2740 c.c. secondo cui il debitore risponde con tutti i suoi beni presenti e futuri; se quindi il valore dell’onere è superiore a quello della cosa, si risponderà solo per quel valore e non oltre. Poiché fonte dell’obbligo è proprio la cosa e il rapporto che la lega al titolare, il creditore potrà soddisfarsi sulla stessa esercitando una azione reale. Dal punto di vista teorico la fonte dell’onere reale consiste unicamente nella relazione con la cosa; se si è titolari di una enfiteusi bisognerà pagare il relativo canone (trattasi di onere reale, almeno secondo la giurisprudenza della Cassazione); se si è proprietari di un fondo, in base all'art. 21 r.d. 13.2.1933, n. 215 bisognerà versare i contributi per le spese d'esecuzione, manutenzione ed esercizio delle opere pubbliche di bonifica ( v. anche art. 864 c.c.); tali oneri spettano anche ai successi enfiteuti o proprietari, anche per quelli non pagati dai precedenti titolari. Nelle obbligazioni propter rem obbligato è invece il debitore a causa del suo particolare rapporto con la cosa; di conseguenza il debitore risponderà con tutti i suoi beni in caso di inadempimento, e il creditore agirà contro di lui con azione personale e non reale. Come esempi ricordiamo l’ipotesi dell’art. 1149 c.c. , quella del nuovo proprietario che deve rispettare i contratti di locazione già stipulati, il pagamento delle spese di condominio, ed ancora l'obbligazione del partecipante alla comunione di contribuire alle spese necessarie alla conservazione ed al godimento della cosa. In conclusione: L’onere reale consiste in un peso che è dovuto dal titolare di un fondo e di solito consiste in una prestazione periodica. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633)
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E’ quindi un onere che grava su di lui, ed è come se gli si dicesse: vuoi godere dell’enfiteusi, allora paga il canone, vuoi che la tua cosa sia curata, allora paga l’imposta per fare in modo che si disponga dei soldi necessari; si tratta, quindi, sempre di un’attività positiva, di dare o fare. Il titolare non è tenuto oltre il valore del fondo, non si tratta, allora, di obbligazione, poiché non risulta applicabile la regola dell’art. 2740 c.c. Nella obbligazione propter rem il collegamento con il bene serve solo ad individuare il debitore; l’obbligazione non nasce, di regola, perché il debitore è nel solo godimento di un bene e quindi deve dare “ qualcosa in cambio”, ma perché la relazione con la cosa obbliga il proprietario a eseguire una prestazione dal contenuto più vario che può consistere anche in un non facere. Si tratta di vera obbligazione perché si applica la regola dell’art. 2740 c.c. . In comune le due figure hanno: • il necessario rapporto con la cosa; • la sussistenza dell’obbligazione o dell’onere anche se sono sorti prima dell’acquisto del diritto; • sono possibili solo in casi previsti dalla legge.
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