ISTITUTO ALBERGHIERO DI STATO “PIETRO d’ABANO” ABANO TERME (Padova) Servizi per l’enogastronomia e l’ospitalità alberghiera
● Immigrazione, la tragedia dei naufraghi ● Sua maestà l’olio ● A qualcuno piace... crudo ● Il potere del colore ● Comenius: reportage da Mannheim ● 27 gennaio. Giorno della memoria
a c i t a r pmente RIVISTA DELL’ISTITUTO ALBERGHIERO PIETRO d’ABANO
Anno IV - N. 8 - Febbraio/Marzo 2014
IN QUESTO NUMERO Editoriale
Contro l’indifferenza
La posta del Pietro
PRATICAMENTE Pietro
Rivista dell’Istituto Alberghiero “Pietro d’Abano”
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Febbraio/marzo 2014 - Anno 4 - N. 8
Direzione, redazione, amministrazione ISTITUTO ALBERGHIERO DI STATO “PIETRO d’ABANO” Servizi per l’enogastronomia e l’ospitalità alberghiera
Immigrazione, la tragedia dei naufraghi Il territorio, il mercato, la cucina Sua maestà l’olio
A qualcuno piace crudo Il potere del colore
In cucina Nella psicologia e nel marketing Nelle tradizioni Multiculturalità e integrazione
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Incontri speciali. Ex studenti alla ribalta
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Lo scaffale
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Londinesi... Intervista a Martino Granzon Sono qui grazie al Pietro
27 gennaio Giornata della memoria Il Pietro in campo
Reportage della visita a Mannheim
● Progetti del POF ● Banchetti e buffet
Stampa Nuova Grafotecnica snc Via Leonardo Da Vinci, 8 - 35020 Casalserugo (PD) Tiratura: 2000 copie questo numero è stato chiuso in redazione il 18.2.2014
Direzione Luigino Grossele, direttore editoriale Gastone Gal, direttore Saverio Mazzacane, condirettore
Redazione Elisabetta Benvenuti, docente Alison Bordin, studentessa Tomaso Bortolami, docente Marta Canoppia, studentessa Maria Chiara Ceresoli, docente Giada Favaro, studentessa Alessandra Garrì, docente Renate Gilli, docente Lucia Ruggeri, docente Giorgia Sannito, studentessa Maria Cristina Todeschini, docente
Hanno collaborato a questo numero
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Il notiziario del Pietro ● Il carcere entra a scuola, la scuola entra in carcere
Via Monteortone, 9 - 35131 Abano Terme Tel. 049.8630000 - Telefax 049.8639707
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Andrea Bano, studente Valeria Barison, studentessa Luca Bianco, studente Lucrezia Boffo, studentessa Tommaso Bottaro, studente Luisa Bresciani, docente Francesco Caccia, studente Jessica Calore, studentessa Eric Calzavara, studente David Canton, studente Stefano Cavestro, studente Alex Ceron, studente Classe 3BC, studenti e studentesse Silvia Greggio, studentessa Rebecca Irolsini, studentessa Anatoli Jardan, studente Riccardo Maran, studente Lucia Mazzon, ex studentessa Giorgia Mirto, studentessa Paolo Munarato, studente Chiara Niero, studentessa Nicolò Romito, studente Camilla Rubini, studentessa Rebecca Santimaria, studentessa Sara Santimaria, studentessa Gigi Serra, pilota Matteo Silvestri, studente Chiara Stievano, studentessa Sergio Torresin, docente Lucia Trevisan, docente Gabriela Tudosanu, studentessa Gennes A. Uhunmwango, studentessa Valentina Zito, studentessa
CONTRO L’INDIFFERENZA Il lettore di questo numero della nostra rivista troverà, nelle pagine successive, un “focus” sulla tragedia di Lampedusa dell’ottobre scorso e, più in generale, sul tema dell’immigrazione. Un po’ più avanti si imbatterà in un articolo che ricorda gli orrori della Shoah, in un altro su multiculturalità e integrazione e infine in una serie di riflessioni di alcuni nostri studenti sulle tematiche – scottanti, non facili da trattare – del carcere e della pena. Non c’è da stupirsi. Il “Pietro d’Abano” conferma il suo ruolo di scuola moderna, che punta alla formazione della persona e del cittadino, coltivando la sensibilità sociale dei suoi alunni su temi che possono sembrare lontani dalla propria realtà individuale o dalle loro prospettive professionali, ma che poi, spesso all’improvviso, irrompono nelle nostre case attraverso le immagini forti o raccapriccianti della TV. Già da tempo, in verità, il POF dell’Istituto è venuto arricchendosi di importanti iniziative didattiche che ne attestano l’apertura sociale: dai convegni sulla mafia (e sulle insane relazioni fra lavoro e criminalità organizzata) alla ripetuta realizzazione del progetto “Il carcere entra a scuola, la scuola entra in carcere”, dalle iniziative di prevenzione andrologica e ginecologica, dei tumori giovanili, del tabagismo e dell’alcolismo agli interventi di esperti in materia di dipendenze, fino alle conferenze in occasione del “Giorno della memoria” o di altri importanti anniversari storici. La redazione di “Praticamente Pietro” ha voluto, dunque, incoraggiare quegli alunni che, con la voglia di capire e approfondire, si sono avvicinati ad argomenti così impegnativi, riversando sulle pagine della rivista impegno civile, passione e disponibilità. Senza pregiudizi, manifestando una grande capacità di partecipazione alle tragedie altrui, ci hanno fatto intendere che la solidarietà verso i meno fortunati rende l’umanità migliore e che la lotta all’indifferenza e all’egoismo è, in ogni caso, la scelta più giusta, soprattutto per i giovani. Vogliamo ringraziare questi ragazzi che ci dimostrano come il lavoro degli insegnanti, ormai sempre più difficile, trovi ancora un riscontro, una ricompensa, in termini di soddisfazioni e gratificazioni professionali. Un’ultima annotazione: anche in questo numero di “Praticamente Pietro” le firme delle studentesse e degli studenti sono moltissime, a dimostrazione che questa rivista è fatta soprattutto da loro. Ci preme sottolinearlo, è un nostro fiore all’occhiello.
Saverio Mazzacane
LA POSTA DEL PIETRO Indirizza la tua posta a questa e-mail:
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CHE FATICA FARE IL GIORNALE, MA CHE PIACERE! Gentile redazione, insegno in una scuola del vicentino e, alcuni giorni fa, sopra il tavolo della sala insegnanti, ho trovato e sfogliato il N. 7 della vostra rivista (Pippo Baudo in copertina, spicca alla grande!). Io sono un’appassionata di giornalismo (di giornalismo scolastico in particolare) e, anche nel nostro Istituto, pubblichiamo un giornale per uno-due numeri all’anno (a seconda della fortuna), grazie all’aiuto di un gruppo di alunni, anch’essi appassionati, e di un paio di altri docenti (io li chiamo “i francescani”, in onore di San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti). Però, a vedere Praticamente e, poi, a leggerlo attentamente, mi è venuto un moto d’invidia perché... altro che “giornale scolastico” il vostro: è una vera e propria rivista. Potrebbe essere venduta in edicola. Complimenti! Vi scrivo però, soprattutto, per capire alcune cose e vi sarei molto grata se mi rispondeste sinceramente. Ma chi ve li dà i soldi per stampare (leggo bene: 2000 copie!?). Ci sono compensi per la redazione e i direttori? I ragazzi partecipano? Ce la fate a reggere di fronte alle inevitabili invidie e, quindi, alle critiche, che un simile prodotto provoca? Grazie e ancora bravi. Chiara Bettinelli Gentile collega, la ringrazio per i complimenti che ci ha riservato. Se anche voi fate il giornale a scuola, conosce bene quali problemi, grandi e piccoli, si debbano risolvere di volta in volta per pubblicare il numero e quali slalom si sia costretti a fare per rispondere alle critiche, per giustificare omissioni e dimenticanze, per... difenderci dal “malocchio” lanciato da chi spera che l’ultimo numero uscito sia davvero l’ultimo della testata. Non è facile tirare avanti, credo lo sappia anche lei. Certe volte ti vien proprio voglia di smettere e di mandare in malora tutto e tutti ma, poi, ... miracolo, il numero successivo esce, si trova il pezzo cercato fino all’ultimo minuto, si corre dal tipografo per correggere l’errore trovato in extremis (pur sapendo benissimo che di errori ne restano ancora sempre tanti e che, neanche a farlo apposta, si scoprono tutti così facilmente a giornale stampato). Addirittura qualcuno si fa chilometri e chilometri di strada in auto per scattare la foto che va a riempire l’ultimo buco rimasto. Non una foto qualsi-
asi, ma proprio quella che sta bene in quel punto e che documenta esaurientemente quel particolare pezzo. Non è meraviglioso tutto questo!? Ancora una volta, come credo avvenga per tutte le “cose” della vita, è questione di cuore. È questione di avere passione per ciò che stai facendo e, per noi adulti e per giunta educatori, è questione di convincerci che siamo dei modelli d’identificazione per i nostri studenti, volenti o nolenti, in senso positivo e, purtroppo, anche in senso negativo. Loro ci guardano, magari non parlano per deferenza o sudditanza, o per ostentata indifferenza, ma ci guardano e da noi si aspettano esempi positivi; si aspettano che - senza parlare diamo loro indicazioni su cosa, come, quando, dove agire. Il “senza parlare” si riferisce, naturalmente, al saper essere e non al saper pontificare, atteggiamento quest’ultimo che non serve a nulla e a nessuno. Ecco allora che fare il giornale con loro, mettercela tutta per chiudere il numero, scomodando magari persone lontane, dibattere sulla scelta delle parole o anche di una sola parola da impiegare per un articolo, riunirci a scuola e ancor più spesso via web anche fino a tarda notte, sono attività educative che non hanno pari perché alimentano modelli positivi di comportamento. L’attività del giornale scolastico, inoltre, è un’attività culturale di prim’ordine. Non c’è bisogno di spiegarlo. Solo le persone ignoranti possono pensarla diversamente. Scusi lo sfogo, ma se anche voi fate il giornale, credo mi capisca benissimo. Il nostro Praticamente viene pubblicato per tre numeri all’anno ed è davvero stampato in 2000 copie per numero che distribuiamo a tutti gli alunni, al personale, alle scuole (della nostra provincia, ma se è arrivato anche a Vicenza, ringraziamo il corriere che l’ha portato). Ricevono copie anche gli Enti del territorio, i fornitori. Insomma tutti quelli con cui abbiamo un rapporto di collaborazione. L’avventura esiste da diversi anni, dapprima con numeri sporadici fatti dagli studenti e, in seguito, dal 2011, con uscite regolari e con le caratteristiche attuali, quelle che ci consentono di chiamare “rivista” il nostro giornale. Ne andiamo proprio orgogliosi! La redazione è composta da docenti e studenti. Si fanno da tre a quattro
riunioni di redazione per annata e un numero indefinito di incontri via web, via skype e altro che i moderni mezzi tecnologici consentono (è fondamentale: i redattori e i direttori sono tutti collegati in rete!). Gli studenti collaborano attivamente alla realizzazione della pubblicazione. Alcuni direttamente con scritti, ricerche, interviste, altri sollecitando i compagni ad intervenire. Non tutti naturalmente! Anzi qualcuno, appena riceve il numero, alimenta il bidone della raccolta-carta. Molti, però, leggono il notiziario, verificano se c’è il loro nome stampato, cercano la loro immagine nelle diverse foto che vengono inserite a corredo degli scritti. Qualcuno si spinge più in là e legge qualche articolo di cultura generale o pezzi relativi ai nostri indirizzi specialistici (cucina, sala-bar e accoglienza turistica). Posso dire che l’interesse sta gradualmente aumentando e, lo dico con una certa soddisfazione, quando usciamo con qualche giorno di ritardo, c’è chi chiede giustificazioni. Anche il personale (docenti e ATA) si sta affezionando alla pubblicazione, gli articolisti cambiano e ciò significa che c’è interesse. C’è anche chi critica, qualcuno in termini costruttivi con indicazioni e suggerimenti, pochi altri, per fortuna, in termini distruttivi dicendo che il giornale non serve a nulla. Spesso, il principale motivo di critica riguarda i soldi che si spendono per stampare tre numeri all’anno, anche se tutti sanno che Praticamente si autofinanzia per intero con le elargizioni degli sponsor. I direttori e la redazione sono compensati col Fondo d’Istituto: una sorta di gettone a forfait che, a mala pena, copre le ore di lavoro consumate per realizzare mezzo numero. Ma, come avviene per tutte le altre iniziative e tutti gli altri progetti della nostra e di tutte le altre scuole d’Italia, tutto nella scuola è sottopagato. Si fa e si va avanti perché c’è quel “cuore” di cui si parlava poc’anzi. Nel caso della nostra rivista, va comunque sottolineato che la sua pubblicazione è stata voluta dagli organismi collegiali dell’Istituto ritenendo che fosse un prodotto culturale di eccellenza e un altrettanto eccellente veicolo di formazione e informazione. E così è stato e, speriamo, lo sia ancora per molto! Attendo il vostro giornale. Cordiali saluti.
Luigino Grossele
IMMIGRAZIONE, LA TRAGEDIA DEI NAUFRAGHI
La tragedia del 3 ottobre scorso a Lampedusa, con l’impressionante bilancio di 366 migranti morti, che viaggiavano assieme ai circa 150 superstiti su un barcone incendiatosi a poca distanza dalle coste dell’isola, è stata la più grave sciagura marittima del Mediterraneo, nel XXI secolo. Purtroppo, solo il numero di vittime la distingue da tante altre simili tragedie che si consumano, costantemente, nel tratto di mare che separa l’Africa dall’Europa. A tutte quelle vite perdute in mare abbiamo dedicato, nel nostro Istituto, un minuto di silenzio ma anche del tempo in più per parlarne, capire di più, riflettere sul tema dell’immigrazione, dei rifugiati e dei diritti umani. Nella classe 2M, che già aveva trattato l’argomento con la docente di Diritto prof.ssa Faggion, alcuni alunni hanno poi avuto l’opportunità di raccogliere una preziosa testimonianza diretta. Hanno infatti intervistato Pierluigi Serra, pilota della Guardia di Finanza, che per anni è stato in servizio sulle coste siciliane come addetto al controllo dell’immigrazione clandestina e che con grande disponibilità ha condiviso con noi le sue esperienze professionali e umane.
Intervista al Luogotenente pilota Serra
“LAMPEDUSA MERITA IL NOBEL PER LA PACE” Sappiamo già che lei non era a Lampedusa la tragica notte del 3 ottobre scorso, ma ha avuto testimonianze sullo svolgimento delle operazioni di salvataggio dai suoi colleghi? Quel giorno i miei colleghi avevano effettuato altre missioni di soccorso per tutta la giornata, perché il periodo era “caldissimo”, gli sbarchi si susseguivano con un ritmo incessante e per ogni barcone intercettato venivano tratte in salvo più di 200 persone per volta, tra uomini, donne e bambini. Le nostre motovedette riservavano il posto sotto coperta ai bambini, proprio per proteggerli dalle intemperie e per cercare di rassicurarli tenendoli vicino alle loro madri. Un mio collega mi raccontava che le barche, a vol-
te, diventano delle vere e proprie nursery, quest’immagine è bellissima perché fa trasparire con quale spirito gli uomini e le donne della Guardia di Finanza si rivolgono nei confronti degli immigrati. Poi la tragedia, nel buio della notte, con tutte le motovedette impegnate nell’operazione di soccorso per cercare di recuperare quante più persone possibile, ripescandole dall’acqua ancora in vita. Purtroppo, quella sera ed i giorni a seguire, molti corpi senza vita sono stati recuperati e portati sul molo di Lampedusa; posso solo immaginare, per averlo già vissuto, lo scoraggiamento dei colleghi, quella sensazione mista di impotenza e rabbia che ti prende quando, nonostante tu abbia dato il massimo ed anche di più, non riesci a salvare una vita umana. Lei ci ha già spiegato di avere condotto tante altre missioni di soccorso in mare. Come ci si comporta in quelle situazioni? Quali sono le difficoltà tecniche, ma anche personali e umane in queste operazioni? Molte volte ho intrapreso missioni di soccorso a bordo degli elicotteri, vi posso dire che quando si svolge un lavoro come il mio, l’equipaggio deve essere sempre pronto a muovere 24 ore su 24 e 7 giorni su 7, si vive la quotidianità con la consapevolezza che in ogni momento puoi essere impiegato in operazioni. Quando arriva una richiesta di soccorso da parte della Sala operativa, in pochissimo tempo si deve pianificare una ricerca in mare in virtù delle informazioni ricevute; quest’ultime rivestono un’importanza fondamentale per poter circoscrivere la zona di mare che si andrà ad esplorare, per poi ottenere il risultato sperato e cioè quello di intercettare quanto prima possibile il “TARGET”(l’imbarcazione con i migranti, ndr), proprio perché la celerità in operazioni di soccorso si traduce spesso in vite umane salvate. Dal punto di vista personale posso dire che l’atteggiamento emotivo degli uomini dell’equipaggio cambia rispetto ad altri tipi di missione, il livello di attenzione sale, ci si prodiga con ogni sforzo a dare il massimo, in gergo, noi elicotteristi diciamo,
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bisogna dare il 102% (riferimento ai giri motore). Cosa si prova nel salvare vite umane e nel vedere invece, purtroppo, anche i molti morti che le operazioni di soccorso non riescono a evitare? Salvare una vita umana non ha prezzo, quello che si prova è un sentimento che non riuscirei a descrivere o a tradurlo in parole. Quando ci riesco, è come se venissi ripagato al doppio per ogni sacrificio, per ogni rischio corso, per ogni giorno passato lontano dalla mia famiglia e dai miei affetti. Io non ho mai reputato il mio un lavoro, bensì un servizio e come tale l’ho vissuto sempre, giorno dopo giorno, mettendo tutta la mia professionalità e la mia passione a disposizione degli altri. Di contro, perdere una sola vita umana, durante un’operazione, è frustrante, anche se in cuor tuo sai che hai fatto tutto il possibile. A che età ha cominciato ad operare come pilota nel controllo dell’immigrazione? E cosa l’ha spinto a scegliere questo lavoro? Sono nato e cresciuto a Galatina, una bella cittadina del Salento ricca di arte e cultura, proprio qui c’è la scuola volo più importante dell’Aeronautica Militare, dove tutti i piloti vengono a brevettarsi imparando a volare sui jet. La mia passione per il volo parte proprio da qui, quando da ragazzino trascorrevo ore con il viso attaccato alla rete di recinzione dell’aeroporto militare, guardando gli aerei decollare ed atterrare con il fragoroso rumore dei motori nelle orecchie, immaginando e sognando di diventare un pilota. In Guardia di Finanza ho potuto realizzare il mio sogno, avevo 25 anni quando ho cominciato, mi sono poi specializzato nel volo sul mare sia diurno che notturno; il controllo sull’immigrazione è una conseguenza del mio servizio, che è sempre mirato alla sorveglianza delle frontiere marittime e alla tutela dei diritti economici e finanziari della Nazione, frontiere che oggi di fatto sono dell’Europa intera. Ha mai assistito a episodi di violenza ai danni degli immigrati, o tra loro stessi? No, non ho mai assistito a niente di simile, anzi al contrario ho vissuto personalmente le vicende del febbraio 2011,
quando a Lampedusa in due giorni arrivarono più di 6000 immigrati dal Nord Africa, praticamente più degli abitanti stessi dell’isola. Proprio in quell’occasione ho conosciuto meglio ed assaporato cose come la solidarietà, l’ospitalità, l’accoglienza senza pregiudizi e tanto altro. Lampedusa ed i lampedusani meritano il Nobel per la pace, rappresentano la parte vera di quell’Italia che al momento giusto sa tirar fuori il meglio in maniera totalmente “gratuita”. Quando i barconi riescono ad attraccare sulle coste italiane, in quali condizioni arrivano gli uomini, le donne, ma soprattutto i bambini? Vi lascio solo immaginare cosa vuol dire affrontare il mare a bordo di imbarcazioni stracolme di persone al limite della galleggiabilità e prive di ogni minimo equipaggiamento di sopravvivenza (giubbotti, salvagenti, zattere etc). Il viaggio può durare diversi giorni e diverse notti, andando incontro, talvolta, a mare grosso, freddo e buio della notte. Ragazzi, vi posso garantire che non c’è più buio del buio in mare aperto, fa paura ed a maggior ragione se lo vivi con la consapevolezza che tutto potrebbe accadere. Gli immigrati al loro arrivo sono stremati, alcuni di loro spesso hanno bisogno di cure che i medici volontari ed il piccolo poliambulatorio di Lampedusa sanno dare con generosità. Considerate anche che, spesso, il viaggio in mare è la parte finale di un viaggio ben più lungo, durato magari mesi, in cui hanno attraversato il deserto, lasciando qualche volta dei propri cari morti per strada ed alla fine diventando vittime di gente senza scrupoli che li sfrutta per guadagnarci sopra. Quello che più mi colpisce sono i loro occhi, specialmente quelli dei bambini, sguardi profondi dai quali traspare tutto il loro penare, ma anche una grande voglia di vivere una vita normale. Cosa ne pensa del problema dell’immigrazione clandestina? Quali soluzioni, secondo lei, si potrebbero adottare? Il problema dell’immigrazione è senza dubbio un fenomeno epocale, milioni di persone che si spostano da un continente all’altro, pronti ad ogni rischio pur di salvarsi la vita, gente che fugge da guerre, da dittature, da una vita che, su una
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scala di valori, è pari a zero. Le soluzioni potrebbero essere tante, non sta a me citarle, ma sicuramente ci vorrebbe, da parte di noi tutti, una presa di coscienza forte ed una voglia di condivisione che ci permetta di affrontare e risolvere i vari problemi che questi uomini, donne e bambini affrontano quotidianamente. E’ ancora forte, secondo lei, il pregiudizio degli Italiani verso gli immigrati? Non credo sia una questione di pregiudizi da parte di Italiani, Francesi, Tedeschi e così via, ma piuttosto una questione di paura. Normalmente si ha paura di ciò che non si conosce, ma se ognuno di noi avesse orecchie per ascoltare ed occhi per vedere, allora credo che inevitabilmente le barriere cadrebbero ed assisteremmo ad uno spettacolo dove uomini incontrano altri uomini provando a calpestare insieme questo pianeta. Intervista raccolta da: Francesco Caccia, Jessica Calore, Eric Calzavara, David Canton, Alex Ceron Coordinamento di Lucia Ruggeri
ANGELI PER LAMPEDUSA L’ennesimo sbarco di clandestini sulle coste di Lampedusa, figlia illegittima di una Italia troppo lontana, piccolissima isola nel Mediterraneo a cui la grande Africa con generosità ha donato i colori impregnando l’aria di profumi speziati. Sulla banchina del porto sguardi smarriti e corpi esausti di uomini e donne, spesso con i loro bambini, che scappando dalla loro patria affidano la vita alla sorte, affrontando e sfidando, in un guscio di legno, un mare grande, così grande che per molti sarebbe difficile perfino racchiudere in un pensiero. Dove lo trovano il coraggio? È questo quello che penso tutte le volte che, in pattugliamento con l’elicottero a sud dell’isola, intercetto quello che in gergo noi chiamiamo “TARGET”, cioè duecento/trecento esseri umani stipati su un barcone al limite della galleggiabilità, spesso preda della rabbia di un mare che sembra non conoscere pietà
verso nessuno. Uomini, donne, bambini, persone proprio come noi in fuga dalla loro terra, merce per chi li sfrutta, per chi sulla loro pelle si arricchisce. Quale la loro colpa? Forse essere nati in un posto diverso da quello che noi chiamiamo mondo civile? Lo stesso mondo che, nonostante il suo grado di civiltà, li discrimina, rubando dignità alle loro anime, trasformandoli da esseri umani in “marocchini”, “mau mau”, gente pericolosa, portatori di malattie, che vogliono solo rubare , indegni anche di vivere… Ho conosciuto Mohamed, un Tuareg del Niger, uomo di una personalità e una dignità fuori dal comune, un mio fratello al quale la paura e l’istinto di sopravvivenza avevano dato la forza di percorrere centinaia e centinaia di chilometri e miglia e miglia di mare per poi finire, dopo essere sbarcato a Lampedusa, in Puglia a raccogliere pomodori, sfruttato e schiavizzato (non dobbiamo aver paura di dire SCHIAVIZZATO) da imprenditori del mondo civile. Ricordo il nostro incontro, una storia semplice di reciproco aiuto prestatoci in situazioni diverse a distanza di tempo. Io stavo correndo, per puro divertimento, una maratona nel foggiano, lui mi assiste quando avverto un malessere al trentesimo chilometro, donandomi subito, senza batter ciglio, senza guardare il colore della mia pelle, senza giudicarmi, tutto ciò che possiede, cioè una sedia e una bottiglia d’acqua, recuperate prontamente da un piccolo casolare diroccato che gli fa da casa, una casa che di comodità ne ha da vendere... Niente luce, niente acqua e il paese più vicino a 5 km, da percorrere chiaramente a piedi; io, di contro, ringraziando con riconoscenza, gli do l’unica cosa che in quel momento possiedo: il mio numero di telefono, che per lui sarà provvidenziale poi. Sì perché Mohamed a distanza di mesi ha bisogno di aiuto, oltre ad una grande dignità lui ha conservato il mio numero di telefono come una reliquia, per lui quel numero diventa una possibilità; viaggia verso Lecce, dorme una notte per terra in stazione, riesce ad arrivare a Galatina, mi cerca e, trovatomi, si meraviglia - lo percepisco dal suo sguardo e dal suo muoversi discreto - quando io, riconoscendolo, subito gli porgo la mano per salutarlo e gli chiedo di cosa ha bisogno, forse non se l’aspettava da un bianco... chissà.
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Mohamed, io ti penso spesso, con la speranza nel cuore che tu possa aver trovato una vita che ti riconosca in quanto uomo e ti restituisca quella dignità che meriti e che allo stesso tempo, nonostante tutto, ancora possiedi, prego sempre perché la paura del diverso non ci faccia sprecare la possibilità di poter fraternizzare, sconfiggendo così odio e insensati pregiudizi. Ciao Mohamed. Gigi Serra
HANNO RUBATO I SOGNI DEI BAMBINI... NEI PANNI DEI RIFUGIATI... Vengono da laggiù che non è più un posto. E’ strano pensare che ci sono uomini senza posti, è più frequente credere a posti senza uomini. IN FUGA DALLA VIOLENZA E DALL’ODIO... Nel mondo di oggi ci sono più di cinquanta Nazioni interessate da conflitti di vario tipo. Ci sono zone come l’Afghanistan e l’Iraq coinvolte ancora in conflitti, la Repubblica Democratica del Congo interessata da una guerra civile, il Medio Oriente frequente teatro di scontri o il violento conflitto che coinvolge l’Egitto. DIRITTI DI TUTTI? INSOMMA... Nel mondo ancora oggi si verificano tante violazioni dei diritti umani. Basti pensare a uomini e donne detenuti per le proprie opinioni, il colore della pelle, il sesso, l’origine etnica, la lingua o la religione, o considerare la pena di morte, la tortura, le esecuzioni senza processo, le uccisioni arbitrarie, l’uso eccessivo della forza da parte della polizia, la partecipazione di bambini a conflitti e guerre. IN CERCA DI CASA... Le Nazioni Unite definiscono rifugiato una persona che «temendo a ragione di essere perseguitata per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o per le sue opinioni politiche, si trova fuori dal Paese di cui è cittadino e non può o non vuole, a causa di que-
sto timore, avvalersi della protezione di questo Paese; oppure che, non avendo cittadinanza e trovandosi fuori del Paese in cui aveva residenza abituale a seguito di tali avvenimenti, non può o non vuole tornarvi per il timore di cui sopra» (art. 1A Convenzione di Ginevra sullo status dei rifugiati, 1951) PIU’ SOLE PIU’ INDIFESE... In tutte le popolazioni di rifugiati, circa il 50% delle persone è costituito da donne e ragazze. Lontane dalla loro casa, dalla loro famiglia, senza la protezione del loro governo, le donne devono affrontare le difficoltà di viaggi molto lunghi verso l’esilio, rischiano di subire violenze da parte di soldati, gruppi armati o banditi. A volte i contrabbandieri aiutano le donne a passare il confine in cambio di prestazioni sessuali. HANNO RUBATO I SOGNI DEI BAMBINI... Nell’ultimo decennio oltre 2 milioni di bambini sono morti a causa di scontri armati. Prima e durante la fuga, bambine e bambini sono le vittime principali di molti episodi di violenza. Spesso nel caos della fuga corrono il rischio di essere separati dalle loro famiglie e, quando si verificano casi di malnutrizione e malattie, i bambini sono i primi a morire. DIVERSI MA INSIEME PIU’ RICCHI... Quante volte vediamo volti stranieri che camminano per strada, sugli autobus o semplicemente li abbiamo come compagni di banco? Quante volte ci abbiamo scambiato qualche parola? Ma quante volte ci chiediamo da dove vengono? E soprattutto: come sono arrivati qui? Molti stranieri hanno affrontato il viaggio per l’Italia come una fuga dal proprio Paese nativo, dove i diritti sono un miraggio. Persone costrette a lasciare famiglia, lavoro e terra per trovarsi smerciate come carne da macello in un Paese estraneo dove puoi contare sulla sola speranza. E’ difficile oggi per questi immigrati sopravvivere in un Paese in crisi. Ma noi, noi giovani, cosa pensiamo di queste persone? Siamo in grado di apprezzare le loro culture? Sappiamo ascoltare, imparare, interagire con chi è diverso da noi? Marta Canoppia
IL TERRITORIO, IL MERCATO, LA CUCINA
SUA MAESTÀ L’OLIO Conoscilo, cucinerai meglio Escludendo il Piemonte e la Valle d’Aosta, l’Italia è un immenso uliveto, che vanta un patrimonio di cultivar quale nessun’altra nazione può avere e una gamma di oli di oliva che variano nel profumo e nel sapore, a seconda della regione di produzione e perfino, nell’ambito della stessa area, a seconda dei diversi microclimi. La regione leader in termini di quantità di produzione è la Puglia, con il 40 % del quantitativo nazionale e il 15 % di quello mondiale. Seguono la Calabria e la Sicilia. Le aziende agricole coinvolte attualmente nella produzione di oli d’oliva sono oltre un milione e centomila e i frantoi attivi tra ottobre e febbraio sono circa 6 mila. Quanto all’olio di oliva ricavato in un’annata, le cifre si aggirano mediamente attorno ai 5 milioni di quintali. L’ultima campagna oleicola, però, ha visto un calo della produzione pari al 1015 %, con oscillazioni tra Nord e Sud. A determinare questa frenata hanno concorso diversi fattori. In primo luogo gli eventi climatici sfavorevoli e i problemi legati ai diffusi attacchi della mosca dell’olivo, che hanno colpito soprattutto le aree interne di alta collina e di montagna. In Toscana, come in altre regioni, i raccoglitori (o brucatori), uomini e donne di mezza età, abituati a sfidare piogge e freddo per staccare uno a uno i frutti dai rami, hanno manifestato nei mesi scorsi il proprio malcontento. Positivi comunque i risultati conseguiti in Umbria, Toscana e Liguria. Un vero e proprio crollo del 40 %, invece, ha colpito il Sud e in particolare la Puglia. Ma a compensare la diminuita quantità è la qualità del prodotto che, secondo gli esperti, quest’anno si mantiene mediamente su buoni livelli. Puglia, Calabria e Sicilia sono dunque le regioni olivicole per eccellenza. Ma di olio di oliva se ne produce in quasi tutta Italia e ogni varietà ha le sue caratteristiche. Il luogo comune che descrive gli oli del Nord, ossia quelli della riviera Ligure e dei laghi Prealpini, come deboli e senza carattere è ormai superato. Il prodotto è certamente meno corposo rispetto a quello del Sud, l’amaro e il piccante sono meno percepibili, ma il sapore è tutt’altro che inespressivo. La Dop Riviera Ligure, per esempio, fa per lo più riferimento alla cultivar taggiasca, una varietà che regala un olio dal gusto rotondo e armonico, morbido e gentile. Il nome di taggiasca deriva da quello di Taggia, località dove era ubicata l’Abbazia benedettina di Santa Maria del Canneto, principale centro propulsore dell’olivicoltura ligure. Per quanto riguarda l’Italia centrale, l’intensità aromatica è chiara, anche se variabile da zona a zona. A prevalere, negli oli di queste regioni, sono le note erbacee. Terra di produzione per eccellenza da secoli e secoli è la Toscana, con ben 78 genotipi di ulivo. Tra le cultivar più diffuse sono il leccino, il frantoio, il pendolino e il moraiolo, che donano un olio in prevalenza di color verde, dal gusto spiccato e dalle note amare e piccanti. L’Italia del Sud, infine, accusata a lungo di produrre oli grassi e pesanti, attesta invece la presenza di oli pregiatissimi, caratterizzati da buona fluidità e da delicatezza di sapori e di profumi. Qui la maggiore concentrazione di ulivi è in Puglia, dove le cultivar predominanti sono la peranzana, da cui si ricava un olio fruttato e con un retrogusto di mandorla dol-
ce, e la coratina, da cui si ottiene un olio fruttato più intenso e dal gusto leggermente piccante. Ma, tra tante varietà d’olio, come ci si orienta? A disposizione del consumatore c’è oggi un’infinità di prodotti diversi, molti di provenienza industriale, altri artigianali o contadini. Non tutti però sono di buona fattura. Sul mercato ci sono centinaia di etichette e una vasta gamma di prezzi e di livelli di qualità, in un rapporto che non sempre è ottimale. Per scegliere una buona bottiglia di olio d’oliva bisogna leggere le indicazioni riportate in etichetta, considerato che le caratteristiche dell’olio dipendono dalla lavorazione e dalle qualità fisico-chimiche del prodotto. Secondo la classificazione dell’Unione Europea le tipologie “vergini” sono quelle ottenute dalla sola spremitura delle olive e, più precisamente, quelle ricavate dal frutto dell’ulivo soltanto mediante processi meccanici o altri processi fisici (in condizioni che non causano alterazioni dell’olio) e che non hanno subito trattamenti diversi dal lavaggio, dalla decantazione, dalla centrifugazione e dalla filtrazione. Nella classificazione degli oli di oliva vergini (o di pressione) rientra l’olio di oliva “extra vergine”, corrispondente a un gusto assolutamente perfetto e con un’acidità, espressa in acido oleico, che non eccede 1 grammo per 100 grammi. Gli oli di oliva “non vergini”, invece, sono quelli rettificati attraverso un procedimento chimico. Per acquistare un olio di qualità è dunque doveroso, come si diceva, un esame dell’etichetta, che dovrebbe riportare le informazioni sul produttore e la qualità dell’olio. Purtroppo, circa i parametri che devono essere indicati, la legge non è rigidamente prescrittiva ed è certo che l’affidabilità di un prodotto è proporzionale alla sua trasparenza, vale a dire al numero di dati analitici di accompagnamento. Tanto più numerosi sono i parametri di legge indicati per una determinata partita di olio, tanto maggiori saranno le garanzie di qualità per il consumatore. Tra le informazioni che devono essere citate sul contenitore vi sono: l’identità del produttore, la quantità di olio contenuto, la data del confezionamento e la categoria merceologica dell’olio (extravergine, olio di oliva e così via). Se al prodotto è stato riconosciuto il marchio Dop (Denominazione di origine protetta) o della Igp (Indicazione geografica protetta) - secondo il regolamento CEE n. 2081/92- , allora sarà presente anche tale specifica denominazione o indicazione. Ciò significa che vengono valorizzate le caratteristiche tipiche e tradizionali delle località geografiche da cui gli oli provengono, ossia con quelle tipiche variazioni nel colore (che va dal giallo paglierino al verde), nel sapore (da quello dell’oliva fresca a quello che richiama frutta e verdura) e nell’aroma (più intenso o più lieve). Altre diciture che compaiono in etichetta sono: “ prima spremitura”, un’espressio-
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SUA MAESTÀ L’OLIO ne un po’ generica che indica che si tratta di un olio vergine, ma non necessariamente appartenente alla categoria degli extravergine; “olio dietetico”, a indicare un olio con vitamine e componenti essenziali (nulla a che vedere quindi con l’idea di dimagrimento); “mosto”, cioè emulsione di olio e acqua nebulizzata e mucillagini in sospensione; “light” o leggero, un termine utilizzato per prodotti di colore poco intenso, che sembrano a bassa densità (tuttavia bisogna ricordare che un olio dal colore più carico non sempre è anche più pesante); “spremuto a freddo”, anche se una spremitura a freddo in senso stretto è impossibile per via del calore che si sviluppa durante la lavorazione meccanica; la dicitura, in realtà, fa riferimento al processo di produzione, che richiederebbe, per tutto il tempo necessario, il mantenimento delle temperature al livello più basso possibile. Infine, per un acquisto sicuro è meglio preferire le bottiglie dal vetro scuro oppure ricoperte da grandi etichette o carta stagnola. Ciò in quanto l’esposizione eccessiva alla luce può alterare anche un prodotto che all’origine era impeccabile. Un olio conservato in modo corretto, sigillato e lontano da fonti di luce e di calore, dovrebbe essere consumato entro i 18 mesi dall’imbottigliamento, anche se può conservarsi bene fino ai 24. L’olio, infatti, contiene componenti antiossidanti che lo proteggono naturalmente dall’irrancidimento e dalla degradazione.
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L’OLIO GIUSTO NEL PIATTO GIUSTO Sicuramente l’extravergine, ma di quale regione? La scelta cambia a seconda delle diverse preparazioni. L’olio di oliva può essere usato a crudo, in cottura e in quel par-
ticolare tipo di cottura che è la frittura. Se usato a crudo è eccellente per i sapori che gli sono propri e per quelli che conferisce alle vivande, esaltandone il gusto e gli aromi. In cottura, l’olio ha il pregio di resistere bene al calore e nei sughi, nelle salse e nei ragù influisce sulla delicatezza del sapore. Inoltre, favorisce una cottura morbida, in quanto è veicolo di calore: rosola alle alte temperature (brasatura, al salto), cuoce lentamente in combinazione col vapore (stufatura) e arrostisce (grigliatura). Altre possibilità di impiego dell’olio di oliva sono negli impasti, anche di pasticceria fine, dove viene usato al posto del burro e della margarina, nella pasta di pizze e focacce, nella pasta brioche, nella farinata di ceci e nella pasta frolla, nelle paste salate e brisée, nella pasta choux, negli impasti lievitati per torte in genere e nel composto per i soufflé. Infine, l’olio di oliva è anche il grasso alimentare vegetale più adatto per friggere, per la sua stabilità chimica e per la sua leggerezza. Un olio leggero e dal gusto delicato, come quelli della Liguria o del Garda, è adatto per condire insalate verdi, verdure lessate, pesci in bianco, come un delicato branzino o i bianchetti bolliti serviti in insalata. E ancora, per i soffritti di ogni tipo, per le fritture e per le salse. Un gusto più deciso, invece, è adatto alle verdure saporite, sia crude sia cotte, alle minestre e alle zuppe, anche di legumi, alle quali viene aggiunto a crudo e alla fine della cottura, oppure alla bruschetta all’aglio. Sono da preferire in questo caso gli oli di oliva più aromatici, come quelli toscani, dal colore giallo intenso e saporiti o quelli di Puglia o di Calabria, che hanno un colore verdastro e un gusto molto accentuato, talvolta definito fruttato in quanto il sapore originale delle olive è ancora chiaramente riconoscibile
Sergio Torresin e gli alunni di 3^ BC
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SUA MAESTÀ L’OLIO La spremitura delle olive e la magia del nettare
Il “Frantoio Colli del Poeta” di Arquà Petrarca nasce nel 2003 per rispondere alle esigenze dell’olivicoltura nell’area dei Colli Euganei. La struttura che oggi lo ospita deriva dalla fedele ristrutturazione di un antico rustico originariamente adibito a cantina e ricovero attrezzi al quale è stata aggiunta una nuova ala per i macchinari della frangitura. Il “Frantoio Colli del Poeta” è immerso nel verde, sorge tra il Monte Ventolone e il Monte Piccolo, in questo piccolo angolo del Veneto crescono gli ulivi, coltivati nel rispetto della natura e del metodo biologico. L’olio extra vergine ottenuto è il risultato della spremitura delle migliori olive, in prevalenza di qualità Rasara, raccolte manualmente tra ottobre e dicembre e subito frante. La particolarità è data dalle innovative tecnologie di estrazione che mantengono intatte le qualità nutrizionali e organolettiche dell’olio. Nello scorso dicembre la mia classe ha svolto una visita didattica presso questa azienda accompagnata dal professor Sergio Torresin e dal collaboratore scolastico Leonardo Baccaglini. Siamo stati accolti dalla proprietaria dell’azienda (in tutto i titolari sono tre) che, in primo luogo, ci ha raccontato la storia del frantoio; quindi siamo entrati all’interno dell’area dei macchinari, che però, durante lo svolgimento della visita, erano spenti. L’operatore ci ha spiegato che per ottenere un buon olio extravergine è determinante trasportare le olive al frantoio il prima possibile dopo la raccolta e sottoporle a molitura entro 24 ore; la raccolta avviene tramite brucatura, cioè si effettua direttamente sull’albero garantendo un olio qualitativamente migliore. L’impianto oleario del frantoio è a ciclo continuo a tre fasi, in grado di lavorare una quantità di circa 500 kg di olive all’ora. Le fasi produttive per la realizzazione dell’olio iniziano dalla tramoggia, un macchinario per contenere le olive, con annesso un defogliatore e una lavatrice per il loro lavaggio, che avviene solo con acqua senza pesticidi! Come specificato precedentemente l’impianto è a ciclo continuo, quindi attrezzato di un nastro trasportatore; dopo il lavaggio le olive arrivano al frangitore dove vengono sottoposte alla frantumazione (insieme all’endocarpo, necessario per gli aromi che conferisce) mediante dei dischi, fino all’ ottenimento di una massa pastosa; subito dopo passano per due gramole che consentono un rimescolamento della pasta per aumentarne la resa. A questo punto si arriva al decanter che divide l’olio dalla sansa (che
verrà usata come combustibile) e dall’acqua di vegetazione ed infine una centrifuga eliminerà le ultime impurità. Il sistema di estrazione è denominato a freddo perché durante la gramolatura la temperatura della pasta non supera i 27°C. L’olio che qui viene prodotto ha un grado di acidità dello 0,1% ed è poi immagazzinato in cisterne di acciaio inox in una stanza a temperatura controllata per evitare che ghiacci; non deve infatti mai scendere sotto i 7°C. Grazie alle sue qualità questo prodotto può fregiarsi della Denominazione di Origine Controllata (DOP): olio extravergine di oliva Veneto DOP o DOP Colli Euganei-Berici. Dopo la visita all’ala dei macchinari ci siamo recati a degustare l’olio. Innanzitutto la proprietaria ci ha spiegato che la degustazione deve essere fatta in bicchieri oscurati per non influenzare la percezione del gusto. Dopo averlo assaporato ci ha chiesto di attribuire degli aggettivi all’olio, ma nessuno di noi è riuscito a indicare quelli giusti, ad eccezione del professor Torresin che ne ha subito percepito il gusto erbaceo; gli altri aromi del prodotto erano quelli, molto delicati, della mandorla e del carciofo. Ci è poi stato spiegato che l’accostamento dell’olio varia in base agli alimenti; quello qui prodotto viene abbinato preferibilmente a verdure e prodotti ittici. La produzione di questo frantoio viene commercializzata al dettaglio nella stessa sede ad un prezzo di 15 euro al litro, eliminando così i costi di intermediazione.
Nicolò Romito
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SUA MAESTÀ L’OLIO
Le nostre curiosità
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La prima domanda che abbiamo rivolto alla proprietaria del frantoio ha riguardato gli scarti: le abbiamo chiesto come vengono smaltiti o eventualmente impiegati dopo essere stati separati dall’olio. La signora ha spiegato che la sansa lì prodotta è troppo secca per produrre olio di sansa e che per questo motivo viene trasportata in altri impianti in cui è trasformata in biogas, mentre l’acqua di vegetazione viene eliminata come rifiuto speciale. Poi ci è stato spiegato che da quattro quintali di olive si ottengono solo quaranta chilogrammi di olio e che per produrli serve circa un’ora di tempo.Un altro fatto interessante è che il frantoio non si occupa di molire solo le olive di proprietà della famiglia, ma che per 22 euro al chilogrammo anche persone esterne all’azienda possono andare a molire le proprie olive. La proprietaria inoltre ci ha spiegato che l’olio da loro prodotto, nonostante sia di ottima qualità e abbia la certificazione DOP, trova molte difficoltà di vendita nella grande distribuzione; questo è dettato dal fatto che per motivi burocratici l’olio del “Frantoio Colli del Poeta” dovrebbe essere venduto al prezzo di circa 25 euro al chilogrammo, cifra evidentemente improponibile negli iper e supermercati. Così, come già detto, si è deciso di vendere il prodotto direttamente presso il frantoio a 15 euro al chilogrammo o in piccoli negozi sparsi per i colli Euganei in cui vengono venduti i prodotti del luogo. Un aspetto un po’ mortificante in quest’ambito è dato dal fatto che gli acquirenti sono soprattutto turisti stranieri, specialmente i tedeschi, e non gli italiani. Poi, dopo la degustazione, la classe si è recata attraverso un sentiero all’interno dell’oliveto, dove ha potuto ammirare il panorama meraviglioso e suggestivo, ma anche constatare l’utilizzo dei metodi biologici di coltivazione, vista la presenza di trappole per insetti attirati da ormoni in una specie di carta moschicida appiccicosa. Grazie al materiale raccolto inoltre ho potuto, personalmente, osservare la composizione chimica dell’olio prodotto nel frantoio: questo speciale “succo di frutta”, come piace definirlo alla proprietaria, è composto di vitamine A, D, E, K, carotenoidi e composti fenolici ad attività antiossidante i quali, oltre a favorire la produzione di un’ottima qualità di olio, hanno permesso alla famiglia di creare una linea di creme per il corpo, contenenti l’8% di olio extravergine di oliva, le quali presentano qualità antibatteriche, evitano gli arrossamenti della pelle, combattono le rughe, alleviano il dolore provocato da ustioni e favoriscono l’abbronzatura. Credo che dal punto di vista informativo la visita effettuata quel giorno sia stata la più esaustiva cui abbia mai partecipato in tutta la mia carriera scolastica. Paolo Munarato
ANALISI SENSORIALE PER LA VALUTAZIONE DELL’OLIO EXTRA VERGINE DI OLIVA
Il regolamento della Comunità europea (CE 2568/91) riconosce la tecnica dell’assaggio, nell’ambito di un panel test condotto da giudici esperti (da 8 a 10), quale strumento di valutazione della qualità dell’olio e, in particolare, dell’olio extra vergine. Viene eseguita la cosiddetta “analisi sensoriale” secondo una metodologia definita dal C.O.I. (Consiglio Oleicolo Internazionale) limitata principalmente alle sensorialità olfattiva e gustativa. L’analisi visiva (colore dell’olio), al contrario, non riveste una particolare importanza e, durante le prove di valutazione, i bicchieri da degustazione sono volutamente colorati, con cromatismi che vanno dal marrone ruggine al blu cobalto. I giudici valutano sia le caratteristiche positive dell’olio (fruttato, piccante, dolce-amaro) e gli aromi (mela, pomodoro, carciofo, mandorla, ecc.), sia gli eventuali difetti presenti al gusto e all’odorato (muffa, avvinato, inacidito, morchia, metallico, rancido, ecc.). Al termine dell’analisi esprimono un punteggio che, considerato assieme alle caratteristiche chimiche del prodotto, ne determinano la sua qualità. Per diventare giudici valutatori è necessario possedere l’”idoneità fisiologica” e aver condotto un numero considerevole di panel test. Bicchierino comunemente impiegato per l’assaggio
A qualcuno piace... crudo Lucia Trevisan
Ciclicamente le copertine dei magazine, i siti salutisti e gli esperti nutrizionisti (veri o presunti) propongono diete dimagranti, disintossicanti, purificanti, tonificanti e chi più ne ha più ne metta. Complice l’attrice di turno come testimonial, le diete hanno poi un risalto mediatico enorme e vengono adottate da consumatori vari, non sempre ben coscienti dei vantaggi e dei rischi connessi a quelle diete (che più correttamente dovrebbero essere chiamate “regimi alimentari”). Dopo la dieta Dukan, la dieta a Zona e la dieta Atkins, sembra che ora sia il turno della dieta crudista. Il crudismo è un regime alimentare che ha origine alla fine del diciannovesimo secolo, ma che negli ultimi tempi è tornato molto in auge. Vediamo più in dettaglio di che cosa si tratta: il crudismo è una dieta alimentare che prevede unicamente, o in larga parte, il consumo di alimenti crudi, non lavorati e spesso provenienti da agricoltura biologica. A seconda del tipo di stile di vita e dei risultati desiderati, la dieta crudista può includere una selezione di frutta cruda, verdura, noci, semi (di cereali o di riso, anche già germinati), uova, pesce (come il sashimi), carne (come il carpaccio) e prodotti caseari non omogeneizzati e non pastorizzati (come latte crudo, formaggi e yogurt di latte crudo). Oltre a quello di alcuni VIP (per esempio Carol Alt e Demi Moore), il crudismo vanta anche l’appoggio di chef e studiosi dell’alimentazione. In effetti che questo regime abbia dei vantaggi per la salute è confermato da molti studi in materia. In particolare i sostenitori di questa dieta ricordano come sia molto più simile a quella dei nostri avi preistorici e affermano che molte delle cosiddette “malattie del benessere” (come diabete, obesità e ipertensione) potrebbero essere, se non dimenticate, almeno ridotte drasticamente con l’introduzione del crudismo. In particolare la fibra presente in abbondanza nei vegetali crudi e la permanenza negli stessi di alcune vitamine termolabili comporterebbero vantaggi indiscutibili per la salute umana. Inoltre non possiamo negare che alcune tecniche di cottura (per esempio la frittura o la cottura alla griglia) possono, se non eseguite a regola d’arte, contribuire alla formazione di sostanze indesiderate o addirittura tossiche. D’altro canto, come è frequente nel mondo scientifico, non è difficile trovare studi altrettanto seri che affermano proprio il contrario e cioè che la dieta crudista possa comportare scompensi nutrizionali e limitazioni nell’assorbimento e nell’approvvigionamento di importanti principi nutritivi. Una
persona (magari giovane, sana e bella) che sgranocchia una carota cruda evoca l’immagine stessa dell’alimentazione sana per antonomasia. Peccato però che le carote crude riescano a fornire una quantità di beta carotene molto minore di quella che possono garantire dopo aver subito il processo di cottura (ricordiamo anche che l’olio del condimento è indispensabile per consentire l’assorbimento di questo prezioso nutriente, essendo quest’ultimo il precursore di una vitamina liposolubile). Va aggiunto inoltre che la cottura, denaturando le proteine, le rende più digeribili e permette la digestione dell’amido. Alcune ricette crudiste ovviano a quest’ultimo inconveniente, utilizzando cereali germinati (come riso e orzo). Attenzione particolare meritano due prodotti oggi molto in auge: il latte crudo e il pesce crudo. Per quanto riguarda il latte crudo, va ricordato che la normativa vigente raccomanda di sottoporre quest’alimento a bollitura prima del consumo. Se infatti, da un lato, questo prodotto ci riporta con la mente ai “bei tempi andati”, durante i quali il consumatore non doveva preoccuparsi di difendersi dai subdoli interessi delle multinazionali e aveva la certezza che il prodotto, acquistato nella fattoria del vicino, era genuino e di provenienza certa, dobbiamo anche sottolineare che fino a qualche decennio fa le contaminazioni batteriche rappresentavano una vera e propria minaccia quotidiana per il consumatore, e che le attuali procedure di sterilizzazione e sanificazione del latte hanno garantito la salute (e in alcuni casi la sopravvivenza) a molte persone. Fanno bene quindi i sostenitori del “Km 0” e i fanatici della tracciabilità a rifornirsi da produttori locali di fiducia, ma fanno altrettanto bene, una volta a casa, a bollire il latte (come del resto facevano anche i nostri nonni). Per quel che riguarda il pesce crudo, non possiamo ignorare come questa pietanza si stia diffondendo in maniera esponenziale, complice la globalizzazione che ci ha avvicinato a culture gastronomiche, specialmente asiatiche, che fino a poco tempo fa erano riservate a pochi eletti. Sushi e sashimi sono ormai alla portata di tutti, ma ancora un po’ di diffidenza placa l’entusiasmo dei consumatori occidentali. Uno dei pericoli maggiori cui può andare incontro il consumatore di queste preparazioni (oltre alle “comuni” contaminazioni batteriche che possono interessare anche molti altri piatti) è la contaminazione da Anisakis, un parassita
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A qualcuno piace... crudo della famiglia dei nematodi che può parassitare anche l’uomo. Questo rischio può essere evitato sottoponendo il pesce appena pescato a congelamento. In Italia i casi di anisakidosi sono 20-30 all’anno (contro gli oltre mille registrati in Giappone) e sono localizzati soprattutto nelle regioni meridionali, dove pesci come alici e acciughe vengono spesso consumati crudi o marinati. Anche l’INRAN (Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione), nella decima linea guida per una sana alimentazione italiana, mette in guardia circa il consumo di alimenti crudi e poco cotti, sottolineando l’importanza dei processi di sanificazione e di sterilizzazione. La diffusione del crudismo, in ogni caso, rappresenta un fenomeno molto interessante e ricco di spunti che mettono in discussione i regimi alimentari più comuni ed elaborati. Al contrario di quanto possiamo pensare, il crudismo non è costituito solo da pasti frugali e da alimenti che non hanno subito nessun tipo di trattamento. La marinatura, la fermentazione e la germinazione sono solo alcune delle procedure utilizzate nelle numerose ricette crudiste che spopolano nei blog di cucina e che, vista la moda, siamo destinati a incontrare sempre più spesso anche nei ristoranti tradizionali.
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Fettuccine di zucchine ai funghi porcini Ingredienti (per 4 persone): 3 zucchine ½ tazza di anacardi reidratati 3 ore 1 confezione di porcini secchi 1 bustina di zafferano 1 spicchio d’aglio 2 cucchiai di succo di limone 1 pizzico di sale aromatico per verdure 2 cucchiai di olio extra di oliva pepe bianco Preparazione: Con una mandolina o il pelapatate ricavare delle fettuccine dalle zucchine preventivamente sbucciate. Cospargerle con un pizzico di sale e lasciare riposare. Nel frattempo mettere a bagno i porcini. Preparare la salsa di anacardi frullandoli con l’aglio, del sale e 1 cucchiaio di olio d’oliva, mantenendola abbastanza densa. Strizzare le zucchine dall’acqua in eccesso che avranno prodotto e condirle con una salsina preparata sciogliendo lo zafferano nel succo di limone e in 1 cucchiaio di olio d’oliva, e pochissima acqua se necessario. Colorare per bene le zucchine e servirle con la crema di anacardi, i funghi porcini a pezzetti e una spolverata di pepe bianco. (www.crudismo.com)
Hamburger crudisti Ingredienti: 3 cucchiai di semi di lino 6 cucchiai d’acqua 1 tazza di polpa di carota (o carota frullata) 1 tazza di semi di girasole 1/2 tazza di sedano tritato 6 cucchiai di cipolla sminuzzata o porri 2 cucchiai di prezzemolo sminuzzato 2 cucchiai di peperoni sminuzzati o frullati 2 cucchiaini di tamari (una specie di salsa di soia) Preparazione: Ridurre in polvere i semi di lino. Per farlo si può usare un macinino da caffè oppure un frullatore potente. Mischiare la polvere dei semi con l’acqua. Versare la poltiglia in una zuppiera e lasciare un attimo da parte. In un altro recipiente mischiare la polpa di carote, i semi di girasole macinati come prima, il sedano, la cipolla, il peperone, il prezzemolo e il tamari. Aggiungere poi la mistura di semi di lino e acqua e mischiare tutto cercando di far amalgamare bene gli ingredienti. Aggiungere anche un po’ d’acqua, se è necessario, in modo da formare una massa densa lavorabile con le mani. A questo punto formare delle polpette basse circa 1 centimetro e rotonde. Mettere subito nell’essiccatore con foglio di carta da forno sotto ed essiccare gli hamburger per circa 4 ore o più, se necessario. Si possono anche servire con una salsina di pomodoro o un paté di funghi. (www.rawfoof.it)
IL POTERE DEL COLORE IN CUCINA CIBI E FILOSOFIA ARCOBALENO «Mangiare seguendo la filosofia arcobaleno ci fa sentire in armonia con noi stessi e con la natura che ci circonda. In base alle nostre esigenze giorno per giorno possiamo scegliere quali cibi mangiare, di quale colore e in quale momento della giornata perché non c’è nulla di imposto ma è un regime alimentare assolutamente “libero” che ognuno può seguire e personalizzare quotidianamente. A ogni colore dell’arcobaleno sono associati cibi con determinate caratteristiche e mangiare “bianco” o “rosso” è una scelta che determina un impatto diverso sul nostro organismo. Possiamo quindi mangiare bianco la sera perché abbiamo bisogno di attenzione e concentrazione per studiare, oppure rosso perché necessitiamo di energia perché dobbiamo lavorare o ballare; mangeremo giallo se avremo bisogno di vitalità. I colori influenzano i nostri stati d’animo e le nostre sensazioni, e sono importanti per il corretto apporto energetico all’interno della nostra alimentazione». Nicola Michieletto (da La cucina dei colori, Tecniche nuove, 2011) LA DIETA DEI CINQUE COLORI Tutto è partito dalla raccomandazione dei nutrizionisti di consumare 5 porzioni quotidiane di frutta e verdura, sia cruda che cotta, per arrivare poi a stabilire che l’ideale è che si scelgano di cinque colori diversi, ribattezzati come i “cinque colori del benessere”: il rosso, il giallo/arancio, il verde, il blu/viola e il bianco. La dieta dei colori si basa sul principio che, al variare del consumo giornaliero di frutta e verdura nei 5 colori, il consumatore assume nutrienti essenziali per la salute, che danno l’energia indispensabile per reagire ai primi segni d’insorgenza di molte malattie. Questo perché i colori, dovuti a composti organici vegetali denominati fitochimici, svolgono un’importante funzione protettiva, rinforzando il sistema immunitario e contrastando l’azione dei radicali liberi. Si comportano come sostanze attive contro l’invecchiamento in generale, difendendoci da molte patologie, quali tumori, diabete e problemi cardiovascolari. COLORE ROSSO Anguria, Arancia rossa, Barbabietola rossa, Ciliegia, Fragola, Pomodoro, Ravanello, Rapa rossa. I pigmenti colorati contenuti negli alimenti rossi sono gli antociani e i caroteni. Ad esempio il licopene, carotenoide abbondante nel pomodoro maturo. Tali pigmenti svolgono un’azione protettiva nei confronti dei tumori, delle patologie cardiovascolari e dell’invecchiamento delle cellule, favorendo anche l’integrità dell’epidermide. Mangiare rosso rende loquaci, aperti, premurosi, passionali; è molto utile in casi di malinconia e depressione grazie alle qualità energizzanti che tali alimenti presentano. COLORE GIALLO/ARANCIO Albicocca, Arancia, Carota, Clementina, Kaki, Limo-
ne, Mandarino, Melone, Nespola, Nettarina, Peperone, Pesca, Pompelmo, Zucca, Pannocchie. Questi colori brillanti sono dati dagli antociani e carotenoidi, che prevengono l’invecchiamento cellulare, contrastano tumori e patologie cardiovascolari e rinforzano la vista. Nutrirsi di alimenti giallo-arancio aiuta il buon umore perché dà energia positiva, stimola la concentrazione e la mente. Si consiglia di mangiare tali cibi alla mattina perché si ha più bisogno di energia. COLORE VERDE Asparagi, Basilico, Biete, Broccoletti, Carciofo, Cavolo broccolo, Cetriolo, Cicoria, Cime di rapa, Indivia, Kiwi, Lattuga, Prezzemolo, Rucola, Spinaci, Zucchina. Il colore verde è dovuto alla presenza della clorofilla, che ha un potere antiossidante. Anche qui il carotenoide aiuta il nostro organismo a prevenire molti tipi di tumore e a proteggerlo dalle patologie coronariche. Mangiare verde stimola il nostro sistema nervoso. Il verde ci dona uno stato di armonia, equilibrio, tranquillità. COLORE BLU/VIOLA Fichi neri, Frutti di bosco, Melanzane, Prugne, Radicchio, Uva nera. I colori blu e viola vengono dati dai flavonoidi e dalle antocianine, pigmenti che favoriscono la circolazione del sangue, prevengono la formazione di colesterolo LDL e impediscono l’aggregazione delle piastrine. Questi cibi devono essere consumati preferibilmente nelle ore serali perché sono facilmente digeribili, conciliano il sonno e propiziano un risveglio rinnovatore. COLORE BIANCO Aglio, Cavolfiore, Cipolla, Finocchio, Funghi, Mela, Pera, Porri, Sedano.
Il pigmento presente all’interno degli alimenti bianchi è la quercetina, che ha la funzione di contrastare tumori e patologie cardiovascolari. Mangiare bianco dona forza, tranquillità ed equilibrio. Andrea Bano, Chiara Niero, Camilla Rubini
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IL POTERE DEL COLORE NELLA PSICOLOGIA E NEL MARKETING I colori spesso vengono considerati, al primo impatto, come qualcosa di estremamente banale, elementare, una di quelle evidenze a cui non si fa caso, sulla quale nessuno si pone domande perché sembra che si conosca già tutto in proposito. Invece non è così, dietro alla parola “colore” si apre un mondo affascinante pieno di informazioni per niente scontate. Un aspetto estremamente interessante dei colori è la forza che hanno sulla psicologia dell’uomo. I colori sono percepiti costantemente da mente e fisico, attirano l’attenzione e stimolano l’interpretazione che cambia a livello sia soggettivo che culturale. Il colore, inoltre, rispecchia un nostro determinato stato d’animo, una particolare situazione che stiamo affrontando, ci permettono di fare qualcosa che con il linguaggio verbale non possiamo fare: ci permettono di raggiungere le emozioni, perché i colori sono emozioni dirette, non un tentativo di descriverle o di avvicinarsi ad esse.
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Un pittore russo, Vasilij Kandinsky, sosteneva: “Il colore è un mezzo per stimolare direttamente l’anima“. Questa “forza” dei colori non risulta indifferente agli esperti di marketing. Per le imprese la concorrenza è alta ed è sempre più difficile trovare un modo per batterla. Per fare ciò la prima strategia è la pubblicità, che deve essere in grado di attirare l’attenzione del cliente per vendere il prodotto. Ma come fare per attirare l’attenzione altrui? Bisogna fare leva sulla psicologia degli acquirenti e suscitare in loro emozioni particolari in base al contesto in cui ci si trova. E proprio qui entra in gioco il potere persuasivo del colore. I colori, a livello subconscio, suscitano infatti reazioni e significati diversi. Seguiteci... Il rosso, nella vita in generale, suscita passione, energia, sessualità, potere, forza, virilità. Questo colore, nell’ambito del marketing, è utilizzato per creare un’urgenza (es.: prodotti in offerta), esprime l’idea del “voler vincere”, è associato anche alla distruzione, al pericolo e al divieto. Nei paesi occidentali il rosso è un colore dalla forza travolgente che provoca accelerazione del respiro e aumento del battito cardiaco, mentre in Cina porta fortuna. Il giallo, invece, trasmette ottimismo, energia, giovinezza e ricchezza. Questo colore nelle pubblicità è utile perché cattura l’attenzione, perché “illumina” e può indicare anche un pizzico di frivolezza. Il giallo è spesso associato al cibo, aumenta la capacità di concentrazione e la creazione di serotonina (regola il buonumore). Il blu suscita sicurezza, tranquillità, fiducia, eleganza, seduzione, nobiltà. Nel marketing viene scelto per dare la sensazione di mettersi a proprio agio, è accostato a quasi tutti gli altri colori e il messag-
gio pubblicitario è solitamente impegnativo. Studi specifici hanno rivelato che la quasi totalità delle aziende più importanti del pianeta si focalizza al massimo sui colori per la promozione a livello pubblicitario, e che un terzo di esse sceglie il blu. Il rosa è legato alla femminilità, al romanticismo, alla delicatezza e all’intimità. Nel marketing viene quindi usato per attirare la clientela femminile; inoltre questo colore riprende le idee di bontà e amicizia. L’arancione dà sensazioni di energia nuova, vitalità, aggressività e generosità. Questo colore, nelle pubblicità, attira molto l’attenzione e viene usato spesso nelle “call to action”, ovvero quando si deve spronare un consumatore a compiere un’azione oppure viene impiegato notevolmente sul web, per evidenziare offerte, occasioni, affari. Questo colore, mentre in Occidente è “energetico”, in Oriente rappresenta la concentrazione mentale: questo spiega la scelta dell’arancione per il celebre saio dei monaci buddisti. Il verde simboleggia la natura e l’ambiente, quindi la vita e la crescita, la fortuna, la gioventù, la primavera e la fertilità. Inconsciamente leghiamo il verde alle piante e all’erba: ecco perchè sono di questo colore i loghi di prodotti biologici, di ditte di giardinaggio e anche dei servizi di raccolta differenziata di rifiuti. Il viola suscita profondità, mistero e malinconia, è legato ai sogni e alla solennità. II marrone richiama i valori di semplicità, forza e realismo. Questo colore inoltre riconduce alla materialità (terra). Il bianco trasmette purezza, igiene, silenzio e giustizia. Rimanda all’idea della pulizia e in certe sue sfumature al luminoso; è usato quindi in ambiti riguardanti la sanità, l’abbigliamento e i bambini. Infine il grigio e il nero: se il grigio ispira serietà e praticità il nero, invece, richiama formalità, autorità, forza e mistero. È spesso utilizzato nei settori dei beni di lusso e della moda. Valeria Barison
IL POTERE DEL COLORE NELLE TRADIZIONI Rosso il rosso è il colore dell’amore e della passione. Nei Paesi orientali le spose sono vestite di rosso perché si dice che porti fortuna, come qualsiasi cosa che trasmetta un buon augurio. In Sud Africa è il colore del lutto, per l’ebraismo quello del peccato, in quanto ricorda il rosso del sangue. Giallo Il giallo è associato alla solarità, colore vivo e dinamico. Se usato eccessivamente può stancare la vista. In inglese, la parola “yellow” fa riferimento alla bassezza di spirito. In Cina era il colore degli imperatori, riservato dunque alla famiglia imperiale, ma attualmente le espressioni “libro giallo” o “film giallo” si usano per riferirsi a contenuti pornografici. In India è il colore dei mercanti, mentre per l’Egitto è quello del lutto. È anche il colore del Buddha, insieme all’arancione, ed è quindi un colore sacro per alcune religioni. Verde Il verde ricorda la natura e l’autenticità. È collegato anche alla speranza e alla fortuna. Nella tradizione islamica rappresenta il Paradiso. Assieme al viola, il verde porta sfortuna nei teatri perché si dice che Molière sia morto sul palcoscenico indossando un abito verde… Questo è dovuto anche al fatto che l’illuminazione usata nel diciannovesimo secolo non metteva in risalto questo colore, perciò non veniva utilizzato. Nei matrimoni scozzesi tradizionali porta sfortuna ai novelli sposi. È anche il colore che caratterizza le celebrazioni del giorno di San Patrizio in quanto richiama il trifoglio che simboleggia la Santissima Trinità. Blu In generale il blu è considerato un colore stabile, che si associa in quasi tutte le culture alla tranquillità o a un evento piacevole, come la nascita di un bambino, oppure a elementi che ricordano la natura, come l’acqua. Il blu è il colore del sogno, ma è quello della sconfitta per gli indiani d’America. Anche nel Medioevo era un simbolo funesto. Bianco Il colore bianco è simbolo di purezza e di religiosità, ricorda i matrimoni e le nascite. Nonostante ciò, il bianco è il colore del lutto e della vecchiaia in Paesi orientali come la Cina. Nero Il nero in Occidente è legato alla cattiva sorte e al lutto, alla depressione e alla tristezza. È anche considerato, in generale, il colore dell’eleganza. I Tailandesi lo ritengono simbolo di sventura, mentre per gli Aborigeni australiani è il colore del popolo e, assieme al marrone, è quello più presente nelle feste tradizionali.
Valeria Barison, Alison Bordin, Riccardo Maran e Sara Santimaria
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IL POTERE DEL COLORE MULTICULTURALITA’ & INTEGRAZIONE
Ma diverso da chi?
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Sapete a chi si riferisce l’estratto della relazione sopra citata? Beh, vi sorprenderà il fatto che si riferisca agli Italiani che agli inizi degli anni ’20 sono emigrati in America in cerca di fortuna, in fuga a gambe levate dalle malattie e dalla miseria che affliggevano il territorio italiano impoverito dalla Grande Guerra. Questo dimostra proprio che da sempre, da quando l’uomo esiste, il diverso è causa di dubbi, perplessità e timori. Semplicemente perché siamo abituati a soffermarci su ciò che lo distingue da noi: il colore degli occhi, della pelle, la lingua che parla, quello che mangia, come si veste, come e dove vive. Non ci accorgiamo che le cose che ci accomunano sono molte di più di quelle che ci diversificano. La sensazione di un nuovo amore che ti esplode nel petto, il dolore di una lacrima che, rigando il viso, lascia un solco che nessuno potrà più rimarginare, la gioia nel veder felici le persone che amiamo dopo aver superato un periodo difficile, il bisogno di un abbraccio quando anche le fondamenta su cui siamo cresciuti crollano portandosi giù sogni e speranze. Questo è ciò che ci accomuna: le emozioni che l’uomo può provare. Perché è irrilevante che tu abbia la pelle bianca, nera o gialla, che ti sia tinto i capelli di fucsia, rosso o verde per esprimere tutta la tua bizzarria o che tu abbia mantenuto la tua genuinità. Non importa che tu abbia qualche chilo di troppo o qualcuno di meno. Perché qualunque sia il tuo talento, qualunque siano le tue debolezze e i tuoi difetti, sei una persona e, in quanto tale, hai la capacità di suscitare emozioni e di viverle. Smettiamola di riempirci la bocca di pregiudizi e chiacchiere infondate. Impariamo ad approfondire le questioni, senza lasciare che i mezzi di comunicazione di massa facciano di noi pappagalli scialbi. Non lasciamo che ci rendano soggetti che recepiscono passivamente qualsiasi tipo di nozione, indipendentemente dal fatto che questa sia fondata su fatti reali o che si tratti di mezze-verità. Cerchiamo di andare oltre l’istinto primordiale del razzismo e di metterci nei panni degli altri.
a.b.
Contro il pregiudizio
Penso che i lati più brutti e sfavorevoli di una società siano i pregiudizi che si hanno per le persone straniere. Si pensa che lo straniero venga sempre da Paesi non civilizzati ed arretrati. Forse, pensando così, pochi si
accorgeranno che quelli meno sviluppati potremmo essere noi, non per quanto riguarda il PIL pro capite, le strade o l’avanzamento tecnologico, ma appunto per il fatto di concepire ed accettare il diverso. A questo punto, vorrei condividere con tutti voi il racconto della mia integrazione in Italia a livello scolastico. Era un bel giorno del primo mese dell’estate 2008 quando io arrivai in Italia. Durante tutto il tragitto in macchina dalla Moldavia, con la testa appoggiata al finestrino, immaginavo come avrei imparato a parlare la lingua italiana e come, dopo di questo, sarei riuscito a stringere nuove e belle amicizie. Ardevo dalla voglia di cominciare ad andare a scuola. A bloccare il mio entusiasmo furono i soliti pregiudizi e le prese in giro dei compagni. Era una reazione a catena. Bastava la battuta di uno per scatenare le chiacchiere e gli insulti di molti. La cosa peggiore per me è stata vedere unirsi a quei 7-8 imbecilli anche ragazzi della mia stessa nazionalità, che a differenza di me erano da più anni in Italia. Non capivo il perché. Due anni dopo scelsi di frequentare il nostro istituto e per la prima volta mi sono sentito nella scuola giusta! Un istituto di tanti ragazzi che vengono da molti posti e Paesi diversi. Per la prima volta, quindi, ho ritrovato il piacere di andare a scuola, di impegnarmi nelle sue attività, di dare il meglio di me stesso, senza aver paura dei pregiudizi o delle persone che ostacolano i miei progressi. Certo, ci sono stati anche casi non molto piacevoli per me, ma non vale la pena ricordarli. Anatolie Jardan
…è un’Amicizia a zebra
L’amicizia che ho con persone di colore può portare meraviglie. L’amicizia con persone di colore è utilissima per combattere il razzismo. I razzisti credono che ad esempio i marocchini siano tutti uguali. Si sbagliano. Né noi né loro siamo uguali. Il perché ve lo chiederete di certo. Il perché è che se fossimo tutti uguali la nostra vita non avrebbe senso.
Tommaso Bottaro
INCONTRI SPECIALI EX STUDENTI ALLA RIBALTA
non conoscevo, in una, anzi in tante culture diverse dalla mia, e in primis tra gente che non capiva un accidente del mio timido inglese. Aspettative ne avevo poche. Cerco sempre di non avere alcun tipo di aspettativa su cose/luoghi/persone perché così mi riesce meglio apprezzare quello che arriva. Di solito funziona. L’unica aspettativa era data dalla mail di risposta, con richiesta di un colloquio, mandatami dal Dorchester Hotel di Londra, l’albergo in cui tutt’ora lavoro, appena tre giorni prima della data di partenza». Quali sono state le prime impressioni ? «Le mie impressioni continuano a cambiare ogni giorno, scopro qualcosa di nuovo e l’idea che mi ero fatto su una cosa si trasforma, mettendomi in una piacevole confusione. Alcune prime impressioni rimangono tali, come quella di una città che va quasi troppo di fretta. Per stare al passo devi correre anche tu. Altre impressioni, o meglio stereotipi comuni sui londinesi, sono state confutate al primo passo fatto fuori dall’aereo. La cosa bella rimane il fatto che non è possibile tracciare delle caratteristiche comuni ai londinesi, visto che a Londra vivono più stranieri che inglesi e, vivendoci, impongono stili di vita alquanto vari».
Londinesi... Intervista a Martino Granzon Fra i nostri ex alunni ci sono molti ragazzi che sono andati a Londra. Londra è la città che tanti sognano, vedendola particolarmente interessante e stimolante. Ma poi, quando si tratta effettivamente di fare il passo, non solo di prendere la decisione, ma concretamente di partire e mettersi in gioco, le cose non sono più necessariamente così facili. Uno di questi ragazzi che ha avuto il coraggio di partire davvero, di comperare il biglietto e cercare di allargare i propri orizzonti è Martino Granzon, che ha frequentato il nostro Istituto e ha concluso con l’esame di Stato nel luglio 2012. Alla domanda iniziale - come sei arrivato a Londra? - Martino risponde così: «Nessuno mi aveva mai chiesto come sono arrivato a Londra. Tanti mi hanno domandato perché ho scelto Londra, altri ancora se vi sono andato insieme a qualcuno. Ebbene, sono arrivato a Londra in cerca di stimoli. Sono sempre stato affascinato da una citazione del libro “Into the wild” secondo cui “l’essenza dell’uomo sta nelle nuove esperienze” e da un po’ di tempo avevo deciso di fare di tutto per trovare il modo di vedere dell’altro, soprattutto - ma non solo - nel mondo della ristorazione». Quali paure avevi? E quali aspettative? «Parecchie paure, mi spostavo da solo verso qualcosa che non avevo mai toccato con mano, tra persone che
Come hai trovato il lavoro? L’hai cambiato da quando sei arrivato? «Ho avuto l’enorme fortuna di trovare lavoro dall’Italia grazie a contatti con persone che lavoravano o tuttora lavorano qui. Ho mandato il curriculum in diversi hotel e ristoranti cercando di puntare un po’ in alto, ma con l’idea di adattarmi ad altri lavori se non avessi trovato subito. Lavoro ancora nel posto in cui ho iniziato, la tendenza generale è di valorizzare l’impegno e le qualità di una persona. Da poco sono stato promosso ad un grado superiore, che mi dà un po’ più di responsabilità e di autonomia». Ormai sei a Londra da quasi due anni. Come ti trovi? Ti sei ambientato? «Dopo un anno e qualche mese nessun rimpianto, anzi tanta voglia di continuare anche se alle volte non è così semplice e scontato. Le ore di lavoro sono tante, dalle 12 alle 17 giornaliere, e spesso la mancanza di pause alza un po’ il livello di tensione, che però si cerca di alleviare dandosi una mano. I rapporti con persone diverse - spesso i colleghi sono anche amici aiutano tanto e spingono anche i più timidi ad aprirsi. Il confronto carica e stimola moltissimo, almeno per quanto mi riguarda». Cos’è stato difficile, cosa facile, cosa ti ha colpito in particolare? «La cosa più difficile da digerire è stata, prima ancora di partire, l’idea che sarei partito davvero. E’ sempre bello fantasticare sul giorno in cui si mollerà tutto per andare in cerca di altro, ma quando quel giorno arriva e realizzi che non tornerai più indietro per un po’, beh... fa paura. Poi ovviamente le comuni paure prepartenza, tra cui quella di corrispondere allo stereotipo dell’italiano medio che non sa fare niente se non cucinare. La
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INCONTRI SPECIALI EX STUDENTI ALLA RIBALTA
cosa più facile, invece, è stata ambientarsi al lavoro, sicuramente anche grazie a persone che hanno capito da subito la mia condizione, avendola vissuta precedentemente sulla propria pelle. Il ricordo del mio primo giorno a Londra? Una delle cose che mi ha colpito di più è stata la risposta “are you from Venice?” data da uno dei pochi inglesi che risiedono a Londra alla mia domanda “which bus should I take to go to..?”. Non solo aveva capito che ero italiano, ma dall’accento aveva intuito anche la zona di provenienza. Poi, tra qualche risata sarcastica, mi aveva spiegato di conoscere delle persone che vengono da Mestrino». Ti piace il lavoro che fai? «Adoro il lavoro che faccio. Non credo ci siano molti cuochi che fanno questa professione come ripiego. Il mestiere del cuoco o piace da morire o si odia, per il semplice fatto che ci sono tantissimi contro (tante ore, lavoro nei giorni di festività, giorni liberi che non corrispondono a quelli degli altri) e pochi pro, ma quei pochi pro portano soddisfazioni enormi. Qui, dove lavoro adesso, ho avuto la fortuna di imparare le basi anche della cucina indiana e di quella cinese, oltre a proseguire nella conoscenza della cucina europea. Questo aiuta anche a crearsi una propria grammatica di sapori».
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I sogni che avevi durante gli anni scolastici si sono avverati? «I miei sogni sono in continuo cambiamento. Resta l’ambizione di crearsi uno spazio nella ristorazione di un certo livello, ma non ho ancora le idee chiarissime. Intanto cerco di trovare le cucine e gli chef che possano indirizzarmi nel modo migliore». Cosa ti ha dato il “Pietro d’Abano”? Sei riuscito a mettere in campo conoscenze e competenze acquisite a scuola? «La scuola dà l’idea, niente di più e niente di meno, ma l’idea è già tantissimo se sviluppata a dovere. Il mondo della ristorazione è lontano anni luce da quello che praticamente si impara a scuola, almeno per quanto riguarda la mia modesta opinione, e questo è causato un po’ dalla “vecchia scuola” della quale alcuni docenti sono stati allievi, un po’ dalla difficoltà pratica di ricreare qualcosa che sia davvero simile all’ambiente lavorativo. Senza due stagioni estive passate a lavorare, sicuramente avrei avuto più difficoltà sia a trovare lavoro che a stare al passo con gli altri». Su quale aspetto, secondo te, la scuola dovrebbe insistere? In che cosa cambiare o migliorare per dare una formazione più adeguata alle esigenze del mercato del lavoro? «Credo che l’attività didattica e la pratica a scuola dovrebbero essere alternate con lunghi periodi di tirocinio in strutture ristorativo-alberghiere. Lo studio senza pratica è fine a se stesso. I college inglesi alternano tre mesi di lezione e tre di lavoro per i ragazzi dai sedici anni in su, attribuendo allo studente una paga adeguata nel periodo lavorativo e le ferie di un lavoratore nell’arco di tutto l’anno. Comunque, rifarei la scuola senza pensarci neppure un momento, non solo per la scuola in sè, ma per le possibilità che offre».
Renate Gilli
Sono qui grazie al Pietro Senza ombra di dubbio sono arrivata a Londra grazie alla scuola e al sostegno dei miei genitori. Se non fosse stato per la vacanza studio fatta in quinta superiore, sicuramente ora non sarei qui perché è stato allora che mi sono innamorata di Londra. La paura che tutti hanno prima di partire (se parti allo sbaraglio, come si suol dire) è quella di non trovare lavoro. Io il mio lavoro ce l’ho grazie a Martino! Infatti lui ha dato il mio curriculum allo chef del suo albergo, che mi ha subito contattato per un colloquio e una prova e, pensate un po’, ha avuto anche la folle idea di assumermi! Adesso lavoro al Dorchester Hotel e devo dire che non è per niente male, il lavoro mi piace e pure Londra continua a piacermi, nonostante la sua caoticità e il caratteristico colore grigio. Se non avessi studiato al “Pietro” non darei per scontato il fatto di essere a Londra in questo momento. La scuola dovrebbe spingere i ragazzi a fare questo tipo di scelta, dovrebbe spingerli a lavorare nei week end e durante l’ estate; chiaramente ogni adolescente vuole divertirsi il sabato e la domenica, ma per esperienza personale (ho sempre lavorato dall’ estate della seconda classe per accrescere il curriculum) un consiglio che posso darvi è di cercare un lavoretto utile per mettere da parte qualche soldino e prepararvi al mondo del lavoro. Lucia Mazzon
LO SCAFFALE Saverio Mazzacane Robert Macfarlane, Le antiche vie. Un elogio del camminare, Einaudi, 2013, euro 22. Robert Macfarlane, appassionato alpinista, critico letterario e docente a Cambridge, aveva già conquistato la critica internazionale con Come le montagne conquistano gli uomini (Mondadori 2005) e Luoghi selvaggi (Einaudi 2011). Nel 2013 ha confermato il suo talento scrivendo un bel libro pieno di viaggi e di vita, dopo aver percorso a piedi antiche vie e sentieri dimenticati in giro per il mondo: dalle lande meno battute di Scozia ed Inghilterra all’impegnativo Camino de Santiago, dai polverosi tracciati della Palestina punteggiati da check-point e muri divisori alle piste di un Tibet favoloso e remoto. La straordinaria abilità dell’autore si manifesta nel risultato che questo libro realizza: le osservazioni e le riflessioni che ne derivano strutturano un racconto in cui sembra che i luoghi parlino e i paesaggi narrino una storia. Un elogio del camminare, dunque, ma non solo: perchè Macfarlane si staglia come moderno poeta della natura e, riannodando il vecchio legame fra la strada e il racconto, fra l’andare e il pensare, riesce a rinnovare una tradizione letteraria che ci rimanda a Chaucer e a Chatwin. In fondo, chi si mette in cammino sfida se stesso, chi esce da casa ha solo voglia di conoscersi.
Craigh Boreth, A tavola con Hemingway, Ultra, 2013, euro 17,50. Che bel libro, divertente e pieno di storie, aneddoti e ricordi. Con un protagonista che sovrasta uomini e cose, un Hemingway goloso e irrefrenabile bon vivant in un campionario senza fine di grandi pranzi, cene e bevute. Già dalle prime pagine il lettore si sente trascinato in una rutilante avventura gastronomica, che tocca il Michigan e la cucina italiana (a Milano, ricoverato durante la Grande Guerra, Ernest scoprì la beccaccia con soufflé di patate e purè di castagne), l’Austria e la Svizzera, Parigi e la Spagna fino all’amata Cuba con le sue aragoste, i fagioli neri e le banane fritte. E poi gli indirizzi, con i ristoranti di lusso e le bettole, i grandi caffè, i bar e le birrerie. Qualche nome: “La Pepica” di Valencia, la celebre trattoria “Botín” di Madrid (che finì nelle pagine di Fiesta e fu la fortuna del locale), la brasserie “Lipp” di Parigi; e quanto al bere, l’ “Harry’s” di Venezia, la “Bodeguita del Medio” e il “Floridita” a L’Avana (certo non potevano mancare), lo “Sloppy” di Key West e altri ancora. Completano il volume più di cento gustosissime ricette e una cinquantina di fotografie, alcune delle quali rarissime, a rimarcare l’accurata ricostruzione biografica fatta dall’autore, Craigh Boreth, giornalista e scrittore, ma anche proprietario di una fabbrica di cioccolato e liquori di alta qualità.
Enrica Rocca, Venezia nel piatto, ma che piatto!, Marsilio, 2013, euro 35. Un inedito connubio fra vetro e cucina, fra il prezioso artigianato di Murano e la fantasiosa gastronomia lagunare. Come si legge nella presentazione dell’editore, «Venezia è l’arte che si fa cucina, è la cucina che si fa arte». Il volume, che si caratterizza per l’elegante veste grafica, contiene oltre 65 ricette tradizionali proposte da Enrica Rocca e presentate su piatti, coppe e bicchieri delle più rinomate manifatture muranesi (Venini, Toso&Barovier, Seguso) e dei maggiori artisti contemporanei (Carlo Moretti, Massimo Michieluzzi). Le bellissime fotografie sono di Jean Pierre Gabriel.
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27 GENNAIO GIORNATA DELLA MEMORIA “SONO ANIMALI MARCHIATI DA BESTIE DI RAZZA PURA”
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Angosciante... Un freddo che congela le più forti delle ossa, una nebbia che annulla la più coraggiosa delle anime. Tetro... Una paura che cancella la più solida delle dignità, un odio che annienta impetuosamente la più nobile forma d’amore. Depauperante... Un sopruso che demolisce il più irrinunciabile dei diritti: LA VITA. Raccontano fosse cosi... Tormentoso... Una goccia di dolore rovente inflitto secondo dopo secondo. Lento. Insinuante. Sempre con la stessa forza sinistra, mirata a sciogliere un corpo gelido di terrore, nudato della propria identità. Una trucida tortura il cui epilogo era null’altro che la morte. Lerce, gremite di gente, 290 corpi stremati accostati gli uni agli altri. Nelle baracche dei lager il sole ha smesso di illuminare, la luna si è scordata di far riflettere, le stelle hanno smesso di far sognare, anche gli uccellini hanno smesso di cinguettare. Tutto tace. Tutto viene fatto tacere. Neppure il pianto fa più rumore, i colpi striduli di un proiettile sparato sovrastano le urla. Opprimente... Tosati a intervalli regolari. Peli e capelli che scendono a terra, fragili, senza far rumore, che non hanno nemmeno più la voglia di ricrescere. Uomini privati dei segni che li rendevano tali: capelli, vestiti, titoli di studio, lavoro. Privati di ciò che li rendevano uomini: il loro nome, i loro cari, il loro sorriso, le loro lacrime. LA LORO VITA. Lugubre... Un piatto d’alluminio che sembra una mangiatoia. Spiaccicata miseramente, a volte si trova una poltiglia di rapa, quando si è fortunati una zuppa di miglio. Cibo per animali, marchiati per distinguerne la razza, la religione, l’orientamento politico o sessuale, servito da bestie di razza pura, avvalorata da distintivi celtici. Torvo... Soldati senza volto che hanno cementato nell’odio il loro cuore, che hanno circondato le loro anime di filo spinato,
pronti a difendersi senza esitazioni da ciò che li turba. Il diverso. Soffocano nel gas bambini ebrei indifesi per paura che un domani li derubino di ricchezze e opportunità. Tormentano donne fino allo sfinimento per paura che procreino. Stremano vecchi e pensatori per paura che insegnino. Distruggono i loro sentimenti. Paura, paura, paura. Fanno solo paura. Così inarrestabili. Ingiustificabili. Folli. Troppa la disumanità nei loro occhi gelidi di crudeltà. Troppa la sofferenza ingiustamente inflitta. Talmente troppa, che non si può perdonare. Oltre 6 milioni di morti, tra cui più di un milione e mezzo di bambini. Vite regalate al cielo, con l’intento di purificare la razza ariana, che di “puro” aveva solo la più disumana delle pazzie. L’odore pungente di quel fumo che disorientato esce da quei comignoli di morte non può essere dimenticato. Non può rimanere racchiuso solo nell’inchiostro, diluito da lacrime, di un libro o nelle pennellate tracciate con il cuore in gola sulla tela di un pittore; quell’odore dovrebbe imprimersi nella coscienza di ciascuno di noi in modo che non possa esplodere più una tale atrocità. Non si può lasciare che tante anime consumate da una “matta bestialità” vengano scordate senza che nemmeno una delle loro lacrime possa essere “consolata”. Perché se ieri è già storia nei libri, l’oggi lo stiamo ancora scrivendo...
Alison Bordin
IL PIETRO IN CAMPO
PROGETTO COMENIUS: TOGETHER IS BETTER
LA NOSTRA AVVENTURA A MANNHEIM IN TEMPO REALE La nostra meravigliosa esperienza è cominciata il 10 Febbraio 2014, quando, alle 5.00 del mattino, ci siamo incontrati nel parcheggio antistante all’Hotel Ritz. 10 ragazzi: visi conosciuti ed altri un po’ meno, ma nessuno in quel momento sapeva che cosa ci attendeva. Quando siamo partiti dal parcheggio, molte emozioni si sono dipinte sui nostri volti: emozioni forti e contrastanti, quali euforia, felicità e spensieratezza e, allo stesso tempo, paura e ansia dettate dalla non conoscenza della città e delle abitudini locali a cui stavamo andando incontro. Il viaggio è durato 11 ore, che sembravano infinite, ma che hanno dato la possibilità a noi partecipanti di conoscerci e divertirci. Appena arrivati nella città di Mannheim (Die Stadt im Quadrat), ad aspettarci davanti alla “Justus Von Liebig Schule” c’era la preside Ruiner in persona! Da quel momento è cominciata la nostra avventura in Germania, caratterizzata da momenti in ostello, a scuola, per le strade e i negozi di Mannheim. A scuola abbiamo avuto la possibilità di conoscere più da vicino gli altri ragazzi partecipanti allo scambio e di interagire con loro, grazie ad attività quali cucinare le specialità tipiche del territorio e creare alcune decorazioni pasquali con le salviette. Abbiamo avuto anche l’opportunità di visitare la romantica cittadina di Heidelberg, situata sulle rive del fiume Neckar. Al momento siamo nel bel mezzo del viaggio, fra due giorni torneremo in Italia e speriamo che questa esperienza possa essere l’inizio di una lunga collaborazione con ragazzi di altri Paesi europei. «Quando a 13 anni ho partecipato a “Porte aperte” e ho sentito parlare dei progetti con la Germania che si svolgevano in Istituto, ho pensato che non sarei mai stato scelto per un viaggio di questo tipo. Non mi sembra vero di essere qui e realizzare questo sogno» dice Anatolie. E Michael : «Avevo paura di non riuscire a socializzare con gli altri partecipanti, invece le cose sono molto più semplici di quanto pensavo».
Così conclude Marina: «Ringrazio la scuola, che quest’anno mi ha dato la possibilità di vivere queste due meravigliose esperienze all’estero, dato che non ne avevo mai avuto l’occasione». Valentina Zito e Riccardo Maran
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IL NOTIZIARIO DEL PIETRO
Rubrica a cura di Elisabetta Benvenuti
IL CARCERE ENTRA A SCUOLA, LA SCUOLA ENTRA IN CARCERE Lunedì 11 Novembre 2013 le classi 4AS, 4BC e 4AT hanno visitato il carcere “Due Palazzi” di Padova e il 14 dello stesso mese alcuni detenuti ed ex detenuti hanno portato la loro testimonianza all’interno di un dibattito tenutosi nei locali della succursale. Ecco le riflessioni di alcuni studenti della 4 BC.
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... L’apparenza sembrava ospitale se non si faceva caso alle sbarre ed ai cancelli automatici che si aprivano e chiudevano alle nostre spalle, terminando il percorso attraverso un lungo corridoio dipinto dai detenuti... la premessa dell’incontro è stata diretta e chiara: il silenzio, oro per chi si immerge nei ricordi più dolorosi della sua vita... Nella nostra concentrazione, dove si percepivano sbigottimento, ansia e curiosità, si fece avanti la voce di Ulderico. Alla fine del suo racconto il silenzio regnava su ogni bocca presente, che non osava spiccicare parola. Ruppe il silenzio Raschid... Poi fu la volta di Carmelo... Alla fine delle storie le mani alzate erano molte, tutti pronti a fare domande e riflessioni di ogni genere, e la voglia di soddisfare le curiosità di noi ragazzi da parte dei detenuti era molta. Purtroppo non tutti i detenuti sono coinvolti in questi progetti, perchè c’è uno stato di sovraffollamento, ovvero 800 persone in un edificio che ne può ospitare a mala pena la metà. Le mie sensazioni erano strane, non ho provato ansia o paura, ma emozioni nuove che non riesco a descrivere. I detenuti erano gentili, alcuni un po’ freddi per paura del nostro giudizio, altri molto aperti a nuove conoscenze. La cosa che mi ha colpito di più è che, ogni volta che un compagno parlava e raccontava la sua storia, gli altri detenuti restavano a capo chino come in segno di solidarietà a causa del dolore provato nell’immergersi nel racconto. Non so come definire questa esperienza, per alcuni potrebbe essere dura, per altri un in-
segnamento di vita, ma sono sicura che si capisce che dietro quelle sbarre non ci sono mostri e serial killer, ma persone normali che vivevano in una realtà molto vicina alla nostra. Sono persone che hanno sbagliato, ma non per questo devono essere dimenticate. Marta Canoppia L’ultima fase del progetto prevede la visita di altri carcerati ed ex detenuti a scuola. Anche in questa occasione le storie sono diverse: la dipendenza dalla droga che porta un giovane a commettere un omicidio; una madre che, per salvare la propria attività, spaccia; un ragazzo tunisino che durante una rissa colpisce con un coltellino un suo connazionale e involontariamente lo uccide; un uomo che, per il desiderio dei soldi facili, entra nel vortice dell’illegalità. Due di loro sono liberi e la loro redenzione li ha portati a riallacciare i rapporti con la famiglia o a crearne una nuova e a riprendere in mano la propria vita nella normalità. Il ragazzo tunisino esce durante il giorno per lavorare e torna in carcere alla sera, ricominciando la sua ascesa nella quotidianità; l’altro ottiene dei permessi per uscire, ma sta ancora scontando la sua pena. La discussione è simile a quella in carcere, anche se le storie sono diverse e rievocano il passato per parlare della realtà penale. La voglia di ricominciare è tanta e questo porta a concretizzare ancora di più l’idea di non dare mai nulla per scontato e che anche i detenuti sono uomini che hanno sì deragliato nella loro vita, ma che, nonostante tutto, hanno il diritto di recuperare come persone libere.
Rebecca Santimaria
«Il male ci riguarda tutti, ma quando lo vediamo, lo vediamo sempre incarnato in qualcuno di diverso da noi». Questa frase mi esplode dentro, come una bomba , forse perché mentre ascoltavo le storie questa consapevolezza si è radicata nei miei pensieri. Dietro ad ogni delitto c’è una storia, che certo non sarà mai usata
come scusante, ma è lì come un’ombra, a ricordare che c’era fin dall’inizio qualcosa che non andava e che la società ha fallito ancora prima che il delitto avvenisse.
Gabriela Tudosanu
Entrare in carcere e conoscere Ulderico, Kamal e Carmelo mi ha fatto aprire gli occhi, mi ha fatto capire che dietro a ogni persona c’è una storia che il più delle volte non viene raccontata. Dietro a ogni detenuto c’è una persona che ha sbagliato, certo, ma che sta pagando con la privazione della propria libertà. Parlando con i detenuti mi ha colpito la loro consapevolezza e la loro voglia di riscatto.
Giorgia Mirto
Questo incontro per me è stato strano. Ho scoperto una realtà di cui non conoscevo quasi nulla, ho scoperto le storie, visto le persone, e questo ha cambiato il mio modo di pensare. Mi ha fatto capire che a tutti va data una seconda possibilità e che a tutti capita di sbagliare, ma se con la buona volontà cerchiamo di rimediare le cose si sistemano. Non torneranno mai come prima, ma almeno saranno migliori.
Luca Bianco
Carmelo, condannato all’ergastolo ostativo, ha detto: «…perché al termine della pena, il detenuto dovrebbe uscire diverso da com’era quand’è entrato. Deve aver imparato una lezione in base alla quale non andrà più a commettere gli stessi sbagli. Quando invece scontavo pene minori, uscivo dal carcere ancora più arrabbiato di prima, pronto a vendicarmi».
Anatolie Jardan
IL NOTIZIARIO DEL PIETRO PROGETTI DEL POF mento del giro d’affari. Lo scopo della mostra, in conclusione, è stato quello di informare i visitatori delle atrocità commesse in passato per contribuire a tutelare sempre più i diritti umani in ambito psichiatrico, con particolare attenzione verso le fasce deboli della popolazione. Sara Santimaria e Valentina Zito
INCONTRO SULLE DIPENDENZE
VISITA ALLA MOSTRA
Lo scorso 9 novembre si è tenuta una mostra sul mondo della psichiatria al Teatro polivalente di Abano Terme. Le classi 4AT, 5CR e 5AT del nostro Istituto, guidate dalla professoressa Maria Chiara Ceresoli, l’hanno visitata con curiosità, pronte a scoprire un universo per molti sconosciuto. Mostra davvero particolare e unica nel suo genere, molto cruda, senza filtri o falsi moralismi. Il titolo dell’evento era “Il volto sconosciuto della psichiatria” e l’allestimento riproduceva quello del celebre museo della psichiatria di Los Angeles, ormai meta di molti studenti delle facoltà universitarie di medicina di tutto il mondo. La mostra era il compendio di oltre 40 anni di ricerca sul tema, arricchito da crudi filmati storici con più di 160 interviste di psicologi, avvocati, dottori, pedagogisti e di persone che hanno subito trattamenti psichiatrici e psicofarmacologici. L’esposizione era composta da 78 pannelli illustrativi e da 14 video con lo scopo di ripercorrere la storia della psichiatria, dalla sua comparsa fino ai giorni nostri, comprendendone i trattamenti coercitivi e contenitivi, i retroscena, la lobotomia, l’elettroshock ed infine i sistemi di contenzione psicofarmacologica. Il viaggio nel tempo di questa scienza che studia la mente umana inizia nel 1700 con i primi studi e le prime tecniche pratiche di psichiatria. Ma quel che colpisce è che anche in epoche più recenti, per esempio durante le due guerre mondiali, furono eseguiti molti esperimenti non solo su animali, ma anche su esseri umani, con tecniche e strumenti inimmaginabili. È stato davvero così crudo il mondo della psichiatria? Perché nessuno ne parla mai? Si è passati poi ad una larga sezione dedicata all’elettroshock e alla lobotomia, con filmati non recentissimi, ma
che hanno avuto un certo impatto a livello personale ed emotivo. Più si continuava con le immagini e più ci si rendeva conto di come esse stessero diventando crudi e senza censure, fino a mostrare addirittura operazioni cerebrali autentiche e complete. Una significativa sezione della mostra, e forse anche la più crudele, era dedicata ai bambini e ai manicomi, alle tecniche che si utilizzavano e ai casi di morte causati dai medici. I manicomi sono stati chiusi alla fine del secolo scorso, ma la reclusione forzata in strutture che il più delle volte erano veri e propri lager ha portato o alla morte di molte persone per lunghissimi tratti della storia o alla rovina mentale degli ex pazienti sopravvissuti. Un’altra sezione della mostra trattava i temi del disturbo da deficit dell’attenzione e da iperattività e della somministrazione di psicofarmaci ai bambini. Queste immagini ci hanno turbato molto a livello emotivo, in quanto i filmati non lasciavano molto spazio alla fantasia, visto il crudele realismo dei fatti. Inquietante anche come, al giorno d’oggi, sia facile prescrivere a bambini e ad adolescenti l’uso di farmaci “psicologici”, anche se non strettamente necessari. Come appunto veniva puntualizzato in uno dei filmati, tale trattamento non è motivato da un deficit mentale o da piccoli problemi mentali legati alla crescita, ma si riconduce agli interessi della potente industria psicofarmacologica che infatti ogni anno vede aumentare il suo reddito attraverso un au-
Uno degli incontri fatti dalle classi terze quest’anno e del quale ci sembra doveroso parlare è stato quello tenuto dal dottor Stivanello, responsabile del SERT di Padova. L’obiettivo proposto era quello di aumentare la consapevolezza di noi giovani nella percezione del rischio relativo all’assunzione di sostanze e al circolo vizioso di dipendenze che si crea intorno ad esse. Stiamo parlando di un’esperienza senza dubbio utile e formativa, in quanto ci ha permesso di avere dei chiarimenti su un mondo che effettivamente non è poi così lontano da noi. Il dott. Stivanello ha saputo rapportarsi a noi in modo semplice e coinvolgente, rispondendo esaurientemente alle nostre domande e curiosità, per esempio su che cosa si intende per dipendenza, qual è la differenza tra quella fisica e quella psicologica e se le dipendenze possono essere tutte equiparabili. Abbiamo perciò compreso che situazioni apparentemente normali e piacevoli producono molte volte gravi conseguenze. Condividere uno spinello o iniziare a fumare o a bere in compagnia può generare una dipendenza. Una semplice abitudine diventa come una necessità, un’alterazione del comportamento e una ricerca esagerata del piacere. Una persona non è più libera, neppure di decidere... Non servono suggerimenti!
Lucrezia Boffo e Rebecca Irolsini
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IL NOTIZIARIO DEL PIETRO PROGETTI DEL POF DISTURBI DEL COMPORTAMENTO ALIMENTARE
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Il 30 gennaio la dottoressa Tatiana Zanetti ha tenuto un incontro di formazione con alcuni studenti dell’Istituto Alberghiero Pietro d’Abano per capire insieme quali sono i principali disturbi del comportamento alimentare e come si manifestano. L’incontro si inserisce all’interno del progetto “IntegrAttori – Giovani e Comportamenti Attivi per il Benessere”, al quale la scuola ha aderito. Il progetto è stato realizzato dalla Città di Abano Terme, in collaborazione con l’Associazione culturale Khorakhanè, l’Associazione Alice per i D.C.A. (Disturbi del Comportamento Alimentare) e la Cooperativa Sociale Nuova Idea. Un progetto che si basa quindi su una rete di soggetti diversi per unire competenze ed esperienze che vanno dalla promozione della cultura all’integrazione sociale e alla partecipazione dei giovani. “IntegrAttori” è stato selezionato tra i vincitori del bando “Cittadinanza Attiva” promosso dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, dalla Regione Veneto e dall’Osservatorio Regionale delle Politiche Sociali. L’incontro ha aperto l’articolato calendario di eventi previsti dal progetto: martedì 18 febbraio alle ore 21.00 presso la Biblioteca Civica di Abano Terme (Via Matteotti 70) ha avuto luogo l’incontro “Disturbi del Comportamento Alimentare... Parliamone”, tenuto dalla dottoressa Tatiana Zanetti, da anni impegnata come psicoterapeuta in attività di formazione e sensibilizzazione su questo tema. Un’occasione utile soprattutto per i genitori, gli insegnanti e in generale per coloro che svolgono un ruolo educativo all’interno della comunità, per dotarsi di qualche strumento in più per leggere situazioni di difficoltà e disagio. In seguito all’incontro di sensibilizzazione sui disturbi del comportamento alimentare avrà luogo, infatti, un ciclo di proiezioni con dei film, selezionati dai giovani volontari, che affrontano le dinamiche di inclusione e di esclusione sociale dal punto di vista dei ragazzi. Aprirà la rassegna il film “Caterina va in città” di Paolo Virzì, lunedì 17 marzo alle ore 18.30 presso la Biblioteca Civica di Abano Terme. Gli appuntamenti successivi si terranno nella sede di via Puccini (Abano Terme) della Cooperativa Sociale Nuova Idea nei giorni 22 marzo, 29 marzo e 5 aprile alle ore 17.00. Grazie al progetto, ha preso vita inoltre un laboratorio di
cucina presso la Cooperativa Sociale Nuova Idea, caratterizzato da un approccio inclusivo, durante il quale gli utenti della cooperativa e i giovani cucineranno assieme, scoprendo i piccoli segreti per mangiare bene e soprattutto in modo sano. Sarà quindi l’occasione per riscoprire l’importante funzione sociale del cibo, come veicolo di promozione dello scambio di conoscenze e della creazione di nuove relazioni.
“OPERAZIONE MATO GROSSO”
L’incontro che abbiamo avuto lo scorso dicembre, durante l’ora di religione, con tre volontari dell’ “Operazione Mato Grosso”, è risultato molto interessante. All’inizio è stato proiettato un video che raccontava l’esperienza fatta da uno dei ragazzi presenti in aula, Claudio, che ha vissuto sei mesi in Perù, in una regione delle Ande dove manca completamente la tecnologia e la vita è molto difficile. Le immagini erano bellissime e descrivevano paesaggi molto diversi dai nostri, ma anche e soprattutto isolamento e povertà. La cosa straordinaria erano i volti sereni e sorridenti di quelle persone che, nonostante le difficoltà o proprio per questo, sembravano cogliere l’importanza di un sorriso e di un gesto che vengono dal cuore. L’associazione di cui fanno parte i tre ragazzi offre ai giovani di quel Paese la possibilità di svolgere numerose attività formative. A mio parere attraverso queste esperienze di vita le persone iniziano a scoprire valori fondamentali come la fatica o l’attenzione verso gli altri. Tutto ciò lo consiglierei a tutti perché insieme si può cambiare la vita dei più poveri; conoscere realtà differenti produce in noi importanti cambiamenti che ci rendono persone più sensibili, insegnandoci ad amare incondizionatamente il nostro prossimo. Genness Aru Uhunmwangho
“WE WISH YOU A MERRY CHRISTMAS”
Con l’avvicinarsi del Natale i rappresentanti d’Istituto hanno organizzato una festa per finire il primo
“WE WISH YOU A MERRY CHRISTMAS”
Con l’avvicinarsi del Natale i rappresentanti d’Istituto hanno organizzato una festa per finire il primo trimestre in allegria, ballando, scherzando, ma soprattutto mangiando. Dato il numero elevato degli studenti, la festa si è dovuta svolgere in due sedi separate. Gli alunni Matteo Silvestri e Alison Bordin hanno addobbato la Sala Rossa della sede centrale adibita ad ospitare 190 alunni. La sala è stata allestita con due tavoli da buffet, un tavolo per il DJ e decorazioni natalizie varie. Per l’occasione gli alunni della classe 4AC, con l’ aiuto della professoressa Toma, hanno decorato una quindicina di panettoni e pandori. La festa è stata animata dalla musica che, in un primo momento, ha scatenato diversi “balli di gruppo” come la Macarena e la Bomba, con la formidabile partecipazione del nostro ballerino “professionista” Massimo Carraro, della 5BR. Una volta riscaldatici si è passati alle canzoni da discoteca grazie alle quali la festa ha riscosso un ottimo successo, coinvolgendo gran parte dei ragazzi e persino alcuni docenti. Per quanto riguarda la Succursale, vi è stata una vera e propria esibizione. Ci riferiamo a quella di Sebastiano Fattoni che, mettendo a disposizione tutta l’attrezzatura necessaria, ha saputo dimostrare di “che musica è fatto” e coinvolgere gli studenti. Le alunne e gli alunni entusiasti dell’esperienza porgono un ringraziamento speciale al Preside che ha concesso di organizzare questo simpatico momento di festa.
Matteo Silvestri
MERCATINO DEL LIBRO
Nella seconda settimana del mese di dicembre si è svolto, in biblioteca, l’ormai tradizionale mercatino del libro. Le insegnanti organizzatrici sono state molto soddisfatte del clima che si creava all’arrivo delle classi: finalmente l’allegria e la partecipazione degli allievi ravvivavano l’atmosfera della biblioteca. L’interesse dei ragazzi era genuino e diversificato. A volte l’offerta dei libri non riusciva a soddisfare le loro richieste e questo dimostra che c’è ancora curiosità per la lettura. I risultati sono stati senz’altro superiori alle aspettative e per noi è stata una bella sorpresa. Tuttavia abbiamo rilevato con dispiacere che alcune classi non hanno colto questa opportunità. Il numero delle classi che hanno parte-
IL NOTIZIARIO DEL PIETRO PROGETTI DEL POF cipato: 27 Il numero dei libri venduti: 185 Ringraziamo tutti coloro che hanno collaborato a questa iniziativa e ci scusiamo per gli eventuali disagi. La Commissione Biblioteca
CRI-RAPPRESENTANTI UNITI
Lo scorso 19 dicembre, noi rappresentanti del “Pietro” abbiamo partecipato a una riunione del CRI (Comitato Rappresentanti d’Istituto) nell’aula magna del liceo “Curiel” di Padova, assieme a molti altri rappresentanti dei licei e degli istituti superiori di Padova e provincia. Si è discusso del progetto di unire le scuole e di farle lavorare insieme per raggiungere fini uguali tra loro, come ottenere i fondi per il restauro delle scuole più disagiate e il rispetto dei diritti degli studenti. Durante la riunione del mese scorso, noi rappresentanti abbiamo discusso della controversa questione dell’occupazione delle scuole. Gli istituti che hanno occupato durante quel periodo, da quanto è emerso, non hanno migliorato la situazione, anzi i loro rappresentanti hanno fatto capire al resto delle scuole che quello non era il metodo giusto per farsi sentire, o almeno non nel periodo dei cosiddetti “Forconi” che attualmente monopolizzano l’attenzione dell’opinione pubblica. In conclusione, il “Pietro d’Abano”, assieme a molte altre scuole di Padova e provincia, si dissocia dall’iniziativa dell’occupazione e grazie a questa nuova unione nel CRI vuole lavorare sodo per migliorare la nostra e tutte le scuole della provincia. Chiara Stievano, Stefano Cavestro
PRENDIAMOCI IL NOSTRO SPAZIO - SCUOLA
Scuola anche al pomeriggio? Ma certo! A partire dal 18 febbraio 2014 prenderà avvio, a livello sperimentale, il progetto “Spazio – Scuola” inserito nel Piano dell’Offerta Formativa 2013/2014 e riservato agli studenti dell’Istituto. Il progetto si propone di rendere la scuola uno spazio vivo anche nelle ore pomeridiane, vigilato dalla presenza di un insegnante, ma organizzato in autonomia dagli alunni che intendano svolgere attività di studio alternative a quelle consuete. Nei giorni di martedì, mercoledì e venerdì, con orario 14.00-16.00, presso la succursale, gli alunni (non più di 25) potranno svolgere le seguenti attività: Gruppi di studio assistito (alunni
delle classi terminali che aiutano quelli del biennio) Gruppi di lavoro (alunni che svolgono compiti particolari: articoli di giornale, riunioni, preparazione di tesine, ecc.) Successivamente, verificato l’andamento dell’iniziativa, potrà essere avviata anche l’attività di Studio autonomo (individuale o per piccoli gruppi). Per le attività di cui al punto 1 (studio assistito), il progetto può riuscire qualora gli studenti delle classi terminali si rendano disponibili a prestare la loro piena collaborazione. Si tratta di uno spazio di partecipazione e socializzazione che ha l’obiettivo di rendere gli alunni maggiormente protagonisti del loro processo di apprendimento. E allora prendiamoci lo spazio e utilizziamo al meglio il nostro tempo.
MOVE FOR FOOD, UNA CONQUISTA DEL “PIETRO”
Il nostro Istituto è stato selezionato per l’avvio del progetto “Move for Food”. Il progetto rientra nel programma di implementazione dell’apprendimento della lingua straniera, finanziato dalla Regione Veneto e dal Fondo Sociale Europeo. 30 allievi delle classi terze dell’indirizzo eno-gastronomia avranno l’opportunità di frequentare un corso di lingua inglese, che si terrà per metà in sede e per metà nella nostra scuola di riferimento a Londra, il Purley Language College. Sia il corso che il soggiorno studio all’estero non avranno nessun costo per gli allievi, poiché interamente sovvenzionati dai fondi stanziati dalla Regione Veneto e dall’Europa. Siamo orgogliosi di questo successo e ci rallegriamo insieme ai 30 allievi selezionati del fatto che, almeno per questa volta, le migliori possibilità di istruzione non siano solo appannaggio delle famiglie benestanti. Questo progetto ha una pluralità di vaPurley English Language College of London
lenze: valorizza le eccellenze, poiché la selezione dei 30 allievi è avvenuta per merito; rende giustizia agli allievi meno abbienti, che non hanno mai potuto aderire al progetto “soggiorno-studio” per motivi economici; attesta che l’istruzione di qualità necessita di quelle risorse economiche che da anni la scuola reclama senza successo.
A.G.
WI-FI. UN CONTRIBUTO PROVVIDENZIALE DEL MINISTERO
L’Istituto ha partecipato ad un concorso indetto dal MIUR per beneficiare di fondi per l’implementazione del sistema WIFI nelle scuole. Grazie ai 15.000 € vinti, sarà possibile realizzare le infrastrutture di rete che consentiranno di incrementare l’uso di contenuti digitali in aula a beneficio degli insegnanti e degli allievi. Gli obiettivi sono quelli di rendere più interattiva la didattica e di adottare il cosiddetto registro elettronico fin dal prossimo anno scolastico. Il progetto è stato ideato dal prof. Vito Fanciullo, “funzione strumentale” per l’informatica del “Pietro d’Abano”.
BANDO SCUOLA- INNOVAZIONE La Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, con l’obiettivo di sostenere la realizzazione e l’ammodernamento dei laboratori di indirizzo e curricolari degli Istituti superiori, ha selezionato 18 scuole - tra cui la nostra - a cui destinare un sostanzioso contributo. Il “Pietro d’Abano” ha presentato un progetto assai articolato per l’allestimento di un bar innovativo che sarà collocato presso la Sala Specchi della sede centrale. I lavori saranno realizzati durante il prossimo periodo estivo e le esercitazioni potranno essere avviate col nuovo anno scolastico. Un sentito grazie alla Fondazione, da anni sempre vicina al mondo della scuola.
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IL NOTIZIARIO DEL PIETRO PROGETTI DEL POF
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CRONACHE BOLZANINE Venerdì 13 dicembre 2013. Ore 7.00 - Partenza in pullman alla volta di Bolzano con i ragazzi di 2^H e 2^L, tutti felicissimi nonostante la levataccia, clima di spensierata allegria durante il viaggio. Accompagnatori i proff. Bresciani, Buischio e Marabello Ore 9.30 – Sosta a metà strada, alle nostre spalle la pianura sommersa da un manto di nebbia, davanti a noi il paesaggio di montagna, un cielo meravigliosamente azzurro e terso, l’aria frizzante e pura. In pullman sempre grande allegria. ore 10.45 – Arrivo nella città capoluogo del Tirolo italiano, bella e accogliente con quel suo mix seducente di cultura mitteleuropea e mediterranea. Ore 11.00 – Appuntamento con Frau Margarete nel Krippenmuseum (museo dei presepi) del Convento Benedettino Muri – Gries situato a nord del centro storico di Bolzano. Visitiamo la stupenda esposizione di presepi accuratamente disposta su tre piani della Torre romanica dell’Abbazia, nonchè gli interni della chiesa di Santo Agostino in stile barocco. Terminata la visita ci dirigiamo di buona lena verso il centro storico; attraversiamo il Talferbruecke, ponte sul Talvera e la Siegesplatz, la Piazza della Vittoria con il suo monumentale arco costruito per celebrare la vittoria italiana nella Prima guerra mondiale e inaugurato in piena epoca fascista. Il monumento rievoca pagine di storia molto dolorose per il Sudtirolo, l’impero austroungari-
co sconfitto alla fine della prima guerra mondiale viene smembrato, con un tratto di penna popolazioni legate da secoli di storia e di cultura condivisa si ritrovano soggette a un nuovo Regno, i sudtirolesi finiscono sotto il dominio dei “Welschen”, come venivano chiamati i cittadini di nazionalità e lingua italiana, con il fascismo inizia poi l’italianizzazione forzata sia linguistica che culturale dell’Alto Adige. Oggi l’Alto Adige è una regione plurietnica che gode di una forte autonomia a tutela dei diritti delle minoranze, secondo quanto previsto dalla nostra Costituzione, è inoltre una piccola isola di benessere nel panorama italiano per prosperità e qualità della vita. Dopo la breve parentesi storica ci addentriamo nel cuore della città, attraversiamo Piazza delle Erbe con il suo variopinto mercato ortofrutticolo che si tiene dal 1295, percorriamo la elegante Laubenstrasse, un bellissimo vicolo con portici coperti da arco a tutto sesto e centro commerciale della città, raggiungiamo il cosiddetto salotto di Bolzano: Piazza Walther von der Vogelweide. Qui si svolge il pittoresco Bozner Christkindlmarkt, il mercatino di Natale di tradizione nordica, che con il suo folclore attrae migliaia di turisti: le numerose bancarelle, le note dei canti natalizi, le tipiche decorazioni, il profumo di festa, di spezie e di cibi nell’aria: vin brulé, Knoedel, Schuettelbrot, Weinsuppe, Apfelstrudel, Bratwurst, Gugelhupf, Brezel, tutto finisce per rendere l’atmosfera natalizia davvero magica. Alle ore 14.00 raggiungiamo il museo archeologico per andare a vedere Oetzi, la mummia dei ghiacci vissuta oltre 5000 anni fa e ritrovata nel 1991 sulle Alpi Venoste, la osserviamo e mentre il nostro pensiero corre a quel passato remoto non possiamo fare a meno di chiederci come fosse il mondo di allora!... Prima di lasciare Bolzano breve sosta nel Thuniversum per visitare lo store, non senza aver prima gustato il riscaldamento emozionale del “panopticum”, salone circolare con schermi giganti che offrono una visione mozzafiato
sulle Dolomiti, la sensazione è di essere trasportati in volo su una mongolfiera che si leva sulle cime innevate! Alle ore 20.00 rientro ad Abano, tutti felici e soddisfatti per la bella giornata trascorsa insieme! Luisa Bresciani
UNA MATTINATA D’ARTE NEOCLASSICA
Le uscite per visite guidate sono da sempre una meta super ambita, un po’ per svagarsi e un po’ perché l’attività didattica fuori dalle consuete mura scolastiche è sempre la benvenuta per noi studenti! Per il 24 gennaio la prof. Chiara Rubin, con la collaborazione della prof. Elisabetta Benvenuti, ha organizzato per le sue quarte, AS e BC, una mezza giornata di arte e di storia a Possagno nella casa di Antonio Canova e nel museo annesso. La Gipsoteca canoviana ospita le più famose opere in gesso dell’artista: abbiamo ammirato con stupore la bellezza armoniosa delle Tre Grazie, le tre figlie di Zeus che simboleggiano lo splendore, la gioia e la prosperità; la maestosità della scultura che raffigura Ercole che sta per scagliare Lica nel mare; la tenera passione che traspare dall’opera Amore e Psiche; il monumento funebre di Maria Cristina d’Austria. Abbiamo ascoltato dalla guida la complessa tecnica da cui nascono queste opere: in Canova non c’era solo un gran talento, ma anche una grande resistenza alla fatica. Usciti dal museo ci siamo recati al Tempio canoviano: è la chiesa parrocchiale di Possagno, ma è conosciuto con il nome di Tempio canoviano perché fu Canova a progettarlo e a pagarne in parte la realizzazione. La facciata è ripresa dal Partenone di Atene, mentre la cupola circolare richiama il Pantheon di Roma. Al suo interno si trova la tomba dello scultore. Una vera e propria apparizione immersa nel bellissimo paesaggio trevigiano! Che dire ancora? Una mattinata spesa bene. Alla prossima…
Silvia Greggio
IL NOTIZIARIO DEL PIETRO PROGETTI DEL POF FASE D’ISTITUTO DI CORSA CAMPESTRE. RISULTATI
Il 12 dicembre si è svolta la fase d’Istituto della CORSA CAMPESTRE presso gli spazi del vicino Istituto “Alberti”. Ecco i risultati (primi tre arrivati per categoria). CATEGORIA ALLIEVI MASCHILE 1 RAGAZZO NICOLO’ 1E 2 PADOVAN CRISTIAN 3BS 3 BIOTTO NICOLA 2E CATEGORIA JUNIOR MASCHILE 1 FORCATO ANDREA 3FP 2 PASTORE SIMONE 3FP 3 MAGGIOLO ANDREA 3DC CATEGORIA ALLIEVE FEMMINILE 1 PATERNICO’ ANNACHIARA 2C 2 ALFIER AGNESE 1G 3 FAVARIN EVELIN 1M CATEGORIA JUNIOR FEMMINILE 1 TUDOSANU MIHAELA 4AS 2 TUDOSANU GABRIELA 4BC 3 ZAMPI MIRIAM 2G
INSEDIATO IL NUOVO CONSIGLIO D’ISTITUTO
A seguito delle elezioni per il rinnovo degli Organi Collegiali dell’Istituto, sono stati eletti i rappresentanti delle diverse componenti in seno al Consiglio d’Istituto, organo di governo della scuola. In data 18 dicembre 2013 l’organismo si è regolarmente insediato e sono state conferite le cariche. Questa è la composizione del nuovo Consiglio che durerà in carica tre anni (dall’anno scolastico 2013/2014 all’anno 2015/2016). Gli studenti vengono eletti di anno in anno. Un grazie e un augurio di buon lavoro. Membro di diritto Grossele Luigino (Dirigente scolastico) Componente genitori Meneghin Doriana Orlandi Marco Pieretto Patrizia (presidente e Giunta) Tremonti Simonetta Componente studenti Bordin Alison (Giunta esecutiva) Cavestro Stefano Silvestri Matteo Stievano Chiara
Componente docenti Bortolami Tomaso Conserva Francesca (Giunta esecutiva) Fanciullo Vito Garrì Alessandra Ghirardello Fabio Loiodice Giuseppina Orlandini Gabriella Rubin Chiara Membro di diritto in Giunta esecutiva Bruschetta Monica (Direttore SGA)
EUROPEAN SCHOOLS GALA 2014
For four days Abano Terme, Montegrotto Terme and Padova will become a meeting point for Europe, attracting students and teachers of High Schools of as many as thirty European countries and, for the first time, High Schools coming from U.S.A., Canada, New Zealand, Australia, Japan and China. This is a third edition of a great event where to experience altogether art, culture, sports, friendship and thermal wellness. In a festive atmosphere all participants will reap benefits in terms of personal growth as human beings as well as from an educational and cultural point of view. Many activities are scheduled for this event. It will start with an opening ceremony, with a parade of delegations of the participating schools, presenting themselves on the international scene, also with the help of a self-produced video-clip about the school and all its activities. For the first time, there will be the European Open Day, meeting point for all the schools that want to deepen their presentation on the international scene, to build up focused twinning and to develop cultural exchanges. It will follow an entire afternoon dedicated to sport events. Concerning the health education, there will be the conference entitled “Primary prevention and thermal wellness for young people” followed by the screening of video clips produced by schools (during the school year 2013/2014) on the theme: “A day in an Health Resort with my School”. There will be also a party, where all the participants can enjoy the amusing and socializing moment. The highlight of this event, though, is the prize-awarding Ceremony. Under the supervision of an International Jury, different categories of prizes will be awarded to the participating High Schools. The event will be concluded with guided tours that will help the students to discover the internationally known art treasures of this territory starting from Abano Terme And Montegrotto Terme and its nearest art
towns, Padua and Venice.
Our school will provide buffet catering for all the guests attending the special event
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IL NOTIZIARIO DEL PIETRO BANCHETTI E BUFFET
ULTIMA ORA COSTITUITA L’ASSOCIAZIONE AMICI DEL PIETRO d’ABANO
Le classi 3DC in cucina e 3BS in sala, dirette ripettivamente dai proff. Alessandro Mascalzoni e Fabio Ghirardello, si sono esibite, a pochi giorni dalle festività natalizie, davanti a genitori, parenti e amici in una gustosissima e ben riuscita festa di Natale. La 3BS ha proposto una rappresentazione dal titolo “Tutti a casa per Natale” con la regia del prof. Tomaso Bortolami. E’ seguito uno speciale banchettoaperitivo ricco di prelibatezze sapientemente cucinate dai ragazzi della 3DC. Musiche del prof. Roberto Milesi. Coreografie della prof.ssa Renate Gilli.
UNA CENA SICILIANA
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La cucina siciliana, pur nelle diversità esistenti nei tre lati dell’Isola, risente delle molteplici dominazioni e delle influenze culturali subite per secoli, che si manifestano nella ricchezza e varietà dei piatti e dei dolciumi. Nella cena servita alle famiglie degli alunni della classe 4^CC, sono stati preparati alcuni piatti dai sapori estremamente diversi, quali “ponte di collegamento tra culture distanti”. La pasta con le sardine fresche, nella versione palermitana allo zafferano, valorizza sapientemente il finocchio selvatico dolciastro (raro, ma presente anche nei Colli) che si sposa incredibilmente con i pinoli tostati e l’uvetta di Corinto. Il bucatino condito viene inoltre coperto con una “sabbia” (o rrina) fatta con mollica di pane raffermo tostato in olio d’oliva e aromatizzato con aglio e acciuga salata. La caponata di melanzane agrodolce è stata per secoli il companatico di generazioni di contadini e minatori di zolfo e salgemma a cui la carne era negata, mentre le panelle fritte di farina di ceci sono un magnifico esempio di “cibo da strada” di origine araba come le arancine di riso (varietà Roma) ripiene di ragù di carne con piselli o di formaggio e prosciutto nella versione moderna. Anche i panini imbottiti di milza cotta nello strutto e lo sformato di anellette palermitane sono tuttora cibo di strada nelle mille rosticcerie che rallegrano i vicoli di molte città siciliane. Le sardine a beccafico ripiene di un impasto di mollica, uvetta, pinoli, formaggio, prezzemolo ed aglio, con le loro codine rialzate, ricordano i passeri “beccafico”, ma il segreto sta nel bagnare il tutto appena cotto con un misto di vino, arancia e zucchero… da non raccontare a tutti! Infine, nella preparazione dei dolci gli alunni di Cucina hanno dato il massimo. I pasticcini di marzapane, le cassate di ricotta di pecora palermitana e per ultimo i cannoli fritti ripieni di ricotta hanno trovato il gradimento di tutti gli invitati. A dirigere la cucina il prof. Fanciullo che, nell’occasione, è stato affiancato, oltre che dall’assistente Giuseppe De Rosa e dai collaboratori Andrea Criscenzo e Rosa Saturno, anche da un bravo cuoco dilettante, il prof. Lucio Grassia, docente di Scienze e biologo marino, siciliano doc, tutti convinti che anche l’internazionalismo culinario possa contribuire ad abbattere barriere e incomprensioni.
È stata recentemente costituita l’associazione AMICI DEL PIETRO d’ABANO con i seguenti scopi: a) tenere viva la tradizione dell’Istituto Alberghiero come centro di educazione permanente, aperto ai valori di democrazia, libertà, difesa dei diritti umani, nonché osservanza dei doveri civili; b) radicare la scuola sempre meglio al proprio territorio, facendola diventare centro vitale, propulsore di iniziative, di proposte, di scambi; c) favorire la promozione di corsi, convegni e attività culturali realizzati coinvolgendo anche rappresentanti dell’Università e del mondo delle attività professionali; d) prevedere borse di studio per gli allievi più meritevoli e per i meritevoli meno abbienti; e) organizzare attività culturali e ricreative di varia natura; f) concorrere a sviluppare l’integrazione tra scuola e realtà rappresentative del territorio, g) porre in essere ogni altra iniziativa conforme agli scopi indicati nel presente articolo. L’Associazione, per il conseguimento dei suoi scopi, potrà avvalersi delle professionalità presenti nell’Istituto Pietro d’Abano nonché di collaboratori esterni. I soci fondatori hanno nominato l’ex studentessa Anna Zaffin quale presidente pro tempore dell’associazione, fino allo svolgimento delle elezioni per il conferimento di tutte le cariche sociali, che si terrà al più presto. Possono iscriversi all’associazione, in qualità di soci ordinari, gli ex-allievi dell’Istituto Alberghiero Pietro d’Abano ed il personale (dirigenti, docenti, ATA, membri degli Organi Collegiali ecc.) che presti o abbia prestato servizio presso l’Istituto Pietro d’Abano e che manifesti la volontà di cooperare e supportare le iniziative dell’Associazione, identificandosi coi suoi principi istitutivi.
W IL PIETRO
Via Appia, 9 Abano Terme (PD) - Tel. 049/812571
Fax 049/8618757
[email protected]
ISTITUTO PROFESSIONALE DI STATO Pietro d’Abano SERVIZI PER L’ENOGASTRONOMIA E L’OSPITALITÀ ALBERGHIERA
CITTÀ DI ABANO TERME
Sedi delle manifestazioni Villa Bassi Rathgeb (via Appia Monterosso, 52) Teatro Comunale Polivalente (via Donati, 1) Istituto Alberghiero Pietro d’Abano (via Monteortone 7-9)
ABANO TERME, 17 - 25 MAGGIO 2014 SABATO 17 MAGGIO 2014
ORE
9,30
Teatro Comunale Polivalente
Annullo postale speciale
ORE
9,30
Teatro Comunale Polivalente
Accoglienza musicale scuola “Vittorino da Feltre”
ORE 10,00
Teatro Comunale Polivalente
Cerimonia di apertura delle manifestazioni
ORE 12,00
Villa Roberto Bassi Rathgeb
Inaugurazione della Mostra “Alimentazione e terme”
ORE
DOMENICA 18 MAGGIO 2014
9,30
Teatro Comunale Polivalente
Premiazione del Concorso letterario regionale
ORE 18,00
Teatro Comunale Polivalente
Rassegna coristica sui temi dell’alimentazione
ORE 20,00
Istituto Alberghiero
ORE
ORE
9,30
Cena di gala a tema su invito/prenotazione
LUNEDÌ 19 MAGGIO 2014
Teatro Comunale Polivalente
Seminario “La ristorazione contemporanea”
MARTEDÌ 20 MAGGIO 2014
8,30
Teatro Comunale Polivalente
Rappresentazione teatrale “Polli migratori”
ORE 10,30
Teatro Comunale Polivalente
Replica
ORE 21,00
Teatro Comunale Polivalente
Replica
MERCOLEDÌ 21 MAGGIO 2014
ORE 16,30
Teatro Comunale Polivalente
ORE 10,30
Istituto Alberghiero
ORE 18,00
Teatro Comunale Polivalente
ORE 20,00
Istituto Alberghiero
ORE 10,30
Istituto Alberghiero
Seminario sul termalismo
GIOVEDÌ 22 MAGGIO 2014
AMIRA - Concorso di cottura alla lampada Presentazione del libro “La scuola della città” Cena di gala a tema su invito/prenotazione
VENERDÌ 23 MAGGIO 2014
FIC - Cooking show
SABATO 24 MAGGIO 2014
ORE 10,30
Istituto Alberghiero
AIS - Degustazione cibo-vino
ORE 10,00
Teatro Comunale Polivalente
ORE 12,30
Istituto Alberghiero
Intitolazione di un’aula a Ottavio Parisi
ORE 13,00
Istituto Alberghiero
Pranzo di gala dell’Istituto
ORE 16,00
Istituto Alberghiero
Grande lotteria del “Pietro d’Abano”
DOMENICA 25 MAGGIO 2014
Presentazione del libro “La scuola della città”
N.B. - Programma degli eventi in corso di organizzazione per la celebrazione del 75° anniversario della fondazione dell’Istituto. Il programma definitivo sarà diffuso entro il mese di marzo 2014 e riportato nel sito www.istitutoalberghieroabano.it