INDAGINE SULLE AZIENDE AGRITURISTICHE SICILIANE E RELATIVA OFFERTA ENOGASTRONOMICA
Ricerche nell’ambito delle attività istituzionali dell’Osservatorio sul Sistema dell’Economia Agroalimentare della Sicilia (OSEAAS)
Responsabile della ricerca: Dott. Carmela LA MALFA
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Catania, Febbraio 2005
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1. PREMESSA Negli ultimi decenni si è assistito, in Europa, ad un crescente interesse verso il turismo rurale, che ha portato ad un forte aumento della domanda di servizi e strutture finalizzate alla vacanza e/o soggiorni in campagna. Tutto ciò anche in risposta ad iniziative di valorizzazione turistica del territorio e del relativo patrimonio enogastronomico, realizzate in attuazione di programmi regionali, nazionali e comunitari1 che, nel contempo, hanno contribuito a diffondere una maggiore consapevolezza delle opportunità di sviluppo offerte da un uso sostenibile ed integrato delle risorse locali. Peraltro, tali iniziative hanno concorso a recuperare risorse che rischiavano di scomparire (produzioni agroalimentari tradizionali, ecc.), di degradarsi (paesaggio rurale, edifici rurali, monumenti, ecc.) e/o di rimanere sottoutilizzate. Nell’ambito dell’offerta turistica in ambiente rurale, un ruolo determinante assumono le aziende agrituristiche che, nel panorama di tale tipologia di turismo, in Europa, costituiscono sul piano legislativo una specificità esclusivamente italiana. Ciò, com’è noto, è dovuto al particolare ordinamento che nel nostro Paese regolamenta la materia dell’agriturismo distinguendolo dal turismo rurale (senso stretto). Contemporaneamente si è assistito ad un ulteriore sviluppo del comparto, sempre più attento alle esigenze dei consumatori, che ha visto le aziende agrituristiche incamminarsi verso un percorso di qualità dei prodotti e/o dei servizi. Tutto ciò, in perfetta sintonia con una nuova cultura del consumo, sviluppatasi nell’ultimo decennio, che vede nei prodotti di un’agricoltura “non omologata” lo strumento di soddisfazione di una domanda sempre più articolata e segmentata e, nel contempo, l’elemento strategico di conservazione della ruralità e di sviluppo integrato del territorio.
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Tali iniziative sono state realizzate di concerto con quanto previsto nella Carta Rurale Europea del 1996, sottoscritta dai Paesi membri del Consiglio di Europa. Nella Carta sono stati definiti i principi direttivi per una politica di gestione, sviluppo e tutela delle aree naturali e rurali. Oltre a determinare le caratteristiche di uno spazio rurale sono stati individuati i provvedimenti atti a rivitalizzare tali aree e ad incoraggiare le attività connesse o complementari (pluriattività) alla pratica agricola tout court.
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È evidente, pertanto, che nelle strategie di differenziazione e di “attrazione” della clientela attuate dalle aziende agrituristiche un ruolo determinante assume l’offerta enogastronomica. Quest’ultima, orientata prevalentemente al ritorno alle vecchie tradizioni in contrasto con lo stile di vita moderno - basato su una preponderante presenza di cibi precotti e “veloci”-
ha permesso di riscoprire un immenso
patrimonio enogastronomico, rappresentando, nel contempo, anche uno strumento fondamentale di valorizzazione di prodotti tipici2 a lungo relegati nei mercati locali . La creazione di valore aggiunto, conseguente a tale valorizzazione, dipende dalla capacità di azione dei soggetti in grado d’incidere sull’attribuzione del valore al sistema di produzione tipico locale, ossia, da un lato, le aziende in quanto soggetti attuatori della produzione e, dall'altro, i soggetti responsabili delle strategie di creazione di un contesto ambientale favorevole alla creazione/attribuzione di valore (istituzioni, enti locali, consorzi di tutela, ecc.). Un contributo significativo alla valorizzazione delle produzioni tipiche può derivare sicuramente dalle iniziative di promozione del turismo in aree rurali, in generale, e del turismo enogastronomico, in particolare.
Questa forma di turismo, motivo
principale allo spostamento di fasce di utenti sempre più ampie, ha attirato l’attenzione degli operatori turistici, sensibili all’evoluzione delle tendenze della domanda, che attraverso proposte di “pacchetti enogastronomici”, mirano non solo a far gustare i prodotti tipici ma anche a legarli alle tradizioni culturali locali, anche in cucina. Nei viaggi enogastronomici, non sono rare, pertanto, lezioni di cucina ai turisti, visite alle cantine vinicole per la degustazione e per apprendere le fasi della lavorazione, visite ai frantoi per assistere alla spremitura delle olive. Quanto detto permette di comprendere l’importanza di effettuare uno studio più dettagliato del settore agrituristico italiano, in generale, e di quello siciliano, in particolare, tenendo conto anche delle potenzialità del rinomato patrimonio enogastronomico . In questo contesto la ricerca, condotta mediante un’indagine campionaria si propone, in particolare, di analizzare i principali caratteri strutturali ed economici delle 2
Le attività di valorizzazione sono costituite da interventi tesi non solo ad accrescere ed espandere il mercato di un prodotto specifico o di una classe di prodotti ma anche volti ad aumentare il valore aggiunto realizzabile dai produttori (De Stefano, 2000)
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aziende agrituristiche siciliane e di esaminare le differenti tipologie di servizi offerti alla clientela, alla luce delle principali tendenze che caratterizzano lo sviluppo e l’evoluzione della domanda di servizi agrituristici. La ricerca intende, inoltre, porre l’accento sulla composizione dell’offerta enogastronomica proposta dalle imprese rilevate, dato il peso significativo che
questa assume nelle strategie di
differenziazione e di “attrazione” della clientela. A tal riguardo, sono stati approfonditi gli aspetti legati al “peso”, all’interno dei menù, di prodotti e/o ricette che rispecchiano le tradizioni culinarie locali.
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2.
LE
POLITICHE
COMUNITARIE
SULLO
SVILUPPO RURALE ED INTERVENTI A FAVORE DELL’AGRITURISMO L’integrazione tra attività agricola e quella turistica risale ad epoche immemorabili e se originariamente l’accoglienza e l’ospitalità rurale rispondevano ad esigenze etiche e morali proprie del mondo contadino, pian piano si è pervenuti ad una profonda evoluzione e diversificazione di tale rapporto. Le profonde trasformazioni che hanno interessato le aree rurali nel corso degli ultimi decenni, producendo una modifica sostanziale della tradizionale struttura economico-sociale, sono anche frutto della riforma di politica agro-ambientale maturata in seno all’UE negli ultimi quarant’anni, che ha indotto una profonda trasformazione nel ruolo dell’agricoltura e nella configurazione dell’azienda agraria (Carbone- Ribaudo, 2000). Conseguentemente, le zone rurali hanno acquistato una crescente importanza in termini di caratterizzazione dell’ambiente e del paesaggio, dovuta ad un mutamento sostanziale degli stili di vita e di consumo. Ad esempio la ricerca del benessere fisico ha avuto, come conseguenza diretta, la valorizzazione delle risorse naturali, che nei consumi si è manifestata attraverso la ricerca e l’acquisto di prodotti incontaminati e, nel turismo, tramite la riscoperta e la valorizzazione dei beni ambientali. Uno degli effetti immediati è stato l’ampliamento e il rafforzamento dell’offerta di turismo rurale e delle sue due componenti principali: l’agriturismo e i prodotti agroalimentari locali. Oggigiorno, tali forme di ricettività in ambiente rurale si sono rafforzate a tal punto da porsi in concorrenza con le tradizionali strutture ricettive e di ospitalità, sia per i servizi offerti che per i prezzi praticati. Nel corso degli ultimi due decenni, la crescente attenzione da parte delle politiche comunitarie e nazionali verso le aree rurali ha, tra l’altro, contribuito allo sviluppo del settore dell’agriturismo, di quello del turismo rurale, nonché del comparto di produzione di prodotti agro-alimentari di qualità. In particolare, a tali settori è stato assegnato un ruolo strategico nel favorire l’avvio e il consolidamento di processi di
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sviluppo sostenibili, di carattere locale, gestiti dagli operatori presenti nell’area di intervento, basati sulle risorse endogene sia materiali (risorse ambientali, architettura, infrastrutture, monumenti, produzioni alimentari tipiche, ecc.) sia immateriali (cultura, tradizioni, professionalità, storia, ecc.) ( Hausmann - Di Napoli, 2001 ). In riferimento agli interventi comunitari a favore dell’agriturismo si è passato da schemi iniziali rivolti esclusivamente al sostegno delle produzioni agricole all’introduzione, progressiva, di iniziative specifiche anche per il turismo rurale. In particolare, si possono distinguere tre periodi di intervento:
Nel primo periodo (anni ’60), la politica strutturale era limitata al coordinamento delle politiche nazionali ed al finanziamento di progetti individuali volti ad incrementare la produttività. Si dovette attendere il 1969 per avere una prima indicazione, con il Piano Mansholt, sull’uso a scopo turistico delle aree agricole. Con tale programma si intravedeva, nell’aumento delle dimensioni delle aziende agricole e nella diminuzione delle superfici coltivate da riportare alle naturali vocazioni boschive o da utilizzare a scopo turistico, la via da seguire per rendere più competitiva l’agricoltura comunitaria ed assicurare equi redditi agli agricoltori.
Il secondo periodo (anni ’70) iniziò con l’adozione delle Direttive CEE socio-strutturali n° 159, 160, 161 del 1972. In particolare, le direttive prevedevano aiuti a favore di quelle zone in cui l’attività agricola diveniva uno strumento per la conservazione dell’ambiente naturale (quali:le zone di montagna e talune zone svantaggiate e zone marginali soggette a spopolamento). L’obiettivo era quello di mantenere attiva l’attività agricola, migliorando le condizioni di vita ed i livelli di reddito degli agricoltori operanti in queste aree, al fine di tutelare lo spazio rurale dal degrado e dal depauperamento delle proprie risorse culturali ed ambientali. A tal fine è stata emanata anche la Direttiva 72/159 sull’ammodernamento delle aziende agricole, il cui scopo era di favorire l’integrazione dei redditi degli agricoltori con i proventi delle attività extra-agricole, tra le quali il turismo rurale. In tal senso si collocava anche la Direttiva 75/268, recante norme
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per l’agricoltura di montagna e di talune zone svantaggiate, che ha segnato un punto di svolta, dando un riconoscimento giuridico alle attività ricreative e di valorizzazione delle peculiarità dell’ambiente rurale. In questi ambienti, caratterizzati dalla presenza di un’agricoltura a basso impatto ambientale, dalla disponibilità di numerosi edifici rurali abbandonati, dall’elevato valore naturalistico, dalla presenza di ingenti patrimoni boschivi, l’attività agrituristica si è trovata ad espletare una funzione socioeconomica volta a favorire il presidio del territorio e, nel contempo, una funzione ricreativa legata alle valenze paesaggistiche. Il terzo periodo d’intervento può essere ricondotto alla seconda metà degli anni ’80. Rispetto alla politica agricola messa in atto negli anni ’60, improntata all’accrescimento della capacità produttiva aziendale, quella degli anni ’80 è divenuta non solo strumento di riequilibrio dei mercati ma anche un elemento finalizzato ad una strategia di sviluppo delle aree rurali creando, in tal modo, un contesto favorevole alla diffusione delle attività agrituristiche. Difatti, nei Regolamenti CEE n. 797 e 2088 del 1985 erano contenute misure a favore dell’agriturismo. In particolare, il primo concedeva, all’interno del regime di aiuti agli investimenti in aziende agricole per i piani di miglioramento, la possibilità di effettuare investimenti a carattere turistico o artigianale nelle zone svantaggiate; mentre nel secondo, relativo ai Programmi Integrati Mediterranei, si poneva come obiettivo primario lo sviluppo globale delle regioni svantaggiate e prevedeva la concessione di incentivi per l’adeguamento dei fabbricati rurali destinati allo svolgimento di attività turistiche e per interventi di promozione del turismo in aree rurali. La consapevolezza del ruolo multifunzionale dell’agricoltura nel sistema economico si è ulteriormente rafforzata, a partire dalla fine degli anni ’80, con la riforma dei Fondi Strutturali (Reg. 2052/88) seguita dall’adozione dell’Atto Unico Europeo del 1986, finalizzato a promuovere “lo sviluppo armonico di tutta la Comunità Europea”. La multifunzionalità costituisce un’affermazione di principio che si ritrova anche nei documenti di Agenda 2000 ed in quelli
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nazionali (la legge di orientamento e la piattaforma programmatica per gli interventi in agricoltura sottoscritta tra il Governo e le organizzazioni agricole). Concettualmente la multifunzionalità è intesa come “l’insieme di contributi che il settore agricolo può apportare al benessere sociale ed economico della collettività e che quest’ultima riconosce come propri dell’agricoltura” (Idda, 2002). In base alle recenti normative europee ed ai documenti di studio della Commissione europea emerge un concetto di multifunzionalità dell’agricoltura orientata, nel medesimo tempo, sia alla produzione di alimenti ed alla creazione di ricchezza, sia alla protezione ed alla gestione e valorizzazione delle risorse naturali, alla tutela del paesaggio, alla conservazione della biodiversità, al riequilibrio territoriale (mantenimento delle attività economiche nelle zone a basso insediamento), all’occupazione nelle aree rurali. Nella dimensione di agricoltura multifunzionale, alcuni beni e servizi prodotti non corrispondono ad un interesse diffuso ma ad una domanda individuale e, quindi, possono essere agevolmente remunerati dal mercato. E’ il caso, per esempio, delle produzioni di qualità certificata, delle produzioni tipiche e a denominazione di origine, dell’offerta agrituristica. Alcuni beni e servizi corrispondono invece ad una domanda collettiva. Essi, quindi, non possono essere integralmente remunerati dal mercato e richiedono, pertanto, un intervento finanziario diretto delle Istituzioni europee, nazionali e locali, in ragione del beneficio che la collettività, nel suo complesso, riceve. Rientrano in questa categoria le azioni di tutela ambientale, della biodiversità, di difesa del territorio, la conservazione unita alla riscoperta ed alla valorizzazione delle tradizioni oltre alle azioni di educazione ambientale. Pertanto, a seguito di questa nuova concezione dell’attività agricola, alcuni degli incentivi finanziari concessi agli agricoltori hanno assunto il significato di forme di retribuzione per i servizi svolti a favore della collettività e non più di forme di assistenzialismo. Tali indicazioni sono state confermate, nel 1992, con la Riforma della Politica Agricola Comune (PAC), che ha previsto
la
concessione di aiuti ad ettaro agli agricoltori che operavano nei settori
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eccedentari (Reg. n. 1765/92) valorizzando produzioni di qualità a discapito delle quantità prodotte, che adottavano metodi di produzione agricola compatibili con le esigenze di protezione dell’ambiente e con la cura dello spazio rurale (Reg. n. 2078/92) o destinavano all’imboschimento superfici prima occupati da seminativi (Reg. n. 2080/92) (Parisi, Mazzamuto, 2002). Successivamente, con i programmi LEADER I (1990-94) e LEADER II (1994-99) si è voluto lanciare il moderno sviluppo rurale intersettoriale fondato sulla mobilizzazione delle risorse locali, materiali ed immateriali, allo scopo di incentivare il cambiamento (accrescere il reddito locale) nella conservazione (degli equilibri ambientali). Tali programmi hanno consentito di promuovere un’impostazione integrata in materia di sviluppo rurale a livello locale, con incentivi anche per il turismo rurale e la valorizzazione e commercializzazione sul posto dei prodotti agricoli. L’attuazione del Leader II ha evidenziato come le esperienze di maggior successo siano state quelle basate sui seguenti presupposti: • il rispetto della vocazionalità ambientale, culturale, storica e architettonica di un territorio; • la ricerca della qualità nella costruzione dell’offerta locale; • integrare in un una logica di sistema (creazione di reti locali) le iniziative realizzate dai singoli operatori. Tale programma è proseguito, per il 2000-2006, con il LEADER Plus che, a differenza dei programmi Leader precedenti, pur facendo leva sui Gruppi d’Azione Locale (G.A.L.), prevede
la definizione di una strategia di
sviluppo rurale attraverso il Programma Regionale curato dagli stessi amministratori che formulano indirizzi e linee di azione degli altri interventi strutturali. Ciò al fine di garantire la necessaria sinergia tra gli interventi, avviando concretamente la sensibilizzazione dei soggetti istituzionali sui temi dello sviluppo rurale del territorio di loro competenza (Celant- Magni, 2001).
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Per l’attuale sviluppo rurale europeo, un ruolo importante hanno assunto i Regolamenti Comunitari, emanati nel 1999, in approvazione della riforma dei Fondi Strutturali e quelli relativi alle politiche per l’agricoltura e lo sviluppo rurale. In particolare, il Regolamento sul sostegno lo sviluppo rurale da parte del FEAOG (CE 1257/1999 ) ha riproposto le indennità compensative per le zone svantaggiate, una delle misure strutturali più tradizionali3, con alcune significative novità riguardanti l’estensione dei benefici alle aree soggette a vincoli ambientali e l’introduzione del rispetto delle BPA da parte dei beneficiari. In sintesi, gli obiettivi fissati dal Regolamento 1257/1999 non si discostano molto da quanto riportato dalla precedente legislazione comunitaria, se non per la maggiore enfasi posta sui metodi di produzione sostenibili. Con riferimento allo sviluppo dell’agriturismo, un ruolo importante assume il contenuto dell’articolo 33 del suddetto regolamento, riguardante la promozione dell’adeguamento e dello sviluppo delle zone rurali che, tra le altre, prevede tre misure per la diversificazione aziendale ed economica: 1. Diversificazione delle attività del settore agricolo e delle attività affini (misura p); 2. Incentivazione di attività turistiche e artigianali (misura s); 3. Commercializzazione dei prodotti agricoli di qualità (misura m); Si tratta di strumenti in cui sono presenti forti elementi di continuità con il passato e, in particolare, con le azioni di sviluppo di attività integrative del reddito agricolo, gia contemplate dalla normativa comunitaria sui Fondi Strutturali a partire dalla riforma del 1988. La principale novità va attribuita al fatto che, questi interventi, concepiti in un’ottica di integrazione tra agricoltura e attività non agricole, non sono più limitati, come avveniva in passato, alle sole zone obiettivo 1 e 5b, ma vengono estesi all’intero territorio dell’UE. Tale Regolamento (applicativo dello sviluppo rurale), tuttavia, non individua in maniera rigida le tipologie progettuali ammissibili al cofinanziamento comunitario, ma si limita a fissare le regole generali da seguire nella definizione degli interventi che, in larga misura, rimangono affidati agli Stati membri (INEA, 2001-2002).
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Il primo provvedimento risale alla metà degli anni settanta (Direttiva CEE 268/75)
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Nell’ambito degli interventi comunitari rivolti a promuovere forme alternative di utilizzo del territorio rispetto all’attività meramente agricola vanno anche inquadrate le iniziative di commercializzazione (misura m art. 33 del Reg. CE 1257/1999) e di tutela delle produzioni tipiche e di qualità (Regolamento 2081/92 modificato dal Reg. CE 692/03, Reg. CEE 2082/92 inerente la “Specialità Tradizionale Garantita”, ecc.), che hanno trovato nell’agriturismo un importante veicolo di promozione e commercializzazione di tali prodotti.
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3. LA NORMATIVA PER L’AGRITURISMO IN ITALIA
3.1 – LA LEGISLAZIONE NAZIONALE La normativa italiana in materia di agriturismo risale agli inizi degli anni ’50. Difatti, fino all’emanazione della legge quadro n. 730 del 1985 il connubio tra agricoltura e turismo rurale è stato riconosciuto e disciplinato, anche se in forma non sistematica, da altri provvedimenti legislativi. Il primo intervento legislativo italiano sulle potenzialità turistiche dell’azienda agricola risale alla legge 991 del 1952, con la quale ai coltivatori diretti è stata riconosciuta la possibilità di accedere a mutui per migliorie di carattere igienico e ricettivo da eseguirsi in strutture interne all’azienda agricola e destinate ad ospitare i turisti. Analogo riconoscimento è stato dato con la Legge 1102/1971 e, successivamente, con la Legge 352/1976 che, in attuazione della Direttiva Comunitaria sull’agricoltura di montagna e sulle aree svantaggiate (Dir. 268/75), ha previsto (art.10) anche la possibilità di accedere a finanziamenti pubblici per effettuare investimenti di carattere turistico o artigianale realizzati nell’ambito dell’azienda agricola. La finalità di tali normative era, ovviamente, quella di incentivare la realizzazione di attività idonee ad integrare i redditi degli agricoltori. In particolare, la legge 352/76 si è rivelata innovativa sia perché ha consentito, per l’esercizio dell’attività ricettiva, l’impiego di altre unità immobiliari interne all’azienda non adibite ad abitazione privata del proprietario, sia perché ha dato l’opportunità di praticare attività artigianali all’interno dell’unità produttiva. Ciononostante, giuridicamente non veniva riconosciuta la polivalenza dell’attività agricola e si riteneva che l’attività turistica espletata in un’azienda agricola fosse “collaterale ed estranea all’attività agraria in senso stretto” e da considerare commerciale. Ciò è stato confermato anche con la legge 217/1983 che definiva gli
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alloggi agrituristici come “quei locali siti in fabbricati rurali nei quali viene dato alloggio a turisti da imprenditori agricoli” (Carbone-Ribaudo, 2000). Le prime formulazioni del concetto di agriturismo si trovano nelle leggi regionali della Valle d’Aosta e del Trentino Alto Adige. In particolare le Province Autonome di Trento e Bolzano hanno riconosciuto per prime (1973) l’esistenza di un fenomeno socio-economico nuovo meritevole di attenzione sotto il profilo normativo introducendo misure particolari per la sua valorizzazione. Sulla scia di tale interesse anche altre 12 regioni4 hanno emanato norme volte a definire e ad incentivare l’attività agrituristica. Tuttavia, in mancanza di una legge quadro alcune regioni hanno introdotto provvedimenti essenzialmente finanziari (contributi per incentivare l’agriturismo), altre hanno dato anche indicazioni di ordine amministrativo (autorizzazione comunale diversa da quella prevista per l’affittacamere) con il risultato finale di norme incomplete e difformi tra loro (Parisi, Mazzamuto, 2002) . In ambito nazionale l’agriturismo ha ottenuto una sua collocazione nel panorama delle attività imprenditoriali solo con l’approvazione della legge 730/1985 “Disciplina dell’Agriturismo”, le cui finalità prevedono la promozione di idonee forme di turismo nelle campagne ed il riequilibrio del territorio agricolo, la permanenza degli agricoltori nelle aree rurali, la valorizzazione del patrimonio rurale naturale ed edilizio, la conservazione e la tutela dell’ambiente, la valorizzazione dei prodotti tipici, delle tradizioni e della cultura rurale (art.1). L’articolo 2 della legge 730/85 definisce giuridicamente l’attività agrituristica la quale “…comprende, esclusivamente, le attività di ricezione ed ospitalità esercitate da imprenditori agricoli di cui all’art 2135 del codice civile5, singoli o associati, e da loro familiari di cui all’art 230 bis del c.c., attraverso l’utilizzazione della propria azienda in rapporto di connessione e complementarietà rispetto alla coltivazione del fondo, silvicoltura ed allevamento del bestiame, che devono comunque rimanere le attività principali dell’azienda” (Carbone-Ribaudo, 2000).
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Escluse le regioni Sardegna, Basilicata, Emilia Romagna, Toscana, Puglia, Lazio, Calabria e Sicilia. Secondo l’articolo 2135 del C.C. per imprenditore agricolo s’intende colui che esercita un’attività diretta alla coltivazione del fondo, alla selvicoltura, all’allevamento del bestiame ed attività connesse, comprendendo con quest’ultima la trasformazione, oppure la vendita dei prodotti agricoli quando rientrano nel normale esercizio dell’agricoltura. 5
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Pertanto, la legge quadro sottolinea l’esigenza di un rapporto di connessione che si estrinseca nell’obbligo di riadattare o utilizzare a fini extra agricoli, il patrimonio edilizio esistente in azienda. Inoltre, la normativa di riferimento evidenzia la necessità di monitorare il rapporto di complementarietà6 tra le due attività. Ciò al fine di garantire la predominanza dell’attività agricola su quella turistica – onde prevenire la dismissione della prima a favore della seconda. Tali indicazioni scaturiscono dalla successiva circolare ministeriale n° 10 del 27.06.1986 nella quale viene indicata la preferenza del criterio del lavoro piuttosto di quella del reddito; tutto ciò al fine di realizzare l’integrazione del reddito agricolo con quello proveniente dall’attività agrituristica. Inoltre, la legge quadro ha stabilito che: •
spetta alle regioni dettare criteri e limiti per lo svolgimento dell’attività agrituristica e, inoltre, che i parametri relativi a connessione e complementarità devono essere definiti tenendo in considerazione le caratteristiche dei territori regionali o di parte di essi, della azienda e dei fondi interessati;
•
l’autorizzazione ad esercitare l’agriturismo è riservata ai lavoratori autonomi dell’agricoltura che, a qualunque titolo e forma, esercitano attività di impresa. Ciò vale per tutti gli imprenditori agricoli, senza alcuna distinzione tra imprenditori a titolo principale o a titolo parziale, per tutti i familiari purché siano partecipi dell’impresa agricola a conduzione familiare, ad ogni forma di imprenditoria agricola associata;
•
le attività agrituristiche possono essere esercitate esclusivamente in una azienda agricola utilizzando il fondo e i fabbricati rurali, tutti o in parte, esistenti che non vengono più utilizzati per la normale attività agricola o per gli usi abitativi dell’imprenditore e della sua famiglia. È escluso l’uso di edifici, anche se di proprietà dell’imprenditore, non pertinenti all’azienda agricola ed ubicati in luogo diverso dal fondo ove si intende esercitare
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Il carattere di complementarità sta ad indicare che l’agriturismo non solo non può sussistere al di fuori di una azienda agricola in esercizio, ma nemmeno può prevalere nell’ambito della stessa sulle attività tipicamente agricole.
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l’agriturismo (nel caso in cui il fondo risulti privo di fabbricati, la Legge 730 stabilisce che siano le regioni ad individuare, nell’ambito del programma regionale di sviluppo agrituristico, i comuni nei quali gli imprenditori agricoli, che non dispongono di edifici nei fondi coltivati, possono utilizzare per l’esercizio attività agrituristica anche i fabbricati destinati a propria abitazione, ancorché situati nei centri abitati); •
ogni altra forma di turismo esercitata in campagna, con criteri difformi dalla legge 730, è da configurarsi come turismo rurale. Quest’ultimo si configura come una attività commerciale e ricade, come ogni altra forma di servizio per il turismo, sotto la Legge Quadro n. 217 del 17 maggio 1983. Anche l’eventuale attività turistica esercitata dall’imprenditore agricolo nella propria azienda, che superi i limiti imposti dalle leggi sull’agriturismo viene considerato turismo rurale (Hausmann – Di Napoli , 2001).
Nell’evoluzione del quadro normativo nazionale del settore la Legge n° 135 del 20.03.2001 “Riforma della legislazione nazionale sul turismo” ha rappresentato una tappa importante. Le finalità principali dell’anzidetta legge sono, tra l’altro, quelle di contribuire alla crescita competitiva dell'offerta del sistema turistico nazionale, regionale e locale, quale strumento di attuazione del riequilibrio territoriale delle aree depresse, tutelando e valorizzando le risorse ambientali, i beni culturali e le tradizioni locali nell’ottica di uno sviluppo turistico sostenibile. A tal fine, ha anche lo scopo di sostenere l'uso strategico degli spazi rurali e delle economie marginali e tipiche, in chiave turistica, nel contesto di uno sviluppo rurale integrato. In particolare, il decreto attuativo della riforma (che individua i principi e gli obiettivi per la valorizzazione e lo sviluppo del sistema turistico), onde assicurare l'unitarietà del comparto turistico e la tutela dei consumatori, delle imprese e delle professioni turistiche, stabilisce: a) le terminologie omogenee e lo standard minimo dei servizi di informazione e di accoglienza ai turisti; b) l'individuazione delle tipologie di imprese turistiche operanti nel settore e delle attività di accoglienza non convenzionale;
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c) i criteri e le modalità dell'esercizio su tutto il territorio nazionale delle imprese turistiche per le quali si ravvisa la necessità di standard omogenei ed uniformi; d) gli standard minimi di qualità delle camere di albergo e delle unità abitative delle residenze
turistico-alberghiere
e
delle
strutture
ricettive
in
generale;
e) gli standard minimi di qualità dei servizi offerti dalle imprese turistiche cui riferire i
criteri
relativi
alla
classificazione
delle
strutture
ricettive;
f) per le agenzie di viaggio, le organizzazioni e le associazioni che svolgono attività similare, il livello minimo e massimo da applicare ad eventuali cauzioni, anche in relazione ad analoghi standard utilizzati nei Paesi dell'Unione europea; g) i requisiti e le modalità di esercizio su tutto il territorio nazionale delle professioni turistiche per le quali si ravvisa la necessità di profili omogenei ed uniformi, con particolare riferimento alle nuove professionalità emergenti del settore…”(Gazzetta Ufficiale Repubblica Italiana n. 92 del 20 aprile 2001). Tale disposizione normativa, prevedendo standard minimi di qualità sia per le strutture ricettive che per i servizi offerti, assoggettando tutte le strutture a classificazione in stelle, ha rappresentato una svolta nell’evoluzione qualitativa dell’offerta turistica italiana in generale e, quindi, anche di quella agrituristica Recentemente, un sostegno significativo allo sviluppo delle attività agrituristiche è derivato dall’attuazione in Italia del Reg. CE 1257/1999 sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del FEAOG e, in particolare, dall’individuazione in tutti i programmi regionali, sia i POR delle regioni obiettivo 1 che i PSR delle regioni del CentroNord, di interventi di diversificazione economica delle aree rurali ricadenti nella “misura p” del predetto regolamento7.
La misura p “diversificazione delle attività del settore agricolo e delle attività affini” prevede, difatti, interventi riconducibili a quattro principali tipologie: 1. investimenti aziendali per attività e strutture agrituristiche; 7
Le misure previste dal regolamento per lo sviluppo rurale comprendono: 1. Diversificazione delle attivita del settore agricolo e delle attivita affini (misura p); 2. Incentivazione di attivita turistiche e artigianali (misura s); 3. Commercializzazione dei prodotti agricoli di qualità (misura m);
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2. investimenti aziendali per attività di diversificazione diverse dall’agriturismo ma, comunque, connesse all’agricoltura (artigianato, antichi mestieri, produzioni agricole alternative, attività didattico-ricreative); 3. investimenti per la conservazione e valorizzazione del patrimonio locale; 4. investimenti per la realizzazione di strutture e servizi di carattere collettivo, funzionali allo svolgimento dell’attività agrituristica. Le prime due tipologie di intervento suindicate sono rivolte esclusivamente alle imprese agricole e prevedono la realizzazione di investimenti aziendali per la diversificazione delle attività. L’obiettivo è quello di contribuire alla creazione di fonti integrative di reddito per gli agricoltori. In tale ambito, la maggior parte dei piani regionali8, finanziano parzialmente la costruzione e/o la ristrutturazione di fabbricati aziendali e l’acquisto di impianti e attrezzature da destinare allo svolgimento delle specifiche attività di diversificazione di volta in volta considerate. L’incentivazione all’agriturismo è prevista in tutti i piani regionali, ad eccezione di quello della provincia autonoma di Bolzano, che concentra gli aiuti su altre attività suscettibili di creare fonti alternative di reddito in ambito aziendale, quali le produzioni agricole alternative e lo sviluppo di nuovi prodotti o servizi. Tra le altre attività di diversificazione, l’artigianato è quella più frequentemente contemplata tra le azioni finanziabili9. Le altre due tipologie di intervento previste sono orientate verso obiettivi di integrazione dell’offerta agrituristica e ricreativa e presentano un più elevato grado di complessità attuativa. In particolare, gli interventi per la valorizzazione del patrimonio locale riguardano investimenti connessi alla realizzazione di itinerari turistici (didattici, naturalistici o enogastronomici), alla creazione di reti telematiche, allo svolgimento di attività divulgative o di specifiche azioni di informazione volte,
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I co-finanziamenti per interventi nell’ambito della misura di diversificazione delle attività agricole sono previsti dai piani regionali di: Piemonte, Lombardia, Veneto, Liguria, Emilia Romagna, Toscana e Umbria, Marche, Lazio, Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna e Province Autonome di Trento e Bolzano. 9 Gli aiuti sono concessi applicando un tasso di contribuzione pubblica analogo a quello previsto per la misura “investimenti nelle aziende agricole”, ossia pari mediamente al 40% del costo totale.
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ad esempio, al recupero di attività tradizionali quali antichi mestieri ed artigianato in genere (es. lavorazione del legno, realizzazione di panieri, ricami, ecc.) La tipologia più ricorrente è, comunque, quella relativa alla realizzazione di itinerari turistici, attraverso il recupero di sentieri, la realizzazione di idonea segnaletica, la creazione di centri informazione ed il restauro di elementi architettonici. La regione Sicilia, che nell’ambito della “misura p” finanziava esclusivamente investimenti per le attività agrituristiche, ha esteso il campo degli interventi finanziabili all’interno delle aziende agricole, al turismo rurale e all’artigianato. I criteri seguiti per la determinazione dell’intensità di aiuto sono analoghi a quelli utilizzati per gli investimenti nelle aziende agricole. In particolare, la regione Sicilia individua un massimale di investimento pari a 750.000 euro per azienda e fissa il tasso base di partecipazione pubblica al 50% del costo totale, mentre per gli investimenti realizzati da giovani e/o in zone svantaggiate prevede un contributo pari al 55%. In generale, nei diversi contesti regionali in fase di programmazione è stato attribuito alle misure di diversificazione un ruolo importante nel sostegno allo sviluppo delle aree rurali. Tuttavia, è ovvio che l’effettivo conseguimento di tale obiettivo dipende, oltre che dalle quantità di risorse disponibili, dalla loro corretta allocazione tra aree in funzione dei fabbisogni di intervento. L’ammontare delle risorse pubbliche deve, infatti, raggiungere una massa critica tale da consentire di incidere in maniera significativa sull’ampliamento degli sbocchi occupazionali, in settori collegati con l’agricoltura, nelle aree rurali interessate. Inoltre, l’entità dei singoli incentivi concessi deve essere congrua e tale da consentire l’avvio o il consolidamento di iniziative suscettibili di una continuità nel futuro. Su quest’ultimo aspetto, occorre osservare che la tendenza generale è quella di fissare l’entità dell’aiuto sui livelli massimi possibili, compatibilmente con la normativa comunitaria. In termini di entità delle risorse loro destinate, il ruolo delle misure volte alla diversificazione economica nelle aree rurali (Reg. CE 1257/99, art. 33), sia nel Centro-Nord che nelle regioni Ob. 1, è limitato. La quota di risorse assegnata a tali
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misure, che sono legate allo sviluppo del territorio e potenzialmente destinabili ad una platea più ampia di quella degli imprenditori agricoli, seppure con alcune eccezioni (Calabria, Basilicata e Sicilia al Sud e Toscana, Marche e Friuli nel CentroNord), non supera, nel complesso, il 5-6% della spesa totale programmata (Tabella 1). Se si guarda al totale nazionale, la quantità di risorse più consistente (3% del totale FEOGA) è stata destinata alla misura p (diversificazione delle attività del settore agricolo e delle attività affini). Agli interventi per la commercializzazione dei prodotti di qualità e l’incentivazione delle attività turistiche e artigianali è stato assegnato
un
ruolo
decisamente
marginale
in
termini
di
finanziamenti
(rispettivamente, 1,2% e 1,0%). In media, la quota di risorse complessivamente attribuite alle misure anzidette è più elevata nelle regioni Obiettivo 1 (6%), rispetto a quelle fuori OB. 1 (4%). Inoltre, nel primo caso si rileva una concentrazione decisamente maggiore sulla misura p, che intercetta quasi il 4% delle risorse totali, contro il 2% del Centro-Nord. Appare interessante sottolineare infine che, nell’ambito delle risorse assegnate alla misura p nelle aree ad obiettivo 1, quasi un quarto del totale (24,8%) sono state attribuite alla regione Sicilia. (INEA , Rapporto 2001/2002 ).
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Tab. 1 - SPESA PUBBLICA PREVISTA IN ITALIA PER GLI INTERVENTI DI DIVERSIFICAZIONE ECONOMICA DELLE AREE RURALI (2000-2006) (*)
(Milioni di euro) Regione
misura m
misura p
misura s
Totale Piano
(a)
(b)
(c)
(d)
Incidenze
a/d
b/d
c/d
(a+b+c)/d
Regioni fuori Ob. 1 Piemonte Valle d’Aosta Lombardia Trento* *
8,0
13,0
9,2
868,5
0,9
1,5
1,1
-
-
-
119,1
-
-
-
3,5 -
5,2
6,9
-
805,4
0,6
0,9
-
1,5
-
3,3
-
210,2
-
1,6
-
1,6
Bolzano
0,8
7,0
0,8
265,9
0,3
2,6
0,3
3,2
Veneto
8,3
13,5
0,8
666,6
1,2
2,0
0,1
3,4
Friuli V.G.
5,4
-
9,0
213,0
2,5
-
4,2
6,8
Liguria
0,9
7,0
2,7
210,7
0,4
3,3
1,3
5,0
Emilia R.
15,8
13,6
-
852,2
1,9
1,6
-
3,5
Toscana
4,0
37,2
24,0
730,4
0,5
5,1
3,3
8,9
Umbria
7,3
4,9
2,8
402,6
1,8
1,2
0,7
3,7
Marche
4,5
19,3
5,5
450,8
1,0
4,3
1,2
6,5
11,7
8,8
8,8
585,4
2,0
1,5
1,5
5,0
Lazio Abruzzo Totale
-
12,0
-
292,6
-
4,1
-
4,1
71,8
146,6
63,6
6.673,4
1,1
2,2
1,0
4,2
Regioni Ob. 1 Molise
1,0
1,5
-
88,3
1,1
1,7
-
2,8
Campania
5,5
18,3
21,0
906,1
0,6
2,0
2,3
4,9
Puglia
8,7
4,1
-
712,0
1,2
0,6
-
1,8
Basilicata
4,0
16,5
-
302,4
1,3
5,5
-
6,8
Calabria
6,1
69,0
5,0
820,5
0,7
8,4
0,6
9,8
Sicilia
20,0
44,0
28,0
1.375,4
1,5
3,2
2,0
6,7
Sardegna
20,0
24,0
3,7
812,2
2,5
3,0
0,5
5,9
Totale
65,3
177,4
57,8
5.016,8
1,3
3,5
1,2
6,0
137,1
323,9
121,3
11.690,2
1,2
2,8
1,0
5,0
Totale generale
(*) Fonte: INEA, Rapporto 2001/2002.
** Il piano prevede uno stanziamento unico per le misura p ed s. La dotazione finanziaria imputata nella presente tabella alla misura è in realtà riferita ad entrambe le misure.
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3.2 – LA LEGISLAZIONE DELLA REGIONE SICILIA La rallentata crescita del comparto agrituristico nella regione Sicilia è da imputare anche alla lentezza con la quale si è proceduti all’emanazione di una normativa regionale a disciplina dell’agriturismo. Difatti, con ben 9 anni di distanza dalla legge quadro nazionale (Legge 730/85), la Sicilia è stata l’ultima, tra le regioni, a recepire, con la L.R. 25/1994, la normativa nazionale relativa a tale settore. Precedentemente le norme regionali riguardanti l’attività agrituristica sono stati inseriti in ambiti diversi come, ad esempio, la Legge regionale 98/81 e la Legge 27/91 recanti, rispettivamente, le norme per l’istituzione di parchi e riserve naturali nella regione siciliana e gli interventi a favore dell’occupazione (Parisi –Mazzamuto, 2002). La normativa regionale (L.R. 25/94) attribuisce all’agriturismo finalità ben precise e, in particolare, all’art. 1, fa riferimento alla possibilità di agire per: ¾ favorire lo sviluppo agricolo e forestale e il riequilibrio del territorio ¾ agevolare la permanenza dei produttori agricoli nelle aree rurali valorizzando e recuperando il patrimonio naturale ed edilizio; ¾ concorrere alla tutela ed alla conservazione dell’ambiente e del paesaggio; ¾ recuperare le tradizioni culturali del mondo rurale; ¾ promuovere la conoscenza e l’offerta dei prodotti tipici ¾ favorire il rapporto campagna-città.
In linea con la legge quadro nazionale (L. 730/85), l’art. 17 della L.R. 25/94, modificata dalla legge regionale 27/95, consente la concessione di aiuti regionali a coloro che esercitano attività agrituristica, quindi già in possesso delle necessarie autorizzazioni comunali e del nulla osta dell’IPA. L’evoluzione normativa ha portato dalla semplice individuazione delle principali attività agrituristiche (L.R. 25/94) nell’offerta di ospitalità in locali interni all’azienda e/o negli spazi aziendali o nella somministrazione di pasti (per i quali, era ed è previsto l’uso di prodotti ottenuti all’interno dell’azienda), all’assimilazione, con l’introduzione della legge regionale n. 27 del 6 aprile 1996 “Norme per il turismo”, di tale comparto al settore turistico. Difatti, con la stessa legge, oltre ad eliminare la Commissione Regionale per
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l’Agriturismo, è stata prevista la
classificazione in stelle anche delle aziende
agrituristiche ad opera delle Aziende Autonome Provinciali per l’Incremento Turistico (A.A.P.P.I.T.), al pari delle strutture ricettive tradizionali (alberghi, ostelli, ecc.). Limitazioni ulteriori all’attività agrituristica sono derivate dall’introduzione della Circolare n. 239 del 27 Luglio 1997 diramata dalla Regione Siciliana che ha limitato ulteriormente l’esercizio dell’attività agrituristica, fissando, in merito alla somministrazione di pasti sul posto, l’obbligo di esercizio congiunto con quello di ospitalità in locali aziendali o all’aperto (agricampeggio). Pertanto, con questa circolare, tutte quelle aziende agrituristiche che offrono solo il servizio di ristorazione non possono più essere considerate tali. Sul piano degli incentivi all’agriturismo, un sostegno significativo allo sviluppo del comparto siciliano è derivato dall’art. 87 “Agriturismo, attività turistiche e artigianali in contesto rurale”della L.R. 23/12/2000 n. 32 “Disposizioni per l'attuazione del POR 2000-2006 e di riordino dei regimi di aiuto alle imprese”. Tale
articolo - che abroga gli articoli 3, 11 e 17 della legge regionale 9 giugno 1994, n. 25 - prevede contributi per investimenti a carattere strutturale, ivi compresa la dotazione di attrezzature e di servizi necessari per l'esercizio dell'agriturismo al fine di sviluppare le attività complementari e/o alternative all'attività agricola10. Tale 10
Sono ammessi a finanziamento gli interventi riguardanti: a) la ristrutturazione e l'adeguamento dei fabbricati per attività agrituristiche, compresa l'installazione e il ripristino di impianti termici e telefonici; b) l'adattamento di spazi aperti nell'ambito aziendale per le attività agrituristiche; c) la realizzazione nelle aziende di strutture per la conservazione di prodotti agricoli locali, solo se connessi all'attività agrituristica; d) la realizzazione di strutture sportive e ricreative per il tempo libero; e) l'acquisto di macchinari, attrezzature, arredi e nuovi corredi necessari per l'esercizio delle attività; f) l'acquisto di apparecchiature informatiche e dei relativi programmi. Al fine di sviluppare le attività complementari e/o alternative all'attività agricola. Sono ammissibili a finanziamento gli investimenti per: a) la ristrutturazione e l'adeguamento dei fabbricati per attività artigianali e di turismo rurale, compresa l'installazione e il ripristino di impianti termici e telefonici; b) l'adattamento di spazi aperti nell'ambito aziendale per le attività di turismo rurale; c) la realizzazione di strutture per la conservazione di prodotti agricoli destinati all'attività di ristorazione; d) la realizzazione di strutture sportive e ricreative per il tempo libero; e) l'acquisto di macchinari, attrezzature, arredi e nuovi corredi necessari per l'esercizio delle attività; f) l'acquisto di apparecchiature informatiche e dei relativi programmi.
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contributo11 può essere erogato nell'ambito del "de minimis". In tale ipotesi il contributo non può superare il 60 per cento della spesa ammissibile (Normativa turistica Regione Siciliana, Assessorato al Turismo, 2004). Recentemente, al fine di definire criteri e modalità per la concessione degli aiuti agli operatori agrituristici, in conformità a quanto previsto dal Complemento di programmazione del P.O.R. Sicilia, è stato emanato il DECRETO 28 maggio 2004 “Disposizioni in materia di agriturismo”, con cui sono stati abrogati il decreto 14 giugno 1997 e la circolare assessoriale n. 239 del 23 luglio 1997 e riformulati i limiti dell’attività agrituristica.
Pertanto, diversamente dalle disposizioni normative
precedenti, al fine d’incentivare il progressivo ampliamento della gamma dei servizi offerti dalle aziende agrituristiche, con tale decreto si ritiene auspicabile e preferibile che, all'attività di ristorazione venga sempre affiancata almeno quella di ospitalità. Inoltre, si rileva che la normativa vigente dispone “l'obbligo di esercitare le attività di organizzazione di attività ricreative, culturali, di vendita diretta dei prodotti agricoli etc., congiuntamente con l'offerta di ospitalità e/o l'agricampeggio e/o la ristorazione”. Ovviamente, le attività ricettive, culturali e didattiche devono porsi in sinergia con l'attività agricola che, comunque, deve rimanere la principale. Ne deriva che l'attività agrituristica non può essere oggetto di gestione separata (contabile e fiscale) da quella relativa all'attività agricola, che deve essere svolta dal medesimo soggetto e non può rientrare fra le tipologie degli esercizi ricettivi classificabili come turistici. Con riferimento all’attività di ristorazione, (art 8 al punto 8.3) il suddetto decreto precisa che “.. la ristorazione agrituristica può essere attuata nell'azienda agricola sia autonomamente, che unitamente all'offerta di ospitalità nei locali aziendali e/o in spazi aperti. In ogni caso, devono essere rispettate le peculiarità dell'azienda agricola, dell'ambiente rurale presente nel territorio e della tipicità dei piatti regionali. Pertanto, è obbligatorio l'utilizzo di pietanze e bevande di provenienza prevalentemente aziendale e di produzioni tipiche regionali. In particolare, la ristorazione deve privilegiare gli alimenti caratteristici del comprensorio rurale, con 11
I contributi erogati ai sensi del presente articolo non possono superare il 35 per cento in ESN più 15 per cento in ESL della spesa ammessa a finanziamento.
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specifico riguardo agli itinerari per la promozione e valorizzazione delle produzioni regionali (strade del vino, olio, formaggi, etc.)”. Si precisa che, in ogni caso, deve essere assicurata la presenza, anche parziale, di alimenti di provenienza aziendale fra quelli somministrati agli ospiti. In linea generale, il dimensionamento dell'attività di ristorazione dovrà tenere conto delle effettive potenzialità delle risorse aziendali, anche in termini di alimenti utilizzati. Pertanto, nonostante la normativa vigente estende il numero massimo di posti per l’offerta dei pasti in 230 per azienda singola e 300 per azienda associata, “non risulta con ciò coerente un'offerta pasti con un numero di posti eccessivo e non confacente ai principi di un'ospitalità rurale contenuta e di qualità”. Inoltre, i locali destinati alla preparazione dei pasti (cucine e/o laboratori) dovranno possedere tutti i requisiti igienico-sanitari previsti dalla vigente normativa. Inoltre, lo stesso Decreto precisa che “la degustazione e l'assaggio devono riguardare i prodotti aziendali non trasformati, o che necessitano di trasformazione (es. vino, olio, formaggi, marmellate). Si precisa che il prodotto aziendale non può essere posto in assaggio e degustazione con le caratteristiche di un pasto, configurandosi in tal caso l'attività di ristorazione” (art. 8.6). Tale Decreto amplia anche i limiti imposti per l’offerta di ospitalità in locali aziendali prevedendo, al punto 19.2, un numero massimo di 55 posti letto per azienda singola e di 100 per aziende associate rispetto al limite massimo di 30 -60 posti letto previsti, rispettivamente, per le aziende individuali ed associate, dalla legge regionale 25/94. Inoltre, per l’offerta di ospitalità in spazi aperti, il Decreto 28/05/04, al punto 19.3, prevede la sosta di un numero massimo di equipaggi, costituiti da 4 persone in tende, roulottes e campers, pari a 15 per singola azienda agricola e 25 per aziende associate, senza indicare limiti rapportati alla superficie totale dell’azienda come, invece, erano previsti dalla normativa 25/94 con la quale era possibile l’agricampeggio solo per le aziende agrituristiche con una superficie complessiva di almeno due ettari e per un
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totale di 5 equipaggi e non più di 20 persone, elevabili a 20 equipaggi e 50 persone per le aziende associate. Per quanto concerne il patrimonio edilizio da utilizzare ai fini dell’ospitalità il decreto stabilisce che, in coerenza con la normativa vigente, “gli interventi edilizi sono consentiti esclusivamente sugli edifici esistenti, eccedenti o non più necessari alla conduzione dell'azienda agricola”. Tutte le opere devono essere realizzate nel rispetto delle caratteristiche tipologiche e architettoniche originarie, anche mediante l'utilizzo di materiali tradizionali della zona, possibilmente reimpiegando quelli provenienti dallo stesso complesso edilizio recuperato o ristrutturato”. Tale limitazione rivela un’implicita finalità di tutela del patrimonio paesaggistico contro situazioni di speculazione edilizia mascherate da iniziative di ospitalità agrituristica e, nel contempo, di tutela della qualità del servizio di ospitalità offerto all’ospite. La qualità minima del servizio di ospitalità è assicurata anche in ordine alle dimensioni ed alle attrezzature minime che devono essere presenti nelle camere e negli alloggi indipendenti, nonché per l’ospitalità all’aperto. Il rispetto di questi parametri è prerequisito necessario per ottenere la classificazione in stelle da parte dell’A.A.P.I.T.
La delibera di classificazione A.A.P.I.T. costituisce, secondo la
normativa vigente, uno dei prerequisiti indispensabili per ottenere l’autorizzazione comunale12, cui è subordinato l’avvio dell’esercizio dell’attività agrituristica. Per il finanziamento delle iniziative nel comparto agrituristico gli interventi ammissibili nell'ambito della misura 4.15, azione A, sono definiti nel Complemento di programmazione del P.O.R. Sicilia 2000/2006 e dall'art. 87 della Legge Regionale
12
Alla richiesta di autorizzazione da presentare presso i comuni gli imprenditori agricoli dovranno allegare: - nulla osta rilasciato dall'ispettorato provinciale agricoltura; - documentazione attestante il possesso dei requisiti soggettivi di cui alle lettere a) e b) dall'art. 5 della legge regionale n. 25/94; - eventuale richiesta di elevazione dei limiti dei posti per la ristorazione, nei termini consentiti dal paragrafo 8.3; - copia del libretto sanitario di chi eserciterà l'attività; - copia degli atti necessari per eventuali interventi edilizi; - parere favorevole dell'autorità sanitaria competente relativo ai locali da adibire all'attività; - delibera di classificazione dell'A.A.P.I.T.
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n. 32/2000. La finanziabilità delle opere è subordinata alla realizzazione degli interventi dopo la presentazione della richiesta di finanziamento e, in ogni caso, non oltre il termine di ultimazione dei lavori determinato dall'Amministrazione. Gli interventi e le relative spese ammissibili, finalizzati all'attività di agriturismo, sono: A) Opere edili ed assimilate. B) Acquisto di macchinari, attrezzature, arredi, corredi ed attrezzature informatiche. C) Spese generali e tecniche (spese di progettazione e simili). In particolare, sono esclusi interventi nei fabbricati o porzioni di essi attualmente destinati all'attività agricola o ad uso abitativo, anche temporaneo, dell'imprenditore e dei suoi collaboratori. Inoltre, non è ammissibile l'aiuto pubblico per locali destinati a culto religioso o comunque non legati all'attività agricola. Gli Ispettorati Provinciali per l’Agricoltura (I.P.A.) dovranno provvedere ad effettuare sia i controlli, che l'istruttoria tecnica-amministrativa su tutte le domande. In particolare l'istruttoria riguarderà: -
ulteriore accertamento dei requisiti di ammissibilità e della documentazione prodotta; - l'analisi tecnico-economica del progetto;
-
l’acquisizione di ulteriori pareri e/o autorizzazioni. (Gazzetta Ufficiale Regione Siciliana del 29/05/2004)
Dalla graduatoria provvisoria, inerente al Bando 2003 per la misura 4.15 – Azione A del P.O.R. Sicilia 2002-2006, emerge che nella regione per il comparto agrituristico sono stati presentati 288 progetti, per complessivi 58,5 milioni di Euro a fronte dei 44 milioni di Euro assegnati dal P.O.R. Sicilia per la misura p (POR SICILIA 2000/2006 - Misura 4.15 Bando 2003 - Graduatoria provvisoria Azione A). Nello specifico è possibile osservare come, in oltre il 67 % dei progetti, sono previsti interventi e/o impianti per il risparmio energetico e idrico e/o per una razionale gestione dei rifiuti, mentre nell’85% del totale sono previsti anche opere progettuali
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da realizzare con tecniche a basso impatto ambientale e paesaggistico (es: bioarchitettura, utilizzo di materiale riciclato, ecc.). Ciò, dimostra il crescente interesse del comparto agricolo verso iniziative a sostegno di interventi di diversificazione delle loro attività nel contesto di un ruolo multifunzionale dell’agricoltura.
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4. IL COMPARTO AGRITURISTICO ITALIANO: ANALISI
DELLA
DOMANDA
E
DELL’OFFERTA
4.1
–
EVOLUZIONE
E
CARATTERI
DELL’OFFERTA
AGRITURISTICA IN ITALIA L’agriturismo, in Italia, nasce nei primi anni ’70 allorquando si registra una sensibile diminuzione degli addetti in agricoltura, ed è in questo contesto che gli agricoltori cominciano a valutare nuove opportunità di reddito. Alle difficoltà interne del settore, si aggiunge un forte interesse dell’ “ambiente esterno” per le vacanze verdi e la riscoperta di un territorio rimasto sempre ai margini dei flussi turistici. Nel 1973 vengono emanate le prime leggi in materia di agriturismo da parte delle Province autonome di Trento e Bolzano; e nel 1975 esce la prima guida dell’ospitalità rurale, con l’illustrazione di 170 aziende agricole (la maggior parte delle quali erano casolari senza luce né acqua). A partire dagli anni ‘80, il fenomeno agrituristico registra un forte slancio, anche sulla scorta di quanto accaduto negli altri Paesi Europei. La spinta agrituristica, infatti (fatta eccezione per la Toscana, la cui grande disponibilità di cascinali abbandonati ha costituito la “molla” dello sviluppo), è partita dall’Alto Adige, in stretta relazione all’esplosione del settore che si è avuto in Tirolo e in Val d’Aosta, sulla quale ha influito la fortunata esperienza della vicina Francia. La formula agrituristica non è infatti di matrice italiana, ma nasce in altri Paesi Europei, anche sotto formule diverse, ma con la comune motivazione di “fuga dalla città e contatto con la natura”. Il turismo in campagna si è sviluppato in primo luogo in Francia, dove è stata adottata la formula “alloggi rurali”, e si presenta ancora oggi con una tipologia di
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offerta assai eterogenea. Poi si è diffuso in Germania, dove le circa 20.000 aziende hanno mantenuto formule più “tradizionali”: pernottamento con servizio di prima colazione, mezza pensione o pensione completa. In Gran Bretagna, al contrario, lo spopolamento rurale ha fatto sì che nascessero leggi e discipline specifiche per sopperire alla costante fuga dalle campagne verso i centri urbani, per garantire un controllo del territorio e per frenare il degrado ambientale (Ferruzzi, Bovini, Paterniani, 2000). Con riferimento all’Italia, disporre di dati storici ufficiali sulla consistenza degli agriturismi è veramente difficile dato che l’ISTAT si è interessata al comparto per la prima volta solo con il Censimento Generale dell’Agricoltura del 1982 e, successivamente, con il censimento del 1990. A seguito di tali rilevazioni le aziende agrituristiche risultavano essere 14.672 nel 1982 e soltanto 6.579 nel 1990. Il notevole decremento occorso tra i due censimenti è, probabilmente, conseguenza della regolamentazione del settore avutasi con la legge quadro sull’agriturismo e le successive leggi regionali (Parisi, Mazzamuto, 2002). Secondo i dati ISTAT
del 1998, è evidente come, alla fine degli anni ’90,
nonostante la significativa crescita della domanda avutasi a partire dagli anni ‘80, l’offerta degli agriturismi fosse ancora limitata, se confrontata alle altre forme di ospitalità. Difatti, solo il 7,6% delle strutture ricettive italiane era di tipo agrituristico (Tab. 2), con una ricettività totale, in termini di posti letto, pari all’1,6%. Ciò è dovuto anche alla ricettività minima di questo tipo di strutture, come si può evincere dalla media dei posti letto per esercizio allora disponibili illustrata nella (Tab. 3) . Per contro, si rileva (Tab. 2) una preponderante presenza di offerta di ospitalità da parte di alberghi che, in Italia, coprono il 48,2% dell’offerta complessiva con oltre un milione e settecentomila posti letto, seguiti dagli alloggi privati (affittacamere, case vacanze, ecc.) con il 36,4%, da altri tipi di strutture (4,3%) e dai campeggi e villaggi turistici (3,4%). Per quest’ultimi, è interessante osservare come, al peso marginale sull’offerta ricettiva totale corrisponde, invece, una media di posti letto di oltre 10 volte quella degli alberghi (Tab. 3).
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Tab. 2 - COMPOSIZIONE DELLE OFFERTE RICETTIVE IN ITALIA NEL 1998 (*) Tipologia di offerta Agriturismi Alloggi privati ** Campeggi e villaggi turistici Alberghi Altri *** Totale
Strutture N° 5.275 25.340 2.375 33.540 3.001 69.531
% 7,6 36,4 3,4 48,2 4,3 100,0
Letti N° 59.024 247.419 1.311.006 1.782.382 175.045 3.574.876
% 1,7 6,9 36,7 49,9 4,9 100,0
(*) Fonte: Trademark Italia. ** iscritti al REC (Registro Esercenti il Commercio) e altri. *** ostelli per la gioventù, case per ferie, rifugi alpini, etc.
Tab. 3 - MEDIA LETTI PER ESERCIZIO (*) Tipologia di offerta Agriturismi Alloggi privati Campeggi e villaggi turistici Alberghi
Media letti 11 9,7 552 53
(*) Fonte: Elaborazione Trademark Italia su dati ISTAT ’98.
Date le modeste dimensioni delle aziende agrituristiche e, in generale, del settore13 diventa difficile pensare al marketing ed alla promozione dell’attività mediante il ricorso ad investimenti “pesanti” in pubblicità; pertanto il destino degli agriturismi è quello di puntare forzatamente sul passaparola. In un panorama così complesso, composto da aziende agrituristiche “serie” che operano in mezzo ad marasma di attività che poco hanno a che fare con l’agreste e
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Al 1998, secondo i dati Istat la disponibilità ricettiva nazionale era assai modesta 59.000 letti circa (numerose fonti parlano di 105.000 posti letto) e con un giro d'affari di 5 mila miliardi.
29
molto con il commerciale, il settore continua la sua espansione (Ferruzzi- Bovini Paterniani, 2000). Da quanto riportato nel Rapporto sul turismo del 1999, le aziende agrituristiche operanti sul territorio nazionale erano circa 10.000, di cui circa 8.400 con ospitalità per un totale di 110.000 posti letto, e circa 5.500 quelle con ristorazione (INEA, 2001). Nel 2001, secondo stime dell’Agriturist, risultavano nel nostro Paese solo poco più di 10.600 aziende agrituristiche autorizzate (+ 102% rispetto alle imprese esistenti al 1998) (Fig. 1), con una concentrazione prevalente nelle regioni nord-orientali e centrali. Osservando la distribuzione per singola regione (Tab. 4), quest’attività risulta, maggiormente diffusa in Alto Adige e in Toscana che, complessivamente, coprono il 42% delle aziende autorizzate, pur raggiungendo dimensioni significative anche in Umbria,Veneto, Lombardia, Emilia Romagna e, tra le isole maggiori, in Sardegna (ISTAT, 2001; INEA, 2003). Complessivamente, la considerevole espansione del settore agrituristico, avutasi nel periodo 1990-2001, si evince anche dai dati relativi al giro d’affari annuo passato dai 240 miliardi di lire del 1990 ai 1320 miliardi di lire del 2001, con una crescita totale del 450% (Tab. 5). Tale situazione è anche l’effetto della variazione della consistenza del settore che, nel periodo di riferimento, ha fatto registrare incrementi significativi sia in termini di numero di aziende (+57,4%), sia di posti letto (+30,6%), come conseguenza di un incremento della domanda agrituristica cresciuta, tra il 1990 ed il 2001, del 105%. È interessante osservare che, nel decennio considerato, il numero di aziende agrituristiche che offrono il servizio di ristorazione è moderatamente cresciuto. Ciò, ovviamente, è dovuto alla complessità degli adempimenti igienico-sanitari necessari per la prestazione di questo servizio, rivolto non solo agli ospiti che pernottano ma anche a quelli di passaggio (Parisi, Mazzamuto, 2002).
30
Tab. 4 – CONSISTENZA DELLE AZIENDE AGRITURISTICHE IN ITALIA PER REGIONE (2001) (*)
Aziende iscritte negli REGIONE
Aziende autorizzate
albi regionali N°
%
N°
%
51
0,3
51
0,5
600
3,4
429
4,0
1000
5,7
613
5,8
176
1,0
176
1,6
2844
16,3
2352
22,1
Veneto
900
5,2
728
6,8
Friuli V. Giulia
285
1,6
279
2,6
Emilia Romagna
829
4,8
448
4,2
Liguria
375
2,2
300
2,8
Toscana
2105
12,1
2105
19,7
Marche
1472
8,5
377
3,5
Umbria
695
4,0
615
5,8
Lazio
600
3,4
238
2,2
Abruzzo
700
4,0
375
3,5
Molise
200
1,1
50
0,5
1202
6,9
274
2,6
Puglia
789
4,5
212
2,6
Basilicata
500
2,9
280
2,6
Calabria
1472
8,5
160
1,5
Sicilia
210
1,2
210
2,0
Sardegna
390
2,2
390
3,7
17.395
100,0
10.662
100,0
Valle d’Aosta Piemonte Lombardia Trentino Alto Adige
Campania
TOTALE (*) Fonte: Agriturist.
31
Tab. 5
– EVOLUZIONE DEL SETTORE AGRITURISTICO IN ITALIA (PERIODO 1990-2001) (*)
VALORI ASSOLUTI 1990 N° aziende agrituristiche
(2001/1990) %
2001
6.800
10.700
57,4
85.000
111.000
30,6
12,5
13
4,0
1.000.000
2.050.000
105,0
Di cui stranieri (%)
15
25
66,7
Presenze annue (milioni)
6,8
11,1
63,2
Utilizzazione annua alloggi
80
100
25,0
Durata media del soggiorno (gg)
6,8
5,4
20,6
1.800
6.850
280,6
600
950
58,3
1.000
1.550
55,0
240
1.320
450,0
N° posti letto Posti letto per azienda Arrivi
Aziende con ristorazione Aziende con agricampeggio Aziende con cavalli Giro d’affari annuo (miliardi) (*) Fonte: Agriturist.
A tutt’oggi, secondo dati comparati delle associazioni nazionali dell’agriturismo (Agriturist, Terranostra, Turismo Verde), sono oltre 12.000 le aziende agrituristiche presenti nel nostro Paese (Fig. 1), con un tasso di crescita complessivo del 137% nel giro di 5 anni (1998-2003), 10.000 gli alloggi (+70 %), 130.000 i posti letto, 7.500 le aziende con ristorazione. Peraltro, a fronte di un peso residuo del settore sotto il profilo strutturale, con offerta ricettiva ancora marginale (2% di quella complessiva), significativo risulta, invece, il ruolo del comparto agrituristico se si considera l’aspetto economico correlato a questa forma di turismo. Difatti, il tasso di crescita del fatturato tra il 1991 e il 2001 è stato del +300 per cento, per un giro d’affari che, al 2003, ha raggiunto i 750milioni di Euro (in media 60mila Euro per azienda). In
32
tutto sono 2milioni 160mila gli arrivi, per un totale di quasi 11milioni di presenze all’anno. La spesa pro capite nel 2003 è stata di quasi 350 euro a testa.
Numero aziende
Fig. 1 - Evoluzione del settore agrituristico italiano (*) 15.000
12.500
12.500
10.662
10.000 7.500
5.275
5.000 2.500 0 1998
2001
2003
(*) Fonte: Ns. elaborazione su dati Istat ’98, Agriturist 2001, Anagritur 2003.
Secondo alcune ricerche di settore14 dell’Osservatorio Nazionale sull’Agriturismo Italiano, a tutt’oggi, l’offerta agrituristica italiana è multiforme e varia a seconda del territorio: le aziende vogliono offrire sempre di più e per questo si organizzano all’interno, ma anche in collaborazione con le strutture socio-economiche presenti sul territorio, nello spirito di un’offerta integrata. Non solo alloggio (offerto in media nel 95% degli agriturismi italiani) o sola ristorazione (55% in Italia – 76,9% al Sud): solo 3 agriturismi su 100 offrono unicamente entrambi i due servizi più conosciuti (Tabb. 6 e 7). C’è la tendenza, sempre più affermata, a coinvolgere i clienti con piccoli pacchetti turistici che offrono visite dell’azienda e del territorio circostante. L’agriturismo diventa così la vetrina rurale di intere zone collocate, spesso, fuori dai circuiti turistici tradizionali. Tra i servizi collaterali, un peso significativo assume la vendita diretta dei prodotti agricoli che, mediamente, riguarda il 61,1% degli agriturismi italiani (il 75% al Sud),
14
Ricerca realizzata dall’Osservatorio Nazionale sull’Agriturismo Italiano in collaborazione con le Associazioni Nazionali dell’Agriturismo e con l’INEA
33
inoltre, rilevante risulta l’offerta di degustazioni (37,9% delle aziende in Italia) e di attività culturali, ricreative (41,1% in Italia – 49,3 al Nord), nonché di quelle sportive (29,6%) (Tab. 6). In particolare, tra le attività sportive e ludico-ricreative prevalgono le escursioni a piedi e quelle in bicicletta offerte, rispettivamente, dal 59,1% e dal 53,7% degli agriturismi italiani, seguiti dall’offerta di attività di nuoto (48,2% delle aziende), possibilità di corsi di cucina e di alimentazione (29,2%) e di altre attività (quali bocce, calcetto, ping pong, yoga) che, nel complesso, vengono proposti dal 30,7% delle aziende (Tab. 8) . Un altro settore dell’offerta in grande crescita è quello delle fattorie didattiche (22,9%, - 35,8 al Nord), nuovo strumento di integrazione del reddito per gli agricoltori e occasione unica per le nuove generazioni d’impadronirsi della nostra cultura rurale. Buona risulta l’offerta di agricampeggio al Sud (17,3% contro l’8,6% della media nazionale) (Tab. 6).
Tab. 6 - GRADO DI SPECIALIZZAZIONE DEI SERVIZI OFFERTI NEGLI AGRITURISMI ITALIANI (*) (**)
ITALIA
NORD
CENTRO
SUD E ISOLE
Alloggio
95,7
89,6
96,9
100,0
Ristorazione
55,0
62,7
44,7
76,9
Agricampeggio
8,6
9,0
5,6
17,3
Vendita diretta
61,1
62,7
55,9
75,0
Degustazione
37,9
28,4
35,4
57,7
Attività culturali ricreative
41,1
49,3
32,9
55,8
Attività sportive
29,6
28,4
25,5
44,2
Fattoria didattica
22,9
35,8
17,4
23,1
2,5
1,5
2,5
3,8
Altro
(*) Fonte: Anagritur, 2003. (**) Le aziende avevano la possibilità di dare più risposte, quindi il totale è superiore a 100.
34
Tab. 7 - LE ATTIVITÀ ESERCITATE NEGLI AGRITURISMI ITALIANI (DATI %) (*)
ITALIA alloggio+ ristorazione + altre attività
NORD
CENTRO
SUD E ISOLE
48,2
49,3
38,4
76,9
alloggio si-ristorazione no ristorazione si alloggio no
45,0
37,3
55,3
23,1
3,6
10,4
1,9
0,0
solo alloggio e ristorazione
3,2
3,0
4,4
0,0
(*) Fonte: Anagritur,2003.
Tab. 8 - ATTIVITÀ CULTURALI, RICREATIVE, DIDATTICHE OFFERTE DAGLI AGRITURISMI ITALIANI (DATI %) (*) (**)
ITALIA
NORD
CENTRO
SUD E ISOLE
Escursioni a piedi
59,1
46,6
55,8
73,1
Escursioni a cavallo
20,2
19,0
17,9
25,0
Escursioni in bicicletta
53,7
55,2
50,0
53,8
Piscina
48,2
29,3
55,8
38,5
Tennis
8,2
5,2
4,5
21,2
Palestra
1,9
3,4
1,9
0,0
Corsi cucina/alimentazione
29,2
22,4
21,8
53,8
Corsi artigianato
10,5
8,6
10,9
9,6
Incontri culturali
25,7
31,0
18,6
36,5
Altro (bocce, calcetto, ping pong, yoga)
30,7
41,4
25,0
30,8
(*) Fonte: Anagritur, 2003. (**) Le aziende avevano la possibilità di dare più risposte, quindi il totale è superiore a 100.
35
Secondo i dati dell’Osservatorio Nazionale sull’Agriturismo Italiano, l’azienda agrituristica italiana si presenta, sul piano strutturale, di dimensioni medio grandi (il 30,2 % delle aziende supera i 50 ettari) a conduzione familiare, integrata dal lavoro di salariati. Secondo tali stime, l’operatore agrituristico è prevalentemente di sesso femminile (37%), ha mediamente 48 anni (37 anni le donne, 59 gli uomini) e vive in azienda (69%, nel Nord la stessa percentuale sale al 76%) o nello stesso comune (19%). Inoltre, tali aziende producono e trasformano prodotti di qualità: 6 aziende su 10 presentano produzioni biologiche con marchio comunitario e/o nazionale (Dop, Igp, Doc, Docg, Igt). Tra gli orientamenti colturali prevalgono quelle permanenti (ulivi 59,7% – vigne 39,9%) e cerealicole (50,4); seguono quelli zootecnici (37,4%), frutticole (29,9%), orticole (31,7) (cfr: Tab. 9). Inoltre, ben 7 aziende su 10 trasformano i propri prodotti (86,5% al Sud), il 60 per cento possiede un proprio punto vendita. Le trasformazioni più frequenti sono relative a: olio (52,5%), conserve di frutta (48,5%) e di ortaggi (27,5%), vino (41,5%), carni e salumi (rispettivamente, 16,5% e 14,5%).
Tab. 9 - INDIRIZZI PRODUTTIVI DELLE AZIENDE AGRITURISTICHE ITALIANE (DATI %) (*) (**)
ITALIA
NORD
CENTRO
SUD E ISOLE
Cerealicolo
50,4
45,5
55,6
40,4
Zootecnico
37,4
40,9
38,1
30,8
Frutticolo
29,9
28,8
20,6
59,6
Orticolo
31,7
27,3
27,5
50,0
Viticolo
39,9
39,4
43,1
30,8
Olivicolo
59,7
15,2
73,1
75,0
Altro (seminativo, tabacco….)
19,4
13,6
24,4
11,5
(*) Fonte: Anagritur, 2003.. (**): Le aziende avevano la possibilità di dare più risposte, quindi il totale è superiore a 100.
36
Tab. 10 - METODI DI COLTIVAZIONE PRATICATI (DATI %) (*) (**) ITALIA
NORD
CENTRO
SUD E ISOLE
integrata
27,00
39
24,49
18
convenzionale
34,22
36
32,65
36
biologica
44,87
33
48,30
50
(*) Fonte: Anagritur, 2003. (**) Le aziende avevano la possibilità di dare più risposte, quindi il totale è superiore a 100.
4.2 - EVOLUZIONE E CARATTERI DELLA DOMANDA AGRITURISTICA IN ITALIA Il turismo, com’è noto, rappresenta per l’Italia uno dei settori trainanti dell’economia nazionale, nell’ambito del quale il comparto agrituristico sta assumendo un ruolo sempre più significativo, con un fatturato complessivo che, secondo i dati Coldiretti, ha raggiunto, nel 2003, i 750 milioni di euro. Pertanto, la conoscenza delle principali tendenze e condizioni che caratterizzano l’evoluzione della domanda agrituristica può essere particolarmente utile nella fase di costruzione di strategie di sviluppo volte a creare un’offerta locale di qualità e capace di attivare flussi turistici, per promuovere lo sviluppo socio-economico nelle diverse aree rurali. I principali elementi che caratterizzano l’evoluzione della domanda a livello nazionale sono i seguenti: •
una crescita delle presenze di turisti italiani, a seguito all’aumento delle presenze di stranieri registrato negli ultimi cinque anni. Alcune tendenze di carattere generale che interessano tutto il settore turistico sono particolarmente positive per l’agriturismo. In particolare, per quanto riguarda l’Italia, l’ultimo Rapporto sul
37
turismo relativo al 1999 del Dipartimento del turismo della Presidenza del Consiglio dei Ministri, evidenzia una nuova fase di espansione del turismo internazionale con ritmi di crescita abbastanza sostenuti e, comunque, superiori a quelli registrati alla fine degli anni ‘80. Per il comparto agrituristico, il “vertiginoso” trend crescente si evince anche dalle presenze annue, passate dagli 800.000 del 1990 (Sacchi De Angelis, 1995) ai 15 milioni del 2000 (Fig. 2) e che sembrano destinate a crescere ulteriormente nei prossimi anni. La domanda di turismo in ambito rurale viene dai centri metropolitani in cui ormai vive la maggior parte della popolazione, come reazione all’alienazione urbana che stimola il desiderio di tornare alla natura, alla vita dei campi, ad un mondo tradizionale da cui spesso ci si è allontanati. Difatti, gran parte della popolazione italiana ha origini rurali ed il ritorno all’ambiente rurale diventa quindi un ritorno al paese di origine dove spesso esistono ancora rapporti di amicizia e di parentela; •
una formidabile crescita della sensibilità per il mondo della gastronomia e dei prodotti alimentari di alta qualità. Sempre sulla base dei dati del Rapporto sul turismo relativo al 1999, il turismo enogastronomico risulta essere divenuto, per certe fasce di utenti, la motivazione principale degli spostamenti. Inoltre, questa forma di fruizione turistica appare sempre meno legata alla motivazione escursionistica, con tempi possono andare dal week-end all’itinerario di una settimana. In questo ultimo caso la scoperta del territorio e delle risorse culturali, artistiche e naturalistiche in esso presenti assume un rilevo particolare;
•
un consolidamento del target fortemente fidelizzato ed un’alta percentuale di ritorno presso l’azienda ospitante, i luoghi o più in generale verso la tipologia di offerta agrituristica;
•
un maggiore stile esplorativo dei clienti, sempre più orientati alla scoperta delle radici del folkore, delle abitudini e delle tradizioni dei luoghi visitati;
•
un aumento della sensibilità ambientale nel consumo dei servizi turistici, con ripercussioni sia a livello delle strutture ospitanti che dello stile di ospitalità. Difatti, da stime effettuate dalle associazioni di settore emerge che le preferenze dei consumatori sembrano orientate verso le aziende agrituristiche caratterizzate,
38
oltre che dall’offerta di prodotti tipici, anche da buona organizzazione delle attività ludico-ricreative.
Fig. 2 - Evoluzione della domanda agrituristica in Italia (periodo 1990-2000)(*)
Migliaia 15000
Visitatori (Presenze annue)
15000 12500 10000 7500 5000 800
2500 0 1990
2000 Anni
(*) Fonte: ns. elaborazione su dati (Sacchi De Angelis, 1995; INEA, 2001)
Nel complesso, negli ultimi anni, il numero degli ospiti stranieri in strutture agrituristiche appare in forte crescita. Gli agrituristi stranieri provengono principalmente da Gran Bretagna, Germania e Svizzera che, insieme a quelli scandinavi, scelgono solitamente Toscana e Umbria. I turisti scandinavi, sempre più presenti, sono più attenti ai prezzi ed alla ricerca di proposte culturali. Preferiscono agriturismi con piscina e con punti vendita di prodotti enogastronomici. Scelgono sistemazioni autonome come appartamenti con cucina attrezzata, per godere di completa autonomia (INEA, 2001). Secondo i dati dell’Osservatorio Nazionale sull’Agriturismo Italiano, oggigiorno l’agriturista viaggia per lo più in famiglia (41,8 per cento) o in coppia (38 per cento) (Fig. 3), soggiorna in media dai 3 ai 6 giorni (66 %) mentre ritmi di vacanza “mordi e fuggi”, anche per questo tipo di turismo sono presenti, in misura preponderante, nel
39
Nord del Paese (oltre il 37 % delle volte la durata del soggiorno non supera i 2 giorni) (Fig. 4). Inoltre, 8 volte su 10 l’agriturista proviene da altre regioni e nazioni (rispettivamente 44,6 e 36,8 %).
Fig. 3 - Composizione % degli ospiti negli agriturismi italiani (*) Altro (Gruppi organizzati, turismo scolastico, ecc.)
SUD E ISOLE CENTRO NORD ITALIA
Gruppi amici
Famiglie
Coppie
Turisti singoli
0
5
10
15
20
25
30
35
40
45
50
55
60
valori in %
(*) Fonte: ns. elaborazione su dati Anagritur, 2003..
40
Fig. 4 - Durata del soggiorno negli agriturismi italiani ( valori in % ) (*) 80
68,3
66
74,5
fino a 2 giorni
60 %
37,3
52,5
da 3 a 6 giorni
40
24,7
20 20
14
10,2 7
19,1 6,4
oltre 6 giorni
0 ITALIA
NORD
CENTRO
SUD E ISOLE
(*) Fonte: ns. elaborazione su dati Anagritur, 2003.
Il mese in cui si registrano le maggiori frequenze (visite) è quello di agosto (76,4 per cento) e le occasioni di soggiorno più sfruttate sono quelle offerte dalle vacanze pasquali (70,4 per cento) e natalizie (60,8 per cento), seguite dalla stagione primaverile (42,4 per cento), mentre il “turismo fuori stagione” segna il suo picco più elevato nel mese di settembre (49,4 per cento). A Natale l’occupazione media nazionale dei posti letto è del 67,9% al Centro, del 52,8 % al Sud e del 46 % al Nord (Tab.11). In media il Sud e le isole registrano il picco massimo di occupazione nei mesi di agosto, luglio e durante le vacanze pasquali, mentre il tasso minimo di occupazione si rileva durante il periodo autunnale.
41
Tab. 11 - OCCUPAZIONE MEDIA DEI POSTI LETTO IN ITALIA (DATI %) (*)
ITALIA
NORD
CENTRO
SUD E ISOLE
Autunno
31,6
35,0
31,6
27,4
Week-end invernali
24,9
23,2
24,2
28,8
Vacanze natalizie
60,8
46,0
67,9
52,8
Primavera
42,4
46,2
42,6
37,2
Vacanze pasquali
70,4
62,3
77,6
57,1
Luglio
60,8
49,2
67,0
54,1
Agosto
76,4
56,3
84,9
72,2
Settembre
49,4
49,7
51,9
41,1
(*) Fonte: Anagritur, 2003..
La domanda di servizi agrituristici ha origini motivazionali che, secondo l’ultima indagine effettuata dall’Osservatorio Nazionale sull’Agriturismo, risiedono in misura principale nel desiderio di riposo (77,9%) lontano dalla congestione dei centri urbani, mentre, la spesa contenuta sembra non essere tra le priorità (30,2 %). Secondo lo stesso studio, aumenta, inoltre, la quota di chi è alla ricerca di eventi e visite culturali (56,2 % in Italia, 64,2 % al Centro), cui si aggiunge la possibilità di gustare sul posto prodotti enogastronomici locali (53,7 %) e di fare lunghe passeggiate all’aria aperta (38,8 per cento). Chi cerca riposo o è motivato dall’enogastronomia privilegia il Sud (Tab. 12), (rispettivamente 90,4 % e 67,3 %), chi vuole fare sport in agriturismo va, in genere, al Nord (19,4 a fronte di una media nazionale del 14,6 per cento).
42
Tab 12 - MOTIVAZIONI DEGLI OSPITI (DATI %) (*) (**) ITALIA
NORD
CENTRO
SUD E ISOLE
Spendere poco
30,2
25,4
30,9
34,6
Enogastronomia
53,7
53,7
49,4
67,3
Riposo
77,9
64,2
79,6
90,4
Sport
14,6
19,4
13,6
11,5
eventi e visite culturali
56,2
50,7
64,2
38,5
Passeggiate
38,8
26,9
43,2
40,4
Altro (contatto con la natura, possibilità di portare i propri animali, accoglienza familiare…)
14,9
16,4
13,6
17,3
(*) Fonte: Anagritur,2003.. (**) Le aziende avevano la possibilità di dare più risposte, quindi il totale è superiore a 100.
Nella scelta dell’azienda agrituristica in cui soggiornare, prevale il tradizionale passaparola (32,5 per cento). In crescita internet (31,3 per cento) seguito, a distanza, dalle guide turistiche (17,8 per cento) e dalle agenzie (11,4 per cento) (Anagritur, 2003). Per quanto concerne le tendenze del turista-consumatore va sottolineato come, in funzione dei nuovi significati attribuiti dall’odierna domanda turistica al concetto di vacanza, vi sia la tendenza a ricercare la possibilità di coniugare la vacanza con qualche forma d’impegno, sia esso di natura intellettuale o culturale, di tipo sportivo, o formativo (corsi di vario tipo), dove l’elemento dello stimolo e della sperimentazione si sposa armoniosamente con l’aspetto più riposante e rigenerante. “Tale tendenza si concilia con l’ulteriore recente esigenza di vivere un’esperienza “eco-compatibile”, a diretto contatto con la natura, allo scopo di recuperare un
43
rapporto autentico con il contesto ambientale teatro del viaggio” (Antonioli Corigliano, 2004). Sulla base di quanto precedentemente affermato, è ovvio che la capacità di cogliere le nuove tendenze ed aspettative del turista, con modalità di offerte sempre nuove potrà svolgere un ruolo fondamentale per la crescita del comparto agrituristico e, conseguentemente, per lo sviluppo delle aree rurali. A tal fine, diviene essenziale sviluppare un sistema di relazioni da instaurare tra produttori, operatori turistici e comunità locale. Quest’ultima, dovrà prendere sempre più coscienza del ruolo che l’aspetto storico-culturale può giocare sull’attrattività della clientela e sulla fidelizzazione del turista-consumatore; da ciò ne consegue che la “politica dell’accoglienza” diviene un elemento strategico insieme a quelli storico, naturale, paesaggistico per la promozione economica e sociale dei territori coinvolti.
4.3 – EVOLUZIONE DELL’OFFERTA AGRITURISTICA IN SICILIA L’analisi sull’evoluzione del settore agrituristico in Sicilia, la cui crescita è stata frenata dai numerosi vincoli e dalla debolezza delle normative regionali a sostegno del settore, non appare semplice. Ciò a causa della mancanza di serie storiche significative ed attendibili. Difatti, fino all’introduzione della Legge Regionale del 1994, non era facile stabilire quali aziende potessero essere considerate agrituristiche e, ancor oggi, il problema persiste, per la presenza sul territorio di un gran numero di unità che operano fregiandosi del titolo di aziende agrituristiche senza avere le necessarie autorizzazioni previste dalla normativa vigente. Dall’analisi delle principali guide delle associazioni del settore si evince che in Sicilia, nel 1987, le aziende agrituristiche ammontavano a 191 con 1830 posti letto ed una media di 9,6 posti letto per azienda.
44
Tali aziende erano collocate, principalmente nelle province di Palermo, Catania, Agrigento e Caltanissetta che, complessivamente, comprendevano oltre il 70% delle unità agrituristiche (Tab. 13) (Celant- Magni, 2001).
Tab. 13 - AZIENDE AGRITURISTICHE SICILIANE AL 1987 (*) Anno 1987 Province
AZIENDE Numero
POSTI LETTO
%
Numero
%
N°/ azienda
Agrigento
31
16,2
247
13,4
8,0
Caltanissetta
26
13,6
171
9,4
6,6
Catania
35
18,3
320
17,4
9,1
Enna
13
6,8
103
5,7
7,9
Messina
17
8,9
317
17,4
18,6
Palermo
44
23,0
393
21,4
8,9
Ragusa
12
6,3
69
3,8
5,8
Siracusa
9
4,7
182
9,9
20,2
Trapani
4
2,2
28
1,6
7,0
191
100,0
1830
100
9,6
TOTALE
(*) Ns. elaborazione su dati di: . CELANT , MAGNI, 2001.
Un decennio più tardi, nel 1997, a tre anni dall’emanazione della legge Regionale n. 25/94, figuravano in Sicilia 105 aziende in possesso di regolare autorizzazione, mentre altre 270 erano in attesa dell’autorizzazione comunale. Esaminando la distribuzione territoriale delle aziende agrituristiche relativa al decennio 1987-‘97, si rileva come, la dislocazione di quest’ultime si sia modificata, a netto vantaggio della provincia di Messina (oltre il 30% delle aziende), seguita dalle province di Palermo, Ragusa e Siracusa che, complessivamente, raggruppavano poco più del 35% delle unità ricettive censite (Tab. 14). Nel complesso, la contrazione quantitativa delle aziende agrituristiche registrata al 1997, rispetto al 1987, è sicuramente imputabile ai vincoli posti dalla normativa di
45
settore emanata in Sicilia nel 1994, che hanno visto uscire dal mercato numerose aziende che offrivano servizi di ospitalità rurale. Nell’individuazione di aziende agrituristiche rispondenti ai canoni normativi ha inciso anche la Legge Regionale n. 27 del 6 aprile 1996 “Norme per il turismo”, con la quale fu estesa a tale comparto la disciplina turistica, prevedendone la classificazione in stelle 15. Peraltro, fino alle recenti disposizioni normative16 decisiva, nell’individuazione dell’attività agrituristica, è stata anche la Circolare n. 239 del 27 Luglio 1997, diramata dalla Regione Siciliana, con cui si limitava ulteriormente l’esercizio dell’attività agrituristica, fissando, per la somministrazione di pasti sul posto, l’obbligo di esercizio congiunto con quello di ospitalità in locali aziendali o all’aperto (agricampeggio). Ciò, ovviamente, poneva fuori legge tutte quelle aziende agrituristiche che offrivano solo il servizio di ristorazione.
Tab. 14 - RIPARTIZIONE PROVINCIALE DELLE AZIENDE AGRITURISTICHE PRESENTI IN SICILIA NEL 1997 (*)
Province
AZIENDE
AZIENDE
ABILITATE
NON ABILITATE
TOTALE
N°
%
N°
%
N°
%
Agrigento
4
3,8
8
2,9
12
3,2
Caltanissetta
5
4,8
12
4,4
17
4,5
10
9,5
32
11,8
42
11,7
7
6,7
20
7,4
27
7,2
Messina
35
33,3
84
31,3
119
31,6
Palermo
14
13,3
44
16,3
58
15,5
Ragusa
13
12,4
24
8,9
37
9,5
Siracusa
11
10,5
27
10,0
38
10,1
Trapani
6
5,7
19
7,0
25
6,7
105
100,0
270
100,0
375
100,0
Catania Enna
TOTALE SICILIA (*) Fonte: Celant- Magni, 2001 .
15
Classificazione spettante alle Aziende Autonome Provinciali per l’Incremento Turistico (A.A.P.P.I.T.).
16
Decreto Regione Sicilia del 28 maggio 2004 “Disposizioni in materia di agriturismo”, con cui, tra l’altro è stata abrogata la Circolare n. 239 del 27 Luglio 1997.
46
Alla fine del 2000, risultavano presenti sul territorio siciliano 179 aziende agrituristiche, con un’offerta di posti letto complessiva pari a 2.412 unità con 11 posti letto/azienda in media). La distribuzione territoriale di tali aziende (Tab. 15) continuava, tuttavia, ad essere sperequata, in quanto il 75% di esse era localizzato in quattro province:Messina (31,3 %), Siracusa (15,1 %), Palermo (14,5%), Ragusa (14 %), mentre il restante 25% era distribuito nelle altre cinque (Parisi, Mazzamuto, 2002).
Tab.15
–
RIPARTIZIONE
PROVINCIALE
DELLE
AZIENDE
AGRITURISTICHE SICILIANE (ANNO 2000) (*) AZIENDE
POSTI LETTO
Posti letto/
PROVINCE
azienda
N°
%
N°
%
Agrigento
6
3,4
76
3,2
13
Caltanissetta
8
4,5
88
3,6
8
14
7,8
258
10,7
11
9
5,0
92
3,8
10
Messina
56
31,3
660
27,4
8
Palermo
26
14,5
390
16,2
12
Ragusa
25
14,0
360
14,9
12
Siracusa
27
15,1
398
16,5
12
Trapani
8
4,5
90
3,7
10
179
100
2412
100
11
Catania Enna
TOTALE
(*) Fonte: ns elaborazione su dati Parisi, Mazzamuto, 2002.
A giugno 2004, secondo i dati forniti dalle Aziende Autonome Provinciali per l’Incremento Turistico (A.A.P.I.T), la consistenza delle aziende agrituristiche regolarmente autorizzate è risultata essere pari a 303 unità, con una crescita complessiva, rispetto al 2000, del 53,8%, ma con un persistente squilibrio nella concentrazione provinciale delle aziende. Difatti, nelle province di Messina, Palermo, Catania e Siracusa, sono localizzate il 72,5% delle aziende, contro il 27,5 % presente, complessivamente, nelle altre cinque province siciliane (Tab. 16).
47
Una comparazione con l’offerta ricettiva complessiva del territorio siciliano mostra come, nel complesso, sia minima l’incidenza degli alloggi agrituristici. Quest’ultimi, pur rappresentando il 24% degli esercizi extralberghieri, dispongono solo del 3,7% dei posti letto totali, in linea con la media nazionale del 3,6% del totale posti letto complementari (Bacarella, 2003). Se si tiene conto delle aziende classificate secondo la categoria di servizi offerti (Tab. 16) si nota che, solo poco più della metà degli esercizi agrituristici siciliani (57,5%) offre ospitalità congiuntamente alla ristorazione, mentre la restante quota comprende gli agriturismi con solo alloggio (33,8%) e quelli con sola ristorazione (8,7%). L’analisi del trend evolutivo dell’offerta agrituristica (Tab. 17) mostra che, a fronte di un significativo e, pressoché equilibrato, sviluppo territoriale del comparto (+ 87%), avutosi tra il 1997 ed il 2000; per il periodo 2000-2004 la crescita del settore (+52,8%), nel complesso più contenuta rispetto al periodo precedente, ha interessato principalmente le province di Catania (+207%), Trapani (+162,5%), Agrigento (+150%), Palermo (+127%), Caltanissetta (+100%). Più ridotta, ma pur sempre significativa, è stata, al contrario, la crescita del numero di aziende agrituristiche nel resto delle altre province, ad eccezione di quella di Ragusa che, in controtendenza, ha fatto registrare un decremento (-24%) del numero di aziende.
48
Tab. 16 – RIPARTIZIONE TERRITORIALE DELLE AZIENDE AGRITURISTICHE SICILIANE (DATI AGGIORNATI A GIUGNO 2004) (*) (di cui ) aziende con alloggio +ristorazione Province
Numero aziende
% sul totale Numero
Agrigento Caltanissetta Catania Enna Messina Palermo Ragusa Siracusa Trapani
Totale
15 16 43 14 70 59 19 46 21
303
5,0 5,3 14,2 4,6 23,1 19,5 6,3 15,2 6,9 100,0
8 6 18 12 32 46 10 26 15
173
% su totale provinciale
53,3 37,5 41,9 85,7 45,7 78,0 52,6 56,5 71,4
(di cui ) aziende solo alloggio
% su totale regionale
4,6 3,5 10,4 6,9 18,5 26,6 5,8 15,0 8,7 100,0
Numero
% sul totale provinciale
% su totale regionale
6 2 25 1 38 9 1 15 6
40,0 12,5 58,1 7,1 54,3 15,3 5,3 32,6 28,6
5,8 1,9 24,3 1,0 36,9 8,7 1,0 14,6 5,8 100,0
103
(di cui) Aziende solo ristorazione
% Numero
1 8 0 1 0 4 8 5 0
27
su totale provinciale
6,7 50,0 0,0 7,1 0,0 6,8 42,1 10,9 0,0
% su totale regionale
3,7 29,6 0,0 3,7 0,0 14,8 29,6 18,5 0,0 100,0
(*) Ns. elaborazione su dati forniti dalle A.A.P.P.I.T. delle province siciliane e dati tratti da"Alberghi di Sicilia 2003-2004", Vademecum della ricettività alberghiera e extra-alberghiera in Sicilia - Regione Siciliana - Assessorato del Turismo, delle Comunicazioni e dei Trasporti.
49 49
Fig. 5 - Evoluzione dell'offerta agrituristica in Sicilia: ripartizione % delle aziende su base provinciale (*) 70
70
59 56
1987
1997
2000
2004
60
43
Num ero aziende
50
40
35
35
31
46
44
27 26
26
30
25
21
19 16
15
20
6
8
4
5
AG
CL
14
10
13
14
17 14
9
12 13
9
11
8
7
4
10
6
0 CT
EN
ME
PA
RG
SR
TP
(*) Fonte: ns. elaborazione su dati tabelle precedenti.
50 50
Tab. 17 – OFFERTA AGRITURISTICA:VARIAZIONE PERCENTUALE SU BASE PROVINCIALE (PERIODO 1997-2004) (*) 1997
2000
N° aziende PROVINCE Agrigento Caltanissetta Catania Enna Messina Palermo Ragusa Siracusa Trapani TOTALE
4 5 10 7 35 14 13 11 6 105
% Variazione 1997-2000 50,0 60,0 40,0 28,6 60,0 85,7 92,3 145,5 33,3 87,6
2004 % Variazione 2000-2004
N° aziende 6 8 14 9 56 26 25 27 8 197
N° aziende
150,0 100,0 207,1 55,6 25,0 126,9 -24,0 70,4 162,5 53,8
15 16 43 14 70 59 19 46 21 303
(*) Fonte:ns. elaborazione su dati Parisi, Mazzamuto, 2002; Celant, Magni, 2001 e AAPIT siciliane,2004.
Dall’analisi sulla ricettività agrituristica emerge, in concomitanza con l’aumento del numero delle aziende, una crescita significativa dei posti letto (+ 173 % rispetto ai valori del 2000) e, conseguentemente, della media posti letto/azienda, pari 15,1 contro gli 11 del 2000 (Tab. 18). L’esame della loro distribuzione territoriale al 2004 mostra una prevalente presenza di posti letto nelle province di Palermo, Messina, Siracusa e Catania in cui si concentra, complessivamente, il 72% della ricettività agrituristica regionale (Fig. 6). Per contro, i dati medi sui posti letto disponibili per azienda sottolineano, nel complesso, l’eccessiva polverizzazione dell’offerta di ospitalità. Tale andamento coinvolge anche la maggior parte delle province che, in valore assoluto, detengono il primato di posti letto. I valori medi premiano, principalmente, le province di Ragusa (24,5 posti letto/azienda), Caltanissetta (21,4 posti/azienda) e Palermo (17,7). L’evoluzione, tendenzialmente crescente, della disponibilità di posti letto tra il 2000 ed il 2004, fa registrare maggiori variazioni percentuali sui valori assoluti, per le
51
province di Trapani, Agrigento, Palermo, Enna e Catania, mentre, sui valori medi primeggiano le province di Caltanissetta, Ragusa ed Enna (Tab. 18).
Tab. 18 – VARIAZIONE % DEI POSTI LETTO TOTALI E MEDI (PERIODO 2000-2004) (*)
Posti letto al 2004
N°
N°
Province Agrigento Caltanissetta Catania Enna Messina Palermo Ragusa Siracusa Trapani Totale
Variazione % valori posti/azienda assoluti
Posti letto al 2000 posti/azienda
Variazione % valori medi
76 88 258 92 660 390 360 398
13 8 11 10 8 12 12 12
219 171 562 195 804 975 269 668
15,6 21,4 13,1 15,0 11,5 17,7 24,5 16,3
188,2 94,3 117,8 112,0 21,8 150,0 -25,3 67,8
20,3 167,2 18,8 50,0 43,6 47,7 103,8 35,8
90
10
299
14,2
232,2
42,4
2412
11
4162
15,1
172,6
41,6
(*) Note: ns. elaborazione su dati Parisi-Mazzamuto, 2002 e A.P.P.I.T siciliane, 2004.
52
Fig. 6 - Evoluzione del numero dei posti letto: ripartizione % su base provinciale (*) 30
27,3
1987 23,4
25
2000 2004
21,5
% p o s ti letto
19,3
20
17,4
17,5 13,5
16,5 14,9
13,5
15
16,2
9,4
10
5,3 3,2
3,6 4,1
10,7
5,6
16,0
9,9 7,2
6,5 3,8 4,7
3,8
3,7
5
1,5
0 AG
CL
CT
EN
ME
PA
RG
SR
TP
(*) Note: ns. elaborazione su dati : Celant, Magni, 2001; Parisi, Mazzamuto, 2002; A.A.P.I.T. siciliane, 2004.
53 53
D’altro canto, per la valutazione complessiva del settore e del suo livello di competitività uno dei parametri più utili è sicuramente l’individuazione della qualità dell’offerta che passa attraverso sistemi di classificazione omogenei. A tal fine, un criterio utilizzato per la classificazione qualitativa dell’offerta, sotto il profilo dell’idoneità del servizio di ospitalità, è sicuramente quello delle “stelle” attribuite, da organismi competenti, alle realtà aziendali agrituristiche che rispondono ai requisiti minimi previsti dall’apposita normativa di classificazione. Ovviamente, tale valutazione non può essere esaustiva, in quanto oltre alle caratteristiche degli alloggi e dei servizi materiali, un ruolo importantissimo nella definizione della qualità globale giocano la “caratterizzazione” dell’accoglienza ed anche la qualità dei servizi prestati, tra i quali quello di ristorazione assume un peso significativo. A tal riguardo, dall’elaborazione dei dati raccolti presso le A.A.P.I.T., facendo riferimento alla classificazione in stelle, si è proceduto ad individuare il livello di qualità delle strutture agrituristiche siciliane. Dall’analisi dei dati raccolti si evince, nel complesso, una qualità medio-alta delle aziende presenti sul territorio siciliano. Difatti, oltre il 60% degli agriturismi ha una classificazione di 3 e 4 stelle, e solo il 25% di questi presenta livelli qualitativi medio-bassi (1 e 2 stelle). D’altro canto, percentuali poco rilevanti (4,3%) si rilevano, complessivamente, per gli agriturismi “extra-lusso”, ovvero a 5 stelle. Più dettagliatamente, una valutazione su base regionale mostra come, le strutture ricettive di altissimo livello (5 stelle) sono prevalentemente concentrate nelle province di Messina (46,5%), Enna (15,4%) e Palermo (15,4%). Mentre, Palermo (40,6%), Messina (13,6%), Catania (12,1%) e Trapani (10,6%) fanno registrare la maggiore concentrazione di esercizi agrituristici a quattro stelle. Il maggior numero di agriturismi a 3 stelle si riscontra, invece, nelle province di Messina, Palermo, Siracusa e Catania. Di contro, la maggior presenza di aziende agrituristiche di livello medio-basso (2 stelle) si rileva, in ordine di peso percentuale, nelle province di Messina, Catania, Palermo, Siracusa e Trapani; mentre, quasi la metà degli agriturismi siciliani con livello qualitativo minimo (1 stella) risultano concentrate
54
nelle province di Catania e Siracusa, seguite, con percentuali minori, dalle province di Caltanissetta e Messina (vedi tab. 19). Scendendo più in dettaglio, se si analizza invece la composizione della qualità dell’offerta di ciascuna provincia (Tab. 19) emerge come, la provincia di Enna e quella di Caltanissetta abbiano, al loro interno, la maggiore concentrazione percentuale di agriturismi c.d. “extra-lusso” a 5 stelle. Per contro del tutto assenti sono questo livello di agriturismi in quelle di Agrigento, Siracusa e Trapani. Quelli a 4 stelle sono principalmente concentrati nelle province di Palermo, Enna, Trapani e Caltanissetta. Per quelli classificati a 3 stelle la maggior presenza su base provinciale si rileva a Ragusa, Messina, Enna e Siracusa. Per la categoria di agriturismi a 2 stelle spiccano, in ordine decrescente, Catania, Trapani, Messina e Siracusa, mentre, Caltanissetta, Catania e Siracusa e Trapani sono le province che presentano sul loro territorio la maggior quota di esercizi ad 1 stella. Sono Agrigento, Caltanissetta e Ragusa ad avere la maggior quota di agriturismi non classificati, ovvero di aziende che offrono solo ristorazione o che non hanno ancora raggiunto i livelli minimi per la classificazione ad 1 stella e sono in fase di adeguamento.
55
Tab. 19 – QUALITA’ DELL’OFFERTA AGRITURISTICA IN SICILIA (*) Qualità dell'offerta agrituristica Province
Aziende 5 stelle N°
Agrigento Caltanissetta Catania Enna Messina Palermo Ragusa Siracusa Trapani TOTALE
0 1 1 2 6 2 1 0 0 13
% SU TOTALE AZIENDE
4,3
% % sul totale sul totale provinciale regionale
0,0 12,5 2,3 16,7 8,6 3,6 9,1 0,0 0,0
Aziende 3 stelle
Aziende 4 stelle
0,0 7,7 7,7 15,4 46,1 15,4 7,7 0,0 0,0 100,0
N°
1 2 8 4 9 27 2 6 6 65
% % sul totale sul totale provinciale regionale
7,1 25,0 18,6 33,3 12,9 49,1 18,2 12,8 28,6
21,5
1,5 3,2 12,3 6,2 13,8 41,5 3,1 9,2 9,2 100,0
N°
4 0 13 7 37 19 9 21 7 117 38,6
% % sul totale sul totale provinciale regionale
28,6 0,0 30,2 58,3 52,9 34,5 81,8 44,7 33,3
Aziende 1 stella
Aziende 2 stelle
3,4 0,0 11,2 6,0 31,6 16,2 7,7 17,9 6,0 100,0
N°
1 1 16 0 15 6 1 9 6 55 18,2
% % sul totale sul totale provinciale regionale
7,1 12,5 37,2 0,0 21,4 10,9 9,1 19,1 28,6
1,8 1,8 29,1 0,0 27,3 10,9 1,8 16,4 10,9 100,0
N°
1 4 5 0 3 1 0 5 2 21 6,9
% % sul totale sul totale provinciale regionale
7,1 50,0 11,6 0,0 4,3 1,8 0,0 10,6 9,5
4,8 19,0 23,8 0,0 14,3 4,8 0,0 23,8 9,5 100,0
AZIENDE NON CLASSIFICATE N°
8 8 0 1 0 4 6 5 0 32 10,6
(*) Note: Ns. elaborazione su dati A.A.P.I.T. siciliane.
56
56
5.
IL
TURISMO
NAZIONALE:
ENOGASTRONOMICO CARATTERISTICHE
E
POTENZIALITA’ Nel nostro Paese, l’importanza strategica del comparto enogastronomico, quale segmento di turismo, è andata progressivamente crescendo nel corso degli anni, divenendo la motivazione principale dello spostamento di alcune fasce di utenti e collocandosi, a tutti gli effetti, fra i cosiddetti “turismi emergenti”. Proprio per le molteplici valenze assunte da tale tipologia di fruizione turistica, il turismo enogastronomico si è candidato a rappresentare a tutti gli effetti una forma di turismo culturale. Difatti, proprio attraverso la conservazione e la valorizzazione dei territori agricoli e vitivinicoli destinati a rappresentarne la cornice naturale, esso propone un nuovo modo di vivere la vacanza, associandola alla visita ad aziende vinicole e agroalimentari, con degustazione dei vini e prodotti tipici e talvolta di piatti locali. Tutto ciò, offre al turista l’opportunità di entrare pienamente in contatto con la realtà del luogo e, attraverso la partecipazione diretta agli usi e alle abitudini dei territori rurali visitati, di fare un’esperienza di vita che lo arricchisce. Un altro importante aspetto del turismo enogastronomico riguarda il fatto che esso concorre alla destagionalizzazione dei flussi turistici in quanto è praticabile durante tutto il corso dell’anno e quindi anche in momenti tradizionalmente considerati di “bassa stagione”. Tale tipologia di turismo è, peraltro, in perfetta sintonia con i dettami della politica agricola europea di tutela delle produzioni agroalimentari di qualità. Interessante sottolineare le ricadute positive di questa forma di turismo sul territorio e, soprattutto, sul mercato dei prodotti locali, che si manifestano anche dopo che il turista ha fatto ritorno alla propria residenza, in quanto incidono sulle sue abitudini alimentari ed incrementano le vendite di tali prodotti. Il nuovo modo di concepire il turismo, unitamente alla crescente personalizzazione del “pacchetto turistico”, ha fatto esplodere, nel giro di un decennio, i fenomeni
57
dell’agriturismo e del turismo enogastronomico che, pur mantenendo i loro caratteri distintivi, sono inevitabilmente interconnessi tra di loro (Antonioli Corigliano, 2004). La ristorazione, difatti, costituisce uno dei punti di forza dell’attività agrituristica poiché diviene un momento strategico di valorizzazione dei prodotti dell’azienda, siano essi freschi che trasformati. Le parole d’ordine per il settore della ristorazione agrituristica sono tre: territorio, stagionalità, tradizione. La stretta connessione con il territorio è facile da intuire, perché l’agriturismo consiste, soprattutto, nell’offerta di prodotti dell’agricoltura locale, dell’azienda ospitante e delle aziende agricole della zona. Tali prodotti non vengono impiegati solamente nella somministrazione dei pasti, ma vengono destinati anche alla vendita diretta agli ospiti, desiderosi di portarsi a casa un “souvenir” che abbia il sapore autentico del luogo appena visitato. Altro carattere cardine della ristorazione agrituristica è la stagionalità. La cultura gastronomica contadina è segnata dai momenti di raccolta e dalla distribuzione delle produzioni alimentari; pertanto, la tavola dell’agriturismo deve essere capace di fotografare tutto questo, restituendo agli ospiti la conoscenza dei periodi in cui è disponibile il prodotto migliore a minor prezzo. Ai predetti elementi si somma quello della tradizione, non solo per la scelta di ricette tipiche della zona legate alla cultura contadina, ma anche per l’utilizzazione, nella preparazione dei piatti, di “materie prime” tradizionali (Agriturist, 2000). Pertanto, bisogna tenere conto che qualsiasi iniziativa di valorizzazione commerciale dei prodotti turistici enogastronomici deve basarsi su una preliminare comprensione delle aspettative e dei tratti distintivi che caratterizzano la domanda. A tal riguardo, tracciare un identikit ben definito del turista enogastronomico “tipo” è un obiettivo di difficile attuazione a causa delle molteplici variabili con cui è possibile interpretare questa specifica modalità di fruizione turistica. Tuttavia, dalle indagini condotte a riguardo dall’Osservatorio Internazionale sul Turismo
58
Enogastronomico, è possibile individuare le connotazioni che si riscontrano con maggiore frequenza: ¾ il carattere del consumatore: intenditore – scopritore; ¾ sesso prevalente: maschile; ¾ un’età tendenzialmente medio bassa (tra i 26 ed i 45 anni); ¾ un livello sociale ed economico medio alto; ¾ una distribuzione temporale concentrata nei mesi autunnali e primaverili; Relativamente alle motivazioni, emerge che la principale è quella di conoscere meglio il prodotto, l’acquisto risulta secondario, mentre i fattori di maggiore attrazione nella scelta della destinazione sono rappresentati da: ¾ paesaggio e cultura; ¾ gastronomia (in particolare l’accoppiata vino-prodotti tipici); ¾ clima; ¾ rapporti con i produttori; Si tratta di una domanda turistica che è allo stesso tempo complessa e attenta a elementi materiali e immateriali, di servizio e simbolici, quali: ¾ l’orientamento alla qualità alimentare e, quindi, a prodotti con contrassegni di qualità, come i vini DOCG, DOC, IGT, o i prodotti DOP, IGP, SGT o comunque quelli di cui sia garantita la tradizionalità e la qualità ambientale; ¾ l’attenzione al territorio circostante, dove l’elemento estetico è fattore di successo non secondario (ne sono esempio certe zone della Toscana e del Piemonte dove più si è sviluppato il turismo enogastronomico); ¾ la ricerca del legame tra i prodotti e la storia, la tradizione e la cultura del luogo, e dei prodotti che evidenziano tale legame; ¾ la volontà del turista di conoscere e partecipare in prima persona, incontrando i produttori, entrando nelle cantine, nei frantoi, ecc, cercando di instaurare relazioni con la gente del posto.
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In prospettiva, bisogna tener conto del notevole potenziale di crescita del segmento del turismo enogastronomico in Italia, grazie ad alcuni fattori di successo: ¾ il patrimonio enogastronomico italiano non ha eguali in nessun altro paese al mondo (vi sono 500 qualità diverse di formaggio e oltre 2000 tipi di vino); ¾ vino e cibo italiani hanno un identità fortissima nota in tutto il mondo; ¾ vino e cibo italiani possono essere considerati come motivazioni principali ai viaggi nel nostro paese; ¾ una elevata conoscenza del patrimonio enogastronomico da parte del pubblico dei consumatori; ¾ una maggiore conoscenza critica dei fatti enogastronomici, ancora collocata in segmenti di domanda non necessariamente omogenei dal punto di vista socioculturale (Antonioli Corigliano, 2004); Inoltre, l’enogastronomia consente di soddisfare efficacemente alcune tendenze della domanda turistica che si sono oggi affermate, basti pensare a quelle fasce di consumatori che vogliono “vivere” la località di vacanza ricercando un contatto diretto ed immediato con elementi di identità quali: la storia, la cultura e le tradizioni del luogo visitato. In quest’ottica, è importante tenere nella dovuta considerazione il fatto che il turista enogastronomico non vuole solo trovare prodotti di qualità tipici e garantiti, ma anche assaporare i piatti della cucina tipica o, ad esempio, incontrare il produttore. Per rispondere a tali aspettative risulta essere determinante avviare un proficuo sistema di relazioni da instaurare con i produttori, con gli operatori turistici ma anche con la comunità locale. Anche rispetto alla domanda estera l’enogastronomia, secondo recenti indagini ENIT, per molti paesi (Francia, Germania, Olanda, Regno Unito, Paesi Scandinavi,
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Stati Uniti), costituisce una delle principali motivazioni alla scelta dell’Italia, all’interno di un’offerta turistica più ampia, come sede del soggiorno. L’interesse enogastronomico è, spesso, secondo solo a quello dell’arte e della cultura italiana, di cui fanno parte anche le produzioni tipiche e la tradizione culinaria. Ciò è confermato anche dall’indagine condotta dall’Osservatorio Internazionale sul Turismo Enogastronomico dalla quale si evince che l’interesse da parte dei turisti europei per l’enogastronomia italiana sia, nel complesso, rilevante e rappresenti, indubbiamente, un punto di forza nella promozione del made in Italy. Più in dettaglio, l’analisi dei maggiori mercati europei evidenzia come, per il mercato turistico Belga, l’interesse verso il comparto enogastronomico italiano è in costante aumento (Fig. 7 e 8) ed il prodotto più richiesto è la degustazione dei vini con la visita alle cantine, anche se sta prendendo sempre più piede la visita ai frantoi e la relativa degustazione dell’olio di oliva.
Figg. 7 e 8 – Valutazioni dell’enogastronomia italiana sul mercato turistico Belga (*)
Sufficiente 3,8%
Non Risponde 7,7%
GASTRONOMIA
Ottimo 53,9% Buono 34,6%
Non Risponde 7,7%
VINO
Buono 30,8% Ottimo 61,5%
(*) Fonte: Indagine Comitel & Partners – Biteg, 2004.
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Lo stesso trend fa registrare il mercato austriaco, che nei pacchetti turistici enogastronomici, offre gite, escursioni, visite a cantine e soggiorni con cene in ristoranti tipici. In particolare, il 75% degli austriaci ritengono di ottimo livello l’enogastronomia italiana. L’indagine BITEG17 rileva come, l’enogastronomia italiana si stia sempre più imponendo all’attenzione anche del mercato francese, tradizionalmente difficile, in quanto particolarmente legato alla propria enogastronomia. Difatti, quasi un terzo dei francesi intervistati (28,6%) ritiene ottima la gastronomia italiana ed oltre il 50% la considera buona. Lo spirito nazionalistico emerge in misura maggiore quando si parla di vini, infatti, solo il 14% ritiene ottimo il vino italiano mentre per oltre il 70% è buono; significativa anche la percentuale di persone che non risponde (9,5%). Inoltre, sotto questo profilo, le regioni maggiormente interessanti per i francesi sono l’Emilia Romagna (Parma), il Piemonte (cantine e tartufo) e la Toscana (vie del vino e dell’olio di oliva), ma l’interesse esiste anche nei confronti del Sud , soprattutto verso la Sicilia e la Campania. Anche sul mercato tedesco il primato della cucina italiana è indiscusso, il binomio tra cultura enogastronomica e turismo esiste ed è solido18, in ragione anche del fatto che i vigneti sono immersi in un panorama ricco di fascino e di storia. La qualità e la varietà dei prodotti enogastronomici e dei vini italiani, riconosciuta dai tedeschi come una delle migliori in assoluto, si accompagna quindi all’amore per le attrattive turistiche del nostro Bel Paese: basti pensare alla Toscana ed al Chianti, al Piemonte e al tartufo di Alba per valutare quanto strettamente questi due segmenti siano concatenati. Grande interesse mostrano i turisti tedeschi per i corsi di cucina, offerti dalle aziende agrituristiche o dalle scuole di lingua. Sul mercato turistico olandese, i prodotti turistici enogastronomici italiani più venduti sono la visita a cantine ed oleifici oltre alla partecipazione a corsi di cucina e soggiorni presso le aziende agricole. E’interessante notare come, oltre alle mete classiche della Toscana e dell’Umbria, vi siano offerte enogastronomiche anche per 17
BITEG:Borsa Internazionale del Turismo Eno-Gastronomico Il 67% degli austriaci considera ottima la nostra gastronomia, mentre l’83% giudica ottimi i nostri vini.
18
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regioni meno conosciute quali, ad esempio, la Calabria, l’Abruzzo, la Campania, la Basilicata e la Puglia. L’apprezzamento degli olandesi per il comparto è confermato dall’indagine dell’Osservatorio Internazionale sul turismo enogastronomico, secondo cui il 70% degli intervistati olandesi ritiene ottima l’enogastronomia italiana. In costante crescita la vendita del prodotto enogastronomico italiano anche in Svizzera, dove oltre il 76% degli intervistati lo definisce ottimo e sceglie principalmente come meta del soggiorno il Piemonte e la Toscana, seguite dall’Emilia Romagna, dalla Campania e dalla Sardegna . L’enogastronomia dopo l’arte, la cultura e la storia, è considerata anche dal mercato turistico inglese il punto di forza del nostro Paese. Sia nel Regno Unito che in Irlanda i tour operator che offrono “pacchetti” enogastronomici sono in aumento ed arricchiscono i prodotti base con attività aggiuntive (quali pittura, cucina o degustazione di vini). La destinazione italiana per il prodotto enogastronomico, che vede al primo posto ancora una volta la Toscana, interessa tutta la nostra penisola, isole comprese. Per quanto concerne la valutazione dell’enogastronomia, è possibile osservare, dai dati BITEG 2004, che gli inglesi danno un giudizio complessivamente positivo ma sono più cauti nel qualificare i nostri prodotti. Difatti, solo per il 60% degli intervistati i prodotti enogastronomici italiani sono ottimi, ed elevata, per i vini, è l’astensione dal giudizio (22,7%) (Figg. 9 e 10). L’attrattività dell’enogastronomia italiana, indicata molto spesso come il fattore più qualificante di vacanza in Italia, è confermata anche sotto il profilo dell’incidenza degli acquisti effettuati dai turisti durante il soggiorno in Italia. In particolare, i prodotti tipici sono, in assoluto, quelli maggiormente acquistati dai turisti esteri che, molto spesso, continuano a consumarli anche una volta rientrati nei loro paesi d’origine. Tutto ciò promuove, ovviamente, l’export italiano di qualità di vini e prodotti agroalimentari che, assieme ad arte e cultura, caratterizzano la notorietà del nostro Paese.
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Figg. 9 e 10 - Valutazioni dell’enogastronomia italiana sul mercato turistico Inglese (*)
Gastronomia Non ri sponde 9,1% Buon o 22,7% O tti mo 59,1%
Su ffi ci e n te 9,1%
VINO Non risponde 23%
Buono 18%
Ottimo 59%
(*) Fonte: Indagine Comitel & Partners – Biteg, 2004.
La risposta ai mutamenti della domanda e alle aspettative dei turisti ha determinato, anche se spesso con notevole ritardo, un evoluzione nelle modalità di offerta. Per quanto riguarda il turismo enogastronomico va sottolineato che, a fronte di una generale mancanza di offerte strutturate e di scarsa attenzione degli operatori turistici degli anni ’90, periodo in cui tale forma di turismo cominciò a diffondersi in Italia, oggi si riscontra uno sviluppo accelerato ed, al contempo, indifferenziato dell’offerta enogastronomica. A tal proposito basti pensare che, in Italia, successivamente alla
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Legge quadro del 1999 sulle Strade del vino e del Sapori, sono nate oltre 90 Strade, di cui 7 in Sicilia. In rapporto al panorama europeo, dove secondo l’Associazione delle Regioni vinicole europea, sono presenti 209 strade, distribuite secondo quanto indicato nella Fig. 11, la quota italiana è notevolmente significativa (46% del totale). Questo primato è stato raggiunto grazie alle regolamentazioni e alle garanzie di qualità, accompagnate dalla buona presenza e dal grado di efficienza delle strutture ricettive agrituristiche e bed & breakfast. Conseguenze negative nella rapidità di tale sviluppo sono: un’offerta indifferenziata, per cui molti prodotti sono sostituibili con altri nelle preferenze della domanda; una scarsa attenzione ai fattori della qualità dei prodotti (somministrazione di cibi che non rispettano i crismi di tipicità o di beni a denominazione non garantita e di scarsa qualità), della qualità dell’accoglienza e del contesto di fruizione dell’offerta che, invece, rappresentano specifiche esigenze per i turisti.
100 90 80 70 60 50 40 30 20 10 0
98
16
17
15
15 11 LO OG A L
IA
IA
6
PO R T
MAN G ER
UNG HE R
F RA N C IA
NA SP A G
AU S TR IA
IT AL
SLO VE N IA
11
G RE C IA
20
IA
Numero strade del vino
Fig. 11 - Distribuzione territoriale delle "Strade del vino" in Europa (*)
(*) Fonte: Ns. elaborazione su dati BITEG, 2004.
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La disamina sul turismo enogastronomico, che ha messo in luce l’ alto potenziale di crescita per il nostro Paese derivante da questo segmento di mercato, sottolinea la necessità di sforzi specifici e di potenziamento, in termini sia di strutture ricettive alternative che di diffusione della vendita dei prodotti tipici regionali. Essenziale è l’integrazione tra le diverse tipologie di offerta per la creazione di itinerari che passino attraverso la visita a cantine, ad aziende vinicole e vigneti, la fruizione di risorse ambientali e naturalistiche, ma che includano anche la visita ai tesori architettonici e artistici, l’utilizzo di strutture ricettive. In sostanza, un “leitmotiv” che si snodi attraverso le variegate sfaccettature che permeano il panorama turistico e culturale italiano (Antonioli Corigliano, 2004).
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6. METODO D’INDAGINE L’acquisizione dei dati quanto più possibile articolati e completi, sui caratteri strutturali ed economici delle attività agrituristiche siciliane è stata realizzata attraverso indagini campionarie, in parte in forma diretta (con visita delle aziende o intervista telefonica degli imprenditori) ed in parte in modo indiretto, inviando agli interessati il questionario (vedi Allegato III). Per la definizione del campione, dopo aver censito il numero di aziende regolarmente autorizzate presenti in ciascuna provincia siciliana19, si è stabilito, data la scarsa collaborazione degli addetti al settore, d’individuare un campione rappresentativo pari al 20% del totale regionale di aziende agrituristiche che offrono sia il servizio di alloggio che quello di ristorazione. La restrizione del campo d’indagine alle aziende che offrono sia alloggio che ristorazione è stata dettata dall’esigenza di indagare realtà operative complete e, soprattutto, in grado di fornire anche dati per la valutazione della tipicità dell’offerta enogastronomica. Nello specifico, delle 303 aziende agrituristiche presenti sul territorio siciliano a giugno 2004, solo 173 aziende, la cui distribuzione territoriale è riportata nella tabella seguente, sono risultate offrire sia alloggio che ristorazione.
19
I dati sono stati ricavati dal controllo incrociato dei dati contenuti nel “vademecum della ricettività siciliana” pubblicato dalla Regione Siciliana (Assessorato del Turismo, delle Comunicazioni e dei Trasporti) e dei dati forniti dalle A.A.P.I.T. (aziende autonome provinciali per l’incremento turistico) di tutte le province siciliane.
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Tab.
20
–
RIPARTIZIONE
PROVINCIALE
DEL
NUMERO
DI
AZIENDE
AGRITURISTICHE ED INDIVIDUAZIONE DEL CAMPIONE DA RILEVARE
P ro v in ce A g rig ento C altanissetta C atania E nna M essina P alerm o R ag u sa S iracu sa T rap ani T o ta le
A zien d e co n a llo g g io + risto ra zio n e N° % 4 ,6 8 3 ,5 6 1 0 ,4 18 6 ,9 12 1 8 ,5 32 2 6 ,6 46 5 ,8 10 15 26 8 ,7 15 100 173
C a m p io n e N° 2 2 4 2 6 9 2 5 3 35
% 5 ,7 5 ,7 1 1 ,4 5 ,7 1 7 ,1 2 5 ,7 5 ,8 1 4 ,3 8 ,6 100
Conseguentemente al calcolo del peso percentuale di ciascuna provincia sul totale regionale, si è provveduto ad individuare, sulla base dell’obiettivo del 20%, le aziende da contattare per ciascuna provincia. Dalla definizione del campione è emerso che il numero minimo sufficiente di aziende da rilevare è stato pari a 35, la cui ripartizione provinciale è indicata nella tabella 20.
Il questionario somministrato alle aziende consta di tre parti fondamentali: 1- Dati generali; 2 - Caratteri strutturali; 3 – Offerta enogastronomica Nella prima parte vengono richieste informazioni sui caratteri generali dell’azienda (indirizzo, telefono, e-mail, sito web), sulla forma giuridica, sul profilo dell’imprenditore agrituristico (età, studi, lingue parlate, residenza in azienda, attività esercitate). La seconda parte del questionario, invece, fa riferimento ai caratteri strutturali dell’azienda agrituristica con riguardo a: dimensioni aziendali (superficie aziendale e
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collocazione geografica), caratteristiche degli alloggi, servizi aggiuntivi offerti alla clientela (servizi per disabili, servizi per attività sportive e ricreative, servizi turistico-naturalistici), dati dell’attività agrituristica (periodo d’apertura, numero dei clienti/anno, tipologia di ospiti/clienti), dati sull’organizzazione del lavoro (manodopera coinvolta nell’attività distinta in familiari e personale esterno, mansioni dei collaboratori, modalità di assunzione),
dati sulla produzione (tipologie di
prodotti, allevamenti, prodotti consumati per il ristoro degli ospiti, prodotti destinati alla vendita diretta e alla vendita a terze imprese), informazioni sull’integrazione dell’azienda con il territorio circostante (prodotti dell’artigianato locale o aziendale proposti agli ospiti, offerta di partecipazione del cliente a mostre, mercati, sagre). Inoltre, il questionario contiene domande per individuare le forme di promozione e le forme di commercializzazione dell’attività agrituristica più utilizzate dagli operatori, le tariffe praticate alla clientela e quelle delle tariffe per i vari servizi aggiuntivi, nonché domande per valutare: le relazioni tra l’attività agricola e quella agrituristica sia sotto il profilo economico (concorso dell’attività agrituristica alla formazione del ricavo aziendale) che lavorativo (tempo/lavoro dedicato all’attività agrituristica); la composizione del ricavo aziendale (valore complessivo annuo delle entrate, contributo alla composizione del ricavo derivante dai principali servizi offerti, ecc.); l’investimento per l’avvio dell’attività agrituristica e le relative fonti di finanziamento utilizzate dagli operatori. Infine, la terza parte del questionario contiene domande volte ad ottenere dati sull’offerta enogastronomica (prodotti per la prima colazione, antipasti, primi piatti, secondi, contorni, dolci, vini, liquori e bevande), utili ad individuare il grado di tipicità dei prodotti e piatti contenuti nei menù. Nello svolgimento dell’indagine campionaria, sono state incontrate notevoli difficoltà dovute all’eterogeneità strutturale ed organizzativa del comparto ed alla scarsa collaborazione degli operatori nel fornire alcuni dati, soprattutto con riferimento a quelli di carattere economico-finanziario. La scarsa disponibilità degli operatori, pare sia attribuibile alla “criticità” del periodo in cui è stata condotta l’indagine. Difatti, la maggior parte hanno motivato il rifiuto con la mancanza di tempo per la necessità di seguire gli eventi correlati ai cicli colturali (vendemmia e
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raccolta delle olive) e molti altri operatori hanno rifiutato la propria collaborazione adducendo motivi di riservatezza, non solo per i dati strutturali ma anche per quelli enogastronomici. Alla fine, dopo aver contattato telefonicamente quasi tutte le aziende che offrono alloggio e ristorazione, solo 65 si sono dimostrate favorevoli all’indagine e l’85% di questi hanno richiesto l’invio del questionario per fax o e-mail, cui rispondere comodamente. Delle 65 aziende dichiaratesi disposte a collaborare, alla fine solo 40 hanno risposto positivamente compilando la corrispondente scheda-questionario (5 in più del numero minimo ritenuto sufficiente). Di queste, 4 sono risultate appartenenti ad aziende agrituristiche che offrono la ristorazione non direttamente, ma mediante convenzione con servizio di catering esterno.
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7. PRINCIPALI RISULTATI DELL’INDAGINE
7.1
-
CARATTERI
STRUTTURALI
DELLE
AZIENDE
ESAMINATE Le aziende prese in esame sono 40 e rappresentano il 23% delle totale degli agriturismi siciliani, con autorizzazione comunale, che offrono sia il servizio di alloggio che quello di ristorazione (173 aziende a giugno 2004). Tali aziende, ubicate in 34 comuni dell’Isola, ricadono in tutte le province siciliane con la seguente distribuzione: 9 in provincia di Messina, 2 nella provincia di Agrigento, 2 in quella di Caltanissetta, 2 nella provincia di Enna, 5 in quella di Catania, 9 in quella di Palermo, 3 di Ragusa, 5 di Siracusa e 3 di Trapani. Dall’analisi dei dati rilevati, in base al campione suindicato, si rileva come le aziende agrituristiche siciliane possiedono una forma giuridica prevalente di ditta individuale (92,5%) e solo meno di un decimo delle imprese ha struttura societaria (7,5%) (Fig. 12); il 58 % di esse ricade in territori di collina, il 30 % in montagna e la restante parte in pianura. Peraltro, tali imprese sono guidate per il 25% da imprenditori con un età compresa tra i 30 ed i 40 anni e, per un altro 25%, da soggetti con età tra i 40 ed i 50 anni. Tali operatori hanno, prevalentemente, una formazione di livello superiore (47,5% Diploma superiore, 27,5% Laurea) che consente loro di stare al passo con i tempi sul piano dell’innovazione e delle nuove tecnologie (internet) di comunicazione. Nello specifico, l’80% delle aziende possiede un indirizzo di posta elettronica ed il 77,5% ha anche un sito web per la promozione della loro attività e, conseguentemente, per la raccolta della domanda nell’ambito dell’ e-commerce (Fig. 13). Di contro, si rileva come il 12,5% delle imprese non dispone neppure del servizio fax. Tale situazione è correlata, molto probabilmente a quel 20% di imprenditori anziani (> 65 anni), imprenditori agricoli da una vita, più dediti all’attività secondo regole tradizionali e poco disposti all’innovazione.
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Fig. 12 - Forma giuridica delle aziende agrituristiche campionate (*) Società 7,5%
Ditta individuale 92,5% (*) Fonte: ns. elaborazione su dati acquisiti con indagine diretta.
Fig. 13 - Presenza negli agriturismi siciliani delle principali tecnologie di comunicazione (*)
87,5%
90% 80,0%
85% 80%
77,5%
75% 70% Sito internet
e-mail
fax
(*) Fonte: ns. elaborazione su dati acquisiti con indagine diretta.
Inoltre, il 65 % degli operatori svolge soltanto questa attività e solo il 30% dichiara di svolgere altre attività, principalmente liberi professionisti (agronomi, avvocati, ecc.).
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L’elevata percentuale di imprenditori residente in azienda (60%) costituisce un elemento positivo poiché consente all’imprenditore di organizzare e seguire meglio l’attività agrituristica, senza contare che la sua presenza in azienda contribuisce alla creazione di un rapporto stretto con l’agriturista, consentendo l’instaurarsi di un rapporto di “fidelizzazione” con il cliente/ospite. A tal riguardo, un’importanza fondamentale nella comunicazione con clienti stranieri assume la capacità di parlare lingue estere. Nelle aziende esaminate le lingue straniere più parlate sono, in ordine di diffusione: l’inglese (82,5% dei casi), il francese (60%), il tedesco (12,5%) e lo spagnolo (12,5%); di contro i conduttori di 3 aziende dichiarano di non parlare alcuna lingua straniera (Tab. 21). Ciò, ovviamente costituisce un grosso handicap, principalmente, per l’incapacità di affrontare la domanda agrituristica estera. Inoltre, si rileva come quasi metà delle aziende campionate (48,5%) siano, sul piano dell’attività agrituristica, imprese giovani che hanno iniziato la loro attività tra il 2001 ed il 2003, mentre oltre il 40% di queste hanno iniziato tale attività tra il 1996 ed il 2000. Ciò dimostra la forte espansione di questa attività correlata agli interventi pubblici di sostegno del settore di quest’ultimi anni. Per quanto riguarda l’attività agricola, oltre ¼ delle aziende (26,7%) ha iniziato la propria attività tra il 1950 ed il 1970, ed un altro 20% ha avviato la propria attività agricola tra il 1996 ed il 2000, ovvero dopo l’emanazione della normativa regionale sul comparto agrituristico, e solo il 10% di esse è di antichissima tradizione familiare, il cui avvio risulta antecedente al 1950.
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TAB. 21 – CARATTERISTICHE DELL’IMPRENDITORE AGRITURISTICO (*) (**) Età dell'imprenditore < di 30 30-40 41-50 51-60 61-65 oltre 65 Non risponde Titolo di studio licenza elementare media inferiore media superiore laurea Non risponde Residenza in azienda SI NO Non risponde Altre attività svolte SI NO Non risponde Lingue straniere parlate in azienda* Inglese Francese Tedesco Spagnolo Altre Nessuna o non risponde
N° aziende 1 10 10 4 3 8 4
% 2,5 25,0 25,0 10,0 7,5 20,0 10,0
1 5 19 11 4
2,5 12,5 47,5 27,5 10,0
24 12 4
60,0 30,0 10,0
12 26 2
30,0 65,0 5,0
33 24 5 5 0 4
82,5 60,0 12,5 12,5 0,0 10,0
(*) Fonte:ns. elaborazione su dati acquisiti con indagine diretta. (**): Possibilità di più risposte.
Relativamente alle dimensioni aziendali, si rileva la prevalenza di strutture mediopiccole con una superficie totale media di 45, 7 ha ed una SAU media di 41 Ha. In particolare, un quinto delle aziende ha una estensione compresa tra i 2 ed i 5 ettari e, complessivamente, più della metà di esse non supera i 20 ettari di superficie totale (Tab. 22).
74
Tab. 22 – ESTENSIONE DELLE AZIENDE: RIPARTIZIONE PER CLASSI DI SUPERFICIE TOTALE (*) Superficie Totale (Ha) da 2 a 5 5 - 10 11-20 21-30 31-40 40-50 51-100 >100
N° AZIENDE
% su totale 8 6 9 4 2 2 4 5
20 15 22,5 10 5 5 10 12,5
(*) Fonte:ns. elaborazione su dati acquisiti con indagine diretta.
Inoltre, il 68% di queste aziende dichiara di rimanere aperta tutto l’anno mentre il 23% di quest’ultime ha, invece, un’apertura superiore ai 120 giorni all’anno (Fig. 14). Tuttavia, quasi tutte dichiarano punte massime di attività in concomitanza con i giorni festivi, in primavera e nei mesi che vanno da giugno a settembre.
Fig. 14 - Ripartizione % delle imprese in funzione della durata dell'esercizio (*)
70% 60% 50% 40% 30% 20% 10% 0%
67,5%
22,5% 7,5% 2,5% 90gg
91-120 gg > 120 gg
Tutto l'anno
(*) Fonte: ns. elaborazione su dati acquisiti con indagine diretta.
75
L’analisi degli ordinamenti produttivi di queste aziende (Fig. 15) mostra come l’olivicoltura e l’orticoltura dominino tra i sistemi produttivi prevalenti, con valori percentuali che raggiungono, rispettivamente, l’85 ed il 72,5% del totale. Tra le altre coltivazioni maggiormente presenti vi sono quelle agrumicole (55%), frutticole (55% frutta fresca e 42,5% frutta secca) e quelle vitivinicole (42,5% delle aziende). Tra i prodotti trasformati realizzate nelle aziende a vocazione agrituristica, prevale il sottocomparto delle marmellate (67,5%) e delle conserve (57,5%) la cui produzione è rivolta sia all’utilizzo all’interno dell’azienda, per attività di degustazione e ristorazione degli ospiti, sia alla vendita diretta agli ospiti o a terzi di passaggio. Tra i prodotti trasformati, i formaggi freschi e stagionati mostrano percentuali basse (15%) ciò, probabilmente, anche a causa delle restrittive norme igienico-sanitarie correlate alla produzione di tali prodotti.
Fig. 15 - Tipologie produttive nelle aziende esaminate (dati in %)(*) 100 85,0 % aziende
80
72,5
67,5 55,0
60
57,5
55,0 42,5
42,5
32,5
40 15,0
20
15,0
Al tr o
Mar mel late
For
Con s erv e
no mag gi fr es c hi For mag gi s tagi ona ti
e Vi Uva
ol io ee O liv
tta s ec c a Fru
tta f resc a Fru
Agr umi
O rta g gi
0
(*) Fonte: elaborazione su dati acquisiti con indagine diretta.
Per quanto riguarda gli allevamenti, presenti solo nel 58% delle aziende esaminate, si osserva una prevalente presenza di avicoli (52,5%) ed equini (25%), quest’ultimi
76
destinati alle attività sportivo-ricreative degli ospiti, seguiti dai suini (15%) e dagli ovini (15%), mentre percentuali basse (intorno al 10%) si riscontrano per le altre tipologie di allevamento (cunicoli, bovini e caprini) (Fig. 16).
Fig. 16 - Ripartizione % per tipologia di allevamento (*)
% aziende
60%
55,0%
50% 40% 30%
25,0%
15,0% 12,5%
20%
15,0%
10,0%
12,5% 5,0%
10% 0% avicoli
cunicoli
ovini
caprini
suini
bovini
equini
altro
(*) Fonte: elaborazione su dati acquisiti con indagine diretta.
Appare interessante osservare come la quasi totalità delle aziende con allevamenti destini i prodotti al consumo all’interno per l’attività di ristoro e per il consumo familiare. In particolare, il 53 % delle aziende utilizza le uova prodotte nei propri allevamenti ed il 42% consuma anche la carne del pollame allevato (polli, tacchini). Tra gli altri prodotti derivanti dagli allevamenti, consumati all’interno dell’azienda, un peso predominante assumono le carni suine (15%), quelle dei conigli e degli ovini (10%) e, tra i prodotti trasformati, i salumi (10%) e il latte bovino (10%) (Fig. 17).
77
Fig. 17 - Aziende agrituristiche: autoconsumo dei prodotti degli allevamenti (*)
Altro
0,0% 10,0%
Latte bovino Latte caprino Latte ovino
7,5% 7,5% 10,0%
Salum i
15,0%
Carne Suina Carne Bovina Carne Caprina
10,0% 7,5%
Carne Ovina
10,0%
Carne Coniglio
10,0% 12,5%
Carne Tacchino
30,0%
Carne di pollo
52,5%
Uova 0%
10%
20%
30%
40%
50%
60%
% aziende
(*) Fonte: elaborazione su dati acquisiti con indagine diretta.
Inoltre, il 47,5 % delle aziende esaminate dichiara di attuare modalità di coltivazione biologica e realizza prodotti biologici certificati, d’altro canto la quasi totalità delle aziende dichiara di attuare la coltivazione secondo criteri di produzione biologica, sebbene i loro prodotti non risultino tutelati da marchi “BIO”.
78
7.2 – LA STRUTTURA DELL’OFFERTA AGRITURISTICA In generale, i servizi offerti dagli agriturismi comprendono : I. l’alloggio presso edifici rurali e sul territorio aziendale (agricampeggio); II. la ristorazione; III. l’organizzazione di attività ricreative, sportive e culturali; IV. la vendita diretta di prodotti dell’azienda e di quelli della zona.
7.2.1 – IL SERVIZIO DI ALLOGGIO Il servizio di alloggio è offerto essenzialmente mediante la locazione di camere e di appartamenti indipendenti. L’analisi dei dati delle aziende oggetto dell’indagine mostra come il 70% di quest’ultime dispongano solo di camere per l’alloggio, il 22,5% dispone sia camere che di appartamenti indipendenti, e la restante quota percentuale (7,5%) è rappresentata da aziende che offrono ospitalità solo in appartamenti. In complesso la disponibilità complessiva si attesta sui 934 posti letto (22% del totale posti negli agriturismi siciliani), di cui 744 posti in camere e 190 posti nei 47 appartamenti disponibili nelle aziende oggetto d’indagine.
Fig. 18 - Composizione dell'offerta di ospitalità negli agriturismi esaminati (*)
Stanze/ appartamenti 22,5%
Appartamenti 7,5%
Stanze 70,0%
(*) Fonte: elaborazione su dati acquisiti con indagine diretta.
79
La maggiore disponibilità di camere è anche strettamente correlata al fatto che la realizzazione di appartamenti indipendenti richiede notevoli costi d’investimento e di manutenzione, sebbene risulti gradita agli ospiti per la maggiore indipendenza. D’altro canto, l’alloggio in camere comporta un maggiore coinvolgimento della “famiglia agricola” con il turista/ospite e ciò consente un confronto diretto tra culture e mondi diversi. Nello specifico, le aziende esaminate dispongono di 304 camere, di cui il 64% di esse sono doppie, il 28% triple e appena 8% sono quelle singole. Interessante osservare come, anche per effetto dei requisiti minimi di qualità imposti dalla normativa turistica della classificazione in stelle20, la quasi totalità delle stanze doppie e triple (rispettivamente, il 97 e il 99%) è dotata di servizi igienici, ed elevata è anche la quota di camere singole dotate di bagno indipendente (80% del totale). Riguardo alle caratteristiche qualitative degli alloggi è possibile osservare come, tutte le aziende presentino alloggi con servizi aggiuntivi. In particolare, l’85% degli agriturismi offre camere con riscaldamento, il 55% mette a disposizione anche la TV e l’aria condizionata, ben più del 20% ha previsto il telefono in camera ed un quarto delle imprese ha dotato le camere anche di frigobar. Significativa anche la presenza in camera di altre attrezzature (es. phon) messe a disposizione dal 15% delle aziende (fig. 19). Dall’indagine emerge che tre delle aziende (7,5% del totale) esaminate non dispongono di riscaldamento in camera. Dalla stessa indagine si rileva, inoltre, come la quasi totalità delle aziende (97,5%) sia attrezzata per l’accoglienza dei portatori di handicap con una significativa disponibilità (159 posti letto, pari al 17% del totale). Complessivamente, poco meno della metà delle aziende (45%) ha una ricettività totale compresa tra 20 e 30 posti letto, seguite da quelle con posti letto tra 11 e 15 (15% del totale), dalle aziende con ricettività compresa tra 5-10 e da quelle con numero di posti tra 16-20 (12,5% ciascuno), marginale risulta, invece, la quota di agriturismi con ricettività tra 31-40 posti ed oltre i 40 posti (7,5% cadauno).
20
Classificazione in stelle obbligatoria ai fini dell’ottenimento dell’autorizzazione comunale all’esercizio dell’attività agrituristica.
80
Peraltro, l’offerta complessiva di ospitalità può essere ampliata, in quanto nell’85% delle aziende esaminate vi è la possibilità di inserire letti aggiunti (Tab. 23).
Fig. 19 - Percentuale di aziende dotate delle principali attrezzature nelle camere ( * ) (**) 90%
85,0%
75% 60%
55,0%
55,0%
45% 22,5% 25,0% 12,5% 15,0%
30% 15%
0,0% Te lef on o Fr za ig z io al ob tre ne ar at am tre b ie zz nt .( e es .P ho n)
TV
ra dio
In so no riz
Ar ia
Ri sc al da m en co to nd izi on at a
0%
(*) Fonte: elaborazione su dati acquisiti attraverso indagine diretta. (**): possibilità di copresenza di vari tipi di attrezzature.
81
Tab.
23
–
CARATTERISTICHE AGRITURISTICA
DELL’OSPITALITÀ NELLE
AZIENDE
ESAMINATE (*) N um ero cam ere totali N um ero cam ere singole N um ero cam ere doppie N um ero cam ere triple N um ero cam ere con bagno singole doppie triple N um ero cam ere senza bagno singole doppie triple TO TALE PO ST I LETTO IN CAM ERE N um ero appartam enti N um ero posti letto in appartam enti N um ero appartam enti disponibili in azienda 1-2 3-5 6-10 > 10 N um ero posti letto com plessivi / azienda 2-4 5-10 11-15 16-20 20-30 31-40 > 40
24 194 86
304 7,9% 63,8% 28,3%
19 188 85
79,2% 96,9% 98,8%
5 6 1
20,8% 3,1% 1,2% 744 47 190
N° aziende 5 2 4 0
45,5% 18,2% 36,4% 0,0%
0 5 6 5 18 3 3
0,0% 12,5% 15,0% 12,5% 45,0% 7,5% 7,5%
alloggio anche per 1 notte m inim o 2 notti m inim o 3 notti
20 1 3
83,3% 4,2% 12,5%
Agricam peggio SI NO
6 34
15,0% 85,0%
Periodo m inim o di perm anenza richiesto
(*) Fonte: elaborazione su dati direttamente rilevati
Con riferimento alla disponibilità di alloggio in appartamenti indipendenti si rileva come, la maggior parte delle aziende (45,5%) dispone di non più di due
82
appartamenti, il 36,4% delle aziende ha una disponibilità compresa tra 6-10 alloggi indipendenti e il 18% offre da 3 a 5 alloggi indipendenti (Tab. 23). Interessante osservare che, per quanto concerne le attrezzature messe a disposizione dell’ospite negli appartamenti indipendenti, solo un quinto delle aziende offre alloggi con angolo cottura e con TV, il 22,5% ha dotato gli alloggi di riscaldamento, il 15% di aria condizionata ed il 17,5% di frigobar; solo il 5% offre altre attrezzature (quali: stoviglie, phon, biancheria, ecc.) mentre nessuna azienda ha dotato gli alloggi indipendenti di servizio telefonico, anche perché oggi, grazie alla telefonia cellulare, questo servizio è poco richiesto (Fig. 20).
Fig. 20 - Aziende che dispongono di attrezzature aggiuntive negli alloggi: valori % per tipologia di attrezzatura (*) (**) 25%
22,5% 20,0%
20,0% 20%
17,5% 15,0%
15% 10% 5,0% 5%
2,5% 0,0% 0,0% TV Ra di o Te lef on o Fri g ob An ar go Ins Al t lo on co re o ttu att riz ra rez z. Am z. (st b ie n ov te igl i e, ph on )
Ar ia
Ris
ca lda me nto co nd izi o na ta
0%
(*) Fonte: elaborazione su dati acquisiti attraverso indagine diretta. (**): possibilità di più risposte.
Peraltro, la capacità ricettiva delle aziende agrituristiche non si limita alle camere ed agli appartamenti ma comprende anche la possibilità per gli ospiti di soggiornare in
83
campeggio. Nel caso in esame, solo il 15% delle aziende offre la possibilità di agricampeggio (Cfr. Tab. 23). La scarsa presenza di agricampeggi è legata sicuramente alle caratteristiche climatiche che ne consentono un utilizzazione solo stagionale e limitatamente alle zone di pianura, vicino al mare, dove il clima è più mite. Peraltro, anche la domanda di questa forma di turismo è ristretta ad una fascia di turismo giovanile che è disposto ad accettare forme di ospitalità più spontanee e, allo stesso tempo, economicamente più accessibili. Inoltre, a parte il numero massimo di piazzole previsto anche dalla nuova normativa21, un altro fattore limitante, esistente fino alla sua promulgazione (Maggio 2004), era quello della superficie minima (almeno 2 Ha) che l’azienda doveva avere per installare un agricampeggio. D’altro canto, è interessante osservare come solo il 12,5% delle aziende esaminate richiede un minimo di permanenza di 3 notti e solo il 4,5% chiede il minimo di 2 notti, contro l’83% che dà ospitalità anche solo per una notte (Tab. 23).
7.2.2 - I SERVIZI COLLATERALI ALL’OSPITALITA’ AGRITURISTICA Un elemento significativo di integrazione tra l’azienda agricola e l’attività turistica è il tipo di ospitalità fruibile nelle aziende agrituristiche insieme ai servizi collaterali (ristoro, attività sportive, attività ricreative e culturali). A tal riguardo, per il servizio di ristoro si rileva come, solo più di un quarto (27,5%) delle aziende espleta questo servizio esclusivamente per gli ospiti alloggiati, la restante parte vede nella ristorazione un valente strumento d’integrazione del reddito aziendale e, pertanto, si è attrezzata per offrire tale servizio anche ai clienti di passaggio. Secondo quanto dichiarato dagli operatori agrituristici, il servizio di ristoro per gran parte dell’anno è spesso svolto, a livelli massimi, solo durante i fine settimana, durante le feste pasquali e natalizie, e nel periodo estivo.
21
D. L. del 28 maggio 2004 “Disposizioni in materia di agriturismo”
84
Alla luce di ciò, si rileva che il 75% delle aziende dispone di un ristorante e solo il 15% di esse utilizza per la ristorazione degli ospiti la cucina familiare, opportunamente attrezzata nel rispetto delle norme igienico-sanitarie previste. Inoltre, la maggior parte delle aziende con ristorante (30%) ha un numero di coperti compreso tra 60 e 100, il 22,5% ha tra i 46 ed i 60 coperti, seguite dal 12,5% con 21-30 coperti e dal 12,5% di aziende con 31-45 coperti. Marginale, ma comunque significativa, la quota di aziende che dispongono, rispettivamente, di più di 100 (5%) e più di 150 (2,5%) coperti per la ristorazione, che fanno pensare a dei veri e propri ristoranti senza connessione con i criteri di ospitalità rurale intesa in senso stretto. Peraltro, solo il 65% degli agriturismi è in grado di offrire la pensione completa, la stragrande maggioranza (85%) offre solo la mezza pensione ed il 10% solo il pernottamento. Dalle dichiarazioni degli operatori emerge come, nella maggior parte dei casi, la modesta presenza dell’offerta di pensione completa sia strettamente correlata alla domanda degli agrituristi che spesso, attratti dalla voglia di attività escursionistiche a sfondo culturale e natural-paesaggistico dei luoghi di vacanza, richiedono solo la cena e preferiscono sostituire il pranzo con la “colazione a sacco” (Tab. 24).
85
Tab. 24 – PRINCIPALI CARATTERISTICHE DEI SERVIZI COLLATERALI
OFFERTE
DAGLI
AGRITURISMI (*) (**) N° aziende 40 38 38 40 15
100% 95% 95% 100% 38%
11 29
27,5% 72,5%
30
75,0%
Cucina nell'alloggio Cucina dell'imprenditore Tavola calda Altro (convenzione con ristorante esterno) Numero coperti per la ristorazione Nessuno (convenzione esterna) da 15 -20
0 6 0 4
0,0% 15,0% 0,0% 10,0%
4 2
10,0% 5,0%
21-30
5
12,5%
31-45
5
12,5%
46-60
9
22,5%
60-100
12
30,0%
100-150
2
5,0%
> 150 Tipo di trattamento proposto agli ospiti* solo pernottamento bed and breakfast mezza pensione pensione completa
1
2,5%
4 0 34 26
10,0% 0,0% 85,0% 65,0%
Servizi collaterali offerti dalle aziende* ristorazione attività ricreative attività sportive attività turistico-naturalistiche attività culturali Attività di ristorazione riservata solo a coloro che alloggiano aperta a tutti Struttura per il ristoro Ristorante
(*) Fonte: elaborazione su dati acquisiti attraverso indagine diretta. (**):Possibilità di più risposte.
86
7.2.3 – LA STRUTTURA DELL’OFFERTA DI SERVIZI PER ALTRE ATTIVITA’ (SPORTIVE, RICREATIVE E CULTURALI, ECC.) Per quanto concerne l’offerta di servizi per attività sportive e ricreative, in generale, l’orientamento degli imprenditori agrituristici è quello di proporre una serie di servizi che ricalcano i modelli classici dell’offerta turistica; unitamente alla proposta di attività sempre più strettamente connesse con lo spirito agrituristico e con la valorizzazione dei beni ambientali presenti sul territorio. Difatti,
la stragrande
maggioranza delle aziende è dotata di piscina (67,5%) per l’attività di nuoto, il 62,5% offre la bicicletta, spesso gratis, per le passeggiate in mezzo ai sentieri naturali. Inoltre, significativa è l’offerta di attività di trekking (42,5 % delle aziende). Oltre ¼ delle aziende è dotata sia di campo di calcetto e sia di maneggio per offrire il servizio di equitazione (27,5%). Attività ricreative, fisicamente meno impegnative, quali le bocce ed il biliardo, sono offerte, rispettivamente, dal 32,5% e dal 17,5% delle aziende. Sul piano sportivo, a parte il nuoto e l’equitazione, modesta la disponibilità di impianti per il tiro con l’arco (12,5%), marginale la presenza di palestre e di attrezzi per la pallacanestro e di attrezzature per i sub (2,5%), del tutto assenti sono il golf, le piscine termali e le cure termali (Fig. 21). La scarsa presenza di servizi sportivi quali il golf, le piscine coperte e termali è legata principalmente alla necessità di ingenti investimenti finanziari sia per l’installazione e sia, anche per la loro manutenzione. Ciò spiega perché è più facile ritrovare attrezzature quali bocce, calcetto, mountain-bike, tiro con l’arco che richiedono ridotti investimenti e un tempo ridotto per il mantenimento e la gestione di tali servizi.
87
Fig. 21 - Aziende che offrono servizi per attività sportive e ricreative: suddivisione per categorie di attività (*) (**) Altro Cure termali Fitness Sauna Vela Trekking Sub Sci nautico Sci montano Ping-pong Pesca sportiva Pallavolo Pallacanestro Palestra Golf Tiro con l'arco Equitazione-maneggio Canoa Calcio Calcetto Bow ling Bocce Biliardo Bicicletta Piscina termale Piscina coperta Spiaggia privata Piscina Campo da tennis
17,5
0 0 2,5 0
42,5 2,5 0 0 30 7,5 0 2,5 2,5 0 12,5 27,5 5 5 27,5 2,5 32,5 17,5 62,5 0 0 2,5 67,5 20 0
10
20
30
40
50
60
70
80
% aziende
(*) Fonte: elaborazione su dati acquisiti attraverso indagine diretta. (**): Possibilità di più risposte.
La classificazione qualitativa della aziende agrituristiche è anche legata all’offerta di servizi aggiuntivi che fanno la differenza (quali servizi di carta di credito, l’accettazione o meno di animali domestici, il servizio di baby sitting, ecc.) e che, sicuramente, incidono sulla scelta dell’agriturista sul luogo dove soggiornare. In merito si rileva che, oltre alla ovvia presenza di parco o giardino intorno all’edificio rurale destinato all’alloggio (77,5%), oltre il 70% degli agriturismi accetta anche animali domestici e nel 67% di queste è possibile pagare anche con carta di credito.
88
Peraltro, nella maggior parte delle aziende esaminate sono presenti i servizi di parco giochi per i bimbi (60%), cucina vegetariana (57%) e di parcheggio custodito (52,5%); inoltre, metà di questi agriturismi dispone di una sala tv separata, oltre il 30% offre il servizio di lavanderia e stireria, il 27% dispone di una sala per congressi ed il 30% di esse offre la possibilità di navigare su internet(Fig. 22). Tutto ciò dimostra il notevole sforzo degli operatori di accrescere i propri elementi distintivi, ampliando la gamma dei servizi offerti alla clientela.
Fig. 22 - Percentuale di aziende per tipologia di servizi aggiuntivi offerti (*) (**)
Altro Night Club Discoteca Sala e servizio congressi Navigazione su internet Servizio Baby-sitting Pay-TV (dal satellite) Sala TV separata Pulizia calzature Parco o giardino Trasporto clienti Ascensore Accettazione animali domestici Carta di credito Autorimessa Parcheggio custodito Parco giochi per bimbi Servizio lavanderia e stireria Custodia in cassaforte di valori Cucina vegetariana Servizio in camera Bar
7,5% 0,0% 2,5% 27,5% 30,0% 15,0%
17,5% 50,0%
5,0%
77,5% 22,5%
0,0%
0%
72,5% 67,5%
5,0% 52,5% 60,0% 32,5%
15,0%
57,5% 27,5%
10%
20%
30%
40%
55,0% 50%
60%
70%
80%
% aziende
(*) Fonte: elaborazione su dati acquisiti attraverso indagine diretta. (**): Possibilità di più risposte offrendo le imprese un numero di servizi complessivamente elevato e difforme.
89
Fig. 23 - Percentuale di aziende per tipologia di servizi turistici e naturalistici offerti (*) (**) 90% 80%
82,5%
77,5% 80,0% 67,5%
70% 55,0%
60% 50%
42,5%
37,5%
32,5%
40% 30% 20%
12,5% 7,5% 10,0% 7,5%
10% 0% 1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
Legenda: 1= Percorsi naturalistici e didattici; 2=visita guidata alle attività aziendali; 3=Degustazione dei prodotti tipici aziendali o della zona; 4=visite guidate alle aree protette vicine; 5=visite al patrimonio storico-architettonico della zona; 6=materiale informativo per il turismo culturale; 7=corsi di cucina per la preparazione di piatti tipici; 8=Equitazione; 9=Mostre; 10=Mercati; 11=Sagre; 12=Altro. (*) Fonte: elaborazione dati acquisiti attraverso indagine diretta. (**): Possibilità di più risposte.
Con riferimento alla diffusione di servizi turistico-naturalistici negli agriturismi siciliani l’analisi evidenzia come, più di ¾ delle aziende offrano visite guidate alle proprie attività aziendali, l’80% di esse offre la degustazione dei prodotti tipici aziendali o dei prodotti locali, il 67% organizza escursioni su percorsi immersi nella natura spesso con finalità didattiche, ed oltre l’80% fornisce agli ospiti materiale informativo (mappe della zona, libri sul patrimonio storico-architettonico della propria zona, video-cassette sui beni ambientali e culturali delle province siciliane, ecc.) (Fig. 23). Inoltre, oltre il 40% delle aziende organizza corsi di cucina per insegnare agli ospiti la preparazione di piatti tipici della zona, mentre quasi un terzo degli agriturismi offre il servizio di equitazione, sia direttamente che con modalità di convenzione con aziende vicine che dispongono di maneggi. Marginale risulta, invece, la partecipazione a mostre, a mercati ed a sagre locali (Fig. 23).
90
7.3
–
ORGANIZZAZIONE
E
CARATTERISTICHE
DEL
LAVORO NELLE AZIENDE AGRITURISTICHE L’esercizio dell’attività agrituristica comporta, ovviamente, un aumento del lavoro aziendale e quindi una riorganizzazione del lavoro e delle mansioni che vanno pianificate in funzione della nuova attività. Nella gestione dell’attività agrituristica, che fa capo quasi sempre all’imprenditore o ad un suo familiare, un ruolo determinante assume la famiglia. Difatti, il 72,5 % delle aziende si affida quasi esclusivamente all’aiuto dei familiari per la gestione dell’agriturismo e solo il 27,5% dichiara di non avere collaboratori familiari e di far ricorso a personale esterno affidandogli mansioni prettamente operative (cameriere, cuoco, lavapiatti, personale per pulizia locali e camere,ecc.). Nel caso in esame, un quarto delle aziende occupa nell’attività agrituristica solo un familiare, generalmente il coniuge, il 17,5% coinvolge due familiari ed il 15% addirittura 3 persone (Tab. 25). Significativi anche i dati inerenti all’occupazione di soggetti esterni. In particolare, il 20% delle aziende offre lavoro a 3 persone e poco meno di un quinto (17,5%) occupa più di 5 persone. Complessivamente, i dipendenti esterni sono il 55% delle persone totalmente occupate nell’attività agrituristica delle aziende esaminate. L’analisi dei dati inerenti alla forma di assunzione mostra come, oltre 3 quarti delle aziende (77,5%) predilige l’assunzione a tempo determinato e solo un terzo di esse (32,5%) offre lavoro a tempo indeterminato (Tab. 25). Complessivamente, solo il 15% della forza lavoro totale risulta assunta a tempo indeterminato, per contro, il 51% dei collaboratori sono assunti a tempo determinato, in media per 129 giornate/persona all’anno.
91
Tab. 25 - OCCUPAZIONE NELL’ATTIVITÀ AGRITURISTICA (*) M a n o d o p e ra fa m ilia re N ° A d d e tti 1 2 3 4 5 p iù d i 5 N o n ris p o n d e M a n o d o p e ra e s te rn a N ° A d d e tti 1 2 3 4 5 p iù d i 5 N o n ris p o n d e
N ° a zie n d e 10 7 6 4 1 0 12
% 2 5 ,0 1 7 ,5 1 5 ,0 1 0 ,0 2 ,5 0 ,0 3 0 ,0
N ° a zie n d e 4 6 8 4 3 7 8
% 1 0 ,0 1 5 ,0 2 0 ,0 1 0 ,0 7 ,5 1 7 ,5 2 0 ,0
31 13
7 7 ,5 3 2 ,5
As s u n z io n e a te m p o d e te rm in a to As s u n z io n e a te m p o in d e te rm in a to m a n o d o p e ra a s s u n ta a te m p o d e te rm in a to (% s u to ta le )
51%
m a n o d o p e ra a s s u n ta a te m p o d e te rm in a to (% s u to ta le )
15%
(*) Fonte: elaborazione dati direttamente acquisiti.
L’analisi dei suddetti dati dimostra come, il 34 % della forza lavoro, soprattutto familiare, partecipa alla gestione dell’attività agrituristica senza una regolare posizione previdenziale e contributiva per lo svolgimento di tale attività. In termini di tempo lavorativo dedicato all’attività agrituristica, dalle dichiarazioni degli imprenditori emerge che, il lavoro da svolgere è molto, anche se solo il 27,5% degli operatori dichiara di dedicare più tempo all’attività agrituristica rispetto a quella agricola, contro il 45% che invece ha indicato tale attività meno impegnativa di quella agricola (Tab. 26). In questo caso è facile intuire come, tali dichiarazioni siano influenzate dalla necessità di non dimostrare un’attività elevata rispetto ai parametri di legge.
92
Tab. 26
- RAPPORTO TEMPO/LAVORO TRA L’ATTIVITÀ AGRITURISTICA E QUELLA AGRICOLA (*) N° aziende 2 18 11 4 5
Marginale Meno tempo rispetto al lavoro agricolo Più tempo rispetto al lavoro agricolo Stesso tempo rispetto al lavoro agricolo Non Risponde
% 5 45 27,5 10 12,5
(*) Fonte: elaborazione dati acquisiti con indagine diretta.
7.4
-
PRINCIPALI PROMOZIONE
ASPETTI E
DELL’ATTIVITA’
DI
COMMERCIALIZZAZIONE
NELLE IMPRESE AGRITURISTICHE Per quanto riguarda la promozione dell’agriturismo, elemento fondamentale per il mantenimento e lo sviluppo della relativa domanda, emerge che le aziende comunicano e promuovono le proprie attività attraverso una combinazione, generalmente ampia, di fattori che si collocano tra la comunicazione diretta e le proposte di turismo organizzato. In tale insieme di strumenti attivati, a parte il “passaparola”, la maggioranza delle aziende (92%) privilegia i moderni sistemi di pubblicità, mediante una promozione su internet. Oltre a ciò le forme di promozione più utilizzate, in ordine d’importanza, sono: i depliant (85%), i cartelli stradali (77,5%), le Aziende Provinciali del Turismo (77,5%), la pubblicità mediante le Pagine Gialle (65%), l’inserimento in cataloghi di tour operator italiani (45%) ed esteri (35%), la pubblicità su stampa specializzata italiana (35%) e la partecipazione alla Borsa del Turismo (30%). Peso marginale hanno forme di promozione mediante radio e TV italiana (5%) e nulla è la promozione su radio e TV estere (Fig. 24).
93
Tutto ciò evidenzia, nel complesso il grande sforzo del settore di porsi all’attenzione dei potenziali clienti, attraverso nuovi canali di comunicazione. Purtuttavia, nella maggior parte dei casi le aziende che propongono ospitalità agrituristica non dispongono di margini economici tali da potersi inserire nei grandi canali pubblicitari nazionali e/o esteri (stampa, televisione, radio) e, per molti, l’unico punto di forza per la promozione è rappresentato dalle associazioni di categoria. Per l’aspetto commercializzazione si rileva come, ai sistemi tradizionali si affiancano quelle basate sulle nuove tecnologie di comunicazione. Difatti, l’85% delle imprese fa ricorso alla vendita diretta mediante prenotazione telefonica o fax ed il 72,5% utilizza prevalentemente il sistema di prenotazione del servizio tramite internet. Tra le modalità ad uso prevalente, peso minore assumono la collocazione dell’offerta mediante associazioni agrituristiche (20%), il ricorso a tour operator italiani (20%) ed esteri (17,5%). Mentre, tra le modalità occasionalmente utilizzate ricorrono con peso significativo: la vendita diretta senza prenotazione (42,5%), la prenotazione mediante tour operator italiani (30%) ed esteri (20%) e quella mediante associazioni agrituristiche (25%) (Fig. 25). Per contro, elevata è la quota di aziende (67,5%) che non utilizzano i sistemi di prenotazione mediante l’ausilio di intermediari singoli esteri e di quelle che non fanno ricorso ad intermediari singoli italiani (65%). Inoltre, il 35% non accetta ospiti senza prenotazione e il 77,5% delle imprese non fa parte di alcuna cooperativa o consorzio di imprese del settore (Fig. 25). Tutto ciò, sottolinea una significativa prevalenza dello spirito individualistico nella gestione dell’attività d’impresa che, ovviamente, rappresenta una grossa limitazione sia per l’implementazione di
politiche di sviluppo integrato del territorio, sia,
soprattutto, per le piccole realtà agrituristiche che, talvolta fuori dagli itinerari dei principali flussi turistici, rischiano una marginalizzazione rispetto alle altre.
94
Fig. 24 - Principali forme di promozione dell'attività agrituristica (% di utilizzo nelle aziende) (*) Altra forma di promozione
10,0% 77,5%
cartelli stradali proprio depliant
85,0%
guida turistica
50,0%
Consorzi di promozione turistica
25,0%
Internet
92,5%
Pagine Gialle
65,0%
APT
77,5%
Borse del Turismo
30,0%
Enti Locali
15,0% 17,5%
Stampa Specializzata estera Stampa specializzata Italia TV/radio estera
35,0% 0,0%
TV/radio italiane
5,0% 35,0%
Cataloghi Tour Operator Esteri
47,5%
Cataloghi Tour Operator Italia Inserimento in itinerari
25,0% 0%
10%
20%
30%
40%
50%
60%
70%
80%
90%
100%
(*) Fonte: elaborazione dati acquisiti con indagine diretta.
95
95
Fig. 25 - Principali forme di commercializzazione dell'attività agrituristica (% d'uso nelle aziende) (*) 90%
85,0%
80% 65,0%
60%
47,5% 42,5% 40,0%
40% 30%
72,5%
67,5%
70%
50%
77,5%
30,0% 25,0% 20,0%
20,0%
35,0%
35,0% 20,0% 17,5%
20%
20,0% 7,5% 10,0%
7,5%
7,5% 5,0%
10%
12,5% 10,0%
15,0%
2,5%
5,0%
2,5% 2,5%
0,0%
0% A1 A2 A3 B1
B2 B3 C1 C2 C3
D1
D2
D3
E1
E2
E3
F1
F2
F3
G1 G2 G3
H1
H2
H3
I1
I2
I3
J1
J2
J3
Legenda: FORME DI COMMERCIALIZZAZIONE A= Associazioni agrituristiche, B =Tour operator italiani; C =Tour operator esteri; D =intermediari singoli italiani; E =intermediari singoli esteri; F= vendita diretta con prenotazione telefonica o fax; G =Vendita diretta con prenotazione internet, H =vendita diretta senza prenotazione; I=Cooperative e/o Consorzi; J=Altro. LIVELLO DI UTILIZZO: 1= prevalente; 2=occasionale; 3 = non utilizzata (*) Fonte: elaborazione dati acquisiti con indagine diretta.
96
96
7.5 – CARATTERI IMPRENDITORIALI ED ECONOMICI DELLE AZIENDE AGRITURISTICHE RILEVATE La valutazione dei caratteri imprenditoriali ed economici relativi alle aziende agrituristiche incontra notevoli difficoltà a causa della scarsa collaborazione degli interessati specie nel fornire alcune notizie di carattere economico-finanziario. Dai dati raccolti emerge che, l’investimento per l’avvio dell’attività è stato nella maggior parte dei casi compreso tra i 100 ed i 200 mila euro, con punte superiori oscillanti tra 400-600 mila euro (12,5%) e tra 800-1000 mila euro (10%) (Fig. 26). Tale investimento per il 62% delle aziende è stato autofinanziato, il 17,5% ha fatto ricorso anche a prestito bancario ordinario e solo il 40% dichiara di aver ricevuto incentivi pubblici POP o POR, Legge, 25/94, Legge 488-ambiente per l’avvio dell’attività d’impresa.
40,0
40 35 30 25 20 15 10 5 0
15,0
12,5 10,0
7,5
5,0
5,0
2,5
2,5
<1 00
10 020 0 20 140 0 40 160 0 60 180 0 80 110 00 10 01 -1 20 0 > N 1. on 20 0 ris po nd e
% aziende su totale
Fig. 26 - Investimento per l'avvio dell'attività agrituristica: suddivisione % per classi (*)
Euro*1000
(*) Fonte:ns. elaborazione su dati acquisiti con indagine diretta.
Per quanto concerne le informazioni sul ricavo aziendale, sul totale delle aziende campionate, solo il 22,5% ha risposto alla domanda relativa alla quantificazione del
97
ricavo. In particolare, si rileva che un terzo di queste (3 aziende) ha dichiarato un ricavo annuo compreso tra 10.000 e 15.000 Euro, il 22% di queste ha conseguito un ricavo tra 15.000-20.000 Euro, mentre un ulteriore 22% ha dichiarato un profitto annuo superiore ai 150.000 Euro.
Tab. 27 - RICAVI AZIENDALI ANNUI DA ATTIVITÀ AGRITURISTICA (*)
Ricavo aziendale annuo ( € ) < di 10.000 10.000 - 15.000 15.001 -20.000 20.001-25000 25.001-35.000 35.001-50.000 50001-75.000 75.000-100.000 100.001-150.000 150.001-200.000 > 200.000 Non risponde
N° aziende
% 3 2 1 1
1 1 31
0,0 7,5 5,0 0,0 2,5 0,0 2,5 0,0 0,0 2,5 2,5 77,5
(*) Fonte: elaborazione dati acquisiti con indagine diretta.
Il 60% delle aziende ha indicato solo percentualmente la composizione del proprio ricavo aziendale, imputando una maggiore incidenza nella formazione del profitto al servizio di alloggio (Tab. 28). Nello specifico, un quarto delle aziende ha dichiarato che dall’alloggio deriva tra il 41 ed il 50% del proprio introito; per l’attività di ristorazione lo stesso indice percentuale (41-50%) è, invece, dichiarato dal 20% delle aziende. Mentre, il 16,5% delle imprese indica tra il 71-80% il contributo del servizio alloggio al totale dei loro profitti. Appare interessante rilevare come il 12,5% attribuisca alla ristorazione un peso percentualmente elevato sul profitto totale (71-80%). Ciò, verosimilmente risulta essere indice di una realtà produttiva che si avvicina più al servizio di ristorazione di campagna che a quello dell’agriturismo.
98
Nel complesso, marginale risulta il contributo, alla formazione del ricavo aziendale, della vendita diretta dei prodotti aziendali (nella maggior parte dei casi non superiore al 2%) e di altri servizi quali l’equitazione o lavanderia indumenti ecc. (Tab. 28). L’analisi dei dati inerenti all’importanza dell’attività agrituristica nella formazione del reddito della famiglia agricola (Fig. 27) evidenzia come, per quasi un terzo delle aziende (32,5%), il guadagno derivante dall’attività agrituristica sia stato maggiore di quello ottenuto dall’agricoltura. Tutto ciò, indubbiamente, contrasta con le disposizioni legislative in materia che, com’è noto, attribuiscono all’attività agrituristica una funzione integrativa del reddito agricolo. Tale funzione integrativa è dichiarata solo dal 45% delle aziende, mentre per il 10% degli operatori il profitto agrituristico è marginale.
Fig. 27 - Contributo del reddito agrituristico sul ricavo totale dell'azienda (*)
Non risponde 10,0%
Marginale 10,0%
Maggiore del reddito agricolo 32,5% Uguale al reddito agricolo 2,5%
Integrativa del reddito agricolo 45,0%
(*) Fonte: elaborazione dati acquisiti con indagine diretta.
A tal riguardo si presume che, molte risposte che indicano una “funzione integrativa” dell’attività agrituristica al reddito totale siano state influenzate dai timori di dichiarare un reddito troppo elevato, non in linea con la normativa vigente in materia di “funzione integrativa del reddito agricolo”.
99
Tab. 28 – CONTRIBUTO % DEI PRINCIPALI SERVIZI ALLA FORMAZIONE DEL RICAVO AZIENDALE (*)
Alloggio fino a 20% 21-30% 31-40% 41-50% 51-60% 61-70% 71-80% 81-90% 91-100%
N° aziende
%
Ristorazione
3
12,5 fino a 20%
1 4 6 3 2 4 0 1
4,2 16,7 25,0 12,5 8,3 16,7 0,0 4,2
21-30% 31-40% 41-50% 51-60% 61-70% 71-80% 81-90% 91-100%
N° aziende
%
Vendita diretta N° dei prodotti aziende aziendali
%
Equitazione
6 25,0 fino a 2%
3 33,3 fino a 2%
4 3 5 1 2 3 0 0
1 2 2 1
16,7 12,5 20,8 4,2 8,3 12,5 0,0 0,0
2-4% 5-8% 8-10% >10%
11,1 22,2 22,2 11,1
2-4% 5-8% 8-10% >10%
N° aziende
%
Altri servizi
fino a 2% 2-4% 5-8% 1 50,0 8-10% >10% 1 50,0
N° aziende
%
1 50,0 1 50,0
(*) Fonte: elaborazione dati acquisiti con indagine diretta
100
100
7.5.1 - FLUSSO DI OSPITI NELLE AZIENDE AGRITURISTICHE Nella valutazione della redditività delle imprese agrituristiche, dati significativi sono, ovviamente, quelli inerenti al numero di ospiti/clienti presenti ed alla durata del soggiorno nell’agriturismo. A tal proposito, dall’indagine è emerso che, alla domanda relativa al numero di ospiti mediamente presenti al mese sia per la ristorazione che per l’alloggio, molte aziende non hanno dato risposta sostenendo che indicare una media mensile non è possibile in quanto, pur essendo aperti tutto l’anno (68% di queste aziende) o per più di 120 gg/anno (23% del totale), quasi tutte dichiarano punte di attività nei week-end, in primavera e nei mesi che vanno da giugno a settembre. Complessivamente, dai dati raccolti, nelle 40 aziende esaminate, si rilevano quasi 20.000 presenze nell’ultimo anno, con una media mensile che non supera le 100 unità (media di 98,9 ospiti/mese). In particolare, il 32 % delle aziende dichiara presenze mensili per l’alloggio inferiori alle 50 unità ed il 20% di queste indica tra 50 e 100 unità gli ospiti presenti (Tab. 29). Per la ristorazione, la maggiore quota di aziende che ha risposto (30%) individua tra 10-20 unità le presenze medie giornaliere per il servizio di ristoro, il 12,5% ha invece un numero medio di coperti inferiori a 10 unità. Non mancano, peraltro, aziende che dichiarano un medio di ospiti per la ristorazione superiore a 150 unità/giorno. Ciò, sicuramente, è dovuto ad un considerevole sviluppo dell’attività di ristorazione verso soggetti non alloggiati. L’analisi dei dati sulla durata del soggiorno in azienda mostra una permanenza media degli ospiti di 3 - 4 giorni. Nello specifico, il 40% degli operatori dichiara una permanenza compresa tra i 2 ed i 4 giorni ed un altro 20% indica dai 3 ai 5 giorni. Marginali, risultano i dati di permanenza media tra i 5 ed i 7 giorni (2,5% delle aziende), ciò a dimostrazione di un evoluzione del modello di vacanza sempre più ispirato ai criteri “mordi e fuggi”.
101
Tab. 29 – FLUSSO DI OSPITI NELLE AZIENDE ESAMINATE (*) Presenze medie mensili per l'alloggio meno di 50 50-100 101-150 151-200 201-250 251-300 301-400 401-500 > 500 non risponde Presenze medie giornaliere per la ristorazione meno di 10 da 10 -20 21-30 31-50 51-70 71-90 91-120 121-150 > 150 non risponde
N° aziende 13 8
Permanenza media gg. da 1 a 2 da 2 a 4 da 3 a 5 da 5 a 7 da 7 a 10 non risponde
1 1 1 1 0 1 14
% 32,5 20,0 0,0 2,5 2,5 2,5 2,5 0,0 2,5 35,0
1 16
15 30 5 5 0 2,5 0 0 2,5 40
3 16 8 1 0 12
7,5 40 20 2,5 0 30
6 12 2 2 1
(*) Fonte: elaborazione su dati direttamente acquisiti.
7.5.2 – LE TARIFFE PRATICATE NELLE IMPRESE Tra i parametri economici delle aziende agrituristiche, un dato significativo, soprattutto nell’orientamento della domanda, assumono le tariffe praticate dagli operatori per i vari servizi offerti. A tal proposito, si rileva che, per il servizio di alloggio per la camera singola, colazione inclusa, nei periodi di bassa stagione si praticano, nel 27,5 % dei casi
102
prezzi compresi tra 20 e 40 Euro e nel 12,5% si praticano tariffe oscillanti tra 41-60 euro. Al contrario, in alta stagione, i prezzi della camera singola oscillano, prevalentemente, tra i 40-60 Euro (Tab. 30). Per la camera doppia con servizio di colazione si rileva, in generale, una maggiore forbice delle tariffe tra le varie province con valori che, nella maggior parte dei casi (32,5%), per la bassa stagione oscillano tra 41-60 euro, fino ad arrivare agli 81-100 euro (7,5% dei casi) (Tab. 31). Considerando che, le tariffe devono essere rapportate anche alla qualità del servizio, di cui la classificazione in stelle costituisce un parametro di identificazione (la stragrande maggioranza delle aziende del campione è stata identificata di qualità medio-alta, 3 e 4 stelle22), è facile notare come, le oscillazioni di prezzi più contenute si registrano per le province di Messina dove, per le camere singole, la tariffa minima e massima, nella quasi totalità dei casi, è compresa tra i 20 ed i 40 euro, mentre per la camera doppia non supera gli 80 euro anche in alta stagione. Inoltre, tariffe contenute si registrano anche nelle province di Caltanissetta, Enna e Siracusa. Per contro, maggiori oscillazioni di prezzo fanno registrare le province di Agrigento, Trapani, Catania, Ragusa e Palermo. Per quanto concerne il servizio di mezza pensione si rileva che, nella maggior parte dei casi, il prezzo minimo e massimo risulta compreso tra i 41 ed i 60 Euro a persona/notte, solo nel 20% dei casi la tariffa massima oscilla tra i 61 e gli 80 euro/persona/notte. Stessa situazione si rileva per il servizio di pensione completa dove le tariffe oscillano, prevalentemente, tra
41-60 euro/persona/notte in alta
stagione ed i 61-80 euro in alta stagione, con l’eccezione delle province di Agrigento, Palermo e Trapani per le quali si rilevano maggiori oscillazioni di tariffe tra bassa ed alta stagione (tab. 32 e 33).
22
Nel caso in esame, il campione comprende solo 2 aziende a 2 stelle (provincia di Catania) e 2 ad 1 stella (province di Caltanissetta e Catania).
103
Tab. 30 – TARIFFE DI ALTA (MAX) E BASSA STAGIONE (MIN) PRATICATE PER CAMERA SINGOLA: FREQUENZE PER CLASSI DI PREZZI (*)
PREZZO CAMERA SINGOLA (€/Pers/notte) PROVINCIA
AGRIGENTO CALTANISSETTA CATANIA ENNA MESSINA PALERMO RAGUSA SIRACUSA TRAPANI Totali % su totale aziende
< di 20
20-40
41-60
61-80
> 80
Min Max Min Max Min Max Min Max Min Max 2 1 1 1 1 1 1 6 5 1 1 4 3 3 1 1 2 1 1 2 1 0 1 11 7 5 14 1 1 0 0 0,0
2,5 27,5 17,5 12,5 35,0 2,5
2,5 0,0
0,0
Non risponde o non dispone di camera singola
1 3 1 5 3 16 40,0
(*) Fonte: elaborazione dati acquisiti con indagine diretta.
104
104
Tab. 31 - TARIFFE DI ALTA (MAX) E BASSA STAGIONE (MIN) PRATICATE PER CAMERA DOPPIA : FREQUENZE PER CLASSI DI PREZZI (*)
PREZZO CAMERA DOPPIA (€/notte) PROVINCIA < di 20 20-40 Min Max Min Max AGRIGENTO CALTANISSETTA CATANIA ENNA MESSINA PALERMO RAGUSA SIRACUSA TRAPANI Totali % su totale aziende
1
41-60 Min Max
1 1 6 3 3
0
0
1
0,0
0,0
2,5
2
1 13
61-80 81-100 101-120 121-140 > 140 Min Max Min Max Min Max Min Max Min Max 1 1 2 1 2 1 1 1 1 1 3 7 1 1 3 1 4 3 2 3 1 1 2 4 6 17 3 12 0 0 1 1 0 0
5,0 32,5 10,0 15,0 42,5
7,5 30,0
0,0
0,0
0,0
2,5
0,0
0,0
Non risponde
1
1 2 4 10,0
(*) Fonte: elaborazione dati acquisiti con indagine diretta.
105
105
Tab. 32 - TARIFFE MEZZA PENSIONE IN ALTA (MAX) E BASSA STAGIONE (MIN): FREQUENZE PER CLASSI DI PREZZI (*) TARIFFE MEZZA PENSIONE (€/Persona/notte) PROVINCIA < di 20 20-40 Min Max Min Max AGRIGENTO CALTANISSETTA CATANIA ENNA MESSINA PALERMO RAGUSA SIRACUSA TRAPANI Totali % su totale aziende
1 1
1 1
1 1 1
4
1
1
2 5,0
1 2 6 4 5,0 15,0 10,0
41-60 61-80 81-100 101-120 121-140 > 140 Min Max Min Max Min Max Min Max Min Max Min Max 1 1 1 1 1 2 1 1 1 5 4 5 1 3 1 2 2 2 4 1 2 11 18 3 8 0 1 0 0 0 0 0 1 27,5 45,0 7,5 20,0 0,0 2,5 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 2,5
Non risponde
3
1 1 5 12,5
(*) Fonte: elaborazione dati acquisiti attraverso indagine diretta.
106
106
Tab. 33 – TARIFFE MINIME E MASSIME PER LA PENSIONE COMPLETA: FREQUENZE PER CLASSI DI PREZZI (*)
TARIFFE PENSIONE COMPLETA (€/Persona/notte) PROVINCIA < di 20
AGRIGENTO CALTANISSETTA CATANIA ENNA MESSINA PALERMO RAGUSA SIRACUSA TRAPANI Totali % su totale aziende
20-40
41-60
61-80
81-100
101-120
121-140
> 140
Min Max Min Max Min Max Min Max Min Max Min Max Min Max Min Max 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 3 2 1 1 2 2 7 1 1 1 1 1 2 4 1 0 0 0 2 8 3 6 16 1 2 0 1 0 0 0 1 0,0
0,0 0,0
5,0 20,0
7,5 15,0 40,0
2,5
5,0 0,0
2,5
0,0
0,0
0,0
2,5
Non risponde o non fornisce il servizio 1 1 3 4 2 1 2 14 35,0
(*) Fonte: elaborazione dati acquisiti con indagine diretta.
107
107
7.5.3 - ATTIVITA’ DI INTEGRAZIONE DEL REDDITO DELLE IMPRESE: LA VENDITA DIRETTA DEI PRODOTTI AGROALIMENTARI AZIENDALI E DELL’ARTIGIANATO LOCALE Le produzioni agroalimentari aziendali hanno uno sbocco diretto sul mercato anche grazie all’inserimento in azienda di un punto di vendita diretta. Tale tipologia di commercializzazione consente alle imprese di integrare il loro reddito - accrescendo il valore delle proprie produzioni - e di ottenere un ritorno economico superiore a quello che avrebbero con la cessione dei loro prodotti a grossisti o ad industrie agroalimentari, riportando così nell’azienda agricola il valore aggiunto che in passato si era trasferito agli altri operatori della filiera alimentare. Nel caso in esame, l’attività di vendita diretta riguarda l’87% delle aziende prese in esame.
Fig. 28 - Principali produzioni aziendali destinate alla vendita diretta (*) (**) 80% 70,0% 60%
37,5%
30,0%
27,5%
40%
55,0% 45,0%
12,5%
20%
10,0%
5,0%
uo .
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gg i
0%
(*) Fonte: elaborazione dati direttamente acquisiti. (**): Possibilità di risposta multipla.
Tra i prodotti maggiormente destinati alla vendita diretta l’olio, le marmellate, le conserve, ortaggi, vino e frutta sono, in ordine percentualmente decrescente, i
108
principali prodotti venduti. Seguono, con percentuali più basse, i formaggi, i salumi e, infine, altri prodotti (quali:miele, liquori, uova, ecc.). Peraltro, il 47% delle aziende esaminate vende anche a terzi imprese i propri prodotti (principalmente olio, vino, agrumi, ortaggi e liquori) eccedentari rispetto al fabbisogno aziendale. Modesta è la quota di aziende (22%) che, oltre ai prodotti aziendali, pone in vendita prodotti dell’artigianato locale o aziendale (cestini di pigne, panieri di vimini, ricami, ceramiche, cioccolata, carrettini siciliani, ecc.). Ciò, secondo quanto dichiarato dagli operatori, anche in conseguenza della scarsa richiesta di tali oggetti da parte della clientela.
109
8.
I
PRODOTTI
TIPICI
E
L’OFFERTA
ENOGASTRONOMICA IN SICILIA
8.1 – LA QUALITA’ E LA TIPICITA’ DELL’OFFERTA La Sicilia, com’è noto, è ricca di beni agroalimentari di notevole pregio e di sapori non riproducibili, frutto di tradizioni produttive e conservative, e di caratteristiche genetiche e pedoclimatiche che consentono l’ottenimento di prodotti con connotati di forte tipicità. Al riguardo, si ritiene utile fare una distinzione fra specificità e tipicità dei beni agricoli, che assume notevole importanza sulle strategie di marketing applicabili. La specificità si suole ricondurre alle peculiarità genetiche delle specie, varietà, razze, ecc, vegetali ed animali, mentre la tipicità associa alle predette peculiarità le caratteristiche del terreno e del clima, nonché le tecnologie di processo adottate (C. Sturiale, 2003). In generale, i prodotti tipici vengono considerati come un gruppo omogeneo, magari insieme ad altri che in qualche modo o per qualche aspetto si apparentano ad essi, o perché dispongono di altri riconoscimenti specifici (come i prodotti dell’agricoltura biologica o di quella integrata), o perchè provengono dal territorio di Parchi o di aree protette, da Comunità Montane, ecc. (Hausmann, Di Napoli, 2001). In realtà, però i prodotti tipici sono formalmente suddivisi in almeno tre grandi categorie: a) quelli coperti da una denominazione riconosciuta (prodotti DOP, IGP, STG e vini DOC, DOCG e IGT), in genere definita dai regolamenti comunitari in materia, emanati allo scopo di far emergere e tutelare le produzioni tipiche; b) i prodotti meritevoli di riconoscimento comunitario per la cui realizzazione si usano materie prime di particolare pregio. In questa categoria rientrano, indubbiamente i “Prodotti tipici locali”, ossia quelli che si legano ad un certo
110
territorio, alla tradizione di alcune aree e che, tuttavia, oltre al riconoscimento di fatto, non presentano ben definite credenziali di tipo formale. Essi si caratterizzano per l'esiguità della produzione, per la mancanza di ogni disciplinare o protocollo e per l'estrema variabilità delle tecniche di produzione. c) quei prodotti agroalimentari le cui metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura risultano consolidate nel tempo, omogenee per tutto il territorio interessato, secondo regole tradizionali, per un periodo non inferiore ai venticinque anni ed individuati dal D.M. 18 luglio 2000 come “prodotti tradizionali” (Mipaf). Tali classificazioni e discipline normative, sono tutte sollecitate dall’evoluzione delle esigenze dei consumatori, che, com’è noto, da anni si orientano verso alimenti più sani, più nutrienti, più gustosi e ottenuti con metodi più rispettosi dell'ambiente. Il filo conduttore di questa evoluzione è la qualità, come elemento irrinunciabile. Nel corso degli ultimi anni si è passati, nel comparto agro-alimentare, da un concetto di qualità legato essenzialmente al prodotto ad un concetto di qualità più ampio che ha coinvolto l’intera organizzazione ed anche la filiera. Ciò nell’ottica di un concetto di qualità universalmente riconosciuto e definito dalla norma UNI EN ISO 8402, secondo la quale “la qualità è l’insieme delle caratteristiche di un entità23 che ne determinano la capacità di soddisfare esigenze espresse o implicite”. Le esigenze che tale qualità è chiamata a soddisfare possono essere di “carattere primario”, connesse cioè con la tutela e la sicurezza del consumatore finale (qualità igienicosanitaria), per i quali è in vigore un’apposita normativa, o “accessorie24” e quindi connesse allo sviluppo del sistema economico e al benessere della società. La risposta alle esigenze “accessorie” di garanzia di tipicità e di tradizionalità del prodotto sta nell’uso di strumenti regolamentati da norme volontarie, quali la UNI CEI EN 45011 (che consente la certificazione di prodotto tramite appositi organismi privati), oppure di norme cogenti con riconoscibilità europea, quali i regolamenti 23
L’entità è sinonimo di attività, di processo, di prodotto, di un’organizzazione, di un sistema o di qualsiasi loro combinazione 24 Le esigenze accessorie sono la risultante di molteplici fattori: organolettici e nutrizionali, tecnologici (conservabilità, facilità di uso, ecc.), culturali (richiamo alla tradizione, appartenenza locale, cc.), etico-sociali (tecnologie di produzione a basso impatto ambientale, ecc.).
111
che disciplinano le produzioni DOP e IGP e le attestazioni di specificità tradizionale garantita (STG)25 (Moruzzo R., 2002). Il crescente ricorso a tali strumenti per la tutela del prodotto di qualità è anche frutto della consapevolezza, da parte delle imprese agro-alimentari, della possibilità di aumentare le potenzialità di successo sul mercato dei loro prodotti; pertanto, il marchio di qualità viene sempre più inteso come elemento cardine delle strategie aziendali di valorizzazione e differenziazione del prodotto. Per i prodotti tipici, in cui l’origine geografica rappresenta il fattore caratterizzante principale, ovviamente, anche il territorio ed il sistema integrato di produzione sono, al tempo stesso, strumenti e prodotti di un’azione di valorizzazione (De Stefano, 2000), cui si ricollegano effetti sia diretti che indotti (es. crescita dei flussi turistici nelle aree di produzione di prodotti con denominazione di qualità, sinergie di sviluppo esterne al comparto produttivo).
8.1.1 - I PRODOTTI DOP E IGP La politica produttiva orientata alla qualità ha portato l’Italia a divenire leader, tra i Paesi europei, per numero di prodotti con denominazione Dop e Igp (ben 134 quelli registrati all’1/2/2004). Nel contesto dei prodotti con denominazione di qualità, quelli Dop/Igp siciliani riconosciuti a Febbraio 2004 sono stati 13 ( ossia il 9,7 % del totale prodotti italiani con denominazione), tra cui 2 formaggi, 4 Oli extravergini d’oliva e 7 prodotti del comparto ortofrutta e cereali (vedi Tab. 34). 25
In particolare, ci si riferisce al Regolamento CEE n. 2081/92 “Relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni d’origine dei prodotti agricoli ed alimentari” (modificato dal Reg. CEE n. 692/2003) e al Regolamento CEE n. 2082/92 “relativo alle attestazioni di specificità dei prodotti agricoli ed alimentari”. Nello specifico, la Denominazione d'Origine Protetta (DOP) identifica la denominazione di un prodotto la cui produzione, trasformazione ed elaborazione devono aver luogo in un'area geografica determinata e caratterizzata da una perizia riconosciuta e constatata. Con l'Indicazione Geografica Protetta (IGP), invece, si denomina quel prodotto il cui legame con il territorio è presente in almeno uno degli stadi della produzione, della trasformazione o dell'elaborazione del prodotto. Inoltre, il prodotto gode di una certa fama. La Specialità Tradizionale Garantita (STG) non fa riferimento ad un'origine ma ha per oggetto quello di valorizzare una composizione tradizionale del prodotto o un metodo di produzione tradizionale, come avviene in Italia per la mozzarella, unico prodotto italiano ad aver ottenuto tale denominazione.
112
L’analisi della distribuzione provinciale dei prodotti tipici siciliani riconosciuti individua una concentrazione di produzioni DOP e IGP nelle province di Catania (3 DOP e 2 IGP) e Siracusa (2 DOP e 2 IGP); del tutto assenti sono, invece, le produzioni con marchio di tutela nella provincia di Messina (Tab. 35) . In particolare, le produzioni a marchio DOP coinvolgono solo 6 delle nove province siciliane, ovvero, in ordine di concentrazione, Catania e Siracusa (3 DOP ciascuna), Ragusa e Trapani (2 DOP ciascuna), Palermo ed Agrigento (1 DOP ciascuno). Le produzioni con riconoscimento IGP risultano presenti, invece, nella provincia di Siracusa (2 prodotti) e in quelle di Agrigento, Caltanissetta, Catania, Enna, Trapani (1 prodotto ciascuna). Purtuttavia, il numero dei prodotti con marchio di qualità garantito è ancora modesto se rapportato al numero dei prodotti tipici siciliani già identificati sul territorio dell’Isola (ben 130 prodotti) (Altamore – Zerilli, 2003), anche se fervente risulta l’interesse a farli emergere; difatti, la Sicilia è al terzo posto tra le regioni italiane, dopo Veneto e Piemonte, come numero di prodotti (21) in attesa di ottenere il riconoscimento comunitario. Pertanto, ben presto, il numero dei prodotti siciliani con denominazione potrebbe salire, complessivamente, a 34 (26% del totale prodotti tipici censiti), il tutto a vantaggio della crescita d’immagine del nostro patrimonio agro-alimentare e, quindi, dello sviluppo socio-economico delle aree coinvolte nella produzione.
Tab. 34 – PRODOTTI DOP/IGP REGIONE SICILIA (REGISTRATI AL 1/2/2004) (*)
Formaggi Pecorino Siciliano Ragusano
DOP DOP
Oli extravergini di oliva Monte Etna Monti Iblei Val di Mazara Valli Trapanesi
DOP DOP DOP DOP
Ortofrutta e cereali Arancia Rossa di Sicilia Cappero di Pantelleria Fico d'india dell'Etna Nocellara del Belice Pomodoro di Pachino Uva da tavola di Canicattì Uva da tavola di Mazzarone
IGP IGP DOP DOP IGP IGP IGP
(*) Fonte: elaborazione su dati ISMEA, 2004.
113
Tab. 35 – DISTRIBUZIONE PROVINCIALE DEI PRODOTTI SICILIANI CON MARCHIO DOP E IGP (*)
PRODOTTI DOP PROVINCE Pecorino Siciliano AGRIGENTO CALTANISSETTA CATANIA ENNA MESSINA PALERMO RAGUSA SIRACUSA TRAPANI SICILIA
Ragusano
Olio Monte Etna
PRODOTTI IGP
Olio Fico Oliva Arancia Cappero Pomodoro Uva da Olio Olio Valli d'India Nocellara Rossa di di di tavola di Monti Iblei Val di Mazara Trapanesi dell'Etna del Belice Sicilia Pantelleria Pachino Canicattì X
X
X
X
X X
Uva da tavola di Mazzarone
X X X
X X
X
X X X
X X X
X
X X
X
(*) Note: ns. elaborazione su dati: (Altamore - Zerilli, 2003); (ISMEA, 2004).
114
114
8.1.2 - IL COMPARTO ENOLOGICO SICILIANO DI QUALITA’ La ricchezza e la qualità dei vini sono fonte di crescente sviluppo, nell’ambito del turismo enogastronomico, dell’ “enoturismo”, una forma di valorizzazione del territorio che mira ad incentivare i flussi turistici verso quelle aree a particolare vocazione vitivinicola, con il preciso obiettivo di consentire la conoscenza e la promozione diretta delle produzioni e, in particolare, con le strade del vino, (disciplinate dalla legge nazionale del 1999), finalizzate alla conoscenza dei prodotti enologici di qualità certificata (DOC, DOCG, IGT) e non, ma comunque tipici delle zone rurali visitate. Le potenzialità di sviluppo economico e di promozione del patrimonio agroalimentare offerte dal turismo enologico sono, peraltro, confermate anche dai dati Censis, dai quali emerge come ben 3,5 milioni di turisti italiani abbiano scelto, nel 2003, mete enogastronomiche; con un fatturato in costante crescita, stimato in 2,5 miliardi di euro. Anche per la Sicilia, l’enoturismo può rappresentare un’importante forma di valorizzazione e promozione turistica, essendo questo un territorio suggestivo, ricco di storia e di tradizioni, tra le quali quella vitivinicola, e considerato che, tra le regioni italiane più rinomate per i vini, la Sicilia è indicata quarta (dopo la Toscana, il Piemonte ed il Veneto) dai mass media stranieri . La regione siciliana ha, tra l’altro, manifestato il proprio interesse verso iniziative di valorizzazione storico-territoriale che coinvolgono il settore enologico, attraverso l’emanazione di una specifica legge regionale sull’ “Istituzione delle strade e delle rotte del vino in Sicilia (Legge Regionale n. 5 del 2 agosto 2002) ”, che ha recepito l’analoga legge nazionale. Conseguentemente, sono state attivate in Sicilia 7 strade del Vino26, che attraversano tutte le aree di produzione dei DOC regionali e coinvolgono 90 aziende in 41 città siciliane. 26
Nella fattispecie quelle già attivate, su iniziativa dell’ Istituto Regionale della Vite e del Vino, sono:la Strada del vino Alcamo doc, ricadente nei comuni di Alcamo, Castellammare del Golfo, Calatafimi, Gibellina, Segesta, Scopello e Salemi; la Strada del Marsala e del Moscato di Pantelleria, che ricade nei comuni di Erice, Gibellina, Marsala, Salemi, Trapani e nell’isola di Pantelleria; la Strada dell'Inzolia o Ansonica, ricadente nei comuni di Agrigento, Mazara Del Vallo, Menfi, Monreale, Sambuca di Sicilia, Sciacca, Selinunte, S. Margherita Belice; la Strada del Nero d’Avola e del Cerasuolo di Vittoria che attraversa gran parte del territorio siciliano e ricade nei comuni di Casteldaccia, Cerda, Castelbuono, Vallelunga, Pratameno, Valledolmo, Piazza Armerina,
115
Nello specifico, il comparto enologico siciliano comprende una vasta gamma di vini bianchi, rossi e rosati, di cui, ad oggi, solo 26 hanno la classificazione di prodotto di qualità DOC/IGT (in particolare, 19 sono D.O.C e 7 I.G.T.)27, pari al 6% del totale italiano dei vini DOC e di quelli IGT 28 . La distribuzione territoriale mostra come, l’area più produttiva di vini con denominazione di qualità sia la provincia di Trapani, con 10 tipi di vini, 5 DOC (Alcamo, Delia Nivolelli, Marsala, Menfi, Moscato di Pantelleria) e 5 IGT (Camarro, Colli Ericini, Delia Nivolelli, Salemi, Sicilia), seguita dalla provincia di Agrigento con 5 vini DOC (Contea di Sclafani, Menfi, Sambuca di Sicilia, Santa Margherita di Belice, Sciacca) e 3 IGT (Sciacca, Sicilia, Valle Belice); dalla provincia di Palermo, dove su territori diversi sono prodotti 4 vini DOC (Alcamo, Contea di Sclafani, Contessa Entellina, Monreale) e 2 IGT (Fontanarossa di Cerda, Sicilia); dalla provincia di Messina con 2 DOC (Faro, Malvasia delle Lipari) e 2 IGT (Salina, Sicilia), e infine, con 3 vini DOC e 1 IGT (Sicilia) ciascuna, le province di Caltanissetta (Cerasuolo di Vittoria, Contea di Sclafani, Riesi) e Siracusa (Eloro, Moscato di Noto, Moscato di Siracusa). Solo 1 IGT (Sicilia) e 2 DOC sono, invece, presenti nella provincia Ragusa ( Cerasuolo di Vittoria, Eloro) e di Catania (Cerasuolo di Vittoria, Etna). Nessun prodotto enologico con denominazione DOC viene realizzato in provincia di Enna (banca dati del Mipaf).
Caltagirone, Comiso, Vittoria, Ragusa e Modica; la Strada del Moscato di Noto e del Moscato di Siracusa, che interessa i comuni di Noto e Palazzolo Acreide; la Strada del Vino dell'Etna, che insiste nel territorio tra i comuni di Acireale, Aci Castello, Aci Trezza, Catania, Taormina ed i comuni che insistono nella zona dell’Etna DOC; la Strada della Malvasia delle Lipari, comprendente le sette isole dell’arcipelago eolico (Alicudi, Filicudi, Lipari, Panarea, Salina, Stromboli e Vulcano) ed il comune di Milazzo, in cui ricadono i vigneti e la cantina sperimentale dell’IRVV (OSEAAS – CORERAS, 2003). 27
Dati tratti dalla Banca dati sui vini DOC e IGT del Mipaf Allo stato attuale, i vini DOC e DOCG rappresentano, in quantità, il 21% della produzione enologica italiana . Le DOCG sono 28, le DOC sono 306, le IGT 116 (Fonte: Unione Italiana Vini – ISMEA, 2003).
28
116
Fig. 29 - Vini siciliani di qualità: distribuzione per provincia di produzione (*)
5 Vini IGT
3 2
TP
SR
RG
PA
ME
EN
CT
0
CL
1 AG
Numero vini
Vini DOC
4
(*) Note: ns. elaborazione su dati Mipaf.
Tab. 36 – ELENCO DEI VINI DOC E IGT DELLA REGIONE SICILIA (*)
VINO
Alcamo
DENOMINAZIONE E DATA
TERRITORI
RICONOSCIMENTO
DI PRODUZIONE
DOC D.M. 21/07/72 (G.U. n. 249 del 22/09/72)
Camarro
(IGT) D.M. 10/10/95 (G.U. n. 269 del 17/11/95)
Cerasuolo di
(DOC)
Vittoria
D.M. 29/05/73 (G.U. n. 221 del 28/08/73)
Colli Ericini
(IGT) D.M. 10/10/95 (G.U. n. 269 del 17/11/95)
Contea di Sclafani
Contessa Entellina Delia Nivolelli
(DOC)
(DOC) D.M. 02/08/93 (G.U. n. 201 del 27/08/93) (DOC) D.M. 10/10/95 (G.U. n. 269 del 17/11/95)
Intero territorio comunale di Alcamo (da cui il nome) e di altri nove comuni delle province di Trapani e di Palermo Provincia di Trapani l’intero territorio di cinque comuni della provincia di Ragusa e parte di due comuni della provincia di Caltanissetta e di due comuni della provincia di Catania . Provincia di Trapani Territorio di undici comuni della provincia di Palermo, tra cui Sclafani Bagni, comuni di Vallelunga, Pratameno e Villalba, in provincia di Caltanissetta, e in parte di quello di Cammarata, in provincia di Agrigento Comune di Contessa Entellina, in provincia di Palermo Comuni di Mazara del Vallo (dove scorre il Delia), Marsala, Petrosino e Salemi, in provincia di Trapani
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Eloro
Etna Faro Fontanarossa di Cerda Malvasia delle Lipari
(DOC) D.M. 03/10/94 (G.U. n. 238 del 11/10/94) (DOC) D.P.R. 11/08/68 (G.U. n. 244 del 25/09/68) (DOC) D.M. 03/12/76 (G.U. n. 61 del 04/03/77) (IGT) D.M. 10/10/95 (G.U. n. 269 del 17/11/95) (DOC) D.M. 20/09/73 (G.U. n. 28 del 30/01/74)
Marsala
(DOC) D.M. 28/11/84 (G.U. n. 347 del 19/12/84)
Menfi
(DOC) Dd 01/09/97 (G.U. n. 213 del 12/09/97)
Monreale
(DOC) Ddi 02/11/00 (G.U. n. 266 del 14/11/00)
Moscato di Noto
(DOC) D.M. 14/03/74 (G.U. n. 199 del 30/07/74)
Moscato di Pantelleria Moscato di Siracusa
(DOC) D.M. 11/08/71 (G.U. n. 239 del 22/09/71) (DOC) D.P.R. 26/06/73 (G.U. n. 315 del 06/12/73)
Riesi
(DOC)
Salemi Salina
(IGT) D.M. 10/10/95 (G.U. n. 269 del 17/11/95) (IGT) D.M. 10/10/95 (G.U. n. 269 del 17/11/95)
Sambuca Siciliana
(DOC) Dd 14/09/95 (G.U. n. 260 del 7/11/95)
Santa Margherita di Belice
(DOC) Dd 09/01/96 (G.U. n. 11 del 15/01/96)
Sciacca
(DOC) D.M. 10/10/95 (G.U. n. 269 del 17/11/95)
Sicilia Valle Belice
(IGT) D.M. 10/10/95 (G.U. n. 269 del 17/11/95) (IGT) D.M. 10/10/95 (G.U. n. 269 del 17/11/95)
Comuni di Noto, Pachino, Portopalo di Capo Passero e Rosolini, in provincia di Siracusa, ed Ispica, in provincia di Ragusa Prodotto sui colli che circondano Catania Comune di Messina Provincia di Palermo Isola di Lipari e arcipelago delle isole Eolie (provincia di Messina) La zona di produzione comprende l’intera provincia di Trapani esclusi i territori dei comuni di Pantelleria, Favignana ed Alcamo. Parte del territorio comunale di Menfi (da cui il nome), Sambuca di Sicilia e Sciacca, in provincia di Agrigento, e di Castelvetrano, in provincia di Trapani. Monreale in provincia di Palermo Comuni di Noto, Rosolini, Pachino e Avola in provincia di Siracusa Isola di Pantelleria – provincia di Trapani Solo territorio del Comune di Siracusa Comuni di Riesi, Butera, Mazzarino, in provincia di Caltanissetta Comune di Salemi Provincia di Trapani Comune di Salina (Isole Eolie – Provincia Messina) Confini territoriali del comune di Sambuca di Sicilia, in provincia di Agrigento Santa Margherita di Belice (da cui il nome) e Montevago, in provincia di Agrigento intero territorio di Sciacca (da cui il nome) e di Caltabellotta, provincia di Agrigento Tutte le province siciliane Provincia di Agrigento
(*) Fonte: Ns elaborazione su dati sito web del Mipaf.
118
Dal rapporto sulla filiera vitivinicola in Sicilia (OESAAS-CORERAS, 2003) emerge che, tuttavia, ancora poche sono le aziende vitivinicole siciliane attrezzate per l’accoglienza dei turisti del vino, per la degustazione e per offrire servizi di visite guidate al territorio circostante. L’accoglienza al turista secondo standard di qualità elevati è “decisamente modesta”, e pertanto indispensabile investire nella qualità organizzativa del sistema territoriale che può intendersi come: “capacità di un sistema di acquisire informazioni dal mercato e dalla società per tramutarle in cultura professionale, da cui dipende in definitiva la capacità innovativa nei processi, nell’organizzazione, nel prodotto, il livello qualitativo dei prodotti, l’abbinamento della cultura con la gastronomia” (A. Bacarella, 2001).
8.1.3 - PRODOTTI TRADIZIONALI E LOCALI Nell’individuazione dei c.d. prodotti tipici, oltre ai prodotti DOP, IGP e STG, una categoria rilevante è rappresentata dai prodotti tradizionali, ossia “quei prodotti agroalimentari le cui metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura risultino consolidate nel tempo, omogenee per tutto il territorio interessato, secondo regole tradizionali, per un periodo non inferiore ai venticinque anni” ed individuati dal D.M. 18 luglio 2000 . Secondo i Dati della Coldiretti,
sul piano enogastronomico italiano, oltre alle
specialità a denominazione di origine e indicazione geografica protetta (Dop/Igp), si individuano 3.715 prodotti tradizionali regionali e 447 vini a denominazione di origine garantita, controllata e ad indicazione geografica tipica (Docg, Doc e Igt) (Turismo Coldiretti, 2004). In particolare, per la regione Sicilia si contano, secondo i dati del Ministero delle Politiche agricole, 206 prodotti tradizionali tipici (indicati dettagliatamente nell’Allegato I del presente lavoro) di cui, la maggior parte (oltre, il 60% del totale
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prodotti tradizionali siciliani) appartengono alle categorie “Paste fresche e prodotti di panetteria, pasticceria, biscotteria e confetteria” e “Prodotti vegetali allo stato naturale o trasformati” (tab. 37).
Tab. 37 – PRODOTTI TRADIZIONALI REGIONE SICILIA: RIPARTIZIONE PER COMPARTI MERCEOLOGICI (*) CATEGORIE MERCEOLOGICHE valori assoluti Bevande analcoliche, distillati e liquori 4 Carni (e frattaglie) fresche e loro preparazioni 2 2 Condimenti Formaggi 32 Grassi (burro, margarina, oli) 1 Paste fresche e prodotti di panetteria, pasticceria, biscotteria e confetteria 64 Preparazioni di pesci, molluschi e crostacei e tecniche particolari di allevamento degli stessi 2 Prodotti della gastronomia 28 Prodotti di origine animale (miele, prodotti lattiero caseari di vario tipo escluso il burro) 7 Prodotti vegetali allo stato naturale o trasformati 64 TOTALE 206
(*) Fonte :Ns.elaborazione su dati Mipaf.
Naturalmente, considerando la grande estensione dell’Isola, la notevole articolazione del sistema agroalimentare e le spiccate tradizioni locali (talora “paesane”) dell’arte culinaria, il pacchetto dei prodotti “tradizionali” si ritiene sottodimensionato. Difatti, oltre a quest’ultimi ed ai prodotti DOP e IGP o DOC, DOCG e IGT, il patrimonio enogatronomico comprende anche vini e prodotti tipici “locali” che non rientrano in nessun disciplinare normativo, ma che sono una realtà marginale, sopravvissuta fino ad oggi grazie ai mercati locali, ma che politiche di integrazione e di valorizzazione territoriale (strade del vino e degli antichi sapori, distretti enogastronomici, ecc.) possono far riscoprire, conducendo il turista consumatore alla scoperta di antichi sapori ormai in parte dimenticati ad alto valore aggiunto.
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Fig. 30 - Composizione percentuale delle varie categorie di prodotti tradizionali siciliani (*)
A 1,9%
B 1,0%
L 31,1%
C 1,0%
D 15,5% E 0,5%
I 3,4% H 13,6%
G 1,0%
F 31,1%
LEGENDA : A= Bevande analcoliche, distillati e liquori; B= Carni (e frattaglie) fresche e loro preparazioni; C= Condimenti; D= Formaggi; E= Grassi (burro, margarina, oli); F= Paste fresche e prodotti di panetteria, pasticceria, biscotteria e confetteria; G= Preparazioni di pesci, molluschi e crostacei e tecniche particolari di allevamento degli stessi; H= Prodotti della gastronomia; I= Prodotti di origine animale (miele, prodotti lattiero caseari di vario tipo escluso il burro); L= Prodotti vegetali allo stato naturale o trasformati (*) Fonte :Ns.elaborazione su dati Mipaf.
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8.2 – GLI INDICATORI DI TIPICITÀ E DI TERRITORIALITÀ Per la valutazione dei caratteri di tipicità e, correlativamente, di territorialità dei prodotti, un valido aiuto può sicuramente derivare dal far riferimento ad indicatori di tipicità e di territorialità. Quest’ultimi possono essere identificati con (INEA, 2001): •
l’origine locale delle materie prime;
•
la tipologia tradizionale del processo produttivo;
•
la manualità della produzione (o se si vuole le caratteristiche non industriali);
•
l’impiego di varietà vegetali o di razze animali autoctone o adattate tradizionalmente nel luogo di produzione;
•
la tipicità del confezionamento;
•
l’impiego del prodotto nella gastronomia tradizionale.
•
le dimensioni dell’azienda produttrice (ossia presenza solo su un territorio circoscritto);
•
l’ambiente di produzione (es. la montagna, la collina);
•
le modalità di produzione e la fornitura diretta del prodotto (produzioni artigianali di fattoria).
Valutare il grado di tipicità dell’offerta enogastronomica non è affatto semplice, dato l’elevato grado di complessità di molti piatti siciliani. In realtà, per ragioni di semplicità sarebbe opportuno considerare unicamente prodotti alimentari semplici, escludendo le elaborazioni gastronomiche, sebbene il confine tra le due categorie non possa essere definito così nettamente. Nello sforzo di operare una classificazione, tuttavia, non è spesso possibile individuare tutti i singoli elementi utilizzati, a causa del diritto al segreto di ricette e piatti vantato da chi li realizza. Per tale valutazione si farà ricorso, dunque, ai principali indicatori di tipicità e territorialità, ossia: l’origine locale delle materie prime e l’impiego del prodotto nella gastronomia tradizionale siciliana. Per quanto concerne le materie prime, attualmente sono stati individuati 130 prodotti tipici siciliani, di cui 120 sono a carattere locale e 10 a carattere regionale. In questa
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categoria, ad oggi, sono 37 quelli con marchio di riconoscimento e il comparto maggiormente rappresentato è quello della frutta con 46 prodotti (35,7% del totale), seguito da quello del vino con 26 prodotti diversi, di cui 1 a valenza regionale. Infine, seguono i formaggi (20 prodotti) e gli ortaggi (23 prodotti), mentre scarsa è la presenza degli oli (solo 9) e della carne e derivati (4 prodotti) e del miele (3 prodotti) (Altamore–Zerilli, 2003). Tuttavia, come già detto, l’offerta enogastronomica rispondente ai criteri di tipicità è il frutto di molteplici combinazioni dei predetti prodotti tipici che si rifanno al nostro vasto patrimonio culinario. Pertanto, ai fini di avviare un percorso conoscitivo sul grado di tipicità dell’offerta enogastronomica negli agriturismi siciliani, prima di esaminare i dati forniti dalle aziende ricadenti nel campione, risulta interessante individuare almeno i principali piatti tipici di ciascuna provincia. Sicuramente, l’elencazione dei piatti tipici per provincia e, in molti casi, anche per Comune, non è del tutto esaustiva del ricco patrimonio culinario siciliano, purtuttavia rappresenta un valido punto di riferimento nella valutazione dei dati empirici raccolti.
8.3 –
I PRINCIPALI CARATTERI
DELLA GASTRONOMIA
SICILIANA Per la Sicilia non è possibile parlare di cucina siciliana come di un'unica entità. Le differenti influenze culturali frutto delle numerose dominazioni cui è stato protagonista il territorio dell’Isola hanno, conseguentemente, prodotto delle diversità anche sul piano culinario e, in particolare, tra la cucina della costa e quella dell’entroterra; due mondi un tempo lontani, a causa delle difficoltà di spostamento. La cucina siciliana è ricca di prodotti fragranti e sapori che stanno, così come la posizione geografica dell'isola, in un delizioso equilibrio tra terra e mare. La varietà di piatti è ricca di prodotti, spezie e profumi che testimoniano quanto l'isola si sia, da secoli, trovata come crocevia di popoli di ogni dove. Le tante dominazioni hanno
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lasciato monumenti e ruderi a ricordo del loro passato splendore, hanno profondamente segnato il paesaggio con le colture introdotte ed hanno influenzato abitudini e modi di vita facilmente riscontrabili ancora ai giorni nostri, soprattutto in cucina. Un passato così ricco non poteva che lasciare in eredità un panorama variegato di testimonianze di cui la gastronomia serba tracce indelebili nel nostro patrimonio di usi e tradizioni locali. Come in tutte le cucine povere, ricorrente è l'abitudine del piatto unico; le paste di vario tipo e cucinate in modi diversi, arricchite con prodotti del posto (ortaggi e legumi,ecc.) finiscono col costituire l'intero pasto. Prima ancora della pasta è stato il pane ad assolvere a questa funzione nutritiva. Nella parte orientale dell’Isola , culla della Magna Grecia, è facile riscontrare analogia con la cucina delle zone interne caratterizzata dall’utilizzo prevalente di verdure e di ortaggi (es. melanzane, zucchine, ecc.). Peraltro, anche prodotti della pastorizia (latte, formaggi, provole, ricotta, ecc.) occupano un posto di rilievo, mentre il consumo della carne, preparata per lo più alla brace, era un'eccezione spesso riservata alla festa o ai ceti più benestanti (ricchi). Nella parte occidentale della Sicilia, maggiormente segnata dalla dominazione araba e dalle tradizioni di corte, in analogia con il paesaggio, la cucina si fa più ricca, ricercata e dai contrasti insoliti. La complessità dei piatti aveva principalmente la funzione di ostentare ricchezza sebbene non manchi anche nelle grandi città, una cucina d'ispirazione popolare, cucine di strada come friggitorie, forni e bancarelle che offrono ogni sorta di piatti a tutte le ore (sfinciuni e panelle, per esempio). Tornando agli influssi storici, è agli Arabi che si deve l'introduzione degli agrumi, dello zucchero, della cannella e dello zafferano, oltre a quella del riso che qui ha avuto modi di cottura ed utilizzi diversi da quelli del nord Italia. Anche il pesce, come ovvio, è proposto con ampia varietà di preparazioni; tra di esse, anche per il posto che da sempre occupa nella tradizione popolare, merita rilievo il tonno. Particolari sono le preparazioni del pesce alla ghiotta (cipolle, olive, capperi e
124
pomodoro) e nel trapanese il cuscusu, versione isolana del cus-cus di origine magrebina realizzato appunto con pesce. Un’attenzione particolare merita la pasticceria siciliana. Ogni provincia è ricca di dolci tipici e tra questi i più diffusi sono: la variopinta frutta martorana, che prende il nome dall'omonimo monastero palermitano, i cannoli, le cassate, la pignoccata, il biancomangiare e il tradizionale gelo di "melone" (gelatina di anguria) e, inoltre, i gelati e le granite, prodotti squisiti dell'abilità artigiana siciliana. Per quanto concerne l’offerta enologica, anche se non tutti hanno raggiunto la rinomanza del liquoroso marsala, numerosi sono i vini locali presenti sull’isola, considerati un tempo solo da taglio, oltre, naturalmente, a quelli a denominazione d'origine indicati nell’Allegato II al presente lavoro . Tra i vini da dessert, a parte il citato marsala, vanno ricordati il Moscato di Noto, il Passito di Pantelleria e la Malvasia delle Lipari (Coria, 1981). Tutto ciò premesso, data la prevalente caratterizzazione “paesana” dell’offerta gastronomica siciliana, si ritiene utile riportare una classificazione dell’offerta per province.
8.3.1 - OFFERTA GASTRONOMICA NELLE PROVINCE DI AGRIGENTO, CALTANISSETTA ED ENNA. Le province di Agrigento, Caltanissetta ed Enna sono le città siciliane che risentono di più delle tradizioni contadine. Difatti, risalendo dalla costa agrigentina verso l’interno ci si accorge come l’economia di questa zona della Sicilia sia legata essenzialmente all'agricoltura e alla pastorizia. Molte pietanze di questo entroterra mostrano già negli ingredienti la loro antica origine: la mancanza del pomodoro, l'uso delle mandorle e dei pistacchi che riportano alla cucina di una Sicilia Medioevale. Le antiche pietanze sono difficili da trovare ma tipica è la pasta fresca condita con il sugo di maiale. Nella zona di Piazza Armerina la pasta si può gustare con la ricotta gratinata al forno e la polpa di manzo. Inoltre, in queste zone si
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preparano piatti a base di riso tra cui le ganeffe di riso in brodo (palline di riso in brodo allo zafferano). Tipica è anche la “pasta alla milanista” in bianco o rossa con il pomodoro è un piatto che nasconde, dietro il nome nordico, l'essenza delle montagne siciliane: le acciughe sciolte nell'olio e l'aglio condiscono la dorata pasta, il tutto ricoperto da pangrattato abbrustolito. Tra i secondi l'agnello, il capretto, il maiale, le bistecche di vaccino arrosto, tutti nostrani, sono necessari per capire la cucina del posto. Inoltre, tipiche sono le testine di agnello o capretto infornate e le stigghiola alla brace ( tenere budella di agnellini e capretti da latte). In queste zone è possibile gustare pure l’anatra selvatica al marsala e la trippa all'olivitana (pietanza che si prepara pure a Palermo) con pomodoro, melanzane fritte, carne di manzo e primosale fresco. Peraltro, l’antica consuetudine della caccia al coniglio selvatico ha lasciato in eredità modi inconsueti per la sua preparazione: coniglio all'agrodolce con cipolla, olive bianche, capperi, sedano ed aceto; coniglio al ragù sfumato nel vino. Non meno prelibati sono i contorni preparate in queste zone (carciofi, piselli, cardi e olive) ed i formaggi. Le fave, pregiate quelle della zona di Leonforte, vengono cucinate nelle più svariate maniere: la ricetta più antica e tradizionale è il maccu (crema di fave con finocchietto di montagna) che comunque viene realizzata un pò in tutta la Sicilia. Un cibo per eccellenza della tradizione contadina, oltre al formaggio, è la frittata, egregio sostituto della carne che veniva mangiata solo nelle grandi occasioni, preparata i vari modi, con tutte le verdure e con i formaggi, la ricotta ed i tocchetti di salsiccia. Con le uova si fanno anche piccole polpettine che arricchiscono il sugo della pasta. Per quanto concerne i piatti a base di pesce, grazie all'ottimo pesce delle coste agrigentine (Gela, Porto Empedocle e Licata) è possibile gustare le sogliole di Sicilia: fritte nell'olio o arrostite alla griglia oppure nelle zuppe con pomodoro, cipolle e prezzemolo. Ottime le sarde farcite di prezzemolo, acciughe e noce moscata gratinate al forno e le triglie in tegame con pomodoro e prezzemolo della zona di Sciacca, e il raffinato dentice al brodo di carne.
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I dolci dell'entroterra sono dei veri e propri integratori alimentari, come si direbbe oggi. Per sopportare climi rigidi (Enna è il comune capoluogo più alto d'Europa) calde colate di miele, uova e mandorle si condensano in teneri torroni. Inoltre, le mandorle, ricchezza dei poveri, si trasformano anche in biscotti ripieni di zucca candita e a forma di agnellini dal tenero cuore di pistacchio. Il couscus dolce è ricoperto di cioccolata, cannella, zucchero e pistacchi, ed infine vanno ricordate le coppe di panna e fragole o di fragole e succo d'arancia. La descrizione dei principali piatti tipici viene completata con l’elencazione nella tabella seguente dei piatti tipici per i principali comuni delle suddette province:
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P R O V IN C E C a lt a n is s e t t a : C a lt a n is s e tt a
le f u a te
COMUNI S a n t a C a t e r in a V illa r m o s a : tim b a llo d i r is o
M a r ia n o p o li: u o v a c o n p a ta te f r itte A g ir a : u o v a s tr a p a z z a te c o l p o m o d o ro A id o n e :
S a n c a t a ld o : p o llo a l f o r n o Enna: g u a s te d d e e n n e s i
p a s ta i s a n g iu s e p p i
p o llo a ll'a c e to
B a rra fra n c a :
N ic o s ia :
z u p p a d i c o te n n e e f a v e
z u p p a d i c o te n n e e g ir i P ie t r a p e r z ia : zuppa di uov o n e ll'a c q u a
L e o n fo rte :
ENNA
C a la s c ib e t t a : p o m o d o ri a l g ra tin C a te n a n u o v a : c a r c io f i a lla v illa n e lla d e ll'e n n e s e A g r ig e n t o : m e le n z a n e a l f o rn o C a la m o n a c i:
A ra g o n a : tia n o d 'a r a g o n a C a lt a b e llo t t a :
p a s ta c o n a lic i e p is e lli
p a ta te e s f in c iu n i
C a s t e lt e r m in i: p e p e r o n i a d a g ro d o lc e
V illa lb a : a r a n c in e c o n a m a re n a
S p e r lin g a : f r a s c a tu la P ia z z a A r m e r in a : p a s ta c o n la c o r a te lla V a lg u a r n e r e C aro pepe : te s ta d i m a ia le in g e la tin a V illa r o s a : c o n ig lio a r a g ù
B iv o n a : g a ttò d i r is o C a m m a ra ta :
g a ttò d i s a r d e e c a r c io f i C a s t r o f ilip p o : C a t t o lic a e r a c le a : b r a c io lo n e d i c a s tr a to a n g u ille in c a m ic ia a l ra g ù a ll'e ra c le s e
C ia n c ia n a : b u d e llo g ra s s o
C o m it in i: c o ra te lla e p a ta te
G ro tte : d ita lin i c o n f a v u z z e e r ic o tta
J o p p o lo g ia n c a x io :
L ic a t a :
L u c c a s ic u la :
p a n e d i f e g a to M e n f i:
u o v a a r r im in a te M o n te v a g o :
te s te d i tu r c o P a lm a d i m o n t e c h ia r o :
i c u c c h ite d d i
m in e s tr a d i le n tic c h ie
P o r t o e m p e d o c le : u o v a m u r in e
R a c a lm u t o : p o lp e tte d i m e le n z a n e R e a lm o n t e : to n n o a l r a g ù
to r tin o d i m e le n z a n e R a f f a d a li: p a n i f r ittu c u l'o v a
A G R IG E N T O
Ravanusa: f a rr o
S a n to s te fa n o
S c ia c c a :
R ib e r a : m u le ttu a m m a rin a tu d e l p la ta n i S a n G io v a n n i g e m in i: s a la m e tu r c o S a n ta m a r g h e r it a d i b e lic e : g a ttò d i p a ta te e m e le n z a n e S ic u lia n a :
s a là m o r e c i
p a s ta c o n s a r d e a lla s c ia c c h ita n a
s a ls a c o n a g lio e c ip o lla
S a m b u c a d i s ic ilia : p e s to s ic ilia n o S a n t ' a n g e lo m u x a ro : lu n a d i m a o m e tto
S a n b ia g io p la t a n i: s a ls a v e rd e S a n t a e lis a b e t t a :
tr io n f o d i g o la
V illa f r a n c a s ic u la : m in e s tra d i v e r d u re e le g u m i
Fonte: Sito Web La gastronomia siciliana; Coria, 1981
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8.3.2 - LA GASTRONOMIA NELLA PROVINCIA DI CATANIA Catania rappresenta in Sicilia la città industrialmente più sviluppata. La sua provincia conta parecchie aziende agricole tra le più grosse e attrezzate del meridione. Sviluppatasi su una vastissima piana dominata dal vulcano più alto d'Europa, l'Etna, la città ha mantenuto sempre il contatto con le realtà contadine. Il risultato gastronomico è una cucina molto semplice, con sapori che sembrano nascere da preparazioni più elaborate e raffinate. La schiacciata qui, come per le province di Ragusa e Siracusa, è il piatto più popolare e può essere presentata nella maniera più semplice, con olio, sale e olive o ripiena di ottime verdure, carni e formaggi. Tra i primi piatti si possono scegliere vari tipi di paste: i corallini con cavoli teneri di Acireale e frittole di maiale, la pasta con zucchine fritte (Acireale), conchiglie con ricotta di pecora fresca e pepe nero in grani appena macinato (Giarre), la pasta con soffritto di cipolla e costoletta di maiale. Inoltre, è d'uso preparare i maccheroni al ragù con falsomagro, trito di carne di vitello o maiale, salsiccia, pomodoro, vino rosso, piselli e patate. Un’antica ricetta, ormai realizzata in tutte le parti dell'isola, è la pasta alla Norma, preparata con pomodoro, melanzane, aglio e basilico fresco; completa la pietanza un'ottima ricotta salata al forno, di Paternò, grattugiata. Tra le paste condite con pesce rientra anche la classica pasta con i mascolini (alici bianche), cui viene aggiunto aglio, prezzemolo e pecorino piccante grattugiato. Oppure gli spaghetti col sughetto di aricciola, il risotto alla marinara con gamberi, patelle, calamari e cozze e gli spaghetti al nero di seppia. La scelta dei secondi è condizionata dal fatto di trovarsi in montagna o al mare. Passando tra Casal Floresta e S. Domenica di Vittoria si trovano dei ristoranti specializzati nell'arrosto di castrato e di agnello. Nel bosco Etneo, tipiche sono le interiora di capretto (stigghiola) avvolte da cipollina, prezzemolo, timo e cotte alla brace. Il capretto viene preparato anche ripieno di riso, prosciutto crudo, uova sode, caciocavallo fresco e carne di vitello.
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Di sapore molto forte, la cotenna che viene generalmente accompagnata da verdure. Lungo la costa si trovano molte varietà di pesce: sarago arrostito condito con salsetta salmoriglio (olio, limone, origano, sale e pepe), sauri fritti e sfumati all'aceto e l'aglio, mostella fritta o in brodetto, tambarello fritto o a trance. I mascolini (ovvero le alici) vengono cucinati in tutte le maniere: in agrodolce, marinati, alla pescatora. Inoltre, a Paternò, vista la vicinanza con il Simeto, il fiume più grande della Sicilia, vengono pescate le rane per essere cotte a zuppetta. Anche nella provincia di Catania, come un po' in tutte le altre zone della Sicilia, i dolci tipici sono fatti a base di mandorle. Particolari gli amaretti, dove la quantità di mandorle amare utilizzate è superiore a quella delle mandorle dolci. Ottimi pure i torroni. Altri piatti tipici dei principali comuni della provincia di Catania sono indicati nella tabella seguente:
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TAB.
39 – PIATTI TIPICI DI ALCUNI COMUNI DELLA PROVINCIA DI CATANIA (*)
A c i b o n a c c o r s i:
A c i c a s t e llo :
A c i c a te n a :
in v o ltin i d i to n n o in te g a m e
tu n n in a a m m a rin a ta
c a p o n a ta c a ta n e se
A ci s a n t 'a n to n io : to n n o a lla p u tta n e sc a
A c ir e a le :
A d ra n o :
m a sc o li m a rin a ti
sp a g h e tti a lla c a rre ttie ra
B e lp a s s o : sa lsa c o n a g lio
B ia n c a v illa : le sc a c c ia te
B ro n te : le c risp e lle
C a lt a g ir o n e :
C a la ta b ia n o :
m a c c u v e rd e
b a c c a là a lla sic ilia n a
C a m p o ro to n d o e tn e o : p o lp e tte c o n le m a n d o rle
C a s te l d i iu d ic a : p a rm ig ia n a c a ta n e se G ia r r e :
C a t a n ia : to n n o a ll'a g lia ta
F iu m e f r e d d o d i s ic ilia : f io ri d i z u c c a f ritti
G r a m m ic h e le :
G r a v in a d i c a t a n ia :
trip p a f ritta
to n n o a m m a rin a to
M ilite llo in v a l d i c a t a n ia : p a sta c u f in o c c h iu riz z u P a te rn ò :
N ic o lo s i:
P ie d im o n t e e tn e o :
c o te n n e c o n v e rd u re
'a n o rm a
c a rc io f i a lla b ra c e
Raddusa: le c a rru b b e lle
R am acca: p a sta c o i b ro c c o li c a ta n e si
R andazzo: c risp e lle d i riso
R ip o s to :
S a n g r e g o r io d i c a t a n ia : la ttu m e d i to n n o a l f o rn o
S a n t a m a r ia d i lic o d ia : sa lsa d i p e la ti
m a sc o lin i a ll'a g ro d o lc e L in g u a g lo s s a : a n g u ille in u m id o P a la g o n ia :
m a sc o lin i a lla p e sc a to re
u o v a in c a rro z z a
S a n ta v e n e r in a : b ro c c o li f ritti
(*) Fonte: Sito Web La gastronomia siciliana; Coria, 1981.
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8.3.3 - LA GASTRONOMIA DELLA PROVINCIA DI MESSINA Per quanto concerne la provincia di Messina, va subito detto che sul piano gastronomico la pasta è considerata l'alimento fondamentale, come del resto un po' in tutte le zone dell'isola. La cucina è essenzialmente a base di pesce. Tra i primi, si possono gustare delle ottime paste condite con cozze, con il pesce spada, con il nero di seppia: nelle isole Eolie questa pasta viene realizzata anche con l'aggiunta di piselli. A Gioiosa Marea tipici sono gli spaghetti ca' nunnata (pesciolini piccolissimi). Paste non a base di pesce sono la pasta stufata con i formaggi siciliani, le fettuccine con salsa di pomodoro realizzata con un soffritto d'aglio al posto della cipolla e le melanzane, la pasta con cavolfiore bianco e prugne nere. A Taormina un piatto molto ricercato è la pasta ‘ncatasciata, a base di carne di maiale, grasso di prosciutto e pomodoro. Tuttavia è nei secondi che la cucina messinese trova la sua massima espressione. Un alimento tipico messinese, ma proveniente dal nord Europa, è lo stoccafisso: merluzzo essiccato la cui carne viene cucinata nelle più svariate maniere, ma la più tipica è "alla ghiotta", con pomodoro, olive bianche, capperi, sedano, pinoli e uva passa. Il pesce più pregiato pescato nella zona è il pesce spada: la sua carne viene preparata al forno, arrosto, alla ghiotta o lessato in acqua di mare con olio crudo, succo di limone, prezzemolo e aglio tritato. Per i palati più esigenti, il pesce spada può essere preparato in involtini con ripieno di pan grattato, pecorino, capperi e olive verdi. A Milazzo si trovano calamaretti e seppioline al tegame, con pomodoro, acciughe salate, trito di aglio e prezzemolo; dell'ottimo tonno preparato con una salsetta di pomodoro e cipolla. Invece, a Gioiosa Marea piatti tipici sono:la nunnata condita con i broccoli neri o il cicireddu al sapore d'arancia. La grande varietà di pesce che si trova nella zona permette di avere a tavola le aguglie a bracciale, con pomodoro, prezzemolo, aglio e origano; il capone imperiale, che si pesca solo nel mare messinese, cucinato lesso o al forno. A Messina, a differenza di altre zone, troviamo le sarde a beccafico cotte nel sugo.
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Se si preferisce la carne al pesce, si trovano gli involtini di vitello alla messinese, con caciocavallo, uva passa, pinoli, pangrattato e foglie di alloro; polpette di vitello o manzo in agrodolce (Gioiosa Marea); agnello alla messinese, con olive nere e pecorino grattugiato, al forno; coniglio arrosto. Per i contorni non si ha che l'imbarazzo della scelta: tipiche di Messina sono le melanzane ad insalata, condite con menta, origano e aceto; i carciofi a piripicchio soffritti in tegame e conditi con sale, pepe e mescolati a mollica e foglioline di menta. Tra i dolci vanno ricordati l'inconfondibile pignolata, metà alla vaniglia e metà al cioccolato, i cannoli e la pasta reale. E per finire la meravigliosa Malvasia delle isole Eolie, la bontà di uno dei vini liquorosi più pregiati della Sicilia. Infine, i dati della tabella seguente, mostrano le tradizioni culinarie
“paesane”
esistenti per alcuni tipi di piatti.
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Tab. 40 – PIATTI TIPICI DI ALCUNI COMUNI DELLA PROVINCIA DI MESSINA (*) Acquedolci:
Alcara li fusi:
insalata di pesce stocco
agnello alla messinese
Alì terme:
Basicò:
Capizzi:
Capo d'orlando:
'mpanata di pesce spada
peperonata
carciofi a piripicchio
'u sciusceddu
Alì:
Antillo:
Caprileone:
Caronia:
pasta alla carrettiera salsa alla messinese
Barcellona Pozzo di Gotto: crocchette di riso
insalata turca
riso nero
Casalvecchio Siculo: siringate di ricotta
Castel di lucio:
Castel mola:
Castell'umberto:
Floresta:
agliata
uova con la tuma
cipollata
spaghetti cu l'agghiu e l'ogghiu
Fondachelli fantina: salmorigano
gelato di gianduia
Castroreale:
Cesarò:
Frazzanò:
Furci siculo:
coniglio arrosto
castrato a forno
la pasta frolla
Falcone:
Ficarra:
pasta c'anciove e 'a muddica Itala:
olive a puddastredda cotognata Furnari:
Gaggi:
arancine dolci
carciofi alla villanella
Gallodoro:
Giardini naxos:
Condrò:
Francavilla di Sicilia: maccheroni al gratin braciolettine alla messinese Fiumedinisi: Graniti: gelato di frutta
pomodori al forno
Galati Leni: mamertino: carciofi con mollica frittata con patate falso magro o braciolone Gioiosa marea: Limina: Lipari:
insalata di pomodoro pesce stocco alla e cipolle ghiotta
la pasta reale
frittata con asparagi
Malfa:
Malvagna:
Mandanici:
Mistretta:
la crema di ricotta
ragù di carne
gattò di riso
pasta 'ncaciata
Mazzarrà sant'andrea: salsa di estratto
Merì:
Taormina:
Milazzo: pesce stocco alla messinese
la cuccia
Militello rosmarino: pasticcio di sostanza
Gualtieri sicaminò: frittata con cipolla Letojanni:
Mongiuffi melia: pasta col pesce spada pane e caponata
Mirto: biancomangiare
Forza d'Agrò:
peperoni arrostiti Librizzi: torrone di scorza d'arancio Longi:
insalata di pomodoro braciole di pesce spada arrosto Mojo Monforte san giorgio: alcantara: carne aglassata salsiccia a ragù Patti:
Roccella valdemone: salsa per arrosti
braciole di pesce spada alla ghiotta San teodoro: Sant'agata Santo stefano di di militello: camastra: pollo arrosto melenzane ad minestra di ceci e insalata riso
(*) Fonte: Sito Web La gastronomia siciliana; Coria, 1981.
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8.3.4 - LA GASTRONOMIA DELLA PROVINCIA DI PALERMO La ricca cucina palermitana è la somma di secoli di storia d'arte culinaria. I diversi popoli che si sono avvicendati al Palazzo dell'Isola hanno lasciato un'impronta aristocratica nella cucina, ancora riconoscibile ai nostri giorni nella ricchezza delle combinazioni, che unisce umili ingredienti a ricche spezie, creando un'alchimia di sapori e pietanze dal gusto inatteso. È, quella palermitana, una cucina non di sostanza ma di estro finalizzata a stupire e corrompere. A tal riguardo, le diverse forme di paste, il vero trionfo del grano duro coltivato nell'Isola sono preparate in molti modi: pasta al pomodoro con melanzane fritte e basilico fresco; pasta con l'anciova (acciuga sciolta nell'olio d'oliva con l'aggiunta di pane grattuggiato abbrustolito); pasta con i broccoli in tegame (broccolo soffritto con uva passa e pinoli); pasta al forno (anelletti con ragù di manzo, melanzane, caciocavallo grattuggiato, tuma fresca); pasta con le sarde (maccheroni con sarde soffritte, finocchietto di montagna, uva passa e pinoli), la regina delle paste siciliane. Tra gli antipasti, non previsti dalla tradizione è possbile gustare le sarde salate affondate nell'olio, pomodori secchi, olive bianche e nere, olive conzate con cipolla e sottaceti, cardi, carciofi e broccoli alla pastella, cioè ricoperti da una pastella di farina, lievito e sale, fritti in olio d'oliva bollente, caponata di melanzane (melanzane tagliate a dadini, fritte con olive snocciolate, capperi, sedano, salsa di pomodoro e aceto), frittella di carciofi, piselli e fave; zucca all'agrodolce. Per quanto riguarda i secondi di carne, tipici sono: il falsomagro (grosso involtino di carne ripieno di pangrattato, uva passa, pinoli, uova, formaggio e aromi) cotto in salsa di pomodoro; della salsiccia, polpette di carne, tutto rigorosamente al pomodoro. Tra i secondi di carne rientrano pure le fette di arrosto panato alla palermitana, spiedini alla palermitana incoronati d'alloro (fettine di manzo con ripieno di pangrattato, uva passa, pinoli, e formaggio), agnello castrato, salsiccia, tutto insaporito dal sano olio d'oliva locale. Per il pesce esistono a Palermo infinite preparazioni: dalle umili sardine macerate nel limone, alle grigliate di pesce misto con aragoste che rifiutano ogni condimento
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che possa alterare il profumo del mare. Inoltre, non possono essere ignorati gamberi e seppie, totani, calamari, sempre arrosto o fritti. Una nota particolare meritano le piccole sarde a beccafico, magia del genio della cucina, piccoli bocconi argentati che profumano d'arancio, farciti con pane abbrustolito, uvetta e pinoli. Inoltre si propongono, ricci, ostriche, cozze e polipi da mangiare bolliti con limone spremuto. Per contorno, l'ennesimo imbarazzo della scelta. Finocchi, ravanelli, pomodori, melanzane alla parmigiana (melenzane fritte in olio d'oliva, con salsa di pomodoro, parmigiano grattugiato, basilico, al forno) milincianeddi 'muttunate (piccole melanzane imbottite con aglio, menta, sale, pepe e formaggio), peperonata, peperoni ripieni di pangrattato, salame, caciocavallo, uva passa e pinoli e poi ancora carciofi, broccoli affogati, verdure saltate con aglio e peperoncino. Tutto dipende dai prodotti della stagione (fondamentale legge da rispettare nella scelta del cibo). Per finire, i formaggi che si producono attorno a Palermo sono per lo più pecorini e il loro sapore varia a seconda della freschezza e del sale. Si produce ricotta, tuma, primosale, canestrato; il caciocavallo, il formaggio all'argintera (formaggio fatto fondere sul fuoco, profumato d'origano, aceto e olio). Infine, nelle friggitorie si producono le panelle (farinate di ceci fritte) e i cazzilli (crocchette semplici di patate), il tipico sfincione palermitano (impasto di farina e lievito di birra ricoperto di cipolla, fette di primosale, salsa di pomodoro e acciuga, al forno), le arancine di riso con burro e prosciutto o con carne; ed i panini con la milza e ricotta o solo milza ricoperta da scaglie di saporito formaggio. Altri piatti tipici palermitani sono: stigghiola (budella di agnellini e capretti da latte) e quarume (bollito misto di interiora di vitello, trippa, budella, stomaco). Tra i dolci tipici rientrano il gelo di melone (polpa di anguria passata al setaccio, zucchero, acqua di gelsomino e vaniglia, pezzetti di cioccolata) , la cassata (pan di spagna con crema di ricotta, zuccata, pasta di mandorle e zucchero), e la frutta di martorana: pasta di mandorle camuffata da diversi e colorati frutti mediterranei e, infine, non possono mancare ottimi gelati.
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Una sintesi dei piatti tipici per i principali comuni della provincia palermitana è riportata nella tabella seguente:
Tab. 41 – PIATTI TIPICI DI ALCUNI COMUNI DELLA PROVINCIA DI PALERMO (*) Belmonte mezzagno:
Alia:
Alimena:
Aliminusa:
Balestrate:
Baucina:
gelo di melone
sfince di san giuseppe
pignoccata
tonno a sfinciuni
spiedini fritti
tunnina fritta
Altavilla milicia:
Altofonte:
Bagheria:
Borgetto:
Caccamo:
Campofelice di fitalia:
tonno bianco
torrone di mandorle
braciolettine arrostite
sarde fritte
capretto al forno
capretto brasato
Blufi:
Bolognetta:
Campofelice di roccella:
Camporeale:
Capaci:
polpette ad agrodolce
testa di maiale soppressata
sarde a beccafico
anelletti al forno
baccalà alla ghiotta
Castelbuono:
Casteldaccia:
Castronuovo di sicilia:
Cefalà diana:
Cerda:
pasta con le sarde
pasta con salsa e melenzane
pasta con i broccoli in tegame
pasta con i broccoli fritti
maccu con zucca gialla
Cinisi:
Chiusa sclafani:
Ficarazzi:
Geraci siculo:
Giardinello:
Cefalù:
sfinciuni palermitano
minestra di fagioli freschi
timballo di maccheroni rosso
panserotti
pizza rustica
minestra di zucca e patate
Gangi:
Giuliana:
Carini: lasagne con ragù e ricotta Castellana sicula: pasta e carciofi
Corleone:
Collesano:
Ciminna:
Contessa entellina:
timballo di maccheroni bianco
panelle
pasta alla palina
arancine di riso
anelletti del monsù
pasticcio caponata
Lascari:
Lercara friddi:
Godrano:
Gratteri:
Isnello:
Isola delle femmine:
frittata con melenzane
polpette di pangrattato
formaggio all'argentiera
parmigiana
caponata di melenzane
melincianedde 'muttunate
Marineo:
Mezzojuso:
Misilmeri:
Monreale:
Montelepre:
Montemaggiore belsito:
peperoni col pangrattato
carciofi imbottiti
carciofi alla pastella
carciofi fritti
broccoli affogati
zucca gialla ad agrodolce
Palazzo adriano:
Palermo
Partinico:
Petralia soprana:
Petralia sottana:
San cipirello:
patate apparecchiate
frittata con carciofi
Cassata siciliana
sarde alla ghiotta
lo sfoglio
olive con la mollica
Polizzi generosa:
Pollina:
Prizzi:
Roccamena:
Roccapalumba:
Scillato:
funghi in tegame
pasta con le sarde a mare
maccu e finocchietti
broccoli alla pastella
minestra di riso e patate
pasta col ragù di tonno
San giuseppe jato:
San mauro castelverde:
Santa cristina gela:
Santa flavia:
Sciara:
Piana degli albanesi:
funghi al forno
tonno in salsa verde
baccalà in umido
peperoni imbottiti
pasta con le cozze
cannoli
Trappeto:
Sclafani bagni:
Termini imerese:
Terrasini:
Torretta:
Trabia:
pasta con lo spada e menta
buccellati
arrosto panato alla palermitana
pasta con i ricci
fettine impanate
pomodoro a picchio pacchio
Villafrati:
Ustica:
Valledolmo:
Ventimiglia di sicilia:
Vicari:
Villabate:
zuppa di pane cotto
tortino di carciofi e sarde
carne alla pizzaiola
calamari imbottiti
minestra di tenerumi
sformato di pollo
(*) Fonte: Sito Web La gastronomia siciliana; Coria, 1981.
137
8.3.5 - LA GASTRONOMIA NELLE PROVINCE DI SIRACUSA E RAGUSA Le province di Siracusa e Ragusa, con le vaste estensioni di terreni coltivati ad agrumeti e frutta di ogni genere, con le coltivazioni a serra che permettono di avere primizie in ogni mese dell'anno e con i grandi allevamenti di bestiame, rappresentano la parte più ricca e fertile della Sicilia. La cucina di influenze greche, resta legata alle tradizioni del mondo contadino: i piatti ricchi e sostanziosi vengono presentati in maniera molto semplice, evitando ogni tipo di ornamento. L'allevamento di maiali e bovini ne permette l'uso per condire ogni sorta di paste e timballi. Tra i primi, tipiche sono le scaccie di Ragusa o ‘mpanate di Siracusa, realizzate con la stessa pasta delle pizze, in cui il condimento viene messo all'interno invece che sopra. I ripieni possono essere di solo pomodoro, basilico e caciocavallo o di carne di maiale fortemente aromatizzata con pepe nero, oppure le scaccie sono ripieni di carciofi, spinaci, ricotta e formaggi. Tra le paste possiamo menzionare le pennette con pomodoro, mozzarella, pecorino e basilico; lo sformato di pasta, versione ragusana della pasta al forno palermitana, con fegatini di pollo, carni tritate, piselli, mozzarella, caciocavallo ragusano, melanzane, uova e salame; agnolotti siciliani al sugo con ricotta fresca, salsiccia di maiale e cotenna; pasta del cattivo tempo con acciughe, broccoletti, pangrattato abbrustolito, vino bianco, aglio, olive nere (Siracusa). Due piatti preparati generalmente durante le festività sono le ottime lasagne cacate (Capodanno) di Modica con ragù di pomodoro, salsiccia, cotenna di maiale, ricotta e pecorino e la minestra di legumi (San Giuseppe) di Siracusa, con fave, piselli, ceci, fagioli, servita con pezzetti di pane soffritti o con la pasta corallina detta curadduzzu. Anche il riso viene utilizzato con arte per raffinati timballi ripieni di ogni sorta di carne e verdure. A tal riguardo, per la zona di Siracusa è tipico il riso con gli asparagi selvatici. Tra i secondi troviamo le costolette di maiale ripiene di Chiaramonte Gulfi, ormai famose in tutto il mondo; coniglio o lepre all'agrodolce con sedano, capperi, olive,
138
uva passa, pinoli e alloro; castrato con patate al forno; gelatina di maiale (Chiaramonte Gulfi). Inoltre, durante tutto l'anno, viste le coltivazioni in serra di ortaggi di ogni genere, si possono trovare anche le caponate di melanzane e carciofi, i pomodori ripieni e i peperoni alla brace. In queste zone, per la presenza di grosse mandrie di bovini ben ingrassate dalle verdi e profumate erbe, si producono ottimi formaggi con sapori più delicati di quelli fatti con il latte di pecora, quali caciotte e caciocavallo sempre freschi o stagionati da grattuggiare sulla pasta e non mancano, comunque, pecorini, tuma e primosale. Al pari delle altre città delle coste, anche Siracusa vanta pietanze a base di pesce. Da ricordare gli spaghetti alla salsa moresca con bottarga di tonno, filetti di acciuga salata, pangrattato, prezzemolo, pinoli, al profumo di cannella; la pasta con le vongole e la pasta con il nero di seppia. Tonno al forno, braciole di tonno all'origano, pesce spada alla stemperata (pesce spada infarinato, fritto e cotto in una salsetta con sedano tritato, cipolla, capperi, olive bianche e poco pomodoro) e zuppa di granchi. Le zuppe del siracusano, al contrario di quelle della costa occidentale dell'Isola che si preparano con pesci poco pregiati, sono realizzate con vasta varietà di pesci da brodo di ottima qualità. Per i dolci l'ingrediente principale è sempre la pasta di mandorle e, inoltre, questa è la zona delle granite (al caffè con panna e brioches, al limone, alle mandorle, alle fragole, ecc.).
139
Tab. 42 – PIATTI TIPICI DEI COMUNI DELLE PROVINCE DI RAGUSA E SIRACUSA (*) PROVINCE Acate:
COMUNI Chiaramonte gulfi:
tonno a la stemperata costate di maiale ripiene
RAGUSA
SIRACUSA
Comiso:
Giarratana:
'u pastizzu
cassata al forno
Ispica:
Modica:
biancomangiare di mandorle
le scaccie
Pozzallo:
Ragusa:
'mpanatigghie
'a stemperata
Scicli:
Vittoria:
maccheroni al forno
frittata con salsiccia
Augusta: tonno alla ghiotta Buscemi: il timballo di riso da zà lina Cassaro: olive alla stemperata
Avola: tonnina alla siciliana Canicattini bagni: pasta con le noci
Buccheri: le 'mpanate siracusane Carlentini: peperoni con la mollica
Ferla: gallina col riso
Francofonte: maccu di san giuseppe Pachino:
Lentini: spaghetti col tonno fresco
fette di cernia alla matalotta Siracusa: purpetti di tonno da zà cicca
coniglio a la stemperata
Floridia: pasta fritta alla siracusana Noto: sasizza di tonno du zì nicola Portopalo di capo passero: pasta col nero delle seppie
Palazzolo acreide:
Sortino: uope a la stemperata
(*) Fonte: Sito Web La gastronomia siciliana; Coria, 1981.
8.3.6 - LA GASTRONOMIA NELLA PROVINCIA DI TRAPANI Nella provincia di Trapani la pesca è l'attività produttiva più importante: da Mazara del Vallo il pesce pescato raggiunge tutti i mercati ittici dell'isola e i più importanti
140
del continente. Pertanto, si trovano essenzialmente piatti a base di pesce. Tra i primi piatti il più rappresentativo è certamente il couscus (di origine araba): pastone formato da piccolissimi grani di farina di semola condito, a differenza degli Arabi, non con carne ma con sugo di pesce e con pesce sminuzzato. Tipiche della zona sono anche le paste fresche condite con il fresco matarocco, pesto fatto con pomodoro, aglio, basilico, olio, tutto rigorosamente crudo e paste ai sughi di pesce: gli spaghetti all'aragosta (aragosta tagliata a pezzetti, cotta in sugo con cipolla soffritta, prezzemolo, basilico e filetti di pomodoro fresco); pasta ca' buttarga (salsina di uova di tonno); spaghetti alla marinara con tonno sott'olio, gamberi lessi, cozze lessate, salsa di pomodoro, aglio e prezzemolo. A Favignana è usanza servire la pasta con il matarocco assieme a pesciolini fritti nell'olio d'oliva, dopo averli salati ed infarinati. Una pasta tutta trapanese è pure la pasta trapanisi tuttu pipi (spaghetti conditi con intingolo di olio, aglio, prezzemolo, filetti di pomodoro e peperoncino pestato con l'aggiunta di peperoni arrostiti alla brace e pecorino stagionato). I secondi sono sempre a base di pesce: grigliate miste, anguille con mandorle, aragoste. Ma si può mangiare anche calamari ripieni di pangrattato, aglio, prezzemolo e tuma fresca arrostiti alla brace o baccalà in bianco a sfincione (Mazara del Vallo) con patate, cipolla, aglio, prezzemolo e dei profumatissimi semi di finocchio selvatico. Nella cucina trapanese un posto di primo piano occupa il tonno che viene preparato in moltissimi modi quali:polpette di tonno, braciole di tonno, tonno alla marinara con pomodori, pangrattato, capperi, olive bianche, trito di mentuccia e prezzemolo; tonno marinato nel vino e poi arrostito alla griglia (Scopello) e tonno all'agrodolce con cipolle. Oltre al tonno fresco, tipico è il tonno conservato; e non solo tonno sott'olio, che in Sicilia le poche tonnare funzionanti producono di eccellente qualità, ma anche tutte le sue parti salate meno nobili che vantano secoli e secoli di tradizione. Originariamente specialità popolari, oggi sono diventate delle vere e proprie rarità gastronomiche: la più pregiata di queste sono le uova di tonno. Chiaramente a tavola il profumo del mare viene esaltato dai superbi vini che si producono nella zona (vini di Marsala famosi in tutto il mondo).
141
Di seguito si riportano, i piatti tipici di alcuni comuni dell’area trapanese:
Tab. 43 – PIATTI TIPICI PER ALCUNI COMUNI DELLA PROVINCIA DI TRAPANI (*) Alcamo:
Buseto palizzolo:
Calatafimi:
coniglio in agrodolce
capretto con le mandorle
matarocco
Campobello di mazara: Castellammare del golfo:
Castelvetrano:
pasta con salsa e pesce fritto involtini di tonno arrosto
salsa di pomodoro
Custonaci:
Erice:
Favignana:
tonno arrosto
il pesto trapanese
tonno crudo
Gibellina:
Marsala:
Mazara del vallo:
carciofi alla gibellinese
spaghetti con i gamberi
anguille alla matalotta
Paceco:
Pantelleria:
Partanna:
tonno brasato
spaghetti con l'uovo di tonno
lattume di tonno fritto
Petrosino:
Poggioreale:
Salaparuta:
pasta con broccoli fritti alla trapanese
il cabucio
la rianata
Salemi:
Santa ninfa:
San vito lo capo:
la cucuzzata
agrodolce
tonno 'muttunatu
Trapani: il cuscus
Valderice: polpette di tonno
Vita: cannoli di tuma
(*) Fonte: Sito Web La gastronomia siciliana; Coria, 1981.
142
8.4 - ANALISI DEL GRADO DI TIPICITÀ DELL’OFFERTA ENOGASTRONOMICA NELLE AZIENDE ESAMINATE Da una prima valutazione dei dati raccolti inerenti all’offerta enogastronomica emerge, nel complesso, un’offerta rispondente alla tradizione culinaria siciliana e, quindi, ai crismi di tipicità locale. Non mancano, tuttavia, elementi estranei al patrimonio enogastronomico siciliano che, sicuramente, concorrono ad offrire un’immagine distorta della tipicità dell’offerta, incidendo negativamente sul giudizio degli agrituristi e, soprattutto, di quella fascia di turisti enogastronomici, veri intenditori, per i quali la riscoperta di antichi sapori assume peso rilevante nel giudizio complessivo di gradimento della vacanza. Valutazioni più attente sulla composizione dell’offerta enogastronomica mostrano come quest’ultima sia, prevalentemente, composta da un numero limitato di pietanze proposte dalle aziende agrituristiche e, secondo quanto dichiarato dagli operatori, strettamente correlata alle stagioni e, quindi, ai prodotti realizzati in seno all’azienda. Puntare sulla stagionalità, oltre ad offrire il vantaggio di poter utilizzare i prodotti aziendali, con benefici in termini di genuinità è, sicuramente, un modo di ricreare il legame tra l’uomo e la natura, facendogli riscoprire antichi sapori e fornendogli, nel contempo, una conoscenza della stagionalità degli alimenti. Più in dettaglio si rileva che, tra i prodotti offerti per la prima colazione, prevalente è la presenza di quelli tradizionali: caffè unitamente al latte commerciale; d’altro canto si osserva che un considerevole numero di agriturismi propone biscotti (67,5%), dolci (72,5%) e pane (62,5%) tutti di produzione aziendale (Fig. 31). Modesto è, invece, il numero di aziende che offre dolci industriali (17,5%), stessa percentuale si rileva per l’offerta di latte di produzione aziendale. Per quest’ultimo prodotto, la frequenza osservata è, verosimilmente, frutto sia della generale contrazione degli allevamenti aziendali che delle restrittive normative igienico-sanitarie applicate alla trasformazione di prodotti lattiero-caseari.
143
Fig. 31 - Composizione dell'offerta per la prima colazione: suddivisione per categoria merceologica (*)
% di aziende
100%
95,0% 72,5%
75,0%
80%
65,0%
60%
67,5%
20%
45,0%
45,0%
40% 17,5%
62,5% 37,5%
25,0%
30,0%
f
g
17,5%
0% a
b
c
d
e
h
i
j
k
l
m
Legenda: a= latte di propria produzione, b= latte commerciale; c=caffè; d=cappuccino; e=brioche; f=granite; g=biscotti commerciali; h=biscotti di propria produzione; i=Pane commerciale; j=pane di propria produzione; k=dolci industriali; l=dolci di propria produzione; m=altri prodotti. (*) Note: ns. elaborazione su dati acquisiti con indagine diretta.
Per quanto concerne l’attività di ristorazione è possibile osservare come, per gli antipasti29, quasi un quarto dell’offerta (23%) comprende prodotti tradizionali. Pressoché nulla è la presenza di prodotti siciliani DOP ed IGP (0,7%), mentre il 77,6% dell’offerta è composta da piatti tipici locali. Per contro, si osserva una presenza, marginale, ma comunque significativa di prodotti non regionali (7,7%). Anche per i primi, a fronte di 136 diversi tipi di piatti individuati nell’indagine, si rileva una preponderante presenza di piatti tipici locali non individuati da alcun disciplinare normativo (89%), seguiti dal 24% di prodotti o di piatti identificati come “prodotti tradizionali”. Marginale risulta l’utilizzo di prodotti DOP/IGP (1,5%) e significativa (9,6% del totale) è la presenza, nei menù, di primi piatti composti da prodotti non regionali (es. speak, orecchiette, ecc.) (Fig. 32). Situazione analoga si osserva per i secondi piatti, dove la quasi totalità dell’offerta comprende prodotti e piatti tipici locali (99,2%), relativa risulta invece la presenza di 29
Gli antipasti non rientrano nella trazione gastronomica siciliana. Tuttavia, da qualche decennio, è invalso l’uso di consumare come antipasti alcune preparazioni che originariamente fungevano da contorni (es. caponate, arancinette, olive, ecc.) (AVERNA E. e M., 1980).
144
prodotti tradizionali (4,2%). Tutto ciò a conferma della vasta gamma di prodotti e preparazioni
gastronomiche
tipiche,
tradizionalmente
presenti
nell’Isola,
contrariamente ad una individuazione normativa alquanto modesta. Anche nell’offerta dei secondi piatti va rilevata la presenza, seppur residuale (3,4% dei casi) di prodotti non regionali, utilizzati per la preparazione (formaggio parmigiano, trota, cordon bleu, cognac, ecc.). Le uniche preparazioni gastronomiche in cui non si rileva la presenza di prodotti extra-regionali sono i contorni. Per quest’ultimi, pressoché totale (97,9%) è la presenza di prodotti tipici locali nei piatti proposti, marginale risulta invece la componente di prodotti tradizionali (4,2%) e di quelli a denominazione garantita DOP e/o IGP (2,1%). Infine, per i dolci, alla preponderante offerta di prodotti tipici locali (71,6%) e di prodotti tradizionali (27% dei casi), si contrappone una modesta presenza (9,5%) di prodotti non regionali (es. tartufo bianco e nero, tiramisù, strudel, ecc.). Per il settore vini e bevande, significativa è l’offerta di vini e liquori tipici locali di alta qualità (75% dell’offerta totale), di cui l’11% delle tipologie indicate dagli operatori è rappresentato da vini e liquori di produzione aziendale. Inoltre, il 12,5% è costituito da prodotti a denominazione garantita (DOC e IGT), per contro, un ulteriore 12,5 % di bevande offerte non è di provenienza regionale (es. coca-cola, sprite, wisky, ecc.). Ciò, sicuramente, distorce dall’immagine di un’enogastronomia siciliana rispondente ai principi di tipicità, cui si ispira anche il testo di legge che disciplina l’offerta di ristoro del settore agrituristico.
145
Fig. 32 - Composizione dell'offerta eno-gastronomica nelle aziende esaminate: ripartizione % dei prodotti e piatti per categoria di appartenenza (*)
100%
Prodotti tradizionali Prodotti DOP, IGP o DOC, IGT Prodotti o piatti tipici locali Prodotti non regionali
90% 80% 70% 60% 50% 40% 30% 20% 10% 0% ANTIPASTI
PRIMI
SECONDI
CONTORNI
VINI, LIQUORI E BEVANDE
DOLCI E DESSERT
(*) Note: ns. elaborazione su dati acquisiti con indagine diretta.
146 146
Disaggregando i dati enogastronomici in funzione delle principali frequenze osservate, per tipologia di piatto e categoria merceologica, si osserva un’offerta di antipasti variegata (dai dati empirici sono stati riscontrati ben 140 tipi di antipasti), sebbene solo 15 (10,7% del totale) sono i piatti/prodotti maggiormente impiegati. Più in dettaglio, tra i primi cinque prodotti/piatti sono presenti:le olive, offerte dal 39% delle aziende esaminate; i formaggi locali (33% delle aziende); i pomodori secchi, proposti dal 30% delle aziende; la caponata di melanzane (27%), e la ricotta fresca, somministrata da un quarto degli agriturismi del campione. A seguire tutti gli altri prodotti, le cui frequenze, sul totale delle aziende con ristorazione interna osservate (36), hanno un’incidenza percentuale decrescente, compresa tra il 19% e l’11% (Tab. 44).
Tab. 44 – Elenco degli antipasti con maggiori frequenze osservate e suddivisione delle frequenze per provincia Piatti - Antipasti Olive Formaggi locali Pomodori secchi Caponata di melenzane Ricotta fresca Parmigiana Ortaggi vari in pastella Verdure grigliate Frittate con verdure salame Panelle Formaggio primo sale Peperoni alla piastra Salsiccia stagionata essiccata Antipasto rustico
Frequenze 14 13 12 10 9 7 7 6 6 6 5 4 4 4 4
% su totale aziende 38,9 36,1 33,3 27,8 25,0 19,4 19,4 16,7 16,7 16,7 13,9 11,1 11,1 11,1 11,1
Frequenze per Provincia AG
CL 2
2 1 1 1
CT
EN 1
1 1 1 1
1 1 1
1
ME PA RG SR TP 1 3 2 3 2 1 2 2 2 2 4 4 2 5 2 1 3 4 2
1
2 1
1 1
2 3
1 1 1
1 1
2
4 1 1 1
1 1 1 2 2
1 1
1
1
2 1
Un discorso analogo può farsi per i primi piatti per i quali, nonostante l’ampia varietà dell’offerta (136 i piatti rilevati), sono soltanto 20 quelli maggiormente presenti nei menù esaminati. Più in dettaglio, il 20% delle aziende offre pasta fatta in casa e a “farla da padrone” sono i “tradizionali” maccheroni alla norma anche se, nel complesso, vengono offerti solo dal 30% delle aziende. Seguono con una frequenza del 16% le tradizionali minestre di fagioli e minestre di ceci; marginale (8,3%) risulta
147
invece la presenza di altri piatti “tradizionali” (maccu’ di fave, pasta con i broccoli, cavati alla norma) (Tab. 45).
Tab.
45
– Elenco dei primi piatti con maggiori frequenze osservate e suddivisione delle frequenze per provincia
Primi Piatti Maccheroni alla norma Minestra di fagioli Minestra di ceci Risotto agli asparagi Risotto ai funghi Tagliatelle ai funghi Maccheroni al sugo di maiale Pasta con ragù di salsiccia Minestrone Anelletti a forno Ravioli spinaci e ricotta Farfalle al pistacchio Lasagne con ragù Pasta con i legumi Pennette al cinghiale Maccu di fave Cavati alla norma Pasta con il finocchietto selvatico Riso con la zucca Lasagne con ortaggi Pasta con i broccoli
Frequenze
% su totale aziende
11 6 6 6 6 6 5 5 5 5 4 4 4 4 4 3 3 3 3 3 3
30,6 16,7 16,7 16,7 16,7 16,7 13,9 13,9 13,9 13,9 11,1 11,1 11,1 11,1 11,1 8,3 8,3 8,3 8,3 8,3 8,3
Frequenze per Provincia AG CL CT EN ME PA RG SR TP 1 2 1 3 1 3 1 1 3 1 1 1 3 1 2 1 2 1 2 1 1 1 1 1 1 2 1 1 1 2 2 1 2 2 1 1 2 1 1 2 2 1 1 2 2 2 1 2 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 2 1 1 1 1 2 2 1 3
Tra i secondi piatti primeggia la salsiccia arrosto (41% delle aziende), seguono l’agnello a forno con patate (38,9% dei casi), gli involtini di carne di vitello, la grigliata di maiale e la grigliata di carne mista. In un quinto delle aziende viene servito l’arrosto di vitello ed il coniglio alla cacciatora, a seguire, con frequenze decrescenti, gli altri secondi (vedi Tab. 46). Appare interessante notare la preponderante presenza di secondi piatti a base di carne, mentre quelli a base di pesce costituiscono solo il 13% del totale che, in virtù della loro scarsa diffusione, osservate non figurano nella tabella anzidetta. I contorni sono tipicamente locali ed in gran parte costituiti da insalate miste (55,6% delle aziende), patate al forno, insalate verdi, patatine fritte e insalate di pomodori (Tab. 47).
148
Tab.
46 - Elenco dei secondi piatti con maggiori frequenze osservate e suddivisione delle frequenze per provincia
Secondi Salsiccia arrosto Agnello a forno con patate Involtini di carne di vitello Grigliata di maiale Grigliata di carne mista Coniglio alla cacciatora Arrosto di vitello Filetto e costata di manzo alla griglia Coniglio in agrodolce Costolette di agnello Grigliata di agnello Falsomagro Arista di maiale Cinghiale Pollo in umido Agnello in padella Arrosto di maiale Polpettone Morbidelle in foglia di limone Braciole di maiale Coscette di pollo ripiene
Frequenze
% su totale aziende
15 14 10 10 8 7 7 6 6 5 5 5 4 3 3 3 3 3 3 3 3
41,7 38,9 27,8 27,8 22,2 19,4 19,4 16,7 16,7 13,9 13,9 13,9 11,1 8,3 8,3 8,3 8,3 8,3 8,3 8,3 8,3
Frequenze per Provincia AG CL CT EN ME PA RG SR TP 1 2 6 2 2 2 2 2 1 1 6 1 1 2 2 4 1 1 2 3 1 1 2 1 1 1 1 1 1 2 1 1 1 1 1 1 1 1 2 1 1 1 1 1 2 1 1 2 2 3 1 1 2 1 1 1 1 1 1 1 1 1 2 1 1 1 2 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1
Tab. 47 - Elenco dei contorni con maggiori frequenze osservate e suddivisione delle frequenze per provincia Contorni Insalate miste Patate al forno Insalate verde Patatine fritte Insalate di pomodori Carciofi Fagiolini Piselli e carote Spinaci Broccoli Cavolfiore bollito
Frequenze 20 18 14 11 11 8 8 6 5 5 4
% su totale aziende 55,6 50,0 38,9 30,6 30,6 22,2 22,2 16,7 13,9 13,9 11,1
Frequenze per Provincia AG CL 2 1 2 1 1 1 1 2 1 1 1 1
1
CT
EN 2 1 1 1
ME PA RG SR TP 4 6 1 3 1 1 2 8 1 2 1 3 4 1 2 1 1 4 3 1 1 4 4 1 1 3 1 3 1 3 2 2 1 2 3 1 1 2 1 2
Tra i dolci, ovviamente, i tradizionali cannoli, sia con ricotta che con crema, rappresentano i prodotti maggiormente diffusi – proposti da quasi metà delle aziende
149
(47,2%)- significativa anche la presenza di semifreddo alle mandorle (22%), di crostate con marmellate, torte alla frutta e del “tradizionale” gelo di melone o limone o arancia (13,9%).
Tab. 48
- Elenco dei dolci e dessert con maggiori frequenze osservate e suddivisione delle frequenze per provincia
Dolci e Dessert
Frequenze
% Frequenze per Provincia su totale AG CL CT EN ME PA RG SR aziende 1 1 6 25,0 1 2 1 2 2 22,2 1 1 4 2 22,2 1 2 1 1 13,9
Cannoli Cannoli alla ricotta Semifreddo alle mandorle Crostate con marmellate
9 8 8 5
Gelo di melone o limone o arancia
5
13,9
2
Torte con frutta di stagione Semifreddo alle nocciole con salsa di cioccolato Macedonie di frutta Torta di mele Torta al cioccolato Cassata siciliana Biscotti con pasta frolla Crostata di ricotta Torta con mandorle e uvetta Biscotti con le mandorle
5
13,9
1
4
11,1
4 4 4 4 3 3 3 3
11,1 11,1 11,1 11,1 8,3 8,3 8,3 8,3
1
1 1 1
2 2
2
2 1
1 1 1 2
1 1 1
1
1 1 1 1
TP 1
2 1
1 2 2 1
1 1 1
1
L’offerta enologica è basata principalmente sui vini locali, offerti da un terzo delle aziende e sui vini aziendali (25% degli agriturismi). Tra i vini a denominazione, tra i primi posti, in termini di frequenze, si colloca il Nero d’Avola (vino IGT), mentre tra i vini DOC si conferma capofila, il Cerasuolo di Vittoria (5,6%). Per contro si rileva la presenza della coca-cola, un prodotto tutt’altro che tipico. Per i liquori, leader è il limoncello, seguito dai rosoli e dal liquore al ficodindia e, infine, dalla Malvasia (prodotto IGT) (Tab. 49).
150
Tab. 49 - Elenco dei Vini, liquori e bevande con maggiori frequenze osservate e suddivisione delle frequenze per provincia
Vini, Liquori, Bevande
Frequenze
Limoncello Vini locali sfusi Nero d'Avola Vini della casa Coca-Cola Aranciata Birra Amari Rosoli di produzione aziendale Grappa Syrah Liquore di ficodindia Vino Regaleali Cerasuolo di Vittoria Corvo Liquore al finocchietto Malvasia Nerello mascalese Mandarinetto
13 12 11 9 5 5 4 4 4 3 3 3 3 2 2 2 2 2 2
% Frequenze per Provincia su totale AG CL CT EN ME PA RG SR TP aziende 1 1 1 5 3 2 36,1 1 1 5 2 1 2 33,3 1 1 2 2 2 2 1 30,6 1 1 2 2 1 2 25,0 13,9 1 1 2 1 2 2 1 13,9 1 3 11,1 1 3 11,1 2 2 11,1 1 1 1 8,3 1 1 1 8,3 1 1 1 8,3 3 8,3 1 1 5,6 1 1 5,6 1 1 5,6 2 5,6 2 5,6 5,6 1 1
Nel complesso, emerge una ristorazione improntata sul rispetto delle tradizioni enogastronomiche locali. Anche in Sicilia gli operatori del settore cominciano a comprendere che il recupero dei sapori del passato rappresenta la carta vincente, non solo per incuriosire ed attrarre l’ospite ma, anche, per fargli conoscere le origini storico-culturali che stanno alla base della creazione di una certa pietanza, contribuendo a sviluppare una cultura enogastronomica che, indubbiamente produrrà i suoi effetti anche nel tempo, sul piano della commercializzazione di prodotti tipici. Tuttavia, l’analisi dei dati mostra come vi sia una discreta presenza, in tutte le portate, dagli antipasti al dolce, di prodotti di provenienza extra-regionale. Tale situazione è verosimilmente correlata alla necessità di venire in contro alle esigenze dell’ospite, offrendo una gamma quanto mai ampia di prodotti, con conseguente sconfinamento
e,
quindi,
snaturando
la
realtà
enogastronomica
tipica
dell’agriturismo.
151
9. CONCLUSIONI Il settore agricolo sta attraversando una significativa fase di trasformazione, motivata, soprattutto, dalla necessità d’integrare il reddito degli operatori e di migliorarne le condizioni socio-economiche. A ciò si aggiunge l’esigenza di dare una risposta alle problematiche di salvaguardia dell’ambiente, di un migliore utilizzo del territorio e di tutela dal degrado e dal depauperamento delle aree produttivamente meno competitive. Tutto ciò stimola la nascita e la diffusione di nuove attività che s’integrano perfettamente con quelle agricole, rafforzandone il ruolo. Tra di esse, un posto di rilievo spetta all’attività agrituristica, investita della funzione di trovare il giusto connubio tra esigenze di tutela del territorio, dei valori rurali, ambientali e culturali e le necessità di una domanda turistica ad essi particolarmente attenta ed in continua evoluzione . Lo sviluppo del settore agrituristico, che, negli ultimi anni, ha visto in Italia una crescita vertiginosa del numero di imprese (+ 137% tra il 1998 ed il 2003), ha coinvolto anche la Sicilia. Difatti, nell’Isola il comparto ha fatto registrare, al 2004, un incremento del numero delle aziende pari a 2,8 volte quelle esistenti nel 1997, interessando, principalmente, le zone a maggiore vocazione turistica e lasciando ai margini le aree più interne dell’Isola (Caltanissetta, Enna) e quelle limitate dalla carenza di infrastrutture (l’area del trapanese). La valutazione dei caratteri strutturali delle imprese siciliane ha messo in luce l’eccessiva frammentazione dell’offerta di ospitalità agrituristica (numero medio di 15
posti
letto/azienda)
e
nel,
contempo,
un
maggior
coinvolgimento
dell’imprenditore nella gestione dell’attività agrituristica esercitata, nella maggior parte dei casi, a titolo esclusivo in aziende di dimensioni prevalentemente mediopiccole. Inoltre, è stato possibile osservare che l’avvio dell’attività agrituristica non ha prodotto cambiamenti incisivi sull’indirizzo colturale delle aziende, che risulta tradizionale delle diverse zone agricole. Nel complesso, tali imprese sono però più attente all’ambiente e realizzano produzioni con metodi di coltivazione a basso impatto ambientale ed, in molti casi, prodotti biologici (47,5% delle aziende), spesso
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non tutelati da apposita certificazione che, invece, contribuirebbe ad accrescerne il valore. Un altro elemento che emerge dall’analisi del comparto agrituristico siciliano è lo spirito individualistico nella gestione delle aziende. Difatti il 92,5% di esse presenta i connotati giuridici di ditta individuale e, fattore ancor più grave, il 77,5% delle imprese agrituristiche non fa parte di alcuna cooperativa o di consorzi di settore che potrebbero contribuire a farle emergere dalla situazione di marginalità in cui, tavolta, si trovano ad operare. Ciò è confermato dall’analisi critica dei dati raccolti in merito sia alle forme di promozione dell’attività, che ai flussi degli ospiti, da cui emerge un netto divario di presenze anche tra imprese di stesso livello qualitativo (stelle). L’offerta, inoltre, non si limita solo all’alloggio, ma nel 57 % degli agriturismi siciliani comprende anche il servizio di ristorazione (per lo più destinato al ristoro anche degli ospiti di passaggio) ed altri servizi aggiuntivi, per i quali l’orientamento degli operatori è quello di proporre tipologie che ricalchino i modelli classici dell’offerta turistica ma in stretta connessione con lo spirito agrituristico. Difatti, oltre ai servizi prettamente tradizionali (servizio lavanderia e stireria, servizio in camera, ecc.) l’offerta comprende, sempre più, attività sportive e ludico-ricreative (piscina, campo di calcetto, bocce, biliardo, ecc.), nonché quelle in grado di valorizzare i beni ambientali presenti sul territorio (attività di trekking, equitazione, corsi di cucina tipica, ecc.). Il tutto, ovviamente, è correlato ai costi d’investimento necessari ed alla disponibilità finanziaria degli operatori e ciò spiega la prevalente presenza di attrezzature quali bocce, calcetto, mountain-bike, tiro con l’arco che richiedono ridotti investimenti e minima manutenzione, rispetto all’onerosa gestione di campi da golf, piscine coperte ecc. Nel complesso, risulta apprezzabile lo sforzo realizzato dagli operatori nel conformarsi all’evoluzione delle tendenze che caratterizzano la domanda agrituristica, mentre modesta, ma comunque significativa,
appare l’offerta dei
servizi per i fruitori diversamente abili (il 97,5% delle aziende è dotata di strutture per l’accoglienza dei portatori di handicap, secondo quanto previsto dalla normativa vigente del settore, con una disponibilità di posti letto pari al 23% del totale).
153
La crescente domanda ha indotto, inoltre, le aziende a migliorare i propri standard qualitativi, come evidenzia l’esame della qualità dell’offerta del comparto siciliano che,
nel complesso, fa registrare la prevalente presenza di strutture di qualità
medio-alta (il 60% degli agriturismi ha una classificazione di 3 e 4 stelle). Dall’analisi della struttura organizzativa aziendale emerge, con riferimento all’attività di gestione, un prevalente ricorso alla manodopera familiare - che nel 35% dei casi collabora senza alcuna tutela contrattuale e previdenziale – e, riguardo all’utilizzo di
personale esterno (adibito a mansioni prettamente operative
quali:cameriere, cuoco, lavapiatti, personale per pulizia locali e camere, ecc.), l’impiego stabile costituisce solo in parte la regola (27,5% dei casi), mentre, nella stragrande maggioranza dei casi, vige l’assunzione a carattere stagionale, in concomitanza con i periodi di massima attività. La gestione dell’agriturismo assorbe più tempo rispetto al lavoro agricolo, anche se a dichiararlo è solo un quarto degli operatori, e rappresenta sempre più spesso (per 1/3 delle imprese) la principale fonte di reddito dell’azienda. Questo dimostra come l’agriturismo sia un efficace propulsore sia per l’economia dell’azienda che per il territorio circostante, che non sempre riesce a rispondere adeguatamente nell’innescare sinergie integrate di valorizzazione delle risorse endogene presenti. Nella composizione del reddito dell’azienda agrituristica, si è osservato un preponderante contributo del servizio di alloggio, mentre un peso marginale assumono la vendita diretta di prodotti agricoli (praticata dall’87% delle aziende esaminate) ed i servizi aggiuntivi (noleggio biciclette, equitazione, ecc.). La ristorazione risulta, per la maggior parte delle aziende, la seconda componente di reddito, sebbene spesso sia limitata all’offerta di un solo pasto al giorno (il 65% offre la mezza pensione), per esigenze di contenimento dei costi di gestione a fronte di una domanda prevalentemente costituita dalla richiesta della colazione e del pasto serale. Per contro, il 12,5% degli agriturismi attribuisce alla ristorazione il peso percentualmente più elevato sul profitto totale (71-80%); ciò, verosimilmente, è indice di una realtà che si avvicina più al servizio di ristorazione di campagna che a quello dell’agriturismo. La ristorazione rappresenta un importante momento di valorizzazione dei prodotti aziendali laddove risulti basata sui fattori di autenticità e
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tipicità dell’antica cucina contadina siciliana. L’indagine ha messo in luce il rispetto, nel complesso, delle tradizioni enogastronomiche locali. Anche in Sicilia gli operatori cominciano a capire che il recupero dei sapori del passato rappresenta la carta vincente, per incuriosire ed attrarre l’ospite, facendogli conoscere i metodi di preparazione di certe pietanze (sempre più spesso vengono offerti corsi di cucina tipica). Ciononostante, vi è una discreta presenza in tutte le portate, dagli antipasti al dolce, di prodotti di provenienza
extra-regionale,
attribuibile
verosimilmente
alla
necessità
di
accontentare l’ospite, offrendo una gamma quanto più ampia di prodotti, con conseguente sconfinamento e, quindi, alterazione della realtà rurale tipica dell’agriturismo. Ciò rende poco marcata sul piano eno-gastronomico la differenza qualitativa che si può cogliere sotto il profilo strutturale e dei servizi tra gli agriturismi di qualità medio-alta (3-4 stelle) ed il resto delle altre strutture. Difatti, è più facile che i criteri di tradizionalità culinaria e di tipicità siano più rispettati nelle aziende strutturalmente classificate di qualità medio-bassa (1-2 stelle) che, per limitatezza delle risorse economiche a disposizione, basano la loro offerta gastronomica sui prodotti aziendali. Riguardo al ricco patrimonio enogastronomico dell’Isola, si rileva che l’elenco nazionale dei “prodotti tradizionali” siciliani risulta ancora sottodimensionato (solo 28 sono i prodotti tradizionali dell’enogastronomia indicati nel Decreto del MIPAF) . Essendo però, il turismo enogastronomico la principale motivazione allo spostamento addotta da una parte considerevole dei turisti, è facile intuire l’importanza di avviare un processo di catalogazione dei piatti tipici, in generale e di quelli siciliani, in particolare. L’attenzione sempre crescente, da parte dei turisti-consumatori, alla “qualità” dei prodotti offerti e delle pietanze consumate, ha aperto le porte ad un mercato ancora contenuto, ma dalle notevoli potenzialità, qual’è quello delle produzioni tipiche con denominazione di qualità (DOP, IGP, STG, DOC, IGT, ecc.). Peraltro, tale segmento di mercato, oltre ad essere lo strumento in grado di soddisfare una domanda sempre più articolata e segmentata rappresenta, indubbiamente, un elemento strategico di conservazione della ruralità e di sviluppo integrato del territorio.
155
Le politiche della “qualità” hanno portato l’Italia a divenire uno dei Paesi leader nell’UE in relazione al riconoscimento del numero di prodotti con denominazione DOP e IGP, attestatisi attualmente a 134 (registrati all’1/2/2004). In particolare, per la Sicilia, solo 13 risultano (al 2004) i prodotti con denominazione di qualità (DOP e IGP) riconosciuti. Il crescente ricorso a tali strumenti per la tutela del prodotto di qualità oltre che dalla richiesta del mercato (è la domanda che crea l’offerta) è anche frutto della consapevolezza, da parte delle imprese agro-alimentari, della possibilità di aumentare le potenzialità di successo sul mercato per i propri prodotti; pertanto, il “marchio di qualità” viene sempre più inteso come elemento cardine delle strategie aziendali di valorizzazione e differenziazione del prodotto. L’innalzamento del livello qualitativo, sotto il profilo enogastronomico e dei servizi, nelle aziende agrituristiche passa anche attraverso idonee politiche di sostegno al comparto, basate su incentivi che non siano rivolti solo ad interventi di miglioramento degli standard qualitativi delle strutture, ma che mirino anche ad agevolare tali imprese ad incamminarsi verso un percorso di qualità “totale”. Tutto ciò, contribuirà sicuramente a migliorare la loro immagine sul mercato globale, con ripercussioni positive sullo sviluppo economico delle aziende e delle aree rurali in cui esse operano, in piena sintonia con il ruolo multifunzionale attribuito all’attività agrituristica.
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ALLEGATI
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ALLEGATO I
PRODOTTI TRADIZIONALI - REGIONE SICILIA Bevande analcoliche, distillati e liquori acquavite di vino amarena liquore al mandarino liquore fuoco dell'etna
Carni (e frattaglie) fresche e loro preparazioni salsiccia pasqualora salsiccione
Condimenti elioconcentrato sale marino naturale
Formaggi ainuzzi belicino caci figurati caciocavallo palermitano caciotta degli elimi canestraio canestraio vacchino cofanetto cosacavaddu ibleo ericino formaggio di capra "padduni" formaggio di capra siciliana formaggio di s. stefano di quisquina maiorchino maiorchino di novara di sicilia mozzarella pecorino rosso piacentino (piacentinu) picurinu: tuma, primosale, secondo sale, stagionato piddiato provola provola delle madonie provola di nebrodi provola siciliana ricotta di pecora ricotta di vacca ricotta iblea
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ricotta infornata ricotta mista tumazzu di vacca vastedda della valle del belice vastedda palermitana
Grassi (burro, margarina, oli) olio extravergine di oliva
Paste fresche e prodotti di panetteria, pasticceria, biscotteria e confetteria amaretti biancomangiare biscotti a "s" biscotti di natale biscotti duri bocconetto braccialette buccellato caciu all'argintèra cannillieri cannoli cassata siciliana cassateddi di calatafini cassatella di agira cioccolata di modica crespelle di riso cuccia cucciddata cucciddati di calatafini cucuzzata cuddureddi cuffitelle facciuni di san chiara fasciatele frutti di martorana gadduzzi gelo di melone granita di gelsi neri granita di mandorla guammelle guiuggiolena o cubbiata mandorlato (biscotto riccio) mastazzola nfasciatieddi nfasciatieddi di agira nfrigghiulata nucàtuli ossa di morto
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pagnotta alla disgraziata pane a lievitazione naturale (pani cu cruscenti) pane di s. giuseppe panzarotti papareddi pasta alla crema di latte pasta di mandorle pasta di nocciola petrafennula pignoccata pignolata di messina piparelle pupi cull'ova pupi di zucchero salame turco savoiarde scacciata scursunera sfinci di san giuseppe spincione sfoglio (sfogghiu) squartucciatu taralli testa di turco vastedda fritta vucciddati di mandorle
Preparazioni di pesci, molluschi e crostacei e tecniche particolari di allevamento degli stessi pesce azzurro sott'olio di lampedusa vaccareddi (lumache)
Prodotti della gastronomia arancini di riso badduzzi di risu busiati col pesto trapanese caponata di melanzane cardi in pastella cavate crespelle crocchè di patate cuscus di pesce focaccia al sambuco frascatula iris maccaruna màccu di favi maccu di grano malateddi
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'nfrigghiulata padducculi di carne pane cotto panelle parmigiana di melanzane pasta cà muddica pasta che sàrdi pasta che vruoccoli arriminàti sarde a beccaficu stigghiola vino cotto e mustazzoli zuzzu
Prodotti di origine animale (miele, prodotti lattiero caseari di vario tipo escluso il burro) miele della provincia di agrigento miele delle madonie miele di acacia, di timo, di carrubo miele di timo, di agrumi, di cardo, di eucalyptus, di carrubo miele di trapani miele ibleo miele millefiori
Prodotti vegetali allo stato naturale o trasformati albicocco i scillato alloro anguria di siracusa arancia biondo di scillato arancia di ribera bastarduna di calatafini capperi capperi e cucunci carciofo spinoso di palermo o menfi carciofo violetto catanese carota di ispica cavolfiore violetto "natalino" cavolo broccolo o "sparacello" palermitano cavolo rapa di acireale "trunzu di aci" cece ciliegia mastrantoni cipolla di giarratana cotognata fagiolo di polizzi fava di leonforte fichi secchi fichidindia fico d'india della valle del belice fico d'india dell'etna fico d'india di s. cono
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fragola e fragolina di maletto fragolina di ribera fragolina di sciacca grano duro kaki di misilmeri lenticchia di ustica lenticchia di villalba limone verdello mandarino tardivo di ciaculli mandorla di avola mandorle manna marmellata di arance mele cola mele gelate cola melone invernale giallo "cartucciaru" verde "purceddu" mostarda mostarda essiccata nespola di trabia nocciole dei nebrodi oliva nebba oliva nera passuluni origano ovaletto di calatafini patata novella di messina patata novella di siracusa pere butirra d'estate pere spinelli pere ucciardona pere virgola pesca tardiva di leonforte pesce azzurro sott'olio di lampedusa pistacchio pistacchio di bronte pomodoro di vittoria pomodoro faino di licata detto "buttichieddu" pomodoro secco (ciappa) rosmarino zucchina di misilmeri detta: "friscaredda"
Note: Dati tratti dal sito del Mipaf
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ALLEGATO II
VINI DOC E IGT REGIONE SICILIA Prodotto
Descrizione
Alcamo (DOC) D.M. 21/07/72 (G.U. n. 249 del 22/09/72)
Sulle colline dell’intero territorio comunale di Alcamo (da cui il nome) e di parte di quello di altri nove comuni delle province di Trapani e di Palermo, si ottengono pregiati vini bianchi, rossi e rosati: Bianco, Bianco Spumante, Classico, Vendemmia Tardiva, Rosato, Rosato Spumante, Rosso, Novello,Riserva.
Camarro (IGT) D.M. 10/10/95 (G.U. n. 269 del 17/11/95)
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Cerasuolo di Vittoria (DOC) D.M. 29/05/73 (G.U. n. 221 del 28/08/73)
In una zona relativamente ristretta, comprendente l’intero territorio di cinque comuni della provincia di Ragusa e parte di quello di due comuni della provincia di Caltanissetta e di due comuni della provincia di Catania, con le uve di Frappato e Calabrese, con l’eventuale aggiunta di quelle di Grosso nero e Nerello Mascalese, si produce questo gradevole vino dal colore rosso ciliegia; odore vinoso, con delicato profumo; sapore caldo, asciutto, pieno, rotondo, armonico. Gradazione minima: 13°. Uso: da arrosto.
Colli Ericini (IGT) D.M. 10/10/95 (G.U. n. 269 del 17/11/95)
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Contea di Sclafani (DOC)
In tutto o parte del territorio di undici comuni della provincia di Palermo, tra cui Sclafani Bagni, nell’intero territorio dei comuni di Vallelunga, Pratameno e Villalba, in provincia di Caltanissetta, e in parte di quello di Cammarata, in provincia di Agrigento, si produce questo vino nei tipi:Bianco,Rosso,Rosato. I vini bianchi possono essere prodotti anche nella tipologia "dolce", dal colore paglierino intenso; profumo caratteristico, intenso; sapore vellutato, armonico. Gradazione minima: 11°. Uso: da fine pasto. Se ottenuti da uve raccolte non prima del 1° ottobre, sottoposte ad appassimento sulla pianta e vinificate in recipienti di legno, questi stessi vini possono fregiarsi della menzione "vendemmia tardiva", presentandosi al consumatore con le seguenti caratteristiche: colore che varia dal paglierino all’ambrato; profumo caratteristico, intenso, persistente; sapore vellutato, armonico, ricco. Gradazione minima: 18°. Affinamento obbligatorio (in fusti di legno): sei mesi. Uso: da dessert, da meditazione. Con i vini bianchi o rosati, elaborati con il metodo della fermentazione naturale in autoclave o in bottiglia, senza aggiunta di anidride carbonica, si ottengono "spumanti" dal colore paglierino più o meno intenso o rosato tenue; odore caratteristico, fruttato; sapore sapido, caratteristico. Gradazione minima: 11,5°. Uso: da aperitivo. Tutti i vini rossi possono essere prodotti anche nel tipo "novello", dal colore rosso più o meno intenso; odore fruttato; sapore armonico ed equilibrato. Gradazione minima: 11°. Uso: da pasto. Se sottoposti ad un invecchiamento di almeno due anni, gli stessi, con esclusione del Nerello Mascalese, possono portare in etichetta la menzione "riserva", presentandosi all’atto di immissione al consumo con le seguenti caratteristiche: colore che varia dal rubino carico al granato; odore intenso, fruttato; sapore caratteristico, ricco di struttura, fruttato. Gradazione minima: 12°. Uso: da arrosto.
Contessa Entellina (DOC) D.M. 02/08/93 (G.U. n. 201 del 27/08/93)
Entro i confini territoriali del comune di Contessa Entellina, in provincia di Palermo, si produce l’omonimo vino nelle seguenti tipologie:Bianco,Rosso,Rosato.
Delia Nivolelli (DOC) D.M. 10/10/95 (G.U. n. 269 del 17/11/95)
La denominazione di origine controllata "Delia Nivolelli" è riservata ai vini bianchi e rossi prodotti in parte del territorio amministrativo dei comuni di Mazara del Vallo (dove scorre il Delia), Marsala, Petrosino e Salemi, in provincia di Trapani, nelle seguenti tipologie:Bianco,Rosso,Spumante
Eloro (DOC) D.M. 03/10/94 (G.U. n. 238
In una zona che comprende, in tutto o in parte, il territorio amministrativo dei comuni di Noto, Pachino, Portopalo di Capo Passero e Rosolini, in provincia di
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del 11/10/94)
Siracusa, ed Ispica, in provincia di Ragusa, con le uve dei vitigni Nero d’Avola, Frappato e Pignatello e l’eventuale aggiunta di quelle di altri vitigni (massimo 10%) si producono due tipi di vino:Rosso,Rosato.
Etna (DOC) D.P.R. 11/08/68 (G.U. n. 244 del 25/09/68)
Nella "Storia dei Vini d’Italia", pubblicata nel 1596, venivano ricordati i vini prodotti sui colli che circondano Catania la cui bontà veniva attribuita alle ceneri dell’Etna. Oggi, questi vini, conosciuti con la denominazione "Etna", si presentano nelle tipologie:Bianco,Bianco Superiore,Rosso o Rosato.
Faro (DOC) D.M. 03/12/76 (G.U. n. 61 del 04/03/77)
Prodotto esclusivamente nel territorio comunale di Messina, con le uve di Nerello Mascalese, Nocera, Nerello Cappuccio e con l’eventuale aggiunta di quelle di Calabrese, Gaglioppo e Sangiovese, è un vino dal colore rosso rubino più o meno intenso, tendente al rosso mattone con l’invecchiamento; odore delicato etereo, persistente; sapore secco, armonico, di medio corpo caratteristico. Gradazione minima: 12°. Invecchiamento obbligatorio: un anno. Uso: da pasto.
Fontanarossa di Cerda (IGT) D.M. 10/10/95 (G.U. n. 269 del 17/11/95)
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Malvasia delle Lipari (DOC) D.M. 20/09/73 (G.U. n. 28 del 30/01/74)
Fra le molte "Malvasie" che si possono trovare nel nostro Paese vi è quella "di Lipari" tipica dell’arcipelago delle isole Eolie (provincia di Messina). L’isola maggiore dello stesso è appunto quella che ha dato il nome al vitigno e al relativo vino, che, se ottenuto da uve fresche, ha un bel colore giallo dorato e un odore gradevolmente aromatico. Gradazione minima: 11,5°. Le uve di Malvasia di Lipari, con una piccola percentuale di quelle di Corinto nero, però, si fanno anche appassire per preparare i tipi "passito" e "liquoroso", dal colore giallo dorato o ambrato; odore aromatico caratteristico; sapore dolce-aromatico. Il tipo "passito dolce naturale" deve avere una gradazione minima di 18 e un affinamento obbligatorio di nove mesi. Il tipo "liquoroso" deve avere una gradazione minima di 20 e un affinamento di sei mesi. Uso: da dessert.
Marsala (DOC) D.M. 28/11/84 (G.U. n. 347 del 19/12/84)
Il più antico documento storico che si riferisce al "Marsala" risale al 1773, anno in cui dal porto di Trapani partì per l’Inghilterra un carico di botti di vino preventivamente alcolizzato onde metterlo in condizioni di meglio resistere al lungo viaggio. Oggi questo apprezzato vino liquoroso della Sicilia è noto in tutto il mondo ed è da sempre preparato in più tipi. La zona di produzione comprende l’intera provincia di Trapani esclusi i territori dei comuni di Pantelleria, Favignana ed Alcamo. I vari tipi sono ottenuti da mosti, vini e loro miscele prodotti con le uve di Grillo e/o Catarratto e/o Catarratto bianco comune e/o Catarratto bianco lucido e/o Pignatello e/o Calabrese e/o Nerello mascalese e/o Damaschino e/o Inzolia e/o Nero d’Avola, con l’aggiunta di alcol etilico di origine vitivinicola o acquavite di vino e, se del caso, di mosto cotto, mosto concentrato e sifone (prodotto preparato con mosto) derivanti da uve coltivate nella prevista zona di produzione. La varietà di uve rosse Pignatello, Calabrese e Nerello mascalese sono riservate alla preparazione dei "Marsala Rubino". I vini "Marsala" si distinguono, secondo la durata dell’invecchiamento, in: "Fine", con invecchiamento minimo di un anno; "Superiore", con invecchiamento minimo di due anni; "Superiore riserva", con invecchiamento minimo di quattro anni; "Vergine e/o Soleras", con invecchiamento minimo di cinque anni; "Vergine e/o Soleras stravecchio" o "Vergine e/o Soleras riserva", con invecchiamento minimo di dieci anni. I vini "Marsala" si distinguono anche per il colore: oro (colore dorato più o meno intenso), ambra (colore giallo ambrato più o meno intenso), rubino (colore rosso rubino che con l’invecchiamento acquista riflessi ambrati), e per il contenuto zuccherino: "secco", "semisecco", "dolce". Tutti i "Marsala" presentano sapore e profumo caratteristici. Le gradazioni alcoliche dei vini "Marsala" sono le seguenti: Marsala Fine: non inferiore a 17° per distillazione; Marsala Superiore: non inferiore a 18° per distillazione: Marsala Vergine o Soleras non inferiore a 18° per distillazione. Uso: da dessert.
Menfi (DOC) Dd 01/09/97 (G.U. n. 213 del 12/09/97)
La denominazione di origine controllata "Menfi" è riservata ai vini bianchi e rossi prodotti in parte del territorio comunale di Menfi (da cui il nome), Sambuca di Sicilia e Sciacca, in provincia di Agrigento, e di Castelvetrano, in provincia di Trapani, nelle tipologie: Bianco,Rosso,Rosso Riserva,Chardonnay,Grecanico,Inzolia o Ansonica, Vendemmia Tardiva, Cabernet Sauvignon,Merlot,Nero d’Avola, Sangiovese,Sirah
Monreale (DOC) Ddi 02/11/00 (G.U. n. 266 del 14/11/00)
-
168
Moscato di Noto (DOC) D.M. 14/03/74 (G.U. n. 199 del 30/07/74)
Questo vino non sarebbe altro che il "Pollio" (nome preso da Pollio Argivo, regnante, in tempi lontanissimi, a Siracusa) ovvero quel vino dolce haluntium di cui Plinio diceva che "nasce in Sicilia ed ha sapore di mosto". Ancora oggi si produce nella parte orientale della Sicilia (ma non va, però, confuso con il "Moscato di Siracusa" la cui zona di produzione è situata più a nord) e precisamente nei comuni di Noto, Rosolini, Pachino e Avola in provincia di Siracusa. Naturale - ottenuto con le uve di Moscato bianco; ha colore giallo dorato più o meno intenso fino all’ambrato; aroma caratteristico e fragrante di Moscato; sapore leggermente aromatico. Gradazione minima: 11,5°. Uso: da dessert. Spumante - è un vino brillante; ha colore paglierino o giallo dorato tenue; aroma caratteristico di Moscato; sapore delicatamente dolce, aromatico di moscato. Gradazione minima: 13°. Liquoroso - ha colore giallo dorato più o meno intenso; odore delicato e fragrante aroma di Moscato; sapore dolce, gradevole, caldo e vellutato. Gradazione minima: 22°. Affinamento obbligatorio: cinque mesi a partire da quando è stato alcolizzato.
Moscato di Pantelleria (DOC) D.M. 11/08/71 (G.U. n. 239 del 22/09/71)
L’isola di Pantelleria (situata nella provincia di Trapani) è nota, oltre che per gli stupendi paesaggi e le interessanti zone archeologiche, anche per i robusti vini che si ottengono dalle uve di Zibibbo qui prodotte. Due di questi vini sono: Moscato Naturale , Passito.
Moscato di Siracusa (DOC) D.P.R. 26/06/73 (G.U. n. 315 del 06/12/73)
Dal Piemonte al Veneto fino alla Sicilia e alla Sardegna si producono tanti prelibati vini con le uve di Moscato bianco, che a mano a mano che si scende dal nord al sud acquistano in "potenza". Questo "Moscato" prodotto nel solo territorio comunale di Siracusa, con uve di Moscato bianco sottoposte ad un leggero appassimento, ha colore giallo oro vecchio con riflessi ambracei; odore delicato caratteristico; sapore dolce, vellutato, gradevole. Gradazione minima: 16,5°. Uso: da dessert.
Salemi (IGT) D.M. 10/10/95 (G.U. n. 269 del 17/11/95)
-
Salina (IGT) D.M. 10/10/95 (G.U. n. 269 del 17/11/95)
-
Sambuca Siciliana (DOC) Dd 14/09/95 (G.U. n. 260 del 7/11/95)
In vigneti situati ad una altitudine superiore ai 200 metri s.l.m. all’interno dei confini territoriali del comune di Sambuca di Sicilia, in provincia di Agrigento, si ottiene l’omonimo vino nei tipi:Bianco,Rosso,Rosso Riserva, Rosato, Chardonnay, Cabernet Sauvignon.
Santa Margherita di Belice (DOC) Dd 09/01/96 (G.U. n. 11 del 15/01/96)
Nel territorio amministrativo dei comuni di Santa Margherita di Belice (da cui il nome) e Montevago, in provincia di Agrigento, si produce questo vino nelle seguenti tipologie:Bianco,Rosso,Ansonica,Catarratto,Grecanico,Nero d’Avola, Sangiovese.
Sciacca (DOC) D.M. 10/10/95 (G.U. n. 269 del 17/11/95)
Dai vigneti situati nell’intero territorio amministrativo di Sciacca (da cui il nome) e di Caltabellotta, entrambi in provincia di Agrigento, si ottengono numerosi tipi di vino. Bianco, Rosso, Rosso Riserva, Rosato.
Sicilia (IGT) D.M. 10/10/95 (G.U. n. 269 del 17/11/95)
-
Valle Belice (IGT) D.M. 10/10/95 (G.U. n. 269 del 17/11/95)
-
Fonte: Mipaf
169
ALLEGATO III
SCHEDA – QUESTIONARIO
170
DATI AZIENDALI
Azienda Agrituristica _________________________________________________________________ Via/Contrada ________________________________________________________________________ Località ________________________________________________________ Prov. _____________ Tel. _________________________________________________ Fax _________________________ e-mail: _________________________________ sito Web ___________________________________ FORMA GIURIDICA Ditta individuale
Società
Cooperativa
Altra (specificare) _______________________
N.B. Si informa l’imprenditore che i dati comunicati saranno utilizzati per elaborazioni di tipo statistico, nel rispetto della normativa sulla privacy.
Ai sensi dell'art. 11 della legge n. 675/1996 (Legge sulla Privacy) autorizzo il trattamento dei dati trasmessi con il presente questionario per finalità di elaborazione statistica per indagini di settore
Firma del Titolare dell’Azienda Agrituristica ____________________________________
1. DATI GENERALI a)
Anno inizio attività agricola _________________
b)
Anno inizio attività agrituristica ______________
c)
Cognome e Nome dell’Imprenditore _____________________________________________Età ______ Formazione (studI) ___________________________________ Residenza in azienda ?
d)
L’imprenditore svolge solo questa attività?
SI
SI
NO
NO
Se “NO”, quale altra attività svolge? ______________________________________________________ _____________________________________________________________________________________ e)
Oltre all’italiano si parlano altre lingue?
SI
NO
Se “SI” quali: 1. Inglese
2. Francese
3. Tedesco
4. Spagnolo
5. Altra (indicare) _______________
2. CARATTERISTICHE STRUTTURALI a.
Di quanti ettari è composta la vostra azienda? ________________________
b.
Quanti ettari è la superficie agricola utilizzata (SAU) ? __________________
171
c.
Altitudine dell’azienda : I. Montagna (oltre 700 m) ___________ II. Collina (da 400 a 700 m) ___________ III. Pianura (meno di 400 m) ___________
d. Giacitura dei terreni: (1) Piana % _______ (2) Pianeggiante % _______ (3) Inclinata% _________
A) CARATTERISTICHE DEGLI ALLOGGI I.
Numero camere singole ________
II.
Numero camere doppie e/o matrimoniali __________
III.
Numero di camere triple ________________________
IV.
Possibilità di letti aggiunti
V.
Numero camere con bagno : 1 [SINGOLE] ________ 2 [DOPPIE] ________ 3 [TRIPLE] _______
SI
NO
VI.
Numero camere senza bagno: 1
VII.
TOTALE NUMERO CAMERE _________________
[SINGOLE] _______ 2[DOPPIE] _______ 3 [TRIPLE] _______
VIII.
TOTALE NUMERO POSTI LETTO IN CAMERE _________________
A.1) SI DISPONE DI APPARTAMENTI INDIPENDENTI PER L’ALLOGGIO DEGLI OSPITI/CLIENTI ? SI
NO
a) Se “SI” indicare il numero degli appartamenti ________________________ b) Indicare il numero dei posti letto TOTALI in appartamenti ______________
A.2) QUALI ATTREZZATURE SONO PRESENTI NELLE CAMERE ? (barrare le caselle corrispondenti): 5. Telefono ……………………………………...….. 1. Riscaldamento ……………….………
6. Frigobar …………………….……………………..
2. Aria condizionata …………………...
7. Insonorizzazione ambiente …………………..…
3. TV …………………………..…………
8. Altre attrezzature (indicare) ________________
4. Radio ……………………..…………..
__________________________________________
A.3) QUALI ATTREZZATURE SONO PRESENTI NEGLI APPARTAMENTI INDIPENDENTI ? (Barrare le caselle corrispondenti): 1. Riscaldamento ……………….…….
6. Frigobar …………………..………………….…
2. Aria condizionata ………………....
7. Angolo cottura ………………………………..
3. TV …………………………..……….
8. Insonorizzazione ambiente ……….………..
4. Radio ……………………..…………
9. Altre attrezzature (indicare) _____________
5. Telefono …………………………….
__________________________________
172
A.4) E’ PREVISTO L’AGRICAMPEGGIO ?
SI
NO
A.4.1) Superficie destinata all’agricampeggio Ha _________________ A.4.2) Posti previsti _______________
A.4.3) Roulotte n° _______________
B. ALTRI SERVIZI B.1) E’ consentito l’accesso agli alloggi ai disabili ?
SI
NO
B.1.1) Se “SI” Indicare il numero dei posti letto accessibili ai disabili ________________
B.2) E’ previsto il servizio di ristorazione ?
SI
NO
B.2.1) Se “SI” il servizio di ristorazione è riservato solo agli ospiti che effettuano il pernottamento in azienda ? SI NO
B.2.2) Indicare la modalità di offerta del servizio di ristoro I. Ristorante II. Cucina alloggio III. Cucina dell’imprenditore agrituristico IV. Tavola calda V. Altro (indicare) _____________________________________________
B.2.3) Indicare il numero dei posti disponibili per la ristorazione ______________ B.2.4) Numero medio dei coperti al giorno __________________ B.3) QUALE ALTRE TIPOLOGIE DI SERVIZI SONO OFFERTI ALLA CLIENTELA (barrare ):
1. Bar 2. servizio in camera 3. Cucina vegetariana 4. Custodia in cassaforte di valori e gioielli 5. Servizio di lavanderia e stireria indumenti 6. Parco giochi per bambini 7. Parcheggio custodito 8. Autorimessa 9. Carta di credito 10. Accettazione animali domestici 11. Ascensore
12. Trasporto clienti 13. Parco o giardino 14. Pulizia calzature 15. Sala televisione separata 16. Pay-tv (dal satellite) 17. Servizio baby sitting 18. Navigazione su internet 19. Sala e servizio congressi 20. Discoteca 21. Night club 22. Altro (indicare) ___________________
173
B.4) Sono previsti servizi per attività sportive e ricreative ?
SI
NO
B.4.1) Indicare le tipologie di servizi sportivi e ricreativi offerti alla clientela (barrare):
a) Campo da tennis b) Piscina c) Spiaggia privata d) Piscina coperta e) Piscina termale f) Bicicletta g) Biliardo h) Bocce i) Bowling j) Calcetto
k) Calcio l) Canoa m) Equitazione-maneggio n) Tiro con l’arco o) Golf p) Palestra q) Pallacanestro r) Pallavolo s)Pesca Sportiva
u) Sci montano v) Sci nautico w) Sub x) Trekking y) Vela z) Sauna aa) Fitness ab) Cure termali ac) Altro (indicare) _____________
t) Ping-pong
______________________________
B.5. Quali tipologie di servizi turistici e/o naturalistici sono offerti agli ospiti/clienti:
1.Percorsi naturalistici e didattici 2. Visite guidate alle attività aziendali (es. visite ai frantoi, alle cantine, ai laboratori di trasformazione dei prodotti, ecc.)
C.
3. Degustazione dei prodotti tipici aziendali o della zona 4. Visite guidate alle eventuali aree protette vicine 5. Visite al patrimonio storico-architettonico della zona 6. Materiale informativo per turismo culturale 7. Corsi di cucina per la preparazione di piatti tipici 8. Equitazione 9. Mostre 10. Mercati 11. Sagre 12. Altro (indicare) _________________________________________
DATI SULL’ATTIVITA’ AGRITURISTICA
C.1) Quanti giorni all’anno rimane aperta agli ospiti/clienti la vostra azienda ? a.
90 giorni …………………
b.
tra 91-120 giorni …………
c.
> 120 giorni ……………..
d.
tutto l’anno ………………
C.2) Per apertura inferiore all’anno indicare il periodo. Dal __________al__________ C.2.1) Si da alloggio : a) anche per una notte ; b) per il minimo di ________ notti
174
C.3) Numero di ospiti/clienti nell’ultimo anno __________ C.3.1) Ospiti/clienti mediamente presenti ogni mese n° ________________ C.3.2) Ospiti/clienti mediamente presenti per la ristorazione n° ___________ C.3.3) Permanenza media gg _____________________
C.4) Tipologie di ospiti/clienti: a. Media italiani/anno (%)____________ b. Media stranieri/anno (%) __________ C.4.1) Di cui: a) Famiglie _________ b) Singles ________ c) Studenti __________ d) comitive di giovani_______ e) comitive di anziani _________ f) altro (indicare) ______________________________________
D.
MANODOPERA COINVOLTA NELL’ATTIVITA’ AGRITURISTICA D.1) Quante persone in totale sono coinvolte nella gestione dell’attività agrituristica (n°)_________
D.2) Sono coinvolti familiari dell’imprenditore agrituristico?
SI
NO
D.2.1) Se “SI”, quante persone (familiari) oltre l’imprenditore sono coinvolte nell’attività agrituristica ? (indicare) _________________________________________________________________________________ D.3) E’ coinvolto personale esterno nella gestione dell’attività agrituristica ?
SI
NO
D.3.1) Se “SI”, indicare il numero di dipendenti esterni coinvolti nella gestione e le relative mansioni/qualifiche di assunzione ___________________________________________________________ _________________________________________________________________________________________ _________________________________________________________________________________________ ________________________________________________________________________________________
D.3.2) Quanti sono i dipendenti assunti a tempo determinato e quanti a tempo indeterminato? a) Tempo determinato n° ________________ b) Tempo indeterminato n° ______________
D.3.3) Per quante giornate all’anno si fa ricorso a personale esterno per l’attività agrituristica? N° giornate/anno ___________________
175
E.
DATI SULLA PRODUZIONE E.1) Quali tipologie di prodotti vengono realizzati nella vostra azienda? (barrare)
a) Ortaggi b) Agrumi c) Frutta fresca d) Frutta secca ( noci, nocciole, pistacchi, ecc.) e) Olive e olio f) Uva e vino
Se
“SI”
h) Formaggi stagionati i) Conserve j) marmellate k) Altro (Indicare) ________________ _______________________________
E.2) Nella vostra azienda si effettuano produzioni biologiche ?
E.2.1)
g) Formaggi freschi
quali
tipi
di
prodotti
sono
SI
NO
realizzati
in
modo
biologico
(indicare)
_________________________________________________________________________________________ _________________________________________________________________________________________
E.3) Nell’azienda si praticano allevamenti ?
SI
NO
E.3.1) Se “SI” che tipi di allevamenti (barrare):
a) avicoli b) cunicoli c) ovini
d) Caprini e) Suini
g) equini h) Altro (indicare) _____________________________ __________________________________________
f) Bovini
E.3.2) Quali prodotti degli allevamenti sono consumati all’interno dell’azienda?
c)carne bianca di tacchini
f) carne caprina g) carne bovina h)carne suina
d) Carne di coniglio
i) salumi
______________________________
e) carne ovina
j) latte ovino
______________________________
a) Uova b) carne bianca di polli
k) latte caprino l) latte bovino m) Altro (indicare) ______________
E.3.3) Quali prodotti agricoli realizzati dall’azienda sono consumati per il ristoro degli ospiti/clienti?
__________________________________________________________________________________________ __________________________________________________________________________________________ __________________________________________________________________________________________ __________________________________________________________________________________________
176
E.3.4) Quali prodotti aziendali sono destinati alla vendita diretta al cliente/ospite ? (indicare)
A - Prodotti freschi _______________________________________________________________________________________ _______________________________________________________________________________________ _______________________________________________________________________________________ _______________________________________________________________________________________ B - Prodotti stagionati _______________________________________________________________________________________ _______________________________________________________________________________________ ______________________________________________________________________________________ _______________________________________________________________________________________ C - Prodotti trasformati (olio, vino, conserve, marmellate, ecc.) _______________________________________________________________________________________ _______________________________________________________________________________________ _______________________________________________________________________________________ _______________________________________________________________________________________ _______________________________________________________________________________________
E.3.5) Quali tipi di prodotti sono destinati principalmente alla vendita a terzi/imprese ? (indicare) ___________________________________________________________________________________________ ___________________________________________________________________________________________ ___________________________________________________________________________________________ ___________________________________________________________________________________________
F . Indicare i prodotti dell’artigianato locale e/o aziendale proposti agli ospiti ________________________________________________________________________________________ ________________________________________________________________________________________ ________________________________________________________________________________________ ________________________________________________________________________________________ ________________________________________________________________________________________
177
G. FORME DI PROMOZIONE DELL’ATTIVITA’ AGRITURISTICA Indicare le forme utilizzate per la promozione dell’attività agrituristica (barrare)
a
Inserimento in itinerari
i
Borse del Turismo
b
Cataloghi Tour Operator Italiani
j
APT
c
Cataloghi Tour Operator Esteri
k
Pagine Gialle
d
TV/radio italiana
l
Internet
e
TV/radio estera
m
Consorzi Promozione turistica
f
Stampa Specializzata italiana
n
Guida turistica
g
Stampa specializzata estera
o
Proprio depliant
h
Enti locali
p
Cartelli stradali
q. Altra forma di promozione (indicare)
H. FORME DI COMMERCIALIZZAZIONE (Barrare) Quali forme di commercializzazione sono utilizzate per l’attività agrituristica?
Prevalente (1) A
Associazioni agrituristiche
B
Tour operator italiani
C
Tour operator esteri
D
Intermediari singoli italiani
E
Intermediari singoli esteri
F
G
H I
Occasionale (2)
Non utilizzata (3)
Vendita diretta con prenotazione telefonica o fax Vendita diretta con prenotazione internet Vendita diretta senza prenotazione Cooperative e/o Consorzi Altra forma (indicare)
J ----------------------------------------
I. DATI SULLE TARIFFE PRATICATE ALLA CLIENTELA Indicare le tariffe Minime e Massime praticate alla clientela per le varie forme di offerta :
I.1) Alloggio in camere Prezzi (Min –Max) a)
camera singola € _________________/notte
b) camera doppia € ___________________/notte
colazione inclusa
senza colazione
colazione inclusa
senza colazione
178
c) camera doppia € __________________/notte/persona d) camera tripla € ___________________/notte
colazione inclusa
e) camera tripla € __________________/notte/persona f)
con colazione
senza colazione senza colazione
colazione inclusa
senza colazione
letto aggiunto € ______________/notte
g) Altro _________________________________________________________________________
I.1.2) TARIFFE ALTRI SERVIZI Prezzi (Min –Max) del Pernottamento con : a)
mezza pensione € ______________________/giorno/persona
b)
pensione completa € ___________________/giorno/persona
c)
Campeggio € _______________ /giorno
d)
Equitazione € ________/ora o € ________/giorno
e)
Bicicletta € _________/ora o € __________/giorno
f)
Alloggio gratis per bambini di età inferiore a ____________ anni
g)
Sconti del ________% per bambini di età inferiore a __________ anni
h)
Prezzo medio per pranzo e/o cena senza alloggio: € ___________/persona
i)
Altri servizi (indicare tipologia e tariffe) _________________________________________ ________________________________________________________________________
I.1.3) Per altre tipologie di offerta di alloggio indicare, cortesemente, la forma ed il prezzo Min e Max praticato alla clientela in Euro/giorno/persona __________________________________________________________________________________ __________________________________________________________________________________ __________________________________________________________________________________
I.2) Alloggi in Appartamenti Per
ospitalità
in
appartamenti
indipendenti
indicare
il
prezzo
Min
e
Max
€____________________/giorno/persona
I.3) PREZZI DEI PRODOTTI POSTI IN VENDITA DIRETTA a) TIPO DI PRODOTTO
b) QUANTITA’ (KG)
c)
PREZZI (€/KG)
_______________________
___________________
_______________
_______________________
____________________
_______________
_______________________
____________________
_______________
_______________________
_____________________
_______________
_______________________
_____________________
________________
_______________________
_____________________
________________
_____________________
______________________
________________
179
L. RELAZIONI TRA L’ATTIVITA’ AGRICOLA E QUELLA TURISTICA L.1) Che importanza ha assunto l’agriturismo nella formazione del ricavo aziendale ?
A) Marginale B) Integrativa rispetto al ricavo agricolo C) uguale al ricavo agricolo D) Prevalente rispetto al ricavo agricolo
L.2) Che peso ha l’attività agrituristica in termini di tempo/lavoro ad essa dedicato?
A) Marginale B) Meno tempo rispetto al lavoro agricolo C) Più tempo rispetto al lavoro agricolo d) (se possibile specificare la ripartizione del tempo lavoro in termini percentuali)
_________________________________________________________________________________ _________________________________________________________________________________ _________________________________________________________________________________ _________________________________________________________________________________
M. COMPOSIZIONE DEL RICAVO AZIENDALE M.1) Valore complessivo delle entrate € _______________________/anno M.1.a) Non risponde _______________
M.2) Composizione percentuale del ricavo aziendale ¾ a) Agricampeggio (%)_________________ ¾ b) Ristorazione (%) ___________________ ¾ c) Alloggio (%) ___________________ ¾ d) Equitazione (%) __________________ ¾ e) Vendita diretta dei prodotti aziendali (%) ______________ ¾ f) Altri servizi (%) _______ quali (indicare)______________________________________ ¾ g) Prodotti e servizi che non rientrano tra quelli precedenti (%) _______________ ¾ h) Non risponde ______________
N. FONTI DI FINANZIAMENTO PER L’AVVIAMENTO DELL’ATTIVITA’ AGRITURISTICA
a. Autofinanziamento b. Finanziamento ordinario c. Finanziamento agevolato c.1. In base a quale norma ha fruito del finanziamento agevolato? _________________________________________________________________
d. Altro ____________________________________________________________
180
N.1) Di quale ordine di grandezza è stato l’investimento iniziale per l’attività agrituristica? ________________________________________________________________________________
N.2) In quanto tempo è stato o sarà ammortizzato? _________________________________________________________________________________ _________________________________________________________________________________
3. OFFERTA ENOGASTRONOMICA O. DATI SULL’OFFERTA ENO-GASTRONOMICA (da compilare ove sia previsto il servizio di ristorazione) O.1) Quali sono i prodotti offerti per la prima colazione ?
a) Latte di propria produzione b) Latte commerciale c) Caffè d) Cappuccino e) Brioche f) Granite g) Biscotti commerciali h) Biscotti di propria produzione
i) Pane commerciale j) Pane di propria produzione k) Dolci industriali l) Dolci di propria produzione m) Offerta di altri prodotti non suindicati (indicare)_______________________________
_____________________________________
O.2) Qual è l’ offerta per il pranzo e/o cena ? (Contrassegnate con un asterisco “*” i piatti tipici della vostra zona offerti alla clientela)
O.2.1) Antipasti (indicare o allegare, cortesemente, copia del menù) ____________________________________________________________________________________ ____________________________________________________________________________________ ____________________________________________________________________________________ ____________________________________________________________________________________ ____________________________________________________________________________________ ____________________________________________________________________________________
O.2.2) Primi Piatti (indicare o allegare, cortesemente, copia del menù) _____________________________________________________________________________________ _____________________________________________________________________________________ _____________________________________________________________________________________ _____________________________________________________________________________________ _____________________________________________________________________________________ _____________________________________________________________________________________ _____________________________________________________________________________________ _____________________________________________________________________________________ _____________________________________________________________________________________
181
O.2.3) Secondi (indicare o allegare cortesemente copia del menù) _____________________________________________________________________________________ _____________________________________________________________________________________ _____________________________________________________________________________________ _____________________________________________________________________________________ _____________________________________________________________________________________ _____________________________________________________________________________________ _____________________________________________________________________________________ _____________________________________________________________________________________ _____________________________________________________________________________________ _____________________________________________________________________________________ _____________________________________________________________________________________
O.2.4) Contorni (indicare o allegare cortesemente copia del menù) _____________________________________________________________________________________ _____________________________________________________________________________________ _____________________________________________________________________________________ _____________________________________________________________________________________
O.2.5) Dolci e dessert (indicare o allegare copia del menù) _____________________________________________________________________________________ _____________________________________________________________________________________ _____________________________________________________________________________________ _____________________________________________________________________________________ _____________________________________________________________________________________ _____________________________________________________________________________________ _____________________________________________________________________________________
O.2.6) Vini, Liquori e Bevande (indicare o allegare copia del menù) _____________________________________________________________________________________ _____________________________________________________________________________________ _____________________________________________________________________________________ _____________________________________________________________________________________ _____________________________________________________________________________________ _____________________________________________________________________________________ _____________________________________________________________________________________
182
ALLEGATO IV
PRODOTTI TIPICI SICILIANI PER COMPARTO E PER PROVINCIA (Fonte: Altamore –Zerilli, 2003)
183
Prodotti tipici della Provincia di Agrigento Frutta fresca Albicocca di Ribera
Comune o area di produzione
Ribera
Arancia di Ribera
Ribera, Sciacca, Caltabellotta, Villafranca Sicula, Burgio, Cattolica Eraclea, Calamonaci.
Ficodindia della Valle del Belice
S. Margherita Belice, Montevago, Menfi.
Fragolina di Sciacca
Ribera, Sciacca.
Pesca della Valle del Platani
Cammarata, San Giovanni Gemini.
Pesca di Bivona
Bivona, Alessandria della Rocca.
Pistacchio dell'Agrigentino
Racalmuto, Campobello di Licata, Agrigento.
Mandorla di Agrigento
Tutti i comuni della provincia esclusi Aragona, Comitini, Lampedusa e Linosa.
Uva Italia di Canicattì
Racalmuto, Campobello di Licata, Agrigento, Castrofilippo, Canicattì, Grotte, Naro, Camastra, Ravanusa, Favara, Licata, Comitini, Aragona, Palma di Montechiaro
184
184
Olio extravergine di oliva dell'Agrigentino
Comune o area di produzione Caltabellotta, Sciacca, Burgio, Calamonaci, Lucca Sicula, Ribera, Villafranca Sicula.
di Menfi
Menfi
della Val di Mazara
Agrigento, Montevago, Santa Margherita Belice, Sambuca di Siclia, Burgio, Bivona, Menfi, Caltabellotta, Villafranca Sicula, Lucca Sicula, Sciacca, Ribera, Calamonaci, Alessandria della Rocca, Cianciana, Cattolica Eraclea, Montallegro.
Formaggi Vastedda della valle del Belice
Comune o area di produzione Menfi, Santa Margherita Belice, Sambuca di Sicilia, Montevago.
Fiore Sicano Menfi
Bivona, Santo Stefano Quisquina, Cammarata. Comune o area di produzione Menfi, Sciacca, Sambuca di Sicilia.
Sambuca di Sicilia
Sambuca di Sicilia
Santa Margherita Belice
Santa Margherita Belice, Montevago.
Sciacca
Sciacca, Caltabellotta.
Valle del Belice
Montevago, Menfi, Santa Margherita Belice
Vino
185
185
Prodotti tipici della Provincia di Caltanissetta Frutta fresca Pesca settembrina di Delia
Delia, Caltanissetta, Sommatino.
Mandorla di Agrigento
Butera, Mazzarino, Riesi, Sommatino, Delia, Serradifalco, Montedoro, Milena, San Cataldo.
Uva Italia di Canicattì
Caltanissetta, Serradifalco, Montedoro, Butera, Sommatino, Delia, Riesi, Mazzarino, Gela, San Cataldo, Milena.
Olio extravergine di oliva Colli nisseni Vino Contea di Sclafani
Comune o area di produzione
Comune o area di produzione Tutto il territorio della provincia di Caltanissetta.
Comune o area di produzione Vallelunga Pratameno, Villalba.
Cerasuolo di Vittoria
Niscemi, Gela.
Riesi
Riesi, Butera, Mazzarino.
186
Ortaggi Carciofo violetto di Niscemi
Comune o area di produzione Gela, Niscemi.
Lenticchia di Villalba
Villalba
Melanzana di Vittoria
Gela
Peperone di Vittoria
Gela
Pomodoro rosso di Vittoria
Gela
186
Prodotti tipici della Provincia di Catania Frutta fresca Anguria del catanese
Arancia Rossa di Sicilia
Comune o area di produzione Ramacca Catania, Adrano, Belpasso, Biancavilla, Caltagirone, Castel di Judica, Grammichele, Licodia Eubea, Mazzarrone, Militello in Val di Catania, Mineo, Misterbianco, Motta Santa Anastasia, Palagonia, Paternò, Ramacca, Santa Maria di Licodia, Randazzo.
Ciliegia dell'Etna
Giarre
Ficodindia del Catanese
Adrano, Bronte, Belpasso, Paternò, Biancavilla, Ragalna, Santa Maria di Licodia.
Ficodindia di S. Cono
San Cono, San Michele di Ganzaria.
Fragola dell'Etna (o di Maletto)
Maletto, Bronte.
Limone verdello
numerosi comuni della zona costiera
Mela dell'Etna
Zafferana Etnea, Milo, S. Alfio.
Nespolone di Giarre o di Calatabiano
Giarre
Nocciola dell'Etna
S. Alfio, Piedimonte Etneo, Linguaglossa, Castiglione di Sicilia, Randazzo.
Oliva da tavola Nocellara Etnea
Motta Santa Anastasia, Misterbianco, Adrano, Camporotondo Etneo, San Pietro Clarenza, Belpasso, Paternò, Ragalna.
187
187
Percoche di Piano S. Paolo di Caltagirone
Caltagirone
Pesca della Valle dell'Alcantara
Castiglione di Sicilia
Pistacchio di Bronte
Adrano, Bronte, Belpasso,Camporotondo Etneo, Paternò, Biancavilla.
Uva Italia di Mazzarrone
Mazzarrone
Olio extravergine di oliva Monti Iblei
Caltagirone, Grammichele, Licodia Eubea, Vizzini, Mazzarrone.
Comune o area di produzione
Adrano, Belpasso, Biancavilla, Bronte, Camporotondo Etneo, Castiglione di Sicilia, Maletto, Maniace, Motta Santa Anastasia, Paternò, Ragalna, Santa Maria di Licodia, San Pietro Clarenza.
Monte Etna
Miele Miele dell'Etna
Comune o area di produzione Zafferana Etnea, Catania
Vino
Comune o area di produzione
Etna
Acireale, Aci S. Antonio, Belpasso, Biancavilla, Castiglione di Sicilia, Giarre, Linguaglossa, Mascali, Milo, Nicolosi, Paternò, Pedara, Piedimonte Etneo, Randazzo, Santa Maria di Licodia, Trecastagni, Viagrande.
Cerasuolo di Vittoria
Caltagirone, Licodia Eubea.
188
188
Ortaggi Carciofo violetto di Niscemi
Ramacca
Comune o area di produzione
Cavolo rapa di Acireale
Acireale, Aci Bonaccorsi, Acicatena.
Prodotti tipici della Provincia di Enna Frutta fresca Ficodindia di S. Cono
Piazza Armerina
Mandorla di Agrigento
Enna, Pietraperzia, Barrafranca, Piazza Armerina.
Pesca di Leonforte
Leonforte, Enna, Calascibetta, Assoro, Agira.
Olio extravergine di oliva Monte Etna
Comune o area di produzione
Comune o area di produzione Centuripe
Formaggi Piacentino
Comune o area di produzione Enna
189
189
Prodotti tipici della Provincia di Messina Frutta fresca Arancia Ovale del Messinese
Comune o area di produzione Naso, Fitalia.
Fragola estiva dei Nebrodi
Mistretta, Reitano, Santo Stefano di Camastra, Caronia, San Fratello.
Limone verdello
numerosi comuni della zona costiera.
Nocciola dei Nebrodi
fascia collinare da Fondachelli Fontina e Novara di Sicilia a Longi (territorio di 25 comuni)
Pesca della Valle dell'Alcantara
Roccella Valdemone, Mojo Alcantara, Malvagno, Francavilla di Sicilia, Motta Camastra.
Pesca nettarina del messinese
Torregrotta, Monforte San Giorgio, San Piero Niceto.
Olio extravergine di oliva Monte Etna
Comune o area di produzione Malvagna, Mojo Alcantara, Roccella Valdemone, S. Domenica Floresta.
Valdemone
Tutti i comuni della provincia eccetto Floresta
Carni Suino nero dei Nebrodi
Comune o area di produzione Comuni dei Monti Nebrodi
Salame di S. Angelo di Brolo
S. Angelo di Brolo
190
190
Miele
Comune o area di produzione
Miele dei Nebrodi
Comuni dei Monti Nebrodi
Formaggi Provola dei Nebrodi
Comuni il cui territorio si trova al di sopra dei 900 m.s.l.m.
Maiorchino
Santa Lucia del Mela, Novara di Sicilia, Basicò, Mazzarrà Sant'Andrea, Fondachelli, Montalbano Elicona.
Comune o area di produzione
Vino
Comune o area di produzione
Faro
Messina
Malvasia delle Lipari
Lipari
Salina
Salina
Ortaggi Cappero delle Eolie
Lipari, Salina.
Patata messinese
Villafranca Tirrena, Falcone, Furnari.
Comune o area di produzione
191 191
Prodotti tipici della Provincia di Palermo Frutta fresca Ciliegia di Chiusa Sclafani
Comune o area di produzione Chiusa Sclafani
Limone verdello Conca d'Oro
Altavilla Milicia, Bagheria, Balestrate, Carini, Capaci, Casteldaccia, Cinisi, Ficarazzi, Palermo, Partinico, Santa Flavia, Terrasini, Trappeto, Trabia, Torretta, Villabate.
Kaki di Misilmeri
Misilmeri e comuni della zona orientale della provincia di Palermo
Mandarino Avana di Palermo
Palermo
Mandarino Tardivo di Ciaculli
Palermo, Villabate.
Manna del Frassino di Castelbuono e Pollina
Castelbuono, Pollina.
Melone d'Inverno
Tutto il territorio della provincia di Palermo
Nespola di Trabia
Trabia
Nocciola di Polizzi Generosa
Polizzi Generosa
Susino di Monreale
Palermo, Monreale, Altofonte.
Olio extravergine di oliva Della Val di Mazara
Tutto il territorio della provincia di Palermo.
Comune o area di produzione
192 192
Carni Agnello delle Madonie
Comune o area di produzione Comuni delle Madonie
Capretto delle Madonie
Comuni delle Madonie
Formaggi Caciocavallo delle Madonie
Geraci Siculo, San Mauro Castelverde, Gangi e comuni delle Madonie.
Vastedda della valle del Belice
Camporeale, Roccamena, Contessa Entellina.
Caciocavallo palermitano
Godrano, Cinisi, Carini, Torretta.
Vastedda palermitana
Godrano, Cinisi, Carini, Torretta.
Provola delle Madonie
Comuni delle Madonie
Fiore Sicano
Castronuovo di Sicilia, Prizzi, Palazzo Adriana.
Comune o area di produzione
Vino
Comune o area di produzione
Alcamo
Partinico, San Cipirrello, San Giuseppe Jato, Monreale, Camporeale.
Contea di Sclafani
Valledolmo, Caltavuturo, Alia, Sclafani Bagni, Petralia Sottana, Castellana Sicula, Castronuovo di Sicilia, Cerda, Aliminusa, Montemaggiore Belsito, Polizzi Generosa.
Contessa Entellina
Contessa Entellina
Monreale
Monreale, Santa Cristina Gela, Piana degli Albanesi.
193 193
Prodotti tipici della Provincia di Ragusa Frutta fresca Limone verdello Olio extravergine di oliva Monti Iblei Miele Miele dei Monti Iblei
Comune o area di produzione numerosi comuni della zona costiera
Comune o area di produzione Tutto il territorio della provincia di Ragusa.
Comune o area di produzione terreni misti e rocciosi
Formaggi
Comune o area di produzione
Ragusano
Tutto il territorio della provincia di Ragusa.
Provola ragusana
Tutto il territorio della provincia di Ragusa.
Ricotta iblea
Tutto il territorio della provincia di Ragusa.
Vino Cerasuolo di Vittoria
Comune o area di produzione Vittoria, Comiso, Acate, Chiaramonte Gulfi, Santa Croce Camerina.
Eloro
Ispica
194 194
Ortaggi
Comune o area di produzione
Carota di Sicilia
Tutto il territorio della provincia di Ragusa.
Melanzana di Vittoria
Vittoria, Scicli, Acate, Santa Croce Camerina, Ragusa.
Peperone di Vittoria
Vittoria, Scicli, Acate, Santa Croce Camerina, Ragusa.
Cipolla di Giarratana
Giarratana
Pomodoro rosso di Vittoria
Ispica, Modica, Pozzallo, Ragusa, Santa Croce camerina, Scicli, Vittoria.
Prodotti tipici della Provincia di Siracusa Frutta fresca Arancia Ovale di Sicilia
Floridia, Siracusa.
Comune o area di produzione
Arancia Rossa di Sicilia
Lentini, Francofonte, Carlentini, Buccheri, Melilli, Augusta, Floridia, Solarino, Sortino Noto.
Limone siracusano
Siracusa, Cassibile, Floridia.
Limone verdello
numerosi comuni della zona costiera
Mandorla d'Avola
Avola, Noto.
Melone di Pachino
Pachino, Portopalo di Capo Passero, Noto
195
195
Olio extravergine di oliva
Comune o area di produzione Buccheri, Buscemi, Canicattini Bagni, Carlentini, Cassaro, Ferla, Francofonte, Lentini, Melilli, Pachino, Palazzolo Acreide, Noto, Rosolini, Siracusa, Solarino, Sortino.
Monti Iblei Miele Miele dei Monti Iblei
Comune o area di produzione Canicattini Bagni, Melilli, Palazzolo Acreide, Noto, Solarino, Sortino, Floridia, Augusta.
Formaggi Ragusano
Comune o area di produzione Noto, Palazzolo Acreide, Rosolini.
Vino
Comune o area di produzione
Eloro
Noto, Pachino, Portopalo di Capo Passero, Rosolini.
Moscato di Noto
Noto, Pachino, Avola, Rosolini.
Moscato di Siracusa
Siracusa
Ortaggi
Comune o area di produzione
Carota di Sicilia
Tutto il territorio della provincia di Siracusa
Patata precoce
Portopalo di Capo Passero, Pachino, Noto, Siracusa, Priolo Gargallo, Melilli, Augusta, Carlentini, Avola.
Pomodoro di Pachino
Noto, Pachino, Portopalo di Capo Passero, Ispica.
196 196
Prodotti tipici della Provincia di Trapani Frutta fresca Melone d'Inverno
Tutto il territorio della provincia di Trapani
Comune o area di produzione
Oliva da Tavola Nocellara del Belice
Castelvetrano, Campobello di Mazara, Partanna.
Uva Zibibbo di Pantelleria
Pantelleria
Olio extravergine di oliva di Menfi
Castelvetrano
Valle del Belice
Castelvetrano, Campobello di Mazara, Partanna, Poggioreale, Salaparuta, Santa Ninfa
Valli Trapanesi
Alcamo, Buseto Palizzolo, Calatafimi, Castellammare del Golfo, Custonaci, Erice, Gibellina, Marsala, Mazara del Vallo, Paceco, Poggioreale, Salemi, San Vito lo Capo, Trapani, Valderice, Vita.
Comune o area di produzione
Formaggi
Comune o area di produzione
Vastedda della valle del Belice
Menfi, Calatafimi, Gibellina, Poggioreale, Vita, Salemi, Campobello di Mazara, Castelvetrano, Partanna, Santa Ninfa, Salaparuta, Montevago, Sambuca di Sicilia, Santa Margherita Belice.
Caciocavallo palermitano
Alcuni comuni confinanti con la provincia di Palermo
Comune o area di produzione
Vino Menfi
Castelvetrano
197 197
Alcamo
Alcamo, Calatafimi, Poggioreale, Salaparuta, Gibellina, Santa Ninfa, Salemi, Vita , Castellammare del Golfo.
Delia Nivolelli
Mazara del Vallo, Marsala, Petrosino, Salemi.
Marsala
Buseto Palizzolo, Calatafimi, Campobello di Mazara, Castellammare del Golfo, Castelvetrano, Custonaci, Erice, Gibellina, Marsala, Mazara del Vallo, Paceco, Partanna, petrosino, Poggioreale, Salaparuta, Salemi, Santa Ninfa, San Vito lo Capo, Trapani, Valderice, Vita.
Moscato di Pantelleria e Moscato Passito di Pantelleria (cv.Zibibbo)
Vita, Pantelleria.
Camarro
Partanna
Colli Ericini
Buseto Palizzolo, Valderice, Custonaci
Salemi
Salemi
Ortaggi Aglio di Paceco
Comune o area di produzione Paceco, Trapani
Cappero di Pantelleria
Pantelleria
Carciofo spinoso di Menfi
Castelvetrano
198 198
INDICE
1. Premessa ........................................................................1
2. LE POLITICHE COMUNITARIE SULLO
SVILUPPO RURALE ED INTERVENTI A FAVORE DELL’AGRITURISMO ...........................4
3. LA NORMATIVA PER L’AGRITURISMO IN ITALIA .................................................................11 3.1 – LA LEGISLAZIONE NAZIONALE ........................................11 3.2 – LA LEGISLAZIONE DELLA REGIONE SICILIA ................20
4. IL COMPARTO AGRITURISTICO ITALIANO: ANALISI DELLA DOMANDA E DELL’OFFERTA......................................................27 4.1 – EVOLUZIONE E CARATTERI DELL’OFFERTA AGRITURISTICA IN ITALIA.................................................27 4.2 - EVOLUZIONE E CARATTERI DELLA DOMANDA AGRITURISTICA IN ITALIA.................................................37
199
4.3 – EVOLUZIONE DELL’OFFERTA AGRITURISTICA IN SICILIA ...............................................................................44
5. IL TURISMO ENOGASTRONOMICO NAZIONALE: CARATTERISTICHE E POTENZIALITA’.....................................................57
6. METODO D’INDAGINE ........................................67
7. PRINCIPALI RISULTATI DELL’INDAGINE.....71 7.1 - CARATTERI STRUTTURALI DELLE AZIENDE ESAMINATE...........................................................................71 7.2 – LA STRUTTURA DELL’OFFERTA AGRITURISTICA ..79 7.2.1 – IL SERVIZIO DI ALLOGGIO.......................................................... 79 7.2.2 - I SERVIZI COLLATERALI ALL’OSPITALITA’ AGRITURISTICA.............................................................................. 84 7.2.3 – LA STRUTTURA DELL’OFFERTA DI SERVIZI PER ALTRE ATTIVITA’ (SPORTIVE, RICREATIVE E CULTURALI, ECC.) .. 87
7.3 – ORGANIZZAZIONE E CARATTERISTICHE DEL LAVORO NELLE AZIENDE AGRITURISTICHE...........91 7.4 - PRINCIPALI ASPETTI DELL’ATTIVITA’ DI PROMOZIONE E COMMERCIALIZZAZIONE NELLE IMPRESE AGRITURISTICHE .............................93 7.5 – CARATTERI IMPRENDITORIALI ED ECONOMICI DELLE AZIENDE AGRITURISTICHE RILEVATE .......97
200
7.5.1 - FLUSSO DI OSPITI NELLE AZIENDE AGRITURISTICHE....... 101 7.5.2 – LE TARIFFE PRATICATE NELLE IMPRESE ............................. 102 7.5.3 - ATTIVITA’ DI INTEGRAZIONE DEL REDDITO DELLE IMPRESE: LA VENDITA DIRETTA DEI PRODOTTI AGROALIMENTARI AZIENDALI E DELL’ARTIGIANATO LOCALE........................................................................................... 108
8. I PRODOTTI TIPICI E L’OFFERTA ENOGASTRONOMICA IN SICILIA ..................110 8.1 – LA QUALITA’ E LA TIPICITA’ DELL’OFFERTA........110 8.1.1 - I PRODOTTI DOP E IGP ................................................................ 112 8.1.2 - IL COMPARTO ENOLOGICO SICILIANO DI QUALITA’........ 115 8.1.3 - PRODOTTI TRADIZIONALI E LOCALI ...................................... 119
8.2 – GLI INDICATORI DI TIPICITÀ E DI TERRITORIALITÀ .............................................................122 8.3 – I PRINCIPALI CARATTERI DELLA GASTRONOMIA SICILIANA ...........................................123 8.3.1 - OFFERTA GASTRONOMICA NELLE PROVINCE DI AGRIGENTO, CALTANISSETTA ED ENNA. ............................. 125 8.3.2 - LA GASTRONOMIA NELLA PROVINCIA DI CATANIA ......... 129 8.3.3 - LA GASTRONOMIA DELLA PROVINCIA DI MESSINA.......... 132 8.3.4 - LA GASTRONOMIA DELLA PROVINCIA DI PALERMO ........ 135 8.3.5 - LA GASTRONOMIA NELLE PROVINCE DI SIRACUSA E RAGUSA .......................................................................................... 138 8.3.6 - LA GASTRONOMIA NELLA PROVINCIA DI TRAPANI .......... 140
201
8.4 - ANALISI DEL GRADO DI TIPICITÀ DELL’OFFERTA ENOGASTRONOMICA NELLE AZIENDE ESAMINATE.........................................................................143
9. CONCLUSIONI......................................................152
BIBLIOGRAFIA .........................................................157
ALLEGATI ALLEGATO I PRODOTTI TRADIZIONALI - REGIONE SICILIA .....................162 ALLEGATO II VINI DOC E IGT REGIONE SICILIA
......................................167
ALLEGATO III SCHEDA – QUESTIONARIO .................................................170
ALLEGATO IV PRODOTTI TIPICI SICILIANI PER COMPARTO E PER PROVINCIA ……………………………………...
183
}
202