> 836
649. Nè i pietosi mugiti843, nè le molli 650. Lingue lambenti844 tortuosamente 651. La man che il loro fato aimè stringea". 652. Tal ei parla o signor 845: ma sorge in tanto 653. A quel pietoso favellar da gli occhi 654. De la tua dama dolce lagrimetta 655. Pari a le stille tremule brillanti846, 656. Che a la nova stagion 847gemendo vanno 657. Da i palmiti di Bacco 848entro commossi 658. Al tiepido spirar de le prim’aure 659. Fecondatrici849. Or le sovvien del giorno, 660. Ahi fero giorno! allor che la sua bella 661. Vergine cuccia850 de le Grazie alunna851, 662. Giovanilmente vezzeggiando, il piede 663. Villan852 del servo con gli eburnei denti853 664. Segnò di lieve nota854: e questi audace 665. Col sacrilego piè 855lanciolla: ed ella 666. Tre volte rotolò; tre volte scosse 856 667. Lo scompigliato pelo, e da le vaghe 668. Nari857 soffiò la polvere rodente 858: 842
teneri belati = sinestesia pietosi mugiti = metafora 844 molli / Lingue lambenti = enjambement e allitterazione in “l” 845 o signor = intervento dell’io narrante 846 Pari a le stille tremule brillanti = similitudine 847 nova stagion = perifrasi per primavera 848 Da i palmiti di Bacco = perifrasi per indicare le foglie della vite 849 aure / Fecondatrici = enjambement 850 bella / Vergine cuccia = enjambement e perifrasi (la cagnetta) 851 de le Grazie alunna = iperbato e latinismo 852 piede / Villan = enjambement e enallage antifrastica. L’aggettivo villano deve essere inteso in senso ironico e va riferito al sostantivo “servo” 853 eburnei denti = metafora antifrastica 854 Segnò di lieve nota = perifrasi eufemistica 855 sacrilego piè = iperbole ironica 856 Tre volte rotolò; tre volte scosse = iterazione e parodia del registro epico. Cfr. Virgilio, Eneide VI, vv. 700 – 701 e Dante, Purgatorio II, vv. 79-81 843
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669. Indi i gemiti alzando, aita aita 859 670. Parea dicesse; e da le aurate volte 671. A lei la impietosita Eco 860 rispose; 672. E dall’infime chiostre i mesti servi 673. Asceser tutti; e da le somme stanze 674. Le damigelle pallide tremanti 675. Precipitàro 861. Accorse ognuno: il volto 676. Fu d’essenze spruzzato a la tua dama: 677. Ella rinvenne al fine. Ira e dolore 678. L’agitavano ancor: fulminei sguardi862 679. Gettò sul servo; e con languida voce 680. Chiamò tre volte la sua cuccia863: e questa 681. Al sen le corse; in suo tenor vendetta 682. Chieder sembrolle: e tu vendetta avesti 683. Vergine cuccia de le Grazie alunna864. 684. L'empio servo865 tremò; con gli occhi al suolo 685. Udì la sua condanna. A lui non valse 686. Merito quadrilustre: a lui non valse866 687. Zelo d’arcani ufici. Ei nudo andonne 688. De le assise spogliato onde pur dianzi 689. Era insigne a la plebe: e in van novello 690. Signor867 sperò; chè le pietose dame 691. Inorridiro; e del misfatto atroce 868 692. Odiàr l’autore. Il perfido si giacque 693. Con la squallida prole e con la nuda 694. Consorte a lato su la via spargendo 695. Al passeggero inutili lamenti869:
857
vaghe / Nari = enjambement polvere rodente = allitterazione in “r” 859 aita aita = iterazione e onomatopea 860 Eco = ninfa amata da Zeus, trasformata in pura voce 861 E da l’infime chiostre … Asceser … e da le somme stanze … precipitaro = antitesi 862 fulminei sguardi = metafora 863 Chiamò tre volte la sua cuccia Cfr. nota 246 864 Vergine cuccia de le Grazie alunna = è ripetuto il v. 661 865 L'empio servo = aggettivazione antifrastica 866 A lui non valse … a lui non valse = epifora 867 novello / Signor = enjambement 868 misfatto atroce = aggettivazione antifrastica 858
696. E tu vergine cuccia idol placato 697. Da le vittime umane870 isti superba. 698. Nè senza i miei precetti o senza 871 scorta 699. Inerudito andrai signor, qualora 700. Il perverso destin dal fianco amato 701. Ti allontani a la mensa. Avvien sovente 702. Che con l’aio seguace o con l’amico 703. Un grande illustre or l’Alpi or l’oceàno 704. Varchi e scenda in Ausonia872, orribil ceffo 705. Per natura o per arte, a cui Ciprigna 873 706. Rose le nari874; o sale impuro e crudo 707. Snudò i denti ineguali. Ora il distingue 708. Risibil gobba, or furiosi sguardi 709. Obliqui o loschi: or rantoloso avvolge 710. Fra le tumide875 fauci ampio volume 711. Di voce, che gorgoglia876, ed esce al fine 712. Come da inverso fiasco onda che goccia 877; 713. Or d’avi or di cavalli ora 878 di Frini879 714. Instancabile parla; or de’ celesti 715. Le folgori deride880. Aurei monili 716. E nastri e gemme gloriose pompe 717. L’ingombran tutto: e gran titolo suona881 718. Dinanzi a lui. Qual più tra noi risplende 869
Con la squallida prole e con la nuda / Consorte … inutili lamenti = l’aggettivazione evidenzia la condizione di povertà a cui viene costretto il servo con la sua famiglia 870 idol placato / Da le vittime umane = metafora 871 senza … senza = iterazione 872 Ausonia = antico nome dell’Italia 873 Ciprigna = metonimia per malattia venerea 874 Rose le nari = espressione metaforica 875 denti ineguali … Risibil gobba … furiosi sguardi / Obliqui o loschi: or rantoloso … tumide fauci = aggettivazione realistica, secondo i canoni sensistici 876 gorgoglia = verbo onomatopeico 877 Come da inverso fiasco onda che goccia = similitudine 878 Or … or … ora = iterazione 879 Frini = antonomasia per cortigiane 880 or de’ clesti / Le folgori deride = allusione alle idee ateistiche dell’Illuminismo francese, alle quali Parini si oppose sempre con tenacia 881 gran titolo suona = metafora 52
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719. Inclita stirpe ch’onorar non voglia 720. D’un ospite sì degno i Lari882 suoi? 721. Ei però col compagno ammessi fièno 722. Di Giuno a i fianchi883: e tu lontan da lei 723. Co’ Silvani capripedi884 n’andrai 724. Presso al marito; e pranzerai negletto 725. Fra il popol folto de gli dei minori. 726. Ma negletto885 non già da gli occhi andrai 727. De la dama gentil, che a te rivolti 728. Incontreranno i tuoi. L’aere886 a quell’urto 729. Arderà di faville887: e Amor con l’ali 730. L’agiterà.888 Nel fortunato incontro 731. I messagger pacifici dell’alma 732. Cambieran lor novelle: e alternamente 733. Spinti ritorneranno a voi con dolce 734. Delizioso tremito su i cori. 735. Allor tu le ubbidisci; o se t’invita 736. Le vivande a gustar, che a lei vicine 737. L’ordin dispose; o se889 a te chiede in vece 738. Quella che innanzi a te sue voglie pugne890 739. Non col soave odor, ma con le nove 740. Leggiadre forme891 onde abbellir la seppe 741. Dell’ammirato cucinier la mano892. 742. Con la mente si pascono le dive893 743. Sopra le nubi del brillante Olimpo: 744. E lor labbra immortali irrita 894 e move 745. Non la materia, ma il divin lavoro. 746. Nè allor men destro ad ubbidir sarai 747. Che di raro licor la bella strigne 882
Lari = divinità del focolare domestico Di Giuno a i fianchi = designazione iperbolica della donna 884 Silvani capripedi = perifrasi per indicare i satiri 885 negletto = latinismo 886 aere = latinismo 887 Arderà di faville = metafora 888 Amor con l’ali / L’agiterà.= personificazione e metafora 889 o se … o se = iterazione 890 sue voglie pugne = metafora 891 nove / Leggiadre forme = enjambement 892 Dell’ammirato cucinier la mano = iperbato 893 Con la mente si pascono le dive = espressione metaforica 894 lor labbra immortali irrita = allitterazione in “r” 883
748. Colmo bicchiere, a lo cui orlo intorno 749. Serpe striscia dorata 895; e par che dica: 750. "Lungi o labbra profane: a i labbri solo 751. De la diva che qui soggiorna e regna 752. È il castissimo calice896 serbato: 753. Nè cavalier con alito maschile 754. Osi appannarne il nitido cristallo 897; 755. Nè dama convitata unqua898 presuma 756. I labbri apporvi; e sien pur casti e puri 899, 757. E quanto esser può mai cari all’Amore 900". 758. Tu al cenno de’ bei guardi e de la destra, 759. Che reggendo il bicchier sospesa ondeggia 760. Affettuoso attendi. I lumi901 tuoi 761. Di gioia sfavillando accolgan pronti 762. Il brindisi segreto: e ti prepara 763. In simil modo a tacita risposta 902. 764. Ecco d’estro già punta ecco 903 la Musa 765. Brindisi grida all’uno e all’altro amante; 766. All’altrui fida sposa a cui se’ caro, 767. E a te signor sua dolce cura e nostra. 768. Quale annoso licor Lièo904 vi mesce, 769. Tale Amore a voi mesca eterna gioia 905 770. Non gustata al marito, e da coloro 771. Invidiata che gustata l’hanno. 772. Veli con l’ali sue sagace oblio906 773. Le alterne infedeltà che un cor dall’altro 895
Serpe striscia dorata = metafora – si nota il fascino degli oggetti 896 castissimo calice = allitterazione 897 cristallo = metonimia per bicchiere 898 unqua = latinismo 899 I labbri apporvi; e sien pur casti e puri = allitterazione in “r” e dittologia sinonimica 900 Amore = personificazione 901 lumi = metonimia per occhi 902 tacita risposta = ossimoro 903 Ecco … ecco = iterazione 904 Lièo = epiteto di Bacco, che significa colui che scioglie dalle cure 905 mesca eterna gioia = metafora 906 Veli con l’ali sue sagace oblio = metafora e allitterazione in “v,l,s” 53
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774. Porieno un giorno separar per sempre: 775. E solo a gli occhi vostri Amor discopra 776. Le alterne infedeltà, che in ambo i petti 907 777. Ventilar ponno le cedenti fiamme908. 778. Di sempiterno indissolubil nodo 779. Canti augurj per voi vano cantore909: 780. Nostra nobile musa a voi desia 781. Sol quanto piace a voi durevol nodo. 782. Duri910 fin che a voi piace911: e non si scioglia 783. Senza che Fama912 sopra l’ale immense 784. Tolga l’alta novella913; e grande n’empia 785. Col reboato dell’aperta tromba 914 786. L’ampia cittade e dell’Enotria915 i monti, 787. E le piagge sonanti, e s’esser puote, 788. La bianca Teti916 e Guadiana e Tule917. 789. Il mattutino gabinetto il corso 790. Il teatro e la mensa in vario stile 918 791. Ne ragionin gran tempo. Ognun ne chieda 792. Il dolente marito: ed ei dall’alto 793. La lamentabil favola cominci
vv. 794 – 911 a cura di Barbara Pennucci
907
petti = metonimia cedenti fiamme = metafora 909 Canti augurj per voi vano cantore = figura etimologica e allitterazione in “v” 910 durevol … / Duri = figura etimologica 911 piace a voi … a voi piace = chiasmo 912 Fama = personificazione 913 sopra l’ale immense / Tolga l’alta novella = metafora 914 Col reboato dell’aperta tromba = verso allitterante e onomatopeico 915 Enotria = antica denominazione dell’Italia 916 bianca Teti = antonomasia per indicare il mare biancheggiante di onde spumose 917 Guadiana e Tule = perifrasi per indicare le terre bagnate dal fiume Guadiana in Spagna e l’Islanda 918 vario stile = reminiscenza petrarchesca (Canzoniere I: del vario stil …) in funzione antifrastica 908
Abbiamo la descrizione di alcuni cibi e l’esaltazione dell’ambiente in cui avviene il banchetto. Notiamo la satira nei confronti delle discussioni conviviali, nelle quali si affrontano vari temi. In seguito, emerge di nuovo l’ironia di Parini quando loda i nobili che sono in grado di conoscere il Latino e la Scienza, mentre in realtà non è così. Il poeta paragona questi nobili ai discepoli di Archimede, facendo loro credere di essere persone colte. Si affronta poi il tema dell’amore e citando il pianeta Venere l’autore allude all’incostanza amorosa dei nobili. 794. Tal su le scene, ove agitar solea 795. L’ombre tinte di sangue919 Argo piagnente920, 796. Squallido messo al palpitante coro 797. Narrava come furiando Edipo 798. Al talamo sen corse incestuoso921, 799. Come le porte rovescionne 922, come923 800. Al subito spettacolo ristette 801. Quando vicina del nefando letto 802. Vide in un corpo solo e sposa e madre 924 803. Pender strozzata; e del fatale uncino 804. Le mani armosse; e con le proprie mani 925 805. A sè le care luci926 da la testa 806. Con le man proprie misero strapposse 927. 919
L’ombre tinte di sangue = metafora per indicare i personaggi delle tragedie 920 Argo piagnente = perifrasi per indicare i tragici greci 921 Incestuoso = allusione al mito di Edipo 922 rovescionne = enclisi pronominale 923 Come … come = iterazione 924 e sposa e madre = iterazione 925 Le mani armosse; e con le proprie mani = iterazione enfatica in chiasmo 926 luci = metonimia per occhi 927 strapposse = enclisi pronominale; è riassunta in questo verbo la vicenda della tragedia di Sofocle 54
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807. Ma già volge al suo fine il pranzo illustre: 808. Già Como e Dionisio 928 al desco intorno 809. Rapidissimamente in danza girano929 810. Con la libera Gioia 930. Ella saltando 811. Or questo or 931 quel de’ convitati lieve 812. Tocca col dito: e al suo toccar 932 scoppiettano 813. Brillanti vivacissime scintille, 814. Ch’altre ne destan poi. Sonan le risa: 815. Il clamoroso disputar s’accende: 816. La nobil vanità pugne le menti933: 817. E l’amor di sè sol, baldo scorrendo 934, 818. Porge un scettro a ciascuno; e dice: "regna". 819. Questi i concili di Bellona935, e quegli 820. Pènetra i tempj de la Pace 936. Un guida 821. I condottieri: a i consiglier consiglio 937 822. L’altro dona; e divide e capovolge 938 823. Con seste ardite939 il pelago e la terra. 824. Qual di Pallade940 l’arti e de le Muse941 825. Giudica e libra; qual 942 ne scopre acuto 826. L’alte cagioni; e i gran principj abbatte 928
Como e Dionisio = il primo è il dio dei banchetti, il secondo è il dio del vino 929 Rapidissimamente in danza girano = endecasillabo sdrucciolo, con ritmo molto veloce 930 Gioia = personificazione 931 Or … or = iterazione 932 Tocca … toccar = poliptoto 933 s’accende … pugne le menti = metafore 934 sè sol, baldo scorrendo = allitterazione 935 concili di Bellona = perifrasi per problemi militari (Bellona era una divinità guerriera). Cfr. Foscolo Ode all’amica risanata v. 67-68 <
827. Cui creò la natura, e che tiranni 828. Sopra il senso de gli uomini regnàro 829. Gran tempo in Grecia, e nel paese Tosco 830. Rinacquer poi più poderosi e forti 943. 831. Cotanto adunque di saper fia dato 832. A nobil capo? Oh letti oh specchi oh mense 833. Oh corsi oh scene oh feudi oh sangue oh avi944 834. Che per voi non s’apprende? Or tu signore 835. Co’ voli arditi del felice ingegno945 836. Sovra ognaltro t’innalza. Il campo è questo 837. Ove splender più dei. Nulla scienza, 838. Sia quant’esser mai puote arcana o grande, 839. Ti spaventi giammai. Se cosa udisti 840. O leggesti al mattino onde tu deggia 841. Gloria sperar; qual cacciator che segue 842. Circuendo la fera, e sì la guida 843. E volge di lontan che a poco a poco 844. A le insidie s’accosta e dentro piomba, 845. Tal tu il sermone altrui volgi sagace 846. Fin che là cada ove spiegar ti giove 847. Il tuo novo tesoro 946. E se pur ieri 848. Scesa in Italia pellegrina forma 849. Del parlar t’è già nota, allor tu studia 850. Materia espor che favellando ammetta 851. La nova gemma947; e poi che il punto hai colto, 852. Ratto la scopri; e sfolgorando abbaglia 853. Qual altra è mente che superba andasse 854. Di squisita eloquenza a i gran convivj. 855. In simil guisa il favoloso mago948,
943
Gran tempo in Grecia, e nel paese Tosco / Rinacquer poi più poderosi e forti = allusione allo splendore dell’arte classica e del Rinascimento toscano 944 Oh letti … oh avi = iterazione con forte senso ironico 945 Co’ voli arditi del felice ingegno = espressione metaforica, in cui il signore viene paragonato ad un’audace aquila che vola sopra tutto 946 qual cacciator … Tal tu il sermone … tesoro = ampia similitudine in cui il signore è paragonato ad un cacciatore che cattura la sua preda 947 Scesa in Italia … la nova gemma = lunga perifrasi per indicare il neologismo 55
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856. Che fe’ gran tempo desiar l’amante949 857. All’animosa vergin di Dordona950, 858. Da i cavalier che l’assalien bizzarri 859. Oprar lasciava ogni lor possa ed arte 860. Poi ecco in mezzo a la terribil pugna 861. Strappava il velo a lo incantato scudo 951; 862. E quei sorpresi dal bagliore immenso 863. Ciechi spingeva e soggiogati a terra. 864. Talor di Zoroastro 952 o d’Archimede953 865. Discepol sederà teco a la mensa 954. 866. Tu a lui ti955 volgi, seco lui ragiona, 867. Suo linguaggio ne apprendi; e quello poi 868. Qual se innato a te fosse alto ripeti. 869. Nè paventar quel che l’antica fama 870. Narra de’ lor compagni 956. Oggi la diva 871. Urania957 il crin compose; e gl’irti alunni 872. Smarriti958 vergognosi balbettanti959 873. Trasse da le lor cave, ove già tempo 874. Col profondo silenzio e con la notte 875. Tenean consiglio: e le servili braccia 876. Fornien di leve onnipotenti960, ond’alto 877. Salisser poi piramidi obelischi
878. Ad eternar de’ popoli superbi 879. I gravi casi: o pur con feri dicchi 961 880. Stavan contra i gran letti962: o di pignone963 881. Audace armati, spaventosamente 882. Cozzavan con la piena, e giù a traverso 883. Spezzate rovesciate dissipavano 964 884. Le tetre corna965: decima fatica 885. D’Ercole966 invitto. Ora i selvaggi amici 886. Urania ingentilì967. Baldi e leggiadri 887. Nel gran mondo li guida, o tra il clamore 888. De’ frequenti convivi, o pur tra i vezzi 889. De’ gabinetti968; ove a la docil dama 890. E al caro cavalier mostran qual via 891. Venere tenga, e in quante forme o quali 892. Suo volto lucidissimo si cangi969. 893. Nè del poeta temerai che beffi 894. Con satira indiscreta i detti tuoi; 895. O che a maligne risa esponer osi 896. Tuo talento immortale. All’alta mensa 897. Voi lo innalzaste970; e tra la vostra luce 898. Beato l’avvolgeste971; e de le Muse 899. A dispetto e d’Apollo al sacro coro 900. L’ascriveste de’ vati972. Ei de la mensa
948
il favoloso mago = perifrasi per indicare Atlante, personaggio dell’Orlando furioso 949 amante = si intende Ruggero 950 animosa vergin di Dordona = perifrasi per indicare Bradamante, coraggiosa eroina dell’Orlando furioso 951 incantato scudo = allusione allo scudo incantato di Atlante, che abbagliava i nemici 952 Zoroastro = leggendario astronomo persiano 953 Archimede = celeberrimo scienziato greco 954 Discepol sederà teco a la mensa = perifrasi per indicare gli scienziati 955 Tu … ti = poliptoto 956 Né paventar … compagni = la leggenda attribuiva agli scienziati la fama di scarsa socievolezza 957 diva / Urania = enjambement. Urania è la musa dell’Astronomia. Cfr. Manzoni “Urania” (1809) 958 alunni / Smarriti = enjambement 959 Smarriti vergognosi balbettanti = asindeto e climax 960 e le servili braccia / Fornien di leve onnipotenti = metafora per indicare macchine per il lavoro manuale
961
dicchi = le dighe gran letti = sineddoche per fiumi 963 pignone = rostro che sporgeva dalla diga per rompere la corrente 964 Spezzate rovesciate dissipavano = endecasillabo sdrucciolo 965 tetre corna = metafora per indicare la forza del fiume 966 fatica / D’Ercole = enjambement. La decima fatica di Ercole fu la lotta contro il fiume Acheloo 967 Urania ingentilì = allusione alla diffusione, tipica del Settecento, della letteratura di divulgazione scientifica 968 vezzi / De’ gabinetti = enjambement. Il gabinetto era la stanza di ricevimento della dama 969 qual via / Venere tenga … Suo volto … si cangi = verso ironico in cui l’autore sottolinea l’incostanza dell’amore 970 A l’alta mensa / Voi lo innalzaste = metafora 971 e tra lo vostra luce / Beato l’avvolgeste = metafora 972 e de le Muse / a dispetto e d’Apollo al sacro coro / L’ascriveste de’ vati = metafora in cui si evidenzia come il 962
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901. Fece il suo Pindo973: e guai a lui se quindi 902. Le dee sdegnate giù precipitando 903. Con le forchette il cacciano974. Meschino! 904. Più non poria su le dolenti membra 905. Del suo infermo signor chiedere aita 906. Da la buona Salute975; o con alate 907. Odi976 ringraziar, nè tesser inni 908. Al barbato figliuol di Febo intonso 977. 909. Più del giorno natale i chiari albori 910. Salutar non potrebbe; e l’auree frecce 978 911. Nomi-sempiternanti all’arco imporre 979.
vv. 912 – 1041 a cura di Eleonora Pinelli Si parla dell’imposizione ai nobili da parte della Moda di conoscenze relative ad Orazio, Petronio, Rousseau e Voltaire per far sfoggio di una cultura che non è tale. Infatti i nobili ricavano dalle nuove idee filosofiche solo ciò che è loro comodo, evitando i veri principi. Negli ultimi versi vengono descritti i poveri, ammoniti dai nobili che hanno da poco terminato il pranzo ricco di vivande, e pertanto la vista di questi miserabili rappresenta un attentato ai loro stomaci da poco appagati. Parini, comunque, sembra utilizzare toni di accusa e di critica nei confronti di Voltaire e di
poeta cortigiano non sia, agli occhi di Parini, poeta degno del nome che porta 973 Pindo = il monte delle muse 974 Le dee sdegnate … cacciano = metafora 975 Salute = personificazione 976 alate / Odi = enjambement e personificazione 977 barbato figliuol di Febo intonso = perifrasi per indicare Esculapio, dio della medicina, figlio di Apollo. 978 auree frecce = metafora 979 Nomi-sempiternanti all’arco imporre = metafora
Rousseau; pare infatti distaccarsi dalle loro idee antireligiose. 912. Non più gli urti festevoli980, o sul naso 913. L’elegante scoccar d’illustri dita 914. Fora dato sperare. A lui tu dunque 915. Non disdegna o signor981 volger talora 916. Tu’ amabil voce; a lui tu canta i versi 917. Del delicato cortigian d’Augusto982, 918. O di quel che tra Venere e Lièo 919. Pinse Trimalcion983: la Moda984 impone 920. Ch’Arbitro985 o Flacco986 a i begli spirti ingombri 921. Spesso le tasche. Oh come il vate amico 922. Te udrà meravigliando il sermon prisco 987 923. O sciogliere o frenar988 qual più ti piace! 924. E per la sua faretra e per li cento 925. Destrier focosi che in Arcadia 989 pasce990 926. Ti giurerà che di Donato991 al paro 927. Il difficil sermone intendi e gusti! 928. E questo ancor di rammentar fia tempo 929. I novi Sofi992 che la Gallia o l’Alpe993 980
urti festevoli = ossimoro o signor = intervento del narratore 982 delicato cortigian d’Augusto = perifrasi per indicare Orazio 983 quel che … Trimalcion = perifrasi per indicare Petronio arbitro che, in un capitolo del Satyricon, descrisse il ricco Trimalcione preda dell’ubriachezza (Lièo è epiteto di Bacco) e della lussuria (Venere) 984 Moda = personificazione 985 Arbitro = Petronio 986 Flacco = Orazio 987 sermon prisco = perifrasi per indicare la Lingua latina 988 O sciogliere o frenar = iterazione. Si allude al fatto di pronunciare il Latino allungando o abbreviando le sillabe senza alcun criterio 989 Arcadia = mitica regione della Grecia 990 E per la sua faretra … pasce = metafora. Si ironizza sulle finzioni dei poeti arcadici 991 Donato = notissimo grammatico latino del IV sec. D.C 992 Sofi = gli enciclopedisti e in generale gli illuministi francesi 981
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930. Ammirando persegue; e dir qual arse 931. De’ volumi infelici, o andò macchiato 932. D’infame nota994; e quale asilo appresti 933. Filosofia al morbido Aristippo 995 934. Del secol nostro, e qual ne appresti al novo 935. Diogene996 dell’auro sprezzatore 936. E della opinione de’ mortali. 997 937. Lor famosi volumi, o a te discesi 938. Per calle obliquo 998 e compri a gran tesoro 999, 939. O da cortese man prestati, fièno 940. Lungo ornamento a lo tuo speglio innante. 941. Poi che brevi gli avrai scorsi momenti 942. Ornandoti o a la man garrendo 1000 indotta 943. Del parrucchier; poi che t’avran più notti 944. Conciliato il facil sonno, al fine 945. Anco a lo speglio passeran di lei, 946. Che comuni ha con te studj e licèo, 947. Ove togato in cattedra elegante 948. Siede interprete Amore 1001. Or fia la mensa 949. Il favorevol loco, onde al sol esca
950. De’ brevi studj il glorioso frutto. 951. Chi por freni oserà d’inclita stirpe 952. All’animo a la mente?1002 Il vulgo tema 953. Oltre natura: e quei cui dona il vulgo1003 954. Titol di saggio mediti romito 955. Il ver celato1004; e al fin cada adorando 956. La sacra nebbia1005 che lo avvolge intorno. 957. Ma tu come sublime aquila1006 vola 958. Dietro a i sofi novelli. Alto dia plauso 959. Tutta la mensa1007 al tuo poggiare1008 audace. 960. Te con lo sguardo e con l’orecchio beva 1009 961. La dama da le tue labbra 1010 rapita: 962. Con cenno approvator vezzosa il capo 963. Pieghi sovente: e il calcolo e la massa 964. E la inversa ragion1011 sonino ancora 965. Su la bocca amorosa. Or più non odia 966. De le scole il sermone Amor 1012 maestro1013: 967. E l’accademia1014 e i portici1015 passeggia 968. De’ filosofi al fianco; e con la molle 969. Mano1016 accarezza le cadenti barbe 1017.
993
1002
Alpe = sineddoche per Svizzera. È un chiaro riferimento al ginevrino Rousseau 994 qual arse … D’infame nota = allusione ai libri bruciati per decreto della Magistratura come immorali o politicamente pericolosi 995 morbido Aristippo = Voltaire paragonato al filosofo antico fondatore dell’Edonismo 996 novo / Diogene = enjambement. Rousseau è paragonato all’antico filosofo cinico che ostentava disprezzo per le ricchezze 997 e quale asilo appresti / Filosofia al morbido Aristippo … e qual ne appresti al novo / Diogene … de’ mortali = metafore in cui si allude all’esilio al quale furono costretti Voltaire e Rousseau per evitare le persecuzioni politiche cui sarebbero stati soggetti in Francia. Vi è una punta ironica quando si afferma che la Filosofia (nella tradizione povera e inutile) è invece ora in grado di fornire comode residenze a questi filosofi alla moda 998 Per calle obliquo = metafora 999 a gran tesoro = iperbole 1000 garrendo = rimproverando 1001 Amore = personificazione
Chi por freni oserà d’inclita stirpe / All’animo a la mente? = interrogativa retorica 1003 Il vulgo tema … dona il vulgo = iterazione e chiasmo 1004 Il ver celato = perifrasi per indicare la religione 1005 La sacra nebbia = perifrasi per indicare le superstizioni religiose 1006 come sublime aquila = similitudine 1007 Tutta la mensa = metonimia per commensali 1008 poggiare = levarsi in volo 1009 beva = metafora 1010 labbra = metonimia per parole 1011 e il calcolo e la massa / E la inversa ragion = iterazione. Si tratta di locuzioni e termini tipici del linguaggio scientifico che il Giovin signore introduce a sproposito nei propri discorsi 1012 Amor = personificazione 1013 scole il sermone Amor maestro = allitterazione in “s” e in “r” 1014 accademia = allusione per antonomasia all’Accademia di Platone 1015 portici = allusione agli aristotelici 1016 molle / Mano = enjambement e allitterazione 58
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970. Ma guardati o signor guardati 1018oh dio 971. Dal tossico mortal che fuora esala 972. Da i volumi famosi1019: e occulto poi 973. Sa per le luci penetrato all’alma 974. Gir serpendo ne’ cori; e con fallace 975. Lusinghevole stil1020 corromper tenta 976. Il generoso de le stirpi orgoglio, 977. Che ti scevra dal vulgo. Udrai da quelli 978. Che ciascun de’ viventi all’altro è pari; 979. E caro a la natura e caro al cielo 1021 980. E’ non manco dite colui che regge 981. I tuoi destrieri e quel ch’ara i tuoi campi 1022; 982. E che la tua pietade o il tuo rispetto 983. Devrien fino a costor scender vilmente. 984. Folli sogni d’infermo! Intatti lascia 985. Così strani consigli: e solo attigni 986. Ciò che la dolce voluttà rinfranca, 987. Ciò che scioglie i desiri e ciò 1023 che nudre 988. La libertà magnanima1024. Tu questo 989. Reca solo a la mensa; e sol da questo 990. Plauso cerca ed onor: così dell’api 991. L’industrioso popolo ronzando 992. Gira di fiore in fior di prato in prato 1025; 993. E i dissimili sughi 1026raccogliendo 994. Tesoreggia nell’arnie: un giorno poi 995. Ne van colme le pàtere 1027 dorate
996. Sopra l’ara de’ numi; e d’ogni lato 997. Ribocca la fragrante alma dolcezza. 998. Or versa pur dall’odorato grembo 999. I tuoi doni o Pomona 1028; e l’ampie colma 1000. Tazze1029 che d’oro e di color diversi 1001. Fregia il Sassone1030 industre. E tu da i greggi 1002. Rustica Pale1031 coronata vieni 1003. Di melissa olezzante o di ginebro 1032; 1004. E co’ lavori tuoi di presso latte 1033 1005. Declina vergognando a chi ti chiede; 1006. Ma deporli non osa. In su la mensa 1007. Porien deposti le celesti nari 1034 1008. Pungere ahi troppo; e con ignobil senso 1009. Gli stomachi agitar: soli torreggino 1010. Sul ripiegato lino in varia forma 1011. I latti tuoi cui di serbato verno 1012. Assodarono i sali 1035, e fecer atti 1013. A dilettar con subito rigore 1014. Di convitato cavalier le labbra. 1015. Tu signor che farai poi che la dama 1016. Con la mano e col piè lieve puntando 1017. Move in giro i begli occhi; e altrui dà cenno 1018. Che di sorger è tempo? In piè d’un salto 1019. Balza primo di tutti; a lei soccorri, 1020. La seggiola rimovi, la man porgi, 1021. Guidala in altra stanza, e più non soffri 1022. Che lo stagnante de le dapi 1036 odore1037
1017
accarezza le cadenti barbe = allitterazione in “c” e in “r” guardati o signor guardati = iterazione che sottolinea con enfasi la funzione conativa 1019 Dal tossico mortal … volumi famosi = metafora per indicare la pericolosità di alcune dottrine filosofiche 1020 fallace / Lusinghevole stil = enjambement e allitterazione in “l” 1021 E caro a la natura e caro al cielo = iterazione 1022 ciascun de’ viventi all’altro è pari … campi = viene definito il principio di uguaglianza 1023 Ciò che … Ciò che … ciò che = anafora 1024 nudre / La libertà magnanima = enjambement ed eufemismo sarcastico 1025 di fiore in fior di prato in prato = iterazione 1026 dissimili sughi = metafora per indicare il polline di fiori diversi e allitterazione in “s” 1018
1027
pàtere = tazze (latinismo) Pomona = dea della frutta (celebre l’affresco del Pontormo, che raffigura Vertumno e Pomona nella Villa medicea di Poggio a Caiano) 1029 l’ampie colma / Tazze = iperbato 1030 Sassone = allusione alle celebri ceramiche di Sassonia 1031 Pale = divinità pastorale 1032 Di melissa olezzante o di ginebro = piante aromatiche 1033 presso latte = perifrasi per indicare il formaggio 1034 celesti nari = punta ironica 1035 I latti tuoi … i sali = perifrasi per indicare i gelati di crema fatti con il ghiaccio, conservato dall’inverno precedente, mescolato a sale 1036 dapi = vivande (latinismo) 1037 Che lo stagnante de le dapi odore = iperbato 1028
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1023. 1024. 1025. 1026. 1027. 1028. 1029. 1030. 1031. 1032. 1033. 1034. 1035. 1036. 1037. 1038. 1039. 1040. 1041.
1038
Il celabro 1038 le offenda1039. Ivi con gli altri Gratissimo vapor la invita, ond’empie L’aere1040 il caffè, che preparato fuma1041 In tavola minor, cui vela ed orna Indica tela1042. Ridolente1043 gomma Quinci arde in tanto, e va lustrando e purga 1044 L’aere profano, e fuor caccia de’ cibi Le volanti reliquie1045. Egri1046 mortali, Che la miseria e la fidanza1047 un giorno Sul meriggio guidàro a queste porte Tumultuosa ignuda atroce folla1048 Di tronche membra e di squallide facce E di bare e di grucce 1049, or via da lunge Vi confortate; e per le alzate nari Del divin prandio il nettare 1050 beete, Che favorevol aura a voi conduce: Ma non osate i limitari illustri1051 Assediar, fastidioso offrendo Spettacolo di mali ai nostri eroi.
Il celabro = cervello Il celabro le offenda = perifrasi per indicare il mal di testa 1040 aere = aria (latinismo) 1041 caffè, che preparato fuma = allitterazione in “f” 1042 Indica tela = perifrasi per indicare la tovaglia di seta indiana 1043 Ridolente = profumata (latinismo) 1044 e va lustrando e purga = iterazione ed endiadi 1045 Le volanti reliquie = metafora per indicare l’odore dei cibi che resta nella stanza 1046 Egri = malati (latinismo) 1047 fidanza = arcaismo per fiducia 1048 Tumultuosa ignuda atroce folla = asindeto trimembre 1049 Di tronche membra e di squallide facce / E di bare e di grucce = enumerazione particolarmente realistica attraverso efficaci sineddochi 1050 nettare = bevanda degli dei, qui metafora per indicare il profumo del pranzo 1051 limitari illustri = allitterazione in “l” ed enallage 1039
vv. 1042 – 1179 a cura di Barbara Ricci L’ultima parte del Meriggio è dedicata alla passeggiata sul corso in carrozza e al gioco da organizzare prima di uscire. Qui si colloca il racconto sulle origini del gioco del tric-trac. 1042. 1043. 1044. 1045. 1046. 1047. 1048. 1049. 1050. 1051. 1052.
E a te nobil garzon la tazza in tanto 1052 Apprestar converrà, che i lenti sorsi Ministri poi de la tua bella a i labbri 1053 E memore avvertir s’ella più goda, O sobria o liberal 1054temprar col dolce La bollente bevanda1055: o se più forse L’ami così come sorbir la gode Barbara sposa 1056, allor che molle assisa Ne’ broccati di Persia al suo signore Con le dita pieghevoli il selvoso Mento1057 vezzeggia; e la svelata fronte
1053.
Alzando il guarda; e quelli sguardi
1054. 1055. 1056. 1057. 1058. 1059. 1060. 1061. 1062. 1063.
Di far che a poco a poco di man cada Al suo signore la fumante canna1059. Mentre i labbri e la man v’occupa e scalda L’odoroso licor 1060, sublimi cose Macchinerà tua infaticabil mente. Quale oggi coppia di corsier de’ il carro Condur de la tua bella; o l’alte moli Che per le fredde piagge educa il Cimbro; O quei che abbeverò la Drava; o quelli Che a le vigili guardie un dì fuggiro
1058
han possa
1052
tazza in tanto = allitterazione in “t” labbri = metonimia per bocca 1054 O sobria o liberal = iterazione 1055 bollente bevanda = allitterazione in “b” e perifrasi per indicare il caffè 1056 Barbara sposa = similitudine con la sposa orientale, che beve il caffè amaro 1057 selvoso / Mento = enjambement e metafora 1058 guarda … sguardi = figura etimologica 1059 fumante canna = perifrasi per indicare la pipa o il narghilè 1060 odoroso licor = perifrasi per indicare il caffè 1053
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1064. 1065. 1066. 1067. 1068. 1069. 1070. 1071. 1072. 1073. 1074. 1075. 1076. 1077. 1078. 1079. 1080. 1081. 1082. 1083. 1084. 1085. 1086. 1087. 1088. 1089.
De la stirpe Campana 1061: oggi qual meglio Si convegna ornamento a i dorsi alteri; Se semplici e negletti, o se pomposi Di ricche nappe e variate stringhe Andran su l’alto collo i crin volando, E sotto a cuoi vermigli e ad auree fibbie 1062 Ondeggeranno li ritondi fianchi. Quale oggi 1063cocchio trionfanti al corso Vi porterà; se quel cui l’oro copre Fulgido al sole; e de’ vostr’alti aspetti Per cristallo settemplice concede Al popolo bearsi 1064; o quel, che tutto Caliginoso e tristo e a la marmorea Tomba simil1065 che de’ vostr’avi chiude I cadaveri eccelsi, ammette a pena Cupido sguardo altrui. Cotanta mole Di cose a un tempo sol nell’alto ingegno Tu verserai1066; poi col supremo auriga 1067 Arduo consiglio ne terrai; non senza Qualche lieve garrir1068 con la tua dama. Servi l’auriga ogni tua legge: e in tanto Altra cura subentri. Or mira i prodi Compagni1069 tuoi che, ministrato a pena Dolce conforto di vivande a i membri, Già scelto il campo, e già 1070 distinti in bande Preparansi giocando a fieri assalti. 1071
1090. 1091. 1092. 1093. 1094. 1095. 1096. 1097. 1098. 1099. 1100. 1101. 1102. 1103. 1104. 1105. 1106. 1107. 1108. 1109. 1110. 1111. 1112. 1113.
Così a queste, o signore 1072, illustre inganno Ore lente1073 si faccia. E s’altri ancora Vuole Amor1074 che s’inganni; altronde pugni La turba1075 convitata; e tu da un lato Sol con la dama tua quel gioco eleggi, Che due soltanto a un tavoliere ammetta. Già per ninfa gentil tacito ardea D’insoffribile ardor1076 misero amante, Cui null’altra eloquenza usar con lei Fuor che quella de gli occhi era concesso: Poi che il rozzo marito ad Argo eguale 1077 Vigilava mai sempre; e quasi biscia 1078 Ora piegando or 1079 allungando il collo Ad ogni verbo con gli orecchi acuti Era presente. Oimè, come con cenni O con notate tavole giammai O con1080 servi sedotti a la sua 1081bella Chieder pace ed aita? Ogni d’Amore Stratagemma finissimo vincea La gelosia del rustico marito. Che più lice1082 sperare? Al tempio ei viene Del nume accorto che le serpi annoda All’aurea verga, e il capo e le calcagna D’ali fornisce1083. A lui si prostra umile;
1071 1061
o l’alte moli / Che per le fredde piagge educa il Cimbro … De la stirpe Campana = elencazione delle diverse razze di cavalli: quelli di grande taglia, provenienti dall’Holstein, regione tedesca un tempo abitata dai Cimbri; quelli dell’Ungheria, che si sono abbeverati nel fiume Drava; infine quelli di razza campana 1062 ricche nappe … variate stringhe … cuoi vermigli … auree fibbie = fascino degli oggetti 1063 Quale oggi = ripresa del verso 1059 1064 e de’ vostr’alti aspetti … Al popolo bearsi = iperbato 1065 marmorea / Tomba simil = enjambement e similitudine 1066 verserai = metafora 1067 supremo auriga = il cocchiere che siede in alto, a cassetta 1068 non senza / Qualche lieve garrir = litote 1069 prodi / Compagni = enjambement 1070 Già … già = iterazione
scelto il campo … fieri assalti = ironia: il tavolo da gioco è paragonato al campo di battaglia 1072 o signore = intervento dell’io narrante 1073 queste … Ore lente = iperbato 1074 Amor = personificazione 1075 turba = latinismo 1076 ardea … ardor = figura etimologica 1077 ad Argo eguale = similitudine. Argo era il mostro mitologico dai cento occhi 1078 quasi biscia = similitudine 1079 Ora … or = iterazione 1080 O con … O con = anafora 1081 servi sedotti a la sua = allitterazione in “s” 1082 lice = latinismo 1083 nume accorto che le serpi annoda / All’aurea verga, e il capo e le calcagna / D’ali fornisce = perifrasi per indicare Mercurio, dio del commercio e degli inganni, che ha come 61
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1114. 1115. 1116. 1117. 1118. 1119. 1120. 1121. 1122. 1123. 1124. 1125. 1126. 1127. 1128. 1129. 1130. 1131. 1132. 1133. 1134. 1135. 1136. 1137. 1138. 1139. 1140. 1141.
E in questi detti lagrimando il prega. "O propizio a gli amanti, o buon figliuolo De la candida Maia 1084, o tu1085 che d’Argo Deludesti i cent’occhi, e a lui rapisti La guardata giovenca1086, i preghi accogli D’un amante infelice; e a lui concedi Se non gli occhi ingannar, gli orecchi almeno
D’importuno marito". Ecco si scote Il divin simulacro, a lui s’inchina, Con la verga pacifica la fronte Gli percote tre volte 1087: e il lieto amante Sente dettarsi ne la mente un gioco, Che i mariti assordisce1088. A lui diresti Che l’ali del suo piè concesse ancora Il supplicato dio, cotanto ei vola Velocissimamente a la sua donna. Là bipartita tavola prepara, Ov’èbano ed avorio intarsiati Regnan sul piano, e partono alternando In due volte sei case ambe le sponde. Quindici nere d’èbano rotelle E d’avorio bianchissimo altrettante Stan divise in due parti; e moto e norma Da duo dadi gittati attendon, pronte Gli spazj ad occupar, e quinci e quindi Pugnar contrarie. Oh cara a la fortuna Quella che corre innanzi all’altre; e seco Trae la compagna, onde il nemico assalto
insegna il caduceo, verga adornata di due serpi intrecciate, e che porta cappello e sandali alati 1084 Maia = figlia di Atlante, Titano, e di Pleione, ninfa del mare 1085 O propizio … o buon figliolo… o tu = iterazione ed invocazione 1086 La guardata giovenca = perifrasi per indicare la ninfa Io, che Giunone per gelosia aveva trasformato in giovenca 1087 tre volte = parodia del registro epico 1088 un gioco, / Che i mariti assordisce = si tratta del tric trac, una sorta di dama, le cui mosse erano regolate dal lancio di due dadi. Nei versi seguenti (vv. 1130 – 1147) sono descritte, anche con metafore militari, le regole del gioco e la forma della scacchiera
1142. 1143. 1144. 1145. 1146. 1147. 1148. 1149. 1150. 1151. 1152. 1153. 1154. 1155. 1156. 1157. 1158. 1159. 1160. 1161. 1162. 1163. 1164. 1165. 1166. 1167. 1168. 1169. 1170.
Forte sostenga! Oh giocator felice Chi pria l’estrema casa occupa; e l’altro De gli spazj a sè dati ordin riempie Con doppio segno! Ei trionfante allora Da la falange il suo rival combatte; E in proprio ben rivolge i colpi ostili. Al tavolier s’assidono ambidue L’amante cupidissimo e la ninfa. Quella una sponda ingombra e questi l’altra. Il marito col gomito s’appoggia All’un de’ lati; ambo gli orecchi tende; E sotto al tavolier di quando in quando Guata con gli occhi. Or l’agitar de i dadi Entro a sonanti bòssoli comincia, Ora il picchiar de’ bòssoli sul piano, Ora il vibrar lo sparpagliar l’urtare Il cozzar dei duo dadi, or de le mosse Rotelle il martellar. 1089 Torcesi e freme Sbalordito il geloso 1090: a fuggir pensa, Ma rattienlo il sospetto. Il fragor cresce Il rombazzo il frastono il rovinio 1091: Ei più regger non puote, in piedi balza, E con ambe le man tura gli orecchi. Tu vincesti o Mercurio. Il cauto amante Poco disse: e la bella intese assai 1092. Tal ne la ferrea età 1093, quando gli sposi Folle superstizion 1094chiamava allarme Giocato fu. Ma poi che l’aureo venne Secol 1095di novo; e che del prisco errore
1089
Or l’agitar … Ora il picchiar … Ora il vibrar … or … il martellar = iterazione che sottolinea i vari momenti del gioco 1090 il geloso = il marito. Il termine è mediato dalla tradizione lirica occitanica (gilos) 1091 Il fragor cresce / Il rombazzo il frastono il rovinio = climax e asindeto 1092 Poco disse: e la bella intese assai = antitesi e chiasmo. Si nota che la bella è al centro del verso, a sottolineare l’importanza della figura della dama, oggetto di tutte le attenzioni 1093 la ferrea età = metafora per indicare l’epoca medioevale 1094 Folle superstizion = perifrasi per indicare la gelosia 1095 l’aureo venne / Secol = iperbato e metafora 62
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1171. 1172. 1173. 1174. 1175. 1176. 1177. 1178.
Si spogliàro i mariti 1096, al sol diletto La dama e il cavalier volsero il gioco Che la necessità trovato avea. Fu superfluo il romor: di molle panno La tavola vestissi e de’ patenti Bòssoli il sen1097: lo schiamazzio molesto Tal rintuzzossi: e durò al gioco il nome, Che ancor l’antico strepito dinota.
IL VESPRO A CURA DI GIULIA AGOSTINI Il “Vespro” è la terza parte dell’opera di Parini. Venne pubblicato nel 1801 dal frate Francesco Reina, a causa della morte di Parini, assieme alla “Notte”. Comprende all’incirca 350 versi, ai quali sono stati aggiunti altri versi della parte conclusiva del “Meriggio”, come testimonia la prima edizione scritta dal poeta. Il Vespro quindi può essere considerata una parte dell’opera in alcuni punti incompleta. In questi versi Parini ci racconta la serata del “Giovin signore”, e quindi la serata di qualsiasi nobile. Il Vespro si articola su un episodio principale: la passeggiata in carrozza del “Giovin signore” con la sua Dama. La passeggiata dei due viene spesso interrotta da varie visite; una di queste conduce il “Giovin signore” e la Dama alla casa di un’amica di quest’ultima, che il
giorno precedente aveva avuto una crisi isterica. Qui il “Giovin signore” si trova a calmare gli animi delle dame presenti, che si divertono a infastidirsi, attraverso pettegolezzi sull’accaduto, l’una con l’altra. Più tardi, poi, i due giovani nobili riprendono la loro passeggiata, e questa volta vanno a trovare una giovane donna che ha partorito da poco il figlio primogenito. Il lieto evento, in questa casa, viene celebrato e cantato da alcuni poeti presenti; il “Giovin signore” si dimostra indignato di questi poeti, che egli stesso definisce <
1096
del prisco errore / Si spogliàro i mariti = metafora di molle panno / La tavola vestissi e de’ patenti / Bossoli il sen = metafora 1097
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vv. 1 – 188 a cura di Patrizia Silvestri In questa prima parte del Vespro viene svolto soprattutto il tema dell’amicizia; degna di nota è la scena in cui il giovin Marchese balza al collo del giovin Conte e gli imprime le gote di baci. 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16. 17. 18. 19. 20. 21. 1098
Ma de gli augelli e de le fere il giorno E de’ pesci squammosi e de le piante E dell’umana plebe1098 al suo fin corre. Già sotto al guardo de la immensa luce Sfugge l’un mondo: e a berne i vivi raggi1099 Cuba s’affretta e il Messico e l’altrice Di molte perle California estrema 1100: E da’ maggiori colli e dall’eccelse Rocche il sol manda gli ultimi saluti1101 All’Italia fuggente; e par che brami Rivederti o Signor prima che l’alpe O l’appennino o il mar curvo 1102ti celi A gli occhi suoi. Altro finor non vide Che di falcato mietitore i fianchi Su le campagne tue piegati e lassi, E su le armate mura or braccia or spalle Carche di ferro, e su le aeree capre 1103 De gli edificj tuoi man scabre e arsicce 1104, E villan polverosi innanzi a i carri Gravi del tuo ricolto, e su i canali E su i fertili laghi irsuti petti
e de le fere … E de’ pesci … e de le piante / E dell’umana plebe = iterazione ed anafora 1099 berne i vivi raggi = metafora 1100 l’altrice / Di molte perle California estrema = iperbato. La California, posta all’estremo occidente dell’America, è produttrice di perle 1101 il sol manda gli ultimi saluti = metafora 1102 O l’appennino o il mar curvo = iterazione 1103 or braccia or spalle / Carche di ferro, e su le aeree capre = iterazione e allitterazione in “r” 1104 scabre e arsicce = allitterazione in “s” e in “r”
22. 23. 24. 25. 26. 27. 28. 29. 30. 31. 32. 33. 34. 35. 36. 37. 38. 39. 40. 41. 42. 43. 44. 45. 46.
Di remigante che le alterne merci1105 A’ tuoi comodi guida ed al tuo lusso; Tutti ignobili aspetti. Or colui veggia Che da tutti servito a nullo serve1106. Pronto è il cocchio felice 1107. Odo le rote Odo1108 i lieti corsier che all’alma sposa E a te suo fido cavalier nodrisce Il placido marito. Indi la pompa Affrettasi de’ servi1109; e quindi attende Con insigni berretti e argentee mazze Candida gioventù che al corso1110 agogna I moti espor de le vivaci membra: E nell’audace cor forse presume A te rapir de la tua bella i voti. Che tardi omai? Non vedi tu com’ella Già con morbide piume a i crin leggeri La bionda che svani polve rendette1111; E con morbide piume 1112in su la guancia Fe’ più vermiglie rifiorir che mai Le dall’aura predate amiche rose 1113? Or tu nato di lei ministro e duce 1114 L’assisti all’opra; e di novelli odori La tabacchiera e i bei cristalli aurati 1115 Con la perita mano a lei rintègra: Tu il ventaglio le scegli adatto al giorno;
1105
i carri / Gravi … ricolto … fertili … irsuti … remigante … alterne merci = allitterazione in “r” 1106 Che da tutti servito a nullo serve = si nota la sottile ironia (il Giovin signore non serve a nulla); servito … serve = poliptoto 1107 cocchio felice = metafora 1108 Odo … Odo = iterazione 1109 Indi la pompa / Affrettasi de’ servi = iperbato 1110 corso = si allude alla passeggiata che si svolgeva sul corso di Porta orientale 1111 La bionda che svani polve rendette = iperbato 1112 con morbide piume = ripresa del v. 37. Si allude al ritocco del trucco 1113 Le dall’aura predate amiche rose = iperbato. 1114 ministro e duce = antitesi 1115 La tabacchiera e i bei cristalli aurati = fascino degli oggetti 64
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47. 48. 49. 50. 51. 52. 53. 54. 55. 56. 57. 58. 59. 60. 61. 62. 63. 64. 65. 66. 67. 68. 69. 70. 71. 72. 73. 74. 75. 76. 1116
E tenta poi fra le giocose dita Come agevole scorra. Oh qual con lieti Nè ben celati a te guardi e sorrisi Plaude la dama al tuo sagace tatto!1116 Ecco ella sorge; e del partir dà cenno: Ma non senza sospetti e senza1117 baci A le vergini ancelle il cane affida Al par de’ giochi al par 1118 de’ cari figli Grave sua cura1119: e il misero dolente Mal tra le braccia contenuto e i petti Balza e guaisce in suon che al rude vulgo Ribrezzo porta di stridente lima 1120; E con rara celeste melodia Scende a gli orecchi de la dama e al core. Mentre così fra i generosi affetti E le intese blandizie e i sensi arguti E del cane1121 e di sè la bella oblia Pochi momenti; tu di lei più saggio Usa del tempo: e a chiaro speglio innante I bei membri ondeggiando alquanto libra Su le gracili gambe; e con la destra Molle1122 verso il tuo sen piegata e mossa Scopri la gemma1123 che i bei lini1124 annoda; E in un di quelle ond’hai si grave il dito L’invidiato folgorar cimenta: Poi le labbra componi; ad arte i guardi Tempra qual più ti giova; e a te sorridi. Al fin tu da te sciolto, ella dal cane Ambo al fin v’appressate. Ella da i lumi1125 Spande sopra di te quanto a lei lascia
Oh qual con lieti / Nè ben celati a te guardi e sorrisi / Plaude la dama al tuo sagace tatto! = iperbato 1117 non senza … senza = iterazione e litote 1118 Al par … al par = iterazione 1119 cura = latinismo 1120 rude vulgo / Ribrezzo porta di stridente lima = allitterazione in “r” 1121 E le intese … E del cane = anafora 1122 destra / Molle = enjambement 1123 gemma = la spilla (sineddoche) 1124 lini = le trine della camicia (metonimia) 1125 lumi = metonimia per occhi
77. D’eccitata pietà l’amata belva1126; 78. E tu sopra di lei da gli occhi versi 79. Quanto in te di piacer destò il tuo volto. 80. Tal seguite ad amarvi: e insieme avvinti, 81. Tu a lei sostegno, ella di te 1127conforto, 82. Itene omai de’ cari nodi vostri 83. Grato dispetto a provocar nel mondo. 84. Qual primiera sarà che da gli amati 85. Voi sul vespro nascente alti palagi 86. Fuor conduca o Signor voglia1128 leggiadra? 87. Fia la santa Amistà1129, non più feroce 88. Qual ne’ prischi eccitar tempi godea1130 89. L’un per l’altro a morir gli agresti eroi1131; 90. Ma placata e innocente al par di questi 91. Onde la nostra età sorge sì chiara 92. Di Giove alti incrementi1132. Oh dopo i tardi 93. De lo specchio consigli e dopo i giochi 94. Dopo le mense1133, amabil dea, tu insegni 95. Come il giovin Marchese al collo balzi 96. Del giovin Conte; e come a lui di baci 97. Le gote imprima; e come il braccio annode 98. L’uno al braccio dell’altro; e come insieme 1134 99. Passeggino elevando il molle mento1135 100. E volgendolo in guisa di colombe 1136; 101. E palpinsi1137 e sorridansi e rispondansi1138 102. Con un vezzoso tu. Tu1139 fra le dame 1126
amata belva = metafora Tu a lei sostegno, ella di te = poliptoto 1128 Qual primiera … voglia = iperbato 1129 Amistà = personificazione 1130 Qual ne’ prischi eccitar tempi godea = iperbato 1131 agresti eroi = i rozzi eroi primitivi 1132 Di Giove alti incrementi = nobile progenitura di Giove (vi è una punta di ironia) 1133 dopo … dopo i giochi / Dopo le mense = iterazione 1134 Come il giovin Marchese …e come a lui …e come il braccio …e come insieme = iterazione 1135 molle mento = allitterazione 1136 in guisa di colombe = similitudine 1137 E volgendolo … E palpinsi = anafora 1138 E palpinsi e sorridansi e rispondansi = polisindeto ed enclisi pronominale 1127
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103. Sul mobil arco de le argute lingue 104. I già pronti a scoccar dardi trattieni 1140 105. S’altra giugne improvviso a cui rivolti 106. Pendean di già: tu fai che a lei presente 107. Non osin dispiacer le fide amiche: 108. Tu le carche faretre 1141a miglior tempo 109. Di serbar le consigli. Or meco scendi; 110. E i generosi ufici e i cari sensi 111. Meco detta al mio eroe; tal che, famoso 112. Per entro al suon de le future etadi 1142, 113. E a Pilade1143 s’eguagli e a quel che trasse 114. Il buon Tesèo da le Tenarie foci 1144. 115. Se da i regni che l’alpe o il mar divide 116. Dall’Italico lido1145 in patria or giunse 117. Il caro amico; e da i perigli estremi 118. Sorge d’arcano mal, che in dubbio tenne 119. Lunga stagione i fisici eloquenti1146, 120. Magnanimo garzone andrai tu forse 121. Trepido ancora per l’amato capo 1147 122. A porger voti sospirando? Forse 123. Con alma dubbia e palpitante i detti 124. E i guardi e il viso1148 esplorerai de’ molti 125. Che il giudizio di voi menti si chiare 126. Fra i primi assunse d’Esculapio alunni1149? 1139
… tu. Tu … = anadiplosi Tu fra le dame / Sul mobil arco de le argute lingue / I già pronti a scoccar dardi trattieni = iperbato e metafora. – Si coglie una sottile ironia 1141 carche faretre = continua la metafora già iniziata, con la quale si paragonano le maldicenze alle frecce 1142 suon de le future etadi = metafora 1143 Pilade = personaggio mitologico che offrì la propria vita in cambio di quella dell’amico Oreste 1144 quel che trasse / Il buon Tesèo da le Tenarie foci = perifrasi per indicare Ercole che liberò Teseo dall’inferno (le Tenarie foci sono l’ingresso dell’inferno) 1145 da i regni che l’alpe … Italico lido = vari paesi confinanti con l’Italia 1146 i fisici eloquenti = i medici chiacchieroni (punta ironica) 1147 amato capo = sineddoche 1148 E i guardi e il viso = iterazione 1149 d’Esculapio alunni = perifrasi per indicare i medici 1140
127. O di leni origlieri1150 all’omer lasso 128. Porrai sostegno; e vital sugo 1151a i labbri 129. Offrirai di tua mano? O pur con lieve 130. Bisso1152 il madido fronte a lui tergendo, 131. E le aurette agitando, il tardo sonno 132. Inviterai a fomentar con l’ali1153 133. La nascente salute? Ahi no; tu lascia 134. Lascia che il vulgo di sì tenui cure 135. Le brevi anime ingombri; e d’un sol atto 136. Rendi l’amico tuo felice a pieno. 137. Sai che fra gli ozj del mattino illustri1154, 138. Del gabinetto al tripode sedendo, 139. Grand’arbitro del bello oggi creasti 140. Gli eccellenti nell’arte. Onor cotanto 141. Basti a darti ragion su le lor menti 142. E su l’opre di loro. Util ciascuno 143. A qualch’uso ti fia. Da te mandato 144. Con acuto epigramma il tuo poeta 145. La mentita virtù1155 trafigger puote1156 146. D’una bella ostinata: e l’elegante 147. Tuo dipintor1157 può con lavoro egregio 148. Tutti dell’amicizia onde ti vanti 149. Compendiar gli ufici1158 in breve carta1159; 150. O se tu vuoi che semplice vi splenda 151. Di nuda maestade il tuo gran nome; 152. O se in antica lapide imitata 153. Inciso il brami; o se 1160 in trofeo sublime 154. Accumulate a te mirar vi piace 155. Le domestiche insegne, indi un lione 1150
origlieri = cuscini (francesismo) vital sugo = perifrasi per indicare le medicine 1152 lieve / Bisso = enjambement 1153 ali = metafora per ventaglio 1154 gli ozj del mattino illustri = iperbato 1155 mentita virtù = ossimoro 1156 trafigger puote = metafora 1157 elegante / Tuo dipintor = enjambement 1158 Tutti dell’amicizia onde ti vanti / Compendiar gli ufici = iperbato 1159 breve carta = metonimia per biglietto da visita 1160 O se tu vuoi … O se in antica … o se = anafora e iterazione 1151
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156. Rampicar furibondo e quindi l’ale 157. Spiegar l’augel che i fulmini ministra1161, 158. Qua timpani e vessilli e lance e spade, 159. E là scettri e collane e manti e velli 1162 160. Cascanti argutamente1163. Ora ti vaglia 161. Questa carta o signor serbata all’uopo; 162. Or fia tempo d’usarne. Esca e con essa 163. Del caro amico tuo voli a le porte 164. Alcun de’ nuncj1164 tuoi; quivi deponga 165. La tessera beata1165; e fugga; e torni 166. Ratto su l’orme tue pietoso eroe, 167. Che già pago di te ratto 1166 a traverso 168. E de’ trivii e del popolo dilegui. 169. Già il dolce amico tuo nel cor commosso, 170. E non senza versar 1167qualche di pianto 171. Tenera stilla1168 il tuo bel nome or legge, 172. Seco dicendo: "oh ignoto al duro vulgo 173. Sollievo almo de’ mali! Oh sol concesso 174. Facil commercio a noi alme sublimi 175. E d’affetti e di cure! Or venga il giorno 176. Che sì grate alternar nobili veci 177. A me sia dato!1169" Tale sbadigliando 178. Si lascia da la man lenta cadere 179. L’amata carta; e te la carta 1170e il nome 180. Soavemente in grembo al sonno oblia. 181. Tu fra tanto 1171colà rapido il corso 1161
l’augel che i fulmini ministra = perifrasi per indicare l’aquila 1162 timpani e vessilli e lance e spade, / E là scettri e collane e manti e velli = enumerazione e polisindeto 1163 argutamente = con arguzia. Allude al concettismo seicentesco che ebbe un ampio terreno su cui sbizzarrirsi nell’immaginare emblemi 1164 nuncj = latinismo 1165 tessera beata = metonimia per indicare il biglietto da visita, reso beato dal nome che porta 1166 Ratto su l’orme … ratto = iterazione 1167 E non senza versar = litote 1168 qualche di pianto / Tenera stilla = iperbato 1169 oh ignoto … Oh sol … Or venga … dato = invocazione e iterazione 1170 L’amata carta; e te la carta = iterazione e metonimia
182. Declinando intraprendi ove la dama 183. Co’ labbri desiosi 1172e il premer lungo 184. Del ginocchio sollecito ti spigne 185. Ad altre opre cortesi. Ella non meno 186. All’imperio possente1173 a i cari moti 187. Dell’amistà risponde. A lei non meno1174 188. Palpita nel bel petto 1175un cor gentile1176
vv. 189 – 349 a cura di Debora Tagliatti Abbiamo la descrizione della visita della dama a un’amica, reduce da un attacco isterico. E’ questo il pretesto per evidenziare rapporti umani basati sul vuoto, su una ostilità mascherata da una falsa attenzione verso il prossimo. Segue la visita all’amica che ha appena partorito. 189. Che fa l’amica sua? Misera! Ieri, 190. Qual fusse la cagion, fremer fu vista 191. Tutta improvviso, ed agitar repente 1177 192. Le vaghe membra. Indomito rigore 193. Occupolle 1178le cosce; e strana forza 194. Le sospinse le braccia. Illividiro 195. I labbri onde l’Amor l’ali rinfresca 1179; 196. Enfiò la neve de la bella gola 1180; 197. E celato candor da i lini 1181 sparsi 1171
Tu fra tanto = allitterazione in “t” labbri desiosi = metonimia 1173 non meno / … possente … risponde. = litote 1174 non meno … non meno = epifora 1175 Palpita nel bel petto = allitterazione in “p” 1176 cor gentile = allusione alla poetica del Dolce stil nuovo. Cfr. Guinizzelli “Al cor gentil rempaira sempre Amore” 1177 fremer … improvviso, ed agitar repente = allitterazione in “r” 1178 Occupolle = enclisi pronominale 1179 Amor l’ali rinfresca = personificazione e metafora 1180 la neve de la bella gola = metafora 1172
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198. Effuso rivelossi 1182a gli occhi altrui. 199. Gli Amori1183 si schermiron con la benda; 200. E indietro rifuggironsi le Grazie1184. 201. In vano il cavaliere, in van lo sposo 202. Tentò frenarla, in van1185 le damigelle 203. Che su lo sposo e il cavaliere e lei 204. Scorrean col guardo; e poi 1186 ristrette insieme 205. Malignamente1187 sorrideansi in volto. 206. Ella truce guatando curvò in arco 207. Duro e feroce le gentili schiene1188 208. Scalpitò col bel piede; e ripercosse 209. La mille volte 1189ribaciata1190 mano 210. Del tavolier ne le pugnenti sponde1191. 211. Livida pesta scapigliata 1192e scinta 212. Al fin stancò tutte le forze; e cadde 213. Insopportabil pondo 1193 sopra il letto. 214. Nè fra l’intime stanze o fra le chiuse 215. Gemine porte1194 il prezioso evento 216. Tacque ignoto molt’ore. Ivi la Fama 1195 1181
lini = metonimia rivelossi = enclisi pronominale 1183 Amori = personificazione 1184 Grazie = personificazione. Le Grazie o Cariti erano figlie di Zeus ed Eurimone e incarnavano i valori della grazia e della bellezza; per questo era consueta la loro presenza nel seguito di Afrodite 1185 In vano il cavalier, in van lo sposo … in van le damigelle = iterazione 1186 e il cavaliere e lei … e poi = iterazione e polisindeto 1187 Malignamente = maliziosamente: viene messa in evidenza la falsità e l’ipocrisia dei rapporti umani all’interno del mondo nobiliare 1188 le gentili schiene = plurale poetico 1189 mille volte = iperbole 1190 ripercosse … ribaciata = ri – prefisso iterativo 1191 Del tavolier ne le pugnenti sponde = iperbato 1192 Livida pesta scapigliata = asindeto 1193 pondo = latinismo 1194 chiuse / Gemine porte = enjambement e latinismo 1195 Fama = personificazione. Era rappresentata come una giovane donna con cento occhi e molti orecchi. Corrispondeva alla greca Ossa 1182
217. Con uno il colse de’ cent’occhi suoi; 218. E il bel pegno rapito 1196uscì portando 219. Fra le adulte1197 matrone, a cui segreto 220. Dispetto1198 fanno i pargoletti amori, 221. Che da la maestà de gli otto lustri 1199 222. Fuggon volando a più scherzosi nidi1200. 223. Una è fra lor che gli altrui nodi or cela 224. Comoda e strigne; or d’ispida virtude 225. Arma suoi detti1201; e furibonda in volto 226. E infiammata ne gli occhi alto declama 227. Interpreta ingrandisce1202 i sagri arcani 228. De gli amorosi gabinetti; e a un tempo 229. Odiata e desiata 1203eccita il riso 230. Or co’ proprj misterj or 1204 con gli altrui. 231. La vide la notò, sorrise alquanto 232. La volatile dea1205, disse: tu sola 233. Sai vincere il clamor de la mia tromba. 234. Disse, e in lei si mutò. Prese il ventaglio, 235. Prese1206 le tabacchiere, il cocchio ascese; 236. E là venne trottando ove de’ grandi 237. È il consesso più folto. In un momento 238. Lo sbadigliar s’arresta. In un momento1207 239. Tutti gli occhi e gli orecchi e tutti i labbri 1208 1196
bel pegno rapito = metafora adulte = mature: latinismo o eufemismo 1198 segreto / Dispetto = enjambement 1199 otto lustri = perifrasi per indicare i quaranta anni 1200 Fuggon volando a più scherzosi nidi = metafora 1201 Una è fra lor che gli altrui nodi or cela / Comoda e strigne; or d’ispida virtude / Arma suoi detti = questi versi contengono una perifrasi per indicare la dama che funge da mezzana; un’iterazione di or; un’antitesi (cela / Comoda … d’ispida virtude / Arma); una metafora (Arma suoi detti) 1202 declama / Interpreta ingrandisce = climax e allitterazione in “i” 1203 Odiata e desiata = antitesi 1204 Or … or = iterazione 1205 La volatile dea = perifrasi per indicare la fama 1206 Prese … Prese = iterazione 1207 In un momento … In un momento = epifora 1208 Tutti gli occhi e gli orecchi e tutti i labbri = iterazione di tutti; allitterazione in “chi” 1197
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240. Si raccolgono in lei: ed ella 1209al fine, 241. E ansando e percotendosi 1210con ambe 242. Le mani1211 le ginocchia, il fatto espone 243. E del fatto1212 le origini riposte. 244. Riser le dame allor pronte domane 1213 245. A fortuna simil, se mai le vaghe 246. Lor fantasie commoverà negato 247. Da i mariti compenso a un gioco avverso 1214, 248. O in faccia a lor per deità maggiore 1215 249. Negligenza d’amante, o al can diletto 250. Nata subita tosse: e rise ancora 251. La tua dama con elle: e in cor dispose 252. Di teco visitar l’egra1216 compagna. 253. Ite al pietoso uficio, itene 1217 or dunque: 254. Ma lungo consigliar duri tra voi 255. Pria che a la meta il vostro cocchio arrive. 256. Se visitar, non già veder l’amica 257. Forse a voi piace, tacita a le porte 258. La volubile rota il corso arresti 1218: 259. E il giovanetto messagger salendo 260. Per le scale sublimi 1219a lei v’annunzj 261. Si che voi non volenti ella non voglia1220. 262. Ma, se vaghezza poi ambo vi prende 263. Di spiar chi sia seco1221, e di turbarle 264. L’anima un poco, e ricercarle in volto 265. De’ suoi casi la serie, il cocchio allora
266. Entri: e improvviso ne rimbombi e frema 1222 267. L’atrio superbo. Egual piacere inonda 1223 268. Sempre il cor de le belle o che opportune 269. O giungano importune1224 alle lor pari. 270. Già le fervide amiche 1225ad incontrarse 271. Volano1226 impazienti; un petto all’altro 272. Già premonsi abbracciando; alto le gote 273. D’alterni baci risonar già fanno; 274. Già1227 strette per la man co’ dotti fianchi 1228 275. Ad un tempo amendue cadono a piombo 1229 276. Sopra il sofà. Qui l’una un sottil motto 277. Vibra al cor 1230dell’amica; e a i casi allude 278. Che la Fama narrò: quella repente 279. Con un altro l’assale. Una nel viso 280. Di bell’ire s’infiamma1231: e l’altra i vaghi 281. Labbri1232 un poco si morde: e cresce in tanto 282. E quinci ognor più violento e quindi1233 283. Il trepido agitar de i duo ventagli. 284. Così, se mai al secol di Turpino 1234 285. Di ferrate guerriere un paro illustre 286. Si scontravan per via, ciascuna ambiva 287. L’altra provar quel che valesse in arme1235; 288. E dopo le accoglienze oneste e belle 289. Abbassavan lor lance e co’ cavalli 290. Urtavansi 1236feroci; indi infocate 1222
1209
in lei: ed ella = poliptoto 1210 E ansando e percotendosi = iterazione, allitterazione in “nd” 1211 ambe / Le mani = enjambement 1212 fatto … fatto = iterazione 1213 Riser le dame allor pronte domane = allitterazione in “r” e in “d” 1214 negato / Da i mariti compenso a un gioco avverso = iperbato 1215 deità maggiore = metafora 1216 egra = latinismo 1217 Ite … itene = iterazione 1218 tacita … il corso arresti = metafora 1219 scale sublimi = allitterazione in “s” 1220 voi non volenti ella non voglia = allitterazione e poliptoto 1221 spiar chi sia seco = allitterazione in “s”
rimbombi e frema = onomatopea piacere inonda = metafora 1224 opportune … importune = antitesi 1225 fervide amiche = in senso ironico 1226 Volano = metafora iperbolica 1227 Già …Già … Già = anafora (vv. 270,272,274) 1228 dotti fianchi = metonimia 1229 cadono a piombo = metafora ironica 1230 Vibra al cor = metafora ironica 1231 Di bell’ire s’infiamma = metafora e metonimia 1232 vaghi / Labbri = enjambement 1233 quinci … quindi = antitesi 1234 Turpino = arcivescovo di Reims, personaggio della corte di Carlo Magno 1235 Così … ciascuna ambiva / L’altra provar … arme = similitudine 1236 Urtavansi = enclisi pronominale 1223
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291. Di magnanima stizza 1237i gran tronconi 292. Gittavan via de lo spezzato cerro 1238, 293. E correan con le destre a gli elsi enormi. 294. Ma di lontan per l’alta selva fiera 295. Un messagger con clamoroso suono 296. Venir s’udiva galoppando; e l’una 297. Richiamare a re Carlo, o al campo l’altra 298. Del giovane Agramante1239. Osa tu pure 299. Osa1240 invitto garzone il ciuffo e i ricci 300. Si ben finti stamane all’urto esporre 301. De’ ventagli sdegnati1241: e a nuove imprese 302. La tua bella invitando, i casi estremi 303. De la pericolosa ira sospendi 1242. 304. Oh solenne a la patria oh 1243all’orbe intero 305. Giorno fausto e beato al fin sorgesti 306. Di non più visto in ciel roseo splendore 307. A sparger l’orizzonte. Ecco la sposa 308. Di Ramni eccelsi 1244l’inclit’alvo1245 al fine 309. Sgravò di maschia desiata prole 310. La prima volta1246. Da le lucid’aure 311. Fu il nobile vagito accolto a pena, 312. Che cento messi a precipizio usciro 313. Con le gambe pesanti 1247e lo spron duro 314. Stimolando i cavalli, e il gran convesso
315. Dell’etere sonoro alto ferendo 316. Di scutiche e di corni1248: e qual si sparse 317. Per le cittadi popolose, e diede 318. A i famosi congiunti il lieto annunzio: 319. E qual 1249per monti a stento rampicando 320. Trovò le rocche e le cadenti mura 321. De’ prischi1250 feudi ove la polve e l’ombra 322. Abita e il gufo; e i rugginosi ferri1251 323. Sopra le rote mal sedenti al giorno 324. Di novo espose, e fe’ scoppiarne il tuono; 325. E i gioghi de’ vassalli e le vallèe1252 326. Ampie e le marche1253 del gran caso empièo. 327. Nè le Muse devote, onde gran plauso 328. Venne l’altr’anno a gl’imenei felici, 329. Già si tacquero1254 al parto. Anzi, qual suole 330. Là su la notte dell’ardente agosto 331. Turba di grilli, e più lontano ancora 332. Innumerabil popolo di rane 333. Sparger d’alto frastuono i prati e i laghi, 334. Mentre cadon su lor fendendo il buio 335. Lucide strisce1255, e le paludi accende 336. Fiamma improvvisa 1256che lambisce e vola; 337. Tal1257 sorsero i cantori a schiera a schiera 1258; 338. E tal piovve su lor foco febèo 1259, 339. Che di motti ventosi alta compaggine1260
1237
infocate / Di magnanima stizza = metafora ed ossimoro i gran tronconi / Gittavan via de lo spezzato cerro = iperbato e metonimia 1239 e l’una / Richiamare a re Carlo, o al campo l’altra / Del giovane Agramante = richiamo a episodi e personaggi dell’Orlando furioso 1240 Osa … Osa = iterazione 1241 ventagli sdegnati = metonimia 1242 i casi estremi / De la pericolosa ira sospendi = iperbato 1243 Oh … oh = invocazione e iterazione 1244 Ramni eccelsi = aristocratici di antichissima nobiltà. I Ramni (o Ramnes) erano una delle tre tribù originarie dell’antica Roma (le altre due erano costituite dai Tities e dai Luceres) 1245 inclit’alvo = latinismo per nobile ventre 1246 Sgravò di maschia desiata prole / La prima volta = si allude al parto 1247 gambe pesanti = pesanti a causa degli stivali 1238
1248
e il gran convesso / Dell’etere sonoro alto ferendo / Di scutiche e di corni = metafora per indicare l’annunzio del lieto evento 1249 e qual … E qual = iterazione 1250 prischi = latinismo 1251 i rugginosi ferri = metonimia 1252 vassalli e le vallèe = allitterazione in “v” e in “l” 1253 le marche = le regioni poste ai confini 1254 Né le Muse … si tacquero = litote 1255 Lucide strisce = metonimia per stelle cadenti 1256 Fiamma improvvisa = i fuochi fatui 1257 qual suole / Là su la notte … Tal = ampia similitudine in cui il primo termine è costituito da grilli e rane ai quali vengono paragonati i cantori del lieto evento (il parto). È evidente il distanziamento ironico dell’io narrante. 1258 a schiera a schiera = ripetizione 1259 foco febèo = allitterazione e metafora 70
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340. Fe’ dividere in righe, o in simil suono1261 341. Uscir pomposamente. Altri scoperse 342. In que’ vagiti Alcide1262, altri d’Italia 343. Il soccorso promise, altri 1263 a Bizanzio 344. Minacciò lo sterminio. A tal clamore 345. Non ardi la mia Musa1264 unir sue voci: 346. Ma del parto divino al molle orecchio 1265 347. Appressò non veduta; e molto in poco 348. Strinse dicendo: "Tu sarai simile 349. Al tuo gran genitore1266
LA NOTTE A CURA DI SARA BAZZIGALUPPI Dell’opera “La Notte” rimangono poco meno di 700 versi, oltre ad un cospicuo numero di frammenti più o meno lunghi, che sarebbero stati collocati al loro posto in una successiva elaborazione. Dopo aver invocato la Notte, perché aiuti il poeta a guidare il “Giovin signore” anche in questa ultima parte del giorno, Parini presenta la Notte come una 1260
Che di motti ventosi alta compaggine = metafora e iperbato; si noti l’endecasillabo sdrucciolo 1261 simil suono = allitterazione in “s” 1262 Alcide = appellativo di Eracle, figlio di Alcmena e nipote di Alceo 1263 Altri … altri … altri = iterazione 1264 Musa = metonimia per poesia 1265 molle orecchio = sinestesia 1266 Al tuo gran genitore = emistichio settenario. – si nota la pungente ironia dell’io narrante
figura inquietante, segnata dalla minaccia e dall’ignoto. Segue poi un’antitesi tra la notte come momento di riposo dei vecchi nobili, affaticati dalle commissioni quotidiane, e la notte come momento di piacere dei giovani nobili, con balli e feste. Dopo il timore che il “Giovin signore” abbia avuto un incidente, scontrandosi con un’altra carrozza, il poeta lo ritrova beatamente sdraiato a godersi il fresco con la sua dama. Si recano insieme ad un grande ricevimento notturno, dove nella sala più lussuosa del palazzo c’è la <
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vv. 1 – 224 a cura di Federica Tedeschi E’ la parte più cupa e tetra del poema, soprattutto quando l’autore fa riferimento alle ombre terribili, alle alte torri disseminate di teschi e agli uccelli tipicamente notturni, come le upupe, i gufi e agli animali che non amano la luce del sole. Parini parla di fantasmi nell’oscurità, fino ad arrivare a citare l’Amore, Venere e le altre divinità che corrono nella notte. Il poeta parla poi dello scontro fra la carrozza del suo Giovin signore con un’altra: questo sarà motivo per far parlare il mondo di lui. L’ultima parte è dedicata al rapporto del Giovin signore con la sua dama, citando Amore, testimone del desiderio adultero. Vi è anche un riferimento al gioco, passione di molta gente per dimenticare le delusioni d’amore. 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9.
Nè tu contenderai benigna Notte1267, Che il mio Giovane illustre io cerchi e guidi Con gli estremi precetti entro al tuo regno. Già di tenebre involta e di perigli, Sola squallida1268 mesta alto sedevi1269 Su1270 la timida terra1271. Il debil raggio De le stelle remote e de' pianeti, Che nel silenzio camminando vanno1272, Rompea gli orrori tuoi 1273sol quanto è duopo
1267
Né tu … Notte = personificazione e apostrofe squallida = latinismo 1269 Sola squallida mesta alto sedevi = allitterazione in “s” 1268
1270
sedevi / su = enjambement timida terra = allitterazione in “t” 1272 camminando vanno = metafora 1273 orrori tuoi = metonimia 1271
10. 11. 12. 13. 14. 15. 16. 17. 18. 19. 20. 21. 22. 23. 24. 25. 26. 27. 28. 29. 30. 31. 32. 33. 34. 35.
A sentirli assai più. Terribil ombra Giganteggiando si vedea salire Su1274 per le case e su per l'alte torri Di teschi antiqui seminate al piede. E upupe e gufi e mostri 1275avversi al sole Svolazzavan per essa; e con ferali Stridi1276 portavan miserandi augurj. E lievi dal terreno e smorte fiamme Sorgeano in tanto; e quelle smorte fiamme1277 Di su di giù vagavano per l'aere Orribilmente tacito ed opaco; E al sospettoso adultero, che lento Col cappel su le ciglia e tutto avvolto Entro al manto sen gìa con l'armi ascose, Colpieno il core, e lo strignean d'affanno1278. E fama è ancor che pallide fantasime1279 Lungo le mura de i deserti tetti1280 Spargean lungo acutissimo lamento, Cui di lontano per lo vasto buio I cani rispondevano ululando1281. Tal fusti o Notte1282 allor che gl'inclit'avi, Onde pur sempre il mio garzon si vanta, Eran duri ed alpestri 1283; e con l'occaso1284 Cadean dopo lor cene al sonno in preda; Fin che l'aurora sbadigliante1285 ancora1286 Li richiamasse a vigilar 1287su l'opre
1274
salire / Su = allitterazione e enjambement E upupe e gufi e mostri = iterazione e allitterazione in “u” – le upupe sono ritenute erroneamente uccelli notturni 1276 ferali / Stridi = enjambement 1277 e smorte fiamme … e quelle smorte fiamme = epifora 1278 strignean d'affanno = metafora 1279 E fama è ancor che pallide fantasime = endecasillabo sdrucciolo 1280 deserti tetti = sineddoche 1281 lungo acutissimo … Cui … buio … ululando = allitterazione in “u” 1282 Notte = personificazione 1283 alpestri = rozzi (metafora) 1284 occaso = latinismo (tramonto) 1285 sbadigliante = ipallage 1286 … l'aurora … ancora = rima interna 1275
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36. 37. 38. 39. 40. 41. 42. 43. 44. 45. 46. 47. 48. 49. 50. 51. 52. 53. 54. 1287
Dei per novo cammin guidati rivi1288 E su i campi nascenti; onde poi grandi Furo i nipoti e le cittadi e i regni 1289. Ma ecco Amore1290, ecco la madre Venere 1291, Ecco del gioco, ecco 1292 del fasto i Genj1293, Che trionfanti per la notte scorrono 1294, Per la notte1295, che sacra è al mio signore Tutto davanti a lor tutto1296 s'irradia Di nova luce. Le inimiche tenebre Fuggono1297 riversate; e l'ali spandono1298 Sopra i covili, ove le fere e gli uomini Da la fatica condannati dormono. Stupefatta la Notte 1299intorno vedesi1300 Riverberar più che dinanzi al sole Auree cornici, e di cristalli e spegli Pareti adorne, e vesti varie, e bianchi Omeri1301 e braccia, e pupillette mobili, E tabacchiere preziose, e fulgide Fibbie1302 ed anella e mille cose e mille 1303.
a vigilar = metafora a vigilar su l'opre / Dei per novo cammin guidati rivi = enjambement e iperbato 1289 i nipoti e le cittadi e i regni = climax e polisindeto 1290 Amore = personificazione 1291 Venere = dea dell’amore 1292 ecco … ecco … Ecco … ecco = iterazione 1293 Genj = personificazione 1294 Che trionfanti per la notte scorrono = endecasillabo sdrucciolo 1295 per la notte … Per la notte = iterazione 1296 Tutto … tutto = iterazione 1297 tenebre / Fuggono = enjambement e metafora 1298 l'ali spandono = metafora 1299 Stupefatta la Notte = allitterazione in “t” 1300 Di nova luce. Le inimiche tenebre / Fuggono riversate; e l'ali spandono / Sopra i covili, ove le fere e gli uomini / Da la fatica condannati dormono. / Stupefatta la Notte intorno vedesi = si noti la sequenza dei cinque endecasillabi sdruccioli 1301 bianchi / Omeri = enjambement 1302 fulgide / Fibbie = allitterazione e enjambement 1303 e di cristalli e spegli / Pareti adorne, e vesti varie, e bianchi / Omeri e braccia, e pupillette mobili, / E tabacchiere
55. 56. 57. 58. 59. 60. 61. 62. 63. 64. 65. 66. 67. 68. 69. 70. 71. 72. 73. 74. 75.
Cosi l'eterno caos, allor che Amore 1304 Sopra posovvi e il fomentò con l'ale 1305, Sentì il generator moto crearsi, Sentì1306 schiuder la luce; e sè medesmo Vide meravigliando e i tanti aprirsi Tesori di natura1307 entro al suo grembo. O de' miei studj glorioso alunno1308, Tu seconda me dunque, or ch'io t'invito Glorie novelle ad acquistar là dove O la veglia frequente o1309 l'ampia scena I grandi eguali tuoi, degna de gli avi E de i titoli loro e di lor sorte E de i pubblici voti, ultima cura Dopo le tavolette 1310 e dopo i prandj 1311 E dopo 1312 i corsi clamorosi occùpa. Or dove ahi dove senza me t'aggiri Lasso! 1313da poi che in compagnia del sole T'involasti pur dianzi a gli occhi miei? Qual palagio ti accoglie; o qual ti copre Da i nocenti vapor ch'Espero 1314 mena Tetto arcano e solingo1315; o di qual1316 via
1288
preziose, e fulgide / Fibbie ed anella e mille cose e mille = in questi versi notiamo l’iterazione della “e”, che costituisce anche un polisindeto; il ritmo, inoltre, viene rallentato, grazie all’enumerazione degli oggetti. – si noti l’iperbole <
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76. L'ombre ignoto trascorri, ove la plebe 77. Affrettando tenton s'urta e confonde 78. Ahimè, tolgalo il ciel1317, forse il tuo cocchio, 79. Ove il varco è più angusto, il cocchio altrui 80. Incontrò violento: e qual dei duo 81. Retroceder convegna; e qual1318 star forte, 82. Dispùtano gli aurighi alto gridando. 83. Sdegna invitto garzon sdegna1319 d'alzare 84. Fra il rauco suon di Stèntori1320 plebei 85. Tu' amabil voce; e taciturno aspetta, 86. Sia che a l'un piaccia rovesciar dal carro 87. Lo suo rivale; o rovesciato1321 anch'esso 88. Perigliar tra le rote; e te per l'alto 89. De lo infranto cristal mandar carpone. 90. Ma l'avverso cocchier d'un picciol urto 91. Pago sen fugge o d'un resister breve: 92. Al fin libero andrai. Tu non pertanto 93. Doman chiedi vendetta; alto sonare 94. Fa il sacrilego fatto; osa pretendi 1322, 95. E i tribunali minimi e i supremi 96. Sconvolgi agita assorda1323: il mondo s'empia 97. Del grave caso; e per un anno almeno 98. Parli di te, de' tuoi corsier, del cocchio 99. E del cocchiere 1324. Di sì fatte cose 100. Voi progenie d'eroi famosi 1325 andate 101. Ne le bocche de gli uomini gran tempo. 102. Forse ciarlier fastidioso indugia 103. Te con la dama tua nel vuoto corso. 104. Forse1326 a nova con lei gara d'ingegno
105. Tu mal cauto venisti: e già la bella 106. Teco1327 del lungo repugnar s'adira; 107. Già la man, che tu baci arretra, e tenta 108. Liberar da la tua; e già 1328 minaccia 109. Ricovrarsi al suo tetto1329, e quivi sola 110. Involarse ad ognuno in fin che il sonno1330 111. Venga pietoso a tranquillar suoi sdegni. 112. Tu in van chiedi mercè; di mente in vano 113. Tu1331 a lei te stesso sconsigliata incolpi: 114. Ella niega placarse. Il cocchio freme 115. Dell'alterno clamore; e il cocchio 1332 in tanto 116. Giace immobil fra l'ombra: e voi sue care 117. Gemme1333 il bel mondo impaziente aspetta. 118. Ode il cocchiere al fin d'ambe le voci 119. Un comando indistinto; e bestemmiando 120. Sferza i corsieri; e via precipitando 121. Ambo vi porta: e mal sa dove ancora. 122. Folle! Di che temei? Sperdano i venti 123. Ogni augurio infelice. Ora il mio eroe 124. Fra l'amico tacer del vuoto corso 125. Lieto si sta la fresca 1334ora godendo 126. Che dal monte lontan spira e consola. 127. Siede al fianco di lui lieta non meno1335 128. L'altrui cara consorte. Amor 1336 nasconde 129. La incauta face1337; e il fiero dardo alzando 1338 130. Allontana i maligni. O nume invitto1339, 131. Non sospettar di me; ch'io già non vegno 1326
Forse … Forse = anafora Tu … Teco =poliptoto 1328 Già … già = iterazione 1329 tetto = sineddoche 1330 sonno = personificazione 1331 Tu … Tu = anafora 1332 Il cocchio … il cocchio = iterazione 1333 care / Gemme = enjambement e metafora 1334 si sta la fresca = allitterazione in “s” 1335 lieta non meno = litote 1336 Amor = personificazione 1337 La incauta face = metafora 1338 e il fiero dardo alzando = iperbato e metafora 1339 O nume invitto = invocazione e perifrasi per indicare l’amore 1327
1316
Qual palagio … qual ti copre … qual via = iterazione tolgalo il ciel = allitterazione in “l” 1318 e qual de i duo … e qual = iterazione 1319 Sdegna … sdegna = iterazione 1320 Stentori = Stentore era un auriga, personaggio dell’Iliade, dotato di una voce potentissima. Qui sta per i cocchieri, che schiamazzano rumorosamente 1321 rovesciar … rovesciato = poliptoto 1322 sonare / Fa … osa pretendi = climax 1323 Sconvolgi agita assorda = climax ascendente asindetico 1324 de' tuoi corsier, del cocchio / E del cocchiere = enumerazione, allitterazione in “c” e figura etimologica 1325 progenie d'eroi famosi = ironia 1317
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132. Invido esplorator, ma fido amico 133. De la coppia beata, a cui tu vegli. 134. E tu signor tronca gl'indugi1340. Assai 135. Fur gioconde quest'ombre, allor che prima 136. Nacque il vago desio, che te congiunse 137. All'altrui cara sposa or son due lune 1341. 138. Ecco il tedio a la fin serpe tra i vostri 139. Così lunghi ritiri1342: e tempo è ormai 140. Che in più degno di te pubblico agone 141. Splendano i genj tuoi1343. Mira la Notte1344, 142. Che col carro stellato alta sen vola 143. Per l'eterea campagna 1345; e a te col dito 144. Mostra Tèseo nel ciel, mostra Polluce, 145. Mostra1346 Bacco ed Alcide 1347 e gli altri egregi, 146. Che per mille d'onore ardenti prove 1348 147. Colà fra gli astri a sfolgorar saliro 1349. 148. Svegliati a i grandi esempi; e meco affretta. 149. Loco è, ben sai, ne la città famoso, 150. Che splendida matrona apre al notturno 151. Concilio de' tuoi pari 1350, a cui la vita 152. Fora senza di ciò mal grata e vile. 153. Ivi le belle, e di feconda prole 154. Inclite madri 1351ad obliar sen vanno 155. Fra la sorte del gioco i tristi eventi 156. De la sorte1352 d'amore, onde fu il giorno 1340
tronca gl'indugi = metafora or son due lune = perifrasi e metonimia per indicare due mesi fa 1342 il tedio a la fin serpe tra i vostri / Così lunghi ritiri = enjambement e metafora 1343 Che in più degno di te pubblico agone / Splendano i genj tuoi = iperbato 1344 Notte = personificazione 1345 l'eterea campagna = metafora 1346 Mostra … Mostra = anafora 1347 Tèseo … Polluce … Bacco … Alcide = divinità e personaggi mitologici trasformati in altrettante costellazioni 1348 per mille d'onore ardenti prove = iperbole 1349 astri a sfolgorar saliro = allitterazione in “s” 1350 notturno / Concilio de' tuoi pari = enjambement e perifrasi 1351 le belle, e di feconda prole / Inclite madri = perifrasi per indicare le nonne 1341
157. Agitato e sconvolto. Ivi le grandi 158. Avole auguste1353 e i genitor leggiadri 159. De' già celebri eroi il senso e l'onta 160. Volgon de gli anni a rintuzzar fra l'ire 161. Magnanime1354 del gioco. Ivi la turba 162. De la feroce gioventù divina1355 163. Scende a pugnar1356 con le mutabil'arme 164. Di vaghi giubboncei, d'atti vezzosi, 165. Di bei modi 1357 del dir1358 stamane appresi; 166. Mentre la vanità fra il dubbio marte 1359 167. Nobil furor ne' forti petti inspira 1360; 168. E con vario destin dando e togliendo 169. La combattuta palma 1361alto abbandona 170. I leggeri vessilli all'aure in preda. 171. Ecco che già di cento faci e cento 1362 172. Gran palazzo rifulge. Multiforme 173. Popol di servi 1363 baldanzosamente 174. Sale scende s'aggira1364. Urto e fragore 175. Di rote di flagelli e di 1365 cavalli1366 176. Che vengono che vanno, e stridi e fischi1367 177. Di gente, che domandan che rispondono 1368, 178. Assordan l'aria all'alte mura intorno. 1352
sorte …sorte = iterazione Ivi le grandi / Avole auguste = enjambement e allitterazione 1354 ire / Magnanime = enjambement e ossimoro 1355 feroce gioventù divina = ironia 1356 pugnar = latinismo 1357 Di vaghi … Di bei modi = anafora 1358 Di bei modi / Del dir = allitterazione in “d” 1359 marte = antonomasia e metafora 1360 furor ne' forti petti inspira = allitterazione in “r” (Petti è metonimia) 1361 combattuta palma = metonimia 1362 cento faci e cento = iperbole 1363 Multiforme / Popol di servi = enjambement 1364 Sale scende s'aggira = allitterazione in “s” e asindeto 1365 Di … di … di = iterazione 1366 flagelli … cavalli = allitterazione in “l” 1367 e stridi e fischi = allitterazione in “i” e polisindeto 1368 Che vengono … che vanno … che domandan … che rispondono = iterazione 1353
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179. Tutto è strepito e luce. O tu, che porti 1369 180. La dama e il cavalier dolci mie cure, 181. Primo di carri guidator, qua volgi; 182. E fra il denso di rote arduo cammino 1370 183. Con Olimpica man splendi1371; e d'un corso 184. Subentrando i grand'atrj, a dietro 1372 lascia 185. Qual pria le porte ad occupar tendea. 186. Quasi a propria virtù plauda al gran fatto 187. Il generoso eroe: plauda 1373 la bella, 188. Che con l'agil pensier scorre gli aurighi 189. De le dive rivali; e novi al petto 190. Sente nascer per te teneri orgogli. 191. Ma il bel carro s'arresta: e a te signore, 192. A te1374 prima di lei sceso d'un salto, 193. Affidata la dea, lieve balzando, 194. Col sonante calcagno il suol percote 1375. 195. Largo dinanzi a voi fiammeggi e grondi, 196. Sopra l'ara de' numi ad arder nato, 197. Il tesoro dell'api 1376: e a lei da tergo 198. Pronta di servi mano a terra proni 1377 199. Lo smisurato lembo alto sospenda: 200. Somma felicità, che lei separa 201. Da le ricche viventi1378, a cui per anco, 202. Misere! sopra il suol l'estrema veste 203. Sibila per la polvere strisciando 1379. 204. Ahi, se fresco sdegnuzzo 1380i vostri petti
205. Dianzi forse agitò, tu chino e grave 206. A lei porgi la destra; e seco innoltra, 207. Quale ibèro amador 1381quando, raccolta 208. Dall'un lato la cappa, contegnoso 209. Guida l'amanza1382 a diportarsi al vallo, 210. Dove il tauro1383, abbassando i corni irati 1384, 211. Spinge gli uomini in alto; o gemer s'ode 212. Crepitante Giudeo per entro al foco 1385. 213. Ma no; chè l'amorosa onda 1386pacata 214. Oggi siede per voi: e quanto è duopo 215. A vagarvi il piacer solo la increspa 216. Una lieve aleggiando aura soave1387. 217. Snello adunque e vivace offri a la bella 218. Mollemente piegato il destro braccio 219. Ella la manca v'inserisca. Premi 220. Tu col gomito un poco. Anch'ella un poco 1388 221. Ti1389 risponda premendo; e a la tua lena 222. Dolce peso 1390a portar tutta si doni, 223. Mentre a piccioli salti ambo affrettate 224. Per le sonanti scale 1391alto celiando.
1369
1380
O tu, che porti = invocazione al cocchiere del Giovin signore 1370 E fra il denso di rote arduo cammino = iperbato 1371 Con Olimpica man splendi = metafora 1372 Subentrando i grand'atrj, a dietro = allitterazione in “t” e in “r” 1373 plauda … plauda = iterazione 1374 a te, signore, / A te = iterazione e anafora 1375 Col sonante calcagno il suol percote = allitterazione in “c” 1376 Il tesoro dell'api = perifrasi per indicare i ceri 1377 Pronta di servi mano a terra proni = iperbato 1378 le ricche viventi = le ricche non aristocratiche che non avevano diritto al vestito con strascico 1379 Misere! sopra il suol l'estrema veste / Sibila per la polvere strisciando = allitterazione in “s” con la quale Parini ha cercato di rendere l’intimo disprezzo della dama
se fresco sdegnuzzo = allitterazione in “s” Quale ibèro amador = similitudine. Si tratta di un amante spagnolo: la scena offre un esempio di quelli che il Russo ha definito gli <
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vv. 225 – 464 a cura di Serena Tomaselli La parte più importante del passo è costituita dalla sfilata degli “imbecilli”; in essa il pessimismo di Parini si intensifica. I nobili personaggi che popolano i saloni si mettono in luce per le loro sciocche manie prive di senso (schioccare la frusta, soffiare nella tromba …). Il passatempo più assurdo è quello di disfare sontuosi arazzi, riducendo in fili minutissimi i loro disegni. 225. Oh come al tuo venir gli archi e le volte 226. De' gran titoli tuoi forte rimbombano 1392! 227. Come a quel suon volubili1393 le porte 228. Cedono spalancate; ed a quel suono 229. Degna superbia in cor ti bolle 1394; e face 230. L'anima eccelsa rigonfiar 1395più vasta! 231. Entra in tal forma; e del tuo grande ingombra 232. Gli spazj fortunati. Ecco di stanze 233. Ordin lungo a voi s'apre. Altra di servi 234. Infimo gregge alberga,1396 ove tra lampi 235. Di molteplice lume acceso e spento 1397, 236. E fra sempre incostanti ombre schiamazza 237. Il sermon patrio 1398e la facezia e il riso1399 238. Dell'energica plebe. Altra di vaghi 239. Zazzerati donzelli1400 è certa sede,
1392
De' gran titoli tuoi forte rimbombano = endecasillabo sdrucciolo 1393 volubili = latinismo (che girano con facilità) 1394 Degna superbia in cor ti bolle = metafora 1395 L'anima eccelsa rigonfiar = metafora 1396 Ecco di stanze / Ordin lungo a voi s'apre. Altra di servi / Infimo gregge alberga, = iperbato 1397 acceso e spento = antitesi 1398 Il sermon patrio = perifrasi per indicare il dialetto milanese 1399 e la facezia e il riso = polisindeto e iterazione
240. Ove accento stranier misto al natio1401 241. Molle susurra: e s'apparecchia in tanto 242. Copia1402 di carte e multiforme avorio 1403, 243. Arme l'uno a la pugna, indice l'altro 244. D'alti cimenti e di vittorie illustri1404. 245. Al fin più interna, e di gran luce e d'oro 246. E di ricchi tapeti 1405aula superba 247. Sta servata per voi prole de' numi 1406. 248. Io, di razza mortale ignoto vate 1407, 249. Come ardirò di penetrar fra i cori 250. De' semidei1408, ne lo cui sangue in vano 251. Gocciola impura cercheria con vetro 252. Indagator1409 colui che vide a nuoto 253. Per l'onda genitale il picciol uomo? 1410 254. Qui tra i servi m' arresto; e qui da loro 255. Nuove del mio signor virtudi ascose1411 1400
vaghi / Zazzerati donzelli = enjambement. Si tratta di servi distinti in parrucchino (zazzerati) che preparavano carte da gioco e gettoni d’avorio da usare nelle partite. Donzelli è un hapax ironico 1401 Ove accento stranier misto al natio = per alcuni commentatori significa che questi servitori erano in parte stranieri, per altri significa che parlavano un misto di dialetto e di Francese 1402 Copia = latinismo 1403 multiforme avorio = metonimia per gettoni 1404 Arme l'uno a la pugna, indice l'altro / D'alti cimenti e di vittorie illustri = metafora di ambito militare: le carte sono le armi, i gettoni sono i segni dell’andamento dela gara 1405 e di gran luce e d'oro / E di ricchi tapeti = iterazione di “e” e climax 1406 prole de' numi = ironia 1407 di razza mortale ignoto vate = poeta sconosciuto proveniente da stirpe plebea (ironia) 1408 Come ardirò … De’ semidei = interrogativa retorica ironica 1409 vetro / Indagator = enjambement e metonimia per microscopio 1410 ne lo cui sangue in vano / Gocciola impura cercheria con vetro / Indagator colui che vide a nuoto / Per l'onda genitale il picciol uomo? = allusione all’olandese A. Van Leuwenhoeck (1632 – 1723) scopritore degli spermatozoi 77
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256. Tacito apprenderò. Ma tu sorridi 257. Invisibil Camena1412; e me rapisci 258. Invisibil1413 con te fra li negati 259. Ad ognaltro profano aditi 1414 sacri. 260. Già il mobile de' seggi ordine augusto1415 261. Sovra i tiepidi strati 1416in cerchio volge: 262. E fra quelli eminente i fianchi estende 263. Il grave canapè1417. Sola da un lato 264. La matrona del loco ivi si posa; 265. E con la man, che lungo il grembo cade 266. Lentamente il ventaglio apre e socchiude 267. Or di giugner è tempo. Ecco le snelle 268. E le gravi per molto adipe dame 1418, 269. Che a passi velocissimi s'affrettano1419 270. Nel gran consesso. I cavalieri egregi 271. Lor camminano a lato: ed elle, intorno 272. A la sede maggior vortice fatto 273. Di sè medesme, con sommessa voce 274. Brevi note bisbigliano1420; e dileguansi 275. Dissimulando fra le sedie1421 umili. 276. Un tempo il canapè nido giocondo 277. Fu di risi e di scherzi, allor che l'ombre 278. Abitar gli fu grato ed i tranquilli 279. Del palagio recessi.1422 Amor1423 primiero
280. Trovò l'opra ingegnosa. Io voglio, ei disse, 281. Dono a le amiche mie far d'un bel seggio, 282. Che tre ad un tempo 1424nel suo grembo accoglia. 283. Così, qualor de gl'importuni altronde 284. Volga la turba1425, sederan gli amanti 285. L'uno a lato dell'altro, ed io con loro. 286. Disse, percosse ambe le palme 1426; e l'ali 287. Aprì volando1427 impaziente all'opra. 288. Ecco il bel fabbro 1428lungo pian dispone 289. Di tavole contesto1429, e molli cigne1430, 290. A reggerlo vi dà vaghe colonne, 291. Che del silvestre Pane1431 i piè leggieri 292. Imitano scendendo; al dorso poi 293. V'alza patulo appoggio 1432; e il volge a i lati, 294. Come far soglion 1433flessuosi acanti1434 295. O ricche corna d'Arcade 1435 montone. 296. Indi, predando a le vaganti aurette 297. L'ali e le piume, le condensa e chiude 298. In tumido cuscin, che tutta ingombri 299. La macchina elegante1436: e al fin l'adorna 300. Di molli sete1437 e di vernici e d'oro.
1422
tranquilli / Del palagio recessi. = enjambement e iperbato Amor = personificazione 1424 tre ad un tempo = i due amanti insieme ad Amore 1425 la turba = latinismo 1426 le palme = sineddoche 1427 l'ali / Aprì volando = metafora 1428 il bel fabbro = perifrasi per indicare Amore 1429 contesto = latinismo 1430 molli cigne = cinghie elastiche 1431 Pane = Pan, divinità dei boschi, raffigurato con piedi caprini 1432 patulo appoggio = ampia spalliera. Patulo è latinismo. Cfr. Virgilio Ecloghe I,1 <
1411
Nuove del mio signor virtudi ascose = iperbato e ironia Camena = la Musa (latinismo) 1413 Invisibil … Invisibil = anafora (vv. 257-258) 1414 aditi = stanze (latinismo) 1415 Già il mobile de' seggi ordine augusto = iperbato 1416 i tiepidi strati = i tappeti (metonimia) 1417 canapè = particolare forma di divano. – inizia l’episodio della favola del canapè, che da una parte è una specie di mito sull’origine divina dell’arnese elegante, dall’altra una narrazione dolorosa della caduta dell’oggetto da nido giocondo di risi e scherzi a triste sede di tossi e sbadigli 1418 Ecco le snelle / E le gravi per molto adipe dame = antitesi (snelle – gravi) e latinismo (adipe) 1419 Che a passi velocissimi s'affrettano = endecasillabo sdrucciolo 1420 Brevi note bisbigliano = allitterazione 1421 dileguansi / Dissimulando fra le sedie = allitterazione di “d” e “s” 1412
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301. Quanto il dono d'Amor piacque a le belle! 302. Quanti1438 pensier lor balenàro in mente! 303. Tutte il chiesero a gara: ognuna il volle 304. Ne le stanze più interne: applause ognuna1439 305. A la innata energia del vago arnese1440, 306. Mal repugnante e mal1441 cedente insieme 307. Sotto ai mobili fianchi1442. Ivi sedendo 308. Si ritrasser le amiche; e da lo sguardo 309. De' maligni lontane, a i fidi orecchi 310. Si mormoràro i delicati arcani 1443. 311. Ivi la coppia de gli amanti, a lato 312. Dell'arbitra sagace1444, o i nodi strinse1445; 313. O calmò l'ira, e nuove leggi apprese. 314. Ivi sovente l'amador1446 faceto 315. Raro volume 1447all'altrui cara sposa 316. Lesse spiegando; e con sorrisi arguti 317. Fe' tra i fogli notar lepida imago 1448. 318. Il fortunato seggio 1449invidia mosse 319. De le sedie minori al popol vario: 320. E fama è che talora invidia mosse 1450 321. Anco ai talami stessi. Ah perchè mai
322. Vinto da insana ambizione uscìo 323. Fra lo immenso tumulto e fra il clamore 324. De le veglie solenni! Avvi due Genj 325. Fastidiosi e tristi1451, a cui dier vita 326. L'Ozio e la Vanità, che noti al nome 327. Di Puntiglio e di Noia1452, erran cercando 328. Gli alti palagi e le vigilie illustri1453 329. De la prole de' numi 1454. Un1455 ne le mani 330. Porta verga fatale1456, onde sospende 331. Ne' miseri percossi ogni lor voglia; 332. E di macchine al par 1457, che l'arte inventi 333. Modera l'alme a suo talento e guida: 334. L'altro piove da gli occhi atro vapore 1458; 335. E da la bocca sbadigliante esala 336. Alito lungo1459, che sembiante a i pigri 337. Soffi 1460dell'austro, si dilata e volve, 338. E d'inane torpor le menti occùpa. 339. Questa del canapè coppia infelice 1461 340. Allor prese l'imperio; e i risi e i giochi 341. Ed Amor1462 ne sospinse. Il trono è questo 342. Ove le madri de le madri eccelse 1463
1437
1451
molli cigne … vaghe colonne … flessuosi acanti … molli sete = si noti l’aggettivazione costante in direzione del morbido e del gentile, tipica di Parini, preciso descrittore didascalico – sensista, ma ingentilito di grazia rococò 1438 Quanto … Quanti = poliptoto 1439 ognuna il volle … applause ognuna = chiasmo 1440 vago arnese = il canapè 1441 Mal … mal = iterazione 1442 Sotto ai mobili fianchi = si intende la resistenza elastica del canapè che insieme cede e resiste sotto il movimento dei corpi 1443 i delicati arcani = i segreti amorosi 1444 arbitra sagace = l’astuta mezzana 1445 i nodi strinse = metafora 1446 l'amador = spagnolismo 1447 Raro volume = latinismo per libro 1448 lepida imago = immagine licenziosa – tutta la scena ha un tono eufemistico. Si vuole infatti far capire che l’innamorato mostra alla dama un libro proibito dalle illustrazioni lascive 1449 Il fortunato seggio = enallage 1450 invidia mosse … invidia mosse = epifora (vv. 318 – 320)
Genj / Fastidiosi e tristi = enjambement Ozio … Vanità … Puntiglio … Noia = personificazioni 1453 vigilie illustri = latinismo (solenni ricevimenti notturni) 1454 De la prole de' numi = iperbole ironica 1455 Un = il Puntiglio 1456 verga fatale = la bacchetta incantata 1457 E di macchine al par = similitudine – il gusto per le macchine artificiali era di moda nel Settecento 1458 L'altro piove da gli occhi atro vapore = si intende la Noia, che fa piovere dagli occhi uno scuro vapore. Nei versi successivi ci sono altri particolari descrittivi che rendono la rappresentazione psicologica della Noia: bocca sbadigliante, alito lungo, pigri soffi, inane torpor 1459 esala / Alito lungo = allitterazione in “l” 1460 i pigri / Soffi = enjambement 1461 Questa del canapè coppia infelice = iperbato; si allude al Puntiglio e alla Noia, che hanno preso possesso del canapè, scacciandone Amore 1462 e i risi e i giochi / Ed Amor = polisindeto e iterazione di “e” 1463 le madri de le madri eccelse = perifrasi per indicare le ave 1452
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343. De' primi eroi esercitan lor tosse; 344. Ove l'inclite mogli1464, a cui beata 345. Rendon la vita titoli distinti 346. Sbadigliano distinte1465. Ah, se tu sai, 347. Fuggi ratto o signor, fuggi1466 da tanto 348. Pernicioso influsso: e là fra i seggi 349. De le più miti dèe 1467, quindi remoto 350. Con l'alma gioventù scherza e t'allegra. 351. Quanta folla d'eroi! 1468Tu, che modello 352. D'ogni nobil virtù, d'ogn'atto eccelso, 353. Esser dei fra' tuoi pari, i pari tuoi 1469 354. A conoscere apprendi 1470; e in te raccogli 355. Quanto di bello e glorioso e grande 356. Sparse in cento di loro 1471 arte o natura1472. 357. Altri di lor ne la carriera illustre 358. Stampa i primi vestigi1473; altri gran parte 359. Di via già corse1474; altri1475 a la meta è giunto1476. 360. In vano il vulgo temerario a gli uni 361. Di fanciulli dà nome; e quelli adulti, 362. Questi già vegli1477 di chiamare ardisce: 363. Tutti son pari. Ognun folleggia e scherza;
364. Ognun giudica e libra1478; ognun1479 del pari 365. L'altro abbraccia e vezzeggia: in ciò soltanto 366. Non simili 1480tra lor, che ognun sua cura 367. Ha diletta fra l'altre onde più brilli. 368. Questi è1481 l'almo garzon, che con maestri 369. Da la scutica1482 sua moti di braccio 1483 370. Desta sibili egregi; e l'ore illustra 371. L'aere agitando de le sale immense, 372. Onde i prischi1484 trofei pendono e gli avi. 373. L'altro è l'eroe 1485, che da la guancia enfiata 374. E dal torto oricalco 1486a i trivj annuncia 375. Suo talento immortal, qualor dall'alto 376. De' famosi palagi emula il suono 377. Di messagger, che frettoloso arrive. 378. Quanto è vago a mirarlo allor che in veste 379. Cinto spedita1487, e con le gambe assorte 380. In amplo cuoio 1488, cavalcando ai campi 381. Rapisce il cocchio, ove la dama è assisa 382. E il marito e l'ancella e il figlio e il cane! 1489 383. Quegli or esce 1490di là dove ne' fori1491 384. Si ministran bevande ozio e novelle. 385. Ei v'andò mattutin, partinne al pranzo,
1464
l'inclite mogli = ironia distinti … distinte = poliptoto dall’effetto comico: la distinzione nei titoli viene messa in relazione alla distinzione nel modo di sbadigliare 1466 Fuggi … fuggi = iterazione e parodia del registro epico Cfr. Virgilio Eneide III, 44 <
1478
giudica e libra = endiadi Ognun … Ognun … ognun = iterazione 1480 Non simili = litote 1481 Questi è = il primo degli imbecilli è quello che si diverte a far schioccare la frusta con abili moti del braccio 1482 scutica = frusta 1483 maestri / Da la scutica sua moti di braccio = inversione in enjambement 1484 prischi = latinismo (antichi) 1485 L'altro è l'eroe = il secondo imbecille ha la mania di fare il trombettiere 1486 torto oricalco = la tromba ricurva 1487 veste / Cinto spedita = veste succinta. Enjambement e latinismo 1488 amplo cuoio = metonimia per stivali 1489 E il marito e l'ancella e il figlio e il cane! = polisindeto ed anticlimax 1490 Quegli or esce = il terzo imbecille è il frequentatore delle botteghe di caffè 1491 fori = latinismo per piazze 1479
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386. Vi tornò fino a notte1492: e già sei lustri1493 387. Volgon da poi che il bel tenor di vita 388. Giovinetto intraprese. Ah chi di lui 389. Può sedendo trovar più grati sonni 390. O più lunghi sbadigli; o più fiate 391. D'atro rapè 1494 solleticar le nari; 392. O a voce1495 popolare orecchi e fede 393. Prestar più ingordo e declamar più forte? 394. Ecco che il segue 1496del figliuol di Maia 395. Il più celebre alunno1497, al cui consiglio 396. Nel gran dubbio de' casi ognaltro cede; 397. Sia che dadi versati1498, o pezzi eretti 1499, 398. O giacenti pedine1500, o brevi o grandi 1501 399. Carte1502 mescan la pugna1503. Ei sul mattino 400. Le stupide micranie o l'aspre tossi 401. Molce giocando a le canute dame. 402. Ei, già tolte le mense, i nati or ora 403. Giochi1504 a le belle declinanti insegna. 404. Ei1505 la notte raccoglie a sè dintorno 1492
Ei v'andò mattutin, partinne al pranzo, / Vi tornò fino a notte = si richiamano le parti originarie dell’opera (Il Mattino, Il Mezzogiorno, La Sera) 1493 sei lustri = perifrasi per indicare 30 anni 1494 rapè = qualità di tabacco scura 1495 O più lunghi … o più fiate … O a voce = polisindeto e iterazione e anafora (vv. 390 – 392) 1496 Ecco che il segue = il quarto imbecille è il giocatore accanito 1497 del figliuol di Maia / Il più celebre alunno = perifrasi per indicare il giocatore esperto. Mercurio, dio del gioco, era figlio di Maia 1498 dadi versati = il gioco dei dadi 1499 pezzi eretti = scacchi 1500 giacenti pedine = la dama o il tric – trac 1501 o pezzi … O giacenti … o brevi o grandi = polisindeto e iterazione 1502 grandi / Carte = enjambement – le carte grandi sono alla francese, quelle piccole all’italiana 1503 mescan la pugna = metafora di ambito bellico 1504 i nati or ora / Giochi = iperbato 1505 Ei sul mattino … Ei, già tolte … Ei = anafora (vv. 402 – 404)
405. Schiera d'eroi 1506, che nobil estro infiamma1507 406. D'apprender l'arte, onde l'altrui fortuna 407. Vincasi e domi; e del soave amico 408. Nobil parte de' campi all'altro ceda. 409. Vuoi su lucido carro in di solenne 410. Gir trionfando 1508al corso? Ecco quell'uno 1509, 411. Che al lavor ne presieda. E legni e pelli 412. E ferri e sete e carpentieri e fabbri 1510 413. A lui son noti: e per l'Ausonia1511 tutta 414. E noto ei pure. Il Càlabro di feudi 415. E d'ordini superbo 1512; i duchi e i prenci, 416. Che pascon Mongibello1513; e fin gli stessi 417. Gran nipoti Romani 1514a lui sovente 418. Ne commetton la cura: ed ei sen vola 419. D'una in altra officina in fin che sorga, 420. Auspice lui1515, la fortunata mole1516. 421. Poi di tele ricinta, e contro all'onte 422. De la pioggia e del sol ben forte armata, 423. Mille e più passi 1517l'accompagna ei stesso 424. Fuor de le mura; e con soave sguardo 425. La segue ancor sin che la via declini. 426. Vedi giugner colui1518, che di cavalli 1506
Schiera d’eroi = ironia nobil estro infiamma = metafora 1508 Gir trionfando = iperbole 1509 Ecco quell'uno = il quinto imbecille è il dilettante carrozziere 1510 E legni e pelli / E ferri e sete e carpentieri e fabbri = enumerazione polisindetica, che esalta l’eccezionale competenza di questo maniaco 1511 Ausonia = Italia 1512 Il Càlabro di feudi / E d'ordini superbo = gli aristocratici calabresi 1513 i duchi e i prenci, / Che pascon Mongibello = gli aristocratici siciliani. Mongibello è l’Etna 1514 Gran nipoti Romani = gli aristocratici romani, quasi tutti nipoti di papi 1515 Auspice lui = latinismo (sotto la sua direzione) 1516 la fortunata mole = la carrozza (parodia del registro epico) 1517 Mille e più passi = iperbole 1518 Vedi giugner colui = il sesto imbecille è il conoscitore di razze equine 1507
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427. Invitto domator 1519divide il giorno 428. Fra i cavalli e la dama. Or de la dama 429. La man tiepida preme; or de' cavalli 430. Liscia i dorsi pilosi1520, ovver col dito 431. Tenta a terra prostrato 1521i ferri e l'ugna. 432. Aimè misera lei quando s'indice 433. Fiera altrove frequente! Ei l'abbandona; 434. E per monti inaccessi e valli orrende 1522 435. Trova i lochi remoti, e cambia o merca 1523. 436. Ma lei beata poi quand'ei sen torna 437. Sparso di limo 1524; e novo fasto adduce 438. Di frementi corsieri; e gli avi loro 1525 439. E i costumi e le patrie a lei soletta 440. Molte lune 1526ripete! Or vedi l'altro1527, 441. Di cui più diligente o più costante 442. Non fu mai damigella o a tesser nodi 443. O d'aurei1528 drappi a separar lo stame 1529. 444. A lui turgide ancora ambe le tasche 445. Son d'ascose materie. Eran già queste 446. Prezioso tapeto, in cui distinti 447. D'oro e lucide lane i casi apparvero 448. D'Ilio infelice1530: e il cavalier, sedendo 449. Nel gabinetto de la dama, ormai 450. Con ostinata man 1531tutte divise 1519
Invitto domator = epiteto pilosi = hapax 1521 Tenta a terra prostrato = allitterazione in “t” 1522 E per monti inaccessi e valli orrende = iperbole ironica 1523 e cambia o merca = parodia del registro epico con reminiscenza dantesca Cfr. Paradiso XVI, 61 <
451. In fili minutissimi le genti 452. D'Argo e di Frigia1532. Un fianco solo avanza 453. De la bella rapita 1533; e poi l'eroe, 454. Pur giunto al fin di sua decenne impresa1534, 455. Andrà superbo al par d'ambo gli Atridi 1535. 456. Ma chi l'opre diverse o i varj ingegni 457. Tutti esprimer poria, poi che le stanze 458. Folte già son di cavalieri e dame? 1536 459. Tu per quelle t'avvolgi. Ardito e baldo 460. Vanne, torna, ti assidi, ergiti, cedi, 461. Premi, chiedi perdono, odi, domanda, 462. Sfuggi, accenna, schiamazza, entra 1537e ti mesci 463. A i divini drappelli 1538; e a un punto empiendo 464. Ogni cosa di te mira e conosci
vv. 465 – 673 a cura di Deborah Vasoli Mentre continuano le conversazioni su argomenti frivoli, la padrona di casa fa sistemare i tavoli da gioco e i relativi occupanti secondo il grado sociale e la situazione sentimentale di ciascuno. Iniziano i giochi:quello dei tarocchi, quello delle ombre e la cavagnola, una specie di tombola nella quale i numeri estratti vengono segnati su cartelle illustrate. 1532
le genti / D'Argo e di Frigia = i Greci (D’ Argo) e i Troiani (di Frigia) – è una sineddoche 1533 la bella rapita = perifrasi per indicare Elena 1534 decenne impresa = si intende l’opera di sfilacciatura dell’arazzo durata 10 anni come la guerra di Troia 1535 al par d'ambo gli Atridi = similitudine. Gli Atridi sono Menelao ed Agamennone 1536 Ma chi … dame? = interrogativa retorica 1537 Vanne, torna, ti assidi, ergiti, cedi, / Premi, chiedi perdono, odi, domanda, / Sfuggi, accenna, schiamazza, entra = enumerazione asindetica 1538 A i divini drappelli = allitterazione in “d” e ironia 82
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1539
465. Là i vezzosi d'amor novi seguaci 466. Lor nascenti fortune ad alta voce 467. Confidansi all'orecchio; e ridon forte; 468. E saltellando batton palme a palme: 469. Sia che a leggiadre imprese Amor li guidi 470. Fra le oscure mortali 1540: o che gli assorba 471. De le dive lor pari 1541entro alla luce. 472. Qui gli antiqui d'Amor noti campioni1542 473. Con voci esili e dall'ansante petto 474. Fuor tratte a stento rammentando vanno 475. Le superate al fin tristi vicende1543. 476. Indi gl'imberbi eroi 1544, cui diede il padre 477. La prima coppia di destrier pur ieri, 478. Con animo viril celiano al fianco 479. Di provetta beltà 1545, che a i risi loro 480. Alza scoppi di risa 1546; e il nudo spande, 481. Che di veli mal chiuso i guardi cerca, 482. Che il cercarono1547 un tempo1548. Indi gli adulti, 483. A la cui fronte il primo ciuffo appose 484. Fallace parrucchier1549, scherzan vicini 485. A la sposa novella; e di bei motti
486. Tendonle insidia1550, ove di lei s'intrichi 487. L'alma inesperta e il timido pudore 1551. 488. Folli! Chè ai detti loro ella va incontro 489. Valorosa così come una madre 490. Di dieci eroi 1552. V'ha in altra parte assiso 491. Chi di lieti racconti ovver di fole 492. Non ascoltate mai1553 raro promette 493. A le dame trastullo; e ride e narra 494. E ride ancor 1554, benchè a le dame in tanto 495. Sovra l'arco de' labbri 1555aleggi e penda 496. Insolente sbadiglio. Avvi chi altronde 497. Con fortunato studio in novi sensi 498. Le parole converte 1556; o i simil suoni 499. Pronto a colpir divinamente scherza. 500. Alto al genio di lui plaude il ventaglio 501. De le pingui matrone, a cui la voce 502. Di vernacolo accento anco risponde 1557. 503. Ma le giovani madri, al latte avvezze 504. Di più nuove dottrine1558, il sottil naso 505. Aggrinzan fastidite; e pur col guardo 506. Chieder sembran pietade a i belli spirti, 507. Che lor siedono a lato; e a cui gran copia 508. D'erudita efemeride1559 distilla
1539
Là i vezzosi d'amor novi seguaci = i damerini alle loro prime imprese amorose 1540 Fra le oscure mortali = le donne borghesi 1541 De le dive lor pari = le dame del loro rango 1542 Qui gli antiqui d'Amor noti campioni = i cavalier serventi veterani 1543 Le superate al fin tristi vicende = iperbato 1544 gl'imberbi eroi = i giovinetti 1545 provetta beltà = metonimia per dama matura dalle grazie sfiorite 1546 risi … risa = poliptoto 1547 Che di veli … Che il cercarono = anafora (vv. 481 – 482) 1548 e il nudo spande, / Che di veli mal chiuso i guardi cerca, / Che il cercarono un tempo = la dama matura mette in mostra con vesti impudiche le nudità per attrarre gli sguardi maschili che un tempo la cercavano spontaneamente. Il poliptoto cerca – cercarono evidenzia questo cambiamento 1549 Fallace parrucchier = il parrucchiere è così chiamato perché abile a manipolare i capelli finti che ingannano lo sguardo sembrando veri
1550
di bei motti / Tendonle insidia = metafora. I bei motti sono le battute a doppio senso 1551 L'alma inesperta e il timido pudore = chiasmo 1552 così come una madre / Di dieci eroi = similitudine 1553 fole / Non ascoltate mai = enjambement – le fole sono i racconti umoristici 1554 e ride e narra / E ride ancor = iterazione 1555 l'arco de' labbri = metafora 1556 chi altronde / Con fortunato studio in novi sensi / Le parole converte = è colui che usa le parole in doppio senso 1557 a cui la voce / Di vernacolo accento anco risponde = a quelle battute risuona la divertita risposta in dialetto delle anziane dame 1558 al latte avvezze / Di più nuove dottrine = metafora – si intende che le giovani dame sono abituate ad una cultura più raffinata e alla moda 1559 gran copia / D’erudita efemeride = perifrasi per indicare una gran quantità di giornali dotti. – Il poeta allude chiaramente alle riviste di divulgazione scientifica diffuse nel 83
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509. Volatile1560 scienza entro a la mente. 510. Altri altrove1561 pugnando audace 1562innalza 511. Sovra d'ognaltro il palafren 1563, ch'ei sale, 512. O il poeta o il cantor, che lieti ei rende 513. De le sue mense. Altri dà vanto all'else1564 514. Lucido e bello de la spada, ond'egli 515. Solo, e per casi non più visti, al fine 516. Fu dal più dotto Anglico artier 1565fornito. 517. Altri grave nel volto ad altri espone 518. Qual per l'appunto a gran convito apparve 519. Ordin di cibi 1566: ed altri stupefatto, 520. Con profondo pensier con alte dita 1567 521. Conta di quanti tavolieri a punto 522. Grande insolita veglia andò superba. 523. Un fra l'indice e il medio inflessi alquanto, 524. Molle ridendo, al suo vicin la gota 525. Preme furtivo: e l'un da tergo all'altro 526. Il pendente cappel sotto all'ascella 527. Ratto invola; e del colpo a sè dà plauso 1568. 528. Qual d'ogni lato i molti servi in tanto 529. E seggi e tavolieri e luci e carte 1569 530. Supellettile augusta entran portando? 531. E sordo stropicciar di mossi scanni 1570, Settecento. Efemeride è un singolare usato al posto del plurale, alla latina 1560 Volatile = superficiale 1561 Altri altrove = paronomasia 1562 pugnando audace = iperbole e latinismo 1563 il palafren = il cavallo (termine aulico) 1564 else = le impugnature delle spade 1565 più dotto Anglico artier = il più esperto artigiano armaiolo inglese 1566 Qual per l'appunto a gran convito apparve / Ordin di cibi = iperbato 1567 Con profondo pensier con alte dita = ironia 1568 Un fra l’indice e il medio … dà plauso = sono qui descritte due macchiette che chiudono questo sguardo d’insieme; uno prende per il ganascino il vicino, ridendo scioccamente, l’altro sottrae ad un invitato il cappello 1569 E seggi e tavolieri e luci e carte = enumerazione degli oggetti e polisindeto 1570 E sordo stropicciar di mossi scanni = allitterazione in “s”
532. E cigolìo1571 di tavole spiegate1572 533. Odo vagar fra le sonanti risa 534. Di giovani festivi e fra le acute 535. Voci 1573di dame cicalanti a un tempo, 536. Come intorno a selvaggio antico moro 1574 537. Sull'imbrunir del dì garrulo stormo 538. Di frascheggianti passere novelle?1575 539. Sola in tanto rumor tacita siede 540. La matrona del loco: e chino il fronte 541. E increspate le ciglia1576, i sommi labbri 542. Appoggia in sul ventaglio, arduo pensiere 543. Macchinando tra sè. Medita certo 1577 544. Come al candor come al pudor 1578si deggia 545. La cara figlia preservar, che torna 546. Doman da i chiostri, ove il sermon d'Italia 547. Pur giunse ad obliar, meglio erudita 548. De le Galliche grazie1579. Oh qual dimane1580 549. Ne i genitor, ne' convitati, a mensa 550. Ben cicalando ecciterai stupore 551. Bella fra i lari tuoi vergin straniera!1581
1571
E sordo … E cigolio = anafora di “e” (vv. 531 – 532) cigolio è hapax 1572 tavole spiegate = tavoli da gioco con cerniera che si possono ripiegare 1573 acute / Voci = enjambement 1574 moro = gelso 1575 Come intorno … novelle = similitudine 1576 e chino il fronte / E increspate le ciglia = complementi di relazione 1577 Medita certo = ipotesi da parte del precettore che verrà smentita al v. 552 – forse, egli dice, la dama sta pensando alle responsabilità che l’aspettano con il ritorno della figlia dall’educandato straniero (chiostri) in cui la fanciulla ha dimenticato l’Italiano, imparando meglio il Francese. Immagina poi la giovane, straniera in casa sua (fra i lari tuoi), mentre affascina i commensali con la sua cultura esotica 1578 Come al candor come al pudor = iterazione 1579 le Galliche grazie = perifrasi ironica per indicare la conoscenza del Francese e allitterazione 1580 dimane = toscanismo Cfr. Dante, Inferno XXXIII, 37 <
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552. Errai. Nel suo pensier volge di cose 553. L'alta madre d'eroi mole più grande 1582: 554. E nel dubbio crudel col guardo invoca 555. De le amiche l'aita; e a sè con mano 556. Il fido cavalier chiede a consiglio. 557. Qual mai del gioco a i tavolier diversi 558. Ordin porrà 1583, che de le dive accolte 559. Nulla obliata si dispetti; e nieghi 560. Più qui tornare ad aver scorno ed onte? 561. Come, con pronto antiveder, del gioco 562. Il dissimil tenore a i genj eccelsi1584 563. Assegnerà conforme;1585 ond'altri poi 564. Non isbadigli lungamente, e pianga 565. Le mal gittate ore notturne, e lei 566. De lo infelice oro perduto 1586incolpi? 567. Qual paro e quale al tavolier medesmo 568. E di campioni e di guerriere audaci 569. Fia che tra loro a tenzonar congiunga, 570. Sì che giammai, per miserabil caso, 571. La vetusta patrizia, ella e lo sposo 572. Ambo di regi favolosa stirpe 1587, 573. Con lei non scenda al paragon1588, che al grado 574. Per breve serie di scrivani 1589or ora 575. Fu de' nobili assunta: e il cui marito 576. Gli atti e gli accenti ancor serba del monte 1590? 577. Ma che non può sagace ingegno e molta 1581
Bella fra i lari tuoi vergin straniera! = iperbato per indicare l’assurdità della situazione 1582 L'alta madre d'eroi mole più grande = iperbole ironica 1583 Qual mai del gioco a i tavolier diversi / Ordin porrà = iperbato 1584 i genj eccelsi = iperbole ironica 1585 Come, con pronto antiveder … conforme = iperbato 1586 infelice oro perduto = metonimia ed enallage 1587 Ambo di regi favolosa stirpe = iperbole ironica 1588 scenda al paragon = metafora bellica 1589 Per breve serie di scrivani = si intende per merito di qualche generazione di burocrati. – si allude alla così detta nobiltà di toga 1590 Gli atti e gli accenti ancor serba del monte = metafora per indicare un marito che conserva ancora tratti dell’originaria rozzezza
578. D'anni e di casi esperienza? 1591 Or ecco 579. Ella compose i fidi amanti; e lungi 580. De la stanza nell'angol più remoto 581. Il marito costrinse, a dì sì lieti 582. Sognante ancor d'esser geloso. Altrove 583. Le occulte altrui, ma non fuggite all'occhio1592 584. Dotto1593 di lei benchè nascenti a pena 585. Dolci cure d'amor, fra i meno intenti 586. O i meno acuti a penetrar nell'alte 587. Dell'animo latèbre1594, in grembo al gioco 588. Pose1595 a crescer felici: e già in duo cori 589. Grazia e mercè de la bell'opra ottiene. 590. Qua gl'illustri e le illustri; e là gli estremi 591. Ben seppe unir de' novamente compri 592. Feudi1596, e de' prischi1597 gloriosi nomi 593. Cui mancò la fortuna.1598 Anco le piacque 594. Accozzar le rivali, onde spiarne 595. I mal chiusi dispetti1599. Anco per celia 596. Più secoli adunò1600, grato aspettando 597. E per gli altri e per sè riso dall'ire 598. Settagenarie1601, che nel gioco accense1602 599. Fien, con molta raucedine e con molto 1603 600. Tentennar di parrucche e cuffie alate1604. 1591
Ma che … esperienza? = interrogativa retorica Le occulte altrui, ma non fuggite all'occhio = iperbato 1593 all'occhio / Dotto = enjambement 1594 nell'alte / Dell'animo latèbre = enjambement e metafora 1595 in grembo al gioco / Pose = metafora 1596 compri / Feudi = enjambement 1597 prischi = latinismo 1598 Qua … fortuna = la padrona di casa ha disposto da un lato gli aristocratici di purissima nobiltà (gli illustri e le illustri), da un altro ha messo insieme coloro che hanno comprato da poco il titolo nobiliare in compagnia di nobili illustri ai quali però sono venute meno le ricchezze 1599 accozzar … dispetti = in questa disposizione la matrona ha ceduto un tantino alla malignità 1600 Più secoli adunò = metonimia – si intendono nobildonne tanto vecchie la cui età assommata risultava plurisecolare 1601 ire / Settagenarie = settantenni. enjambement 1602 accense = latinismo e metafora 1603 molta … molto = poliptoto 1592
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601. Già per l'aula beata a cento intorno 1605 602. Dispersi tavolier seggon le dive 603. Seggon1606 gli eroi, che dell'Esperia 1607 sono 604. Gloria somma o speranza 1608. Ove1609 di quattro 605. Un drappel si raccoglie: e dove un altro 606. Di tre soltanto. Ivi di molti e grandi 607. Fogli dipinti1610 il tavolier si sparge: 608. Qui di pochi e di brevi 1611. Altri combatte1612; 609. Altri sta sopra a contemplar gli eventi 610. De la instabil fortuna e i tratti egregi 611. Del sapere o dell'arte 1613. In fronte a tutti 612. Grave regna il consiglio1614: e li circonda 613. Maestoso silenzio. Erran sul campo 614. Agevoli ventagli, onde le dame 615. Cercan ristoro all'agitato spirto 616. Dopo i miseri casi. Erran sul campo 1615 617. Lucide tabacchiere. Indi sovente 618. Un'util rimembranza un pronto avviso 1604
cuffie alate = cuffie con lembi che coprono le orecchie, paragonabili ad ali 1605 a cento intorno = iperbole 1606 seggon … Seggon = iterazione 1607 Esperia = Italia 1608 Gloria somma o speranza = ironia 1609 Ove … brevi = a un tavolo giocano in quattro ai tarocchi, a un altro in tre con poche carte piccole al gioco delle “ombre” 1610 grandi / Fogli dipinti = enjambement 1611 di molti e grandi … di pochi e di brevi = antitesi 1612 combatte = metafora di ambito bellico. – il patetico gioco accennato in sintesi nel “Mattino” viene qui svolto in chiave parodistica di accesa battaglia, in cui il tavolo da gioco è “campo” i ventagli e le tabacchiere “mezzi” per i combattenti per attingere nuove energie contro la “instabil fortuna” e gli avversi “destini del gioco”. Le reazioni psicologiche degli “eroi” sono seguite con ironia dal poeta che si aggira trai vari focolai di battaglia 1613 Del sapere o dell'arte = vi è forse un’allusione alla capcità di barare 1614 il consiglio = personificazione 1615 Erran sul campo … Erran sul campo = epifora (vv. 613 – 616)
619. Con le dita si attigne: e spesso volge 620. I destini del gioco e de la veglia 621. Un atomo di polve 1616. Ecco sen ugne 622. La panciuta matrona intorno al labbro 623. Le calugini adulte1617: ecco sen ugne1618 624. Le nari delicate e un po' di guancia 625. La sposa giovinetta1619. In vano il guardo 626. D'esperto cavalier, che già su lei 627. Medita nel suo cor future imprese, 628. Le domina dall'alto i pregi ascosi 1620: 629. E in van d'un altro timidetto ancora 630. Il pertinace piè l'estrema punta 631. Del bel piè le sospigne 1621. Ella non sente 632. O non vede o non cura1622. Entro a que' fogli1623, 633. Ch'ella con man si lieve ordina o turba, 634. De le pompe muliebri a lei concesse 635. Or s'agita la sorte1624. Ivi è raccolto 636. Il suo cor la sua mente1625. Amor1626 sorride; 637. E luogo e tempo a vendicarsi aspetta. 638. Chi la vasta quiete osa da un lato 639. Romper con voci 1627successive or aspre 640. Or molli or alte ora profonde 1628, sempre 1616
Un atomo di polve = la presa di tabacco è assunta in maniera eroicomica dal Parini come l’elemento imponderabile che può cambiare il corso del gioco 1617 Le calugini adulte = la peluria delle labbra 1618 Ecco sen ugne … ecco sen ugne = epifora 1619 La panciuta matrona … Le calugini adulte … Le nari delicate … La sposa giovinetta = chiasmo e antitesi 1620 i pregi ascosi = metafora (le bellezze nascoste della scollatura) 1621 Il pertinace piè l'estrema punta / Del bel piè le sospigne = allitterazione in “p” – quadretto di settecentesca galanteria: la damina immersa nel gioco è al centro di approcci amorosi 1622 Ella non sente / O non vede o non cura = iterazione di non 1623 que' fogli = metonimia per carte 1624 De le pompe muliebri a lei concesse / Or s'agita la sorte = si intende che nel gioco viene scommesso dalla dama il denaro assegnatole dal marito per pagare i propri lussi 1625 ivi è raccolto / Il suo cor la sua mente = metafora 1626 Amor = personificazione 1627 Romper con voci = metafora 86
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641. Con tenore1629 ostinato al par di secchi, 642. Che scendano e ritornino piagnenti1630 643. Dal cupo alveo 1631dell'onda1632; o al par di rote 1633, 644. Che sotto al carro pesante, per lunga 645. Odansi strada scricchiolar 1634lontano? 646. L'ampia tavola1635 è questa, a cui s'aduna 647. Quanto mai per aspetto e per maturo 648. Senno1636 il nobil concilio ha di più grave1637 649. O fra le dive socere 1638o fra i nonni 650. O fra1639 i celibi già da molti lustri 651. Memorati nel mondo. In sul tapeto 652. Sorge grand'urna1640, che poi scossa in volta 653. La dovizia 1641de' numeri comparte 654. Fra i giocator, cui numerata 1642 è innanzi 655. D'immagini diverse alma vaghezza1643. 656. Qual finge il vecchio1644, che con man la negra 657. Sopra le grandi porporine brache 658. Veste raccoglie1645; e rubicondo il naso1646
659. Di grave stizza alto minaccia e grida 660. L'aguzza barba dimenando. Quale 661. Finge colui1647, che con la gobba enorme 662. E il naso enorme e la forchetta enorme 1648 663. Le cadenti lasagne avido ingoia. 664. Quale il multicolor zanni leggiadro1649, 665. Che, col pugno posato al fesso legno1650, 666. Sovra la punta dell'un piè s'innoltra; 667. E la succinta natica rotando, 668. Altrui volge faceto il nero ceffo1651. 669. Nè d'animali ancor copia vi manca, 670. O al par d'umana creatura 1652l'orso 671. Ritto in due piedi, o il miccio, o la ridente 672. Simmia1653, o il caro asinello 1654, onde a sè grato 673. E giocatrici e giocator 1655fan speglio1656
1645 1628
or aspre / Or molli or alte ora profonde = iterazione di “or” ed antitesi 1629 tenore = tono della voce 1630 piagnenti = metafora 1631 cupo alveo = metonimia per pozzo 1632 Al par di secchi … onda = similitudine 1633 o al par di rote = similitudine 1634 Odansi strada scricchiolar = allitterazione in “s” e iperbato 1635 L'ampia tavola = la tavola per il gioco della cavagnola, una specie di tombola 1636 maturo / Senno = enjambement 1637 il nobil concilio ha di più grave = ironia 1638 dive socere = il secondo termine annulla il primo 1639 O fra … O fra = anafora (vv. 649 – 650) 1640 grand'urna = urna dalla quale si estraevano i numeri per la cavagnola 1641 dovizia = moltitudine (latinismo) 1642 numeri … numerata = figura etimologica 1643 D'immagini diverse alma vaghezza = le cartelle della cavagnola erano figurate 1644 Qual finge il vecchio = su una cartella è raffigurata la maschera veneziana di Pantalone, vestito di nero con i clazoni rossi
che con man la negra / Sopra le grandi porporine brache / Veste raccoglie = iperbato 1646 rubicondo il naso = accusativo alla greca 1647 Quale / Finge colui = su un’altra cartella è raffigurato Pulcinella, mentre sta divorando lasagne che tiene sospese in alto con la forchetta 1648 gobba enorme / E il naso enorme e la forchetta enorme = iterazione ed epifora 1649 Quale il multicolor zanni leggiadro = una terza cartella raffigura Arlecchino (o zanni) in abito multicolore e armato di spatola 1650 fesso legno = metonimia per spatola. – questa era spaccata perché risuonasse con effetto più plateale nelle scene di bastonature frequenti nella commedia dell’arte 1651 il nero ceffo = la maschera nera che gli copriva il volto 1652 O al par d'umana creatura = similitudine 1653 ridente / Simmia = enjambement 1654 O al par … o il miccio, o la ridente / Simmia, o il caro asinello = polisindeto e iterazione 1655 E giocatrici e giocator = poliptoto 1656 Né … speglio = sulle altre cartelle sono riprodotti alcuni animali: l’orso, il gatto, la scimmia, l’asinello. I giocatori fissano con tale intensità queste cartelle, che hanno davanti, da sembrare rispecchiarsi in quelle figure animalesche 87
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“IL GIORNO” DI GIUSEPPE PARINI
Con testo a fronte in lingua corrente
Versione in lingua corrente del “Giorno” di G. Parini curata dalle allieve della Cl. III A magistrale
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IL MATTINO 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16. 17. 18. 19. 20. 21. 22. 23. 24. 25. 26. 27. 28. 29. 30. 31. 32. 33. 34. 35. 36. 37.
Sorge il mattino in compagnia dell’alba Dinanzi al sol che di poi grande appare Su l’estremo orizzonte a render lieti Gli animali e le piante e i campi e l’onde. Allora il buon villan sorge dal caro Letto cui la fedel moglie e i minori Suoi figlioletti intiepidir la notte: Poi sul dorso portando i sacri arnesi Che prima ritrovò Cerere o Pale Move seguendo i lenti bovi, e scote Lungo il picciol sentier da i curvi rami Fresca rugiada che di gemme al paro La nascente del sol luce rifrange. Allora sorge il fabbro, e la sonante Officina riapre, e all’opre torna L’altro di non perfette; o se di chiave Ardua e ferrati ingegni all’inquieto Ricco l’arche assecura; o se d’argento E d’oro incider vuol gioielli e vasi Per ornamento a nova sposa o a mense. Ma che? Tu inorridisci e mostri in capo Qual istrice pungente irti i capelli Al suon di mie parole? Ah il tuo mattino Signor questo non è. Tu col cadente Sol non sedesti a parca cena, e al lume Dell’incerto crepuscolo non gisti Ieri a posar qual nei tugurj suoi Entro a rigide coltri il vulgo vile A voi celeste prole a voi concilio Almo di semidei altro concesse Giove benigno: e con altr’arti e leggi Per novo calle a me guidarvi è d’uopo. Tu tra le veglie e le canore scene E il patetico gioco oltre più assai Producesti la notte: e stanco alfine In aureo cocchio col fragor di calde Precipitose rote e il calpestio
IL MATTINO 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16. 17. 18. 19. 20. 21. 22. 23. 24. 25. 26. 27. 28. 29. 30. 31. 32. 33. 34. 35. 36. 37.
Il Mattino si alza in compagnia dell’alba Incontro al sole mattutino che più tardi appare grande All’orizzonte più lontano per rendere felici Gli animali, le piante, i campi e i corsi d’acqua. Quando sorge il Mattino l’onesto contadino si alza dal caro
Letto che la moglie fedele e i suoi figli Più piccoli intiepidirono di notte: Poi portando sulla schiena gli arnesi agricoli Che per la prima volta furono inventati da Cerere e Pale Va verso il campo con i buoi lenti, e scuote, Passando lungo il piccolo sentiero dai rami ricurvi, La fresca rugiada che come una gemma Rifrange i raggi del sole nascente. Allora si alza il fabbro, e la risonante Bottega riapre, e torna ai lavori Non terminati il giorno prima; o se per mezzo di una chiave
Di complicata struttura o di congegni metallici Renda sicuri gli scrigni del ricco timoroso; o se d’argento E d’oro vuole incidere gioielli e vasi Per l’ornamento a una sposa o a un banchetto. Ma che? Tu inorridisci, e mostri sul capo, Quale istrice dagli aculei pungenti, i capelli irti Al suono delle mie parole? Ah non è di questa specie Il tuo mattino, Signore. Tu al tramonto Non sedesti ad una tavola frugale, e alla luce Del crepuscolo incerto non sei andato Ieri a riposarti su un letto scomodo, Come è costretto a fare il popolino. A voi, discendenti degli dei, a voi assemblea Colma di semidei terreni altro vi concesse Il benigno Giove: e con stile e argomenti diversi Per una strada differente mi conviene guidarvi. Tu tra le conversazioni fino a tarda notte e i teatri lirici E l’appassionante gioco molto di più Protraesti la notte: e stanco infine Nel cocchio d’oro, con le calde E precipitose ruote e con il calpestio
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38. 39. 40. 41. 42. 43. 44. 45. 46. 47. 48. 49. 50. 51. 52. 53. 54. 55. 56. 57. 58. 59. 60. 61. 62. 63. 64. 65. 66. 67. 68. 69. 70. 71. 72. 73. 74. 75. 76. 77.
Di volanti corsier lunge agitasti Il queto aere notturno; e le tenèbre Con fiaccole superbe intorno apristi Siccome allor che il Siculo terreno Da l’uno a l’altro mar rimbombar fèo Pluto col carro a cui splendeano innanzi Le tede de le Furie anguicrinite. Tal ritornasti a i gran palagi: e quivi Cari conforti a te porgea la mensa Cui ricoprien prurigginosi cibi E licor lieti di Francesi colli E d’Ispani e di Toschi o l’Ungarese Bottiglia a cui di verdi ellere Bromio Concedette corona, e disse: or siedi De le mense reina. Alfine il Sonno Ti sprimacciò di propria man le còltrici Molle cedenti, ove te accolto il fido Servo calò le ombrifere cortine: E a te soavemente i lumi chiuse Il gallo che li suole aprire altrui. Dritto è però che a te gli stanchi sensi Da i tenaci papaveri Morfeo Prima non solva che già grande il giorno Fra gli spiragli penetrar contenda De le dorate imposte; e la parete Pingano a stento in alcun lato i rai Del sol ch’eccelso a te pende sul capo. Or qui principio le leggiadre cure Denno aver del tuo giorno: e quindi io deggio Sciorre il mio legno, e co’ precetti miei Te ad alte imprese ammaestrar cantando. Già i valetti gentili udir lo squillo De’ penduli metalli a cui da lunge Moto improvviso la tua destra impresse; E corser pronti a spalancar gli opposti Schermi a la luce; e rigidi osservàro Che con tua pena non osasse Febo Entrar diretto a saettarte i lumi Ergi dunque il bel fianco, e si ti appoggia Alli origlier che lenti degradando
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Dei cavalli veloci da lontano turbasti La quieta atmosfera notturna; e le tenebre Per mezzo delle fiaccole levate in alto furono aperte intorno
Come quando la Sicilia Da un mare all’altro fece rimbombare Plutone con il suo carro davanti al quale splendevano Le fiaccole delle Furie con serpenti al posto dei capelli. Così ritornasti ai grandi palazzi: e qui Faticose occupazioni ti porgeva la mensa Che era ricoperta da cibi stuzzicanti E vini che riempiono dall’allegria dei colli francesi O della Spagna o della Toscana o l’Ungherese Bottiglia a cui Bacco concedette la corona Fatta di edera verde, e disse: <
Servo calò i drappeggi di seta E a te dolcemente chiuse gli occhi Il gallo che è solito aprire quelli degli altri. Perciò è giusto che Morfeo non liberi Le tue stanche membra dal profondo torpore Che le avvince prima che il giorno ormai avanzato Tenti di penetrare tra gli spiragli Delle imposte dorate; ed è giusto che i raggi Colpiscano appena la parete da qualche parte Del sole che alto ti pende sopra la testa. Ora qui devono cominciare le occupazioni Della tua giornata: e quindi io devo Salpare con la mia nave, e con i miei precetti Educarti col canto all’alte imprese. Già i valletti premurosi hanno udito lo squillo Vicino del campanello a cui da lontano La tua mano destra impresse il movimento; E corsero prontamente a spalancare le imposte Che proteggono dalla luce; e scrupolosamente badarono Che Febo, cioè il sole, non osasse procurarti fastidio Entrando direttamente negli occhi. Solleva dunque il bel fianco, e così appoggiati Ai cuscini i quali degradando dolcemente
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78. All’omero ti fan molle sostegno; 79. E coll’indice destro lieve lieve 80. Sovra gli occhi trascorri, e ne dilegua 81. Quel che riman de la Cimmeria nebbia; 82. Poi de’ labbri formando un picciol arco 83. Dolce a vedersi tacito sbadiglia. 84. Ahi se te in sì vezzoso atto mirasse 85. Il duro capitan quando tra l’arme 86. Sgangherando la bocca un grido innalza 87. Lacerator di ben costrutti orecchi, 88. S’ei te mirasse allor, certo vergogna 89. Avria di sè più che Minerva il giorno 90. Che di flauto sonando al fonte scorse 91. Il turpe aspetto de le guance enfiate. 92. Ma il damigel ben pettinato i crini 93. Ecco s’innoltra; e con sommessi accenti 94. Chiede qual più de le bevande usate 95. Sorbir tu goda in preziosa tazza. 96. Indiche merci son tazza e bevande: 97. Scegli qual più desii. S’oggi a te giova 98. Porger dolci a lo stomaco fomenti 99. Onde con legge il natural calore 100. V’arda temprato, e al digerir ti vaglia, 101. Tu il cioccolatte eleggi, onde tributo 102. Ti diè il Guatimalese e il Caribeo 103. Che di barbare penne avvolto ha il crine: 104. Ma se noiosa ipocondria ti opprime, 105. O troppo intorno a le divine membra 106. Adipe cresce, de’ tuoi labbri onora 107. La nettarea bevanda ove abbronzato 108. Arde e fumica il grano a te d’Aleppo 109. Giunto e da Moca che di mille navi 110. Popolata mai sempre insuperbisce. 111. Certo fu d’uopo che da i prischi seggi 112. Uscisse un regno, e con audaci vele 113. Fra straniere procelle e novi mostri 114. E teme e rischi ed inumane fami 115. Superasse i confin per tanta etade 116. Inviolati ancora: e ben fu dritto 117. Se Pizzarro e Cortese umano sangue
78. Ti fanno da molle sostegno alle spalle; 79. E con l’indice destro lieve lieve 80. Scorri sopra gli occhi, e togli da lì 81. Quello che rimane del sonno dei Cimmeri; 82. Poi marcando appena le labbra 83. Dolce a vedersi, silenziosamente sbadiglia. 84. Ahi se in un così grazioso atto ti vedesse 85. Il rozzo capitano mentre durante la battaglia 86. Aprendo sgangheratamente la bocca innalza un grido 87. Laceratore di orecchie ben abituate, 88. Se ti vedesse ancora egli, certamente, vergogna 89. Avrebbe di sé più che Minerva il giorno 90. In cui suonando il flauto alla fonte vide 91. Il brutto spettacolo delle sue gote rigonfie. 92. Ma il valletto, dai capelli ben pettinati, 93. Ecco si inoltra; e con accenti sommessi 94. Chiede quale più tra le bevande abituali oggi 95. Ti piaccia bere in questa tazza. 96. Le tazze e le bevande sono prodotti orientali: 97. Scegli quella che desideri di più. Se oggi ti piace 98. Porgere dolci allo stomaco bevande calde 99. Così che in giusta misura il naturale calore 100. Arda nello stomaco regolato, e faciliti la digestione, 101. Tu scegli la cioccolata, di cui tributo 102. Ti fanno gli abitanti del Guatemala e dei Caraibi 103. Che hanno il crine avvolto di penne barbare: 104. Ma se sei oppresso da fastidiosa depressione, 105. O se intorno alle tue divine membra troppo 106. Cresce il grasso, dalle tue labbra apprezza 107. Il caffè divino come il nettare, dove abbrustolito 108. Brucia e fuma il seme giunto fino a te da Aleppo 109. E da Moca che di mille navi 110. Popolata in continuazione si arricchisce. 111. Fu necessario che dai suoi primitivi confini 112. Uscisse la Spagna, e con le ardite barche 113. Fra tempeste di mari sconosciuti e fenomeni mai visti prima, 114. E paure e pericoli e privazioni bestiali 115. Superasse quei confini che per così gran tempo 116. Mai erano stati superati: e fu assolutamente giusto 117. Se Pizzarro e Cortes non ritennero sangue umano
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118. Più non stimàr quel ch’oltre l’Oceàno 119. Scorrea le umane membra; e se tonando 120. E fulminando alfin spietatamente 121. Balzaron giù da i grandi aviti troni 122. Re Messicani e generosi Incassi, 123. Poi che nuove così venner delizie 124. O gemma degli eroi al tuo palato 125. Cessi ‘1 cielo però che in quel momento 126. Che le scelte bevande a sorbir prendi, 127. Servo indiscreto a te improvviso annunci 128. O il villano sartor che non ben pago 129. D’aver teco diviso i ricchi drappi 130. Oso sia ancor con polizza infinita 131. Fastidirti la mente; o di lugubri 132. Panni ravvolto il garrulo forense 133. Cui de’ paterni tuoi campi e tesori 134. Il periglio s’affida; o il tuo castaldo 135. Che già con l’alba a la città discese 136. Bianco di gelo mattutin la chioma 137. Così zotica pompa i tuoi maggiori 138. Al di nascente si vedean dintorno: 139. Ma tu gran prole in cui si fèo scendendo 140. E più mobile il senso e più gentile 141. Ah sul primo tornar de’ lievi spirti 142. All’uficio diurno ah non ferirli 143. D’imagini si sconce. Or come i detti 144. Di costor soffrirai barbari e rudi; 145. Come il penoso articolar di voci 146. Smarrite titubanti al tuo cospetto; 147. E tra l’obliquo profondar d’inchini 148. Del calzar polveroso in su i tapeti 149. Le impresse orme indecenti? Ahimè che fatto 150. Il salutar licore agro e indigesto 151. Ne le viscere tue te allor faria 152. E in casa e fuori e nel teatro e al corso 153. Ruttar plebeiamente il giorno intero! 154. Non fia che attenda già ch’altri lo annunci 155. Gradito ognor benchè improvviso il dolce 156. Mastro che il tuo bel piè come a lui piace 157. Guida e corregge. Egli all’entrar s’arresti
118. Quello che oltre Oceano 119. Scorreva nelle membra umane; per cui a colpi d’arma da fuoco 120. E a colpi di cannone alfine spietatamente 121. Spodestarono giù dai paterni troni 122. I re messicani e i nobili Incas, 123. Poiché prelibatezze così sconosciute 124. O eroe degli eroi, vennero a l tuo palato. 125. Possa il Cielo far sì che in quel momento 126. In cui ti accingi a bere le bevande che hai scelto, 127. Il servo inopportuno non ti annunci improvvisamente 128. O il sarto villano che non soddisfatto 129. Di avere condiviso con te le stoffe preziose 130. Abbia osato ancora, con un conto interminabile, 131. Infastidirti la mente; o di lugubri 132. Panni avvolto, il rumoroso forense 133. A cui dei tuoi campi e tesori paterni 134. La sorte si affida; o il tuo amministratore di beni 135. Che già all’alba discese in città, 136. Bianco per il gelo della brina mattutina. 137. Così una pompa zotica i tuoi antenati 138. Al nascente giorno si vedevano intorno: 139. Ma tu, gran discendenza, in cui si fece progredendo 140. Più mobile il senso e anche più gentile 141. Ah sul primo ritorno dei lievi spiriti 142. Alle occupazioni mattutine, ah non colpirli 143. Con immagini sconce. Oppure come sopporterai le parole 144. Di queste persone barbare e rudi: 145. Come sopporterai il penoso chiacchierare di voci 146. Che si smarriscono timorose al tuo cospetto; 147. E trai profondi inchini come sopporterai 148. Della scarpa polverosa sui tappeti 149. Le impresse orme indecenti? Ahimè perché sai che 150. La bevanda acida e indigesta 151. Assimilata nelle tue viscere ti farebbe 152. E in casa e fuori e nel teatro 153. Ruttare plebeamente per tutto il giorno! 154. Non farai che io attenda che altri lo annuncino, 155. Gradito anche se improvviso, il maestro 156. Di ballo, che, come a lui piace, guida e corregge 157. I movimenti dei tuoi piedi. Egli si fermi sull’entrata
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158. Ritto sul limitare, indi elevando 159. Ambe le spalle qual testudo il collo 160. Contragga alquanto, e ad un medesmo tempo 161. Il mento inchini, e con l’estrema falda 162. Del piumato cappello il labbro tocchi. 163. E non men di costui facile al letto 164. Del mio signor t’innoltra o tu che addestri 165. A modular con la flessibil voce 166. Soavi canti; e tu che insegni altrui 167. Come vibrar con maestrevol arco 168. Sul cavo legno armoniose fila. 169. Nè la squisita a terminar corona 170. Che segga intorno a te manchi o signore 171. Il precettor del tenero idioma 172. Che da la Senna de le Grazie madre 173. Pur ora a sparger di celeste ambrosia 174. Venne all’Italia nauseata i labbri. 175. All’apparir di lui l’Itale voci 176. Tronche cedano il campo al lor tiranno: 177. E a la nova inefabil melodia 178. De’ sovrumani accenti odio ti nasca 179. Più grande in sen contro a le bocche impure 180. Ch’osan macchiarse ancor di quel sermone 181. Onde in Valchiusa fu lodata e pianta 182. Già la bella Francese; e i culti campi 183. All’orecchio de i re cantati furo 184. Lungo il fonte gentil da le bell’acque. 185. Or te questa o signor leggiadra schiera 186. Al novo di trattenga: e di tue voglie 187. Irresolute ancora or quegli or questi 188. Con piacevol discorso il vano adempia, 189. Mentre tu chiedi lor tra i lenti sorsi 190. Dell’ardente bevanda a qual cantore 191. Nel vicin verno si darà la palma 192. Sovra le scene; e s’egli è il ver che rieda 193. L’astuta Frine che ben cento folli 194. Milordi rimandò nudi al Tamigi; 195. O se il brillante danzator Narcisso 196. Torni pur anco ad agghiacciare i petti 197. De’ palpitanti Italici mariti.
158. Diritto sulla soglia, quindi, alzando 159. Entrambe le spalle, come una tartaruga contragga un po’ il collo, 160. E nello stesso tempo 161. Inchini il mento, e con l’estremità della falda 162. Tocchi il labbro del piumato cappello. 163. E non meno di lui, senza che altro lo annunci, al lato 164. Del mio Signor inoltrati, o tu che gli insegni 165. A modulare con la voce flessibile 166. Dolci canti; e tu che insegni 167. Come far vibrare con maestria 168. Sul violino le armoniose note. 169. Né a terminare la bella corte 170. Che siede intorno a te, manchi o Signore 171. Il precettore della bella lingua francese 172. Che dalla Senna, madre delle Grazie, 173. Venne in Italia, insofferente nei confronti della propria lingua, 174. A spargere di ambrosia celeste le labbra. 175. Quando appare, le parole italiane 176. Tronche cedano il campo al loro tiranno: 177. E alla inaudita ineffabile melodia 178. Dei superbi accenti ti nasca odio 179. Più grande in seno contro le bocche impure 180. Che osano ancora macchiarsi di quella lingua 181. Con la quale fu lodata e pianta già la bella Francese (Laura) 182. In Valchiusa; e campi coltivati 183. Furono cantati alle orecchie dei re 184. Lungo la dolce fonte dalle belle acque. 185. Dunque, o Signore, questa bella schiera 186. Ti trattenga al giorno appena iniziato: 187. E delle indecisioni sul da farsi o quelli o questi 188. Occupi i tempi vuoti con un piacevole discorso, 189. Mentre chiedi loro tra i lenti sorsi 190. Della bevanda calda a quale cantante lirico 191. Nell’inverno prossimo si darà la vittoria 192. Sopra le scene; e se è vero che torna 193. L’astuta Frine che ben cento 194. Signori rimandò poveri al Tamigi; 195. O se il ballerino vanesio Narciso 196. Torna pure ancora ad ingelosire 197. I mariti italici dai palpitanti petti.
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198. Così poi che gran pezzo a i novi albori 199. Del tuo mattin teco scherzato fia 200. Non senza aver da te rimosso in prima 201. L’ipocrita pudore e quella schifa 202. Che le accigliate gelide matrone 203. Chiaman modestia, alfine o a lor talento 204. O da te congedati escan costoro. 205. Doman quindi potrai o l’altro forse 206. Giorno a i precetti lor porgere orecchio 207. Se a’ bei momenti tuoi cure minori 208. Porranno assedio. A voi divina schiatta 209. Più assai che a noi mortali il ciel concesse 210. Domabile midollo entro al cerèbro, 211. Si che breve lavoro unir vi puote 212. Ampio tesor d’ogni scienza ed arte. 213. Il vulgo intanto a cui non lice il velo 214. Aprir de’ venerabili misterj 215. Fie pago assai poi che vedrà sovente 216. Ire o tornar dal tuo palagio i primi 217. D’arte maestri; e con aperte fauci 218. Stupefatto berà le tue sentenze. 219. Ma già vegg’io che le oziose lane 220. Premer non sai più lungamente: e in vano 221. Te l’ignavo tepor lusinga e molce, 222. Però che te più gloriosi affanni 223. Aspettan l’ore ad illustrar del giorno. 224. O voi dunque del primo ordine servi 225. Che di nobil signor ministri al fianco 226. Siete incontaminati, or dunque voi 227. Al mio divino Achille al mio Rinaldo 228. L’armi apprestate. Ed ecco in un baleno 229. I damigelli a’ cenni tuoi star pronti. 230. Già ferve il gran lavoro. Altri ti veste 231. La serica zimarra ove bei fregi 232. Diramansi Chinesi; altri se il chiede 233. Più la stagione a te le membra copre 234. Di stese infino al piè tiepide pelli; 235. Questi al fianco ti cinge il bianco lino 236. Che sciorinato poi cada e difenda 237. I calzonetti; e quei d’alto curvando
198. Dopo che gran parte 199. Del tuo mattino si sia scherzato con te, 200. Non senza aver prima rimosso da te 201. L’ipocrita pudore e quella riservatezza 202. Che le severe e accigliate gelide matrone 203. Chiamano modestia, al fine costoro escano o di loro volontà 204. O congedati da te. 205. Quindi domani o dopodomani, forse 206. Potrai porgere gli orecchi ai precetti loro 207. Se porranno assedio cure minori 208. Ai tuoi bei momenti. A voi, stirpe divina, 209. Il Cielo concesse più assai che a noi mortali 210. Più materia cerebrale dentro alla scatola cranica, 211. Così che vi può unire una minima fatica, 212. Ampio tesoro di ogni scienza e arte. 213. Il popolo intanto, a cui non è lecito aprire 214. Il velo dei venerabili misteri, 215. Sarà felice assai, poiché vedrà sovente 216. Andare o tornare dal tuo palazzo i primi 217. Maestri d’arte, e con le bocche aperte 218. Berrà stupefatto le tue sentenze. 219. Ma già vedo che i cuscini 220. Tu non premi già più lungamente: e invano 221. L’ignavo calore ti lusinga e ti accarezza 222. Poiché le ore del giorno ti attendono 223. Ad illustrarti più gloriose preoccupazioni. 224. O voi dunque servi del primo ordine 225. Che del nobile signore siete Ministri al suo fianco, 226. Or dunque voi, che siete incontaminati, 227. Al mio divino Achille, al Rinaldo 228. Preparate l’armi. Ed ecco in un attimo 229. I damigelli stanno pronti ai tuoi cenni. 230. Già ferve tanto lavoro: qualcuno ti mette 231. La veste da camera con ornamenti 232. Di tipo cinese; qualcun altro, se lo richiede 233. La stagione, ti copre le membra 234. Fino ai piedi di calde pelli; 235. Un altro ti cinge al fianco la bianca salvietta 236. Che stesa poi cade e ripara 237. I calzoncini; un altro, dall’alto curvandosi,
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238. Il cristallino rostro in su le mani 239. Ti versa onde odorate, e da le mani 240. In limpido bacin sotto le accoglie; 241. Quale il sapon del redivivo muschio 242. Olezzante all’intorno; e qual ti porge 243. Il macinato di quell’arbor frutto 244. Che a Rodope fu già vaga donzella, 245. E piagne in van sotto mutate spoglie 246. Demofoonte ancor Demofoonte; 247. Un di soavi essenze intrisa spugna 248. Onde tergere i denti; e l’altro appresta 249. Onde imbiancar le guance util licore. 250. Assai Signore a te pensasti: or volgi 251. L’alta mente per poco ad altri obbietti 252. Non men degni di te. Sai che compagna 253. Con cui partir de la giornata illustre 254. I travagli e le glorie il ciel destina 255. Al giovane signore. Impallidisci? 256. Ahi non parlo di nozze. Antiquo e vieto 257. Dottor sarei se così folle io dessi 258. A te consiglio. Di tant’alte doti 259. Già non orni così lo spirto e i membri 260. Perchè in mezzo a la fulgida carriera 261. Tu il tuo corso interrompa, e fuora uscendo 262. Di cotesto a ragion detto bel mondo, 263. In tra i severi di famiglia padri 264. Relegato ti giacci a nodi avvinto 265. Di giorno in giorno più noiosi e fatto 266. Ignobil fabbro de la razza umana. 267. D’altra parte il marito ahi quanto spiace, 268. E lo stomaco move a i delicati 269. Del vostr’orbe felice abitatori 270. Qualor de’ semplicetti avoli nostri 271. Portar osa in ridevole trionfo 272. La rimbambita fè la pudicizia 273. Severi nomi. E qual non suole a forza 274. Entro a’ melati petti eccitar bile 275. Quando i computi vili del castaldo 276. Le vendemmie i ricolti i pedagoghi 277. Di que’ si dolci suoi bambini altrui
238. Con il becco della brocca cristallina 239. Ti versa essenze profumate, e dalle mani 240. In un terso bacino le accoglie sotto; 241. Uno il sapone di muschio profumato 242. Che profuma tutt’intorno ti porge e un altro ancora ti porge 243. Il macinato del frutto di quell’albero (mandorlo) 244. Che a Rodope fu già una bella donzella 245. E piange sotto le mutate spoglie 246. Demofoonte, ancora Demofoonte; 247. Uno ti dà una spugna intrisa di soavi profumi 248. Con cui lavare i denti; e un altro si appresta 249. Ad incipriarti le guance di belletto. 250. Assai o Signore hai pensato a te stesso, ora volgi 251. Il tuo intelletto per un poco ad altri obiettivi 252. Non meno degni di te. Sai quale compagna 253. Con cui dividere i dolori e le glorie 254. Dell’illustre giornata, il Cielo riserva 255. Al giovane Signore? Impallidisci? 256. Non parlo di matrimonio. Sarei antiquato e superato 257. Dottore, se ti dessi così folle 258. Consiglio. Di tante alte doti 259. Non abbellisci già lo spirito e le membra, 260. Così che in mezzo alla fulgida carriera 261. Tu il tuo corso interrompa e uscendo fuori 262. Da questo mondo definito “bel mondo” 263. Trai severi padri di famiglia 264. Relegato tu possa giacere, legato ai nodi, 265. Di giorno in giorno sempre più noiosi, e possa diventare 266. Ignobile fabbro della razza umana. 267. Dall’altra parte il marito, ahi, quanto si dispera 268. E prova nausea verso i fini 269. Abitanti del vostro bel mondo, 270. Quando dei nostri semplici antenati 271. Osa portare in ridente trionfo 272. La fede dei rimbambiti avi e il pudore, 273. Nomi severi! E certamente in modo forzato non vuole 274. Suscitare ira negli animi sensibili e delicati, 275. Quando ricorda a qualcuno gli atteggiamenti del fattore, 276. Le vendemmie, i raccolti, gli insegnanti 277. Di quei bambini suoi così dolci,
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278. Gongolando ricorda; e non vergogna 279. Di mischiar cotai fole a peregrini 280. Subbietti a nuove del dir forme a sciolti 281. Da volgar fren concetti, onde s’avviva 282. De’ begli spirti il conversar sublime. 283. Non però tu senza compagna andrai; 284. Chè tra le fide altrui giovani spose 285. Una te n’offre inviolabil rito 286. Del bel mondo onde sei parte si cara. 287. Tempo fu già che il pargoletto Amore 288. Dato era in guardia al suo fratello Imene; 289. Tanto la madre lor temea che il cieco 290. Incauto nume perigliando gisse 291. Misero e solo per oblique vie; 292. E che, bersaglio a gl’indiscreti colpi 293. Di senza guida e senza freno arciere, 294. Immaturo al suo fin corresse il seme 295. Uman che nato è a dominar la terra. 296. Quindi la prole mal secura all’altra 297. In cura dato avea sì lor dicendo: 298. Ite o figli del par; tu più possente 299. Il dardo scocca, e tu più cauto il reggi 300. A certa meta. Così ognor congiunta 301. Iva la dolce coppia; e in un sol regno, 302. E d’un nodo comun l’alme strignea. 303. Allora fiu che il sol mai sempre uniti 304. Vedea un pastore ed una pastorella 305. Starsi al prato a la selva al colle al fonte: 306. E la suora di lui vedeali poi 307. Uniti ancor nel talamo beato 308. Ch’ambo gli amici numi a piene mani 309. Gareggiando spargean di gigli e rose. 310. Ma che non puote anco in divini petti 311. Se mai s’accende ambizion d’impero? 312. Crebber l’ali ad Amor, crebbe l’ardire; 313. Onde a brev’aere prima indi securo 314. A vie maggior fidossi, e fiero alfine 315. Entrò nell’alto, e il grande arco crollando 316. E il capo risonar fece a quel moto 317. Il duro acciar che a tergo la faretra
278. Con ottusa soddisfazione, e non si vergogna 279. Di confondere queste favole con argomenti 280. Singolari, con neologismi e nuove costruzioni, 281. Con concetti liberi da vincoli naturali, con cui viene 282. Ravvivato il parlare sublime dei bei spiriti! 283. Tu però non andrai senza compagna, 284. Perché tra le fedeli e giovani spose degli altri 285. Una te ne offre l’inviolabile rito 286. Del bel mondo, del quale sei parte così cara. 287. Ci fu un tempo in cui il fanciullo Amore 288. Era dato in custodia a suo fratello Imene, 289. Perché Venere temeva che Amore, cieca e incauta 290. Divinità, fuggisse, misero e solo, per vie 291. Ambigue, correndo rischi; 292. E che, bersaglio a colpi indistinti, 293. Arciere senza guida e senza freno, 294. Si estinguesse l’immaturo genere 295. Umano, che è nato per dominare la terra. 296. Quindi il figlio, esposto ai rischi, 297. Lo aveva dato in cura all’altro, dicendo così: 298. <
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318. Gli empie, e gridò: solo regnar vogl’io. 319. Disse, e volto a la madre: Amore adunque 320. Il più possente in fra gli dei, il primo 321. Di Citerea figliuol ricever leggi, 322. E dal minor german ricever leggi 323. Vile alunno anzi servo? Or dunque Amore 324. Non oserà fuor ch’una unica volta 325. Fiedere un’alma come questo schifo 326. Da me pur chiede? E non potrò giammai 327. Da poi ch’io strinsi un laccio anco disciorlo 328. A mio talento, e se m’aggrada, un altro 329. Strignerne ancora? E lascerò pur ch’egli 330. Di suoi unguenti impece a me i miei dardi 331. Perchè men velenosi e men crudeli 332. Scendano a i petti? Or via perchè non togli 333. A me da le mie man quest’arco e queste 334. Armi da le mie spalle, e ignudo lasci 335. Quasi rifiuto de gli dei Cupido? 336. Oh il bel viver che fia quando tu solo 337. Regni in mio loco! Oh il bel vederti, lasso! 338. Studiarti a torre da le languid’alme 339. La stanchezza e il fastidio, e spander gelo 340. Di foco in vece! Or genitrice intendi: 341. Vaglio e vo’ regnar solo. A tuo piacere 342. Tra noi parti l’impero, ond’io con teco 343. Abbia omai pace; e in compagnia d’Imene 344. Me non veggan mai più le umane genti. 345. Amor qui tacque; e minaccioso in atto 346. Parve all’Idalia dea chieder risposta. 347. Ella tenta placarlo, e preghi e pianti 348. Sparge ma in van; tal ch’a i due figli volta 349. Con questo dir pose al contender fine: 350. Poi che nulla tra voi pace esser puote, 351. Si dividano i regni: e perchè l’uno 352. Sia dall’altro fratello ognor disgiunto 353. Sien diversi tra voi e il tempo e l’opra. 354. Tu che di strali altero a fren non cedi 355. L’alme ferisci, e tuffo il giorno impera; 356. E tu che di fior placidi hai corona 357. Le salme accoppia, e con l’ardente face
318. La faretra, e allora gridò: <
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358. Regna la notte. Or quindi almo Signore 359. Venne il rito gentil che ai freddi sposi 360. Le tenebre concede e de le spose 361. Le caste membra; e a voi beata gente 362. E di più nobil mondo il cor di queste 363. E il dominio del di largo destina. 364. Dunque ascolta i miei detti, e meco apprendi 365. Quai tu deggia il mattin cure a la bella 366. Che spontanea o pregata a te si diede 367. In tua dama quel di lieto che a fida 368. Carta, nè senza testimoni fitro 369. A vicenda commessi i patti santi 370. E le condizion del caro nodo. 371. Già la dama gentile i vaghi rai 372. Al novo giorno aperse; e suo primiero 373. Pensier fu dove teco ir più convenga 374. A vegliar questa sera; e gravemente 375. Consultò con lo sposo a lei vicino, 376. O a baciarle la man pur dianzi ammesso. 377. Ora è tempo o Signor che il fido servo 378. E il più accorto tra’ tuoi voli al palagio 379. Di lei chiedendo se tranquilli sonni 380. Dormio la notte; e se d’immagin liete 381. Le fu Mòrfeo cortese. E ver che ieri 382. Al partir l’ammirasti in viso tinta 383. Di freschissime rose; e più che mai 384. Viva e snella balzar teco dal cocchio; 385. E la vigile tua mano per vezzo 386. Ricusar sorridendo allor che l’ampie 387. Scale salì del maritale albergo: 388. Ma ciò non basti ad acquetarti; e mai 389. Non obliar si giusti ufici. Ahi quanti 390. Genj malvagi fra l’orror notturno 391. Godono uscire, ed empier di perigli 392. La placida quiete de’ viventi! 393. Poria, tolgalo il cielo, il picciol cane 394. Con latrato improvviso i cari sogni 395. Troncar de la tua dama; ond’ella, scossa 396. Da subito capriccio, a rannicchiarse 397. Astretta fosse di sudor gelato
358. Regna la notte. Ora quindi, nobile Signore 359. Venne il rito gentile che agli sposi 360. Concede le caste membra delle spose; 361. E a voi, gente beata e del mondo nobile, 362. Il cuore destina il dominio 363. Del grande giorno. 364. Dunque ascolta ciò che dico e con me comprendi 365. Quali cure tu devi fare, al mattino, alla bella, 366. Che spontaneamente, o pregata a te si è concessa come 367. Tua dama quel giorno felice in cui ad un 368. Contratto scritto e non senza testimoni furono 369. A vicenda stipulati i patti santi 370. E le condizioni del caro vincolo. 371. Ora la dama gentile ha aperto 372. Gli occhi splendenti al nuovo giorno 373. Ed il suo primo pensiero è stato cercare 374. dove possa esserci un luogo più conveniente 375. Per trascorrere la serata con te e con fare grave 376. Si è consultata a questo proposito con il marito a lei vicino 377. E ammesso a baciarle la mano nella sua camera, appena sveglio. 378. Ora è tempo, o Signore, che il fedele servo 379. Ed il più sveglio trai tuoi voli al palazzo 380. Di lei, chiedendole se con sonni tranquilli 381. Ella trascorse la notte, e se Morfeo poté 382. Concederle piacevoli sonni. È vero che ieri 383. Al suo partire, l’ammirasti dipinta in viso 384. Di freschissime rose; e più che mai 385. Vivace e snella la vedesti saltare con te sulla carrozza 386. E la vedesti respingere, per vezzo, 387. La tua mano premurosa e sorridendo 388. Salì le ampie scale del palazzo del marito, 389. Ma ciò non basti a calmarti e non 390. Dimenticare mai tali opportune attenzioni. 391. Ahi, quanti spiriti malvagi, tra le tenebre della notte 392. Si divertono ad uscire e a riempire di pericoli 393. La tranquilla quiete dei viventi! 394. Potrebbe – non lo voglia il Cielo – il cane piccolo 395. Troncare con un latrato improvviso 396. I cari sogni della tua dama; perciò lei, 397. Turbata da un brivido improvviso,
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398. E la fronte bagnando e il guancial molle. 399. Anco poria colui che si de’ tristi 400. Come de’ lieti sogni è genitore, 401. Crearle in mente di nemiche idee 402. In un congiunte orribile chimera; 403. Tal che agitata e in ansioso affanno 404. Gridar tentasse, e non però potesse 405. Aprire a i gridi tra le fauci il varco. 406. Sovente ancor de la passata sera 407. La perduta nel gioco aurea moneta 408. Non men che al cavalier suole a la dama 409. Lunga vigilia cagionar: talora 410. Nobile invidia de la bella amica 411. Vagheggiata da molti: e tal or breve 412. Gelosia n’è cagione. A questo aggiugni 413. Gl’importuni mariti i quai nel capo 414. Ravvolgendosi ancor le viete usanze, 415. Poi che cessero ad altri il giorno, quasi 416. Aggian fatto gran cosa, aman d’Imene 417. Con superstizion serbare i dritti, 418. E dell’ombra notturna esser tiranni, 419. Ahi con qual noia de le caste spose 420. Ch’indi preveggon fra non molto il fiore 421. Di lor fresca beltade a sè rapito. 422. Mentre che il fido messagger sen rieda 423. Magnanimo signor già non starai 424. Ozioso però. Nel campo amato 425. Pur in questo momento il buon cultore 426. Suda e incallisce al vomere la mano 427. Lieto che i suoi sudor ti fruttin poi 428. Dorati cocchi e pellegrine mense. 429. Ora per te l’industre artier sta fiso 430. Allo scarpello all’asce al subbio all’ago: 431. Ed ora in tuo favor contende o veglia 432. Il ministro di Temi. Ecco te pure 433. La tavoletta or chiama. Ivi i bei pregi 434. De la natura accrescerai con l’arte, 435. Ond’oggi, uscendo, del beante aspetto 436. Beneficar potrai le genti, e grato 437. Ricompensar di sue fatiche il mondo.
398. Potrebbe essere costretta a rannicchiarsi 399. E a bagnare di sudore freddo 400. La fronte e il morbido cuscino. 401. Ancor più, il Sonno, che dei così tristi 402. Come dei così lieti sogni è genitore, 403. Potrebbe crearle nella mente idee strane sull’orribile chimera; 404. Così che, agitata ed in un affanno ansioso, 405. Ella tenterebbe di gridare, ma non potrebbe 406. Aprire un passaggio nella gola al grido. 407. Spesso la moneta d’oro perduta 408. Al gioco nella sera passata 409. Non meno di quanto suole farlo al cavaliere, 410. Anche alla dama è solita causare una lunga veglia: talvolta c’è 411. La nobile invidia della bella amica 412. Desiderata da molti: e di questo 413. Una gelosia di poco conto ne è ragione. A questo aggiungi 414. Gli inopportuni mariti, che avendo 415. Ancora in mente le vecchie usanze, 416. Ormai antiquate, dopo aver concesso ai cavalieri il giorno, 417. Come se avessero fatto chissà cosa, durante la notte 418. Pretendono di conservare i diritti 419. Che derivano dal loro matrimonio ad essere tiranni. 420. Ahi, con che noia delle caste spose, 421. Che prevedono che in seguito 422. Alle insistenze dei mariti ed alle eventuali gravidanze 423. Possono perdere, in pochi anni, la propria fresca bellezza! 424. Mentre il fedele messaggero se ne torna 425. Tu non starai ozioso, o magnanimo Signore. Nel campo amato 426. Anche in questo momento il buon agricoltore 427. Suda e incallisce, spingendo l’aratro 428. Felice che il suo lavoro ti serva 429. Per i dorati cocchi e per le mense pellegrine. 430. Adesso per te l’artigiano operoso è intento 431. Allo scalpello, alle asce, al subbio, all’ago: 432. Ed ora a tuo favore contende o veglia 433. L’avvocato. Ecco, per te la 434. Toeletta ora chiamo. Qui i bei pregi 435. Della natura accrescerai con cosmesi e acconciature, 436. Quando oggi, uscendo con questo bell’aspetto, 437. Potrai beneficare le persone e grato
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438. Ogni cosa è già pronta. All’un de’ lati 439. Crepitar s’odon le fiammanti brage 440. Ove si scalda industrioso e vario 441. Di ferri arnese a moderar del fronte 442. Gl’indocili capei. Stuolo d’Amori 443. Invisibil sul foco agita i vanni, 444. E per entro vi soffia alto gonfiando 445. Ambe le gote. Altri di lor v’appressa 446. Pauroso la destra; e prestamente 447. Ne rapisce un de’ ferri: altri rapito 448. Tenta com’arda in su l’estrema cima 449. Sospendendol dell’ala; e cauto attende 450. Pur se la piuma si contragga o fume: 451. Altri un altro ne scote; e de le ceneri 452. Fuligginose il ripulisce e terge. 453. Tali a le vampe dell’Etnèa fucina, 454. Sorridente la madre, i vaghi Amori 455. Eran ministri all’ingegnoso fabbro: 456. E sotto a i colpi del martel frattanto 457. L’elmo sorgea del fondator Latino. 458. All’altro lato con la man rosata 459. Como e di fiori inghirlandato il crine 460. I bissi scopre ove di Idalj arredi 461. Almo tesor la tavoletta espone. 462. Ivi e nappi eleganti e di canori 463. Cigni morbide piume; ivi raccolti 464. Di lucide odorate onde vapori; 465. Ivi di polvi fuggitive al tatto 466. Color diversi o ad imitar d’Apollo 467. L’aurato biondo o il biondo cenerino 468. Che de le sacre Muse in su le spalle 469. Casca ondeggiando tenero e gentile. 470. Che se a nobil eroe le fresche labbra 471. Repentino spirar di rigid’aura 472. Offese alquanto, v’è stemprato il seme 473. De la fredda cucurbita: e se mai 474. Pallidetto ei si scorga, è pronto all’uopo 475. Arcano a gli altri eroi vago cinabro. 476. Nè quando a un semideo spuntar sul volto 477. Pustula temeraria osa pur fosse,
438. Ricompensare il mondo delle sue fatiche. 439. Ogni cosa è già pronta. In ogni luogo 440. Si sentono crepitare le fiammanti braci (i carboni) 441. Dove si riscalda, industrioso, 442. L’arnese che serve a modellare 443. I capelli ribelli. Uno stuolo di amori 444. Invisibili agita le penne delle ali 445. E all’interno vi soffia forte gonfiando 446. Entrambe le guance. Uno di loro avvicina 447. Intimorito la mano, ruba uno dei ferri: l’altro che ha già rubato 448. Prova come arda sopra l’estrema punta 449. Dell’ala, sospendendolo e tranquillo aspetta 450. Che la piuma si contragga o fumi: 451. Un altro scuote un altro ferro e lo pulisce 452. Dalle ceneri fuligginose e lo lucida. 453. Così nelle fiamme dell’officina dell’Etna 454. La madre sorridente ed i vaghi Amori 455. Erano aiutanti dell’ingegnoso fabbro. 456. E sotto i colpi del martello frattanto 457. Sorgeva l’elmo di Enea, fondatore latino. 458. Dall’altra parte, con la mano rosata, Como 459. Con i capelli inghirlandati di fiori, 460. Scopre i bissi e gli strumenti di Venere ove 461. Espone la toeletta, grande tesoro., 462. Lì vi sono boccette eleganti e morbide 463. Piume di cigni canori; lì sono raccolti 464. Profumi di odorose essenze; 465. Lì cade morbido e gentile 466. Sulle spalle, proveniente dalle sacre Muse 467. Il biondo oro delle Muse 468. O il biondo cenere di Apollo 469. Delle polveri che sfuggono al tatto. 470. Che se le fresche labbra al nobile eroe 471. Furono stemperate un po’ 472. Da un’improvvisa gelida brezza, vi è stemperato il seme 473. Della fredda zucca: e se mai 474. Egli si veda pallidetto, è subito pronto 475. Il vago belletto, ignorato dagli altri vagheggini. 476. Né quando osasse spuntare ad un semidio 477. Una bolla temeraria sul volto,
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478. Multiforme di nei copia vi manca, 479. Ond’ei l’asconda in sul momento, ed esca 480. Più periglioso a saettar co i guardi 481. Le belle inavvedute, a guerrier pari 482. Che, già poste le bende a la ferita, 483. Più glorioso e furibondo insieme 484. Sbaragliando le schiere entra nel folto. 485. Ma già velocemente il mio Signore 486. Tre volte e quattro il gabinetto scorse 487. Col crin disciolto e su gli omeri sparso, 488. Quale a Cuma solea l’orribil maga 489. Quando agitata dal possente nume 490. Vaticinar s’udia. Così dal capo 491. Evaporar lasciò de gli olj sparsi 492. Il nocivo fermento e de le polvi 493. Che roder gli porien la molle cute, 494. O d’atroci emicranie a lui lo spirto 495. Trafigger lungamente. Or ecco avvolto 496. Tutto in candidi lini a la grand’opra 497. E più grave del di s’appresta e siede. 498. Nembo dintorno a lui vola d’odori 499. Che a le varie manteche ama rapire 500. L’aura vagante lungo i vasi ugnendo 501. Le leggerissim’ale di farfalla: 502. E lo speglio patente a lui dinanzi 503. Altero sembra di raccor nel seno 504. L’imagin diva; e stassi a gli occhi suoi 505. Severo esplorator de la tua mano 506. O di bel crin volubile architetto. 507. O di bel crin volubile architetto 508. Tu pria chiedi all’eroe qual più gli aggrade 509. Spargere al crin, se i gelsomini o il biondo 510. Fior d’arancio piuttosto o la giunchiglia 511. O l’ambra preziosa a gli avi nostri. 512. Ma se la sposa altrui cara all’eroe 513. Del talamo nuzial si lagna, e scosse 514. Pur or da lungo peso i casti lombi, 515. Ah fuggi allor tutti gli odori ah fuggi; 516. Chè micidial potresti a un sol momento 517. Più vite insidiar: semplici sieno
478. Non manca una multiforme abbondanza di nei, 479. Per mezzo dei quali la celi, ed esca 480. Più pericoloso a colpire con gli sguardi 481. Le belle inavvedute; simile ad un guerriero 482. Che, messe le bende sulla ferita, 483. Più glorioso ed insieme più furibondo, 484. Entra tra la folla, sbaragliando gli eserciti. 485. Ma già il mio Signore percorre avanti e indietro 486. Tre o quattro volte il gabinetto, 487. Con i capelli non ancora acconciati e sparsi sugli omeri, 488. Come a Cuma era abituata a fare l’orribile Sibilla, 489. Che, invasata dal potente nume di Apollo, 490. Proferiva vaticini. Così egli lasciò dal capo 491. Evaporare le dannose esalazioni 492. degli unguenti e delle polveri, 493. Che potrebbero dare prurito alla sua pelle delicata 494. E trafiggere lungamente a lui lo spirito 495. Di atroci emicranie. Ora ecco, avvolto 496. Da una sopravveste bianca , alla grande opera 497. Si prepara e più grave del giorno si siede. 498. Tutto intorno a lui profuma di odori 499. Che alle varie pomate l’aria vagante ama rapire, 500. Ungendo lungo i vasi 501. Le leggerissime ali di farfalla: 502. E lo specchio che riflette la sua immagine sembra davanti 503. A lui orgoglioso di poter riflettere 504. La grande immagine; e sta agli occhi suoi 505. Severo esploratore della tua mano 506. O volubile architetto della bella testa il parrucchiere, 507. O volubile architetto della bella testa il parrucchiere. 508. Tu prima chiedi all’eroe che cosa più gli piace 509. Mettere sui capelli: se il gelsomino o il biondo 510. Fiore d’arancio, o la giunchiglia 511. O l’ambra preziosa ai nostri antenati. 512. Ma se la sposa di qualcun altro, cara al Signore, 513. Si lamenta del letto nuziale, e se la dama 514. Solo da poco ha partorito, 515. Fuggi, allora, tutti i profumi, fuggi, 516. Perché potresti micidiale mettere in pericolo 517. Contemporaneamente tre vite: siano semplici
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518. I tuoi balsami allor: nè oprarli ardisci 519. Pria che di lor deciso aggian le nari 520. Del mio signore e tuo. Pon mano poi 521. Al pettin liscio, e con l’ottuso dente 522. Lieve solca le chiome; indi animoso 523. Le turba e le scompiglia; e alfin da quella 524. Alta confusion traggi e dispiega, 525. Opra di tua gran mente, ordin superbo 526. Io breve a te parlai; ma il tuo lavoro 527. Breve non fia però; nè al termin giunto 528. Prima sarà che da’ più strani eventi 529. S’involva o tronchi all’alta impresa il filo. 530. Fisa i guardi a lo speglio; e là sovente 531. Il mio signor vedrai morder le labbra 532. Impaziente, ed arrossir nel volto. 533. Sovente ancor, se men dell’uso esperta 534. Parrà tua destra, del convulso piede 535. Udrai lo scalpitar breve e frequente, 536. Non senza un tronco articolar di voce 537. Che condanni e minacci. Anco t’aspetta 538. Veder talvolta il cavalier sublime 539. Furiando agitarsi, e destra e manca 540. Porsi a la chioma, e dissipar con l’ugne 541. Lo studio di molt’ore in un momento. 542. Che più? Se per tuo male un di vaghezza 543. D’accordar ti prendesse al suo sembiante 544. Gli edifici del capo, e non curassi 545. Ricever leggi da colui che venne 546. Pur ier di Francia, ah quale atroce folgore, 547. Meschino! allor ti penderia sul capo? 548. Tu allor l’eroe vedresti ergers’in piedi, 549. E per gli occhi versando ira e dispetto 550. Mille strazj imprecarti, e scender fino 551. Ad usurpar le infami voci al vulgo 552. Per farti onta maggiore, e di bastone 553. Il tergo minacciarti, e violento 554. Rovesciare ogni cosa, al suol spargendo 555. Rotti cristalli e calamistri e vasi 556. E pettini ad un tempo. In simil guisa, 557. Se del tonante all’ara o de la Dea
518. Allora i tuoi profumi; e non osare di adoperarli 519. Prima che si sia espresso in merito l’olfatto 520. Del mio e del tuo Signore. Poni poi la mano 521. Al pettine liscio e con l’arrotondato dente 522. Lievemente attraversa le chiome; quindi, animoso 523. Agitale e scompigliale, e alla fine di quella 524. Alta confusione, fai e disfa 525. L’opera della tua grande mente, l’acconciatura superba. 526. Io a te ho parlato poco, ma il tuo lavoro 527. Non fu breve, né sarà arrivato al termine 528. Prima che sia turbato da strani avvenimenti 529. Ed interrotto il corso del tuo lavoro. 530. Fissa gli occhi allo specchio e lì spesso 531. Vedrai il mio Signore mordersi le labbra 532. Impaziente ed arrossire sul viso. 533. Ancora spesso, se la tua mano destra lavorerà 534. Meno bene del solito, udirai lo scalpitare 535. Breve e frequente del piede agitato, 536. Non senza un filo articolato di voce 537. Che condanni e minacci. Talvolta aspettati 538. Di vedere ancora il gentile cavaliere 539. Agitarsi infuriato, a destra e a sinistra, 540. Porsi le dita nella testa e scompigliare 541. In un momento il lavoro di molte ore. 542. Che dunque? Se un giorno per tua disgrazia 543. Ti prendesse di pettinarlo, accordando i capelli 544. Al suo aspetto, e non ti curassi 545. Di regolarti sull’ultima moda appena 546. Venuta dalla Francia, ah quale atroce folgore 547. O meschino, ti incomberebbe sulla testa! 548. Tu allora vedresti il Signore alzarsi in piedi, 549. Versando ira e disprezzo dagli occhi, augurarti 550. Mille strazi, imprecando e fino ad usare 551. Le ingiurie più villane e più plebee 552. Per offenderti, minacciando 553. Di bastonarti, rovesciando 554. Violento ogni cosa, spargendo per terra 555. In un solo momento cristalli rotti, ferri per arricciare i capelli, 556. Vasi e pettini. Simile alla tua ira 557. Era quella del toro che,
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558. Che ricovrò dal Nilo il turpe Phallo 559. Tauro spezzava i raddoppiati nodi 560. E libero fuggia, vedeansi a terra 561. Cader tripodi tazze bende scuri 562. Litui coltelli, e d’orridi mugiti 563. Commosse rimbombar le arcate volte, 564. E d’ogni lato astanti e sacerdoti 565. Pallidi all’urto e all’impeto involarse 566. Del feroce animal che pria si queto 567. Gia di fior cinto; e sotto a la man sacra 568. Umiliava le dorate corna. 569. Tu non pertanto coraggioso e forte 570. Dura e ti serba a la miglior fortuna. 571. Quasi foco di paglia è foco d’ira 572. In nobil petto. Il tuo signor vedrai 573. Mansuefatto a te chieder perdono, 574. E sollevarti oltr’ogni altro mortale 575. Con preghi e scuse a niun altro concesse; 576. Tal che securo sacerdote a lui 577. Immolerai lui stesso, e pria d’ognaltro 578. Larga otterrai del tuo lavor mercede. 579. Or Signore a te riedo. Ah non sia colpa 580. Dinanzi a te s’io travviai col verso 581. Breve parlando ad un mortal cui degni 582. Tu de gli arcani tuoi. Sai che a sua voglia 583. Questi ogni di volge e governa i capi 584. De’ semidei più chiari: e le matrone 585. Che da i sublimi cocchi alto disdegnano 586. Chinar lo sguardo a la pedestre turba, 587. Non disdegnan sovente entrar con lui 588. In festevoli motti allor ch’esposti 589. A la sua man sono i ridenti avorj 590. Del bel collo e del crin l’aureo volume. 591. Però m’odi benigno or ch’io t’apprendo 592. L’ore a passar più graziose intanto 593. Che il pettin creator doni a le chiome 594. Leggiadra o almen non più veduta forma. 595. Breve libro elegante a te dinanzi 596. Tra gli arnesi vedrai che l’arte aduna 597. Per disputare a la natura il vanto
558. Liberatosi dall’altare di Giove o da quello di Iside 559. Ove doveva essere sacrificato, infuriava 560. Muggendo e rovesciando ogni cosa. 561. Si vedevano a terra cadere tripodi, tazze e bende 562. Coltelli sacrificali e di muggiti 563. Rimbombavano le volte arcate mosse, 564. E da ogni parte sacerdoti ed altri presenti 565. Cercavano di schivare l’animale, 566. Che, pure, prima inghirlandato 567. Sembrava così docile e sotto alla mano sacra 568. Abbassava le corna dorate. 569. Tu, o parrucchiere, non conservarti e non mantenerti 570. Così forte e così coraggioso per la miglior fortuna. 571. Il fuoco dell’ira nel petto nobile è quasi 572. Come un fuoco di paglia. Vedrai il tuo Signore 573. Ammansiti chiederti perdono 574. E innalzarti al di sopra di qualsiasi altro mortale 575. Con preghiere e scuse, che a nessun altro concesse. 576. Quindi sarai sicuro come un sacerdote, 577. Immolerai a lui l’amore per sé e prima di ogni altro 578. Sarai ampiamente ricompensato per il lavoro svolto. 579. Ora, o Signore, ritorno a parlare di te. Ah, non sia colpa mia 580. Se io sbagliai nei tuoi confronti, indirizzando i miei versi e 581. Parlando per poco di un mortale che giudichi 582. E rendi degno delle tue confidenze. Sai che costui, secondo 583. I suoi desideri, acconcia ed insieme condiziona, a suo 584. Piacimento, le teste dei più felici spiriti; e le signore 585. Che disdegnano, dall’alto dei cocchi 586. Di chinare lo sguardo sul volgo che va a piedi, 587. Non disdegnano di scambiare spesso con lui frasi scherzose, 588. Quando è esposta la pelle candida 589. Del bel collo e il dorato volume dei tuoi capelli. 590. Accogli, però, ti prego i miei versi 591. Con benevolenza, mentre io ti insegno 592. A trascorrere le ore, mentre 593. Il pettine creatore dona alle chiome 594. Una forma bella o per lo meno nuova. 595. Vedrai davanti a te un breve libro elegante, 596. Tra gli strumenti dell’arte cosmetica, 597. Per contendere alla Natura l’arte della tua bellezza
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598. Del renderti si caro a gli occhi altrui. 599. Ei ti lusingherà forse con liscia 600. Purpurea pelle onde vestito avrallo 601. O Mauritano conciatore o Siro: 602. E d’oro fregi delicati e vago 603. Mutabile color che il collo imite 604. De la colomba v’avrà sparso intorno 605. Squisito legator Batavo o Franco: 606. E forse incisa con venereo stile 607. Vi fia serie d’imagini interposta, 608. Lavor che vince la materia, e donde 609. Fia che nel cor ti si ridesti e viva 610. La stanca di piaceri offusa voglia. 611. Or tu il libro gentil con lenta mano 612. Togli, e non senza sbadigliare un poco 613. Aprilo a caso o pur là dove il parta 614. Tra l’uno e l’altro foglio indice nastro. 615. de la Francia Proteo multiforme 616. Scrittor troppo biasmato e troppo a torto 617. Lodato ancor, che sai con novi modi 618. Imbandir ne’ tuoi scritti eterno cibo 619. A i semplici palati, e se maestro 620. Di color che a sè fingon di sapere, 621. Tu appresta al mio signor leggiadri studj 622. Con quella tua fanciulla all’Anglo infesta, 623. Onde l’Enrico tuo vinto è d’assai, 624. L’Enrico tuo che in vano abbatter tenta 625. L’Italian Goffredo ardito scoglio 626. Contro a la Senna d’ogni vanto altera. 627. Tu de la Francia onor, tu in mille scritti 628. Celebrata da’ tuoi novella Aspasia 629. Taide novella a i facili sapienti 630. De la Gallica Atene i tuoi precetti 631. Tu pur detta al mio eroe: e a lui non meno 632. Pasci l’alto pensier tu che all’Italia, 633. Poi che rapirle i tuoi l’oro e le gemme, 634. Invidiasti il fedo loto ancora 635. Onde macchiato è il Certaldese o l’altro 636. Per cui va si famoso il pazzo Conte. 637. Questi o signore i tuoi studiati autori
598. E per renderti così bello agli occhi degli altri. 599. Egli ti alletterà con un liscio 600. Tessuto rosso di cui lo avrà fornito 601. O un conciatore africano o uno asiatico; 602. E i fregi e i tagli del libro in oro, 603. Ad un colore che imiti quello 604. Delle colombe, vi avrà sparso intorno 605. Un emerito rilegatore olandese o francese. 606. E forse illustrata con stile più licenzioso che bello 607. Vi sarà interposta una serie di immagini, 608. Lavoro che modella la materia e dal quale 609. Si farà in modo che nel cuore ti si ridesti 610. La voglia offuscata, ormai stanca di piaceri. 611. Ora tu prendi il libro gentile e, non senza sbadigliare un poco, 612. Aprilo con la tua lenta mano a caso 613. Oppure dove il segnalibro 614. Divide un foglio dall’altro. 615. O Voltaire, simile al dio Proteo, 616. Nella sua versatilità, o troppo esaltato 617. O troppo sottovalutato, che è accessibile 618. E divulgativo e nel contempo viene citato 619. Ad ogni piè sospinto da quelli che fingono 620. Di avere una cultura che non hanno! 621. Tu prepara al mio Signore leggiadri studi 622. Con “La Pulzella d’Orleans” 623. Che supera l’altro poema, 624. Quell’Henriade che invano tenta di contrapporsi 625. Alla “Gerusalemme liberata” 626. Contro la Senna superba di ogni vanto. 627. Tu, Ninon de Lenclos, onore della Francia 628. Cortigiana celebrata in mille scritti, 629. Nuova Aspasia e nuova Taide per i sapienti 630. Della gallica Atene, detta i tuoi precetti 631. Al mio giovane Signore; oppure istruiscilo tu 632. La Fontaine, che nei tuoi scritti 633. Prendesti dall’Italia assieme alle bellezze 634. Anche le sconcezze che si trovano nel Boccaccio 635. E nell’Ariosto, autore per il quale 636. Va fiero il Conte Orlando pazzo. 637. Questi saranno, o Signore, gli autori studiati
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638. Fieno e mill’altri che guidàro in Francia 639. I bendati Sultani i Regi Persi 640. E le peregrinanti Arabe dame, 641. O che con penna liberale a i cani 642. Ragion donàro e a i barbari sedili, 643. E dier feste e conviti e liete scene 644. A i polli ed alle gru d’amor maestre. 645. Oh pascol degno d’anima sublime 646. Oh chiara oh nobil mente! A te ben dritto 647. E’ che s’incurvi riverente il vulgo, 648. E gli oracoli attenda. Or chi fie dunque 649. Si temerario che in suo cor ti beffe 650. Qualor partendo da sì gravi studj 651. Del tuo paese l’ignoranza accusi, 652. E tenti aprir col tuo felice raggio 653. La Gotica caliggine che annosa 654. Siede su gli occhi a le misere genti? 655. Così non mai ti venga estranea cura 656. Questi a troncar si preziosi istanti 657. In cui del pari e a la dorata chioma 658. Splendor dai novo ed al celeste ingegno 659. Non pertanto avverrà che tu sospenda 660. Quindi a poco il versar de’ libri amati, 661. E che ad altro ti volga. A te quest’ora 662. Condurrà il merciaiol che in patria or torna 663. Pronto inventor di lusinghiere fole 664. E liberal di forastieri nomi 665. A merci che non mai varcàro i monti. 666. Tu a lui credi ogni detto. E chi vuoi ch’ose 667. Unqua mentire ad un tuo pari in faccia? 668. Ei fia che venda se a te piace o cambi 669. Mille fregi e lavori a cui la moda 670. Di viver concedette un giorno intero 671. Tra le folte d’inezie illustri tasche: 672. Poi lieto se n’andrà con l’una mano 673. Pesante di molt’oro; e in cor gioiendo 674. Spregerà le bestemmie imprecatrici 675. E il gittato lavoro e i vani passi 676. Del calzolar diserto e del drappiere; 677. E dirà lor: “Ben degna pena avete
638. Da te, e mille altri che guidarono in Francia 639. I sultani con i turbanti, i re persiani 640. E le dame arabe pellegrine; 641. Oppure quelli che con la penna attribuirono 642. Facoltà umane ai cani e ai divani 643. E diedero feste, conviti, piacevoli spettacoli 644. Ai polli e alle gru, maestre d’amore. 645. Oh pascolo degno di anime sublimi! 646. Oh chiara oh alta mente! A te il popolo 647. Si chini bene per diritto, in segno di riverenza 648. E attenda i tuoi giudizi. Ora chi sarà dunque così 649. Temerario che nel suo cuore ti prenda in giro, 650. Qualora tu, basandoti su siffatti studi, 651. Accusi il tuo Paese di ignoranza 652. E cerchi di dissipare con la tua brillante cultura 653. L’oscura barbarie che da molto tempo 654. Grava sugli occhi delle misere genti? 655. Così non ti venga mai un’occupazione imprevista 656. A rompere questi momenti così preziosi, 657. Nei quali tu dai nuovo splendore alla bionda chioma 658. E contemporaneamente al celeste ingegno. 659. Non accadrà, quindi, che tu sospenda 660. Fra poco i cari studi 661. E ad altro ti volga. Quest’ora ti condurrà 662. Il mercante, che torna in patria, abile 663. Inventore di panzane e che attribuisce 664. Con facilità nomi stranieri 665. A merci che non hanno mai superato le Alpi. 666. Tu credi ad ogni sua parola. E cosa vuoi che sia 667. Mentire spudoratamente in faccia ad uno uguale a te? 668. Fa’ che egli venda a te qualcosa che piace o cambia 669. Con mille pizzi e accorgimenti, a cui la moda concede 670. Di vivere un intero giorno 671. Tra le tasche insigni e piene di sciocchezze. 672. Poi se ne andrà felice con in mano 673. Molto denaro e rallegrandosi insieme 674. Disdegnerà le maledette imprecazioni 675. Ed il lavoro svolto inutilmente e gli inutili passi 676. Del calzolaio privato delle sue spettanze e del venditore di tessuti 677. E dirà loro: << Ben adeguata punizione avete,
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678. O troppo ancor religiosi servi 679. De la necessitade, antiqua è vero 680. Madre e donna dell’arti, or nondimeno 681. Fatta cenciosa e vile. Al suo possente 682. Amabil vincitor v’era assai meglio 683. O miseri ubbidire. Il lusso il lusso 684. Oggi sol puote dal ferace corno 685. Versar su l’arti a lui vassalle applausi 686. E non contesi mai premj e ricchezze”. 687. L’ore fien queste ancor che a te ne vegna 688. Il delicato miniator di belle 689. Che de la corte d’Amatunta uscio 690. Stipendiato ministro atto a gli affari 691. Sollecitar dell’amorosa diva. 692. Or tu l’affretta impaziente e sprona 693. Si ch’a te porga il desiato avorio 694. Che de le amate forme impresso ride, 695. Sia che il pennel cortese ivi dispieghi 696. L’alme sembianze del tuo viso, ond’aggia 697. Tacito pasco allor che te non vede 698. La pudica d’altrui sposa a te cara; 699. Sia che di lei medesma al vivo esprima 700. Il vago aspetto; o se ti piace ancora 701. D’altra beltà furtiva a te presenti 702. Con più largo confin le amiche membra. 703. Doman fie poi che la concessa imago 704. Entro arnese gentil per te si chiuda 705. Con opposto cristallo ove tu faccia 706. Sovente paragon di tua beltade 707. Con la beltà de la tua dama; o a i guardi 708. Degl’invidi la tolga, e in sen l’asconda 709. Sagace tabacchiera; o a te riluca 710. Sul minor dito in fra le gemme e l’oro; 711. O de le grazie del tuo viso desti 712. Soavi rimembranze al braccio avvolta 713. Dell’altrui fida sposa a cui se’ caro. 714. Ed ecco alfin che a le tue luci appare 715. L’artificio compiuto. Or cauto osserva 716. Se bene il simulato al ver s’adegue, 717. Vie più rigido assai se il tuo sembiante
678. Servitori ancora troppo devoti 679. Della necessità, un tempo 680. Madre e signora dei vari mestieri, ora 681. Diventata misera e priva di importanza. Al suo lusso, 682. Amabile vincitore, vi era assai meglio 683. O poveri, ubbidire. La ricchezza e il lusso: 684. Oggi questo solo può dal corno dell’abbondanza 685. Versare sulle arti a lui serve subordinati applausi 686. E premi e ricchezze mai rifiutate dai signori>> 687. Queste saranno anche le ore, in cui verrà a te 688. Il morbido miniatore di belle cose, 689. Che dalla corte di Venere è uscito, 690. Servitore pagato, abile a sollecitare gli affari 691. Della dea dell’Amore. 692. Ora tu, impaziente, lo minacci e lo stimoli, 693. Così che a te offra la desiderata miniatura d’avorio 694. A cui daranno avvenenza le forme raffigurate che ami, 695. Sia che il pennello dal tratto elegante e raffinato raffiguri 696. I tratti sublimi del tuo viso, da cui –in tua assenza697. Tragga piacere in silenzio, di nascosto, quando non ti vede 698. La sposa casta di qualcun altro, che a te è cara; 699. Sia che lei rappresenti, quasi fosse viva, 700. La bella apparenza; oppure , se ti soddisfa ancora, 701. Un altro Amoretto nascosto a te si presenti 702. E la ritragga con un costume succinto. 703. Domani farò in modo che l’immagine tanto chiesta ed ottenuta 704. Dentro al medaglione per te si chiuda, 705. Con opposto specchio, dove tu faccia spesso 706. Paragone della tua bellezza 707. Con la bellezza della tua dama, e farò sì che agli sguardi 708. Degli invidiosi tu la copra e in seno tu le nasconda 709. Una bella tabacchiera; oppure farò sì che per te brilli 710. Sul dito mignolo, incastonata fra le gemme e l’oro; 711. Oppure farò sì che svegli con le grazie del tuo viso 712. dolci ricordi, avvolta al braccio 713. Della sposa di un altro, alla quale sei caro. 714. Ed ecco, alla fine, che appare ai tuoi occhi 715. L’inganno compiuto. Ora guarda attentamente 716. Se il ritratto risponde alla realtà, 717. E sii più che mai rigoroso e severo, se il ritratto raffigurerà
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718. Esprimer denno i colorati punti 719. Che l’arte ivi dispose. Or brune troppo 720. A te parran le guance, or fia ch’ecceda 721. Mal frenata la bocca, or qual conviene 722. A camuso Etiòpe il naso fia. 723. Anco sovente d’accusar ti piaccia 724. Il dipintor che non atteggi ardito 725. L’agili membra e il dignitoso busto; 726. O che mal tra le leggi a la tua forma 727. Dia contorno o la posi o la panneggi. 728. E’ ver che tu del grande di Crotone 729. Non conosci la scola, e mai tua destra 730. Non abbassossi a la volgar matita 731. Che fu nell’altra età cara a’ tuoi pari 732. Cui non gustate ancora eran più dolci 733. E più nobili cure a te serbate. 734. Ma che non puote quel d’ogni scienza 735. Gusto trionfator che all’ordin vostro 736. In vece di maestro il ciel concesse; 737. E d’onde a voi coniò le altere menti 738. Acciò che possan dell’uman confine 739. Oltrepassar la paludosa nebbia 740. E d’etere più puro abitatrici 741. Non fallibili scérre il vero e il bello? 742. Però qual più ti par loda o riprendi 743. Non men fermo d’allor che a scranna siedi 744. Raffael giudicando o l’altro egregio 745. Che del gran nome suo l’Adige onora; 746. E a le tavole ignote i noti nomi 747. Grave comparti di color che primi 748. Furo nell’arte. Ah s’altri è si procace 749. Ch’osi rider dite, costui pavente 750. L’augusta maestà del tuo cospetto, 751. Si volga a la parete, e mentre cerca 752. Por freno in van col morder de le labbra 753. A lo scrosciar de le importune risa 754. Che scoppian da’ precordj, violenta 755. Convulsione a lui deforme il volto, 756. E lo affoghi aspra tosse e lo punisca 757. Di sua temerità. Ma tu non pensa
718. Le tue sembianze, che devono esprimere i tratti colorati 719. Che l’arte dispose: ora troppo brune 720. A te sembreranno le gote, ora accadrà che la bocca 721. Risulti troppo larga, ora accadrà che il naso 722. Sia come quello camuso degli Etiopi. 723. Ti piaccia ancora accusare spesso 724. Il pittore, che non rappresenta bene 725. Le agili membra e il bel busto, 726. O che, con poca osservanza delle regole e della tua figura, 727. Dia un profilo o le attribuisca una posa, o la drappeggi. 728. È vero che tu non ti intendi di pittura 729. E non conosci la scuola del pittore greco Zeusi, e mai la tua mano 730. È scesa tanto in basso da tenere una matita, 731. Che in passato era cara ai tuoi simili, 732. Ai quali erano ancora ignoti lavori più piacevoli 733. E più nobili, che sono riservati a te. 734. Ma che cosa non può mai quel vostro gusto 735. Innato e superiore ad ogni regola 736. Che il Cielo concesse a voi come maestro 737. E con il quale improntò a voi le superbe menti, 738. Affinchè possano superare 739. La paludosa nebbia del confine umano 740. E, come abitatrici del puro Cielo, 741. Discernere infallibilmente il Bello e il Vero? 742. Perciò, come più ti piace, critica 743. Non meno severo di allora, sali in cattedra, 744. Giudicando Raffaello o l’illustre Paolo Caliari, 745. Che con il suo grande nome onora l’Adige; 746. E attribuisci gravemente a famosi pittori 747. Che furono trai primi quadri che non conosci. 748. Ah, se qualcuno è così sfacciato 749. Che osi ridere di te, costui paventi 750. Al cospetto della tua augusta maestà, 751. Si volti verso la parete, e mentre prova 752. A smettere di ridere, mordendosi le labbra, 753. Per porre freno alle risate importune, 754. Che esplodono spontaneamente, una violenta 755. Convulsione a lui trasformi il viso 756. E lo affoghi con una severa tosse e lo punisca 757. Per la sua temerarietà! Ma tu non pensare
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758. Ch’altri ardisca di te rider giammai; 759. E mai sempre imperterrito decidi. 760. Or giunta è alfin del dotto pettin l’opra: 761. E il maestro elegante intorno spande 762. Da la man scossa polveroso nembo, 763. Onde a te innanzi tempo il crine imbianchi. 764. D’orribil piato risonar s’udio 765. Già la corte d’Amore. I tardi vegli 766. Grinzuti osàr co’ giovani nipoti 767. Contendere di grado in faccia al soglio 768. Del comune lor dio. Rise la fresca 769. Gioventude animosa; e d’agri motti 770. Libera punse la senil baldanza. 771. Gran tumulto nascea, se non che Amore 772. Ch’ogni diseguaglianza odia in sua corte 773. A spegner mosse i perigliosi sdegni: 774. E a quei che militando incanutiro 775. Suoi servi apprese a simular con arte 776. I duo bei fior che in giovanile gota 777. Educa e nudre di sua man natura: 778. Indi fe’ cenno; e in un balen fur visti 779. Mille alati ministri alto volando 780. Scoter lor piume, onde fioccò leggera 781. Candida polve che a posar poi venne 782. Su le giovani chiome; e in bianco volse 783. E il biondo e il nero e l’odiato rosso. 784. L’occhio così nell’amorosa reggia 785. Più non distinse le due opposte etadi: 786. E solo vi restò giudice il tatto. 787. Tu pertanto o signor tu che se’ il primo 788. Fregio ed onor dell’Acidalio regno 789. I sacri usi ne serba. Ecco che sparsa 790. Già da provvida man la bianca polve 791. In piccolo stanzin con l’aere pugna, 792. E de gli atomi suoi tutto riempie 793. Egualmente divisa. Or ti fa core, 794. E in seno a quella vorticosa nebbia 795. Animoso ti avventa. Oh bravo! oh forte! 796. Tale il grand’avo tuo tra il fumo e il foco 797. Orribile di Marte furiando
758. Che qualcuno osi ridere di te, 759. E sempre intrepido decidi! 760. È giunta alla fine l’opera dell’esperto pettine: 761. E il parrucchiere elegantemente sparge intorno, 762. Scuotendola dalla mano, La cipria, 763. Che prima del tempo ti imbianca i capelli. 764. Si sentì risuonare di una grande lite 765. La corte d’Amore. I tardi vecchi 766. Rugosi osarono litigare con i giovani nipoti 767. Sull’ordine di precedenza di fronte al trono 768. Dell’Amore, loro dio. Rise la fresca 769. Gioventù animosa e di acerbe frecce 770. Liberamente punse la sicurezza dei vecchi. 771. Sarebbe scaturita una grande zuffa, se non che Amore, 772. Che rifiuta ogni diversità nella sua corte, 773. Si accinse a quietare le ire pericolose: 774. E a quei suoi servitori che invecchiarono, seguendo 775. Fedelmente le leggi amorose, insegnò a simulare con i cosmetici 776. Il giglio e la rosa, cioè il naturale colore delle guance 777. Che fa sorgere e genera dalla sua mano la Natura: 778. Poi fece cenno e in un momento si videro 779. Mille Amorini, volando in alto, 780. Scuotere le loro piume, dove fioccò leggera 781. La cipria che si andò a posare 782. Sulle giovani chiome, e trasformò in bianco 783. Il biondo, il nero e l’odiato colore rosso. 784. L’occhio così, nel regno di Venere e di Amore, 785. Non riuscì più a distinguere le due età opposte 786. E solo il tatto rimase arbitro. 787. Tu perciò, o Signore, tu che sei il primo 788. Onore e vanto per il regno di Venere, 789. Conservane le sacre consuetudini. Ed ecco che sparsa 790. Già dall’attenta mano, la cipria 791. Nella piccola stanza con l’aria combatte, 792. E delle sue particelle riempie tutto 793. Equamente divisa. Ora rincuorati 794. E in seno alla nebbia che si aggira per l’aria 795. Coraggioso avventati. Oh bravo! Oh forte! 796. Similmente il tuo antenato, tra il fumo ed il fuoco delle battaglie, 797. Orribili di Marte, infuriando
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798. Gittossi allor che i palitanti Lari 799. De la patria difese, e ruppe e in fuga 800. Mise l’oste feroce. Ei nondimeno 801. Fuligginoso il volto e d’atro sangue 802. Asperso e di sudore e co’ capelli 803. Stracciati ed irti de la mischia uscio 804. Spettacol fero a i cittadini stessi 805. Per sua man salvi; ove tu, assai più vago 806. E leggiadro a vederse in bianca spoglia 807. Scenderai quindi a poco a bear gli occhi 808. De la cara tua patria a cui dell’avo 809. Il forte braccio e il viso almo celeste sia 810. Del nipote dovean portar salute. 811. Non vedi omai qual con solerte mano 812. Rechin di vesti a te pubblico arredo 813. I damigelli tuoi? Rodano e Senna 814. Le tesserono a gara; e qui cucille 815. Opulento sartor cui su lo scudo 816. Serpe intrecciato a forbici eleganti 817. Il titol di monsù: nè sol dà leggi 818. A la materia la stagion diverse, 819. Ma qual più si conviene al giorno e all’ora 820. Varj sono il lavoro e la ricchezza. 821. Vieni o fior de gli eroi vieni; e qual suole 822. Nel più dubbio de’ casi alto monarca 823. Avanti al trono suo convocar lento 824. Di satrapi concilio a cui nell’ampia 825. Calvizie de la fronte il senno appare; 826. Tal di limpidi spegli a un cerchio in mezzo 827. Grave t’assidi, e lor sentenza ascolta. 828. Un giacendo al tuo piè mostri qual deggia 829. Liscia e piana salir su per le gambe 830. La docil calza: un sia presente al volto, 831. Un dietro al capo: e la percossa luce 832. Quinci e quindi tornando, a un tempo solo 833. Tutto al giudizio de’ tuoi guardi esponga 834. L’apparato dell’arte. Intanto i servi 835. A te sudino intorno; e qual piegate 836. Le ginocchia in sul suol prono ti stringa 837. Il molle piè di lucidi fermagli;
798. Si gettò, quando gli ansiosi Lari 799. Della Patria difese, e sbaragliò e mise in fuga 800. L’esercito nemico feroce. E lui, nondimeno 801. Sporco e annerito dal fumo e intriso di sangue 802. Scuro e di sudore, e con i capelli 803. irti e stracciati uscì dalla mischia, 804. visione spaventosa agli stessi concittadini 805. per sua opera salvi, mentre tu, molto più bello 806. e dotato di grazia a vedersi, vestito di bianco, 807. Scenderai fra breve a compiacere gli occhi 808. Della tua cara Patria, a cui la forza fisica 809. Dell’antenato e il viso eccelso e divino 810. Del nipote devono portare salvezza e sicurezza. 811. Non vedi ormai come con la solerte mano 812. Cerchino di vestirti con un abbigliamento pubblico 813. I tuoi damigelli? Rodano e Senna 814. Le tesserono, gareggiando tra loro; e qui le cucì 815. Un sarto di grido, al quale sull’insegna 816. Fa pompa, intrecciato ad eleganti forbici, 817. Il titolo francese di monsù: né solo con le stagioni 818. Le stesse caratteristiche degli abiti variano, 819. Ma variano per lavoro e per ricchezza 820. Anche col variare dei giorni e delle ore. 821. Vieni, o giovinetto eroe, vieni: e come suole 822. Nel più dubbioso dei casi l’alto re 823. Entrare lentamente davanti al trono 824. Nel concilio dei consiglieri, ai quali 825. Nell’ampia calvizie della fronte appare il senno, 826. Così dai limpidi specchi, in mezzo ai cerchi, 827. Austeramente siediti e ascolta le loro parole. 828. Uno, giacendo al tuo piede, mostra come debba 829. Liscia e piana salire su per le gambe 830. La dolce calza; uno sia presente davanti al tuo volto; 831. L’altro dietro al capo, e la luce riflessa 832. Di qui e di là tornando, contemporaneamente 833. Esponga al giudizio dei tuoi sguardi 834. Tutto l’apparato dell’arte. Intanto i servi 835. A te sudino intorno, ed uno, curvando 836. Verso terra le ginocchia, prono ti stringa 837. Il leggero piede con lucidi fermagli,
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838. E qual del biondo crin che i nodi eccede 839. Su le schiene ondeggiante in negro velo 840. I tesori raccoglia; e qual già pronto 841. Venga spiegando la nettarea veste. 842. Fortunato garzone a cui la moda 843. In fiorài canestri e di vermiglia 844. Seta coperti preparò tal copia 845. D’ornamenti e di pompe! Ella pur ieri 846. A te dono ne Feo. La notte intera 847. Faticaron per te cent’aghi e cento; 848. E di percossi e ripercossi ferri 849. Per le tacite case andò il rimbombo: 850. Ma non in van poi che di novo fasto 851. Oggi superbo nel bel mondo andrai; 852. E per entro l’invidia e lo stupore 853. Passerai de’ tuoi pari eguale a un dio 854. Folto bisbiglio sollevando intorno. 855. Figlie de la memoria inclite suore 856. Che invocate scendendo i feri nomi 857. De le squadre diverse e de gli eroi 858. Annoveraste a i grandi che cantàro 859. Achille Enea e il non minor Buglione, 860. Or m’è d’uopo di voi. Tropp’ardua impresa 861. E insuperabil senza vostr’aita 862. Fia ricordare al mio signor di quanti 863. Leggiadri arnesi graverà sue vesti 864. Pria che di sè nel mondo esca a far pompa. 865. Ma qual di tanti e sì leggiadri arnesi 866. Sì felice sarà che innanzi a gli altri 867. Signor venga a formar tua nobil soma? 868. Tutti importan del pari. Ecco l’astuccio 869. Di pelli rilucenti ornato e d’oro 870. Sdegnar la turba, e gli occhi tuoi primiero 871. Occupar di sua mole. Esso a cent’usi 872. Opportuno si vanta: e ad esso in grembo 873. Atta a gli orecchi a i denti a i peli all’ugne 874. Vien forbita famiglia. A i primi onori 875. Seco s’affretta d’odorifer’onda 876. Pieno cristal che a la tua vita in forse 877. Doni conforto allor che il vulgo ardisca
838. E uno del biondo capello, che eccede ai nodi 839. Sulla schiena ondeggiante con un velo nero, 840. Raccolga i tesori, ed uno già pronto 841. Venga spiegando la veste profumata. 842. Fortunato giovane, a cui la moda 843. Preparò tanta abbondanza 844. Di canestri fioriti, di rossa seta, 845. Di ornamenti e di pompe! Ella solo ieri 846. Te ne fece dono. Tutta la notte 847. Si affaticarono per te cento e cento aghi 848. E del ferro da stiro, passato e ripassato, 849. Per la silenziosa casa si udì il rimbombo; 850. Ma non inutilmente, perché di nuovo fasto 851. Oggi superbo tu andrai nel meraviglioso mondo; 852. E passerai attraverso l’invidia e lo stupore 853. Dei tuoi simili, uguale a un dio, 854. Sollevando bisbigli tutt’intorno. 855. Oh Muse, figlie di Mnemosine, famose sorelle, 856. Che scendendo invocate, i coraggiosi nomi 857. Delle diverse schiere e degli eroi, 858. Ricordaste ai grandi che cantarono 859. Le imprese di Achille di Enea e di Goffredo di Buglione, 860. ho bisogno del vostro aiuto. Sarà troppo difficile 861. Ed insuperabile impresa, senza il vostro aiuto, 862. Ricordare al mio Signore 863. Di quanti gingilli graverà le sue vesti, 864. Prima che esca a farsi notare nel “mondo”. 865. Ma quale strumento fra tanti e così fini 866. Sarà così fortunato, o Signore, da venire a costituire 867. Il tuo nobile bagaglio di accessori? 868. Tutti hanno la stessa importanza. Ecco l’astuccio 869. Ornato di pelli lucenti d’oro. 870. Il popolo non gli dà nessuna importanza, ma esso per primo 871. Ha colpito con la sua forma i tuoi occhi. 872. Appare adatto ad infiniti usi: nel suo interno c’è 873. Una serie di ferretti levigati per la toeletta delle orecchie, 874. Dei peli e delle unghie gareggia con questo per importanza primaria 875. Una boccetta di cristallo colma di acqua odorosa 876. La quale può eventualmente portare sollievo alla tua vita 877. Messa in pericolo (per un minacciato svenimento) quando i popolani,
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878. Troppo accosto vibrar da la vil salma 879. Fastidiosi effiuvj a le tue nari. 880. Nè men pronto di quello e all’uopo stesso 881. L’imitante un cuscin purpureo drappo 882. Reca turgido il sen d’erbe odorate 883. Che l’aprica montagna in tuo favore 884. Al possente meriggio educa e scalda. 885. Ecco vien poi da cristallina rupe 886. Tolto nobil vasello. Indi traluce 887. Prezioso confetto ove a gli aromi 888. Stimolanti s’unì l’ambra o la terra 889. Che il Giappon manda a profumar de’ grandi 890. L’etereo fiato, o quel che il Caramano 891. Fa gemer latte dall’inciso capo 892. De’ papaveri suoi; perchè se mai 893. Non ben felice amor l’alma t’attrista, 894. Lene serpendo per li membri acquete 895. A te gli spirti, e ne la mente induca 896. Lieta stupidità che mille adune 897. Imagin dolci e al tuo desio conformi. 898. A tanto arredo il cannocchial succeda 899. E la chiusa tra l’oro Anglica lente. 900. Quel notturno favor ti presti allora 901. Che al teatro t’assidi, e t’avvicini 902. O i piè leggeri o le canore labbra 903. Da la scena remota; o con maligno 904. Guardo dell’alte vai logge spiando 905. Le abitate tenèbre; o miri altronde 906. Gli ognor nascenti e moribondi amori 907. De le tenere dame, onde s’appresti 908. All’eloquenza tua nel di venturo 909. Lunga e grave materia. A te la lente 910. Nel giorno assista; e de gli sguardi tuoi 911. Economa presieda; e si li parta 912. Che il mirato da te vada superbo, 913. Nè i mal visti accusarte osin giammai. 914. La lente ancor su l’occhio tuo sedendo 915. Irrefragabil giudice condanni 916. O approvi di Palladio i muri e gli archi 917. O di Tizian le tele: essa a le vesti
878. Troppo vicini a te, osino emettere dal loro volgare corpo 879. Insopportabili zaffate di puzzo. 880. Ugualmente a portata di mano nella stessa circostanza 881. Una stoffa di porpora imbottita a forma di cuscino 882. Ha il suo interno rigonfio d’erbe odorose 883. Che la montagna soleggiata fa crescere e riscalda per te 884. Durante le calde ore pomeridiane. 885. Ecco viene ricavato dal cristallo di rocca 886. Un prestigioso vasetto, attraverso il quale traspare 887. Una preziosa pasticca in cui ad aromi piacevoli 888. Si unì l’ambra o il catù, 889. Che il Giappone invia per rendere profumato il fiato 890. Puro delle persone potenti; o quella sostanza (l’oppio) 891. Che gli abitanti dell’Asia minore distillano come lattice 892. Dalle capsule del papavero dopo averle incise; 893. Perché se un amore non del tutto soddisfacente ti rattrista l’anima, 894. L’oppio insinuandosi dolcemente per le membra, 895. Ti plachi l’agitazione, e infonda 896. Nella mente un piacevole stordimento 897. Che ti procuri mille visioni dolci e rispondenti al tuo desiderio. 898. Segua a così importante suppellettile il cannocchiale 899. E l’occhialetto con montatura in oro e lente di marca inglese. 900. Il cannocchiale ti sia d’aiuto di notte, 901. Allorché ti siedi a teatro e ti permetta di poter vedere vicini dal 902. Lontano palco i piedi leggiadri delle danzatrici o le labbra dei cantanti 903. O quando vai spiando con lo sguardo malizioso 904. L’oscurità delle logge più alte, 905. Che nascondono gli spettatori; o quando tu spii da un’altra parte 906. Gli amori delle dame dal cuore tenero 907. Che facilmente nascono e muoiono 908. Da cui ti prepari materia infinita e importante 909. Per i tuoi pettegolezzi nel giorno seguente. 910. Ti aiuti l’occhialetto, sia saggio amministratore dei tuoi sguardi 911. E così li spartisca che 912. La persona osservata da te ne sia orgogliosa, 913. Né coloro che fai finta di non vedere osino mai fartene un’accusa. 914. L’occhialetto stando ancora sul tuo occhio, 915. Giudice inesorabile, condanni 916. O approvi le costruzioni dell’architetto Palladio 917. O i quadri di Tiziano, con grande selezione
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918. A i libri a i volti feminili applauda 919. Severa o li dispregi: e chi del senso 920. Comun sì privo fia che insorger osi 921. Contro al sentenziar de la tua lente? 922. Non per questa però sdegna o signore 923. Giunto a lo speglio in Gallico sermone 924. Il vezzoso giornal, non le notate 925. Eburnee tavolette a guardar preste 926. Tuoi sublimi pensier fin ch’abbian luce 927. Doman tra i belli spirti; e non isdegna 928. La picciola guaina ove al tuo cenno 929. Mille ognora stan pronti argentei spilli. 930. Oh quante volte a cavalier sagace 931. Ho vedut’io le man render beate 932. Uno apprestato a tempo unico spillo! 933. Ma dove ahi dove inonorato e solo 934. Lasci ‘1 coltello a cui l’oro e l’acciaro 935. Donàr gemma lama, e a cui la madre 936. De la gemma più bella d’Anfitrite 937. Diè manico elegante, onde il colore 938. Con dolce variar l’iride imìta? 939. Verrà il tempo verrà che ne’ superbi 940. Convivj ognaltro avanzerai per fama 941. D’esimio trinciatore; e i plausi e i gridi 942. De’ tuoi gran pari ecciterai qualora, 943. Pollo o fagian con le forcine in alto 944. Sospeso, a un colpo il priverai dell’anca 945. Mirabilmente. Or qual più resta omai 946. Onde colmar tue tasche inclito ingombro? 947. Ecco a molti colori oro distinto, 948. Ecco nobil testuggine su cui 949. Voluttuose imagini lo sguardo 950. Invitan de gli eroi. Copia squisita 951. Di fumido rapè quivi è serbata 952. E di spagna oleoso, onde lontana 953. Pur come suol fastidioso insetto 954. Da te fugga la noia. Ecco che smaglia 955. Cupido a te di circondar le dita 956. Vivo splendor di preziose anella. 957. Ami la pietra ove si stanno ignude
918. L’occhialetto approvi gli abiti, i libri e i volti femminili 919. O li disprezzi: e chi sarà così privo di senso 920. Comune da osare insorgere 921. Contro il parere del tuo occhialetto? 922. Per questo non disprezzare insieme con lo specchio, 923. Il giornale di moda o di notizie galanti, 924. Scritto in Francese, non il taccuino 925. Da annotare, ricoperto da avorio, 926. Pronto a custodire i tuoi sublimi pensieri 927. Finché essi siano fatti conoscere 928. Domani tra le persone di bello spirito e non sdegnare 929. Il piccolo astuccio dove al tuo cenno 930. Stanno pronti sempre mille spilli d’argento. 931. Oh quante volte ho visto uno spillo 932. Anche solo per rendere beato un cavaliere nell’atto da puntarlo 933. Con le proprie mani all’abito della donna! 934. Ma ahimè, dove, dove lasci solo, 935. Senza considerazione il coltello a serramanico d’acciaio 936. Dorato a doppia lama, a cui la madreperla 937. Fornì un manico elegante, dal colore iridescente. 938. Verrà il tempo … verrà che durante i fastosi 939. Banchetti, supererai tutti per la fama 940. Di abilissimo tagliatore di carni 941. E susciterai gli applausi o le urla 942. Dei tuoi compagni di apri rango, quando 943. Con un sol colpo, avendo sollevato con la forchetta pollo o fagiano 944. Gli taglierai una coscia, in maniera straordinaria. 945. Ora quale prestigioso oggetto, ingombrante, resta ormai 946. Con cui riempire la tua tasca? 947. Ecco una tabacchiera d’oro smaltato a vari colori 948. Eccone una di tartaruga su cui 949. Sono riprodotte figure erotiche 950. Che colpiscono lo sguardo degli esseri superiori. 951. Qui è conservato in abbondanza tabacco da naso grattugiato 952. Che produce fumo e quello grasso oppure fortemente profumato 953. Di Spagna, per mezzo dei quali la noia fugge lontana 954. Così come è solito un fastidioso insetto. 955. Ed ecco che vivo splendore di preziosi anelli 956. Brilla desideroso di circondarti le dita. 957. Ami la pietra cammeo dove stanno scolpite nude
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958. Sculte le Grazie, e che il Giudeo ti fece 959. Creder opra d’Argivi allor ch’ei chiese 960. Tanto tesoro, e d’erudito il nome 961. Ti comparti prostrandosi a’ tuoi piedi? 962. Vuoi tu i lieti rubini? O più t’aggrada 963. Sceglier quest’oggi l’Indico adamante 964. Là dove il lusso incantator costrinse 965. La fatica e il sudor di cento buoi 966. Che pria vagando per le tue campagne 967. Facean sotto a i lor piè nascere i beni? 968. Prendi o tutti o qual vuoi; ma l’aureo cerchio 969.Che sculto intorno è d’amorosi motti 970.Ognor teco si vegga, e il minor dito 971.Premati alquanto, e sovvenir ti faccia 972. Dell’altrui fida sposa a cui se’ caro. 973. Vengane alfin de gli orioi gemmati 974. Venga il duplice pondo; e a te de l’ore 975. Che all’alte imprese dispensar conviene 976. Faccia rigida prova. Ohimè che vago 977. Arsenal minutissimo di cose 978. Ciondola quindi, e ripercosso insieme 979. Molce con soavissimo tintinno! 980. Ma v’hai tu il meglio? Ah si che i miei precetti 981. Sagace prevenisti. Ecco risplende 982. Chiuso in breve cristallo il dolce pegno 983. Di fortunato amor: lungi o profani, 984. Chè a voi tant’oltre penetrar non lice. 985. Compiuto è il gran lavoro. Odi Signore 986. Sonar già intorno la ferrata zampa 987. De’ superbi corsier che irrequieti 988. Ne’ grand’atrj sospinge arretra e volge 989. La disciplina dell’ardito auriga. 990. Sorgi e t’appresta a render baldi e lieti 991. Del tuo nobile incarco i bruti ancora. 992. Ma a possente signor scender non lice 993. Da le stanze superne infin che al gelo 994. O al meriggio non abbia il cocchier stanco 995. Durato un pezzo, onde l’uom servo intenda 996. Per quanto immensa via natura il parta 997. Dal suo signore. Or dunque i miei precetti
958. Le Grazie che il mercante ebreo ti fece 959. Credere opera greca antica, quando ti chiese 960. Una somma esagerata e ti attribuisce la fama di erudito, 961. Genuflettendosi ai tuoi piedi? 962. Desideri i rubini che portano gioia? Oppure oggi ti piace 963. Più scegliere il diamante delle Indie orientali, 964. Laddove il lusso ammaliatore costrinse 965. La sudata fatica di innumerevoli buoi, 966. I quali prima facevano nascere ricchezza sotto i loro piedi, 967. Vagando per le tue campagne? 968. Prendili tutti, o quel che vuoi, ma portati sempre visibile 969. La veretta d’oro che ha incise nella sua circonferenza parole d’amore, 970. E ti stringe alquanto il mignolo, 971. E ti faccia ricordare 972. La sposa fedele di un altro, a cui tu sei caro. 973. Seguono infine gli orologi tempestati di gemme: 974. Venga il duplice peso e faccia una severa selezione 975. Delle ore che ti conviene dedicare 976. Alle gloriose imprese, ohimé, che bell’arsenale 977. Di gingilli, oscilla da questo istante 978. E, scontrandosi insieme, 979. Raddolcisce l’animo con un leggiadro tintinnio! 980. Ma hai tu il meglio? Ah sì, che previdente 981. Anticipasti i miei insegnamenti. Ecco il dolce pegno 982. Di un fortunato amore risplende chiuso in sottile cristallo: 983. Tenetevi lontani o profani 984. Perché a voi non è lecito penetrare tanto oltre. 985. È stata già compiuta la grande opera di vestizione. 986. Ecco già risuonano intorno le zampe, 987. Che sono state ferrate, degli splendidi cavalli da corsa 988. Che il coraggioso cocchiere tiene a freno nella loro irrequietezza
989. Sospingendoli, facendoli arretrare e volgendoli nel cortile del palazzo. 990. Alzati, dunque, accingiti a rendere gli animali 991. Sicuri e felici col tuo nobile peso. 992. Ma al signore che va al potere non è consentito scendere 993. Dalle stanze dei piani alti finché il cocchiere 994. Ormai stanco non abbia resistito a lungo al gelo 995. O al caldo del mezzogiorno, motivo per cui il servitore capisca 996. L’enorme differenza frapposta tra lui e il signore dalla Natura. 997. Ora dunque io proseguirò i miei insegnamenti
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998. Io seguirò, chè varie al tuo mattino 999. Portar dee cure il variar de’ giorni: 1000. Tu dolce intanto prenderai solazzo 1001. Ad agitar fra le tranquille dita 1002. Dell’oriolo i ciondoli vezzosi. 1003. Signore al ciel non è cosa più cara 1004. Di tua salute: e troppo a noi mortali 1005. E’ il viver de’ tuoi pari util tesoro. 1006. Uopo è talor che da gli egregi affanni 1007. T’allevj alquanto, e con pietosa mano 1008. Il teso per gran tempo arco rallente. 1009. Tu dunque allor che placida mattina 1010. Vestita riderà d’un bel sereno 1011. Esci pedestre, e le abbattute membra 1012. All’aura salutar snoda e rinfranca. 1013. Di nobil cuoio a te la gamba calzi 1014. Purpureo stivaletto, onde giammai 1015. Non profanin tuo piè la polve o il limo 1016. Che l’uom calpesta. A te s’avvolga intorno 1017. Veste leggiadra che sul fianco sciolta 1018. Sventoli andando; e le formose braccia 1019. Stringa in maniche anguste a cui vermiglio 1020. O cilestro ermesino orni gli estremi 1021. Del bel color che l’elitropio tigne 1022. O pur d’oriental candido bisso 1023. Voluminosa benda indi a te fasci 1024. La snella gola. E il crin... Ma il crin signore 1025. Forma non abbia ancor da la man dotta 1026. Dell’artefice suo; chè troppo fora, 1027. Ahi troppo grave error lasciar tant’opra 1028. De le licenziose aure in balia. 1029. Nè senz’arte però vada negletto 1030. Su gli omeri a cader; ma o che natura 1031. A te il nodrisca; o che da ignote fronti 1032. Il più famoso parrucchier lo involi, 1033. E lo adatti al tuo capo, in sul tuo capo 1034. Ripiegato l’afferri e lo sospenda 1035. Con testugginei denti il pettin curvo. 1036. Ampio cappello alfin che il disco agguagli 1037. Del gran lume Febeo tutto ti copra,
998. Perché il variare dei giorni 999. Diversifica le tue occupazioni mattutine: 1000. Tu intanto ti divertirai piacevolmente 1001. Ad agitare tra le dita con tranquillità 1002. I ciondoli leggiadri dell’orologio. 1003. O Signore, non esiste cosa più gradita 1004. Al Cielo che la tua salute e il vivere di quelli a te pari 1005. È un tesoro troppo utile per noi mortali. 1006. È necessario che io ti sollevi 1007. Assai l’animo delle nobili tue preoccupazioni, e pietoso allenti 1008. Per gran tempo la tensione dell’arco. 1009. Tu dunque, quando la calma mattina 1010. Si annuncerà bella e serena, 1011. Esci a piedi per una passeggiata 1012. E sciogli e tonifica le membra fuori esercizio. 1013. Calza uno stivaletto di colore purpureo di cuoio 1014. Di ottima qualità per cui la polvere 1015. O il fango che l’uomo comune calpesta non offendano mai il tuo piede. 1016. Si disponga intorno alla tua persona 1017. Una pregiata veste che, libera da impedimenti sul fianco, 1018. Col camminare si muova al vento e le belle braccia 1019. Servi con strette maniche orlate con bordi di velluto rosso 1020. O celeste, un fazzoletto molto ampio 1021. Di colore giallo, ricavato dal girasole 1022. O di bianco bisso, che viene dall’Oriente, 1023. Poi ti fasci il sottile collo e i capelli. 1024. Ma, Signore, i capelli 1025. Non siano stati ancora acconciati dalla mano esperta 1026. Del parrucchiere, perché sarebbe troppo… 1027. Troppo grave sbaglio esporre un lavoro 1028. Così eccellente alla mercé dell’aria capricciosa. 1029. Né però caschino sulle spalle trascurati senza acconciatura: 1030. Ma sia che i capelli siano tuoi naturali, 1031. O che il più abile parrucchiere abbia formato una parrucca 1032. Con capelli che provengano da una persona a te ignota 1033. E siano stati adattati alla tua testa, 1034. Il parrucchiere li pieghi o li fissi 1035. Con i denti di pettine ricurvo di tartaruga. 1036. Tutto ti copra infatti un ampio cappello 1037. Che uguagli il disco del gran lume di Febo Apollo
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E allo sguardo profan tuo nume asconda. Poi che così le belle membra ornate Con artificj negligenti avrai, Esci soletto a respirar talora I mattutini fiati: e lieve canna Brandendo con la man, quasi baleno Le vie trascorri, e premi ed urta il vulgo Che s’oppone al tuo corso. In altra guisa Fora colpa l’uscir; però che andrièno Mal dal vulgo distinti i primi eroi. Tal giorno ancora, o d’ogni giorno forse Fien qualch’ore serbate al molle ferro Che i peli a te rigermoglianti a pena D’in su la guancia miete; e par che invidj Ch’altri fuor che sè solo indaghi o scopra
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Unqua il tuo sesso. Arroge a questo il giorno
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Che di lavacro universal convienti Terger le vaghe membra. E’ ver che allora D’esser mortal dubiterai; ma innalza Tu allor la mente a i grandi aviti onori Che fino a te per secoli cotanti Misti scesero al chiaro altero sangue; E il pensier ubbioso al par di nebbia Per lo vasto vedrai aere smarrirsi A i raggi de la gloria onde t’investi; E di te pago sorgerai qual pria Gran semideo che a sè solo somiglia. Fama è così che il dì quinto le Fate Loro salma immortal vedean coprirsi Già d’orribili scaglie, e in feda serpe Volta strisciar sul suolo a sè facendo De le marcate spire impeto e forza: Ma il primo sol le rivedea più belle Far beati gli amanti e a un volger d’occhi Mescere a voglia lor la terra e il mare. Assai l’auriga bestemmiò finora I tuoi nobili indugi: assai la terra Calpestàro i cavalli. Or via veloce Reca o servo gentil, reca il cappello Ch’ornan fulgidi nodi: e tu frattanto
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E nasconda la tua natura divina allo sguardo profano Dopo che avrai ornata la tua bella persona Così con dissimulata ricercatezza Esci tutto solo per respirare qualche volta L’aria mattutina: impugna saldamente in mano Un leggero bastone, passa rapidamente Attraverso le vie in un baleno, e spingi ed urta i popolani,
Che si oppongono al tuo passare. Ti renderesti reo se, uscendo di casa, ti comportassi diversamente. Perché altrimenti gli illustri signori si distinguerebbero male dal popolo,
Un altro giorno o forse qualche ora di ogni giorno Sia riservata al delicato rasoio, Che ti taglia i peli, i quali iniziano appena a ricrescere
Sulla guancia e sembra che esso non voglia Che nessun altro tranne lui solo indaghi o scopra Mai il tuo sesso. Si aggiunga a ciò il giorno In cui dovrai farti un bagno completo Per lavare le belle membra. È vero che allora Potrai dubitare di essere mortale; ma dedicati Ai più alti pensieri dei grandi onori dei tuoi avi, Goduti per tanti secoli che furono da te ereditati Insieme al tuo nobile e sdegnoso sangue E il pensiero privo di fondamento vedrai dissolversi Come nebbia nella vastità dell’aria. Ai raggi della gloria, da cui prendi solennemente l’investitura Dei tuoi diritti, ti alzerai soddisfatto di te come prima del bagno,
Grande figlio di divinità che somiglia solo a se stesso. Fama è così che il quinto giorno della settimana le Fate
Vedevano coprire i loro corpi Già di orribili scaglie, e mutate In sozzo serpente strisciavano sul suolo, Facendo con impeto e forza inarcate spire: Ma all’alba ritornavano più belle Facendo diventare beati gli amanti E riuscivano, a loro piacimento, a nascondere Il mare e la terra. Assai l’auriga bestemmiò finora le tue Azioni: i cavalli calpestarono la terra. Ora muoviti velocemente
E porta, o servo gentile, porta il cappello Che orna gli splendidi capelli e tu intanto,
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Fero genio di Marte a guardar posto De la stirpe de’ numi il caro fianco, Al mio giovan eroe cigni la spada Corta e lieve non già, ma qual richiede La stagion bellicosa al suol cadente, E di triplice taglio armata e d’else Immane. Quanto esser può mai sublime L’annoda pure onde la impugni all’uopo La destra furibonda in un momento. Nè disdegnar con le sanguigne dita Di ripulire ed ordinar quel nastro Onde l’else è superbo. Industre studio E’ di candida mano. Al mio signore Dianzi donollo, e gliel appese al brando L’altrui fida consorte a lui si cara. Tal del famoso Artù vide la corte Le infiammate d’amor donzelle ardite Ornar di piume e di purpuree fasce I fatati guerrier; si che poi lieti Correan mortale ad incontrar periglio In selve orrende fra i giganti e i mostri. Volgi o invitto campion, volgi tu pure Il generoso piè dove la bella E de gli eguali tuoi scelto drappello Sbadigliando t’aspetta all’alte mense. Vieni, e godendo, nell’uscire il lungo Ordin superbo di tue stanze ammira. Or già siamo all’estreme: alza i bei lumi A le pendenti tavole vetuste Che a te de gli avi tuoi serbano ancora Gli atti e le forme. Quei che in duro dante Strigne le membra, e cui si grande ingombra Traforato collar le grandi spalle, Fu di macchine autor; cinse d’invitte Mura i Penati; e da le nere torri Signoreggiando il mar, verso le aduste Spiagge la predatrice Africa spinse. Vedi quel magro a cui canuto e raro Pende il crin da la nuca, e l’altro a cui Su la guancia pienotta e sopra il mento
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Fiero genio di Marte, posto a guardare Il caro fianco tra la stirpe degli dei, Cingi la spada al mio giovane eroe, E non corta e leggera, ma come è richiesta Dalla guerra, lunga fino al suolo E fatta di triplice taglio E con grandi impugnature. Quanto mai può essere sublime
Annodala pure, affinchè possa impugnarla meglio In un momento la mano destra furibonda. E non disdegnare dal ripulire la spada con le dita Sporche di sangue, Dove l’elsa è superba. L’industrioso ingegno È fatto da una candida mano. La donò al mio Signore E gliela attaccò alla cinghia La fida consorte di un altro, a lui così cara. Così la corte del famoso Artù vide Le ardite fanciulle infiammate d’amore, Ornare di piume e di rosse fasce I grandi guerrieri; così che poi Correvano lieti incontro al pericolo In boschi spaventosi fra i giganti e i mostri. Volgi, o mai sconfitto campione, volgi tu pure Il tuo piede generoso, dove la tua donna E la tua piccola schiera di soldati Ti aspettano alle alte mense. Vieni e, rallegrandoti nell’uscire, ammira Il lungo e superbo ordine delle tue stanze. Già siamo alle ultime; si accendono i bei lumi E le tavole antiche, Che mantengono ancora gli atti e le forme Dei tuoi avi. Quello che ha le sue membra Strette in un duro tessuto, e su cui fa spicco Un grande collare traforato che copre le spalle, Fu autore di macchine; difese con grandi mura gli dei della casa,
E dai torrioni, padroneggiando sul mare, Spinse verso le aride spiagge La predatrice popolazione dell’Africa. Vedi quello magro, a cui i capelli pendono dalla nuca Bianchi e radi; e l’altro sulla cui guancia, Piana sopra il mento, serpeggiano tre fili di barba?
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Serpe triplice pelo? Ambo s’adornano Di toga magistral cadente a i piedi: L’uno a Temi fu sacro: entro a’ Licei La gioventù pellegrinando ei trasse A gli oracoli suoi; indi sedette Nel senato de’ padri; e le disperse Leggi raccolte, ne fe’ parte al mondo: L’altro sacro ad Igeia. Non odi ancora Presso a un secol di vita il buon vegliardo Di lui narrar quel che da’ padri suoi Nonagenarj udì, com’ei spargesse Su la plebe infelice oro e salute Pari a Febo suo nume? Ecco quel grande A cui si fosco parruccon s’innalza Sopra la fronte spaziosa; e scende Di minuti botton serie infinita Lungo la veste. Ridi? Ei novi aperse Studj a la patria; ei di perenne aita I miseri dotò; portici e vie Stese per la cittade; e da gli ombrosi Lor lontani recessi a lei dedusse Le pure onde salubri, e ne’ quadrivj E in mezzo a gli ampli fori alto le fece Salir scherzando a rinfrescar la state Madre di morbi popolari. Oh come Ardi a tal vista di beato orgoglio Magnanimo garzon! Folle! A cui parlo? Ei già più non m’ascolta: odiò que’ ceffi Il suo guardo gentil: noia lui prese Di si vieti racconti: e già s’affretta Giù per le scale impaziente. Addio De gli uomini delizia e di tua stirpe, E de la patria tua gloria e sostegno. Ecco che umili in bipartita schiera T’accolgono i tuoi servi. Altri già pronto Via se ne corre ad annunciare al mondo Che tu vieni a bearlo; altri a le braccia Timido ti sostien mentre il dorato Cocchio tu sali, e tacito e severo Sur un canto ti sdrai. Apriti o vulgo
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Entrambi si adornano Con una toga da magistrato lunga fino ai piedi: L’uno fu sacro a Temi: passò la gioventù, Pellegrinando dentro ai Licei e trasse Ai suoi oracoli le sentenze; poi si sedette Nel Senato dei padri, e raccolse tutte Le leggi disperse e ne fece partecipe il mondo. L’altro fu sacro a Igeia. Non senti ancora Il buon vecchio, vicino ai cento anni, raccontare di lui Quello che udì dai suoi vecchissimi padri, Cioè come lui spargesse Sul popolo infelice denari e salute, Simile al dio Febo, suo nume? Ecco quel grande Al quale il fosco parruccone si innalza E scende sopra la fronte spaziosa, e lungo la veste Vi è una serie minuta di bottoni! Ridi? Egli aprì I nuovi studi alla Patria e ai miseri diede Sempre aiuto; i portici e le vie Cosparse per la città; e dagli ombrosi Luoghi appartati a lei condusse Le pure acque salutari e nelle strade Ed in mezzo alle grandi piazze le fece salire in alto Per rinfrescare, scherzando, l’estate Portatrice di morbi popolari. Oh come Ardi a tale vista di beato orgoglio O magnanimo garzone! Folle! A chi parlo? E già più non mi ascolta: lo sguardo gentile Odiò quei ceffi: Egli si annoiò Di questi racconti, e già si affretta E scende impaziente le scale. Addio O delizia dei tuoi uomini, della tua stirpe, E della tua Patria gloria e sostegno! Ecco che i tuoi servi a capo chino Ti accolgono in una schiera divisa in due. Alcuni servi corrono e vanno ad annunciare Al mondo che tu vieni a bearlo; altri rispettosi Ti tengono le braccia, mentre tu Sali sul cocchio e silenzioso e severo Ti porgi su un lato. Apriti, o popolo,
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E cedi il passo al trono ove s’asside Il mio signore. Ah te meschin s’ei perde Un sol per te de’ preziosi istanti! Temi il non mai da legge o verga o fune Domabile cocchier: temi le rote Che già più volte le tue membra Avvolser seco, e del tuo impuro sangue Corser macchiate, e il suol di lunga striscia Spettacol miserabile! segnàro.
IL MERIGGIO 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16. 17. 18. 19. 20. 21. 22. 23. 24. 25. 26.
Ardirò ancor fra i desinari illustri Sul meriggio innoltrarmi umil cantore, Poi che troppa di te cura mi punge Signor, ch’io spero un dì veder maestro E dittator di graziosi modi All’alma gioventù che Italia onora. Tal fra le tazze e i coronati vini Onde all’ospite suo fe’ lieta pompa La punica regina, i canti alzava Jopa crinito; e la regina in tanto Dal bel volto straniero iva beendo L’oblivion del misero Sichèo: E tale, allor che l’orba Itaca in vano Chiedea a Nettun la prole di Laerte, Femio s’udia co’ versi e con la cetra La facil mensa rallegrar de’ proci, Cui dell’errante Ulisse i pingui agnelli E i petrosi licori e la consorte Convitavano in folla. Amici or china Giovin Signore al mio cantar gli orecchi, Or che tra nuove Elise e nuovi proci E tra fedeli ancor Penelopèe Ti guidano a la mensa i versi miei. Già dall’alto del cielo il sol fuggendo Verge all’occaso: e i piccoli mortali Dominati dal tempo escon di novo
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E fai passare la carrozza dove si trova Il mio Signore. Attento, o meschino, se perde Il mio padrone un solo istante del suo tempo prezioso!
Temi tu o spericolato cocchiere la legge Che con la verga o con la fune ti punisce: temi Le ruote delle carrozze, che in varie circostanze Travolsero e straziarono il tuo corpo e del tuo impuro Sangue rimasero macchiate e lasciarono in terra Una lunga scia: spettacolo miserabile!
IL MERIGGIO 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16. 17. 18. 19. 20. 21. 22. 23. 24. 25. 26.
Oserò ancora tra i desinari illustri Inoltrarmi sul mezzogiorno da umile precettore; Poiché di te tanta pietà mi stringe, Io spero, o Signore, di vedere un giorno il vostro maestro, Dittatore di graziosi modi Per la grande gioventù che onora l’Italia. Così tra le coppe di vino ornate di ghirlande, Con le quali la regina punica Didone Celebrò festosamente Enea, Jopa Dai lunghi capelli alzava canti e intanto la regina Dal bel volto straniero stava bevendo L’oblio del misero Sicheo; E così, mentre Itaca priva del suo re invano Chiedeva a Nettuno che il figlio di Laerte potesse tornare, Si udiva Femio con i versi e con la cetra Rallegrare la facile mensa dei proci, Che banchettavano a gara con gli agnelli e con i vini Della petrosa Itaca dell’errante Ulisse E con la consorte. Adesso rivolgi O giovin Signore a me le orecchie amiche, Adesso che i miei versi ti guidano alla mensa Tra nuove Didoni, tra nuovi proci E tra fedeli Penelope. Già dall’alto del cielo il sole sta fuggendo E ora volge al tramonto: e i piccoli mortali Dominati dal tempo escono di nuovo 120
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A popolar le vie ch’all’oriente Spandon ombra già grande. A te null’altro Dominator fuor che te stesso è dato Stirpe di numi: e il tuo meriggio è questo. Al fin di consigliarsi al fido speglio La tua dama cessò. Cento già volte O chiese o rimandò novelli ornati; E cento ancor de le agitate ognora Damigelle or con vezzi or con garriti Rovesciò la fortuna. A sè medesma Quante volte convien piacque e dispiacque; E quante volte è d’uopo a sè ragione Fece e a’ suoi lodatori. I mille intorno Dispersi arnesi al fin raccolse in uno La consapevol del suo cor ministra: Al fin velata di legger zendado È l’ara tutelar di sua beltade: E la seggiola sacra un po’ rimossa Languidetta l’accoglie. Intorno a lei Pochi giovani eroi van rimembrando I cari lacci altrui, mentre da lunge Ad altra intorno i cari lacci vostri Pochi giovani eroi van rimembrando. Il marito gentil queto sorride A le lor celie; o, s’ei si cruccia alquanto, Del tuo lungo tardar solo si cruccia. Nulla però di lui cura te prenda Oggi o Signore. E s’ei del vulgo a paro Prostrò l’animo imbelle; e non sdegnosse Di chiamarsi marito, a par del vulgo Senta la fame esercitargli in petto Lo stimol fier de gli oziosi sughi Avidi d’esca: o se a i mariti alcuno D’anima generosa impeto resta, Ad altra mensa il piè rivolga; e d’altra Dama al fianco si assida, il cui marito Pranzi altrove lontan d’un’altra al fianco Che lungi abbia lo sposo: e cosi nuove Anella intrecci a la catena immensa Onde alternando Amor l’anime avvince.
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A popolare le vie che dall’oriente Proiettano l’ombra già lunga. A te nessuno Può importi delle scelte all’infuori di te stesso, Stirpe di dei, e il tuo pomeriggio è questo. Alla fine la tua dama smise Di guardarsi allo specchio fidato. Già cento volte Si fece portare e rimandò indietro abbigliamenti all’ultima moda;
E cento volte ancora delle agitate damigelle Ora con moine di approvazione, Ora con rimproveri cambiò la sorte. Quante volte a se stessa piacque e dispiacque, E quante volte ebbe necessità di soddisfare se stessa E i suoi ammiratori. Intorno a lei Alla fine i mille arnesi dispersi li raccolse L’ancella prediletta del suo cuore: Alla fine viene avvolto in un leggero velo L’altare che è dedicato al culto della sua bellezza, E la sacra seggiola che è stata spostata La accoglie un po’ esausta. Intorno a lei Pochi giovani eroi fanno pettegolezzi sui legami amorosi degli altri,
Mentre da lontano, intorno ad un’altra, Pochi giovani eroi vanno ricordando I cari legami amorosi vostri. Il marito gentile sorride silenzioso Ai loro piacevoli detti, e se si lamenta un po’ Si lamenta solo del tuo tardare. Tuttavia non ti prendere preoccupazione per lui, Oggi, o Signore! E se del volgo imbelle Mostrò l’animo vile e non sdegnò Il matrimonio, al pari del volgo Senta la fame tormentarlo, Attraverso l’azione dei succhi gastrici Avidi d’esca, e se tra i mariti Resta qualche barlume di magnanimità, Si rivolga verso un’altra mensa e ad un’altra Dama si sieda al fianco, il cui marito, nello stesso tempo, Si trovi altrove a fianco di un’altra dama che abbia il marito lontano
E così si aggiungano nuovi anelli alla lunga catena dell’Amore Che, avvicendando i rispettivi compagni, unisce uomini e donne.
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67. Pur sia che vuol; tu baldanzoso innoltra 68. Ne le stanze più interne. Ecco precorre 69. Ad annunciarti al gabinetto estremo 70. Il noto scalpiccio de’ piedi tuoi. 71. Già lo sposo t’incontra. In un baleno 72. Sfugge dall’altrui man l’accorta mano 73. De la tua dama: e il suo bel labbro in tanto 74. Ti apparecchia un sorriso. Ognun s’arretra 75. Che conosce tuoi dritti; e si conforta 76. Con le adulte speranze, a te lasciando 77. Libero e scarco il più beato seggio. 78. Tal, colà dove in fra gelose mura 79. Bizanzio ed Ispaàn guardano il fiore 80. De la beltà che il popolato Egèo 81. Manda e l’Armeno e il Tartaro e il Circasso 82. Per delizia d’un solo, a bear entra 83. L’ardente sposa il grave Musulmano. 84. Nel maestoso passeggiar gli ondeggiano 85. Le late spalle, e su per l’alta testa 86. Le avvolte fasce: dall’arcato ciglio 87. Intorno ei volge imperioso il guardo: 88. Ed ecco al suo apparire umil chinarsi 89. E il piè ritrar l’effeminata occhiuta 90. Turba che d’alto sorridendo ei spregia. 91. Or comanda o signor che tutte a schiera 92. Vengan le grazie tue; si che a la dama 93. Quanto elegante esser più puoi ti mostri. 94. Tengasi al fianco la sinistra mano 95. Sotto al breve giubbon celata; e l’altra 96. Sul finissimo lin posi, e s’asconda 97. Vicino al cor; sublime alzisi il petto; 98. Sorgan gli omeri entrambi; a lei converso 99. Scenda il duttile collo; a i lati un poco 100. Stringansi i labbri; ver lo mezzo acuti 101. Escano alquanto; e da la bocca poi, 102. Compendiata in forma tal, sen fugga 103. Un non inteso mormorio. Qual fia 104. Che a tante di beltade arme possenti 105. Schermo si opponga? Ecco la destra ignuda 106. Già la bella ti cede. Or via la strigni;
67. Sia quel che sia, tu inoltrati 68. Nelle stanze più interne: ecco precederti 69. Ad indicarti la stanza della toeletta 70. Lo scalpiccio dei tuoi piedi. 71. Il marito della dama ti incontra. In un attimo 72. Fugge la sua mano da quella accorta 73. Della tua dama e intanto le sue belle labbra 74. Ti fanno un sorriso. Ognuno arretra 75. Perché conosce i tuoi diritti e si conforta 76. Con la speranza di intrecciare un rapporto amoroso 77. E ti lascia il posto vuoto più vicino alla dama. 78. In simile modo, mentre tra le mura di un harem, 79. Bisanzio ed Ispahan guardano il fiore 80. Della fresca bellezza che il popolato Egeo 81. E l’Armeno, il Tartaro e il Circasso 82. Mandano per la gioia di uno solo, la ardente sposa 83. Entra a rallegrare il grave Musulmano. 84. Al suo andare maestoso si muovono, in ritmico ed armonico ondeggiare, 85. Le spalle ed il turbante avvolto di fasce 86. Su per la testa: con ciglia arcate 87. Egli volge intorno l’imperioso sguardo. 88. Ed ecco, quando arriva a lui si prostra umilmente 89. E ritrae il piede la folla vigile e curiosa 90. Degli eunuchi che lui –sorridendo dall’alto- disprezza. 91. Ora, o Signore, comanda che tutte a schiera 92. Vengano le tue grazie, così che alla dama 93. Quanto più elegante puoi tu ti mostri. 94. Tieni sul fianco la mano sinistra, 95. Sotto la giubba nascondi l’altra, 96. Che posi sul finissimo lino della camicia e all’altezza 97. Del cuore; alto si alzi il petto; 98. Sorgano entrambe le spalle; verso di lei 99. Il pieghevole collo scenda un po’ ai lati, 100. Facendo in modo che le labbra ristrette siano 101. Poco arrotondate da renderle appena sporgenti al centro; 102. E rimpicciolita questa forma, dalla bocca 103. Esca un bisbiglio incomprensibile. Quale schermo 104. Ci sarà che si opponga a tante armi potenti 105. Della bellezza? Ecco la mano destra nuda 106. Ora ti cede la bella. Ora stringila,
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107. E con soavi negligenze al labbro 108. Qual tua cosa l’appressa; e cader lascia 109. Sovra i tiepidi avorj un doppio bacio. 110. Siedi fra tanto; e d’una mano istrascica 111. Più a lei vicin la seggioletta. Ognaltro 112. Tacciasi; ma tu sol curvato alquanto 113. Seco susurra ignoti detti, a cui 114. Concordin vicendevoli sorrisi 115. E sfavillar di cupidette luci, 116. Che amor dimostri o che il somigli al meno 117. Ma rimembra o signor che troppo nuoce 118. In amoroso cor lunga e ostinata 119. Tranquillità. Nell’oceàno ancora 120. Perigliosa è la calma. Ahi quante volte 121. Dall’immobile prora il buon nocchiero 122. Invocò la tempesta; e sì crudele 123. Soccorso ancor gli fu negato; e giacque 124. Affamato assetato estenuato 125. Dal venenoso aere stagnante oppresso 126. Fra le inutili ciurme al suol languendo! 127. Dunque a te giovi de la scorsa notte 128. Ricordar le vicende; e con obliqui 129. Motti pugnerla alquanto, o se nel volto 130. Paga più che non suole accòr fu vista 131. Il novello straniero, e co’ bei labbri 132. Semiaperti aspettar quasi marina 133. Conca la soavissima rugiada 134. De’ novi accenti; o se cupida troppo 135. Col guardo accompagnò di loggia in loggia 136. L’almo alunno di Marte, idol vegliante 137. De’ femminili voti, a la cui chioma 138. Col lauro trionfal mille s’avvolgono 139. E mille frondi dell’Idalio mirto. 140. Colpevole o innocente allor la bella 141. Dama improvviso adombrerà la fronte 142. D’un nuvoletto di verace sdegno 143. O simulato, e la nevosa spalla 144. Scoterà un poco; e volgeransi al fine 145. Gli altri a bear le sue parole estreme. 146. Fors’anco rintuzzar di tue rampogne
107. E con dolci negligenze il labbro 108. Avvicinale come cosa tua e lascia cadere 109. Sopra la calda mano bianca un doppio bacio. 110. Intanto siedi e con una mano trascina 111. Più vicina a lei la seggiola. Tutti 112. Stiano zitti, ma tu solo, piegato verso la dama, 113. Sussurrale frasi che non sono udite dagli altri, alle quali 114. Corrispondano cordiali sorrisi 115. E luccichio di cupidi sguardi, 116. Che dimostrino l’amore, o che almeno lo fingano. 117. Ma ricorda, o Signore, che troppo nuoce 118. Agli innamorati la lunga ed ostinata 119. Tranquillità. Nell’Oceano 120. La calma è pericolosa. Ahi, quante volte 121. Dall’immobile prua il buon nocchiero 122. Invocò la tempesta e così crudelmente 123. Gli fu negato il soccorso e rimase 124. Così affamato, assetato esausto, 125. Oppresso dalle impure acque stagnanti 126. E tra le inutili ciurme poste sul ponte della nave! 127. Dunque a te giovi ricordare le vicende 128. Della scorsa notte; e con giri di parole 129. Provocarla un po’ e se nel viso fu vista 130. Accogliere uno straniero appena arrivato e con le labbra 131. Semiaperte aspettare 132. Come una conca marina 133. La dolcissima rugiada 134. Delle parole straniere, oppure se troppo desiderosa 135. Con lo sguardo accompagnò di loggia in loggia 136. Il seguace di Marte, idolo vegliante 137. Dei voti femminili, la cui chioma 138. È cinta, oltre che dagli allori dei trionfi militari, 139. Anche da mille piante di mirto, sacre a Venere idalia. 140. Sia innocente o colpevole, allora la bella 141. Dama all’improvviso assumerà in viso 142. Un aspetto sdegnoso, vero o simulato, 143. Scuoterà un po’ la candida spalla e infine 144. Gli altri si rivolgeranno 145. A beare le sue estreme parole. 146. Forse Lei sarà in grado di ribattere
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147. Saprà l’agrezza, e noverarti a punto 148. Le visite furtive a i cocchi a i tetti 149. E all’alte logge de le mogli illustri 150. Di ricchi popolari, a cui sovente 151. Scender per calle dal piacer segnato 152. La maestà di cavalier non teme. 153. Felice te, se mesta o disdegnosa 154. Tu la guidi a la mensa; o se tu puoi 155. Solo piegarla a tollerar de’ cibi 156. La nausea universal! Sorridan pure 157. A le vostre dolcissime querele 158. I convitati; e l’un l’altro percota 159. Col gomito maligno. Ahi non di meno 160. Come fremon lor alme! e quanta invidia 161. Ti portan te mirando unico scopo 162. Di si bell’ire! Al solo sposo è dato 163. In cor nodrir magnanima quiete, 164. Aprir nel volto ingenuo riso e tanto 165. Docil fidanza ne le innocue luci. 166. Oh tre fiate avventurosi e quattro 167. Voi del nostro buon secolo mariti 168. Quanto diversi da’ nostr’avi! Un tempo 169. Uscia d’averno con viperei crini, 170. Con torbid’occhi irrequieti, e fredde 171. Tenaci branche un indomabil mostro, 172. Che ansando e anelando intorno giva 173. A i nuziali letti, e tutto empiea 174. Di sospetto e di fremito e di sangue. 175. Allor gli antri domestici le selve 176. L’onde le rupi alto ulular s’udièno 177. Di femminili stridi. Allor le belle 178. Dame con mani incrocicchiate, e luci 179. Pavide al ciel tremando lagrimando 180. Tra la pompa feral de le lugubri 181. Sale vedean dal truce sposo offrirsi 182. Le tazze attossicate o i nudi stili. 183. Ahi pazza Italia, il tuo furor medesmo 184. Oltre l’alpe oltre il mar destò le risa 185. Presso a gli emuli tuoi, che di gelosa 186. Titol ti dièro; e t’è serbato ancora
147. Le tue aspre lagnanze con acidità e raccontarti a punto 148. Le tue visite segrete ai cocchi ed ai palazzi 149. E alle alte logge delle illustri mogli 150. Dei ricchi borghesi, ai cui appuntamenti il giovin Signore 151. Per quanto nobile non sdegna di piegarsi, 152. Perseguendo il proprio piacere. 153. Felice te se Lei, per quanto altera e disdegnosa, 154. Ti concede ancora il privilegio di accompagnarla a tavola; 155. Se puoi tu almeno indurla a sopportare 156. La nausea per ogni tipo di cibo! Sorridano anche 157. Gli invitati alle vostre dolcissime parole 158. E si percuotano l’un l’altro 159. Con il gomito maligno. Ahi, non di meno 160. Come fremono le loro anime! E quanta invidia ti portano 161. Vedendo te, unico scopo delle loro ire! 162. Solo al marito è concesso 163. Di mantenere una calma imperturbabile, 164. Di mostrare nel viso un sorriso ingenuo 165. E tanta docile fede negli occhi innocui. 166. Oh mariti del nostro buon secolo, 167. Tre e quattro volte avventurosi, come 168. Siete diversi dai vostri antenati! Un tempo 169. Usciva dall’averno con capelli di serpente, 170. Con occhi torbidi irrequieti e fredde branche, 171. Un mostro indomabile, che ansando 172. Ed anelando, andava intorno 173. Ai letti nuziali e tutto riempiva 174. Di sospetto, di violenza e di agitazione. 175. Allora le grotte domestiche, i boschi, 176. Le acque, le rupi si udivano ululare forte 177. Di strilla femminili. Allora le belle 178. Dame con le mani incrociate 179. E con gli occhi timorosi rivolti in alto, piangendo e tremando, 180. Nelle sale rese lugubri da sontuosi e tetri arredi, 181. Dal truce marito si vedevano offrire tazze 182. Contenenti veleno o pugnali sguainati. 183. Ahi, pazza Italia, il tuo stesso furore 184. Si coprì di ridicolo presso i tuoi emuli, 185. Che oltre le Alpi ed oltre il mare 186. Ti attribuirono l’appellativo di gelosa, che ti è ancora conservato 124
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187. Ingiustamente. Non di cieco amore 188. Vicendevol desire alterno impulso, 189. Non di costume simiglianza or guida 190. Giovani incauti al talamo bramato: 191. Ma la prudenza co i canuti padri 192. Siede librando il molto oro e i divini 193. Antiquissimi sangui: e allor che l’uno 194. Bene all’altro risponda, ecco Imenèo 195. Scoter sue faci; e unirsi al freddo sposo, 196. Di lui non già ma de le nozze amante 197. La freddissima vergine, che in core 198. Già i riti volge del bel mondo; e lieta 199. La indifferenza maritale affronta. 200. Cosi non fien de la crudel Megera 201. Più temuti gli sdegni. Oltre Pirene 202. Contenda or pur le desiate porte 203. A i gravi amanti; e di femminee risse 204. Turbi oriente. Italia oggi si ride 205. Di quello ond’era già derisa: tanto 206. Puote una sola età volger le menti. 207. Ma già rimbomba d’una in altra sala 208. Signore il nome tuo. Di già l’udiro 209. L’ime officine ove al volubil tatto 210. De gl’ingenui palati arduo s’appresta 211. Solletico che molle i nervi scota 212. E varia seco voluttà conduca 213. Fino al centro dell’alma. In bianche spoglie 214. Affrettansi a compir la nobil opra 215. Gravi ministri: e lor sue leggi detta 216. Una gran mente del paese uscita 217. Ove Colberto e Risceliù fur chiari. 218. Forse con tanta maestade in fronte 219. Presso a le navi ond’Ilio arse e cadèo 220. A gli ospiti famosi il grande Achille 221. Disegnava la cena: e seco in tanto 222. Le vivande cocean su i lenti fochi 223. Pàtroclo fido e il guidator di carri 224. Automedonte. O tu sagace mastro 225. Di lusinghe al palato, udrai fra poco 226. Sonar le lodi tue dall’alta mensa.
187. Ingiustamente. Non desiderio vicendevole 188. Di amore cieco, impulso alterno, 189. Non affinità di carattere adesso guida 190. I giovani incauti al letto nuziale: 191. Ma la prudenza degli anziani genitori persegue 192. Un’accorta politica matrimoniale, valutando 193. Attentamente la ricchezza e la nobiltà dei futuri sposi. 194. Ecco allora che quando uno risponde all’altra, ecco Imeneo 195. Agita la fiaccola in segno di approvazione e la sposa indifferente 196. Si unisce al freddo sposo, innamorata non di lui, ma della convenienza 197. Del matrimonio e la fredda donna, nel suo cuore, 198. Già pregusta le piacevoli consuetudini della vita di mondo ed affronta 199. Lieta con indifferenza la vita coniugale. 200. Così non siano della crudele Megera 201. Più temuti gli sdegni. Oltre i Pirenei, gli Spagnoli 202. Continuino ad avere la fama di gelosi 203. Per gli amanti e di risse femminili 204. Continui a turbarsi l’Oriente. 205. Oggi l’Italia se la ride di quello di cui era derisa, 206. Tanto può una sola epoca mutare i pensieri. 207. Ma già rimbomba da una sala all’altra, 208. Signore, il tuo nome. Subito l’udirono 209. Le cucine, dove al gusto mutevole 210. Degli ingenui palati si preparano cibi 211. Che stuzzicano in modo insieme delicato e raffinato 212. E trasmettono un piacere articolato 213. Fino nel profondo dell’anima. Vestiti di bianco, 214. Si affrettano a compiere la nobile opera 215. Valenti cuochi: ad essi detta le leggi 216. Un gran cuoco della Francia 217. Dove furono illustri Colbert e Richelieu. 218. Forse con altrettanta maestà in fronte, 219. Presso le navi greche dove Troia bruciò e cadde, 220. Il grande Achille disponeva la cena 221. Agli ospiti famosi: e con sé intanto 222. Cuocevano le vivande a fuoco lento 223. Il fedele Patroclo e l’auriga 224. Automedonte. O tu, abile artefice 225. Di piatti prelibati, udirai fra poco 226. Risuonare le tue lodi dall’alta mensa. 125
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227. Chi fia che ardisca di trovar mai fallo 228. Nel tuo lavoro? Il tuo signor fia tosto 229. Campion de le tue glorie: e male a quanti 230. Cercator di conviti oseran motto 231. Pronunciar contro a te; chè sul cocente 232. Meriggio andran peregrinando poi 233. Miseri e stanchi; e non avran cui piaccia 234. Più popolar de le lor bocche i pranzi. 235. Imbandita è la mensa. In piè d’un salto 236. Alzati e porgi almo garzon la mano 237. A la tua dama; e lei dolce cadente 238. Sopra di te col tuo valor sostieni, 239. E al pranzo l’accompagna. I convitati 240. Vengan dopo di voi: quindi lo sposo 241. Ultimo segua. O prole alta di numi, 242. Non vergognate di donar voi anco 243. Brevi al cibo momenti. A voi non vile 244. Cura fia questa. A quei soltanto è vile 245. Che il duro irrefrenabile bisogno 246. Stimola e caccia. All’impeto di quello 247. Cedan l’orso la tigre il falco il nibbio 248. L’orca il delfino e quanti altri animanti 249. Crescon qua giù: ma voi con rosee labbra 250. La sola voluttade al pasto appelli, 251. La sola voluttà che le celesti 252. Mense apparecchia, e al nèttare convita 253. I viventi per sè dei sempiterni. 254. Vero forse non è; ma un giorno è fama 255. Che fur gli uomini eguali: e ignoti nomi 256. Fur nobili e plebei. Al cibo al bere 257. All’accoppiarse d’ambo i sessi al sonno 258. Uno istinto medesmo un’egual forza 259. Sospingeva gli umani: e niun consiglio 260. Nulla scelta d’obbietti o lochi o tempi 261. Era lor conceduto. A un rivo stesso 262. A un medesimo frutto a una stess’ombra 263. Convenivano insieme i primi padri 264. Del tuo sangue o signore e i primi padri 265. De la plebe spregiata: e gli stess’antri 266. E il medesimo suol porgeano loro
227. Chi oserà mai trovare errori 228. Nel tuo lavoro? Il tuo signore sarà presto 229. Il sostenitore delle tue glorie: e peggio per tutti 230. I cercatori di conviti, che oseranno parlare 231. Negativamente di te; perché nel caldissimo 232. Pomeriggio andranno poi camminando 233. Miseri e stanchi, e non troveranno signori 234. Disposti ad invitarli ai propri pranzi. 235. La mensa è imbandita. Con un salto 236. Alzati in piedi e porgi, nobile garzone, la mano 237. Alla tua dama; e sostieni con la tua forza 238. Lei, abbandonata sopra di te, 239. Ed accompagnala al pranzo. Dopo di voi vengono 240. I convitati: quindi lo sposo 241. Segue per ultimo. Oh grande stirpe dei numi, 242. Non vergognatevi anche voi di dedicare 243. Brevi momenti al cibo! Non sarà per voi questa 244. Un’occupazione volgare. È volgare solo per chi 245. Stimola e placa il duro ed irrefrenabile bisogno. 246. Sotto l’impulso di quello 247. Cedono l’orso, la tigre, il falco, il nibbio, 248. L’orca, il delfino e tanti altri animali 249. Che vivono quaggiù sulla Terra: ma voi, con delicate labbra, 250. Siete indotti a mangiare per il solo piacere, 251. La sola voluttà che apparecchia 252. Le mense celesti, e invita a gustare il nettare 253. I viventi che si considerano simili agli dei. 254. Forse non è vero, ma un giorno è fama 255. Che gli uomini fossero tutti uguali e i nomi 256. Nobiltà e Plebe fossero ignoti. Uno stesso istinto, 257. Una forza uguale spingeva gli uomini 258. Al mangiare, al bere, all’accoppiarsi di entrambi i sessi 259. E al dormire: e nessun proposito, 260. Nessuna facoltà di scelta degli obiettivi o dei luoghi o dei tempi 261. A loro era concesso. I progenitori del tuo sangue, 262. O Signore, e i progenitori 263. Della plebe disprezzata convenivano 264. Ad una stessa fonte, ad uno stesso frutto 265. E ad una stessa ombra: e gli stessi ripari 266. E lo stesso suolo davano a loro 126
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267. Il riposo e l’albergo, e a le lor membra 268. I medesmi animai le irsute vesti. 269. Sola una cura a tutti era comune 270. Di sfuggire il dolore: e ignota cosa 271. Era il desire a gli uman petti ancora. 272. L’uniforme de gli uomini sembianza 273. Spiacque a’ celesti: e a variar lor sorte 274. Il Piacer fu spedito. Ecco il bel Genio, 275. Qual già d’Ilio su i campi Iride o Giuno 276. A la terra s’appressa: e questa ride 277. Di riso ancor non conosciuto. Ei move 278. E l’aura estiva del cadente rivo 279. E dei divi odorosi a lui blandisce 280. Le vaghe membra; e lenemente sdrucciola 281. Sul tondeggiar de’ muscoli gentile. 282. A lui giran dintorno i vezzi e i giochi; 283. E come ambrosia le lusinghe scorrono 284. Da le fraghe del labbro; e da le luci 285. Socchiuse languidette umide fuora 286. Di tremulo fulgore escon scintille, 287. Ond’arde l’aere che scendendo ei varca. 288. Al fin sul dorso tuo sentisti o terra 289. Sua prima orma stamparsi: e tosto un lento 290. Fremere soavissimo si sparse 291. Di cosa in cosa; e ognor crescendo tutte 292. Di natura le viscere commosse: 293. Come nell’arsa state il tuono s’ode, 294. Che di lontano mormorando viene, 295. E col profondo suon di monte in monte 296. Sorge; e la valle e la foresta intorno 297. Mugon di smisurato alto rimbombo. 298. Oh beati fra gli altri e cari al cielo 299. Viventi a cui con miglior man Titàno 300. Formò gli organi egregi, e meglio tese 301. E di fluido agilissimo inondolli! 302. Voi l’ignoto solletico sentiste 303. Del celeste motore. In voi ben tosto 304. La voglia s’infiammò, nacque il desio: 305. Voi primieri scopriste il buono il meglio 306. Voi con foga dolcissima correste
267. Riposo e dimora e i medesimi animali 268. Porgevano alle loro membra le pellicce. 269. Solo una preoccupazione era comune a tutti, 270. Quella di sfuggire il dolore: e il desiderio era ancora 271. Cosa ignota ai cuori degli uomini. 272. L’uguale aspetto degli uomini 273. Non piacque agli dei: ed il Piacere fu mandato 274. A cambiare la loro sorte. Ecco il bel Genio, 275. Così come Iride o Giunone, durante la guerra di Troia 276. Scendevano sui campi di battaglia, 277. Si avvicina alla Terra e questa ride 278. Di una felicità non ancora conosciuta. Egli procede 279. E l’aria estiva del fiume che scorre a valle 280. E dei clivi odorosi, gli accarezza 281. Le membra delicate; e lentamente scorre 282. Sui muscoli delicatamente arrotondati. 283. Girano attorno a lui le moine e i giochi; 284. E come l’ambrosia escono dalle labbra rosse come fragole 285. Parole lusinghevoli; e dagli occhi socchiusi 286. Brillanti e umidi fuori, escono scintille di debole fulgore, 287. Ove arde l’aria, che scendendo la attraversa. 288. O Terra, alla fine tu sentisti sul suolo 289. Stamparsi una sua prima orma: e subito un lento 290. E assai soave fremere si sparse 291. Di monte in monte; e crescendo ogni ora 292. Agitò tutte le viscere della Natura, 293. Come nella calda estate si sente il tuono, 294. Che viene da lontano rumoreggiando, 295. E con il profondo suono si innalza di monte 296. In monte; e intorno la valle e la foresta 297. Echeggiano di uno smisurato ed alto rimbombo. 298. Oh beati i viventi in mezzo a tutti gli altri cari al cielo, 299. Ai quali Prometeo con maggior perizia 300. Formò e meglio dispose gli organi illustri 301. E li pervase con un fluido estremamente mobile! 302. Voi sentiste la sollecitazione, mai prima percepita 303. Del Piacere. In voi si creò subito 304. La voglia e nacque il desiderio: 305. Voi per primi scopriste il buono e il meglio, 306. Voi con dolcissimo impeto correste 127
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307. A possederli. Allor quel de i duo sessi, 308. Che necessario in prima era soltanto, 309. D’amabile e di bello il nome ottenne. 310. Al giudizio di Paride fu dato 311. Il primo esempio: tra femminei volti 312. A distinguer s’apprese: e fur sentite 313. Primamente le grazie. Allor tra mille 314. Sapor fur noti i più soavi. Allora 315. Fu il vin preposto all’onda; e il vin si elesse 316. Figlio de’ tralci più riarsi, e posti 317. A più fervido sol ne’ più sublimi 318. Colli dove più zolfo il suolo impingua. 319. Cosi l’uom si divise: e fu il signore 320. Da i mortali distinto, a cui nel seno 321. Giacquero ancor l’èbeti fibre, inette 322. A rimbalzar sotto a i soavi colpi 323. De la nova cagione onde fur tocche; 324. E quasi bovi al suol curvati ancora 325. Dinanzi al pungol del bisogno andàro; 326. E tra la servitude e la viltade 327. E il travaglio e l’inopia a viver nati 328. Ebber nome di plebe. Or tu garzone 329. Che per mille feltrato invitte reni 330. Sangue racchiudi, poi che in altra etade 331. Arte forza o fortuna i padri tuoi 332. Grandi rendette; poi che il tempo al fine 333. Lor divisi tesori in te raccolse, 334. Godi de gli ozj tuoi a te da i numi 335. Concessa parte: e l’umil vulgo in tanto 336. Dell’industria donato a te ministri 337. Ora i piaceri tuoi, nato a recarli 338. Su la mensa regal, non a gioirne. 339. Ecco splende il gran desco. In mille forme 340. E di mille sapor di color mille 341. La variata eredità de gli avi 342. Scherza in nobil di vasi ordin disposta. 343. Già la dama s’appressa: e già da i servi 344. Il morbido per lei seggio s’adatta. 345. Tu signor di tua mano all’agil fianco 346. Il sottopon si che lontana troppo
307. A possederli. Allora il sesso femminile, 308. Da prima necessario solo per la riproduzione, 309. Ottenne le caratteristiche di amabile e di bello. 310. Il giudizio di Paride 311. Fu il primo esempio: si imparò a distinguere i volti 312. Femminili in base alla loro bellezza e voi percepiste 313. Per primi le Grazie. Allora tra mille sapori 314. Foste in grado di riconoscere i più delicati. Allora 315. Il vino fu preferito all’acqua; e si scelse come vino 316. Migliore quello prodotto dalle viti coltivate nei terreni più secchi, 317. Esposti al sole più forte e sui colli più alti 318. Dove la terra è più ricca di zolfo e li rende fertili. 319. Così l’uomo si divise e il Signore 320. Fu distinto dai mortali, le cui ottuse fibre nervose 321. Rimasero troppo inerti ed insensibili nel seno, incapaci 322. Di reagire ai delicati stimoli del Piacere, 323. Della nuova causa da cui furono toccate, 324. E quasi come buoi ancora curvati al suolo 325. Andarono incontro allo stimolo del bisogno; 326. Destinati a vivere tra la servitù e la miseria 327. E, tra l’affanno e la povertà, 328. Presero il nome di plebe. Ora tu, garzone, 329. Che sei di sangue nobile, discendente dalle illustri reni 330. Dei tuoi progenitori, dal momento che in epoche passate 331. Astuzia, forza o fortuna rendette grandi 332. I tuoi padri, poiché col tempo alla fine 333. Hai ereditato le loro ricchezze diverse, 334. Rallegrati della tua sensibilità, che è quella parte 335. Che ti hanno concessa i numi: e intanto l’umile volgo, 336. Avendo ricevuto in dono la laboriosità, somministri a te 337. Ora i tuoi piaceri, lui, nato per portarli 338. Sulla mensa signorile, non per gioirne! 339. Ecco, splende la grande tavola. In mille forme 340. Di mille sapori e colori 341. Scherza la varia eredità degli antenati, 342. Disposta in mille ordini. 343. Già la dama si avvicina: e subito i servi 344. Dispongono per lei una morbida sedia. 345. Tu, giovin Signore, le sottoponi la tua mano 346. Al fianco flessuoso, così che ella, troppo lontana dal tavolo 128
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347. Ella non sieda o da vicin col petto 348. Ahi di troppo non prema: indi un bel salto 349. Spicca, e chino raccogli a lei del lembo 350. Il diffuso volume: e al fin t’assidi 351. Prossimo a lei. A cavalier gentile 352. Il lato abbandonar de la sua dama 353. Non fia lecito mai; se già non sorge 354. Strana cagione a meritar ch’ei tolga 355. Tanta licenza. Un nume ebber gli antiqui 356. Immobil sempre, che al medesmo padre 357. De gli dei non cedette allor ch’ei scese 358. Il Campidoglio ad abitar, sebbene 359. E Giuno e Febo e Venere e Gradivo 360. E tutti gli altri dei da le lor sedi 361. Per riverenza del tonante usciro. 362. Indistinto ad ognaltro il loco sia 363. All’alta mensa intorno: e, s’alcun arde 364. Ambizioso di brillar fra gli altri, 365. Brilli altramente. Oh come i varj ingegni 366. La libertà del genial convito 367. Desta ed infiamma! Ivi il gentil motteggio, 368. Malizioso svolazzando reca 369. Sopra le penne fuggitive ed agita 370. Ora i raccolti da la fama errori 371. De le belle lontane, or de gli amanti 372. Or de’ mariti i semplici costumi; 373. E gode di mirar l’intento sposo 374. Rider primiero, e di crucciar con lievi 375. Minacce in cor de la sua fida sposa 376. I timidi segreti. Ivi abbracciata 377. Co’ festivi racconti esulta e scherza 378. L’elegante licenza. Or nuda appare 379. Come le Grazie; or con leggiadro velo 380. Solletica più scaltra; e pur fatica 381. Di richiamar de le matrone al volto 382. Quella rosa natia che caro fregio 383. Fu dell’avole nostre; ed or ne’ campi 384. Cresce solinga; e tra i selvaggi scherzi 385. A le rozze villane il viso adorna. 386. Forse a la bella di sua man le dapi
347. Non si sieda, o così che ella troppo vicina al tavolo 348. Non comprima, ahi, troppo col petto: quindi spicca 349. Un bel salto e abbassati a raccoglierle l’ampio 350. Strascico della veste: e alla fine siediti 351. Accanto a lei. A un cavaliere gentile 352. Non sarà mai lecito abbandonare 353. Il fianco della sua dama; a meno che non sorga 354. Un motivo eccezionale a giustificare 355. Una deroga. Gli antichi ebbero un nume 356. Che rimase sempre al proprio posto, che allo stesso padre 357. Degli dei non cedette, quando andò 358. Ad abitare nel Campidoglio, sebbene 359. Giunone, Apollo, Venere, Marte 360. E tutti gli altri dei abbandonassero i loro templi, 361. In segno di riverenza verso Giove. 362. Tutti gli altri abbiano un posto qualunque 363. Presso la nobile tavola: e se qualcuno brama 364. Ambizioso di brillare fra gli altri, 365. Brilli per un motivo diverso. Oh come la libertà 366. Del lieto banchetto ravviva ed infiamma 367. I vari ingegni! Oh i gentili motti 368. Maliziosi volano qua e là, 369. Sopra le penne rapide e diffondono 370. Ora le voci sulle avventure 371. Delle dame non presenti, ora le sciocchezze 372. Degli amanti e dei mariti; 373. E gode nel mirare ridere per primo 374. L’intento sposo e gode 375. di creare imbarazzo alla dama con sottili 376. Allusioni ai suoi segreti amorosi. 377. Lì la raffinata licenziosità esulta e scherza insieme 378. Agli allegri racconti. Ora si presenta nuda 379. Come le Grazie; ora più astuta stuzzica 380. Con un magnifico velo; e cerca con fatica 381. Di provocare il rossore delle nobildonne, 382. Ciò che un tempo andava ad onore 383. Delle antenate; ed ora nei campi 384. Cresce solitario; e tra le battute salaci 385. Orna il viso delle rozze villane. 386. Forse alla sua dama le piacerà 129
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387. Piacerà ministrar, che novi al senso 388. Gusti otterran da lei. Tu dunque il ferro, 389. Che forbito ti giace al destro lato, 390. Quasi spada sollecito snudando, 391. Fa che in alto lampeggi; e chino a lei 392. Magnanimo lo cedi. Or si vedranno 393. De la candida mano all’opra intenta 394. I muscoli giocar soavi e molli: 395. E le grazie piegandosi con essa 396. Vestiran nuove forme, or da le dita 397. Fuggevoli scorrendo, ora su l’alto 398. De’ bei nodi insensibili aleggiando, 399. Ed or de le pozzette in sen cadendo 400. Che de’ nodi al confin v’impresse Amore. 401. Mille baci di freno impazienti 402. Ecco sorgon dal labbro a i convitati: 403. Già s’arrischian già volano già un guardo 404. Sfugge da gli occhi tuoi, che i vanni audaci 405. Fulmina ed arde e tue ragion difende. 406. Sol de la fida sposa a cui se’ caro 407. Il tranquillo marito immoto siede: 408. E nulla impression l’agita o move 409. Di brama o di timor; però che Imene 410. Da capo a piè fatollo. Imene or porta 411. Non più serti di rose al crine avvolti; 412. Ma stupido papavero grondante 413. Di crassa onda letèa, che solo insegna 414. Pur dianzi era del Sonno. Ahi quante volte 415. La dama delicata invoca il Sonno 416. Che al talamo presieda; e seco in vece 417. Trova Imenèo; e timida s’arretra 418. Quasi al meriggio stanca villanella, 419. Che fra l’erbe innocenti adagia il fianco 420. Lieta e secura; e di repente vede 421. Un serpe, e balza in piedi inorridita, 422. E le rigide man stende, e ritragge 423. Il cubito, e l’anelito sospende, 424. E immota e muta e con le labbra aperte 425. Il guarda obliquamente. Ahi quante volte 426. Incauto amante a la sua lunga pena
387. Servire le vivande, alle quali lei conferirà 388. Nuovi valori. Tu, dunque, fa’ che il coltello, 389. Che lucente giace al tuo fianco destro, 390. Quasi sguainando premuroso la spada, 391. In alto scintilli; e inchinato a lei 392. Magnanimo offrilo! Ora si vedranno 393. Dalla mano candida della dama intenta all’opera 394. I muscoli giocare soavi e morbidi: 395. E le grazie piegandosi con essa 396. Si manifesteranno in nuove forme, ora scorrendo 397. Dalle rapide dita, ora soffermandosi sulle giunture 398. Impercettibili della mano, 399. Ed ora scendendo nelle fossette 400. Che Amore dispose vicino alle giunture. 401. Ecco, nascono dal labbro mille baci 402. Che non sopportano alcun freno ai convitati: 403. Già si avventurano, già volano, già sfugge 404. Dagli occhi tuoi uno sguardo, che fulmina e brucia 405. Sul nascere le ali temerarie di quei baci e difende i tuoi diritti. 406. Soltanto il marito della fedelissima sposa, alla quale tu sei caro, 407. Siede placido e privo di ogni movimento, 408. E nessun sentimento lo scuote, 409. Né desiderio di baci, né timore di gelosia, perché Imene 410. Lo rese invulnerabile, da capo a piedi, immergendolo nell’indifferenza. 411. Imene ora non ha più ghirlande di rose intorno ai capelli, 412. Ma è cinto dal papavero che provoca sonnolenza e da cui stilla 413. La viscida e densa acqua del fiume Lete; è cinto di quel papavero 414. Che prima era il segno distintivo del dio del sonno. Quante volte
415. La sposa delicata invoca il sonno, affinchè scenda 416. Nel letto matrimoniale per far addormentare il marito e invece 417. Deve far fronte ai suoi desideri e timidamente si allontana , 418. Simile ad una stanca contadina che, nel caldo pomeriggio, 419. Si adagia, appagata e tranquilla, fra l’erba innocua 420. Ed improvvisamente scorge 421. Un serpente e balza in piedi, piena di orrore e di ripugnanza 422. E protende le mani irrigidite dalla paura per difendersi e solleva 423. Il gomito e trattiene il respiro E immobile, senza proferire parola, 424. Con le labbra aperte, per la sorpresa e l’orrore, 425. Lo guarda di traverso. Quante volte 130
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426. Lo sconsiderato amante cercò sollievo nel matrimonio
466. Che forse avranno altra cagione, e ch’ella
427. Cercò sollievo; e d’invocar credendo 428. Imène, ahi folle! invocò il Sonno: e questi 429. Di fredda oblivion l’alma gli asperse; 430. E d’invincibil noia e di torpente 431. Indifferenza gli ricinse il core. 432. Ma se a la dama dispensar non piace 433. Le vivande o non giova, allor tu stesso 434. La bell’opra intraprendi. A gli occhi altrui 435. Più così smaglierà l’enorme gemma, 436. Dolc’esca a gli usurai che quella osàro 437. A le promesse di signor preporre 438. Villanamente; e contemplati fièno 439. I manichetti, la più nobil opra 440. Che tessesser giammai angliche Aracni. 441. Invidieran tua delicata mano 442. I convitati; inarcheran le ciglia 443. Al difficil lavoro: e d’oggi in poi 444. Ti fia ceduto il trinciator coltello 445. Che al cadetto guerrier serban le mense. 446. Sia tua cura fra tanto errar su i cibi 447. Con sollecita occhiata, e prontamente 448. Scoprir qual d’essi a la tua bella è caro; 449. E qual di raro augel, di stranio pesce 450. Parte le aggrada. Il tuo coltello Amore 451. Anatomico renda, Amor che tutte 452. De gli animanti annoverar le membra 453. Puote, e discerner sa qual aggian tutte 454. Uso e natura. Più d’ognaltra cosa 455. Però ti caglia rammentar mai sempre 456. Qual più cibo le noccia o qual più giovi; 457. E l’un rapisci a lei, l’altro concedi 458. Come d’uopo a te pare. Oh dio, la serba 459. Serbala a i cari figli. Essi, dal giorno 460. Che le alleviàro il delicato fianco 461. Non la rivider più: d’ignobil petto 462. Esaurirono i vasi: e la ricolma 463. Nitidezza lasciàro al sen materno. 464. Sgridala, se a te par ch’avida troppo 465. Al cibo agogni; e le ricorda i mali,
427. Alle pene d’amore e, credendo di invocare 428. Imene, il folle invocò il Sonno e costui 429. Gli spruzzò l’anima con l’acqua del Lete 430. E gli avvolse il cuore 431. Di una noia insopprimibile e di una 432. Indifferenza che rende torpidi. 433. Ma se alla sposa non piace servire 434. Il cibo o non le si confà, allora tu stesso 435. Occupati di questo piacevole compito. Così agli occhi della gente 436. Brillerà maggiormente l’enorme pietra preziosa dell’anello, 437. Oggetto ambito degli usurai che, con grande volgarità, osarono 438. Pretenderlo in pegno, non giovandosi 439. Delle promesse di un nobile; e saranno ammirati 440. I polsini ricamati, il lavoro più elegante 441. Che avessero mai tessuto le ricamatrici inglesi. 442. Gli invitati proveranno invidia per la tua mano delicata 443. Inarcheranno le sopracciglia stupiti, 444. Vedendoti intento ad un compito così difficile come trinciare le carni, 445. E da oggi in poi ti sarà dato il coltello atto a tale operazione, 446. Che viene solitamente affidata ai cadetti. 447. Abbi cura, in mezzo a tanta abbondanza di cibi, 448. Con una pronta occhiata, 449. Di sapere quale tra questi è il più gradito alla tua amata; 450. E quale parte, di un particolare uccello o di un pesce, 451. Le piaccia maggiormente. L’Amore faccia sì che il tuo coltello 452. Sia capace di dividere con precisione le varie parti… quell’Amore 453. Che è in grado di conoscere tutte le membra degli animali 454. e sa discernere il loro uso e la loro natura. Soprattutto, 455. Però, ti sia utile ricordare sempre 456. Qual è il cibo che le possa arrecare più danno o quale, invece, le possa 457. Essere di giovamento: il primo sottrailo a lei, il secondo offriglielo 458. A tuo piacimento. Oh Dio, conservala, 459. Conservala agli amati figli. Questi dal giorno 460. Che le alleviarono il peso del grembo 461. Non la rividero più: vennero allattati 462. Da un seno plebeo, mentre conservarono intatto 463. Il florido candore del seno materno. 464. Sgridala, se ti sembra che desideri troppo avidamente 465. Il cibo e ricordale i malesseri 131
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466. Che forse avranno un’altra origine, ma che ella
506. A lui primo concede. Oh lui beato
467. Al cibo imputerà nel dì venturo. 468. Nè al cucinier perdona, a cui non calse 469. Tanta salute. A te ne’ servi altrui 470. Ragion fu data in quel beato istante 471. Che la noia e l’amore ambo vi strinse 472. In dolce nodo; e pose ordini e leggi. 473. Per te sgravato d’odioso incarco 474. Ti fia grato colui che dritto vanta 475. D’impor novo cognome a la tua dama; 476. E pinte strascinar su gli aurei cocchi 477. Giunte a quelle di lei le proprie insegne: 478. Dritto sacro a lui sol, ch’altri giammai 479. Audace non tentò divider seco. 480. Vedi come col guardo a te fa cenno 481. Pago ridendo, e a le tue leggi applaude; 482. Mentre l’alta forcina in tanto ei volge 483. Di gradite vivande al piatto ancora. 484. Non però sempre a la tua bella intorno 485. Sudin gli studj tuoi. Anco tal volta 486. Fia lecito goder brevi riposi; 487. E de la quercia trionfale all’ombra, 488. Te de la polve olimpica tergendo, 489. Al vario ragionar de gli altri eroi 490. Porgere orecchio; e il tuo sermone a i loro 491. Frammischiar ozioso. Uno già scote 492. Le architettate del bel crine anella 493. Su la guancia ondeggianti; e ad ogni scossa 494. De’ convitati a le narici manda 495. Vezzoso nembo d’Arabi profumi. 496. A lo spirto di lui l’alma natura 497. Fu prodiga cosi che più non seppe 498. Di che il volto abbellirgli; e all’arte disse: 499. Tu compi il mio lavoro: e l’arte suda 500. Sollecita dintorno all’opra illustre. 501. Molli tinture preziose linfe 502. Polvi pastiglie delicati unguenti 503. Tutto arrischia per lui. Quanto di novo 504. E mostruoso più sa tesser spola 505. O bulino intagliar gallico ed anglo
467. Il giorno dopo attribuirà a ciò che ha mangiato. 468. E non perdonare il cuoco che non ebbe a cuore 469. La sua salute. A te fu concessa l’autorità 470. Sui servi altrui, in quel felice momento 471. In cui la noia e l’amarezza vi legarono entrambi 472. In una dolce unione e stabilirono le regole della condotta reciproca. 473. Liberato, grazie a te, dalla fastidiosa incombenza di dover seguire 474. La salute della dama, ti sarà grato colui che vanta il diritto 475. Di imporre un nuovo cognome alla tua dama 476. E di trascinare sui cocchi d’oro i propri stemmi variopinti, 477. Appaiati a quelli di lei: 478. Sacro diritto riservato solo a lui, che nessun altro 479. Tentò audacemente di sottrargli. 480. Vedi come ti fa cenno con lo sguardo, 481. Ridendo appagato ed approva le tue norme; 482. Mentre egli porta ancora la grande forchetta 483. Al piatto colmo di cibo gradito. 484. Però fa’ che le tue premure non sempre 485. Si profondano intorno alla tua amata. Talvolta 486. Sarà anche consentito godere di brevi riposi; 487. E, stando all’ombra della corona di foglie di quercia, 488. Ripulendoti dalla polvere dello stadio di Olimpia, 489. Ti sia consentito ascoltare i diversi ragionamenti 490. Degli altri eroi e mescolare oziosamente 491. Le tue parole elle loro. Uno di loro già agita 492. I riccioli, ordinati elegantemente, dei bei capelli 493. Che ondeggiano sulla guancia e, ad ogni movimento, 494. Arriva alle narici dei convitati 495. Una leggiadra fragranza di profumi arabi. 496. La benefica Natura fu così generosa 497. Nei suoi confronti, da non saper più 498. Di che cos’altro ancora abbellirgli il volto e disse all’arte: 499. << Tu completa la mia opera>> e l’arte si affanna 500. Senza indugio intorno all’eccellente capolavoro. 501. Sperimenta a suo vantaggio ogni cosa: 502. Morbide tinture, acque pregiate, 503. Polveri, pastiglie, unguenti delicati. A lui, per primo, elargisce 504. Quanto di nuovo e di più straordinario sa tenere la spola, 132
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505. O intagliare il bulino francese ed inglese 506. A lui concede per primo. Oh, felice lui,
545. O a gli uomini scettrati; ed or ne scende 546. Vago al fin d’agitar gli austeri fregi
507. Che primo ancor di non più viste forme 508. Tabacchiera mostrò. L’etica invidia 509. I grandi eguali a lui lacera e mangia; 510. Ed ei pago di sè, superbamente 511. Crudo, fa loro balenar su gli occhi 512. L’ultima gloria onde Parigi ornollo. 513. Forse altera cosi d’Egitto in faccia 514. Vaga prole di Sèmele apparisti 515. I giocondi rubini alto levando 516. Del grappolo primiero: e tal tu forse 517. Tessalico garzon mostrasti a Jolco 518. L’auree lane rapite al fero drago. 519. Or vedi or vedi qual magnanim’ira 520. Nell’eroe che dell’altro a canto siede 521. A sì novo spettacolo si desta! 522. Vedi quanto ei s’affanna; e il pasto sembra 523. Obliar declamando! Al certo al certo 524. Il nemico è a le porte. Oimè i Penati 525. Tremano e in forse è la civil salute! 526. Ma no; più grave a lui più preziosa 527. Cura lo infiamma. Oh depravato ingegno 528. De gli artefici nostri! In van si spera 529. Da la inerte lor man lavoro egregio 530. Felice invenzion d’uom nobil degna. 531. Chi sa intrecciar chi sa pulir fermaglio 532. A patrizio calzar; chi tesser drappo 533. Soffribil tanto che d’ornar presuma 534. I membri di signor che un lustro a pena 535. Conti di feudo? In van s’adopra e stanca 536. Chi la lor mente sonnolenta e crassa 537. Cerca destar: di là dall’Alpi è d’uopo 538. Appellar l’eleganza: e chi giammai 539. Fuor che il genio di Francia osato avria 540. Su i menomi lavori i grechi ornati 541. Condur felicemente? Andò romito 542. Il bongusto finora spaziando 543. Per le auguste cornici e per gli eccelsi 544. Timpani de le moli a i numi sacre
507. Che per primo esibì una tabacchiera 508. Di forma assai originale. L’invidia, che permea la società 509. Dilania e divora gli uomini appartenenti al suo nobile ceto; 510. Ed egli, soddisfatto di sé, superbamente 511. Spietato fa loro balenare davanti agli occhi 512. L’ultimo ornamento di cui Parigi lo abbellì. 513. Forse così altera al cospetto dell’Egitto 514. Sei apparsa tu, graziosa discendenza di Sèmele, 515. Sollevando i bei chicchi rossi 516. Del primo grappolo, o forse tu, 517. Simile al giovinetto tessalo Giasone, hai mostrato a Jolco 518. I drappi d’oro, strappati al drago feroce. 519. Ora vedi, quale immensa ira 520. A un così singolare spettacolo si risveglia 521. Nell’eroe che siede accanto all’altro! 522. Vedi quanto egli si affanna e sembra dimenticare 523. Il cibo, mentre è intento a declamare! Certamente 524. Il nemico è alle porte. Ohimè, i Penati 525. Tremano e la salvezza dei cittadini è in pericolo! 526. Ma no; egli è infiammato da una preoccupazione 527. Più pesante e più importante. Oh, mente depravata 528. Dei nostri artisti! Si spera invano 529. Che esca dalle loro mani inoperose un lavoro eccellente, 530. Invenzione felice, degna di un uomo nobile. 531. Chi sa intrecciare, chi sa pulire il fermaglio 532. Delle scarpe dei nobili? Chi sa tenere una veste 533. Tanto sopportabile da credere di adornare 534. Le membra di un signore che possiede il feudo 535. Da appena cinque anni? Si mette all’opera e si stanca invano 536. Colui che cerca di risvegliare la loro madre 537. Sonnolenta e grossolana: è necessario ricercare l’eleganza 538. Al di là delle Alpi; e chi mai, 539. Eccetto il genio dei Francesi, avrebbe osato 540. Eseguire in modo perfetto gli ornamenti greci 541. Sulle miniature? Il Buon gusto, muovendosi finora liberamente, 542. Sui maestosi cornicioni e sui frontoni 543. Dei templi, sacri agli dei, 544. E delle regge, dimore dei re, 133
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545. Vagò solitario; ed ora ne discende 546. Desideroso di vivacizzare gli ornamenti severi
585. Sibari un dì gridar soleva; e i lumi 586. Disdegnando volgea da i frutti aviti
547. Entro a le man di cavalieri e dame. 548. Ben tosto si vedrà strascinar anco 549. Fra i nuziali doni e i lievi veli 550. Le greche travi: e docile trastullo 551. Fien de la moda le colonne e gli archi 552. Ove sedeano i secoli canuti. 553. “Commercio” alto gridar, gridar “commercio” 554. All’altro lato de la mensa or odi 555. Con fanatica voce: e tra il fragore 556. D’un peregrino d’eloquenza fiume 557. Di bella novità stampate al conio 558. Le forme apprendi, onde assai meglio poi 559. Brillantati i pensier picchin lo spirto. 560. Tu pur grida “commercio”: e un motto ancora 561. La tua bella ne dica. Empiono è vero 562. Il nostro suol di Cerere i favori, 563. Che per folti di biade immensi campi 564. Ergesi altera; e pur ne mostra a pena 565. Tra le spighe confuso il crin dorato. 566. Bacco e Vertunno i lieti poggi e il monte 567. Ne coronan di poma: e Pale amica 568. Latte ne preme a larga mano; e tonde 569. Candidi velli; e per li prati pasce 570. Mille al palato uman vittime sacre. 571. Sorge fecondo il lin soave cura 572. De’ verni rusticali: e d’infinita 573. Serie ne cinge le campagne il tanto 574. Per la morte di Tisbe arbor famoso. 575. Che vale or ciò? Su le natie lor balze 576. Rodan le capre; ruminando il bue 577. Per li prati natii vada; e la plebe 578. Non dissimile a lor si nudra e vesta 579. De le fatiche sue: ma a le grand’alme 580. Di troppo agevol ben schife Cillenio 581. Il comodo ministri, a cui le miglia 582. Pregio acquistino e l’oro: e d’ogn’intorno 583. “Commercio” risonar s’oda “commercio”. 584. Tale da i letti de la molle rosa
547. Nelle mani di cavalieri e dame. 548. Ben presto si vedranno trascinare, 549. Fra i doni nuziali e i veli leggeri, 550. Anche le travi greche; e le colonne egli archi, 551. Dove riposavano i secoli passati, 552. Saranno un docile divertimento della moda. 553. Ora senti gridare, con accenti pieni di esaltazione, 554. All’altro capo della tavola: 555. <
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585. Dai letti fatti di delicati petali di rosa, 586. E piena di disprezzo, distoglieva lo sguardo dai prodotti della terra
625. Làmsaco d’asinelli offrir solea 626. Vittima degna, al giovane seguace
587. Troppo per lei ignobil cura; e mentre 588. Cartagin dura a le fatiche e Tiro 589. Pericolando per l’immenso sale 590. Con l’oro altrui le voluttà cambiava, 591. Sibari si volgea su l’altro lato; 592. E non premute ancor rose cercando 593. Pur di commercio novellava e d’arti. 594. Ma chi è quell’eroe che tanta parte 595. Colà ingombra di loco; e mangia e fiuta 596. E guata; e de le altrui fole ridendo 597. Sì superba di ventre agita mole? 598. Oh di mente acutissima dotate 599. Mamme del suo palato! Oh da’ mortali 600. Invidiabil anima che siede 601. Fra l’ammiranda lor testura, e quindi 602. L’ultimo del piacer deliquio sugge! 603. Chi più acuto di lui penètra e intende 604. La natura migliore? O chi più industre 605. Converte a suo piacer l’aria la terra 606. E il ferace di mostri ondoso abisso? 607. Qualora ei viene al desco altrui paventano 608. Suo gusto inesorabile le smilze 609. Ombre de gli avi, che per l’aria lievi 610. Aggiransi vegliando ancor dintorno 611. A i ceduti tesori; e piangon lasse 612. Le mal spese vigilie, i sobrj pasti, 613. Le in preda all’aquilon case, le antique 614. Digiune rozze, gli scommessi cocchi 615. Forte assordanti per stridente ferro 616. Le piazze e i tetti: e lamentando vanno 617. Gl’invan nudati rustici, le fami 618. Mal desiate, e de le sacre toghe 619. L’armata in vano autorità sul vulgo. 620. L’altro vicin chi fia? Per certo il caso 621. Congiunse accorto i duo leggiadri estremi, 622. Perchè doppio spettacolo campeggi; 623. E l’un dell’altro al par più lustri e splenda. 624. Falcato dio de gli orti, a cui la greca
587. Degli antenati, che erano per lei occupazione troppo plebe; e mentre 588. Cartagine resisteva alle fatiche e Tiro, 589. Avventurandosi per l’immenso mare, 590. Scambiava i prodotti di lusso con l’oro degli altri popoli, 591. Sibari restava oziosa sull’altro lato, 592. E cercando piaceri nuovi, 593. Parlava a vuoto di commercio e di arti. 594. Ma chi è dunque quell’eroe che ingombra 595. la maggior parte di quel luogo e mangia e odora 596. e fissa le pietanze, e ridendo degli altri 597. agita la sua enorme pancia? 598. Oh papille gustative del suo palato, 599. Dotate di acutissima mente! 600. Oh invidiabile anima dei mortali, che siede 601. Tra la leggiadra testura e da qui 602. Succhia il piacere fino all’estremo! 603. Chi, in modo più sagace, riesce a capire 604. In modo migliore la Natura? Chi, più solerte 605. Trasforma a suo piacere dirigendo i prodotti della terra 606. E gli abitanti del mare, ricco delle più strane creature? 607. Quando si avvicina alle tavole altrui paventano 608. La sua implacabile voracità gli esili 609. Spiriti degli avi, che lievi, lievi per l’aria 610. Si aggirano tutt’intorno, vegliando 611. Le ricchezze lasciate in eredità ai discendenti 612. E deplorano i sobri pasti, le veglie spese 613. Ad accumulare ricchezze, le case esposte alla tramontana, 614. I vecchi ronzini malnutriti, i cocchi malandati, 615. Che assordavano, con i forti rumori dei loro ferri, 616. Le piazze e i tetti: e lamentando vanno 617. I contadini inutilmente spogliati dei loro beni, le fami 618. Desiderate a scopi speculativi, l’aver invano, con indebite pressioni, 619. Ottenuto dal tribunale sentenze contro i poveri. 620. L’altro vicino che cosa fa? Di sicuro il caso 621. Congiunse i due estremi leggiadri, 622. Perché il doppio spettacolo risalti 623. E la bellezza dei due spettacoli sia 624. Accresciuta dal contrasto reciproco. 135
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625. Il dio degli orti con la falce in mano, a cui la greca 626. Lampsaco era solita offrire come vittima degli asinelli
665. Col sacrilego piè lanciolla: ed ella 666. Tre volte rotolò; tre volte scosse
627. Del sapiente di Samo i doni tuoi 628. Reca sul desco. Egli ozioso siede 629. Aborrendo le carni; e le narici 630. Schifo raggrinza; e in nauseanti rughe 631. Ripiega i labbri; e poco pane in tanto 632. Rumina lentamente. Altro giammai 633. A la squallida inedia eroe non seppe 634. Durar sì forte: nè lassezza il vinse 635. Nè deliquio giammai nè febbre ardente: 636. Tanto importa lo aver scarze le membra 637. Singolare il costume e nel bel mondo 638. Onor di filosofico talento. 639. Qual anima è volgar la sua pietate 640. Serbi per l’uomo: e facile ribrezzo 641. Dèstino in lei del suo simile i danni 642. O i bisogni o le piaghe. Il cor di questo 643. Sdegna comune affetto; e i dolci moti 644. A più lontano limite sospigne. 645. “Pera colui che prima osò la mano 646. Armata alzar su l’innocente agnella 647. E sul placido bue: nè il truculento 648. Cor gli piegàro i teneri belati, 649. Nè i pietosi mugiti, nè le molli 650. Lingue lambenti tortuosamente 651. La man che il loro fato aimè stringea”. 652. Tal ei parla o signor: ma sorge in tanto 653. A quel pietoso favellar da gli occhi 654. De la tua dama dolce lagrimetta 655. Pari a le stille tremule brillanti, 656. Che a la nova stagion gemendo vanno 657. Da i palmiti di Bacco entro commossi 658. Al tiepido spirar de le prim’aure 659. Fecondatrici. Or le sovvien del giorno, 660. Ahi fero giorno! allor che la sua bella 661. Vergine cuccia de le Grazie alunna, 662. Giovanilmente vezzeggiando, il piede 663. Villan del servo con gli eburnei denti 664. Segnò di lieve nota: e questi audace
627. Reca i tuoi doni alla mensa e al giovane seguace 628. del sapiente di Samo! Egli si siede ozioso 629. Disprezzando le carni e le narici 630. Raggrinza schifato; e in nauseanti rughe 631. Raggrinza le labbra; e intanto lentamente 632. Mastica un po’ di pane. Nessun latro eroe 633. Seppe mai resistere così fermamente alla fame, 634. Né lo vinsero la debolezza, 635. Né gli svenimenti, né le febbri alte: 636. Perché troppo importa avere le membra sottili, 637. Gli atteggiamenti singolari e nel bel mondo 638. Essere stimato da un ingegno filosofico. 639. Ogni persona volgare provi pietà 640. Soltanto per gli uomini e un sentimento di ripulsa 641. Destino in lei i danni del suo simile, 642. O i bisogni o le piaghe. Il suo cuore 643. Sdegna i sentimenti comuni; i sottili impulsi emotivi 644. Li sospinge al di là della filantropia. 645. <
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665. Con sacrilego piede la calciò ed ella 666. Rotolò per tre volte, per tre volte
705. Per natura o per arte, a cui Ciprigna 706. Rose le nari; o sale impuro e crudo
667. Lo scompigliato pelo, e da le vaghe 668. Nari soffiò la polvere rodente: 669. Indi i gemiti alzando, aita aita 670. Parea dicesse; e da le aurate volte 671. A lei la impietosita eco rispose; 672. E dall’infime chiostre i mesti servi 673. Asceser tutti; e da le somme stanze 674. Le damigelle pallide tremanti 675. Precipitàro. Accorse ognuno: il volto 676. Fu d’essenze spruzzato a la tua dama: 677. Ella rinvenne al fine. Ira e dolore 678. L’agitavano ancor: fulminei sguardi 679. Gettò sul servo; e con languida voce 680. Chiamò tre volte la sua cuccia: e questa 681. Al sen le corse; in suo tenor vendetta 682. Chieder sembrolle: e tu vendetta avesti 683. Vergine cuccia de le Grazie alunna. 684. L’empio servo tremò; con gli occhi al suolo 685. Udì la sua condanna. A lui non valse 686. Merito quadrilustre: a lui non valse 687. Zelo d’arcani ufici. Ei nudo andonne 688. De le assise spogliato onde pur dianzi 689. Era insigne a la plebe: e in van novello 690. Signor sperò; chè le pietose dame 691. Inorridiro; e del misfatto atroce 692. Odiàr l’autore. Il perfido si giacque 693. Con la squallida prole e con la nuda 694. Consorte a lato su la via spargendo 695. Al passeggero inutili lamenti: 696. E tu vergine cuccia idol placato 697. Da le vittime umane isti superba. 698. Nè senza i miei precetti o senza scorta 699. Inerudito andrai signor, qualora 700. Il perverso destin dal fianco amato 701. Ti allontani a la mensa. Avvien sovente 702. Che con l’aio seguace o con l’amico 703. Un grande illustre or l’Alpi or l’oceàno 704. Varchi e scenda in Ausonia, orribil ceffo
667. Scompigliò il pelo arruffato, e dalle delicate 668. Narici soffiò la polvere del pavimento: 669. Da qui alzando i gemiti: <
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705. Per nascita, o perché rovinato in seguito alle malattie 706. Veneree, oppure perché un sale corrosivo e impuro
745. Non la materia, ma il divin lavoro. 746. Nè allor men destro ad ubbidir sarai
707. Snudò i denti ineguali. Ora il distingue 708. Risibil gobba, or furiosi sguardi 709. Obliqui o loschi: or rantoloso avvolge 710. Fra le tumide fauci ampio volume 711. Di voce, che gorgoglia, ed esce al fine 712. Come da inverso fiasco onda che goccia; 713. Or d’avi or di cavalli ora di Frini 714. Instancabile parla; or de’ celesti 715. Le folgori deride. Aurei monili 716. E nastri e gemme gloriose pompe 717. L’ingombran tutto: e gran titolo suona 718. Dinanzi a lui. Qual più tra noi risplende 719. Inclita stirpe ch’onorar non voglia 720. D’un ospite sì degno i Lari suoi? 721. Ei però col compagno ammessi fièno 722. Di Giuno a i fianchi: e tu lontan da lei 723. Co’ Silvani capripedi n’andrai 724. Presso al marito; e pranzerai negletto 725. Fra il popol folto de gli dei minori. 726. Ma negletto non già da gli occhi andrai 727. De la dama gentil, che a te rivolti 728. Incontreranno i tuoi. L’aere a quell’urto 729. Arderà di faville: e Amor con l’ali 730. L’agiterà. Nel fortunato incontro 731. I messagger pacifici dell’alma 732. Cambieran lor novelle: e alternamente 733. Spinti ritorneranno a voi con dolce 734. Delizioso tremito su i cori. 735. Allor tu le ubbidisci; o se t’invita 736. Le vivande a gustar, che a lei vicine 737. L’ordin dispose; o se a te chiede in vece 738. Quella che innanzi a te sue voglie pugne 739. Non col soave odor, ma con le nove 740. Leggiadre forme onde abbellir la seppe 741. Dell’ammirato cucinier la mano. 742. Con la mente si pascono le dive 743. Sopra le nubi del brillante Olimpo: 744. E lor labbra immortali irrita e move
707. Mise a nudo i denti consumati. Ora lo contraddistingue 708. La ridicola gobba, ora gli sguardi furiosi 709. Sfuggenti e maligni, ora cerca di articolare con un rantolo 710. Nella gola rigonfia un grande volume 711. Di voce, che gorgoglia, ed alla fine esce con la stessa fatica 712. Con cui da un fiasco capovolto esce l’acqua, goccia su goccia; 713. Ora di avi, ora di cavalli, ora di prostitute 714. Instancabilmente parla; ora ride 715. Delle punizioni celesti. Gioielli d’oro 716. E nastri e gemme ed ornamenti insigni 717. Lo ingombrano tutto: il suo arrivo è preceduto 718. Dall’annuncio del suo illustre titolo nobiliare. Quale nobile famiglia 719. Tra le più illustri che non voglia onorare 720. La propria casa di un ospite così degno? 721. Perciò con il compagno furono ammessi 722. Ai fianchi di Giunone: e tu, lontano da lei 723. Andrai con satiri dai piedi di capra 724. Presso il marito; e pranzerai trascurato 725. Fra il popolo folto degli dei minori. 726. Ma non andrai trascurato agli occhi 727. Della gentile dama, i quali occhi, a te rivolti, 728. Incontreranno i tuoi. L’aria d’impeto 729. Brucerà di faville e l’Amore con le ali 730. L’agiterà. Nel fortunato incontro 731. Gli sguardi pacifici dell’anima 732. Si scambieranno notizie: e, alternativamente 733. Spinti, provocheranno nei vostri cuori 734. Un’emozione piacevole. 735. Allora tu ubbidiscile, sia che ti inviti 736. A gustare le vivande, che sono disposte vicino a lei, 737. Sia che invece ti chieda quella 738. Vivanda, che davanti a te sollecita i suoi desideri 739. Non per il soave profumo, ma per le nuove 740. Leggiadre forme, con cui seppe abbellirla 741. La mano dell’ammirato cuoco! 742. Con la mente si nutrono le dee 743. Sopra le nuvole dello splendente Olimpo: 744. E non il cibo vero e proprio, ma la perfezione della forma 138
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745. Stimola e muove le loro labbra immortali. 746. Né allora meno destro sarai ad ubbidire
785. Col reboato dell’aperta tromba 786. L’ampia cittade e dell’Enotria i monti,
747. Che di raro licor la bella strigne 748. Colmo bicchiere, a lo cui orlo intorno 749. Serpe striscia dorata; e par che dica: 750. “Lungi o labbra profane: a i labbri solo 751. De la diva che qui soggiorna e regna 752. È il castissimo calice serbato: 753. Nè cavalier con alito maschile 754. Osi appannarne il nitido cristallo; 755. Nè dama convitata unqua presuma 756. I labbri apporvi; e sien pur casti e puri, 757. E quanto esser può mai cari all’Amore”. 758. Tu al cenno de’ bei guardi e de la destra, 759. Che reggendo il bicchier sospesa ondeggia 760. Affettuoso attendi. I lumi tuoi 761. Di gioia sfavillando accolgan pronti 762. Il brindisi segreto: e ti prepara 763. In simil modo a tacita risposta. 764. Ecco d’estro già punta ecco la Musa 765. Brindisi grida all’uno e all’altro amante; 766. All’altrui fida sposa a cui se’ caro, 767. E a te signor sua dolce cura e nostra. 768. Quale annoso licor Lièo vi mesce, 769. Tale Amore a voi mesca eterna gioia 770. Non gustata al marito, e da coloro 771. Invidiata che gustata l’hanno. 772. Veli con l’ali sue sagace oblio 773. Le alterne infedeltà che un cor dall’altro 774. Porieno un giorno separar per sempre: 775. E solo a gli occhi vostri Amor discopra 776. Le alterne infedeltà, che in ambo i petti 777. Ventilar ponno le cedenti fiamme. 778. Di sempiterno indissolubil nodo 779. Canti augurj per voi vano cantore: 780. Nostra nobile musa a voi desia 781. Sol quanto piace a voi durevol nodo. 782. Duri fin che a voi piace: e non si scioglia 783. Senza che Fama sopra l’ale immense 784. Tolga l’alta novella; e grande n’empia
747. Dato che la bella stringe 748. Un bicchiere colmo di raro vino straniero, sul cui bordo gira 749. Serpeggiando tutt’intorno una linea dorata e sembra che dica: 750. <
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785. Con il rimbombo della tromba spiegata 786. L’ampia città e i monti dell’Italia
825. Giudica e libra; qual ne scopre acuto 826. L’alte cagioni; e i gran principj abbatte
787. E le piagge sonanti, e s’esser puote, 788. La bianca Teti e Guadiana e Tule. 789. Il mattutino gabinetto il corso 790. Il teatro e la mensa in vario stile 791. Ne ragionin gran tempo. Ognun ne chieda 792. Il dolente marito: ed ei dall’alto 793. La lamentabil favola cominci. 794. Tal su le scene, ove agitar solea 795. L’ombre tinte di sangue Argo piagnente, 796. Squallido messo al palpitante coro 797. Narrava come furiando Edipo 798. Al talamo sen corse incestuoso, 799. Come le porte rovescionne, come 800. Al subito spettacolo ristette 801. Quando vicina del nefando letto 802. Vide in un corpo solo e sposa e madre 803. Pender strozzata; e del fatale uncino 804. Le mani armosse; e con le proprie mani 805. A sè le care luci da la testa 806. Con le man proprie misero strapposse. 807. Ma già volge al suo fine il pranzo illustre: 808. Già Como e Dionisio al desco intorno 809. Rapidissimamente in danza girano 810. Con la libera Gioia. Ella saltando 811. Or questo or quel de’ convitati lieve 812. Tocca col dito: e al suo toccar scoppiettano 813. Brillanti vivacissime scintille, 814. Ch’altre ne destan poi. Sonan le risa: 815. Il clamoroso disputar s’accende: 816. La nobil vanità pugne le menti: 817. E l’amor di sè sol, baldo scorrendo, 818. Porge un scettro a ciascuno; e dice: “regna”. 819. Questi i concili di Bellona, e quegli 820. Pènetra i tempj de la Pace. Un guida 821. I condottieri: a i consiglier consiglio 822. L’altro dona; e divide e capovolge 823. Con seste ardite il pelago e la terra. 824. Qual di Pallade l’arti e de le Muse
787. E le spiagge sonanti e se si può 788. Il mare biancheggiante di onde spumose e la Spagna e l’Islanda. 789. La toeletta mattutina, il corso, 790. Il teatro e la mensa, in vario modo, 791. Ne parlino per gran tempo. Ognuno chieda 792. Di far narrare al marito quell’amorosa catastrofe: e lui dall’alto 793. La lamentosa favola cominci. 794. Così sopra le scene, in cui si rappresentano 795. I personaggi coinvolti in vicende sanguinose, 796. Il pallido messaggero narrava al palpitante coro 797. Come infuriando Edipo incestuoso 798. Corse verso la camera nuziale, 799. Come scardinò le porte, come 800. Si arrestò all’improvviso spettacolo, 801. Quando vide vicina, nell’esecrabile letto, 802. Riunita nella stessa persona la moglie e la madre 803. Pendere impiccata; e del funesto uncino 804. Le mani mosse; e con le proprie mani si tolse 805. Gli occhi dalla testa, 806. Accecandosi con le proprie mani. 807. Ma ormai giunge al termine l’illustre pranzo: 808. Già Como, il dio dei conviti, e Bacco intorno 809. Rapidissimamente girano in una danza, 810. Al tavolo con libera gioia. La Gioia saltando 811. O questo, o quello degli invitati lievemente 812. Tocca col dito: e al suo toccare scoppiettando 813. Brillano di vivaci scintille, 814. Che ne destano poi altre. Risuonano le risate: 815. Si accendono le discussioni rumorose: 816. La nobile invidia punge le menti 817. E l’amore di sé soltanto, scorrendo ardito, 818. Porge ad ognuno uno scettro, e dice : <
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825. E scherza, delle quali acuto ne scopre 826. Le cause prime, e confuta i principii
865. Discepol sederà teco a la mensa. 866. Tu a lui ti volgi, seco lui ragiona,
827. Cui creò la natura, e che tiranni 828. Sopra il senso de gli uomini regnàro 829. Gran tempo in Grecia, e nel paese Tosco 830. Rinacquer poi più poderosi e forti. 831. Cotanto adunque di saper fia dato 832. A nobil capo? Oh letti oh specchi oh mense 833. Oh corsi oh scene oh feudi oh sangue oh avi 834. Che per voi non s’apprende? Or tu signore 835. Co’ voli arditi del felice ingegno 836. Sovra ognaltro t’innalza. Il campo è questo 837. Ove splender più dei. Nulla scienza, 838. Sia quant’esser mai puote arcana o grande, 839. Ti spaventi giammai. Se cosa udisti 840. O leggesti al mattino onde tu deggia 841. Gloria sperar; qual cacciator che segue 842. Circuendo la fera, e sì la guida 843. E volge di lontan che a poco a poco 844. A le insidie s’accosta e dentro piomba, 845. Tal tu il sermone altrui volgi sagace 846. Fin che là cada ove spiegar ti giove 847. Il tuo novo tesoro. E se pur ieri 848. Scesa in Italia pellegrina forma 849. Del parlar t’è già nota, allor tu studia 850. Materia espor che favellando ammetta 851. La nova gemma; e poi che il punto hai colto, 852. Ratto la scopri; e sfolgorando abbaglia 853. Qual altra è mente che superba andasse 854. Di squisita eloquenza a i gran convivj. 855. In simil guisa il favoloso mago, 856. Che fe’ gran tempo desiar l’amante 857. All’animosa vergin di Dordona, 858. Da i cavalier che l’assalien bizzarri 859. Oprar lasciava ogni lor possa ed arte 860. Poi ecco in mezzo a la terribil pugna 861. Strappava il velo a lo incantato scudo; 862. E quei sorpresi dal bagliore immenso 863. Ciechi spingeva e soggiogati a terra. 864. Talor di Zoroastro o d’Archimede
827. Che la Natura creò e che a lungo 828. Sopra il senso degli uomini 829. Condizionarono il gusto in Grecia, ed in Toscana 830. Rinacquero poi più consapevoli ed efficaci. 831. Fu concesso dunque così tanto di sapere 832. Al nobile capo? Oh letti, oh specchi, oh mense! 833. Oh corsi, oh teatri, oh feudi, oh nobiltà di sangue, oh avi 834. Cosa non si apprende grazie a voi? Ora tu, o Signore, 835. Con gli arditi voli del felice ingegno, 836. Sopra ogni altro ti innalzi. Questo è il campo 837. Dove più devi splendere. Nessuna scienza, 838. Sia pure ardua e grande, 839. Mai ti spaventi. Se hai sentito 840. O hai letto al mattino qualcosa, in cui tu debba 841. Sperare gloria, come un cacciatore che segue 842. Accerchiando la preda, e così la preda 843. Si accosta a poco a poco al pericolo e dentro si infila, 844. Allo stesso modo tu, intelligentemente, fai 845. In modo di volgere il discorso a tuo favore, 846. Fino a che cada su un argomento adatto a fare mostra 847. Delle tue nuove e brillanti acquisizioni. E se pure ieri 848. Scesa in Italia una nuova forma 849. Di parlare già ti è nota, allora tu tratta di un argomento 850. Che discorrendo consenta di introdurre la nuova espressione, 851. E quando hai intuito il momento adatto, 852. Improvvisamente pronuncialo, e sfolgorando abbaglia 853. Chiunque andasse fiero della propria fama 854. Di raffinato creatore conviviale. 855. Allo stesso modo il leggiadro mago Atlante, 856. Che fece per lungo tempo desiderare l’amante 857. All’audace Bradamante, vergine di Dordona, 858. Ai cavalieri che bizzarri l’assalivano 859. Lasciava operare tutta la loro forza e la loro abilità, 860. Ed ecco nel mezzo di uno spaventoso duello, 861. Strappava il velo all’incantato scudo, 862. E spingeva quelli ciechi sorpresi 863. Dall’immenso bagliore e soggiogati a terra. 864. Talvolta un discepolo di Zoroastro o di Archimede 141
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865. Siederà con te alla mensa. 866. Ma tu a lui rivolgiti, con lui ragiona,
905. Del suo infermo signor chiedere aita 906. Da la buona Salute; o con alate
867. Suo linguaggio ne apprendi; e quello poi 868. Qual se innato a te fosse alto ripeti. 869. Nè paventar quel che l’antica fama 870. Narra de’ lor compagni. Oggi la diva 871. Urania il crin compose; e gl’irti alunni 872. Smarriti vergognosi balbettanti 873. Trasse da le lor cave, ove già tempo 874. Col profondo silenzio e con la notte 875. Tenean consiglio: e le servili braccia 876. Fornien di leve onnipotenti, ond’alto 877. Salisser poi piramidi obelischi 878. Ad eternar de’ popoli superbi 879. I gravi casi: o pur con feri dicchi 880. Stavan contra i gran letti: o di pignone 881. Audace armati, spaventosamente 882. Cozzavan con la piena, e giù a travers 883. Spezzate rovesciate dissipavano 884. Le tetre corna: decima fatica 885. D’Ercole invitto. Ora i selvaggi amici 886. Urania ingentilì. Baldi e leggiadri 887. Nel gran mondo li guida, o tra il clamore 888. De’ frequenti convivi, o pur tra i vezzi 889. De’ gabinetti; ove a la docil dama 890. E al caro cavalier mostran qual via 891. Venere tenga, e in quante forme o quali 892. Suo volto lucidissimo si cangi. 893. Nè del poeta temerai che beffi 894. Con satira indiscreta i detti tuoi; 895. O che a maligne risa esponer osi 896. Tuo talento immortale. All’alta mensa 897. Voi lo innalzaste; e tra la vostra luce 898. Beato l’avvolgeste; e de le Muse 899. A dispetto e d’Apollo al sacro coro 900. L’ascriveste de’ vati. Ei de la mensa 901. Fece il suo Pindo: e guai a lui se quindi 902. Le dee sdegnate giù precipitando 903. Con le forchette il cacciano. Meschino! 904. Più non poria su le dolenti membra
867. Apprendine il linguaggio; e quello poi 868. Ripetilo alto, come se fosse innato dentro di te. 869. E non temere di ciò che si racconta 870. Dei suoi antichi colleghi scienziati! Oggi la dea 871. Urania si è pettinata; e i suoi ispidi discepoli 872. Si vergognano balbettando: 873. Ella li fece uscire dalle caverne, dove già da tempo 874. Meditavano nel profondo silenzio 875. Della notte e le servili braccia 876. Fornivano sistemi meccanici in grado di sollevare enormi pesi, 877. Affinchè fossero erette piramidi e obelischi 878. Per celebrare importanti avvenimenti storici 879. Di fiere popolazioni, oppure con dighe 880. Imponenti si opponevano al mare, o armati 881. Dell’argine audace, si opponevano spaventosamente 882. Agli urti dei fiumi in piena e domavano trasversalmente 883. E indebolivano le correnti violente: 884. la fatica di Ercole invitto. Ora gli irti alunni 885. Di Urania ha ingentilito. Baldi e leggiadri 886. Li guida nella società moderna, attraverso il vocio rumoroso 887. Dei banchetti pieni di gente, 888. oppure nell’atmosfera galante 889. Dei gabinetti; dove alla dama che apprende con facilità 890. E al saggio cavaliere, mostrano il percorso 891. Celeste del pianeta Venere e in quanti e quali aspetti 892. Assuma la sua faccia splendente. 893. Né temerai il poeta, che prende in giro 894. Con inopportune satire le tue affermazioni; 895. O che osa mostrare le maligne risate 896. Sul tuo talento immortale. 897. Gli avete concesso l’onore di partecipare 898. Ai vostri illustri banchetti, e l’avete avvolto 899. Beato tra la vostra luce; nonostante fosse privo 900. Di doti poetiche, lo avete proclamato poeta. Egli fece 901. Della mensa il suo Pindo: e guai a lui se 902. Le dame sdegnate, precipitandosi in basso, 903. Lo cacciano con le forchette dalla mensa. Meschino! 904. Più non potrebbe scrivere sul corpo indolenzito del suo Signore 142
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905. Un componimento che auspichi la guarigione 906. Del Signore malato, o ringraziare
945. Anco a lo speglio passeran di lei, 946. Che comuni ha con te studj e licèo,
907. Odi ringraziar, nè tesser inni 908. Al barbato figliuol di Febo intonso. 909. Più del giorno natale i chiari albori 910. Salutar non potrebbe; e l’auree frecce 911. Nomi-sempiternanti all’arco imporre. 912. Non più gli urti festevoli, o sul naso 913. L’elegante scoccar d’illustri dita 914. Fora dato sperare. A lui tu dunque 915. Non disdegna o signor volger talora 916. Tu’ amabil voce; a lui tu canta i versi 917. Del delicato cortigian d’Augusto, 918. O di quel che tra Venere e Lièo 919. Pinse Trimalcion: la Moda impone 920. Ch’Arbitro o Flacco a i begli spirti ingombri 921. Spesso le tasche. Oh come il vate amico 922. Te udrà meravigliando il sermon prisco 923. O sciogliere o frenar qual più ti piace! 924. E per la sua faretra e per li cento 925. Destrier focosi che in Arcadia pasce 926. Ti giurerà che di Donato al paro 927. Il difficil sermone intendi e gusti! 928. E questo ancor di rammentar fia tempo 929. I novi Sofi che la Gallia o l’Alpe 930. Ammirando persegue; e dir qual arse 931. De’ volumi infelici, o andò macchiato 932. D’infame nota; e quale asilo appresti 933. Filosofia al morbido Aristippo 934. Del secol nostro, e qual ne appresti al novo 935. Diogene dell’auro sprezzatore 936. E della opinione de’ mortali. 937. Lor famosi volumi, o a te discesi 938. Per calle obliquo e compri a gran tesoro, 939. O da cortese man prestati, fièno 940. Lungo ornamento a lo tuo speglio innante. 941. Poi che brevi gli avrai scorsi momenti 942. Ornandoti o a la man garrendo indotta 943. Del parrucchier; poi che t’avran più notti 944. Conciliato il facil sonno, al fine
907. Con odi sublimi o comporre inni 908. Per Esculapio, il figlio di Febo con la barba ancora intonsa. 909. E non potrebbe più celebrare il compleanno del Signore, 910. E comporre aulici versi destinati a rendere eterni 911. I nomi dei personaggi che vi si celebrano. 912. Non sarà più dato sperare i piccoli colpi scherzosi 913. O l’elegante schioccare di nobili dita sul naso. 914. Dunque, Signore, non disdegnare 915. Di volgere qualche volta a lui 916. La tua amabile voce; contagli i versi 917. Del delicato cortigiano d’Augusto, 918. O di colui che raffigurò Trimalcione 919. Dedito alla lussuria e al vino. La Moda impone che 920. Petronio o Orazio siano spesso d’ingombro 921. Ai nobili spiriti. O come il vate amico 922. Ascolterà da te, meravigliandosi, la lingua latina, 923. Mentre pronuncerai, a tuo piacimento, lunghe le sillabe 924. Brevi e brevi quelle lunghe! 925. E ti giurerà sulla sua faretra e sui cento destrieri focosi 926. Che alleva in Arcadia 927. Che tu intendi e gusti la lingua latina al apri di Donato! 928. E questo sarà ancora tempo di ricordare 929. I nuovi filosofi che Francia e Svizzera 930. Ammirano e perseguitano, e dire quale libro 931. Venne bruciato pubblicamente o 932. Fu bollato d’infamia, e quale asilo 933. Filosofia prepari al molle Aristippo 934. Dei giorni nostri, e quale al nuovo 935. Diogene, dispregiatore delle ricchezze 936. E delle convenzioni sociali degli uomini. 937. I loro famosi libri, a te giunti 938. Per vie traverse e comprati a prezzi altissimi, 939. O prestati da un amico gentile, saranno 940. A lungo ornamento innanzi al tuo specchio. 941. Dopo che per qualche istante li avrai guardati, 942. Ornandoti e rimproverando la mano maldestra 943. Del parrucchiere, dopo che per più notti ti avranno 944. Conciliato il facile sonno, alla fine 143
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945. Passeranno allo specchio di lei, 946. Che ha in comune con te gli studi e la scuola,
985. Così strani consigli: e solo attigni 986. Ciò che la dolce voluttà rinfranca,
947. Ove togato in cattedra elegante 948. Siede interprete Amore. Or fia la mensa 949. Il favorevol loco, onde al sol esca 950. De’ brevi studj il glorioso frutto. 951. Chi por freni oserà d’inclita stirpe 952. All’animo a la mente? Il vulgo tema 953. Oltre natura: e quei cui dona il vulgo 954. Titol di saggio mediti romito 955. Il ver celato; e al fin cada adorando 956. La sacra nebbia che lo avvolge intorno. 957. Ma tu come sublime aquila vola 958. Dietro a i sofi novelli. Alto dia plauso 959. Tutta la mensa al tuo poggiare audace. 960. Te con lo sguardo e con l’orecchio beva 961. La dama da le tue labbra rapita: 962. Con cenno approvator vezzosa il capo 963. Pieghi sovente: e il calcolo e la massa 964. E la inversa ragion sonino ancora 965. Su la bocca amorosa. Or più non odia 966. De le scole il sermone Amor maestro: 967. E l’accademia e i portici passeggia 968. De’ filosofi al fianco; e con la molle 969. Mano accarezza le cadenti barbe. 970. Ma guardati o signor guardati oh dio 971. Dal tossico mortal che fuora esala 972. Da i volumi famosi: e occulto poi 973. Sa per le luci penetrato all’alma 974. Gir serpendo ne’ cori; e con fallace 975. Lusinghevole stil corromper tenta 976. Il generoso de le stirpi orgoglio, 977. Che ti scevra dal vulgo. Udrai da quelli 978. Che ciascun de’ viventi all’altro è pari; 979. E caro a la natura e caro al cielo 980. E non manco dite colui che regge 981. I tuoi destrieri e quel ch’ara i tuoi campi; 982. E che la tua pietade o il tuo rispetto 983. Devrien fino a costor scender vilmente. 984. Folli sogni d’infermo! Intatti lascia
947. Dove siede in cattedra, elegante con la toga, 948. Il maestro Amore. Ora sarà la mensa 949. Il luogo adatto, da cui veda la luce 950. Il glorioso frutto dei brevi studi. 951. Chi oserà porre freni alle passioni e ai pensieri d’una stirpe 952. Tanto illustre? Il popolo tema 953. Il soprannaturale: e colui a cui il popolo dà 954. Il titolo di saggio mediti solitario 955. La verità nascosta: e infine cada adorando 956. La sacra nebbia che lo circonda. 957. Ma tu vola dietro ai nuovi filosofi, 958. Come un’aquila che vola altissima. 959. Tutti i commensali concedano 960. Grande lode ai tuoi audaci slanci concettuali. 961. La dama, rapita dalle tue parole, 962. Berrà le tue sentenze guardandoti e assecondandoti: 963. Con cenno d’assenso ella pieghi spesso il capo, 964. Vezzosa; e il calcolo, la massa e la proporzione inversa 965. Vengano ripetuti da lei. Ora il maestro Amore 966. Non odia più il linguaggio accademico: 967. E passeggia lungo l’accademia e i portici 968. A fianco dei filosofi; e con la delicata mano 969. Accarezza le barbe fluenti. 970. Ma guardati, Signore, guardati, o Dio! 971. Dal veleno mortale che esce 972. Dai volumi famosi: e poi, nascosto 973. Penetrato nell’anima attraverso gli occhi, 974. Se ne va insinuandosi nei cuori, e con modo ingannevole, 975. Seducente tenta di corrompere 976. Il nobile orgoglio delle stirpi, 977. Quello che ti distingue dal popolo. Da quelli sentirai che 978. Ogni uomo è uguale all’altro; 979. E caro alla Natura ed al Cielo 980. È colui che guida i tuoi cavalli e colui che 981. Lavora i tuoi campi; e sentirai che 982. La tua pietà ed il tuo rispetto 983. Devono abbassarsi sino a costoro. 984. Folli sogni di un matto! Lascia perdere 144
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985. Così strani consigli: e prendi solo 986. Ciò che rinfranca il dolce piacere,
1025. 1026.
L’aere il caffè, che preparato fuma In tavola minor, cui vela ed orna
987. Ciò che scioglie i desiri e ciò che nudre 988. La libertà magnanima. Tu questo 989. Reca solo a la mensa; e sol da questo 990. Plauso cerca ed onor: così dell’api 991. L’industrioso popolo ronzando 992. Gira di fiore in fior di prato in prato; 993. E i dissimili sughi raccogliendo 994. Tesoreggia nell’arnie: un giorno poi 995. Ne van colme le pàtere dorate 996. Sopra l’ara de’ numi; e d’ogni lato 997. Ribocca la fragrante alma dolcezza. 998. Or versa pur dall’odorato grembo 999. I tuoi doni o Pomona; e l’ampie colma 1000. Tazze che d’oro e di color diversi 1001. Fregia il Sassone industre. E tu da i greggi 1002. Rustica Pale coronata vieni 1003. Di melissa olezzante o di ginebro; 1004. E co’ lavori tuoi di presso latte 1005. Declina vergognando a chi ti chiede; 1006. Ma deporli non osa. In su la mensa 1007. Porien deposti le celesti nari 1008. Pungere ahi troppo; e con ignobil senso 1009. Gli stomachi agitar: soli torreggino 1010. Sul ripiegato lino in varia forma 1011. I latti tuoi cui di serbato verno 1012. Assodarono i sali, e fecer atti 1013. A dilettar con subito rigore 1014. Di convitato cavalier le labbra. 1015. Tu signor che farai poi che la dama 1016. Con la mano e col piè lieve puntando 1017. Move in giro i begli occhi; e altrui dà cenno 1018. Che di sorger è tempo? In piè d’un salto 1019. Balza primo di tutti; a lei soccorri, 1020. La seggiola rimovi, la man porgi, 1021. Guidala in altra stanza, e più non soffri 1022. Che lo stagnante de le dapi odore 1023. Il celabro le offenda. Ivi con gli altri 1024. Gratissimo vapor la invita, ond’empie
987. Ciò che soddisfa i desideri e ciò che alimenta 988. La tua libertà. Tu porta solo questo 989. Tra i commensali: e solo da questo 990. Cerca approvazione ed onore: così 991. L’industrioso popolo delle api gira ronzando 992. Di prato in prato, di fiore in fiore, 993. E raccogliendo i diversi nettari, 994. tesaurizza nell’arnia: un giorno poi 995. Le tazze dorate vengono riempite 996. Sopra gli altari degli dei; e da uguale parte 997. Trabocca il dolce e fragrante aroma. 998. Ora, o Pomona, versa pure 999. I tuoi doni dal profumato grembo, 1000. E colma le ampie tazze che 1001. L’industrioso sassone decora d’oro e di colori diversi. E tu, 1002. Rustica Pale, vieni coronata dai greggi 1003. Di profumata melissa o ginepro; 1004. E con le tue forme di formaggio declina 1005. Con fare vergognoso a chi ti chiede; 1006. Ma non osare porli. Appoggiati sulla tavola 1007. Potrebbero infastidire troppo 1008. Le delicate narici e in maniera ignobile 1009. Agitare gli stomaci: torreggino soli 1010. Sui tovaglioli di lino, ripiegati in diverse forme, 1011. I gelati, fatti durante l’inverno, 1012. E conservati con ghiaccio misto a sale, 1013. per deliziare con l’improvviso freddo, 1014. Le labbra del cavaliere invitato. 1015. Tu, o Signore, cosa farai dopo che la dama, 1016. Puntando con la mano e con il piede, 1017. Muove in giro i begli occhi e fa cenno ad altri 1018. Che è tempo di alzarsi? Balza d’un tratto in piedi 1019. Per primo con un salto: aiutala, 1020. Spostale la sedia, porgile la mano, 1021. E guidala in un’altra stanza e non tollerare 1022. Che lo stagnante odore delle vivande 1023. Le provochi mal di testa. Lì con gli altri convitati 1024. La invita un graditissimo profumo, di cui 145
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1025. 1026.
Riempie l’aria il caffè che, pronto, fuma Su una tavola più piccola, che una tovaglia indiana
1065. 1066.
Si convegna ornamento a i dorsi alteri; Se semplici e negletti, o se pomposi
1027. 1028. 1029. 1030. 1031. 1032. 1033. 1034. 1035. 1036. 1037. 1038. 1039. 1040. 1041. 1042. 1043. 1044. 1045. 1046. 1047. 1048. 1049. 1050. 1051. 1052.
Indica tela. Ridolente gomma Quinci arde in tanto, e va lustrando e purga L’aere profano, e fuor caccia de’ cibi Le volanti reliquie. Egri mortali, Che la miseria e la fidanza un giorno Sul meriggio guidàro a queste porte Tumultuosa ignuda atroce folla Di tronche membra e di squallide facce E di bare e di grucce, or via da lunge Vi confortate; e per le alzate nari Del divin prandio il nettare beete, Che favorevol aura a voi conduce: Ma non osate i limitari illustri Assediar, fastidioso offrendo Spettacolo di mali a i nostri eroi. E a te nobil garzon la tazza in tanto Apprestar converrà, che i lenti sorsi Ministri poi de la tua bella a i labbri E memore avvertir s’ella più goda, O sobria o liberal temprar col dolce La bollente bevanda: o se più forse L’ami così come sorbir la gode Barbara sposa, allor che molle assisa Ne’ broccati di Persia al suo signore Con le dita pieghevoli il selvoso Mento vezzeggia; e la svelata fronte
1027. 1028. 1029. 1030. 1031. 1032. 1033. 1034. 1035. 1036. 1037. 1038. 1039. 1040. 1041. 1042. 1043. 1044. 1045. 1046. 1047. 1048. 1049. 1050. 1051. 1052. 1053. 1054. 1055. 1056. 1057. 1058. 1059. 1060. 1061. 1062. 1063. 1064.
Ricopre ed abbellisce. Da qui intanto arde Una resina odorosa, che va Purificando l’aria profana e caccia fuori I rimanenti odori dei cibi. Voi, poveri mortali, Che un giorno la miseria e la fiducia Guidarono, sul mezzogiorno, in folla Tumultuosa, ignuda, orribile ed atroce,
1053.
Alzando il guarda; e quelli sguardi han possa
1054. 1055. 1056. 1057. 1058. 1059. 1060. 1061. 1062. 1063. 1064.
Di far che a poco a poco di man cada Al suo signore la fumante canna. Mentre i labbri e la man v’occupa e scalda L’odoroso licor, sublimi cose Macchinerà tua infaticabil mente. Quale oggi coppia di corsier de’ il carro Condur de la tua bella; o l’alte moli Che per le fredde piagge educa il Cimbro; O quei che abbeverò la Drava; o quelli Che a le vigili guardie un dì fuggiro De la stirpe Campana: oggi qual meglio
Di persone mutilate, di volti pallidi e di barelle e di grucce,
A queste porte, ora confortatevi da lontano e bevete Il nettare della mensa divina Che un’arietta propizia vi porta, Attraverso le narici dilatate: Ma non osate infastidire Gli illustri confini, offrendo Un miserabile spettacolo ai nostri eroi. E intanto, o nobile Signore, la tazza a te Converrà preparare, così che i lenti sorsi Dosi poi alle labbra della tua dama E converrà fare attenzione se a lei piace di più O austera o liberale mitigare con il dolce La bollente bevanda, oppure se, invece, di più Le piace berla come la vuol bere La barbara sposa, quando, seduta mollemente Nei tessuti di Persia, al suo signore Con le dita piegate accarezza La folta barba; e con la fronte senza velo Alzando lo guarda; e quegli sguardi hanno il potere Di fare in modo che lentamente cada dalla mano La pipa fumante al suo signore. Mentre il profumato liquido occupa e scalda La bocca e la mano, cose importantissime Penserà la tua instancabile mente. Quale coppia di cavalli attaccare oggi Alla carrozza della tua bella; o gli alti destrieri Che il tedesco allenò per le fredde spiagge; O i cavalli che si dissetavano nel fiume Drava; o quelli
Che un giorno fuggirono alle attente guardie Della stirpe regale campana: oggi quale migliore 146
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1065. 1066.
Ornamento si adatta ai dorsi superbi dei cavalli; Se semplici o modesti, o se abbelliti
1105. 1106.
O con notate tavole giammai O con servi sedotti a la sua bella
1067. 1068. 1069. 1070. 1071. 1072. 1073. 1074. 1075. 1076. 1077. 1078. 1079. 1080. 1081. 1082. 1083. 1084. 1085. 1086. 1087. 1088. 1089. 1090. 1091. 1092. 1093. 1094. 1095. 1096. 1097. 1098. 1099. 1100. 1101. 1102. 1103. 1104.
Di ricche nappe e variate stringhe Andran su l’alto collo i crin volando, E sotto a cuoi vermigli e ad auree fibbie Ondeggeranno li ritondi fianchi. Quale oggi cocchio trionfanti al corso Vi porterà; se quel cui l’oro copre Fulgido al sole; e de’ vostr’alti aspetti Per cristallo settemplice concede Al popolo bearsi; o quel, che tutto Caliginoso e tristo e a la marmorea Tomba simil che de’ vostr’avi chiude I cadaveri eccelsi, ammette a pena Cupido sguardo altrui. Cotanta mole Di cose a un tempo sol nell’alto ingegno Tu verserai; poi col supremo auriga Arduo consiglio ne terrai; non senza Qualche lieve garrir con la tua dama. Servi l’auriga ogni tua legge: e in tanto Altra cura subentri. Or mira i prodi Compagni tuoi che, ministrato a pena Dolce conforto di vivande a i membri, Già scelto il campo, e già distinti in bande Preparansi giocando a fieri assalti. Così a queste, o signore, illustre inganno Ore lente si faccia. E s’altri ancora Vuole Amor che s’inganni; altronde pugni La turba convitata; e tu da un lato Sol con la dama tua quel gioco eleggi, Che due soltanto a un tavoliere ammetta. Già per ninfa gentil tacito ardea D’insoffribile ardor misero amante, Cui null’altra eloquenza usar con lei Fuor che quella de gli occhi era concesso: Poi che il rozzo marito ad Argo eguale Vigilava mai sempre; e quasi biscia Ora piegando or allungando il collo Ad ogni verbo con gli orecchi acuti Era presente. Oimè, come con cenni
1067. 1068. 1069. 1070. 1071. 1072. 1073. 1074. 1075. 1076. 1077. 1078. 1079. 1080. 1081. 1082. 1083. 1084. 1085. 1086. 1087. 1088. 1089. 1090. 1091. 1092. 1093. 1094. 1095. 1096. 1097. 1098. 1099. 1100. 1101. 1102. 1103. 1104.
Con ampi fiocchi e finimenti di vari colori Andranno sull’alto collo, muovendo i crini, E sotto alle bardature di cuoio rosse ed alle fibbie dorate
Si muoveranno ondeggiando i fianchi arrotondati. Quale cocchio oggi trionfante al corso Vi porterà; se quello dorato Che brilla al sole, e dei vostri superbi ornamenti Concede, attraverso il cristallo settemplice Al popolo di bearsi; o quello che molto Scuro e triste e simile alla Tomba marmorea, che racchiude i nobili cadaveri Dei vostri antenati, concede a fatica Lo sguardo avido degli altri. Una tale quantità Di pensieri contemporaneamente nella tua mente elevata
Ti porrai; poi con il cocchiere più importante Prenderai una decisione ardua; non senza Qualche piccolo battibecco con la tua dama. Il cocchiere obbedisca ai tuoi ordini: e intanto dedicati
Ad un’altra occupazione. Ora guarda i coraggiosi Tuoi compagni, che dopo aver dato Conforto dolce con le vivande agli altri membri, Scelto già il posto e divisi già in squadre, Si preparano a resistere agli assalti coraggiosi nel gioco. O Signore, in questo modo con questo nobile passatempo
Si trascorrono ore lente. E se ancora altre persone L’Amore vuole che siano ingannate, da un’altra parte combatte
La folla degli invitati; e tu da una parte Scegli da solo con la tua dama quel gioco Che ammette al tavolo solo due giocatori. Un tempo silenziosamente ardeva d’amore per una ninfa
Un amante sofferente di un amore insopportabile, Il quale non poteva usare con lei nessun altro linguaggio
Se non quello degli sguardi: Poiché il rude marito simile ad Argo Vigilava sempre; e come un serpente Ora piegando, o allungando il collo Ogni parola con le orecchie attente Ascoltava. Ohimè, come fare a chiedere, con cenni 147
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1105. 1106.
O con biglietti appositamente segnati, O per mezzo di servi corrotti, alla sua bella
1145. 1146.
Con doppio segno! Ei trionfante allora Da la falange il suo rival combatte;
1107. 1108. 1109. 1110. 1111. 1112. 1113. 1114. 1115. 1116. 1117. 1118. 1119.
Chieder pace ed aita? Ogni d’Amore Stratagemma finissimo vincea La gelosia del rustico marito. Che più lice sperare? Al tempio ei viene Del nume accorto che le serpi annoda All’aurea verga, e il capo e le calcagna D’ali fornisce. A lui si prostra umile; E in questi detti lagrimando il prega. “O propizio a gli amanti, o buon figliuolo De la candida Maia, o tu che d’Argo Deludesti i cent’occhi, e a lui rapisti La guardata giovenca, i preghi accogli D’un amante infelice; e a lui concedi
1107. 1108. 1109. 1110. 1111. 1112. 1113. 1114. 1115. 1116. 1117. 1118. 1119. 1120. 1121. 1122. 1123. 1124. 1125. 1126. 1127. 1128. 1129. 1130. 1131. 1132. 1133. 1134. 1135. 1136. 1137. 1138. 1139. 1140. 1141. 1142. 1143. 1144.
Di essere corrisposto? La gelosia del rozzo marito vinceva Ogni sottilissimo inganno d’amore. Che cosa è lecito sperare di più? Egli viene al tempio Del Dio attento, Mercurio, che lega due serpenti Intorno alla verga dorata e il capo e i piedi
1120.
Se non gli occhi ingannar, gli orecchi almeno
1121. 1122. 1123. 1124. 1125. 1126. 1127. 1128. 1129. 1130. 1131. 1132. 1133. 1134. 1135. 1136. 1137. 1138. 1139. 1140. 1141. 1142. 1143. 1144.
D’importuno marito”. Ecco si scote Il divin simulacro, a lui s’inchina, Con la verga pacifica la fronte Gli percote tre volte: e il lieto amante Sente dettarsi ne la mente un gioco, Che i mariti assordisce. A lui diresti Che l’ali del suo piè concesse ancora Il supplicato dio, cotanto ei vola Velocissimamente a la sua donna. Là bipartita tavola prepara, Ov’èbano ed avorio intarsiati Regnan sul piano, e partono alternando In due volte sei case ambe le sponde. Quindici nere d’èbano rotelle E d’avorio bianchissimo altrettante Stan divise in due parti; e moto e norma Da duo dadi gittati attendon, pronte Gli spazj ad occupar, e quinci e quindi Pugnar contrarie. Oh cara a la fortuna Quella che corre innanzi all’altre; e seco Trae la compagna, onde il nemico assalto Forte sostenga! Oh giocator felice Chi pria l’estrema casa occupa; e l’altro De gli spazj a sè dati ordin riempie
Fornisce di ali. Davanti a lei si inginocchia umilmente;
E con queste parole lo prega piangendo. <
L’assalto nemico! Felice è quel giocatore Che occupa per primo l’ultima casella, e che l’altro Ordine di spazi a lui concessi riempie 148
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1145. 1146.
Con doppia segnatura! Allora trionfante Del compatto schieramento, combatte il suo rivale;
2. 3.
1147. 1148. 1149. 1150. 1151. 1152. 1153. 1154. 1155. 1156. 1157. 1158. 1159. 1160. 1161. 1162. 1163. 1164. 1165. 1166. 1167. 1168. 1169. 1170. 1171. 1172. 1173. 1174. 1175. 1176. 1177. 1178.
E in proprio ben rivolge i colpi ostili. Al tavolier s’assidono ambidue L’amante cupidissimo e la ninfa. Quella una sponda ingombra e questi l’altra. Il marito col gomito s’appoggia All’un de’ lati; ambo gli orecchi tende; E sotto al tavolier di quando in quando Guata con gli occhi. Or l’agitar de i dadi Entro a sonanti bòssoli comincia, Ora il picchiar de’ bòssoli sul piano, Ora il vibrar lo sparpagliar l’urtare Il cozzar dei duo dadi, or de le mosse Rotelle il martellar. Torcesi e freme Sbalordito il geloso: a fuggir pensa, Ma rattienlo il sospetto. Il fragor cresce Il rombazzo il frastono il rovinio: Ei più regger non puote, in piedi balza, E con ambe le man tura gli orecchi. Tu vincesti o Mercurio. Il cauto amante Poco disse: e la bella intese assai. Tal ne la ferrea età, quando gli sposi Folle superstizion chiamava allarme Giocato fu. Ma poi che l’aureo venne Secol di novo; e che del prisco errore Si spogliàro i mariti, al sol diletto La dama e il cavalier volsero il gioco Che la necessità trovato avea. Fu superfluo il romor: di molle panno La tavola vestissi e de’ patenti Bòssoli il sen: lo schiamazzio molesto Tal rintuzzossi: e durò al gioco il nome, Che ancor l’antico strepito dinota.
1147. 1148. 1149. 1150. 1151. 1152. 1153. 1154. 1155. 1156. 1157. 1158. 1159. 1160. 1161. 1162. 1163. 1164. 1165. 1166. 1167. 1168. 1169. 1170. 1171. 1172. 1173. 1174. 1175. 1176. 1177. 1178.
IL VESPRO 1.
E de’ pesci squammosi e de le piante E dell’umana plebe al suo fin corre.
E rivolge gli assalti nemici a suo favore. Siedono entrambi al tavolo da gioco: L’amore desideroso e la ninfa. Quella occupa una parte, l’altro l’altro lato. Il marito si appoggia con il gomito Ad uno dei lati, tende entrambe le orecchie E ogni tanto, sotto al tavolo da gioco, Scruta con gli occhi. Ora l’agitare dei dadi Inizia, dentro bussolotti risonanti, Ora il picchiare dei bussolotti sul tavolo, Ora il vibrare, lo sparpagliare, l’urtare, Il cozzare dei due dadi, ora il martellare Delle agitate pedine. Si contorce e freme Sbalordito il geloso: pensa di fuggire, Ma lo trattiene il sospetto. Cresce il rumore Il frastuono, il risuonare e la caduta rovinosa: Non può più resistere, balza in piedi E con entrambe le mani si chiude gli orecchi. Hai vinto tu, Mercurio, l’accorto amante Disse poche parole, ma la sua bella capì molto. Così nell’età del ferro, quando i mariti Erano indotti alle armi dalla folle superstizione Ci si comportò. Ma dopo che è tornata a brillare l’età dell’oro
Venne un secolo nuovo; e i mariti del primitivo errore
Si liberarono; solo per divertimento La dama e il cavaliere indirizzarono il gioco Che la necessità aveva ideato. Il rumore fu considerato inutile: di morbida stoffa Si rivestirono la tavola e l’interno seno Dei bussolotti: il rumore noioso Così si attenuò: ma rimase al gioco il nome, Che ricorda ancora l’antico rumore.
IL VESPRO
Ma de gli augelli e de le fere il giorno 149
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1. 2. 3.
Ma il giorno degli uccelli e delle fiere, E dei pesci squamosi e delle piante E della plebe nuda corre alla sua fine,
41. Le dall’aura predate amiche rose? 42. Or tu nato di lei ministro e duce 43. L’assisti all’opra; e di novelli odori
4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16. 17. 18. 19. 20. 21. 22. 23. 24. 25. 26. 27. 28. 29. 30. 31. 32. 33. 34. 35. 36. 37. 38. 39. 40.
Già sotto al guardo de la immensa luce Sfugge l’un mondo: e a berne i vivi raggi Cuba s’affretta e il Messico e l’altrice Di molte perle California estrema: E da’ maggiori colli e dall’eccelse Rocche il sol manda gli ultimi saluti All’Italia fuggente; e par che brami Rivederti o Signor prima che l’alpe O l’appennino o il mar curvo ti celi A gli occhi suoi. Altro finor non vide Che di falcato mietitore i fianchi Su le campagne tue piegati e lassi, E su le armate mura or braccia or spalle Carche di ferro, e su le aeree capre De gli edificj tuoi man scabre e arsicce, E villan polverosi innanzi a i carri Gravi del tuo ricolto, e su i canali E su i fertili laghi irsuti petti Di remigante che le alterne merci A’ tuoi comodi guida ed al tuo lusso; Tutti ignobili aspetti. Or colui veggia Che da tutti servito a nullo serve. Pronto è il cocchio felice. Odo le rote Odo i lieti corsier che all’alma sposa E a te suo fido cavalier nodrisce Il placido marito. Indi la pompa Affrettasi de’ servi; e quindi attende Con insigni berretti e argentee mazze Candida gioventù che al corso agogna I moti espor de le vivaci membra: E nell’audace cor forse presume A te rapir de la tua bella i voti. Che tardi omai? Non vedi tu com’ella Già con morbide piume a i crin leggeri La bionda che svani polve rendette; E con morbide piume in su la guancia Fe’ più vermiglie rifiorir che mai
4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16. 17. 18. 19. 20. 21. 22. 23. 24. 25. 26. 27. 28. 29. 30. 31. 32. 33. 34. 35. 36. 37. 38. 39. 40.
E già sotto lo sguardo dell’immensa luce Sfugge il mondo e si affrettano a berne i vivi raggi Cuba e il Messico e la California estrema, Produttrice di molte perle E dai maggiori colli e dalle eccelse Rocche, il sole manda gli ultimi saluti All’Italia che fugge, e sembra che desideri Di rivederti, o Signore, prima che le Alpi O l’Appennino o il curvo mare Si nasconda ai suoi occhi. Fino ad ora non vide altro Che i fianchi del falcato mietitore, Piegati e stanchi sulle tue campagne E sulle mura ornate, ora con le braccia ora con le spalle Cariche di ferro, e sulle aeree capre Dei tuoi edifici vide mani scabre ed arse, E vide i villani polverosi, davanti ai carri Gravi del tuo raccolto, e sui canali E sui fertili laghi vide i forti petti Del rematore che le alterne merci Guida ai tuoi comodi ed al tuo lusso; Aspetti tutti ignobili. Veda tutto questo colui Che tutti servono e che a nessuno serve. Il cocchio felice è pronto. Odo le ruote, Odo i lieti cavalli che per la divina sposa E per te, suo fido cavaliere, mantiene il marito. Di lì si affretta la pompa Dei servitori e di qui attende Con insigni berretti e mazze d’argento La candida gioventù che corre E desidera esporre i movimenti delle membra E nell’audace cuore forse presume Di rapire i favori della dama. Non vedi come è tardi ormai? Non vedi come ella Già con le morbide piume rendette i capelli leggeri Con la bianca polvere che svanì; E con le morbide piume del trucco sulla faccia Fece rifiorire più rosso che mai 150
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41. Il suo viso colorato di rose freschissime? 42. Ora tu sei rimasto e, suo ministro e duce, 43. La assisti nell’opera, e riempi con la mano esperta
82. Itene omai de’ cari nodi vostri 83. Grato dispetto a provocar nel mondo.
44. 45. 46. 47. 48. 49. 50. 51. 52. 53. 54. 55. 56. 57. 58. 59. 60. 61. 62. 63. 64. 65. 66. 67. 68. 69. 70. 71. 72. 73. 74. 75. 76. 77. 78. 79. 80. 81.
44. 45. 46. 47. 48. 49. 50. 51. 52. 53. 54. 55. 56. 57. 58. 59. 60. 61. 62. 63. 64. 65. 66. 67. 68. 69. 70. 71. 72. 73. 74. 75. 76. 77. 78. 79. 80. 81.
La tabacchiera e i bei cristalli aurati Con la perita mano a lei rintègra: Tu il ventaglio le scegli adatto al giorno; E tenta poi fra le giocose dita Come agevole scorra. Oh qual con lieti Nè ben celati a te guardi e sorrisi Plaude la dama al tuo sagace tatto! Ecco ella sorge; e del partir dà cenno: Ma non senza sospetti e senza baci A le vergini ancelle il cane affida Al par de’ giochi al par de’ cari figli Grave sua cura: e il misero dolente Mal tra le braccia contenuto e i petti Balza e guaisce in suon che al rude vulgo Ribrezzo porta di stridente lima; E con rara celeste melodia Scende a gli orecchi de la dama e al core. Mentre così fra i generosi affetti E le intese blandizie e i sensi arguti E del cane e di sè la bella oblia Pochi momenti; tu di lei più saggio Usa del tempo: e a chiaro speglio innante I bei membri ondeggiando alquanto libra Su le gracili gambe; e con la destra Molle verso il tuo sen piegata e mossa Scopri la gemma che i bei lini annoda; E in un di quelle ond’hai si grave il dito L’invidiato folgorar cimenta: Poi le labbra componi; ad arte i guardi Tempra qual più ti giova; e a te sorridi. Al fin tu da te sciolto, ella dal cane Ambo al fin v’appressate. Ella da i lumi Spande sopra di te quanto a lei lascia D’eccitata pietà l’amata belva; E tu sopra di lei da gli occhi versi Quanto in te di piacer destò il tuo volto. Tal seguite ad amarvi: e insieme avvinti, Tu a lei sostegno, ella di te conforto,
La tabacchiera aromatica di nuovi profumi E le boccette di cristallo ornate d’oro: Tu le scegli il ventaglio adatto al giorno E tenti tra le giocose dita Come scorre facilmente. Oh, con quali felici E a te ben nascosti sguardi e sorrisi Applaude la dama alla tua abile manualità! Ecco che ella si alza e dà l’ordine di partire, Ma non senza sospetti e senza baci Affida il cane alla damigella, Sua grave cura, al pari dei giochi, al pari Dei cari figli; e il misero dolorante, Tenuto male tra le braccia e i petti, Balza e genera un guaito, che al rude volgo Porta un ribrezzo come di una lima stridente E con una celeste cara melodia Scende alle orecchie e al cuore della dama. Mentre così fra i generosi sentimenti E le moine e le reciproche effusioni, Ella resta per qualche attimo nel suo oblio e in quello del cane,
Tu, che sei più saggio di lei, Usa il tempo: e davanti al chiaro specchio Prova le pose, i migliori atteggiamenti, pesati con la grazia
Sulle gracili gambe; e con la molle Mano destra piegata e mossa verso il tuo seno, Scopri la gemma che annoda i bei lini; E nello stesso tempo prendi una di quelle che hai così pesanti nel dito
E paragona l’invidiato splendore: Poi componi le labbra; assumi l’espressione Che più ti giova e sorridi. Poi tu, accomiatato da te stesso, lei congedata dal cane, Vi avvicinate l’uno all’altra. Ella esprime Con i suoi occhi ciò che Resta dell’affetto suscitato dal cane E tu riverberi su di lei Il tuo compiacimento destato dal suo viso. Così continuate ad amarvi: e abbracciati insieme, Tu sostegno a lei, lei sostegno a te, 151
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82. Andate oramai intanto a provocare l’invidia altrui 83. Dei vostri cari legami, nel mondo a voi gradito.
122. A porger voti sospirando? Forse 123. Con alma dubbia e palpitante i detti
84. Qual primiera sarà che da gli amati 85. Voi sul vespro nascente alti palagi 86. Fuor conduca o Signor voglia leggiadra? 87. Fia la santa Amistà, non più feroce 88. Qual ne’ prischi eccitar tempi godea 89. L’un per l’altro a morir gli agresti eroi; 90. Ma placata e innocente al par di questi 91. Onde la nostra età sorge sì chiara 92. Di Giove alti incrementi. Oh dopo i tardi 93. De lo specchio consigli e dopo i giochi 94. Dopo le mense, amabil dea, tu insegni 95. Come il giovin Marchese al collo balzi 96. Del giovin Conte; e come a lui di baci 97. Le gote imprima; e come il braccio annode 98. L’uno al braccio dell’altro; e come insieme 99. Passeggino elevando il molle mento 100. E volgendolo in guisa di colombe; 101. E palpinsi e sorridansi e rispondansi 102. Con un vezzoso tu. Tu fra le dame 103. Sul mobil arco de le argute lingue 104. I già pronti a scoccar dardi trattieni 105. S’altra giugne improvviso a cui rivolti 106. Pendean di già: tu fai che a lei presente 107. Non osin dispiacer le fide amiche: 108. Tu le carche faretre a miglior tempo 109. Di serbar le consigli. Or meco scendi; 110. E i generosi ufici e i cari sensi 111. Meco detta al mio eroe; tal che, famoso 112. Per entro al suon de le future etadi, 113. E a Pilade s’eguagli e a quel che trasse 114. Il buon Tesèo da le Tenarie foci. 115. Se da i regni che l’alpe o il mar divide 116. Dall’Italico lido in patria or giunse 117. Il caro amico; e da i perigli estremi 118. Sorge d’arcano mal, che in dubbio tenne 119. Lunga stagione i fisici eloquenti, 120. Magnanimo garzone andrai tu forse 121. Trepido ancora per l’amato capo
84. Quale sarà il primo nobile desiderio 85. Che vi spingerà ad uscire, sul far della sera 86. Dai vostri amati palazzi, o Signore? 87. Sarà la sacra amicizia, non più così spietata 88. Come quando nell’antichità si compiaceva 89. Di far morire gli uni e gli altri, in nome del vincolo; 90. Ma ora è tranquilla e innocente, come questi insigni semidei 91. Dove sorge la nostra età così chiara, 92. I figli di Giove che danno lustro alla nostra epoca. Oh, dopo 93. I consigli dello specchio, dopo i giochi, 94. Dopo le mense, tu, dea amabile, mostri 95. Come il giovin Marchese salti al collo 96. Del giovin Conte e come faccia risuonare 97. Le gote di baci; e come stringa il braccio 98. L’uno dell’altro, e come passeggino 99. Insieme, alzando il delicato mento, 100. Girandolo come fanno le colombe, 101. Toccandosi, sorridendosi e rispondendosi 102. Con un vezzoso “tu”. Tu, trattieni sulla 103. Bocca delle dame le maldicenze che 104. Stanno per essere pronunciate se 105. Improvvisamente arriva colui 106. A cui sono rivolte. 107. Non osino dispiacersi le fedeli amiche: 108. Tu consiglia a loro di serbare le cariche faretre 109. A miglior tempo. Ora scendi con me 110. E detta al mio eroe i nobili doveri e i cari sensi, 111. Così che egli diventi famoso 112. Per entrare nel suono delle future età, 113. E si paragoni a Pilade e ad Ercole, 114. Che trasse il buon Teseo dalle foci dell’Inferno. 115. Se dai regni che le Alpi o il mare dividono, 116. Ora giunse in patria dall’italico lido 117. Il caro amico, che dai pericoli estremi 118. Si risolleva da un male misterioso, che a lungo tenne 119. In dubbio i fisici eloquenti, 120. Forse che tu non andrai, o magnanimo garzone, 121. Ansioso ancora a pregare 152
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122. Per l’amato amico, per la sua guarigione? Forse 123. In questo stato di trepidazione e di incertezza
162. Or fia tempo d’usarne. Esca e con essa 163. Del caro amico tuo voli a le porte
124. E i guardi e il viso esplorerai de’ molti 125. Che il giudizio di voi menti si chiare 126. Fra i primi assunse d’Esculapio alunni? 127. O di leni origlieri all’omer lasso 128. Porrai sostegno; e vital sugo a i labbri 129. Offrirai di tua mano? O pur con lieve 130. Bisso il madido fronte a lui tergendo, 131. E le aurette agitando, il tardo sonno 132. Inviterai a fomentar con l’ali 133. La nascente salute? Ahi no; tu lascia 134. Lascia che il vulgo di sì tenui cure 135. Le brevi anime ingombri; e d’un sol atto 136. Rendi l’amico tuo felice a pieno. 137. Sai che fra gli ozj del mattino illustri, 138. Del gabinetto al tripode sedendo, 139. Grand’arbitro del bello oggi creasti 140. Gli eccellenti nell’arte. Onor cotanto 141. Basti a darti ragion su le lor menti 142. E su l’opre di loro. Util ciascuno 143. A qualch’uso ti fia. Da te mandato 144. Con acuto epigramma il tuo poeta 145. La mentita virtù trafigger puote 146. D’una bella ostinata: e l’elegante 147. Tuo dipintor può con lavoro egregio 148. Tutti dell’amicizia onde ti vanti 149. Compendiar gli ufici in breve carta; 150. O se tu vuoi che semplice vi splenda 151. Di nuda maestade il tuo gran nome; 152. O se in antica lapide imitata 153. Inciso il brami; o se in trofeo sublime 154. Accumulate a te mirar vi piace 155. Le domestiche insegne, indi un lione 156. Rampicar furibondo e quindi l’ale 157. Spiegar l’augel che i fulmini ministra, 158. Qua timpani e vessilli e lance e spade, 159. E là scettri e collane e manti e velli 160. Cascanti argutamente. Ora ti vaglia 161. Questa carta o signor serbata all’uopo;
124. Esplorerai molti sguardi e visi 125. Dei molti medici, che voi nobili e illuminati 126. Giudicate eccellenti? 127. Oppure ti porrai come molle sostegno 128. Ai morbidi cuscini, alla spalla; e alla Medicina 129. Affiderai la mano? Oppure con la lieve 130. Tela di lino, asciugandogli la fronte, 131. Facendogli aria agitando, 132. Lo inviterai a recuperare con le ali 133. La ritrovata salute? Ahi no, lascia 134. Lascia che il popolo abbia insignificanti preoccupazioni 135. Per le piccole anime ingombrate; ed in un solo atto 136. Rendi il tuo amico felice pienamente. 137. Sai che fra gli illustri ozi del mattino, 138. Sedendoti al tripode del gabinetto, 139. Hai stabilito quali siano 140. Gli artisti migliori. Tanto onore 141. Basti a condizionare le loro coscienze 142. E le loro opere. A ciascuno sia utile 143. A seconda dell’uso che ne fa. Mandato a te 144. Con un pungente epigramma, il tuo poeta 145. Non può mascherare il falso compito virtuoso 146. Di una bella ostinata: e l’elegante 147. Tuo pittore, con un egregio lavoro, 148. Può riassumere tutti i doveri dell’amicizia 149. Di cui tu ti vanti, in un biglietto da visita; 150. Sia se tu vuoi che splenda semplice 151. La nuda maestà del tuo grave nome, 152. Sia se desideri che sia concepito ad imitazione di un’antica lapide, 153. Con il tuo nome inciso in caratteri romani, 154. Riuniti a formare un insigne trofeo; 155. Poi ci saranno gli emblemi della casata: da una parte il leone 156. Furioso, dall’altra parte le ali 157. Spiegate di un uccello, che amministra i fulmini, 158. Qui i tamburi e i vessilli, e lance e spade, 159. E là pelli, collane e mantelli, scettri 160. Studiati con eleganza. Ora ti torna utile 161. Questa carta da visita, o Signore, pronta all’uopo, 153
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162. Ora è il tempo di usarla. Esca e con quella 163. Voli alle porte del tuo caro amico
202. Tentò frenarla, in van le damigelle 203. Che su lo sposo e il cavaliere e lei
164. Alcun de’ nuncj tuoi; quivi deponga 165. La tessera beata; e fugga; e torni 166. Ratto su l’orme tue pietoso eroe, 167. Che già pago di te ratto a traverso 168. E de’ trivii e del popolo dilegui. 169. Già il dolce amico tuo nel cor commosso, 170. E non senza versar qualche di pianto 171. Tenera stilla il tuo bel nome or legge, 172. Seco dicendo: “oh ignoto al duro vulgo 173. Sollievo almo de’ mali! Oh sol concesso 174. Facil commercio a noi alme sublimi 175. E d’affetti e di cure! Or venga il giorno 176. Che sì grate alternar nobili veci 177. A me sia dato!” Tale sbadigliando 178. Si lascia da la man lenta cadere 179. L’amata carta; e te la carta e il nome 180. Soavemente in grembo al sonno oblia. 181. Tu fra tanto colà rapido il corso 182. Declinando intraprendi ove la dama 183. Co’ labbri desiosi e il premer lungo 184. Del ginocchio sollecito ti spigne 185. Ad altre opre cortesi. Ella non meno 186. All’imperio possente a i cari moti 187. Dell’amistà risponde. A lei non meno 188. Palpita nel bel petto un cor gentile. 189. Che fa l’amica sua? Misera! Ieri, 190. Qual flisse la cagion, fremer fu vista 191. Tutta improvviso, ed agitar repente 192. Le vaghe membra. Indomito rigore 193. Occupolle le cosce; e strana forza 194. Le sospinse le braccia. Illividiro 195. I labbri onde l’Amor l’ali rinfresca; 196. Enfiò la neve de la bella gola; 197. E celato candor da i lini sparsi 198. Effuso rivelossi a gli occhi altrui. 199. Gli Amori si schermiron con la benda; 200. E indietro rifuggironsi le Grazie. 201. In vano il cavaliere, in van lo sposo
164. Qualcuno dei suoi servi; qui deponga 165. La beata tessera, fugga e torni 166. Rapido sulle tue orme, o pietoso eroe, 167. Che già pago di te veloce attraverso 168. I trivi ed il popolo ti dilegui. 169. Ora il tuo dolce amico, commosso nel cuore, 170. Non senza versare qualche lacrima, 171. Legge teneramente ora il tuo bel nome, 172. Dicendo tra sé: <
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202. Vanamente tentarono la stessa cosa le damigelle 203. Che facevano scorrere le sguardo sullo sposo,
242. Le mani le ginocchia, il fatto espone 243. E del fatto le origini riposte.
204. Scorrean col guardo; e poi ristrette insieme 205. Malignamente sorrideansi in volto. 206. Ella truce guatando curvò in arco 207. Duro e feroce le gentili schiene 208. Scalpitò col bel piede; e ripercosse 209. La mille volte ribaciata mano 210. Del tavolier ne le pugnenti sponde. 211. Livida pesta scapigliata e scinta 212. Al fin stancò tutte le forze; e cadde 213. Insopportabil pondo sopra il letto. 214. Nè fra l’intime stanze o fra le chiuse 215. Gemine porte il prezioso evento 216. Tacque ignoto molt’ore. Ivi la Fama 217. Con uno il colse de’ cent’occhi suoi; 218. E il bel pegno rapito uscì portando 219. Fra le adulte matrone, a cui segreto 220. Dispetto fanno i pargoletti amori, 221. Che da la maestà de gli otto lustri 222. Fuggon volando a più scherzosi nidi. 223. Una è fra lor che gli altrui nodi or cela 224. Comoda e strigne; or d’ispida virtude 225. Arma suoi detti; e furibonda in volto 226. E infiammata ne gli occhi alto declama 227. Interpreta ingrandisce i sagri arcani 228. De gli amorosi gabinetti; e a un tempo 229. Odiata e desiata eccita il riso 230. Or co’ proprj misterj or con gli altrui. 231. La vide la notò, sorrise alquanto 232. La volatile dea, disse: tu sola 233. Sai vincere il clamor de la mia tromba. 234. Disse, e in lei si mutò. Prese il ventaglio, 235. Prese le tabacchiere, il cocchio ascese; 236. E là venne trottando ove de’ grandi 237. È il consesso più folto. In un momento 238. Lo sbadigliar s’arresta. In un momento 239. Tutti gli occhi e gli orecchi e tutti i labbri 240. Si raccolgono in lei: ed ella al fine, 241. E ansando e percotendosi con ambe
204. Sul cavaliere e su di lei; e poi, avvicinatesi le une alle altre, 205. Maliziosamente sorridevano, accennando con l’espressione del volto. 206. Ella, guardando in modo torvo 207. Inarcò aspramente il dorso 208. E scalpitò con il bel piede e batté più volte 209. La mano mille volte ribaciata 210. Sugli spigoli del tavolo da gioco. 211. Livida, pesta, scapigliata e discinta 212. Alla fine esaurì tutte le forze e cadde 213. Come un peso insostenibile peso sopra il letto. 214. Né fra le stanze da letto, né fra 215. Le porte doppie e chiuse, il prezioso evento 216. Restò silenzioso e ignoto per molte ore. La Fama 217. Lo colse lì con uno dei suoi cento occhi 218. E uscì portando la preziosa occasione di pettegolezzo 219. Fra le mature matrone 220. Alle quali fanno segretamente dispetto gli amori giovanili, 221. Che dalla ragguardevole età di quaranta anni 222. Fuggono volando verso nidi più gioiosi. 223. Fra di loro vi è una che i legami altrui ora nasconde 224. Compiacente e stringe, ora impronta 225. Le sue parole ad un rigido moralismo e con il volto furibondo 226. E con gli occhi infiammati declama ad alta voce, 227. Interpreta e ingrandisce i segreti delle vicende amorose 228. Che si svolgono nei salotti più appartati, nello stesso tempo 229. Odiata e desiderata, suscita il riso 230. Ora con i propri segreti, ora con quelli degli altri. 231. La Fama, volatile dea, la vide, la notò, sorrise alquanto 232. E disse: <
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242. Le mani e le ginocchia, espone il fatto 243. E le cause segrete della vicenda.
282. E quinci ognor più violento e quindi 283. Il trepido agitar de i duo ventagli.
244. Riser le dame allor pronte domane 245. A fortuna simil, se mai le vaghe 246. Lor fantasie commoverà negato 247. Da i mariti compenso a un gioco avverso, 248. O in faccia a lor per deità maggiore 249. Negligenza d’amante, o al can diletto 250. Nata subita tosse: e rise ancora 251. La tua dama con elle: e in cor dispose 252. Di teco visitar l’egra compagna. 253. Ite al pietoso uficio, itene or dunque: 254. Ma lungo consigliar duri tra voi 255. Pria che a la meta il vostro cocchio arrive. 256. Se visitar, non già veder l’amica 257. Forse a voi piace, tacita a le porte 258. La volubile rota il corso arresti: 259. E il giovanetto messagger salendo 260. Per le scale sublimi a lei v’annunzj 261. Si che voi non volenti ella non voglia. 262. Ma, se vaghezza poi ambo vi prende 263. Di spiar chi sia seco, e di turbarle 264. L’anima un poco, e ricercarle in volto 265. De’ suoi casi la serie, il cocchio allora 266. Entri: e improvviso ne rimbombi e frema 267. L’atrio superbo. Egual piacere inonda 268. Sempre il cor de le belle o che opportune 269. O giungano importune alle lor pari. 270. Già le fervide amiche ad incontrarse 271. Volano impazienti; un petto all’altro 272. Già premonsi abbracciando; alto le gote 273. D’alterni baci risonar già fanno; 274. Già strette per la man co’ dotti fianchi 275. Ad un tempo amendue cadono a piombo 276. Sopra il sofà. Qui l’una un sottil motto 277. Vibra al cor dell’amica; e a i casi allude 278. Che la Fama narrò: quella repente 279. Con un altro l’assale. Una nel viso 280. Di bell’ire s’infiamma: e l’altra i vaghi 281. Labbri un poco si morde: e cresce in tanto
244. Risero le dame anche loro pronte domani 245. Ad un simile comportamento, se i loro capricciosi desideri 246. Saranno sconvolti dal fatto 247. Che il marito si rifiuta di pagare un loro debito di gioco 248. O se un qualunque negligente 249. Apertamente le trascura per una donna più bella 250. O se al cane amato nasce un’improvvisa tosse, e rise ancora 251. La tua dama con loro e in cuor suo stabilì 252. Di visitare con te l’amica inferma. 253. Andate allora alla pietà, andate dunque 254. Ma fra di voi consigliatevi lungamente 255. Prima che il vostro occhio arrivi alla meta. 256. Se a voi piace visitare l’amica, non semplicemente 257. Vederla, il cocchio si arresti 258. silenzioso alle porte: 259. E il giovinetto messaggero salendo 260. Per le alte scale a lei si annunzi 261. Così che ella, se non vuole, non vi accolga. 262. Ma se vi prende il desiderio 263. Di spiare chi sia con lei e di metterla 264. Un po’ in imbarazzo e di riconoscerle nell’espressione del volto 265. La storia delle sue vicissitudini, allora il cocchio 266. Entri ed improvvisamente il superbo atrio 267. Ne rimbombi e ne echeggi. Un uguale piacere inonda 268. Sempre l’animo delle belle che giungano gradite 269. O che risultino inopportune alle loro pari. 270. Già le calorose amiche volano impazienti 271. Ad incontrarsi; si abbracciano stringendosi 272. L’una al petto dell’altra; e fanno risuonare 273. Altamente le gote di vicendevoli baci; 274. Già strette per la mano, con i fianchi consapevoli 275. Cadono pesantemente nello stesso tempo 276. Sopra i sofà. Qui l’una lancia una frecciatina allusiva 277. Al cuore dell’amica e fa riferimento alla vicenda 278. Che la Fama ha narrato: l’altra subito 279. Assale l’amica con un altro pettegolezzo. 280. Una si infiamma sul viso e l’altra si morde 281. Un po’ le belle labbra e intanto cresce 156
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282. Da una parte e dall’altra più violento 283. L’inquieto vibrare dei due ventagli,
322. Abita e il gufo; e i rugginosi ferri 323. Sopra le rote mal sedenti al giorno
284. Così, se mai al secol di Turpino 285. Di ferrate guerriere un paro illustre 286. Si scontravan per via, ciascuna ambiva 287. L’altra provar quel che valesse in arme; 288. E dopo le accoglienze oneste e belle 289. Abbassavan lor lance e co’ cavalli 290. Urtavansi feroci; indi infocate 291. Di magnanima stizza i gran tronconi 292. Gittavan via de lo spezzato cerro, 293. E correan con le destre a gli elsi enormi. 294. Ma di lontan per l’alta selva fiera 295. Un messagger con clamoroso suono 296. Venir s’udiva galoppando; e l’una 297. Richiamare a re Carlo, o al campo l’altra 298. Del giovane Agramante. Osa tu pure 299. Osa invitto garzone il ciuffo e i ricci 300. Si ben finti stamane all’urto esporre 301. De’ ventagli sdegnati: e a nuove imprese 302. La tua bella invitando, i casi estremi 303. De la pericolosa ira sospendi. 304. Oh solenne a la patria oh all’orbe intero 305. Giorno fausto e beato al fin sorgesti 306. Di non più visto in ciel roseo splendore 307. A sparger l’orizzonte. Ecco la sposa 308. Di Ramni eccelsi l’inclit’alvo al fine 309. Sgravò di maschia desiata prole 310. La prima volta. Da le lucid’aure 311. Fu il nobile vagito accolto a pena, 312. Che cento messi a precipizio usciro 313. Con le gambe pesanti e lo spron duro 314. Stimolando i cavalli, e il gran convesso 315. Dell’etere sonoro alto ferendo 316. Di scutiche e di corni: e qual si sparse 317. Per le cittadi popolose, e diede 318. A i famosi congiunti il lieto annunzio: 319. E qual per monti a stento rampicando 320. Trovò le rocche e le cadenti mura 321. De’ prischi feudi ove la polve e l’ombra
284. Così come nei poemi del ciclo carolingio, al secolo di Turpino, 285. Se un paio di guerrieri nobili, dotati di armatura e di armi di ferro, 286. Si scontravano per la strada, ognuno ambiva 287. Provare quel che l’altro potesse nelle armi 288. E dopo i saluti di rito 289. Allenavano le loro lance e con i cavalli 290. Si urtavano ferocemente; poi infuocati 291. Di nobile ira gettavano via 292. I grandi tronconi delle lance spezzate 293. E correvano ad afferrare le enormi else, 294. Ma di lontano per la profonda feroce selva 295. Un messaggero che suonava il corno 296. Si udiva venire galoppando e richiamare 297. L’una al campo di Carlo e l’altro 298. Al campo del giovane Agramante. Ora pure tu 299. Osa, invincibile garzone, esporre il ciuffo 300. E i ricci, così ben acconciati stamani, alla violenza 301. Dei ventagli sdegnati e invitando a nuove imprese 302. La tua bella, sospendi i fatti 303. Più importanti della sua pericolosa ira. 304. Oh giorno beato e fausto alla patria 305. E al mondo intero: alla fine sorgesti 306. A spargere l’orizzonte di un roseo 307. Splendore mai visto in cielo. Ecco la sposa 308. Di nobile ed antica stirpe, alla fine partorì 309. La desiderata prole maschile primogenita 310. Per la prima volta. Il nobile vagito 311. Fu accolto appena dalle prime luci dell’alba, 312. Che cento messaggeri uscirono a precipizio 313. Stimolando i cavalli 314. Con le pesanti calzature e il feroce sprone 315. E facendo risuonare la grande volta celeste 316. Degli schiocchi delle fruste e del suono dei corni: e un messaggero 317. Si sparse sulle città popolose e diede 318. Il lieto annunzio agli illustri congiunti, 319. Ed uno, inerpicandosi a stento per i monti, 320. Raggiunse le rocche e le mura cadenti 321. Degli antichi feudi, dominati dalla polvere e dall’ombra 157
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322. Dove abita il gufo e portò nuovamente alla luce 323. I pezzi di artiglieria arrugginiti sconnessi e malfermi sulle ruote
8. 9.
324. Di novo espose, e fe’ scoppiarne il tuono; 325. E i gioghi de’ vassalli e le vallèe 326. Ampie e le marche del gran caso empièo. 327. Nè le Muse devote, onde gran plauso 328. Venne l’altr’anno a gl’imenei felici, 329. Già si tacquero al parto. Anzi, qual suole 330. Là su la notte dell’ardente agosto 331. Turba di grilli, e più lontano ancora 332. Innumerabil popolo di rane 333. Sparger d’alto frastuono i prati e i laghi, 334. Mentre cadon su lor fendendo il buio 335. Lucide strisce, e le paludi accende 336. Fiamma improvvisa che lambisce e vola; 337. Tal sorsero i cantori a schiera a schiera; 338. E tal piovve su lor foco febèo, 339. Che di motti ventosi alta compaggine 340. Fe’ dividere in righe, o in simil suono 341. Uscir pomposamente. Altri scoperse 342. In que’ vagiti Alcide, altri d’Italia 343. Il soccorso promise, altri a Bizanzio 344. Minacciò lo sterminio. A tal clamore 345. Non ardi la mia Musa unir sue voci: 346. Ma del parto divino al molle orecchio 347. Appressò non veduta; e molto in poco 348. Strinse dicendo: “Tu sarai simile 349. Al tuo gran genitore”.
324. E fece esplodere colpi 325. E riempì del grande evento i monti 326. Abitati dai vassalli e le ampie valli e le marche. 327. E le Muse care e devote, che magnificarono 328. L’anno scorso le felici nozze, 329. Non stettero in silenzio alla notizia del parto. 330. Anzi, come nelle ardenti notti d’agosto 331. Una turba di grilli e, ancora più lontano, 332. Innumerevoli schiere di rane 333. Spargono di alto frastuono i prati e i laghi, 334. Mentre su di loro, attraversando il buio, 335. Cadono le luminose stelle cadenti 336. E un fuoco fatuo lambisce la superficie della palude e si dilegua, 337. Così sorsero i cantori a schiera a schiera 338. E su di loro piovve talmente l’ispirazione poetica 339. Che fece mettere in versi sciolti 340. Un’ampia produzione di espressioni ampollose, 341. Oppure uscirono in pomposi versi rimati. Uno scoprì 342. Nel neonato un nuovo Ercole, un altro vide 343. In lui il futuro salvatore dell’Italia, un altro 344. Vide lo sterminatore dei Turchi. La mia Poesia 345. Non osò unire la sua voce a quella delle altre: 346. Ma si avvicinò non vista 347. Al tenero orecchio del divino neonato; e sintetizzò molte cose 348. In poche parole, dicendo: <
LA NOTTE
LA NOTTE 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7.
Nè tu contenderai benigna Notte, Che il mio Giovane illustre io cerchi e guidi Con gli estremi precetti entro al tuo regno. Già di tenebre involta e di perigli, Sola squallida mesta alto sedevi Su la timida terra. Il debil raggio De le stelle remote e de’ pianeti,
Che nel silenzio camminando vanno, Rompea gli orrori tuoi sol quanto è duopo
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E tu benevola Notte non cercherai di impedire che Io cerchi il mio giovane nobile e lo accompagni Dandogli gli ultimi insegnamenti nel tuo regno. Dall’alto ( del tuo seggio ) dominavi la terra Timorosa già avvolta dal tenebre dense di pericoli Solitaria, squallida e triste. Il debole chiarore delle Lontane stelle e dei pianeti , che nel silenzio vanno Facendo il loro percorso , interrompeva i tuoi 158
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Terrori solo quel tanto che basta a farteli sentire
48. Stupefatta la Notte intorno vedesi 49. Riverberar più che dinanzi al sole
10. 11. 12. 13. 14. 15. 16. 17. 18. 19. 20. 21. 22. 23. 24. 25. 26. 27. 28. 29. 30. 31. 32. 33. 34. 35. 36. 37. 38. 39. 40. 41. 42. 43. 44. 45. 46. 47.
A sentirli assai più. Terribil ombra Giganteggiando si vedea salire Su per le case e su per l’alte torri Di teschi antiqui seminate al piede. E upupe e gufi e mostri avversi al sole Svolazzavan per essa; e con ferali Stridi portavan miserandi augurj. E lievi dal terreno e smorte fiamme Sorgeano in tanto; e quelle smorte fiamme Di su di giù vagavano per l’aere Orribilmente tacito ed opaco; E al sospettoso adultero, che lento Col cappel su le ciglia e tutto avvolto Entro al manto sen gìa con l’armi ascose, Colpieno il core, e lo strignean d’affanno. E fama è ancor che pallide fantasime Lungo le mura de i deserti tetti Spargean lungo acutissimo lamento, Cui di lontano per lo vasto buio I cani rispondevano ululando. Tal fusti o Notte allor che gl’inclit’avi, Onde pur sempre il mio garzon si vanta, Eran duri ed alpestri; e con l’occaso Cadean dopo lor cene al sonno in preda; Fin che l’aurora sbadigliante ancora Li richiamasse a vigilar su l’opre Dei per novo cammin guidati rivi E su i campi nascenti; onde poi grandi Furo i nipoti e le cittadi e i regni. Ma ecco Amore, ecco la madre Venere, Ecco del gioco, ecco del fasto i Genj, Che trionfanti per la notte scorrono, Per la notte, che sacra è al mio signore Tutto davanti a lor tutto s’irradia Di nova luce. Le inimiche tenebre Fuggono riversate; e l’ali spandono Sopra i covili, ove le fere e gli uomini Da la fatica condannati dormono.
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Ancora più paurosi. Un’ombra Terribile enorme si vedeva salire Per le case e le alte torri disseminate Ai loro piedi di antichi teschi. E in essa (in questa tenebra ) Svolazzano upupe , gufi e animali Mostruosi che non amano la luce del sole , che con Funebri stridii rivelano presagi funesti. E nel frattempo sgorgavano dal terreno fuochi fatui Leggeri e smorti ; e quelle fiamme tenui Vagavano su e giù in quell’aria Terribilmente silenziosa e buia; E colpivano il cuore Stringendolo d’angoscia all’amante pieno di paura , Che lentamente col cappello calato sugli occhi Tutto avvolto nel mantello se ne andava nascondendo le armi.
Si dice ancora che pallidi fantasmi Lungo i muri Delle case abbandonate Spargessero un lungo e acutissimo lamento, A cui da lontano in quest’immensa Oscurità rispondeva l’ululato dei cani. Fosti tale o Notte allor quando i famosi antenati, Di cui continuamente il mio giovin signore si vanta Erano forti e rozzi e al tramonto del sole Dopo cena cadevano preda del sonno ; finche L’aurora li richiamasse mentre Ancora sbadigliavano a vegliare sulle opere Costituite dai ruscelli ( di irrigazione ) fatti scorrere In altre direzioni e verso campi pieni di germogli; Da qui venne la ricchezza che rese grandi Discendenti città e regni. Ecco Amore , ecco sua madre Venere ,
Ecco le divinità protettrici del gioco e del lusso , Che esultanti corrono nella notte, Nella notte che è sacra per il mio Signore. Davanti a loro tutto brilla di una luce artificiale. Fuggono cacciate indietro Le tenebre nemiche ; spalancano Le ali sopra le tane , dove fiere ed uomini Costretti alla fatica dormono. 159
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48 La Notte sbalordita si vede 49 Riverberare tutt’intorno più che se avesse il sole
88. Perigliar tra le rote; e te per l’alto 89. De lo infranto cristal mandar carpone.
50. 51. 52. 53. 54. 55. 56. 57. 58. 59. 60. 61. 62. 63. 64. 65. 66. 67. 68. 69. 70. 71. 72. 73. 74. 75. 76. 77. 78. 79. 80. 81. 82. 83. 84. 85. 86. 87.
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Auree cornici, e di cristalli e spegli Pareti adorne, e vesti varie, e bianchi Omeri e braccia, e pupillette mobili, E tabacchiere preziose, e fulgide Fibbie ed anella e mille cose e mille. Cosi l’eterno caos, allor che Amore Sopra posovvi e il fomentò con l’ale, Sentì il generator moto crearsi, Sentì schiuder la luce; e sè medesmo Vide meravigliando e i tanti aprirsi Tesori di natura entro al suo grembo. de’ miei studj glorioso alunno, Tu seconda me dunque, or ch’io t’invito Glorie novelle ad acquistar là dove O la veglia frequente o l’ampia scena I grandi eguali tuoi, degna de gli avi E de i titoli loro e di lor sorte E de i pubblici voti, ultima cura Dopo le tavolette e dopo i prandj E dopo i corsi clamorosi occùpa. Or dove ahi dove senza me t’aggiri Lasso! da poi che in compagnia del sole T’involasti pur dianzi a gli occhi miei? Qual palagio ti accoglie; o qual ti copre Da i nocenti vapor ch’Espero mena Tetto arcano e solingo; o di qual via L’ombre ignoto trascorri, ove la plebe Affrettando tenton s’urta e confonde Ahimè, tolgalo il ciel, forse il tuo cocchio, Ove il varco è più angusto, il cocchio altrui Incontrò violento: e qual dei duo Retroceder convegna; e qual star forte, Dispùtano gli aurighi alto gridando. Sdegna invitto garzon sdegna d’alzare Fra il rauco suon di Stèntori plebei Tu’ amabil voce; e taciturno aspetta, Sia che a l’un piaccia rovesciar dal carro Lo suo rivale; o rovesciato anch’esso
Davanti a sé cornici d’oro , pareti adorni di cristalli E specchi , vesti di vario tipo , braccia e spalle Candide, pupille nobili, e tabacchiere preziose E fibbie brillanti e anelli e migliaia di altre cose. Cosi il caos eterno , quando Amore vi si posò sopra E lo vivificò (con le ali ), sentì che si creava Il movimento generatore di vita, Sentì la luce accendersi , E vide con meraviglia se stesso E gli innumerevoli tesori della natura Che si rivelano al suo interno. O illustre alunno di quello che io ho imparato E che ti insegno , seguimi dunque Dal momento che ti invito a conquistare nuove glorie Là dove o il continuo vegliare o la spaziosa scena Dei teatri occupa i tuoi illustri simili, cosa degna Degli antenati , dei loro titoli , del loro destino , Dei pubblici desideri , ultima Preoccupazione dopo le toilette , Dopo i pranzi e dopo le passeggiate chiassose . Ora ohimé dove ti aggiri senza di me -infelice!Da quando insieme al sole sei volato Via davanti ai miei occhi ? Quale palazzo ti accoglie, o quale cosa appartata E solitaria ti protegge dai vapori nocivi Che la sera conduce ; o per l’ombra di quale strada Vaghi in incognito , dove la plebe frettolosa Brancolando si urta e si mescola . Ahimè Il cielo non voglia- forse la tua carrozza, dove la via è più stretta
Si scontrò violentemente con la carrozza di un altro : E i cocchieri con altre grida Discutono su quale dei due cocchi debba indietreggiare e quale stare fermo. Disegna, invincibile giovane, disegna di alzare La tua amabile voce in mezzo Al roco suono di uomini rozzi Dotati di voce forte; e silenzioso attendi , sia che a uno Piaccia buttare giù dalla carrozza il suo rivale, 160
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88 O precipitato anch’esso correre pericolo fra le ruote , 89 E mandarti carponi attraverso il vetro rotto.
128. L’altrui cara consorte. Amor nasconde 129. La incauta face; e il fiero dardo alzando
90. Ma l’avverso cocchier d’un picciol urto 91. Pago sen fugge o d’un resister breve: 92. Al fin libero andrai. Tu non pertanto 93. Doman chiedi vendetta; alto sonare 94. Fa il sacrilego fatto; osa pretendi, 95. E i tribunali minimi e i supremi 96. Sconvolgi agita assorda: il mondo s’empia 97. Del grave caso; e per un anno almeno 98. Parli di te, de’ tuoi corsier, del cocchio 99. E del cocchiere. Di sì fatte cose 100. Voi progenie d’eroi famosi andate 101. Ne le bocche de gli uomini gran tempo. 102. Forse ciarlier fastidioso indugia 103. Te con la dama tua nel vuoto corso. 104. Forse a nova con lei gara d’ingegno 105. Tu mal cauto venisti: e già la bella 106. Teco del lungo repugnar s’adira; 107. Già la man, che tu baci arretra, e tenta 108. Liberar da la tua; e già minaccia 109. Ricovrarsi al suo tetto, e quivi sola 110. Involarse ad ognuno in fin che il sonno 111. Venga pietoso a tranquillar suoi sdegni. 112. Tu in van chiedi mercè; di mente in vano 113. Tu a lei te stesso sconsigliata incolpi: 114. Ella niega placarse. Il cocchio freme 115. Dell’alterno clamore; e il cocchio in tanto 116. Giace immobil fra l’ombra: e voi sue care 117. Gemme il bel mondo impaziente aspetta. 118. Ode il cocchiere al fin d’ambe le voci 119. Un comando indistinto; e bestemmiando 120. Sferza i corsieri; e via precipitando 121. Ambo vi porta: e mal sa dove ancora. 122. Folle! Di che temei? Sperdano i venti 123. Ogni augurio infelice. Ora il mio eroe 124. Fra l’amico tacer del vuoto corso 125. Lieto si sta la fresca ora godendo 126. Che dal monte lontan spira e consola. 127. Siede al fianco di lui lieta non meno
90 Ma il cocchiere rivale soddisfatto di un piccolo urto 91 O di una breve resistenza se ne fugge via : finalmente 92 Te ne andrai libero. Tuttavia tu domani chiedi vendetta; 93 diffondi per ogni dove quel fatto sacrilego osa , 94 Pretendi , sconvolgi turba assorda i tribunali 95 Ai vari livelli : il mondo si riempia di questo grave fatto 96 Accaduto e per almeno un anno parli di te , 97 Del tuo cavallo , del cocchio e del cocchiere. 98 Per fatti simili sulla bocca degli uomini 99 Per lungo tempo andate, 100 voi figli di eroi famosi. 101 Forse un chiacchierone noioso trattiene 102 Te con la tua dama nel corso ormai vuoto. 103 Forse sei giunto incontro 104 Ad un nuovo battibecco con lei : 105 E già la bella donna si adira con te 106 Per il tuo dissentire troppo a lungo; 107 Già la mano , che tu baci si tira indietro, 108 E tenta di liberarsi dalla tua ; 109 Già minaccia di ritornare a casa , e qui sola allontanarsi 110 Da tutti finché venga il sonno 111 Pietoso a placare le sue ire. 112 Tu invano chiedi perdono; tu invano incolpi te stesso 113 Davanti a lei di sventatezza : 114 Ella rifiuta di calmarsi. Il cocchio trema per le grida 115 Dell’una e dell’altra; e intanto la carrozza 116 Sta immobile all’ombra : e il bel mondo impaziente 117 Aspetta voi sue care gioie. Infine il cocchiere 118 Ode di entrambe le voci 119 Un comando indistinto; e bestemmiando 120 frusta i cavalli ; e di corsa 121 Porta via entrambi voi : e non sa bene dove può ancora portarvi. 122 Pazzo! Che cosa temevi ? Disperdano i venti 123 Ogni ipotesi infausta. Ora il mio giovane eroe 124 Nell’amico silenzio della via vuota 125 Lieto si sta godendo la brezza 126 Che dal monte lontano spira e lo consola. 127 Al suo fianco non meno contenta di lui 161
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128 Siede la cara moglie di un altro. Amore nasconde la fiaccola incauta ; 129 E sollevando la terribile freccia allontana i malvagi .
168. E con vario destin dando e togliendo 169. La combattuta palma alto abbandona
130. Allontana i maligni. O nume invitto, 131. Non sospettar di me; ch’io già non vegno 132. Invido esplorator, ma fido amico 133. De la coppia beata, a cui tu vegli. 134. E tu signor tronca gl’indugi. Assai 135. Fur gioconde quest’ombre, allor che prima 136. Nacque il vago desio, che te congiunse 137. All’altrui cara sposa or son due lune. 138. Ecco il tedio a la fin serpe tra i vostri 139. Così lunghi ritiri: e tempo è ormai 140. Che in più degno di te pubblico agone 141. Splendano i genj tuoi. Mira la Notte, 142. Che col carro stellato alta sen vola 143. Per l’eterea campagna; e a te col dito 144. Mostra Tèseo nel ciel, mostra Polluce, 145. Mostra Bacco ed Alcide e gli altri egregi, 146. Che per mille d’onore ardenti prove 147. Colà fra gli astri a sfolgorar saliro. 148. Svegliati a i grandi esempi; e meco affretta. 149. Loco è, ben sai, ne la città famoso, 150. Che splendida matrona apre al notturno 151. Concilio de’ tuoi pari, a cui la vita 152. Fora senza di ciò mal grata e vile. 153. Ivi le belle, e di feconda prole 154. Inclite madri ad obliar sen vanno 155. Fra la sorte del gioco i tristi eventi 156. De la sorte d’amore, onde fu il giorno 157. Agitato e sconvolto. Ivi le grandi 158. Avole auguste e i genitor leggiadri 159. De’ già celebri eroi il senso e l’onta 160. Volgon de gli anni a rintuzzar fra l’ire 161. Magnanime del gioco. Ivi la turba 162. De la feroce gioventù divina 163. Scende a pugnar con le mutabil’arme 164. Di vaghi giubboncei, d’atti vezzosi, 165. Di bei modi del dir stamane appresi; 166. Mentre la vanità fra il dubbio marte 167. Nobil furor ne’ forti petti inspin;
130 Oh, divinità invincibile, non sospettare di me ; 131 Che io non vengo come spia invidiosa , 132 Ma come amico fedele della coppia felici su cui tu vigili. 133 E tu signore non esitare più. Sono state 134 Assai liete per te queste ombre , 135 Quando dapprima nacque in te un vago desiderio , 136 Che ti uni circa 2 mesi fa alla cara sposa di un altro. 137 Ecco, la noia infine serpeggia 138 Tra i vostri incontri cosi lunghi : 139 È ormai tempo che le tue virtù risaltino 140 In una competizione pubblica più degna di te . 141 Guarda la Notte , che col carro stellato vola in alto 142 Per l’immensa aerea compagna ; e ti addita in cielo 143 Teseo , ti addita Polluce , 144 Ti addita Bacco e Alcide e altri personaggi 145 Famosi , che grazie a innumerevoli prove audaci 146 D’onore salirono su a brillare fra gli astri. 147 Destati, davanti a questi 148 Grandi esempi , e seguimi in fretta. 149 Vi è un luogo , lo sai bene , famoso in città 150 Che la generosa matrona apre ad un raduno 151 Notturno dei tuoi pari, ai quali la vita senza questa festa 152 Sembrerebbe sgradita e di poco conto. 153 Qui le madri famose , belle dotate di figli fecondi 154 Vanno a dimenticare giocando 155 Le loro sfortunate avventure amorose 156 A causa delle quali la loro giornata fu agitata e turbata . 157 Qui le grandi e illustri bisnonne e i genitori leggiadri 158 Di eroi già famosi si recano 159 A dimenticare la conoscenza 160 E la vergogna dei loro amici avanzati 161 Nelle generose passioni del gioco. 162 Qui la folla della baldanzosa gioventù divina 163 Scende a combattere con le volubili armi di bei giubbetti , 164 Atteggiamenti vezzosi di belle 165 Espressioni imparate appena la mattina; 166 Ma la vanità nella guerra 167 Dall’esito incerto ispira nell’animo 162
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168 Degli uomini forti una nobile ira , e concedendo e togliendo 169 Con alterne vicende la palma della vittoria
208. Dall’un lato la cappa, contegnoso 209. Guida l’amanza a diportarsi al vallo,
170. I leggeri vessilli all’aure in preda. 171. Ecco che già di cento faci e cento 172. Gran palazzo rifulge. Multiforme 173. Popol di servi baldanzosamente 174. Sale scende s’aggira. Urto e fragore 175. Di rote di flagelli e di cavalli 176. Che vengono che vanno, e stridi e fischi 177. Di gente, che domandan che rispondono, 178. Assordan l’aria all’alte mura intorno. 179. Tutto è strepito e luce. O tu, che porti 180. La dama e il cavalier dolci mie cure, 181. Primo di carri guidator, qua volgi; 182. E fra il denso di rote arduo cammino 183. Con Olimpica man splendi; e d’un corso 184. Subentrando i grand’atrj, a dietro lascia 185. Qual pria le porte ad occupar tendea. 186. Quasi a propria virtù plauda al gran fatto 187. Il generoso eroe: plauda la bella, 188. Che con l’agil pensier scorre gli aurighi 189. De le dive rivali; e novi al petto 190. Sente nascer per te teneri orgogli. 191. Ma il bel carro s’arresta: e a te signore, 192. A te prima di lei sceso d’un salto, 193. Affidata la dea, lieve balzando, 194. Col sonante calcagno il suol percote. 195. Largo dinanzi a voi fiammeggi e grondi, 196. Sopra l’ara de’ numi ad arder nato, 197. Il tesoro dell’api: e a lei da tergo 198. Pronta di servi mano a terra proni 199. Lo smisurato lembo alto sospenda: 200. Somma felicità, che lei separa 201. Da le ricche viventi, a cui per anco, 202. Misere! sopra il suol l’estrema veste 203. Sibila per la polvere strisciando. 204. Ahi, se fresco sdegnuzzo i vostri petti 205. Dianzi forse agitò, tu chino e grave 206. A lei porgi la destra; e seco innoltra, 207. Quale ibèro amador quando, raccolta
170 Abbandona in alto al vento i suoi vessilli leggeri. 171 Ecco che già il grande palazzo brilla di innumerevoli fiaccole. 172 Una schiera di servi dalle diverse uniformi 173 baldanzosamente sale 174 Le scale le scende e si aggira. 175 Urti e fragori di ruote di fruste e di cavalli 176 Che giungono che si allontanano , grida e fischi di gente , 177 Che chiede e risponde , 178 Assordano l’aria intorno alle alte mura. 179 Tutto è strepito e luce. O tu (cocchiere ), 180 Che porti la dama e il suo cavaliere oggetto della mia dolce 181 Sollecitudine ; primo guidatore di carri , dirigiti 182 Da questa parte ; e nel cammino reso difficile 183 Dall’affollarsi delle ruote con destrezza divina 184 Risplendi; e di corsa entrando nel grande atrio, 185 Lascia indietro chi prima stava ad occupare la parte. 186 Quasi fosse merito proprio applauda questa grande azione 187 Il magnanimo eroe : applauda la dama che mentalmente 188 Passa in rassegna i cocchieri delle divine rivali; 189 E sente nascere nel suo cuore 190 Nuovi motivi d’orgoglio nei tuoi confronti. 191 Ma la bella carrozza si ferma : e a te signore, 192 A te sceso prima di lei con un salto , quella donna 193 Divina affidandosi con un balzo leggero 194 Colpisce il terreno col calcagno risuonante. 195 In grande quantità arda e coli davanti a voi, 196 Il tesoro delle api, il cero: 197 Nato per bruciare sopra l’altare degli dei, 198 Ed una schiera pronta di servi piegati a terra sospenda a lei 199 In alto da dietro il lunghissimo strascico : 200 Incredibile felicità che la distingue 201 Dalle ricche borghesi , a lei ancora , infelici! 202 Il lembo della veste strisciando sulla terra sibila per la polvere . 203 Ah , se un recente screzio 204 Poco fa forse turbò il vostro cuore, 205 Tu chino e severo porgi a lei 206 La mano destra ; e vai avanti con lei , 207 Come un amante spagnolo quando, tirato 163
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208 il mantello su un braccio, pieno di sussiego 209 Guida l’amante a divertirsi, portandosi
248. Io, di razza mortale ignoto vate, 249. Come ardirò di penetrar fra i cori
210. Dove il tauro, abbassando i corni irati, 211. Spinge gli uomini in alto; o gemer s’ode 212. Crepitante Giudeo per entro al foco. 213. Ma no; chè l’amorosa onda pacata 214. Oggi siede per voi: e quanto è duopo 215. A vagarvi il piacer solo la increspa 216. Una lieve aleggiando aura soave. 217. Snello adunque e vivace offri a la bella 218. Mollemente piegato il destro braccio 219. Ella la manca v’inserisca. Premi 220. Tu col gomito un poco. Anch’ella un poco 221. Ti risponda premendo; e a la tua lena 222. Dolce peso a portar tutta si doni, 223. Mentre a piccioli salti ambo affrettate 224. Per le sonanti scale alto celiando. 225. Oh come al tuo venir gli archi e le volte 226. De’ gran titoli tuoi forte rimbombano! 227. Come a quel suon volubili le porte 228. Cedono spalancate; ed a quel suono 229. Degna superbia in cor ti bolle; e face 230. L’anima eccelsa rigonfiar più vasta! 231. Entra in tal forma; e del tuo grande ingombra 232. Gli spazj fortunati. Ecco di stanze 233. Ordin lungo a voi s’apre. Altra di servi 234. Infimo gregge alberga, ove tra lampi 235. Di molteplice lume acceso e spento, 236. E fra sempre incostanti ombre schiamazza 237. Il sermon patrio e la facezia e il riso 238. Dell’energica plebe. Altra di vaghi 239. Zazzerati donzelli è certa sede, 240. Ove accento stranier misto al natio 241. Molle susurra: e s’apparecchia in tanto 242. Copia di carte e multiforme avorio, 243. Arme l’uno a la pugna, indice l’altro 244. D’alti cimenti e di vittorie illustri. 245. Al fin più interna, e di gran luce e d’oro 246. E di ricchi tapeti aula superba 247. Sta servata per voi prole de’ numi.
210 Nell’arena dove il toro , abbassando le corna adirate, 211 Spinge i toreri in alto; o si sentono gemere 212 Gli ebrei bruciati nel fuoco. 213 Ah no; perché il vostro rapporto amoroso 214 Per voi procede tranquillo; 215 E solo quando è necessario per farvi piacere 216 Muove questo rapporto 217 Come soffiando una leggera dolce brezza. 218 Dunque snello e vivace offri alla tua bella dama piegato 219 Dolcemente il braccio destro sotto il quale essa inserisca la sinistra. 220 Tu premila un po’ col gomito. Ed essa 221 Si abbandoni completamente , 222 Piacevole peso da portare al tuo vigore , 223 Mentre con piccoli salti entrambi correte 224 Per le scale riecheggianti scherzando ad alta voce. 225 Oh al tuo arrivare gli archi e le volte 226 Rimbombano dei tuoi grandi titoli! 227 E al rimbombo le porte 228 Si spalancano; e per quel suono 229 Il cuore ti ribolle di degna superbia e fa 230 Rigonfiare e allargare l’anima eccelsa! 231 Entra la tua presenza; e gli spazi diventano fortunati 232 Perché ingombrati dalla tua persona. Ecco si apre una serie di stanze. 233 In una sta la moltitudine di servi dove, tra sprazzi di luce 234 Provenienti dalla ricca illuminazione delle stanze più interne 235 Quando vengono aperte per annunciare un ospite, 236 Producendo sempre ombre momentanee, schiamazzano 237 Il dialetto e le battute e la risata 238 Dell’energica plebe. In un’altra stanza di vaghi 239 Donzelli zazzeruti vi è una certa sede 240 Dove l’accento straniero si mescola a quello nativo, 241 Parla sottovoce ed educatamente: e prepara 242 I mazzi di carte e i gettoni d’avorio di varie forme, 243 Una parte delle quali servono al gioco, le altre 244 Servono a testimoniare le partecipazioni e vittorie conseguite 245 La sfarzosa sala che si apre oltre le anticamere 246 Ed il molteplice lume e le dorate cornici e i costosi tappeti 247 È riservata ai figli degli dei. 164
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248 Io di razza mortale ignoto vate 249 Come oserò di penetrare tra i cuori
288. Ecco il bel fabbro lungo pian dispone 289. Di tavole contesto, e molli cigne,
250. De’ semidei, ne lo cui sangue in vano 251. Gocciola impura cercheria con vetro 252. Indagator colui che vide a nuoto 253. Per l’onda genitale il picciol uomo? 254. Qui tra i servi m’ arresto; e qui da loro 255. Nuove del mio signor virtudi ascose 256. Tacito apprenderò. Ma tu sorridi 257. Invisibil Camena; e me rapisci 258. Invisibil con te fra li negati 259. Ad ognaltro profano aditi sacri. 260. Già il mobile de’ seggi ordine augusto 261. Sovra i tiepidi strati in cerchio volge: 262. E fra quelli eminente i fianchi estende 263. Il grave canapè. Sola da un lato 264. La matrona del loco ivi si posa; 265. E con la man, che lungo il grembo cade 266. Lentamente il ventaglio apre e socchiude 267. Or di giugner è tempo. Ecco le snelle 268. E le gravi per molto adipe dame, 269. Che a passi velocissimi s’affrettano 270. Nel gran consesso. I cavalieri egregi 271. Lor camminano a lato: ed elle, intorno 272. A la sede maggior vortice fatto 273. Di sè medesme, con sommessa voce 274. Brevi note bisbigliano; e dileguansi 275. Dissimulando fra le sedie umili. 276. Un tempo il canapè nido giocondo 277. Fu di risi e di scherzi, allor che l’ombre 278. Abitar gli fu grato ed i tranquilli 279. Del palagio recessi. Amor primiero 280. Trovò l’opra ingegnosa. Io voglio, ei disse, 281. Dono a le amiche mie far d’un bel seggio, 282. Che tre ad un tempo nel suo grembo accoglia. 283. Così, qualor de gl’importuni altronde 284. Volga la turba, sederan gli amanti 285. L’uno a lato dell’altro, ed io con loro. 286. Disse, percosse ambe le palme; e l’ali 287. Aprì volando impaziente all’opra.
250 Dei semidei, nel cui sangue invano 251 La minima traccia di sangue plebeo cercherà 252 Con il microscopio colui che vide 253 Fluttuante nel liquido seminale il piccolo uomo? 254 Qui mi arresto tra i servi e apprenderò da loro 255 Nuove nascoste virtù del mio Signore 256 Stando zitto. Ma tu sorridi 257 Camena invisibile; e mi rapisci invisibile 258 Con te tra i sacri penetrali del palazzo, 259 Inaccessibili ai non iniziati. 260 Già le sedie e le poltrone il cui ordine varia secondo necessità, 261 Sono ora solennemente disposte in cerchio sopra i tappeti: 262 E tra gli altri seggi è eminente 263 Il grave canapè. Sola in un lato 264 Siede la padrona di casa; 265 E con la mano che è abbandonata lungo il grembo 266 Apre lentamente il ventaglio e lo socchiude, 267 È il momento di arrivare. Ecco le dame 268 Snelle ed appesantite dal grasso, 269 Che con gran passo si affrettano 270 Nel gran consesso. Gli egregi cocchieri 271 Camminano loro a lato: ed esse, dopo aver 272 Attorniato animatamente il canapè con 273 I loro stessi strascichi vorticanti, con voce sommessa 274 Pronunciano rapidamente i convenevoli d’uso; e senza parere 275 Si allontanano verso le altre convitate. Un tempo il canapè 276 Era il luogo ideale 277 Per le risa e gli scherzi, quando era collocato 278 Nei posti più graditi e tranquilli 279 Del palazzo. L’Amore per primo 280 Giudicò l’opera ingegnosa. Io voglio, egli disse, 281 Fare dono alle mie amiche di un bel seggio 282 Che accolga nel suo grembo tre nello stesso tempo. 283 Così, qualora la turba degli importuni 284 Volga altrove, gli amanti sederanno 285 Uno vicino all’altro, ed io con loro. 286 Disse, applaudendo, e aprì 287 Le ali volando impaziente all’opera. 165
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288 Ecco l’Amore si dispone lungo il piano 289 Costituito da tavole connesse a cinghie elastiche,
328. Gli alti palagi e le vigilie illustri 329. De la prole de’ numi. Un ne le mani
290. A reggerlo vi dà vaghe colonne, 291. Che del silvestre Pane i piè leggieri 292. Imitano scendendo; al dorso poi 293. V’alza patulo appoggio; e il volge a i lati, 294. Come far soglion flessuosi acanti 295. O ricche corna d’Arcade montone. 296. Indi, predando a le vaganti aurette 297. L’ali e le piume, le condensa e chiude 298. In tumido cuscin, che tutta ingombri 299. La macchina elegante: e al fin l’adorna 300. Di molli sete e di vernici e d’oro. 301. Quanto il dono d’Amor piacque a le belle! 302. Quanti pensier lor balenàro in mente! 303. Tutte il chiesero a gara: ognuna il volle 304. Ne le stanze più interne: applause ognuna 305. A la innata energia del vago arnese, 306. Mal repugnante e mal cedente insieme 307. Sotto ai mobili fianchi. Ivi sedendo 308. Si ritrasser le amiche; e da lo sguardo 309. De’ maligni lontane, a i fidi orecchi 310. Si mormoràro i delicati arcani. 311. Ivi la coppia de gli amanti, a lato 312. Dell’arbitra sagace, o i nodi strinse; 313. O calmò l’ira, e nuove leggi apprese. 314. Ivi sovente l’amador faceto 315. Raro volume all’altrui cara sposa 316. Lesse spiegando; e con sorrisi arguti 317. Fe’ tra i fogli notar lepida imago. 318. Il fortunato seggio invidia mosse 319. De le sedie minori al popol vario: 320. E fama è che talora invidia mosse 321. Anco ai talami stessi. Ah perchè mai 322. Vinto da insana ambizione uscìo 323. Fra lo immenso tumulto e fra il clamore 324. De le veglie solenni! Avvi due Genj 325. Fastidiosi e tristi, a cui dier vita 326. L’Ozio e la Vanità, che noti al nome 327. Di Puntiglio e di Noia, erran cercando
290 A reggerlo vi sono le colonnine della zampe, 291 Che Pan con le estremità inferiori 292 A forma di piedi imitano scendendo; poi al dorso 293 Si alza un ampio schienale; e dà ai bracci una forma a voluta 294 Come quella degli acanti nei capitelli corinzi 295 O delle corna di montone dell’Arcadia. 296 Quindi, prendendo alle arie che vagano, 297 Le piume delle ali, le raccoglie e le chiude 298 In un cuscino rigonfio, che ricopre tutta 299 La costruzione elegante: e l’adorna alla fine 300 Con morbide sete e colori ed oro. 301 Quanto piacque il dono di Amore alle belle! 302 Quanti pensieri balenarono nella loro mente! 303 Tutte lo chiesero a gara: ognuna lo voleva 304 Nelle stanze più interne: ognuna applaudì 305 All’intrinseca elasticità della macchina elegante, 306 A un tempo morbida e resistente 307 Sotto ai fianchi dei mobili. Sedendo qui 308 Le amiche si ritirarono, e lontane dallo sguardo 309 Dei maligni, ai fidati orecchi 310 Si mormorarono i delicati pettegolezzi. 311 Qui la coppia degli amanti, a lato 312 Dell’abile intermediaria rafforzò la propria relazione, 313 O calmò l’ira e stabilì nuovi accordi. 314 Qui spesso l’amatore spiritoso 315 Un raro volume alla cara sposa d’altri 316 Lesse spiegando; e con maliziosi sorrisi 317 Fece notare alla dama un’immagine erotica inserita tra le pagine. 318 Il fortunato seggio suscitò l’invidia 319 Delle umili sedie alla varia moltitudine 320 E fama è che talvolta mosse invidia 321 Agli stessi letti. Ah perché mai 322 Vinto da un’insana ambizione uscì 323 Tra l’immenso tumulto e tra il clamore 324 Dei ricevimenti ufficiali! Ci sono due Geni 325 Fastidiosi e tristi, che diedero vita 326 All’Ozio e alla Vanità e che, noti con i nomi 327 Di Puntiglio e di Noia errano perlustrando 166
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328 Gli alti palazzi e le veglie solenni 329 Della prole degli dei. Uno, il Puntiglio, porta
368. Questi è l’almo garzon, che con maestri 369. Da la scutica sua moti di braccio
330. Porta verga fatale, onde sospende 331. Ne’ miseri percossi ogni lor voglia; 332. E di macchine al par, che l’arte inventi 333. Modera l’alme a suo talento e guida: 334. L’altro piove da gli occhi atro vapore; 335. E da la bocca sbadigliante esala 336. Alito lungo, che sembiante a i pigri 337. Soffi dell’austro, si dilata e volve, 338. E d’inane torpor le menti occùpa. 339. Questa del canapè coppia infelice 340. Allor prese l’imperio; e i risi e i giochi 341. Ed Amor ne sospinse. Il trono è questo 342. Ove le madri de le madri eccelse 343. De’ primi eroi esercitan lor tosse; 344. Ove l’inclite mogli, a cui beata 345. Rendon la vita titoli distinti 346. Sbadigliano distinte. Ah, se tu sai, 347. Fuggi ratto o signor, fuggi da tanto 348. Pernicioso influsso: e là fra i seggi 349. De le più miti dèe, quindi remoto 350. Con l’alma gioventù scherza e t’allegra. 351. Quanta folla d’eroi! Tu, che modello 352. D’ogni nobil virtù, d’ogn’atto eccelso, 353. Esser dei fra’ tuoi pari, i pari tuoi 354. A conoscere apprendi; e in te raccogli 355. Quanto di bello e glorioso e grande 356. Sparse in cento di loro arte o natura. 357. Altri di lor ne la carriera illustre 358. Stampa i primi vestigi; altri gran parte 359. Di via già corse; altri a la meta è giunto. 360. In vano il vulgo temerario a gli uni 361. Di fanciulli dà nome; e quelli adulti, 362. Questi già vegli di chiamare ardisce: 363. Tutti son pari. Ognun folleggia e scherza; 364. Ognun giudica e libra; ognun del pari 365. L’altro abbraccia e vezzeggia: in ciò soltanto 366. Non simili tra lor, che ognun sua cura 367. Ha diletta fra l’altre onde più brilli.
330 Nelle mani una verga dalle proprietà magiche, con cui fa cessare
331 Nei toccati ogni loro intenzione; 332 E induce comportamenti automatici realizzati dall’ingegno umano, 333 Guida e corregge gli animi secondo le sue abilità: 334 L’altro, la Noia, emana dagli occhi un vapore nero; 335 E dalla bocca sbadigliante emana 336 Un alito lungo, che somigliante ai pigri venti che soffiano lentamente 337 Si diffonde con lenti movimenti avvolgenti 338 Ed occupa le menti con torpore incorporeo. 339 Questa coppia infelice, Puntiglio e Noia, 340 Si impossessò allora del canapè; e con giochi e sorrisi 341 Scacciò l’Amore. Questo è il trono 342 Dove le madri delle eccelse madri 343 Dei celebri eroi frequentemente tossiscono; 344 Dove le famose mogli, alle quali beata 345 Rendono la vita gli illustri titoli nobiliari, 346 Sbadigliano con fare distinto. Ah, se sei in grado, 347 Fuggi veloce, o Signore, fuggi da tanto 348 Influsso pernicioso e là tra le sedie umili 349 Delle dame più amabili, lontano dal canapè 350 Con la viva gioventù scherza e rallegrati. 351 Quanta folla d’eroi! Tu, che modello 352 Di ogni virtù nobile, di ogni atto eccelso 353 Devi essere tra i tuoi compagni, i tuoi compagni 354 Devi apprendere a conoscere; in te raccogli 355 Quanto di bello, glorioso e grande 356 La Natura e l’Arte sparsero in cento di loro. 357 Uno muove i primi passi nella illustre carriera mondana; 358 Un altro ha percorso già gran parte della via, 359 Un altro è giunto alla metà. 360 Invano il volgo temerario dà il nome 361 A questi fanciulli e a quelli adulti 362 E a questi altri ardisce di chiamarli vecchi: 363 Tutti sono uguali. Ognuno folleggia e scherza, 364 Ognuno giudica e valuta; ognuno in egual modo e misura 365 L’altro abbraccia ed accarezza: solo in questo 366 Si differenziano, che ognuno ha la sua occupazione 167
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367 Particolare in cui si distingue. 368 Questo è il nobile giovinetto che con magistrali 369 Movimenti del braccio trae dalla sua frusta
407. Vincasi e domi; e del soave amico 408. Nobil parte de’ campi all’altro ceda. 409. Vuoi su lucido carro in di solenne
370. Desta sibili egregi; e l’ore illustra 371. L’aere agitando de le sale immense, 372. Onde i prischi trofei pendono e gli avi. 373. L’altro è l’eroe, che da la guancia enfiata 374. E dal torto oricalco a i trivj annuncia 375. Suo talento immortal, qualor dall’alto 376. De’ famosi palagi emula il suono 377. Di messagger, che frettoloso arrive. 378. Quanto è vago a mirarlo allor che in veste 379. Cinto spedita, e con le gambe assorte 380. In amplo cuoio, cavalcando ai campi 381. Rapisce il cocchio, ove la dama è assisa 382. E il marito e l’ancella e il figlio e il cane! 383. Quegli or esce di là dove ne’ fori 384. Si ministran bevande ozio e novelle. 385. Ei v’andò mattutin, partinne al pranzo, 386. Vi tornò fino a notte: e già sei lustri 387. Volgon da poi che il bel tenor di vita 388. Giovinetto intraprese. Ah chi di lui 389. Può sedendo trovar più grati sonni 390. O più lunghi sbadigli; o più fiate 391. D’atro rapè solleticar le nari; 392. O a voce popolare orecchi e fede 393. Prestar più ingordo e declamar più forte? 394. Ecco che il segue del figliuol di Maia 395. Il più celebre alunno, al cui consiglio 396. Nel gran dubbio de’ casi ognaltro cede; 397. Sia che dadi versati, o pezzi eretti, 398. O giacenti pedine, o brevi o grandi 399. Carte mescan la pugna. Ei sul mattino 400. Le stupide micranie o l’aspre tossi 401. Molce giocando a le canute dame. 402. Ei, già tolte le mense, i nati or ora 403. Giochi a le belle declinanti insegna. 404. Ei la notte raccoglie a sè dintorno 405. Schiera d’eroi, che nobil estro infiamma 406. D’apprender l’arte, onde l’altrui fortuna
370 Straordinari sibili; e le ore illustra 371 Agitando l’aria delle immense sale, 372 Dalle pareti delle quali pendono i trofei antichi e i ritratti degli avi. 373 L’altro è l’eroe, che dalla guancia gonfiata 374 E dal corno ricurvo, dà prova per le strade 375 Della sua grande abilità, quando dall’alto 376 Degli illustri palazzi imita il suono 377 Del messaggero, che arriva frettolosamente. 378 Quanto è vago a guardarlo, allora che indossando 379 Un abito succinto, e con le gambe rivestite 380 Di alti stivali, montato a cavallo rapidamente, 381 Sale sulla carrozza, dove è seduta la dama, 382 Il marito, l’ancella, il figlio e il cane! 383 Quell’altro –il frequentatore di caffè- ora esce di là ove nelle piazze 384 Vengono servite bevande, ozi e chiacchiere. 385 Egli vi andò al mattino, ripartì a pranzo, 386 Arrivò la notte: e sono passati trent’anni 387 Da quando il Giovinetto intraprese 388 Il bel tenore ti vita. Ah chi più di lui 389 Può trovare sedendo facili sonni 390 O più lunghi sbadigli; o più volte 391 Con lo scuro tabacco può sollecitare le narici; 392 O può ascoltare una diceria popolare con maggiore 393 Avidità e crudeltà e declamarla più forte? 394 Ecco che lo segue del figlio di Maia 395 L’allievo più famoso, il giocatore più abile 396 A decidere la mossa giusta nei momenti più incerti del gioco; 397 Sia che si giochi a tric-trac, o a scacchi 398 O a dama oppure a carte 399 Di varia tipologia o ai tarocchi. Egli sul mattino 400 Le emicranie che intorpidiscono e le aspre tossi 401 Allevia giocando alle canute dame. 402 Subito dopo pranzo 403 Insegna i giochi appena inventati alle belle che iniziano ad invecchiare. 404 Egli la notte raccoglie intorno a sé 405 La schiera d’eroi, che un desiderio improvviso infiamma 406 Di apprendere l’arte, con cui l’altrui fortuna 168
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407 Vince e domina e dall’amico soave 408 La cospicua parte di patrimonio si trasferisce all’altro. 409 In occasione di una festività quale carro lucido
447. D’oro e lucide lane i casi apparvero 448. D’Ilio infelice: e il cavalier, sedendo 449. Nel gabinetto de la dama, ormai
410. Gir trionfando al corso? Ecco quell’uno, 411. Che al lavor ne presieda. E legni e pelli 412. E ferri e sete e carpentieri e fabbri 413. A lui son noti: e per l’Ausonia tutta 414. E noto ei pure. Il Càlabro di feudi 415. E d’ordini superbo; i duchi e i prenci, 416. Che pascon Mongibello; e fin gli stessi 417. Gran nipoti Romani a lui sovente 418. Ne commetton la cura: ed ei sen vola 419. D’una in altra officina in fin che sorga, 420. Auspice lui, la fortunata mole. 421. Poi di tele ricinta, e contro all’onte 422. De la pioggia e del sol ben forte armata, 423. Mille e più passi l’accompagna ei stesso 424. Fuor de le mura; e con soave sguardo 425. La segue ancor sin che la via declini. 426. Vedi giugner colui, che di cavalli 427. Invitto domator divide il giorno 428. Fra i cavalli e la dama. Or de la dama 429. La man tiepida preme; or de’ cavalli 430. Liscia i dorsi pilosi, ovver col dito 431. Tenta a terra prostrato i ferri e l’ugna. 432. Aimè misera lei quando s’indice 433. Fiera altrove frequente! Ei l’abbandona; 434. E per monti inaccessi e valli orrende 435. Trova i lochi remoti, e cambia o merca. 436. Ma lei beata poi quand’ei sen torna 437. Sparso di limo; e novo fasto adduce 438. Di frementi corsieri; e gli avi loro 439. E i costumi e le patrie a lei soletta 440. Molte lune ripete! Or vedi l’altro, 441. Di cui più diligente o più costante 442. Non fu mai damigella o a tesser nodi 443. O d’aurei drappi a separar lo stame. 444. A lui turgide ancora ambe le tasche 445. Son d’ascose materie. Eran già queste 446. Prezioso tapeto, in cui distinti
410 Vi porterà trionfanti al corso? Ecco quell’uno 411 Che al lavoro ne presiede. E i legni e le pelli 412 E i ferri e le sete e i carpentieri e i fabbri 413 Sono noti a lui: ed egli per tutta l’Italia 414 È noto. Il nobile calabrese superbo di feudi 415 E di titoli nobiliari; i duchi e i principi 416 Che fanno pascolare le loro mandrie sull’Etna; persino gli stessi 417 Discendenti degli antichi nobili romani a lui spesso 418 Affidano la scelta del cocchio: ed egli va 419 Finché venga costruita in un’altra officina, 420 Sotto il suo patrocinio, l’imponente carrozza. 421 Poi, ricoperta da teli protettivi e contro le offese 422 Della pioggia e del sole ben protetta, 423 Con mille e più passi la accompagna lui stesso 424 Fuori delle mura; e con uno sguardo soave 425 La segue ancora fino a che svolti la via. 426 Vedi arrivare colui che di cavalli è 427 Invincibile domatore e divide il giorno 428 Tra i cavalli e la dama. Ora prende 429 La mano tiepida della dama; ora liscia 430 I dorsi pelosi dei cavalli, oppure con il dito 431 Tasta prostrato a terra i ferri e lo zoccolo. 432 Ahimè, misera lei quando si indice 433 Altrove la fiera affollata! Egli la abbandona 434 E per monti inaccessibili e valli orrende 435 Raggiunge luoghi remoti e scambia o acquista. 436 Ma lei è beata quando poi egli torna 437 Sporco di fango; e porta con sé nuovi 438 Magnifici cavalli; e i loro progenitori 439 E le caratteristiche e le origini a lei soletta 440 Ripete per molti mesi! Ora vedi l’altro, 441 Del quale nessuna damigella fu più diligente e solerte 442 Nell’intrecciare nodi per fare reticelle 443 Di quanto non lo sia lui a sfilacciare tessuti pregiati. 444 A lui sono piene ancora tutte e due le tasche 445 Di frammenti di tessuti. Erano già questi 446 Un prezioso arazzo, intessuto 169
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447 Di fili dorati e lane rilucenti, nel quale 448 Erano rappresentate le celebri vicende di Troia e il cavaliere 449 Sedendo nella stanza della dama, ormai
487. L’alma inesperta e il timido pudore. 488. Folli! Chè ai detti loro ella va incontro 489. Valorosa così come una madre
450. Con ostinata man tutte divise 451. In fili minutissimi le genti 452. D’Argo e di Frigia. Un fianco solo avanza 453. De la bella rapita; e poi l’eroe, 454. Pur giunto al fin di sua decenne impresa, 455. Andrà superbo al par d’ambo gli Atridi. 456. Ma chi l’opre diverse o i varj ingegni 457. Tutti esprimer poria, poi che le stanze 458. Folte già son di cavalieri e dame? 459. Tu per quelle t’avvolgi. Ardito e baldo 460. Vanne, torna, ti assidi, ergiti, cedi, 461. Premi, chiedi perdono, odi, domanda, 462. Sfuggi, accenna, schiamazza, entra e ti mesci 463. A i divini drappelli; e a un punto empiendo 464. Ogni cosa dite, mira e conosci. 465. Là i vezzosi d’amor novi seguaci 466. Lor nascenti fortune ad alta voce 467. Confidansi all’orecchio; e ridon forte; 468. E saltellando batton palme a palme: 469. Sia che a leggiadre imprese Amor li guidi 470. Fra le oscure mortali: o che gli assorba 471. De le dive lor pari entro alla luce. 472. Qui gli antiqui d’Amor noti campioni 473. Con voci esili e dall’ansante petto 474. Fuor tratte a stento rammentando vanno 475. Le superate al fin tristi vicende. 476. Indi gl’imberbi eroi, cui diede il padre 477. La prima coppia di destrier pur ieri, 478. Con animo viril celiano al fianco 479. Di provetta beltà, che a i risi loro 480. Alza scoppi di risa; e il nudo spande, 481. Che di veli mal chiuso i guardi cerca, 482. Che il cercarono un tempo. Indi gli adulti, 483. A la cui fronte il primo ciuffo appose 484. Fallace parrucchier, scherzan vicini 485. A la sposa novella; e di bei motti 486. Tendonle insidia, ove di lei s’intrichi
450 Con mano ostinata divise tutte 451 In minutissimi fili le parti di tessuto 452 Che raffiguravano i Greci e i Troiani. Resta da sfilare 453 Solo un fianco di Elena; e poi l’eroe 454 Giunto alla fine della sua decennale impresa, 455 Andrà superbo allo stesso modo dei due Atridi. 456 Ma chi le varie occupazioni o i vari ingegni 457 Tutti potrà esprimere, dato che le stanze 458 Sono già folte di cavalieri e dame? 459 Tu per quelle aggirati. Ardito e baldo, 460 Vai, torna, siediti, ergiti, cedi il passo, 461 Premi, chiedi scusa, ascolta, domanda, 462 Sfuggi, accenna, schiamazza, entra e mescolati 463 Ai gruppi dei nobili convitati; e nello stesso tempo riempiendo 464 Ogni cosa di te, osserva e conosci. 465 Là vi sono i giovani damerini dell’amore 466 Che si confidano all’orecchio i primi successi amorosi 467 Con finta discrezione e ridono forte; 468 E saltellando per il compiacimento battono le mani 469 Sia che intreccino relazioni 470 Con comuni donne borghesi, 471 Sia che si cimentino con nobili dame di pari rango. 472 I vecchi cicisbei, noti campioni dell’amore, 473 Con voci esili e tratte fuori 474 Dall’ansimante petto, a stento vanno ricordando 475 Le imprese erotiche di un tempo passato. 476 Quindi gli eroi adolescenti, a cui il padre 477 Diede la prima coppia di cavalli solo ieri, 478 Con animo virile scherzano al fianco 479 Di una bellezza di età avanzata, che alle loro risate 480 Eleva sfoghi di risa; e mostra con larghezza il nudo seno, 481 Cercando di attirare quegli sguardi 482 Che in passato le venivano rivolti. In seguito gli adulti, 483 Alla cui fronte il parrucchiere pose le prime parrucche 484 Ingannevoli, scherzano vicini 485 Alla giovane sposa; e le rivolgono battute 486 A doppio senso, dove di lei si confonde 170
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487 L’anima immatura e il pudore timido. 488 Pazzi! Perché ella tiene testa alle loro battute 489 Con un’abilità pari a quella di una madre
527. Ratto invola; e del colpo a sè dà plauso. 528. Qual d’ogni lato i molti servi in tanto 529. E seggi e tavolieri e luci e carte
490. Di dieci eroi. V’ha in altra parte assiso 491. Chi di lieti racconti ovver di fole 492. Non ascoltate mai raro promette 493. A le dame trastullo; e ride e narra 494. E ride ancor, benchè a le dame in tanto 495. Sovra l’arco de’ labbri aleggi e penda 496. Insolente sbadiglio. Avvi chi altronde 497. Con fortunato studio in novi sensi 498. Le parole converte; o i simil suoni 499. Pronto a colpir divinamente scherza. 500. Alto al genio di lui plaude il ventaglio 501. De le pingui matrone, a cui la voce 502. Di vernacolo accento anco risponde. 503. Ma le giovani madri, al latte avvezze 504. Di più nuove dottrine, il sottil naso 505. Aggrinzan fastidite; e pur col guardo 506. Chieder sembran pietade a i belli spirti, 507. Che lor siedono a lato; e a cui gran copia 508. D’erudita efemeride distilla 509. Volatile scienza entro a la mente. 510. Altri altrove pugnando audace innalza 511. Sovra d’ognaltro il palafren, ch’ei sale, 512. O il poeta o il cantor, che lieti ei rende 513. De le sue mense. Altri dà vanto all’else 514. Lucido e bello de la spada, ond’egli 515. Solo, e per casi non più visti, al fine 516. Fu dal più dotto Anglico artier fornito. 517. Altri grave nel volto ad altri espone 518. Qual per l’appunto a gran convito apparve 519. Ordin di cibi: ed altri stupefatto, 520. Con profondo pensier con alte dita 521. Conta di quanti tavolieri a punto 522. Grande insolita veglia andò superba. 523. Un fra l’indice e il medio inflessi alquanto, 524. Molle ridendo, al suo vicin la gota 525. Preme furtivo: e l’un da tergo all’altro 526. Il pendente cappel sotto all’ascella
490 Di dieci eroi. Seduto in un’altra parte c’è 491 Chi di felici racconti, ossia di storielle fantasiose 492 E nuove, promette raramente 493 Svago alle dame; e ride e narra 494 E ride ancora, sebbene alle dame intanto 495 Dalla bocca spalancata stia per uscire 496 Uno sbadiglio irriguardoso. Altrove c’è chi 497 Con felice applicazione conferisce doppi sensi 498 Alle parole; è abilissimo 499 Nei giochi linguistici. 500 Il ventaglio delle grasse matrone, 501 Che conservano ancora l’accento dialettale, 502 Dà ampi cenni di approvazione. 503 Ma le giovani madri, abituate alle finezze 504 Della cultura francese, aggrinzano disgustate 505 Il naso delicato; e pure con lo sguardo 506 Sembrano chiedere pietà agli spiriti belli, 507 Che siedono loro accanto; e ai quali la lettura 508 Di riviste ha procurato 509 Una cultura effimera. 510 Altrove un altro, discutendo animatamente, esalta 511 Sopra ogni altro il cavallo che egli monta, 512 O il poeta o il cantore, che egli rende lieti 513 Delle sue mense. Un altro dà vanto all’elsa 514 Lucida e bella della spada, di cui lui 515 Solo, e per una serie di circostanze eccezionali, alla fine 516 Fu fornito dal migliore spadaio inglese. 517 Un altro espone serio nel volto ad un altro 518 L’ordine delle portate che, per l’appunto, in un grande banchetto
519 Apparvero: ed un altro stupefatto 520 Sollevando le dita con un’alta concentrazione 521 Conta quanti tavolini da gioco si trovarono 522 In un sontuoso ricevimento serale. 523 Uno fra l’indice e il medio alquanto piegati 524 Ridendo fortemente, prende per la ganascia 525 Il vicino: e l’uno di spalle all’altro 171
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526 Ruba il pendente cappello sotto l’ascella 527 Rapidamente; e si compiace del colpo. 528 In che modo da ogni parte i molti servi 529 Entrano, portando suppellettili auguste,
566. De lo infelice oro perduto incolpi? 567. Qual paro e quale al tavolier medesmo 568. E di campioni e di guerriere audaci 569. Fia che tra loro a tenzonar congiunga,
530. Supellettile augusta entran portando? 531. E sordo stropicciar di mossi scanni, 532. E cigolìo di tavole spiegate 533. Odo vagar fra le sonanti risa 534. Di giovani festivi e fra le acute 535. Voci di dame cicalanti a un tempo, 536. Come intorno a selvaggio antico moro 537. Sull’imbrunir del dì garrulo stormo 538. Di frascheggianti passere novelle? 539. Sola in tanto rumor tacita siede 540. La matrona del loco: e chino il fronte 541. E increspate le ciglia, i sommi labbri 542. Appoggia in sul ventaglio, arduo pensiere 543. Macchinando tra sè. Medita certo 544. Come al candor come al pudor si deggia 545. La cara figlia preservar, che torna 546. Doman da i chiostri, ove il sermon d’Italia 547. Pur giunse ad obliar, meglio erudita 548. De le Galliche grazie. Oh qual dimane 549. Ne i genitor, ne’ convitati, a mensa 550. Ben cicalando ecciterai stupore 551. Bella fra i lari tuoi vergin straniera! 552. Errai. Nel suo pensier volge di cose 553. L’alta madre d’eroi mole più grande: 554. E nel dubbio crudel col guardo invoca 555. De le amiche l’aita; e a sè con mano 556. Il fido cavalier chiede a consiglio. 557. Qual mai del gioco a i tavolier diversi 558. Ordin porrà, che de le dive accolte 559. Nulla obliata si dispetti; e nieghi 560. Più qui tornare ad aver scorno ed onte? 561. Come, con pronto antiveder, del gioco 562. Il dissimil tenore a i genj eccelsi 563. Assegnerà conforme; ond’altri poi 564. Non isbadigli lungamente, e pianga 565. Le mal gittate ore notturne, e lei
530 E sedie e tavoli e carte ? In che modo 531 Si sente il rumore provocato dallo spostamento delle sedie, 532 Si sente il cigolio dei tavoli da gioco pieghevoli 533 Mescolarsi alle risa sonanti 534 Di giovani festosi e tra le voci 535 Acute delle dame ciarlanti a un tempo, 536 Così come intorno ad un vecchio gelso selvatico 537 Sull’oscurare del giorno uno stormo chiassoso 538 Di giovani passere saltellano tra le fronde? 539 Sola in tanto rumore siede silenziosa 540 La matrona del luogo: e con la testa china 541 E le sopracciglia aggrottate, il labbro superiore 542 Appoggia sul ventaglio, tramando tra sé 543 Un arduo pensiero. Medita certamente 544 Come al candore, come al pudore si debba 545 Preservare la cara figlia, che torna 546 Domani dal collegio religioso, ove infine arrivò a dimenticare 547 La lingua italiana, meglio istruita 548 Con una maggiore conoscenza 549 Del Francese. Oh quale stupore domani 550 Provocherai parlando, nei genitori, negli invitati a pranzo 551 O bella vergine straniera a casa tua! 552 Mi sbagliai. Nel pensiero della divina madre 553 Vagano molte cose più importanti: 554 E nel dubbio crudele con lo sguardo invoca 555 L’aiuto delle amiche; e con un cenno della mano 556 Chiama il suo cavalier servente, perché la consigli sul da farsi: 557 In quale ordine disporrà i vari 558 Tavoli da gioco, in modo tale che le invitate 559 Non si sentano trascurate; e si rifiutino 560 Di tornare un’altra volta a patire offese ed umiliazioni? 561 Come, con rapida intuizione, distribuirà gli invitati 562 In modo che ciascuno si combini col tiro al gioco 563 Più adatto alle sue inclinazioni; dove altri poi 564 Non sbadigli lungamente, e si rammarichi 565 Per il tempo sprecato, e incolpi lei 172
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566 Per i soldi tristemente perduti al gioco? 567 Quali coppie di cavalieri e dame, 568 Campioni e guerriere audaci 569 Opporrà ad uno stesso tavolo,
606. Di tre soltanto. Ivi di molti e grandi 607. Fogli dipinti il tavolier si sparge: 608. Qui di pochi e di brevi. Altri combatte; 609. Altri sta sopra a contemplar gli eventi
570. Sì che giammai, per miserabil caso, 571. La vetusta patrizia, ella e lo sposo 572. Ambo di regi favolosa stirpe, 573. Con lei non scenda al paragon, che al grado 574. Per breve serie di scrivani or ora 575. Fu de’ nobili assunta: e il cui marito 576. Gli atti e gli accenti ancor serba del monte? 577. Ma che non può sagace ingegno e molta 578. D’anni e di casi esperienza? Or ecco 579. Ella compose i fidi amanti; e lungi 580. De la stanza nell’angol più remoto 581. Il marito costrinse, a dì sì lieti 582. Sognante ancor d’esser geloso. Altrove 583. Le occulte altrui, ma non fuggite all’occhio 584. Dotto di lei benchè nascenti a pena 585. Dolci cure d’amor, fra i meno intenti 586. O i meno acuti a penetrar nell’alte 587. Dell’animo latèbre, in grembo al gioco 588. Pose a crescer felici: e già in duo cori 589. Grazia e mercè de la bell’opra ottiene. 590. Qua gl’illustri e le illustri; e là gli estremi 591. Ben seppe unir de’ novamente compri 592. Feudi, e de’ prischi gloriosi nomi 593. Cui mancò la fortuna. Anco le piacque 594. Accozzar le rivali, onde spiarne 595. I mal chiusi dispetti. Anco per celia 596. Più secoli adunò, grato aspettando 597. E per gli altri e per sè riso dall’ire 598. Settagenarie, che nel gioco accense 599. Fien, con molta raucedine e con molto 600. Tentennar di parrucche e cuffie alate. 601. Già per l’aula beata a cento intorno 602. Dispersi tavolier seggon le dive 603. Seggon gli eroi, che dell’Esperia sono 604. Gloria somma o speranza. Ove di quattro 605. Un drappel si raccoglie: e dove un altro
570 Così che mai, per una circostanza infausta, 571 La dama di antica nobiltà, lei e lo sposo 572 Entrambi discendenti di casate reali, 573 Non debbano confrontarsi 574 Con una dama di recente 575 Nobiltà di toga: e il cui marito 576 Dimostra ancora le sue origini rurali? 577 Ma cosa non può lo scaltro ingegno e la molta 578 Esperienza di anni e di eventi? Ora ecco 579 Che ha messo vicino i fedeli innamorati; e ha relegato 580 Lontano, nell’angolo più remoto 581 Della stanza, il marito, che in giorni così felici 582 Sogna ancora di essere geloso. Altrove 583 Combina ad un tavolo da gioco, 584 Fra le persone ancora interessate 585 O meno adatte a penetrare i più nascosti 586 Segreti del cuore, una coppia di cui vuol favorire 587 L’amore nascente, che –ignoto a tutti gli altri – non è fuggito 588 Al suo occhio esperto: e già per la sua buona 589 Azione viene ringraziata in cuor loro dai due amanti. 590 Qui i cavalieri e le dame di pura nobiltà; e là gli estremi 591 Seppe unire con sagacia i recenti nobili 592 Borghesi, e quelli da antica 593 Data decaduti. Ancora le piacque 594 Unire le rivali, per spiarne 595 Le mal celate insofferenze. Ancora per scherzo 596 Raggruppò alcuni vecchi, pregustando 597 L’ilarità suscitata dalle liti senili 598 Nate per motivi di gioco ed accese 599 Con molta raucedine e con molto 600 Tentennare di parrucche e di cuffie alate. 601 Già per l’aula superba intorno a cento 602 Tavolini dispersi, siedono le dive, 603 Siedono gli eroi, che sono grande gloria o speranza 604 Dell’Italia. Dove si raccoglie un drappello 605 Di quattro: e dove un altro 173
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606 Di tre soltanto. Lì il tavolino 607 Si sparge di molte e grandi carte: 608 Qui di poche e di brevi. Uno gioca, 609 Un altro sta in piedi a guardare gli eventi
646. L’ampia tavola è questa, a cui s’aduna 647. Quanto mai per aspetto e per maturo 648. Senno il nobil concilio ha di più grave 649. O fra le dive socere o fra i nonni
610. De la instabil fortuna e i tratti egregi 611. Del sapere o dell’arte. In fronte a tutti 612. Grave regna il consiglio: e li circonda 613. Maestoso silenzio. Erran sul campo 614. Agevoli ventagli, onde le dame 615. Cercan ristoro all’agitato spirto 616. Dopo i miseri casi. Erran sul campo 617. Lucide tabacchiere. Indi sovente 618. Un’util rimembranza un pronto avviso 619. Con le dita si attigne: e spesso volge 620. I destini del gioco e de la veglia 621. Un atomo di polve. Ecco sen ugne 622. La panciuta matrona intorno al labbro 623. Le calugini adulte: ecco sen ugne 624. Le nari delicate e un po’ di guancia 625. La sposa giovinetta. In vano il guardo 626. D’esperto cavalier, che già su lei 627. Medita nel suo cor future imprese, 628. Le domina dall’alto i pregi ascosi: 629. E in van d’un altro timidetto ancora 630. Il pertinace piè l’estrema punta 631. Del bel piè le sospigne. Ella non sente 632. O non vede o non cura. Entro a que’ fogli, 633. Ch’ella con man si lieve ordina o turba, 634. De le pompe muliebri a lei concesse 635. Or s’agita la sorte. Ivi è raccolto 636. Il suo cor la sua mente. Amor sorride; 637. E luogo e tempo a vendicarsi aspetta. 638. Chi la vasta quiete osa da un lato 639. Romper con voci successive or aspre 640. Or molli or alte ora profonde, sempre 641. Con tenore ostinato al par di secchi, 642. Che scendano e ritornino piagnenti 643. Dal cupo alveo dell’onda; o al par di rote, 644. Che sotto al carro pesante, per lunga 645. Odansi strada scricchiolar lontano?
610 Della fortuna incostante e le abili 611 Giocate. Tutti esprimono 612 Una profonda concentrazione: e una vasta quiete 613 Li circonda. Mutano posizione sul tavolo da gioco 614 Maneggevoli ventagli con i quali le dame 615 Cercano di calmare il loro nervosismo 616 Dopo la perdita al gioco. Mutano posizione sul tavolo 617 Tabacchiere preziose. Quindi, fiutando 618 Spesso una presa di tabacco, 619 Ci si ricorda di una mossa utile: e spesso una minuscola 620 Quantità di tabacco muta i destini del gioco 621 E della veglia. Ecco che la donna molto grassa 622 Si unge la folta peluria 623 Intorno al labbro: ecco che la giovane sposa 624 Si unge il naso delicato e un po’ la guancia. 625 Invano lo sguardo dell’esperto cavaliere, 626 Che in cuor suo medita 627 Nuove imprese e pensa di sedurla, 628 Le osserva dall’alto il seno: 629 E invano un altro cavaliere timido ancora 630 Con l’insistente piede le spinge 631 La punta estrema del bel piede. Ella non sente 632 O non vede, o non cura. Nelle carte, 633 Che ella così abilmente ordina e scompone, 634 È racchiuso il destino del denaro assegnatole dal marito 635 Per le spese personali. E tutta 636 Concentrata nel gioco, sorride al marito; 637 E aspetta il luogo e il momento per vendicarsi. 638 Chi osa da un lato rompere la vostra quiete 639 Con voci che si susseguono ora crudeli 640 Ora dolci, ora alte, ora profonde, sempre 641 Ininterrottamente al pari di secchi, 642 Che scendono e ritornano cigolanti 643 Dalle buie profondità del pozzo; o al pari di ruote, 644 Che sotto al carro pesante, si odono 645 Scricchiolare lontano per la lunga strada? 174
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646 L’enorme tavola è questa, intorno alla quale si riunisce 647 Quanto mai il nobile consiglio 648 Abbia di più anziano per aspetto e per matura sensatezza 649 O tra le divine suocere o tra i nonni
650. O fra i celibi già da molti lustri 651. Memorati nel mondo. In sul tapeto 652. Sorge grand’urna, che poi scossa in volta 653. La dovizia de’ numeri comparte 654. Fra i giocator, cui numerata è innanzi 655. D’immagini diverse alma vaghezza. 656. Qual finge il vecchio, che con man la negra 657. Sopra le grandi porporine brache 658. Veste raccoglie; e rubicondo il naso 659. Di grave stizza alto minaccia e grida 660. L’aguzza barba dimenando. Quale 661. Finge colui, che con la gobba enorme 662. E il naso enorme e la forchetta enorme 663. Le cadenti lasagne avido ingoia. 664. Quale il multicolor zanni leggiadro, 665. Che, col pugno posato al fesso legno, 666. Sovra la punta dell’un piè s’innoltra; 667. E la succinta natica rotando, 668. Altrui volge faceto il nero ceffo. 669. Nè d’animali ancor copia vi manca, 670. O al par d’umana creatura l’orso 671. Ritto in due piedi, o il miccio, o la ridente 672. Simmia, o il caro asinello, onde a sè grato 673. E giocatrici e giocator fan speglio
650 O tra i celibi già da molti lustri 651 Famosi nel mondo. Sul tappeto 652 Sorge una grande urna, che poi viene agitata 653 A turno dai vari giocatori che estraggono 654 Alcuni numeri, i quali hanno davanti caselle numerate 655 A cui corrisponde un’immagine di squisita fattura. 656 Una raffigura il vecchio, che raccoglie con mano la veste nera 657 Sopra i grandi pantaloni color 658 Porpora; dimenando il naso rosso 659 E l’aguzza barba e a causa della grande collera 660 Minaccia e grida. Una 661 Raffigura colui che con una enorme gobba 662 E con il naso enorme e con la forchetta enorme 663 Ingoia avidamente le lasagne cadenti. 664 Una raffigura Arlecchino leggiadro, 665 Che, col pugno appoggiato alla spatola di legno, 666 Si inoltra sopra la punta di un piede; 667 E ruotando il gluteo, avvolto dai pantaloni aderenti, 668 Sposta scherzando dall’altra parte il nero viso. 669 Né vi manca ancora copia di animali, 670 O l’orso raffigurato ritto in piedi 671 Come l’uomo, o il gatto, o la digrignante 672 Scimmia, o il caro asinello, in cui i giocatori 673 Riconoscono con compiacimento loro stessi.
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INDICE
PREFAZIONE Avvertenze Schema del lavoro
Pag. 1 Pag. 3 Pag. 4
INTRODUZIONE
Pag. 5
La lingua del “Giorno”
Pag. 10
IL MATTINO IL MERIGGIO IL VESPRO LA NOTTE
Pag. 11 Pag. 36 Pag. 63 Pag. 71
IL “GIORNO” con testo a fronte in lingua corrente IL MATTINO IL MERIGGIO IL VESPRO LA NOTTE
Pag. 91 Pag.120 Pag. 149 Pag. 158
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PRO MANUSCRIPTO - STAMPATO PRESSO L’ISTITUTO MAGISTRALE DI PONTREMOLI GIUGNO 2000
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