Il gatto a nove code di Franco Maria Puddu
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dati e marinai erano tutti volontari, ma è anche vero che il materiale umano sul quale gli addestratori lavoravano per plasmarli, era grezzo, ma non tutto uguale. Allora il “mestiere delle armi”era per molti l’ultima spiaggia: offriva vitto, vestiario, alloggio, cure mediche, un “soldo” quotidiano, prospettive di carriera e, dopo venti o venticinque anni, chi sopravviveva riceveva un premio di congedo, una donazione in terreno e vantaggi sociali. Ma se queste aspettative spingevano i disperati a tentare il tutto per tutto, spesso portavano gli arruolatori, sempre affamati di nuove reclute, a chiudere un occhio sulle loro carenze. Naturalmente, una volta nell’esercito, per farli rigare dritti, il metodo migliore era quello “del bastone e della carota”, con una carota piccola e misera ed un bastone grande, implacabile ed onnipresente, dall’inizio alla fine della carriera.
Non il famoso “horror” di Dario Argento ma pur sempre un incubo per i marinai di un tempo
a “disciplina militare” è l’osservanza delle regole della struttura, appunto, militare, necessaria per ottimizzarne il funzionamento, ed esiste da quando sono nati gli eserciti, mentre la disciplina, nelle sue varie forme (familiare, religiosa, monastica, sportiva), è antica quanto l’uomo. Quella militare un tempo serviva a canalizzare i comportamenti della truppa per costringerla ad una obbedienza cieca e assoluta, mentre oggi si può definire il mezzo utilizzato per il controllo del personale, secondo strategie nate a partire dal XVIII secolo. Da quella del periodo romano, con i necessari distinguo relativi ai costumi delle varie epoche, sono derivati i regolamenti di disciplina di quasi tutti gli eserciti attuali. Per quella moderna, abbiamo citato il XVIII secolo perché è questa l’epoca nella quale i soldati ricevettero una nuova arma, l’archibugio ad avancarica, che livellò socialmente la compagine militare, facendo scomparire la figura dell’eroe inteso in senso classico come campione della sua schiera, come Ettore o Achille. Da allora, infatti, l’archibugio consentirà anche al più anonimo soldato di colpire l’eroe. Più tardi, nel “selvaggio West”, qualcuno dirà: “Dio ha creato gli uomini diversi, la Colt li ha resi uguali”. Sempre nel periodo romano, eserciti e marine erano composti da personale di mestiere, e si potrebbe ritenere che il mantenimento della disciplina vi avesse modalità comuni; non fu così, perché è vero che sol-
La “damnatio ad naves” Bisogna poi ricordare che, per una parte dei rematori delle unità militari (originariamente tutti volontari, cui poi si affiancheranno i detenuti condannati “ai remi” e, infine, i prigionieri di guerra), l’imbarco era già una punizione, in quanto i condannati ad naves non avevano alternative. Occorre però fare un distinguo fra la natura delle strutture militari allora esistenti: esercito e marina. La qualità di vita dei marinai era diversa da quella
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Naturalmente questo allerta interiore cessava non appena la nave era in porto e l’equipaggio sciamava nelle tabernae e nei postribula alla ricerca di cibo, vino e donne per sottrarsi alla continua tensione di bordo; per questo il detto popolare che vuole il marinaio beone, donnaiolo e bugiardo, è comune alle tradizioni di tutti i Paesi sin dai tempi più antichi, anche se oscurava, ingiustamente, il fatto che la sua vita era un continuo lavoro durissimo e senza soluzione di continuità, giorno e notte, con bonaccia o tempesta, sole o gelo, in pace e in guerra. Una bella immagine del film di William Wyler “Ben Hur” del 1959 (al centro, in primo piano, è Come veniva mantenuCharlton Heston), ci mostra con sufficiente precisione, quale doveva essere la situazione dei rematori di una trireme; sullo sfondo, a centro scafo, sono visibili un aguzzino e un suo aiutante ta la disciplina a bordo delle navi? A Roma il concetto di dei soldati di terra, ma non certo per privilegio. punizione era improntato al “chi sbaglia paga”; lo Sin dai tempi più antichi, chiunque poteva diveniStato non era interessato alla redenzione del reo, re soldato: bastava avere sufficienti doti fisiche e la ma solo a impedirgli di ripetere il suo reato. Per necessaria capacità di adattamento. Era invece raquesto non esistevano prigioni, e i rei erano puniti, ro che, fra i marinai, si trovasse qualcuno la cui dopo un giudizio abbastanza obiettivo e non di raorigine non avesse connessioni con il mare, le bardo assolutorio. La pena espiata cancellava la colpa. che o la pesca. In altre parole, soldati si diventava, Mentre nelle legioni esisteva una lunga serie di marinai si nasceva. sanzioni disciplinari, pecuniarie o fisiche, a bordo Il soldato, in tempo di pace, nonostante la vita dusi era più sbrigativi, e il colpevole era punito subira, non aveva grandi problemi, ma per il marinaio to perché tornasse al lavoro. le tempeste, le maree, le correnti, i relitti alla deriLe condanne a morte erano rare; sembra che negli va, gli incendi a bordo erano realtà quotidiane in ultimi tempi dell’Impero, i romani ricorressero al gipace e in guerra, tanto che nel sesto secolo prima ro di chiglia. Gettavano il condannato in mare e lo di Cristo, per il filosofo greco Anacarsi al mondo recuperavano dal lato opposto della nave tramite un esistevano solo tre categorie di persone: “i vivi, i cavo legato ai polsi, con il corpo che strisciava contro morti e coloro che vanno per mare”. la chiglia incrostata di denti di cane. Se lo si tirava Mentre il legionario che sbagliava, andava incontroppo velocemente ne usciva dilaniato, se troppo tro a una dura punizione, a bordo la disattenzione lentamente annegava. In tutti i casi se questa pena fu di una vedetta, l’errore di un timoniere, la sbadaapplicata, lo fu quando Roma era già in decadenza. taggine di un mozzo, potevano portare alla perdiMettere ai ceppi i rematori era un nonsenso, perta della nave e, forse, dell’equipaggio. Di conseché questi, liberi, prigionieri di guerra o ergastolaguenza la soglia di attenzione era sempre elevata, ni, erano già costretti a non potersi muovere dal e questo contribuiva a diminuire le mancanze, e le loro bancale; per questo la pena era riservata ai punizioni sul personale. marinai o ai fanti di marina imbarcati.
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Ecco il principale protagonista del nostro discorso, la ricostruzione di un gatto a nove code; non è un vero flagellum, che aveva una struttura più rigida e i cui refoli, se taxillati, mostravano molti e più letali oggetti adatti a marchiare le carni, che non quei semplici nodi finali
Flagellum si, ma non taxillatum Era invece prevista la fustigazione, detta flagellazione perché effettuata con il flagrum o flagellum, uno strumento costituito da nove corregge di cuoio lunghe un metro circa, fissate ad un manico di 30 – 40 centimetri, con palline di piombo o ganci metallici all’altra estremità. In questo caso era detto flagellum taxillatum. Lo manovravano solo specialisti, perché in mano ad un inesperto poteva causare facilmente paralisi, mutilazioni o morte, stravolgendo la punizione. Sulle navi, invece, il flagellum dell’aguzzino (che aveva il compito di sorvegliare la “sala macchine”, ossia i rematori) non era taxillatum: con un equipaggio limitato, non avrebbe avuto senso rischiare di perdere un uomo per ogni banalità. Nel periodo del tardo Impero prese piede l’abitudine di passare i puniti per le verghe. Il condannato doveva correre da poppa a prua una o più volte, mentre l’equipaggio, schierato ai lati del ponte, lo percuoteva con verghe o pezzi di cavo. Punizione che verrà poi ripresa sulle galere veneziane. Dal 476 (anno della caduta dell’Impero Romano d’Occidente) al 1000 circa (quando con la ripresa dell’economia in Europa tornarono a svilupparsi le rotte commerciali mediterranee), vi fu un vero
black out navale dove un tempo erano esistite marinerie, flotte da guerra e mercantili. Nei secoli successivi, con le attività delle Repubbliche Marinare nel Mediterraneo, e lo sviluppo delle maggiori forze navali del futuro, la situazione cambiò, con una svolta decisiva nella prima metà del XVI secolo quando il regno dei Tudor, in Inghilterra, diede impulso alla Navy Royal (sic!), come veniva chiamata allora la Marina reale. Le flotte erano tornate sulla scena proiettando ovunque, la potenza e gli interessi dei rispettivi reami, e con esse erano tornati a farsi vivi tutti i problemi di navi, armamenti ed equipaggi. Fra questi la disciplina. La situazione era cambiata: la nave da guerra non era più la snella trireme con un centinaio o poco più di uomini, svelta e manovriera. Adesso era un pachiderma onusto di cannoni con centinaia di uomini, lento e costretto ad effettuare continue e laboriose variazioni di rotta quando, senza il vento in favore, doveva procedere di bolina, ossia molto spesso. Erano cambiate le tecniche di navigazione, gli armamenti e la qualità della vita di bordo. Questa in peggio per i marinai, che non erano più solo gente di mare, ma spesso delinquenti, sbandati o individui arruolati forzatamente. In alcune marine, come nella ora Royal Navy, la carriera era inesistente perché gli uomini erano arruolati per la campagna in corso (che poteva durare anni), e poi prosciolti al suo termine. L’immagine di un vecchio libro: oggi la chiameremmo “rifornimento in mare”. Alcuni disgraIn quale modo si poteva sperare ziati sorpresi da una press gang e rapiti con la forza, dopo essere stati subito trasferiti su una nain un equipaggio che non creasve pronta ad alzare le vele, vengono portati su una unità da guerra a corto di personale
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Ed ecco, sempre secondo una vecchia illustrazione, il momento clou della punizione: il colpevole, legato mani e piedi a draglie e ad un carabottino viene fustigato sotto lo sguardo del comandante o del secondo e la sorveglianza dei Royal Marines
se problemi? Con la disciplina “giusta”, amministrata da persone “giuste”, si ritenne. Ricordiamo che l’aguzzino romano, anche se il nome della sua qualifica ha assunto il significato che ben conosciamo, non era un sadico, ma amministrava al meglio la nave dello Stato. Se frustava i rematori lo faceva per punire e non per massacrare, come un auriga nel frustare i suoi cavalli.
Cat o’ nine tails e Captain’s daughter A partire dagli inizi del XVII secolo, invece, quando si erano più o meno unificate nelle le grandi Marine, le punizioni erano decise dal comandante, ma inflitte dai nostromi, che potevano anche colpire chiunque e quando lo ritenevano opportuno; per questo avevano sempre a portata di mano il cat o’ nine tails (gatto a nove code) detto anche captain’s daughter (la figlia del comandante). Il “gatto” era uno spezzone di cavo da 2,5 pollici (4 centimetri) lungo poco più di un metro. I primi 40 centimetri, impiombati in fondo e coperti di panno rosso, costituivano il manico, mentre la parte rimanente era sciolta nei suoi tre trefoli principali, i quali,
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Il rear admiral Horatio Nelson (Lemuel Francis Abbott, olio su tela del 1800, National Maritime Museum, Greenwich). Nelson, che fu sempre apprezzato dagli equipaggi, in realtà, pur salvaguardandone salute e integrità, si limitò, come moltissimi, a non interessarsi troppo ai loro casi
a metà, erano a loro volta sciolti nei tre trefoli minori; le nove code, appunto, del diametro di 6 millimetri ciascuna, la cima di ognuna delle quali terminava con un nodo. In totale circa 350 grammi di peso. I vecchi marinai ricorderanno la cerimonia dell’assemblea che si svolge ogni giorno, a bordo o a terra, dove l’ufficiale in comando dice la frase “Attenti alla lettura delle ricompense e dei castighi”. Questo avveniva anche sui velieri di allora, solo che di ricompense non se ne parlava, ma di castighi si. Era il momento in cui venivano inflitte le punizioni, con una squadra di fucilieri di Marina, armata e con un tamburo a scandire i tempi, schierati davanti all’equipaggio. Ad un ordine del comandante il punito si denudava il torace e avanzava fino alla murata dove veniva legato ad un carabottino, al quale il nostromo lo legava per i polsi e le ginocchia, quindi un suo sottoposto gli somministrava 6 o 12 frustate, secondo quanto stabilito dal comandante. Quindi veniva rilevato da un collega, e così via fino a che 5 esecutori non lo avevano colpito. Riceveva così dalle 30 alle 60 frustate, poi una secchiata d’acqua di mare, e un altro reo prendeva il suo posto.
Il “mondo” di bordo era diviso in due: da una parte ufficiali e sottufficiali, dall’altra il disprezzato equipaggio. Gli uomini non avevano diritti ed erano puniti per le mancanze più banali; l’antipatia di un ufficiale o aver sottratto una razione di grog, bastavano per essere frustati, anche a morte; si comprenderà perché i fucilieri erano sempre presente alle punizioni, armati e con il colpo in canna. Quali altre punizioni esistevano? I ceppi ai piedi erano giudicati troppo blandi, e nella Royal Navy si usavano nell’imbavagliamento. “Marooned” (abbandonato, particolare), di Howard Pyle, il più famoso illuIl malcapitato che aveva parlato troppo o stratore ottocentesco dell’epopea dei pirati mostra, con efficacia, la sorte che toccava a chi aveva tradito i colleghi. Finita l’acqua della bottiglia, era fuori luogo, veniva messo ai ceppi, gli veuna fortuna se riusciva a utilizzare le poche polveri a disposizione prima nivano legate le braccia dietro la schiena e che si bagnassero e a spararsi per evitare una morte peggiore gli veniva posta una spranghetta di ferro fra i denti, dopodiché questa veniva legata di essere ucciso dagli stessi marinai che avevano dietro la sua nuca, ed era lasciato immobile in preferito seguirlo. Mentre l’esploratore e cartograquesta posizione fino a che crollava a terra e il cofo britannico James Cook fu ucciso e mangiato da mandante annullava la punizione. una tribù hawaiana che aveva portato all’estrema Se aveva rubato, riceveva due dozzine di frustate esasperazione con il suo atteggiamento arrogante. dal nostromo, poi, seduto entro una tinozza, veniMa la disciplina era amministrata sempre così? Sulva portato per la nave come su un carretto per esle navi da guerra, si. Su quelle della Compagnia delsere frustato dal resto dell’equipaggio, con “gatti” le Indie, gestite come fossero militari, anche. Su più leggeri, quindi lo “ripassava” il nostromo. Su quelle militarizzate per compiti di esplorazione o riuna nave di linea riceveva così circa 50 frustate dal cerca, come il Bounty o l’Endeavour, sappiamo come nostromo e almeno 600 dall’equipaggio. Chi non andavano le cose. colpiva o lo faceva troppo piano, il giorno dopo Sulle navi mercantili si stava molto meglio che era frustato a sua volta. non nella Marina da guerra, ma, temendo i pirati, I disertori colti nell’atto della fuga erano “passati i comandanti, che rischiavano in proprio, potevaper la flotta”, ossia pativano la stessa punizione no essere ancora peggiori di quelli militari. prima sulla propria nave, poi a bordo di ogni nave Infine abbiamo ancora un altro gruppo di navi: del gruppo di cui faceva parte, dove venivano porquelle pirata. Che ne era dei loro equipaggi? tati con una lancia. Raramente arrivavano a vedeQuesti stravaganti personaggi, che vulgata e legre la fine della punizione. gende ci hanno tramandato con una simpatica fiMa, ci si chiederà, i marinai non si ribellavano mai sionomia un po’ spavalda e un po’ anarcoide, via questa vita impossibile, ai vermi nella galletta, al vevano in maniera senza dubbio migliore e più soldo misero, ai maltrattamenti? In genere la ribelumana dei loro colleghi arruolati. Sapevano che, lione preferita era la diserzione perché era tanto in caso di cattura, erano destinati alla forca, ma frequente che a volte riusciva. Altrimenti il disersperavano di fare in tempo ad arricchirsi e “ritirartore “passava per la flotta” oppure finiva appeso si”; ogni tanto qualcuno ci riusciva. Tra loro erano all’antenna di un pennone, secondo l’umore del legati da poche ma ferree leggi, e per chi le infrancomandante. E se avveniva una ribellione intervegeva non c’era altro che la morte. nivano i Marines, dopodiché gli ammutinati superstiti dovevano impiccarsi tra di loro. Walking the plank per i pirati Certo, non era così ovunque. Esistevano comanAvevano però molta fantasia: il reo poteva essere danti criminali e mediocri, ma anche giusti e uma“marooned”, ossia abbandonato in mare su una ni. Purtroppo alla storia sono passati quelli come scialuppa o su di un’isola deserta con poca acqua, William Bligh, grande marinaio e navigatore, ma un fucile e nessuna prospettiva per il futuro, o su dal carattere tanto infame che, dopo essere stato una di quelle isole alte un metro o poco più sul liscaricato in mare dal Bounty, rischiò per due volte
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Quest’immagine, di non buona qualità, è però una vera rarità: è tratta dal film del 1953 “Botany Bay”, di John Farrow, con Alan Ladd e James Mason, ed è forse l’unico che abbia fatto ricorso a qualche immagine del giro di chiglia, nonostante in passato abbia avuto una sua funesta fama
“Walking the plank” (passeggiando sull’asse), un secondo esempio dell’altra faccia della medaglia del mestiere di pirata. Alcuni hanno accusato Pyle di essere stato troppo fantasioso nelle sue tavole, ma testimonianze dell’epoca confermano che fosse più comprensivo per i colpevoli che per i loro giudici
vello dell’Oceano, che scompaiono sott’acqua durante l’alta marea. Oppure poteva fare un po’ di walking the plank: passeggiare, a occhi bendati e mani legate, su una tavola che sporgeva fuori bordo, sopra un oceano pieno di squali. Il mondo della vela era destinato a concludere la propria saga, ma fino all’inizio del XX secolo si pubblicarono libri che esaltavano le punizioni corporali quale unico metodo per avere l’ubbidienza degli equipaggi. La Royal Navy decise di abolirle, solamente per i minorenni, attorno al 1870; ma per il resto degli equipaggi rimasero valide, anche se meno applicate, sino alla Grande Guerra. Dagli Stati Uniti, nel 1755 si era alzata una voce contro la barbarie del keelhauling, il giro di chiglia, quella del giovanissimo politico John Adams (che diverrà il secondo Presidente americano), che porterà ben presto all’abolizione di questa pena in Francia e Gran Bretagna, mentre i pacifici olandesi la mantennero dal 1560 al 1835. Il flogging (la fustigazione) verrà abolito dal Congresso americano il 28 settembre 1850. Oramai le navi erano di ferro, andavano ad elica e duellavano da distanze prima inimmaginabili. Per
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gli indisciplinati, vennero costruite sale di punizione, imposte consegne, comminati arresti e punizioni di rigore. Ricordiamo però il racconto di un vecchio capo cannone sardo della Regia Marina che negli Anni 30 era stato inquadratore presso le scuole CREMM di Pola (la bella città ancora si chiamava così). Quando era ancora un giovanissimo marinaio, era stato imbarcato su una nave visitata dalla Regina Elena, assistendo all’incontro tra Sua Altezza e un gruppo di marinai con i capelli rasati a zero. Quando Regina chiese se si trattasse di una misura igienica, un baffuto sottufficiale rispose, rigido sugli attenti: “No, Altezza Reale, i capelli sono stati tagliati per punizione”. Punizione che nei giorni seguenti venne subito depennata dal regolamento per volere della Regina. Oggi tutto ha cambiato aspetto, esistono organi di Giustizia Militare validi, corti marziali che non si riuniscono solo per impiccare marinai, servizi legali che ne tutelano gli interessi, uno dei quali, il JAG (Judge Advocate General) della US Navy, è protagonista di una fortunata serie televisiva. Però ricordiamo che a prora estrema dell’incrociatore missilistico Andrea Doria, andato in disarmo nel 1992, dopo la ghia, un paio di riposti e la piccola cala in cui il trombettiere di bordo andava ad esercitarsi in navigazione, si trovava la prigione di bordo: una bassa cella di due metri per tre, con due o tre tavolacci a paratia e uno spioncino sulla porta. Permanervi con mare grosso era un grande rischio perché era stata collocata nel punto di massimo beccheggio di una nave lunga 150 metri, con oscillazioni enormi e di violenza inaudita. Ma ■ in trent’anni non fu mai utilizzata.