Gli Stati Uniti, l’Europa e Bretton Woods II Di George Friedman e Peter Zeihan 20 ottobre 2008
Il presidente francese Nicolas Sarkozy e il presidente americano George Bush si sono incontrati il 18 ottobre per fissare la data del prossimo summit internazionale sulla finanza. Alla fine dell’incontro gli Americani si sono offerti di ospitare in patria un summit internazionale il prossimo dicembre sulla scia di quello di Bretton Woods del 1944, che pose le basi per il sistema economico moderno. Il sistema emerso dalla conferenza di Bretton Woods fu uno dei più controversi della storia dell’umanità. L’opinione comune attribuisce a Bretton Woods il merito di aver forgiato il moderno sistema economico internazionale, che grazie agli efficienti standard economici e finanziari riuscì a garantire la stabilità internazionale. Questo è parzialmente vero. Ma le implicazioni e il significato reali di Bretton Woods vanno oltre.
L’opinione comune: Bretton Woods e la depressione L’origine di Bretton Woods risale alla Grande Depressione. Dal momento che la produzione crollò negli anni ’30, i governi di tutto il mondo adottarono una serie di politiche protezioniste e populiste – le tariffe sulle importazioni erano particolarmente in voga – che indebolirono il commercio internazionale. Per mantenere alto il tasso di occupazione, i governi e le aziende allo stesso modo spingevano le aziende ad aumentare la produzione anche se i dazi di fatto impedivano la vendita delle merci all’estero. Questa politica portò al crollo dei prezzi e alla deflazione. Presto le aziende si accorsero che i prezzi delle proprie merci erano scesi al di sotto del costo della produzione stessa. La riduzione dei profitti portò ai licenziamenti, il che causò una riduzione della domanda in generale e ad un ulteriore abbassamento dei prezzi. Le aziende fallirono in massa, milioni di lavoratori persero il posto, la domanda crollò del tutto e così i prezzi. Un’iniziativa che all’inizio serviva a proteggere i posti di lavoro spinse il mondo in una spirale deflazionistica inarrestabile e le misure adottate per porvi rimedio – compreso il $ew Deal – non parvero andare nella giusta direzione.
Economicamente parlando la Seconda Guerra Mondiale fu una benedizione. Lo sforzo militare creò una nuova domanda di prodotti e di lavoro. La prima fu senza dubbio importante, ma fu la seconda che permise all’economia internazionale di giungere a una svolta. Naturalmente lo sforzo bellico richiedeva più forza lavoro per la produzione di beni - dalle saponette alle portaerei; ma gli “operai” venivano spesso reclutati per andare in guerra. Milioni di uomini vennero allontanati dalle attività produttive e dedicati ad imprese non “fruttuose” – economicamente parlando. L’aumento della domanda sposata alla mancanza di forza lavoro causò una crescita dei prezzi e i consumatori, che temevano l’arrivo dell’inflazione, iniziarono a spendere più denaro per la paura che con la svalutazione perdesse valore. La spirale deflazionistica si interruppe: domanda e offerta raggiunsero nuovamente un equilibrio. I politici del tempo capirono che il proseguimento della guerra aveva sospeso la depressione, ma pochi credevano che la guerra avesse cancellato definitivamente le condizioni che l’avevano causata. Così nel luglio del 1944, 730 rappresentanti di 44 nazioni divergenti si riunirono in una piccola località sciistica del $ew Hampshire per forgiare un sistema capace di prevenire ulteriori depressioni e per trovare i mezzi per contrastarle anche senza il contributo di una guerra mondiale, nel caso se ne fossero verificate altre. I delegati approvarono un sistema che prevedeva il libero scambio di valute diverse e regole di mercato molto aperte. Il sistema sarebbe stato “aureo” – basato sul valore dell’oro - per prevenire le fluttuazioni delle diverse valute e due istituzioni avrebbero dovuto assumere il ruolo di guardiani del sistema finanziario e fiduciario – il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale. L’opinione comune vuole che l’accordo di Bretton Woods abbia funzionato per un po’ e che poi dal momento che l’intero sistema era basato sull’oro - la scarsa disponibilità del metallo prezioso abbia creato un limite oltre il quale il nuovo sistema non avrebbe potuto spingersi. Dal momento che l’attività economica del dopoguerra si espanse – ma non l’offerta di oro – gli Stati Uniti abbandonarono il sistema aureo nel 1971 perché causava notevoli problemi. Molti asseriscono che questa fu la fine del sistema nato a Bretton Woods. Di fatto noi però stiamo ancora utilizzando quel sistema: tutto ciò che abbiamo detto finora però rappresenta solo un tassello della storia.
Per capire a fondo la Seconda Guerra Mondiale e Bretton Woods Ritorniamo al luglio del 1944. Il primo mese dell’anno fu segnato dallo sbarco in Normandia. Il Regno Unito servì da base per gli attacchi, ma data la spossatezza il suo contributo militare fu piuttosto modesto. Le sorti della guerra erano ormai chiare, ma la situazione continuava a trascinarsi. Invadere l’Europa – o semplicemente sostenerla – sarebbe stato impossibile senza un contributo sostanziale degli Stati Uniti. La bilancia sul fronte orientale pendeva palesemente a favore dei sovietici. I dettagli ovviamente erano ancora da definirsi, ma nessuno era così idealista da pensare che dopo la sofferenza che avevano subito a causa dei Nazisti, i Russi si sarebbero ritirati dai territori su cui avevano marciato in direzione di Berlino. La Guerra Fredda stava già iniziando a delinearsi. Il mondo compreso fra la Russia e gli Stati Uniti – ovvero l’Europa – aveva due prospettive dinnanzi a sé: entrare nell’orbita statunitense o sperimentare l’occupazione sovietica. Per gli Europei, ogni speranza di ricostruzione era legata alla volontà degli Stati Uniti. A parte il pericolo di un attacco da parte dei Sovietici, la guerra aveva annientato l’Europa e il danno si aggravava ulteriormente ogni centimetro che i Sovietici e gli Americani conquistavano. Gli stati continentali – e non solo il Regno Unito – si erano indebitati durante la guerra: in poche parole
erano a pezzi. Questa guerra era stata molto diversa dalla Prima guerra Mondiale, dove gli scontri si erano concentrati lungo alcune trincee. Questa era invece una guerra lampo caratterizzata da massicci bombardamenti, che lasciò il continente in rovina - quasi nulla poteva essere ricostruito. Anche solo l’evitare carestie di massa era una sfida e ogni speranza di ricostruzione dipendeva dai finanziamenti degli Stati Uniti. Gli Europei avrebbero accettato qualsiasi offerta. Per gli Stati Uniti questa era invece una opportunità storica. Storicamente gli Stati Uniti consideravano la Francia e la Germania come una minaccia rispetto a potenze continentali come la Germania e l’Unione Sovietica, a causa della loro doti belliche sul mare. La Prima Guerra Mondiale non aveva mutato quest’ottica. (Il Giappone, dal canto suo, era sempre stato considerato ostile). Gli Stati Uniti erano entrati in guerra tardi e non erano stati colpiti in patria. Quindi la produzione e le infrastrutture industriali uscirono molto rafforzate dalla guerra – erano molto più solide rispetto al momento in cui gli Stati Uniti erano entrati in guerra. I rivali tradizionali si erano indeboliti notevolmente, quindi gli Stati Uniti colsero l’opportunità di porsi al centro del nuovo ordine. Gli Stati Uniti, compiendo questa scelta, si contrapposero all’Unione Sovietica. Gli Stati Uniti non potevano occupare l’Europa occidentale nella misura in cui l’Unione Sovietica aveva occupato la parte orientale: non avevano truppe sufficienti ed erano dall’altra parte dell’oceano. Gli Stati Uniti dovevano ottenere non solo la collaborazione dell’Europa occidentale per contenere i Russi: gli Europei avrebbero dovuto accettare anche le direttive politiche e militari americane – e senza esitazioni. Gli Stati Uniti, la cui forte economia aveva raggiunto un livello senza pari, si servì dell’arma economica per convincere gli Europei che, a causa della disperazione e del disagio del momento, accettarono. In altre parole gli accordi di Bretton Woods facevano parte di un progetto americano più vasto che mirava a prolungare le alleanze belliche oltre la resa della Germania – ma senza l’Unione Sovietica. Dopo ogni guerra permane la speranza che le alleanze che hanno portato alla vittoria contro il nemico comune continuino a funzionare per amministrare e mantenere la pace. Questo avvenne anche dopo il Congresso di Vienna o dopo il trattato di Versailles. Bretton Woods non voleva solo cambiare il sistema monetario internazionale, ma mirava anche a sviluppare un nuovo e più vasto blocco militare guidato dagli Stati Uniti, per contrastare l’Unione Sovietica. A Bretton Woods gli Stati Uniti si posero al centro di questo nuovo sistema, acconsentendo a diventare il principale partner commerciale dei paesi membri. Gli Stati Uniti avrebbero permesso agli Europei di accedere ai suoi mercati a costo praticamente nullo e avrebbero chiuso un occhio sulle tariffe europee fino a quando il continente non avesse raggiunto un sufficiente livello di benessere. La vendita delle merci europee negli Stati Uniti avrebbe aiutato l’Europa dal punto di vista economico e in cambio gli Stati Uniti avrebbero ricevuto l’appoggio su questioni politiche e militari: nasceva così la $ATO – ultimo baluardo contro l’invasione sovietica. L’alleanza del mondo “libero” non consisteva in una serie di stati tutti alla pari; consisteva invece negli Stati Uniti più “chiunque altro”, il che includeva anche le disastrate economie europee, le impoverite colonie, i successivi stati indipendenti e così via. La verità è che Bretton Woods più che un solido blocco di potenze eguali era invece una struttura basata su relazioni economiche all’interno di un’alleanza contro i sovietici. Gli accordi si basavano sulla potenza economica americana e sul rafforzamento delle economie del resto del mondo - in modo da renderle immuni dal comunismo - per contenere l’Unione Sovietica.
Poco dopo la guerra, gli Stati Uniti iniziarono a comportarsi in modo tale da rivelare che Bretton Woods non era – almeno di per sé – un programma economico. I prestiti stanziati all’Europa occidentale per la ricostruzione non riuscirono a stimolare la crescita e si trasformarono così in sussidi – il piano Marshall. Poco dopo gli Stati Uniti estesero con noncuranza Bretton Woods quasi a ogni stato che si trovava nel loro blocco della Guerra Fredda – Giappone, Corea del Sud e Taiwan, ad esempio, vi parteciparono con entusiasmo. E in poco tempo, quando il mondo abbandonò il sistema aureo e Bretton Woods sembrò scomparire, l’oro venne rimpiazzato dal dollaro statunitense. Ben lungi dall’arenarsi, il progetto politico/militare basato sugli accordi di Bretton Woods divenne ancora più saldo. Il principale limite del sistema aureo risiedeva proprio nella scarsa disponibilità d’oro: questo limite ora veniva meno perché il sistema sarebbe stato gestito dalle autorità finanziarie degli Stati Uniti.
Verso Bretton Woods II Molti degli stati che parteciperanno a quello che viene già chiamato Bretton Woods II mettono in discussione proprio il ruolo dell’America in quanto pilastro fondamentale del sistema finanziario internazionale. Gli accordi di Bretton Wood si basavano sulla possibilità di mantenere la sovranità nazionale all’interno di un tessuto di relazioni, che alla fine veniva garantito non solo dal potere politico dell’America, ma anche dalla sua potenza economica. La potenza economica americana spiccava su quella delle altre nazioni del mondo non comunista e garantiva la stabilità del sistema finanziario internazionale. La crisi finanziaria dello scorso settembre non ha dimostrato che il sistema finanziario è mutato, ma ha rivelato invece ciò che succede se il garante del sistema finanziario internazionale si trova in crisi. Quando la bolla economica del Giappone – la seconda economia mondiale – è scoppiata nel 1990-1991 non ha infettato il mondo intero. E nemmeno la crisi asiatica del 1997, né la crisi dei rubli del 1998. Una crisi in Francia o in Gran Bretagna avrebbe ripercussioni locali. Ma una crisi nell’economia statunitense diventa subito globale. La realtà di Bretton Woods è rimasta inalterata: l’economia statunitense è comunque la più vasta, e le sue disfunzioni si ripercuotono sul mondo intero. Questa è la realtà del sistema internazionale, ed è per questo che i Francesi hanno chiesto una nuova Bretton Woods. Si è vociferato di un incontro in cui gli Stati Uniti avrebbero dovuto rinunciare al loro ruolo di riserva monetaria del mondo e al loro primato sul sistema economico. Ma l’incontro non verterà certamente su questi temi, e la Francia non sta certo cercando una soluzione di questo tipo. L’utilizzo del dollaro come riserva monetaria mondiale non era dovuto a manie di grandezza, ma al fatto che solo il dollaro era presente in tutto il mondo e godeva di una certa fiducia. L’euro, dopotutto, ha solo dieci anni, non gode ancora di una vasta sovranità e non è appoggiato da una banca centrale dotata di una vasta autorità. La Banca Centrale Europea certamente regola il sistema finanziario europeo, ma sono i singoli paesi che decidono le proprie politiche economiche. Come abbiamo notato nella recente crisi, la Banca Centrale Europea non ha sufficiente autorità per regolare le banche dell’Europa. Basandosi su una valuta non ancora dotata di un potere sovrano di tassazione, ma che invece dipende dalla volontà di 15 – per ora – paesi membri con interessi molto diversi, non è una valuta affidabile.
Gli Europei non stanno cercando di sfidare la potenza americana, ma di aumentare la loro influenza sul resto del mondo in modo tale da incidere anche sulla dinamica dell’economia americana, soprattutto per evitare che gli Stati Uniti destabilizzino accidentalmente il sistema finanziario internazionale un’altra volta. I Francesi vedono nell’attuale crisi il fallimento del sistema di regolamentazione degli Stati Uniti. Gli Europei dal canto loro sono giunti a una conclusione. Se si deve cercare un responsabile, allora bisogna puntare il dito contro gli Stati Uniti perché hanno permesso che il problema si acuisse a dismisura fino a causare una crisi di liquidità. Le istituzioni nate a Bretton Woods – e in particolare il Fondo Monetario Internazionale, che dovrebbe essere il fiore all’occhiello del sistema finanziario internazionale proprio per la sua presunta capacità di gestire le crisi – si sono dimostrate incapaci di contrastare i problemi che attualmente attanagliano il mondo intero. Al contrario, tutte le istituzioni multinazionali hanno fallito o, più precisamente, non sono si sono adeguate al sistema finanziario del 2008. Il trattato di Bretton Woods – siglato 64 anni fa – non ha più nulla a che vedere con l’attuale realtà. Infine gli Europei vorrebbero cambiare l’ottica delle interazioni economiche globali, a partire da un rafforzamento del sistema commerciale mondiale a un maggiore controllo del sistema finanziario internazionale. In termini pratici chiedono che venga istituito un organo di supervisione che garantisca che non si ripeta più una crisi come quella attuale. Questo organo dovrebbe occuparsi di tutto, dalla regolazione della contabilità al controllo di ciò che può o non può essere commercializzato e da chi (paradisi fiscali e hedge funds sarebbero quindi decisamente circoscritti), a meccanismi di intervento da attuarsi su scala mondiale. Questo comporterebbe la nascita di una burocrazia internazionale con il compito di controllare i mercati finanziari internazionali. Fondamentalmente gli Europei non hanno solo intenzione di attualizzare Bretton Woods, ma di europeizzare il mercato finanziario americano. Questa non è una questione finanziaria, ma politica. I Francesi stanno cercando di smantellare Bretton Woods e di cambiare il sistema finanziario da un modello dove gli Stati Uniti rappresentano la colonna portante a un sistema in cui essi rimarrebbero pur sempre al centro, ma dove l’influenza degli altri paesi sarebbe più incisiva. Nell’ottica europea questa soluzione sarebbe utile per tutti. La posizione americana non è ancora molto chiara, e probabilmente non lo sarà fino a quando il nuovo presidente avrà assunto l’incarico. Sarà una scelta difficile. Da una parte al centro del sistema finanziario americano vi è “semplicemente” un problema di congelamento di liquidità, che si sta già risolvendo. La recessione di Europa e Asia sarà invece più dura e duratura. Quindi gli Stati Uniti sono meno interessati al rinnovamento dell’intero sistema internazionale – indipendentemente da chi sarà il prossimo presidente. Inoltre qualsiasi organo internazionale con il compito di controllare la finanza americana non potrebbe per definizione essere affidato esclusivamente alla gestione statunitense, ma dovrebbe invece essere posto sotto l’egida di un’organizzazione controllata da Bruxelles. E nessun presidente americano potrebbe accettare senza remore una simile proposta. A meno che non ci sia qualcos’altro in palio. Per concludere, Bretton Woods prevedeva il libero accesso commerciale agli Stati Uniti in cambio di appoggio militare e politico. La potenza economica americana rimane. La domanda, quindi, è semplice: quale offerta porteranno gli Europei al tavolo delle trattative per negoziare con gli Stati Uniti?