Gli accordi di ristrutturazione dei debiti (prima parte)
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Gli accordi di ristrutturazione dei debiti (prima parte) una guida ad uno degli strumenti per la soluzione negoziale della crisi d'impresa (Sandro Cerato e Michele Bana)
Premessa Gli strumenti di soluzione negoziale della crisi d’impresa, introdotti dal legislatore della riforma fallimentare (D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5, prima, e D.Lgs. 12 settembre 2007, n. 169, poi), riconoscono al debitore, tra l’altro, la facoltà di formulare – in sede di trattativa per la definizione dell’accordo di ristrutturazione delle passività (la medesima facoltà è riconosciuta nell’ambito del piano di concordato preventivo - art. 160 R.D. 16 marzo 1942, n. 267 -, fattispecie non esaminata nel presente contributo, in quando soltanto marginalmente interessata dal D.L. 31 maggio 2010, n. 78, rispetto alle modifiche normative che hanno interessato la transazione fiscale nell’ambito dell’accordo di ristrutturazione dei debiti) – una proposta di pagamento parziale, o dilazionato, dei tributi amministrati dalle agenzie fiscali, nonché dei contributi gestiti dagli enti di competenza delle forme obbligatorie di previdenza ed assistenza. Il buon esito dell’esercizio di tale diritto è, tuttavia, subordinato ad una rigorosa ed attenta applicazione della normativa concorsuale di riferimento (artt. 182-bis e 182-ter del R.D. 16 marzo 1942, n. 267), recentemente modificata ed integrata dal D.L. 31 maggio 2010, n. 78. L’accordo di ristrutturazione dei debiti La disciplina degli accordi di ristrutturazione dei debiti è stata inserita del nostro ordinamento dall’art. 2, comma 1, lettera l), del D.L. 14 marzo 2005, n. 35 (convertito, con modificazioni, dalla Legge 14 maggio 2005, n. 80), mediante l’emanazione dell’art. 182-bis della Legge Fallimentare, poi sostituito dall’art. 1, comma 1, del D.Lgs. 12 settembre 2007, n. 169, ed integrato dalla c.d. manovra correttiva 2010. L’attuale formulazione dell’art. 182-bis L.F. attribuisce al debitore, in stato di crisi, il diritto di richiedere al tribunale l’omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti, purchè soddisfi, congiuntamente, due requisiti: 1. l’intesa è stata stipulata con i creditori rappresentanti almeno il 60,00% delle passività;
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2. il ricorso è depositato presso la competente cancelleria, unitamente alla seguente documentazione: 1. gli atti previsti per la richiesta di ammissione alla procedura di concordato preventivo (art. 161, secondo comma, del R.D. n. 267/1942), ed in particolare: una relazione aggiornata sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell’impresa, ovvero una dettagliata e critica analisi dei bilanci degli ultimi esercizi, ed anche un business plan, nel caso in cui l’accordo non abbia finalità liquidatorie, bensì il conseguimento dell’obiettivo di un generale riequilibrio economico e finanziario dell’impresa; uno stato analitico ed estimativo delle attività, asseverato dalla relazione di un perito; l’elenco nominativo dei creditori, con l’indicazione dei rispettivi importi e delle eventuali cause legittime di prelazione; l’elenco dei titolari di diritti reali o personali sui beni di proprietà, oppure in possesso, del debitore; il valore dei beni e i creditori particolari degli eventuali soci illimitatamente responsabili;
2. la relazione sull’attuabilità dell’accordo di ristrutturazione dei debiti, con particolare riferimento alla propria idoneità a garantire il regolare pagamento dei creditori estranei, redatta da un professionista avente i medesimi requisiti dell’attestatore del piano di risanamento di cui all’art. 67, terzo comma, lettera d), del R.D. n. 267/1942 e, quindi, quelli indicati dal precedente art. 28, primo comma, lettere a) e b), della L.F., idonei a svolgere l’incarico di curatore fallimentare, e precisamente: avvocati, dottori commercialisti, ragionieri e ragionieri commercialisti; studi professionali associati o società tra professionisti, purchè i soci delle stesse presentino i requisiti professionali di cui al punto precedente. Il deposito del ricorso in tribunale, e la pubblicazione presso il registro delle imprese, produce principalmente due effetti: 1. il divieto di iniziare o proseguire azioni cautelari o esecutive, radicalmente integrato dall’art. 48 del D.L. 31 maggio 2010, n. 78; 2. l’avvio di un procedimento giudiziario, finalizzato alla verifica dei presupposti necessari all’omologazione dell’accordo, ed alla formale decretazione della stessa.
Il divieto di iniziare o proseguire azioni cautelari o esecutive Ai sensi dell’art. 182-bis, terzo comma, del R.D. n. 267/1942, a decorrere dalla data di pubblicazione dell’intesa presso il registro delle imprese, e per sessanta giorni, i creditori per titolo e causa anteriore a tale data, non possono iniziare o proseguire azioni cautelari o esecutive sul patrimonio del debitore. Le prescrizioni che sarebbero state interrotte dai suddetti atti rimangono sospese, e le decadenze non si verificano, per effetto del rinvio operato – dall’ultimo periodo della disposizione in parola – all’art. 168, secondo comma, della Legge Fallimentare. L’art. 48, comma 2, del D.L. n. 78/2010 ha introdotto, tuttavia, una rilevante novità: la facoltà del debitore di richiedere l’estensione di tale divieto anche al periodo di trattativa con i creditori, ovvero precedente alla formulazione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti da
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depositare in tribunale. L’esercizio di tale diritto è subordinato alla presentazione di alcuni specifici atti: 1. la documentazione di cui all’art. 161, secondo comma, del R.D. n. 267/1942, così come riportata nel precedente paragrafo; 2. la proposta di accordo di ristrutturazione dei debiti; 3. la dichiarazione del debitore (imprenditore individuale o del legale rappresentante della società), avente valore di autocertificazione ed attestante la pendenza di trattative in corso con i titolari di crediti rappresentanti almeno il 60,00% delle passività aziendali; 4. la
comunicazione
del
professionista
incaricato
di
verificare
l’attuabilità
dell’intesa, in merito alla sussistenza delle condizioni idonee ad assicurare il regolare pagamento dei creditori estranei all’accordo, con i quali non risultano in essere negoziati o che comunque hanno negato la propria disponibilità a trattare. L’istanza in commento, riguardante l’estensione del divieto di azioni esecutive o cautelari al periodo precedente il raggiungimento dell’intesa, deve altresì essere pubblicata presso il registro delle imprese. L’esame della stessa deve essere operato dal tribunale, nel corso di un’udienza da fissarsi entro trenta giorni dal deposito del ricorso: in tale sede, l’autorità giudiziaria – qualora accerti la sussistenza degli oggettivi presupposti per pervenire ad un accordo di ristrutturazione dei debiti, con le maggioranze richieste dalla legge, nonché le condizioni per garantire il regolare pagamento dei creditori estranei all’intesa – può disporre, con decreto motivato: 1. il divieto di iniziare o proseguire le azioni cautelari oppure esecutive sul patrimonio del debitore; 2. l’assegnazione al ricorrente del termine di sessanta giorni, per procedere al deposito dell’accordo di ristrutturazione dei debiti, e della relazione del professionista in merito all’attuabilità dell’intesa, di cui all’art. 182-bis, primo comma, del R.D. n. 267/1942. Il suddetto provvedimento è reclamabile, avanti la corte d’appello, a norma dell’art. 183 della Legge Fallimentare, in quanto applicabile, entro quindici giorni dalla pubblicazione dello stesso nel registro delle imprese. L’omologazione dell’accordo di ristrutturazione Alla luce del deposito dell’intesa raggiunta con i creditori, secondo le modalità sin qui delineate, i creditori ed ogni altro interessato possono proporre opposizione, entro trenta giorni dalla pubblicazione, nel registro delle imprese, dell’accordo di ristrutturazione dei debiti. Le eventuali eccezioni formulate da tali soggetti sono decise dal tribunale, che, all’esito, si pronuncia in merito all’omologazione, con decreto motivato, reclamabile secondo le medesime modalità esaminate nel caso di disposizione del divieto di azioni cautelari o esecutive di cui al precedente paragrafo. Si rammenta, inoltre, che – ai sensi dell’art. 67, terzo comma, lettera e), del R.D. n. 267/1942 – gli atti, i pagamenti e le garanzie poste in essere in esecuzione dell’omologato accordo di ristrutturazione non sono soggetti, nel caso di successiva dichiarazione di fallimento del debitore, ad azione revocatoria fallimentare. La transazione fiscale
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Nel corso delle trattative che precedono la definizione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti, il ricorrente può formulare una proposta di pagamento, parziale o anche dilazionato, dei seguenti debiti: 1. tributi amministrati dalle agenzie fiscali, e relativi accessori (interessi, indennità di mora e sanzioni, comprese quelle amministrative per violazioni tributarie), con espressa esclusione di quelli costituenti risorse proprie dell’Unione Europea – come, ad esempio, i diritti agricoli e doganali – e dei tributi locali (Ici, Tarsu, Tosap, imposta sulle pubblicità e diritto sulle affissioni), ad eccezione dell’Irap, come peraltro desumibile dalla C.M. 18 aprile 2008, n. 40/E (paragrafo 4.2.1); 2. contributi gestiti dagli enti di competenza delle forme obbligatorie di previdenza ed assistenza (c.d. transazione contributiva). La soddisfazione ridotta è ammessa, anche relativamente alle somme non iscritte a ruolo, purchè vengano rispettate le disposizioni di cui all’art. 182-ter della Legge Fallimentare (C.M. n. 40/E/2008, paragrafo 5.1). A questo proposito, si segnala, tuttavia, una contraddizione riportata nel comma 1 che, prima, limita la transazione fiscale ai debiti di natura chirografaria e, poi, si riferisce, invece, alle percentuali di pagamento dei crediti privilegiati: con l’effetto che se ne deve, pertanto, desumere la possibilità di decurtazione dei debiti assistiti da prelazione, come sostenuto dal Tribunale di Milano (decreto del 25 ottobre 2007) e, poi, confermato dalla stessa C.M. n. 40/E/2008 (paragrafo 4.2.4.). Il pagamento parziale è, in ogni caso, escluso – per espressa previsione normativa – nei confronti dei debiti per imposta sul valore aggiunto, nonché delle ritenute operate e non versate, come previsto dall’art. 182-ter, primo comma, primo periodo, del R.D. n. 267/1942, introdotto dall’art. 146, comma 1, del D.Lgs. n. 5/2006, e recentemente modificato dall’art. 29, comma 2, lettera a), del D.L. n. 78/2010. Quest’ultima disposizione ha, infatti, esteso ai debiti derivanti dall’omesso versamento di ritenute l’inoperatività della tipica fattispecie della falcidia, lasciando immutata la prospettabilità dell’ipotesi del differimento dei termini di pagamento. L’Agenzia delle Entrate ha, tuttavia, precisato che la riduzione può, invece, riguardare gli importi dovuti a titolo di accessori (C.M. 10 aprile 2009, n. 14/E, paragrafo 3). In sede di formulazione della proposta di transazione fiscale, il debitore deve osservare alcuni specifici criteri, a seconda della natura dei crediti tributari e contributivi: 1. privilegiata: la percentuale, i tempi di pagamento e le eventuali garanzie non possono essere inferiori a quelli offerti ai creditori aventi un grado di prelazione inferiore, ovvero una posizione giuridica ed interessi economici omogenei a quelli delle agenzie e degli enti gestori delle forme obbligatorie di previdenza ed assistenza; 2. chirografaria: il trattamento non può essere differenziato rispetto a quello degli altri creditori della medesima natura, ovvero – nel caso di suddivisione in classi – dei creditori chirografari ai quali è riservata una soddisfazione più favorevole.
La presentazione della proposta La proposta di transazione fiscale deve essere depositata presso il concessionario del servizio nazionale della riscossione e l’ufficio dell’Agenzia delle Entrate competente in base all’ultimo domicilio fiscale del debitore, unitamente alla seguente documentazione: 1. gli atti di cui all’art. 161 della Legge Fallimentare, così come già previsto per la presentazione
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dell’accordo di ristrutturazione dei debiti, a norma del successivo art. 182-bis, primo comma, del R.D. n. 267/1942; 2. la dichiarazione sostitutiva resa dal debitore, ovvero dal proprio legale rappresentante, a norma dell’art. 47 del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, in merito alla circostanza che la documentazione di cui al punto precedente riporta fedelmente ed integralmente la situazione dell’impresa, con particolare riguardo alle poste attive del patrimonio. Le suddette disposizioni di deposito della proposta di transazione fiscale rappresentano una vera novità rispetto al recente passato, in quanto introdotte – ad integrazione dell’art. 182-ter, sesto comma, della L.F. – dall’art. 29, comma 2, lettera b), del D.L. n. 78/2010. La norma in parola nulla stabilisce, tuttavia, relativamente all’allegazione – contemplata nell’ipotesi di concordato preventivo, ai sensi dell’art. 182-ter, secondo comma, del R.D. n. 267/1942, non invocato per la fattispecie dell’accordo di ristrutturazione dei debiti – della copia delle dichiarazioni fiscali per le quali non è pervenuto l’esito dei controlli automatici, nonché di quelle integrative relative sino al periodo sino alla data della presentazione della domanda. Ai fini di una migliore celerità ed efficienza del procedimento, si ritiene comunque opportuno produrre anche questi documenti, sebbene non espressamente richiamati dall’art. 182-ter, sesto comma, della Legge Fallimentare. Nei trenta giorni successivi alla presentazione della domanda, l’assenso alla proposta di transazione fiscale è espresso con un atto, differenziato in relazione all’eventuale ruolo degli importi, emesso da uno dei seguenti soggetti: direttore dell’Agenzia delle Entrate, su parere conforme parere della competente direzione regionale, relativamente ai tributi non iscritti a ruolo, ovvero non ancora consegnati al concessionario della riscossione, alla data di deposito dell’istanza; concessionario, su indicazione del direttore dell’ufficio, previo conforme parere della competente direzione generale, con riferimento ai tributi già iscritti a ruolo e consegnati al concessionario della riscossione alla data di presentazione della domanda. La corretta adozione della suddetta procedura consegue, pertanto, l’effetto di sottoscrizione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti da parte dell’Amministrazione Finanziaria, salvo il caso in cui vengano apposte, da parte di quest’ultima, ulteriori o differenti condizioni: al ricorrere della suddetta ipotesi, deve essere stipulata e firmata un apposita intesa integrativa (Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, Osservazioni in tema di transazione fiscale, aprile 2010, paragrafo 2.1).
23 giugno 2010 Sandro Cerato e Michele Bana
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