Forze Armate
A LOURDES I MILITARI DI TUTTO IL MONDO 60 INFORMAZIONI DELLA DIFESA 3/2011
Il ricordo del pellegrinaggio militare a Lourdes inizia con l’intervista a Mons. Vincenzo Pelvi, Ordinario Militare per l’Italia, perché se ci si pone dal giusto punto di osservazione, la prospettiva risulta molto più chiara. Seguiranno altre testimonianze tratte durante il pellegrinaggio che daranno indicazione del come si è vissuto
Intervista a mons. Vincenzo Pelvi di Giuseppina Avolio Qual è il senso del pellegrinaggio militare? I militari desiderano aprirsi al trascendente anche attraverso momenti eloquenti come la ricorrenza dei santi patroni di ciascuna Forza armata, la giornata della pace e il pellegrinaggio. A Lourdes si risveglia e rinnova la professione di fede e s’invoca la protezione di Maria per testimoniare quella che mi piace definire l’arte del samaritano. Il militare, infatti, si prende sempre cura dei più deboli e degli ultimi, senza passare oltre. Alla grotta di Massabielle il Vangelo diventa carne e vita, luogo dove tutto rimanda al malato nel corpo e nello spirito e dove chi è chiuso nel proprio dolore viene strappato alla solitudine. Così i giorni del pellegrinaggio si arricchiscono di gesti di generosa semplicità e benevola accoglienza, generando un ritmo quotidiano che apre il cuore all’amore gratuito sempre necessario, anche nella società più giusta. Cosa ha caratterizzato il 53° pellegrinaggio a Lourdes? Certamente l’intensa partecipazione ai momenti di preghiera e la testimonianza di amicizia fraterna, vissuta con uno stile di ascolto e con l’impegno a trasformare la propria storia in una vita santa gradita al Signore. Un sentimento di profonda riconoscenza va alle famiglie dei nostri militari caduti in Afghanistan, presenti al pellegrinaggio. La loro sofferenza, condivisa con dignità e motivata cristianamente, ha dato un impulso di trascendenza e di umanità ai pellegrini. Tutti abbiamo percepito
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la preghiera celeste dei giovani caduti in missioni di pace che continuano a custodire i propri cari e proteggere la nostra Patria, che abbiamo ricordato alla grotta per i 150 anni dalla sua unità. Perché c’è tanta partecipazione ad un pellegrinaggio internazionale? Perché i militari desiderano esprimere lo spirito di appartenenza. In questa direzione evidenzierei la dimensione educativa del nostro pellegrinaggio internazionale, a cui prendono parte almeno 34 nazioni. Ciò allarga gli orizzonti della mente e del cuore, spingendo oltre gli indirizzi egoistici e la miope convenienza e comprendendo che il servizio militare è a vantaggio di tutto l’uomo e di ogni uomo. La vita è un dono e la dignità umana va difesa e custodita in Italia e nel mondo. Kosovo, Libano, Afghanistan, Haiti, Libia, Lampedusa sono la testimonianza di rispetto e non di esclusione, di costruttivo dialogo e non di superficiale discriminazione. L’Italia, con i suoi soldati, continua a fare la sua parte per promuovere stabilità, disarmo, sviluppo e sostenere ovunque la causa dei diritti umani. Ciò è frutto anche della fede. Infatti guidati dalla verità evangelica, il mondo militare contribuisce a edificare una cultura di responsabilità globale, che ha la radice nella legge naturale e trova il suo ultimo fondamento nell’unità del genere umano. Di qui l’esigenza di una rinnovata attenzione a quella “responsabilità di proteggere”, un principio divenuto ragione delle missioni internazionali. Quale dimensione di pace ispira la devozione alla Vergine? La Vergine insegna a conciliare la vera carità e la sete di giustizia. Alla giustizia spetta rimuovere gli impedimenti della pace (l’offesa e il danno), mentre la pace è atto di amore. In realtà, la beatitudine della pace esige un eroismo più grande della guerra. Significativa la descrizione di sant’Agostino: “La pace deve essere nella volontà e la guerra solo una necessità, affinché Dio ci liberi dalla necessità e ci conservi nella pace! Infatti non si cerca la pace per
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provocare la guerra, ma si fa la guerra per ottenere la pace! Anche facendo la guerra sii dunque ispirato dalla pace in modo che, vincendo, tu possa condurre al bene della pace coloro che tu sconfiggi” (Lettera al Conte Bonifacio). Il militare del nostro tempo è protagonista di un grande movimento di carità nel proprio Paese come in altre nazioni. La pace è propriamente un atto di carità e non può essere trattata quasi fosse un problema impersonale, alla maniera dei problemi scientifici. Essa consiste nel sacrificare all’altro - straniero o nemico - il tutto della propria individualità, per dargli l’attenzione della mia persona e rendere omaggio a quella parte di verità, di giustizia o di umanità che egli porta in sé. La Madonna resta modello di questa scelta di offerta e solidarietà umana. Come conciliare la visione cristiana con l’uso delle armi? Ogni contenzioso dovrebbe risolversi in maniera collegiale e incruenta, con il dialogo leale, la solidarietà fra gli Stati, l’esercizio nobile della diplomazia. Dinanzi al fallimento dello strumento diplomatico e di altre soluzioni, a difesa della popolazione civile, deve considerarsi doveroso ogni intervento umanitario, fermando l’aggressione anche con la presenza militare, a difesa del bene comune universale e dei diritti umani. E pace e ingiustizia? E’ vero che non vi può essere pace dove regnano l’ingiustizia, l’oppressione, la prepotenza, il misconoscimento della dignità di ogni uomo. Ma occorre aggiungere che non c’è giustizia senza perdono. Non si può, infatti, ristabilire pienamente l’ordine infranto se non si crea lo spazio ad una giustizia che inglobi in sé anche quella particolare forma dell’amore che è il perdono. Discorso difficile, questo, soprattutto visto dalla parte delle vittime; eppure, se si vuole tendere ad una pace duratura non si può pensare alla giustizia in termini antitetici al perdono. Il Vangelo esige che il principio perdono sia immanente nel principio giustizia, e noi cristiani non possiamo esimerci dal viverlo.
Il pellegrinaggio internazionale può diventare un’opportunità per il dialogo interreligioso tra i popoli? Sia nei momenti di preghiera che negli incontri previsti emerge la necessità di cercare la verità, nel rispetto della coscienza altrui, nella quale si riflette l’immagine stessa di Dio. A Lourdes resta percepibile come le confessioni cristiane e le grandi religioni dell’umanità debbano collaborare per eliminare le cause sociali e culturali della violenza e del terrorismo, diffondendo una maggiore consapevolezza dell’unità della famiglia umana. Dinanzi a persecuzioni, discriminazioni, atti d’intolleranza occorre consolidare lo spirito di benevolenza, d’apertura e di reciprocità con cui tutelare i diritti e le libertà fondamentali in tutte le aree e le regioni del mondo. La libertà religiosa è via alla pace.
delle domande, ci si apra a delle confidenze personali, ci si dichiari disponibili ad un confronto, o ad uno scambio anche di riflessioni più approfondite. È il momento dell'accoglienza rispettosa, della possibilità di una rivelazione più esplicita delle realtà e dei significati appena intravisti. Tutto questo predispone al momento della richiesta esplicita di essere aiutati a credere, di poter stabilire quello stesso rapporto sereno, di fiducia, di grazia con il Signore, riprendendo un itinerario di ricerca, spesso interrotto per vari motivi e per un tempo più o meno lungo. Chi è credente sa che risponde ad una chiamata. È importante verificare se il Signore è un interlocutore reale, il vero fondamento dell’esistenza: più siamo attaccati a lui, più il nostro cuore è pieno di lui e di desiderio che tutti lo conoscano e lo amino, più diventiamo - senza nemmeno rendercene conto - suo segno trasparente.
Qual è il servizio del cappellano che accompagna i militari a Lourdes? Il cappellano durante il pellegrinaggio apre il cuore dei militari alla volontà di Dio, illuminandolo con la prospettiva della fede e la certezza dell’amore divino che non viene meno alle sue promesse di salvezza. Lourdes diventa luogo di dialogo e di familiarità. Accade che al cappellano siano poste
Con quale bagaglio si torna da Lourdes? Si va a Lourdes per amore e si torna da Lourdes dopo essersi tuffati nel cuore dell’Amore, guidati dall’Immacolata. E’ questo il miracolo che si vive e che non si sa raccontare, perché la Vergine ci conduce al desiderio e all’impegno di costruire una civiltà di pace, frutto della carità di Cristo, nostra luce e speranza del mondo.
In apertura: celebrazione eucaristica davanti la grotta delle apparizioni Sopra: la delegazione italiana partecipa a una celebrazione
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La partecipazione delle famiglie dei nostri militari caduti in Afghanistan ha contribuito ad evidenziare sempre più il sentimento di fratellanza tra i pellegrini italiani ed alcuni di loro hanno voluto testimoniare i sentimenti con cui hanno partecipato a questo evento. I genitori di Luigi Pascazio “Questo pellegrinaggio, per me, è stato uno stare insieme con gli altri genitori, mogli e fratelli che hanno avuto la stessa brutta esperienza, quella di perdere una persona cara che è difficile da dimenticare. È difficile da sopportare questo dolore e solo chi lo ha avuto può capirti. Con l’aiuto della Madonna si può trovare insieme un po’ di pace, un po’ di tranquillità interiore, qualcosa che può aiutarti a superare, che ti faccia stare un po’ meglio. Luigi era un ragazzo buono, bravo. Dava agli altri, aveva molti amici, era un ragazzo solare era un ragazzo che dava tutto se stesso. È proprio quello che ha fatto, ha dato tutto se stesso per aiutare gli altri. Egli amava essere un soldato, amava fare quel lavoro, si trovava bene con gli amici nell’aiutare gli altri. Era il suo lavoro, lo voleva fare. Doveva fare anche quest’esperienza, poter aiutare chi non ha la nostra stessa fortuna: la pace. Stare in pace con tutti, loro lì, la pace, non sanno cosa significa, noi invece sappiamo cosa abbiamo passato, cosa abbiamo sudato per stare qui tutti in pace, per poter apprezzare, la pace non la guerra”. La moglie di Massimiliano Ramadù “E’ il secondo incontro che facciamo con Mons. Pelvi, il primo lo abbiamo fatto ad Assisi. Questi incontri, almeno per me, hanno dato veramente tanto, perché quando succedono queste brutte cose, la prima figura con cui uno se la prende è Dio, non lo posso assolutamente negare, però poi in un secondo momento se ne ha bisogno. Si ha bisogno di credere, si ha bisogno di ritrovare la fede per non pensare che sia finito veramente tutto così. Quindi, in queste occasioni c’è un dop-
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pio incontro: quello con la gente che ha perso una persona amata, una mamma, un papà, un fratello, un marito, con quelle persone con cui “stiamo sulla stessa barca”. Il nostro dolore, è brutto dirlo, può essere capito soltanto da chi ci è passato prima di noi, è una sorta di fratellanza che si crea. Io ascolto te e tu ascolti me e cerchiamo di farci forza a vicenda. Però allo stesso tempo è anche un incontro con la fede, perché penso sia l’unica cosa che possa, in questo momento, risollevare almeno lo spirito. Perché si sente lo spirito ‘pesante’, c’è bisogno della fede per cercare di risollevare almeno lo spirito. Questa è la cosa più importante” I genitori di Massimiliano Randino “È stata un’esperienza bellissima, sentita. Volevamo farla già da parecchio tempo e questa è stata l’occasione per ricordare nostro figlio qui a Lourdes. È stato un momento toccante. Sua Eccellenza è stata una luce, per me e un punto di riferimento sin da quando ha celebrato la Messa presso la Basilica di S. Paolo. Noi ci incontriamo spesso. Due mesi fa ci siamo incontrati con le altre famiglie ad Assisi ed è stata una bella esperienza. Qui è stata una cosa particolare perché più stiamo insieme ci si capisce, parlando delle proprie esperienze e ci si confida. Questo poi è stato un momento spirituale e di amicizia. È stato bello anche per la parte militare, per come è stata impostata. Per esempio questa mattina c’è stata la Messa internazionale. Per me è stata un’esperienza bellissima, sotto tutti i punti di vista: sia militare, sia ecclesiastico che spirituale. È stato qualcosa in più. Riferendomi agli afgani, anche se è morto lì mio figlio, non ho mai pensato a loro come gente cattiva. Ho perso mio figlio, mi manca mio figlio, ma quella è un’altra storia”. “Io, da mamma, posso solo ripetere ciò che ha detto mio marito. L’esperienza è stata bellissima. Avevamo pensato diverse volte di venire a Lourdes, purtroppo il nostro primo viaggio è legato alla morte di mio figlio che, come si può immaginare, è il dolore più grande che si possa provare ed in più è stata una morte inaspettata! Vorrei solo dire che questi ragazzi non dovranno essere mai
dimenticati! Né mio figlio né gli altri ragazzi! Mai! Ringrazio Sua Eccellenza Pelvi che è una persona squisita. Ci è stato molto vicino e spero di incontrarlo anche il prossimo anno”. La mamma di Alessandro ”Non è che oggi sia cambiato tutto venendo a Lourdes. Si, è una bellissima esperienza. Ho visto tanti militari che sono rimasti feriti, che sono sulla sedia a rotelle. Oggi mi chiedevo: chissà se forse Alessandro, anziché morire fosse stato così. Oggi non mi è pas-
sata la rabbia che ho nei confronti di…. non lo so di chi. Mi auguro che forse l’essere venuta qua mi farà riacquistare piano piano la fiducia in Qualcosa, se c’è Qualcosa al di sopra di noi, cui poter credere, dove aggrapparsi per poter andare avanti. Perché io, da mamma, dico che andare avanti dopo una cosa del genere …. Io non riesco a vedere, a gioire delle cose, neanche delle piccole cose: ci è nato un nipotino, c’è una figlia che sta per laurearsi, che sta per sposarsi. La vita và avanti, ma per noi ci sarà sempre un punto nero: Ale, che non c’è più.
Mons. Vincenzo Pelvi, Ordinario Militare per l’Italia
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Alla grotta con le stellette di Daniele Rocchi “Molte nazioni, una sola famiglia”: è stato questo lo spirito del 53° pellegrinaggio militare internazionale che si è svolto a Lourdes, dal 20 al 23 maggio, cui hanno partecipato circa 15 mila soldati di 50 delegazioni da tutto il mondo, tra i quali oltre 3.000 soldati italiani, accompagnati dal loro arcivescovo ordinario, mons. Vincenzo Pelvi, e da un gruppo di familiari dei caduti nelle missioni all’estero. Per questi ultimi si è trattato di un significativo invito dopo un ritiro comune ad Assisi, nei mesi scorsi. A confermarlo anche il tema, “Uniti dal padre per una stessa preghiera”, che ha visto i partecipanti calarsi nel clima del pellegrinaggio segnato dalle parole del “Padre Nostro”. La preghiera è stata richiamata anche nel messaggio che il segretario di Stato vaticano, card. Tarcisio Bertone, ha indirizzato per conto di Benedetto XVI, ai partecipanti al pellegrinaggio e letto all’assemblea nella cerimonia inaugurale: “La vostra vita è fatta di gioia e di felicità ma anche di dubbio, di sofferenza e dolore. Nei momenti di solitudine e di prova, in particolare quelli difficili che si vivono quando siete impegnati in operazioni all’estero, vi invito a volgere lo sguardo verso Maria. Chiedetele di condurvi al Padre per mezzo di Gesù, suo Figlio”. La festa… Un'invasione pacifica, festosa, sonora e colorata ma al tempo stesso composta e raccolta nei suoi momenti celebrativi, durata tre giorni, nei quali la città mariana si è trasformata in una sorta di grande palcoscenico dove ogni delegazione ha rappresentato la propria tradizione, tra gli applausi dei tanti pellegrini 'civili' presenti. I militari hanno sfilato in ordine per le strade della città mariana allietandola con fanfare, marcette e canti, E così a fianco delle bande musicali austriache, spagnole, tedesche, francesi, ungheresi, si sono esibite anche le cornamuse irlandesi e i bersaglieri italiani, questi ultimi, tra i più fotografati e particolarmente graditi ai più
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piccoli. Tra le delegazioni presenti anche quella della Guardia Svizzera. …e la preghiera. Ma se nelle piazze, nelle strade e nei vicoli di Lourdes si è cantato, marciato e suonato, davanti la Grotta delle Apparizioni è stato solo silenzio, raccoglimento e preghiera. A turno i militari vi si sono raccolti per la recita del Rosario e per la messa, accompagnata da canti liturgici e dai vari inni nazionali. In piedi, inquadrati come nella piazza d’armi di tante caserme sparse nel mondo, indistintamente, hanno pregato per “i caduti di tutte le guerre, per i loro commilitoni che hanno perso la vita in operazioni internazionali, per i loro familiari e per i feriti”. Con loro la bandiera nazionale scortata da commilitoni in alta uniforme. Il tutto coordinato da militari di diverse Forze e Paesi impegnati a garantire il corretto svolgimento di ogni celebrazione. Non è stato difficile, in questo composito mosaico di lingue, divise e bandiere, vedere lavorare, fianco a fianco, militari di Paesi che fino a qualche anno fa erano in guerra, serbi, croati, bosniaci, ma anche sloveni e irlandesi. Non molto lontano dalla Grotta si svolgeva un altro pellegrinaggio, quello delle candele. Enormi ceri portati a spalla da piccoli gruppi di uomini e donne con le stellette, marciando silenziosamente, venivano posti in candelabri e accesi a ricordo di “tanti amici e colleghi morti in missione o nell’adempimento del loro dovere”. Italia, “amata nazione”. Per la delegazione italiana, guidata dal generale Domenico Rossi, sottocapo di Stato maggiore dell’Esercito, il pellegrinaggio è stato anche un momento per celebrare i 150 anni dell’Unità d’Italia, in modo ufficiale vista anche la presenza del sottosegretario alla Difesa del Governo italiano, Guido Crosetto. Dalla Grotta delle apparizioni, il 20 maggio, dopo una liturgia penitenziale, è salita la preghiera di mons. Pelvi per l’Italia, “la nostra amata nazione ricca di bene e di solidarietà” e il ricordo per “i nostri militari morti in missione di pace”. Una memoria rinnovata anche il giorno dopo nella Via
Un momento della Via Crucis
Mons. Pelvi durante una celebrazione
Crucis, nel corso della quale, i parenti hanno affiancato la Croce in tutte le stazioni. “Asciuga le lacrime sui volti delle mamme e dei papà, accarezza i figli che non rivedranno più il padre, volgi la tua tenerezza alle spose disorientate, dona a tutti la forza di rialzarsi, Dio crocifisso, amante della vita. Amici militari del cielo – ha detto mons. Pelvi – restate a noi più vicini, quando gli occhi sono in lacrime, il cuore resta muto e girano a vuoto le energie dell’esistenza... quando le angosce sembrano annullare la fede e il tempo acuisce le piaghe della vostra assenza. Il vostro amore è ciò che rimane e il nostro cuore è accanto a voi, anche se il nostro corpo è lontano da voi”. “Care mamme – ha poi aggiunto nella Quarta Stazione, ‘Gesù incontra sua madre’ – vi è stato tolto un figlio. Come la mamma addolorata, mentre vivete l’ora della croce, accogliete una nuova maternità: siate madri di tutti i giovani che dedicano la vita alla pace dei popoli. La spada del dolore vi ha trafitto. C’è buio nelle vostre giornate, nelle vostre case e nella storia quotidiana e il mondo sembra scorrervi accanto senza significato e meta. Le anime dei nostri giovani, perseguitati e ingiustamente uccisi, sono nelle mani di Dio, sono nella pace e la loro speranza è piena di immortalità”.
pane, il perdono e la lotta contro il male per costruire un mondo degno dell’uomo. Dobbiamo convertirci a progetti di pace, deporre le armi di ogni tipo e impegnarci tutti insieme a costruire un mondo più giusto. E i nostri militari, con il loro impegno, testimoniano Gesù che non regna dominando con un potere di questo mondo ma attirando l’amore del Padre. Il sacrificio dei nostri militari ci impegna nel riaffermare con una nuova consapevolezza quell’amore sociale, norma suprema e vitale della persona umana”. Concetti ripresi e approfonditi nella messa finale, alla Grotta, il 23 maggio: “Senza una relazione personale autentica con il Signore, senza una vita spirituale reale, tutto rischia di essere scena, apparenza ipocrita di una testimonianza evangelica”. “Senza l’azione interiore e nascosta dello Spirito – ha avvertito il vescovo castrense – la Chiesa rischia di essere raduno di militanti, più che comunione di discepoli. Ecco, perché Gesù ribadisce quelle verità elementari e irrinunciabili che fanno di un uomo un credente: l’amore per il Signore, l’ascolto della sua Parola, la vita interiore animata dallo Spirito l’osservanza dei comandamenti”. Raccomandazioni che gli oltre 3.500 militari italiani, uomini e donne, hanno portato via da Lourdes come un nuovo impegno di vita. Per tutti, infine, l’appuntamento al prossimo pellegrinaggio, nel 2012 a Lourdes, dall'11 al 13 maggio, con la presenza del card. Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i vescovi.
Le poche cose necessarie. Il tema della preghiera è risuonato ancora nei Rosari alla Grotta nei quali mons. Pelvi ha ricordato come questa “ci insegni le poche cose veramente necessarie: il
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