FINESTRA SUL MONDO
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MEDIA BRIEFING Sintesi analitica dei più importanti avvenimenti nelle aree di crisi tratta da fonti aperte internazionali luglio - agosto 2013
Egitto Il 3 luglio il Presidente Mohamed Morsi è stato destituito da un golpe militare. Al suo posto – nell’ambito di un ennesimo governo transitorio controllato dai militari – l’alto magistrato Adli Mansour, che ha prestato giuramento il 4 luglio. Il 30 giugno – in occasione del primo anniversario della presidenza di Morsi – circa un milione di persone si erano radunate in piazza Tahrir e attorno al palazzo presidenziale invocando le dimissioni del Presidente. I Tamarod (ovvero “I Ribelli”, questo il nome degli anti-Morsi appoggiati dalle forze di opposizione del Fronte di Salvezza Nazionale e addirittura dai salafiti ultra-conservatori del partito Al Nour) avevano già raccolto 22 milioni di firme per costringere il Presidente alle dimissioni. L’esercito appoggia i manifestanti e il 1° luglio il Generale Abdul Fatah al-Sisi, comandante delle forze armate, intima a Morsi di lasciare il potere entro 48 ore. Sei ministri si dimettono, ma il Presidente, il 2 luglio, respinge l’ultimatum. Il giorno seguente l’esercito marcia sul palazzo presidenziale deponendo Morsi e sospendendo la costituzione. Drammatico il bilancio complessivo degli scontri tra i Tamarod e i pro-Morsi del movimento Tagarod (“Imparzialità”), sostenuti dai Fratelli Musulmani: oltre 20 i morti e circa 800 i feriti. Il Cairo, Alessandria, Assiut, Beni Suef e Fayoum le città in cui le violenze sono state più accese. Il 9 luglio, dopo lunghi negoziati, l’ex Ministro delle Finanze Hazem el-Beblawi è stato nominato Primo Ministro del nuovo governo ad interim. Il Generale al-Sisi è invece vicepremier e Ministro della Difesa. Mohamed el-Baradei, leader delle forze di opposizione laiche coalizzate nel Fronte di Salvezza Nazionale, viene nominato vice Presidente. Il nuovo esecutivo giura il 16 luglio: dei 33 ministri, tre sono cristiani; sono tre, inoltre, le donne. I Fratelli Musulmani hanno rifiutato di riconoscere la legittimità del nuovo governo. Le proteste e gli scontri fra sostenitori e oppositori dei Fratelli Musulmani sono proseguite per tutto il mese di luglio, con decine di morti e feriti al Cairo e ad Alessandria. Ancora più drammatica la situazione nel Sinai, diventato ormai una no man’s land in mano ai jihadisti, che tengono sotto scacco le forze di polizia. Il 31 luglio, le autorità egiziane annunciano che il sit-in permanente indetto al Cairo dai Fratelli Musulmani è una minaccia per la sicurezza nazionale e sarà pertanto disperso con la forza. Il 14 agosto l’esercito attacca i manifestanti pro-Morsi con lacrimogeni, carri armati e cecchini. Dodici ore di combattimento in pieno giorno, più di 800 i morti. In Egitto ritorna lo stato di emergenza e il nuovo Presidente Adli Mansour impone il coprifuoco dalle 21 alle 6 del mattino. A causa della violenta repressione da parte delle forze armate, il vice Presidente el-Baradei si dimette il giorno stesso. Il conflitto civile “a bassa intensità” si va tuttavia attenuando. Gli arresti quotidiani di esponenti dei Fratelli Musulmani e la fermezza repressiva mostrata dall’esercito – che, giova sottolineare, appare godere di un vasto consenso popolare – fanno prevedere che la rivolta dei militari abbia comunque superato il “punto di non ritorno”: sembra molto difficile, quindi, che la Fratellanza possa tornare al potere.
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Tunisia Attivisti tunisini hanno fondato il 3 luglio Tamarrod Tunisie, ispirato all’omonimo movimento anti-Morsi, con l’intento di rovesciare il governo Ennahda, che esprime posizioni politiche simili a quelle dei Fratelli Musulmani egiziani. Ancora sull’onda delle sommosse anti-Morsi, il 9 luglio, i partiti Unione per la Tunisia, Fronte Popolare e Al Majd hanno lanciato un appello per sciogliere l’Assemblea Costituente. Nei giorni precedenti il movimento Nidaa Tounes (Appello della Tunisia), guidato dall’ex premier Caid Essebsi, aveva chiesto formalmente le dimissioni del governo. Non sono mancate le reazioni sul fronte opposto: il 13 luglio migliaia di sostenitori di Ennahda hanno manifestato a Tunisi contro la detenzione del Presidente egiziano Morsi. Da inscrivere nell’ambito della contrapposizione tra laici e islamisti è anche l’assassinio dell’esponente dell’opposizione Mohamed Brahmi, ucciso il 25 luglio a Tunisi con 14 colpi di pistola da un estremista islamico salafita. Brahmi era coordinatore generale del Movimento Popolare e deputato dell’Assemblea Nazionale Costituente: dopo le morti di Lotfi Naguedh e di Chokri Belaid, il suo è il terzo omicidio politico effettuato nell’ultimo anno, tutti contro esponenti dell’opposizione. In forma di protesta contro l’uccisione di Brahmi, il 26 luglio è stato indetto uno sciopero nazionale generale che ha ottenuto una fortissima adesione. Il giorno successivo, in occasione dei funerali, si sono susseguiti numerosi cortei in varie località del Paese, con scontri a Sidi Bouzid e Gafsa. In segno di protesta contro il governo, inoltre, 70 (su 217) deputati dell’Assemblea Nazionale Costituente si sono autosospesi dalle attività parlamentari il 29 luglio. A causa della crisi politica, il Ministro dell’Educazione Salem Labyedh ha annunciato le sue dimissioni il 31 luglio e il Presidente dell’Assemblea Nazionale Costituente Ben Jafar ha sospeso temporaneamente le sessioni dell’Assemblea Costituente per il mese di agosto. Dopo settimane d’impasse politica, il 24 agosto l’opposizione tunisina ha avviato una settimana di contestazioni per costringere il governo alle dimissioni. Anche Tamarrod Tunisie si è mobilitata per raggiungere l’obiettivo, raccogliendo quasi due milioni di firme per chiedere lo scioglimento dell’esecutivo. Malgrado le massicce manifestazioni, il 28 agosto il premier Ali Laarayedh, esponente di Ennahda, ha ribadito che il suo esecutivo non si dimetterà. Marocco Sulla scia delle rivolte egiziane sono nati in Marocco diversi movimenti ispirati ai Tamarod (“I Ribelli”). Il primo si è formato agli inizi di luglio e ha immediatamente invocato le dimissioni del Primo Ministro Abdelillah Benkirane, l’annullamento delle elezioni e una nuova Costituzione. Il 9 luglio, il Partito dell’Indipendenza (Istiqlal) ha deciso di ritirare i suoi cinque ministri dall’esecutivo di Benkirane, schierandosi con l’opposizione laica. Il partito ha abbandonando la coalizione di governo e ha formalizzato l’adesione al fronte d’opposizione il 15 luglio. Re Mohammed VI ha accettato le dimissioni dei ministri il 22 luglio e ha invitato il premier ad avviare le consultazioni per un nuovo governo. Sul finire del mese di agosto, il premier Benkirane ha sfidato l’opposizione dicendosi pronto a elezioni anticipate. Benkirane ha inoltre ribadito l’importanza dell’istituzione monarchica in Marocco. Siria Il 21 agosto, attivisti siriani hanno accusato le forze del regime alawita di aver usato armi chimiche nel bombardamento delle aree vicine a Damasco, sotto il controllo dei ribelli. La Coalizione Nazionale Siriana, raggruppamento della forze di opposizione al regime di Bashar al-Assad, ha parlato di almeno 1.300 vittime. Giunti sul posto il 26 agosto per indagare sull’uso di armi chimiche nel conflitto, gli ispettori dell’ONU sono stati costretti a ritirarsi dopo appena 90 minuti (rispetto alle sei ore concordate con il regime), perché presi di mira da alcuni cecchini. I controlli sono stati completati il 30 agosto. Per il risultato dei test sui campioni prelevati si attendono le prossime settimane. Nel frattempo, la Russia ha avvertito l’Occidente che ogni interferenza in Siria destabilizzerebbe il Medio Oriente. L’opposizione di Mosca sta aprendo a una crisi diplomatica senza precedenti, motivo per il quale il Dipartimento di Stato americano ha rinviato un incontro con i diplomatici russi previsto per il 28 agosto a L’Aia. Anche la Cina e l’Iran hanno messo in guardia gli Stati Uniti dall’intervenire in Siria. Il 31 agosto il Presidente americano Obama ha dichiarato di essere favorevole a un intervento militare, ma – pur avendo il potere di ordinare un attacco senza autorizzazione del Congresso – ha comunque messo in agenda un dibattito parlamentare per il 9 settembre. Il premier britannico Cameron ha invocato un’azione tempestiva, ma il Parlamento ha respinto la mozione del governo il 29 agosto. Non ci sarà, pertanto – ha annunciato lo stesso Cameron il 30 agosto – un coinvolgimento militare britannico in Siria. Il Presidente francese Hollande ha invece ribadito che il no di Londra non cambia la posizione della Francia: la portaerei Charles De Gaulle avrebbe infatti già ricevuto l’ordine di raggiungere le unità statunitensi al largo delle coste siriane, mentre la fregata Chevalier Paul è salpata da Tolone alla volta del Mediterraneo orientale il 29 agosto. Hollande ha comunque fissato per il 4 settembre un dibattito parlamentare sulla questione.
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AGOSTO 2013 di Nicola Pedde L’azione militare che ha portato il 14 agosto le forze armate ad esercitare la più violenta possibile forma di repressione delle manifestazioni di protesta contro il governo della Fratellanza Musulmana, è stata di fatto implicitamente negoziata dal vertice militare con i leader delle forze politiche di opposizione, laiche e non, chiedendo una sorta di mandato generale per la gestione dell’azione, ma includendo anche una richiesta di solidale divisione delle responsabilità che ne sarebbe conseguite. E all’una pomeridiana in punto del 14 agosto, questo patto è entrato in vigore. Gli scontri del 14 agosto Gli scontri sono iniziati nei pressi del ponte 6 Ottobre, quando i militari hanno cercato ad impedire un allargamento del fronte della protesta nell’area di Rabaa, aprendo direttamente il fuoco sui manifestanti. I primi corpi di civili uccisi o feriti sono arrivati negli ospedali di zona intorno alle 13:30, e dal quel momento è stato un flusso ininterrotto di interventi sui codici rossi. Secondo i rappresentanti di Human Right Watch, che avrebbero raccolto testimonianze in alcuni tra i principali nosocomi della capitale, i corpi raccolti dopo la prima ondata di scontri avrebbe presentato ferite nette e precise al capo e al torace, denunciando in tal modo l’azione di cecchini con lo specifico ordine di uccidere, e non disperdere i manifestanti. Gli scontri sono poi proseguiti in diversi punti della città, caratterizzati dalla medesima modalità d’azione delle forze armate, a tratti sostenute anche dalle forze aeree medianti interventi degli elicotteri da attacco anticarro Apache, e dai Gazelle delle Forze Speciali. Le prime comunicazioni ufficiali sono giunte nel pomeriggio da parte del Ministero degli Interni, quando le autorità hanno iniziato a diramare i comunicati sugli scontri, utilizzando le formule narrative da giorni sperimentate nei dibattiti televisivi e negli ultimatum ai manifestanti. Nei comunicati ufficiali egiziani, quindi, l’azione contro la Fratellanza Musulmana ha preso la forma di una vasta e coordinata operazione contro non meglio precisate organizzazioni terroristiche straniere, il cui scopo sarebbe stato quello di destabilizzare il paese e sovvertirne l’ordine costituzionale. Le forze armate egiziane, con il consenso e l’appoggio delle opposizioni politiche laiche e progressiste, quindi, ha comunicato e giustificato il proprio intervento non già come operazione di odine pubblico, ma come vero e proprio conflitto con organizzazioni internazionali attive militarmente sul territorio nazionale. Una differenza sostanziale, avallata di fatto da tutte le formazioni politiche e confessionali rimaste nell’ultimo anno all’opposizione del governo della Fratellanza Musulmana. Nello stesso momento sono state condotte operazioni capillari nei centri nevralgici dell’organizzazione politica e sociale della Fratellanza Musulmana, operando circa un migliaio di arresti e ponendo sotto sequestro una vasta quantità di uffici e sedi del partito e delle sue diramazioni assistenziali. Operazioni che si sono protratte per oltre 72 ore, e che si sono parzialmente concluse con l’assedio e il successivo sgombero della moschea di al Fateh, dove un nutrito gruppo di sostenitori del deposto presidente Morsi si era rifugiato, intenzionato a resistere alle forze armate. Con il trionfo della violenza, cadono nell’oblio anche le responsabilità della Fratellanza Musulmana Ulteriore, paradossale, effetto della feroce repressione militare in Egitto, è la scomparsa dalla stampa locale e internazionale delle notizie relative al dibattito interno alla Fratellanza Musulmana, e alle feroci critiche mosse all’operato di Morsi anche da più parti del suo stesso elettorato. La spropositata reazione dell’esercito ha quindi di fatto d’un colpo cancellato anche le pesanti responsabilità che gravavano sull’ikwan, impedendo quel rinnovamento nella linea dirigente del partito che in molti auspicavano e a gran voce chiedevano. Perché se è vero che la Fratellanza Musulmana aveva vinto le elezioni parlamentari e presidenziali, sebbene con un margine risicato, è vero anche che, con ogni probabilità, quella maggioranza era ormai svanita per effetto dell’incapacità di Morsi di gestire la difficile situazione politica e le complesse dinamiche del passaggio dall’autoritarismo al pluralismo politico.
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C’era quindi, con ogni probabilità, una vera maggioranza a protestare nelle strade chiedendo a Morsi di farsi da parte e interrompere l’esperimento politico avviato poco meno d’un anno fa con la Fratellanza Musulmana al governo del paese. Ma questa maggioranza ha perso d’un colpo la sua legittimità chiedendo ed appoggiando un intervento che ha fatto ripiombare d’un colpo il paese nel più cupo autoritarismo, condannandolo probabilmente ad un lungo e doloroso periodo di stasi che sacrificherà prima di ogni altra cosa qualsiasi aspirazione pluralista e democratica del popolo egiziano. Senza l’intervento militare, con ogni probabilità la forza di governo della Fratellanza Musulmana sarebbe caduta sotto i colpi dei suoi stessi elettori, in numero sempre maggiore passati nella fila della contestazione e desiderosi di un profondo ripensamento delle linee generali di gestione della politica nazionale. In questo modo, al contrario, si è interrotta ogni possibilità di trasformare virtuosamente la Fratellanza, che al contrario rischia di tornare nell’ombra come partito fuorilegge, alimentando con ogni probabilità anche una sua ala estremista ed armata. A questo punto pienamente legittimata dalla sua base di consenso a condurre una vera e propria guerra contro l’establishment militare e tutte le altre forze di opposizione. Questa deriva potrebbe essere ulteriormente amplificata, ed anche accelerata, in conseguenza della nefasta decisione delle forze militari e degli ambienti politici laici di insistere su una identificazione della Fratellanza Musulmana quale espressione del jihadismo radicale islamico, di fatto alimentando e diffondendo l’idea di un movimento non più politico, ma terroristico. E conseguentemente elevare il generale El Sisi al rango di “liberatore” e “salvatore della Patria” dalla minaccia del terrorismo e dell’oscurantismo islamico. Il ruolo dell’Arabia Saudita Un comunicato letto alla televisione saudita lo scorso 16 agosto, ed attribuito al sovrano Abdullah – sulle cui condizioni di salute continuano a proliferare le più diverse e spesso poco attendibili indiscrezioni – ha apertamente incitato gli arabi nella lotta per impedire la destabilizzazione dell’Egitto, affermando come “il Re dell’Arabia Saudita, il suo popolo ed il governo sono fermi nel sostenere i propri fratelli in Egitto contro il terrorismo”. Un aperto e diretto sostegno alla leadership militare egiziana, oltre che una implicita giustificazione per le violenze che hanno provocato oltre mille morti in Egitto nella protesta dei sostenitori del deposto presidente Morsi, e nella successiva azione delle forze armate per imporre lo sgombero dei manifestanti della Fratellanza Musulmana. “Mi appello agli uomini onesti dell’Egitto, e agli arabi delle nazioni musulmane”, ha continuato il messaggio del sovrano letto dalla tv saudita, “per resistere come un sol uomo e con un solo cuore contro il tentativo di destabilizzazione di una nazione che rappresenta l’avanguardia della storia araba e musulmana”. In questo modo l’Arabia Saudita ha mostrato le sue carte, palesemente confermando la natura dei propri interessi, ma anche dei grandi timori che alimentano questa deriva radicale ed interventista della propria politica estera a livello regionale. Insieme agli Emirati Arabi Uniti e al Kuwait, i sauditi ritengono che la Fratellanza Musulmana rappresenti un pericolo di natura esistenziale per la continuità dei propri regni. Una minaccia che, se non arrestata immediatamente, potrebbe propagarsi rapidamente in tutto il Medio Oriente, mettendo in discussione il ruolo e la natura dei sistemi autoritari che sino ad oggi hanno governato la regione, instillando il germe del pluralismo di matrice confessionale. Antitesi perfetta e temibile dell’equilibrio invece raggiunto nel corso dell’ultimo secolo tra la monarchia saudita ed il clero wahabita, attraverso un meccanismo di bilanciamenti e reciproci riconoscimenti che ha determinato lo status quo sul quale i Saud hanno costruito il proprio regno e soprattutto le proprie fortune. La questione della lotta all’Ikwan e alla repubblica Islamica dell’Iran, quindi, ha assunto un carattere ed una rilevanza prioritaria nelle agende di politica estera e di sicurezza delle monarchie regionali, con la sola eccezione del Qatar, che ha invece continuato a manifestare una netta posizione a favore della Fratellanza Musulmana. Che ha sostenuto economicamente e politicamente in Egitto, Libia e Siria, uscendone tuttavia sconfitta nella contrapposizione con l’Arabia Saudita e l’intera compagine del Consiglio di Cooperazione del Golfo. I sauditi hanno concesso, all’indomani della deposizione di Morsi, un aiuto pari a 5 miliardi di dollari all’Egitto, offrendosi inoltre di onorare i conti dell’apparato militare locale con le imprese americane, qualora Washington decidesse di sospendere il proprio programma di aiuti al paese. Un’offerta che è stata intesa molto chiaramente dai vertici dell’apparato militare egiziano, rappresentando un’assicurazione totale sull’operato contro la Fratellanza Musulmana, e di fatto un “via libera” per completare l’operazione avviata il 14 agosto scorso.
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OSSERVATORIO STRATEGICO ANALISI CONVENZIONALI PER IDROCARBURI NON CONVENZIONALI Centro Militare Studi Strategici
di Francesco Lombardi
Da decenni i periodici aumenti del prezzo dei carburanti disturbano il sonno degli italiani e sono oggetto di accesi dibattiti sull’effetto che essi hanno sull’economia e sull’inflazione del Paese. Inoltre, soprattutto in questo lungo periodo di crisi, il costo dell’energia è considerato uno dei principali freni per uno sviluppo competitivo e duraturo. Soprattutto per il nostro Paese, che importa l’81% del proprio fabbisogno energetico. E, in dettaglio, i dati del Ministero dello Sviluppo Economico evidenziano che, nell’ultimo quindicennio, a fronte di una generale diminuzione delle estrazioni di gas dal sottosuolo nazionale, si è avuto un paritetico incremento delle importazioni (dall’estero). Peraltro, fino a qualche anno fa, le previsioni sulla data in cui la Terra avrebbe esaurito la disponibilità di idrocarburi (soprattutto petrolio) e le valutazioni sugli effetti di ciò sulle economie mondiali e sulla vita dei cittadini accompagnavano spesso i dibattiti in tema di energia. Nel nuovo secolo però, l’approccio è totalmente cambiato. Nuove scoperte hanno quasi ribaltato le analisi sviluppate solo fino a meno di un decennio orsono. Nuove disponibilità e nuove tecniche estrattive hanno fugato ogni timore sulla futura carenza di energia, ma anche disegnato scenari geopolitici e geoeconomici fino ad ora mai raffigurati. Tanto che, nel sottolineare l’entità del cambiamento, analisti e studiosi parlano di “shale gas revolution”. Va rammentato che lo shale gas, detto anche gas di scisto, è un particolare tipo di gas non convenzionale, intrappolato nella porosità delle rocce e, per tale ragione, la sua estrazione deve necessariamente essere realizzata attraverso tecniche innovative che, peraltro, hanno generato forti critiche e proteste di gruppi ambientalisti. Tale tipo di gas, normalmente presente tra i 2000 ed i 4000 mt di profondità, viene estratto attraverso la cd. frantumazione idraulica (fracking) che prevede l’immissione di acqua ad alta pressione mescolata a prodotti chimici per sbriciolare le rocce e liberare il gas. Per tale ragione, tale procedura è accusata di provocare terremoti oltre che contaminare l’aria, il terreno e le falde acquifere. Al momento, non esistono mappe dettagliate, certe e complete sulla disponibilità di tale tipo di gas. Anche se vasti giacimenti sono stati individuati in aree in buona parte diverse da quelle fino ad ora tradizionali produttrici di gas. In linea di massima, valutazioni attendibili (dell’UE) stimano la disponibilità mondiale di shale gas in 40mila miliardi di m³; ovvero, più di 5.600 anni di consumo italiano ai livelli attuali. Le riserve di maggiori dimensioni sono state individuate nell’America del Nord ed in Cina. La vecchia Europa può contare, al momento, su circa 14.400 miliardi di m³: una quantità ridotta rispetto a quella presente in altre aree del Globo, ma certamente idonea ad affrancare i Paesi maggiormente industrializzati dai rifornimenti extracontinentali. Polonia e Francia i Paesi con riserve individuate di maggiori dimensioni. Le analisi ed i dibattiti sugli effetti che la massiccia disponibilità di idrocarburi, generata dalle nuove tecniche estrattive, avrà sulle relazioni tra Stati, si sono fino ad ora principalmente concentrati su una possibile perdita di influenza della
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Russia, soprattutto nei riguardi degli acquirenti europei dei suoi prodotti energetici, nonché su un potenziale disinteresse degli USA per lo scacchiere mediorientale. Se è vero che l’indipendenza energetica, che gli Stati Uniti dovrebbero raggiungere nel prossimo ventennio, potrebbe indurre ad un riposizionamento degli interessi di Washington, è pur vero che l’economia statunitense, resa ancor più competitiva da disponibilità di energia a basso costo, necessita di un mondo stabile, in cui merci e servizi possano liberamente muoversi e competere. Pertanto, il temuto isolazionismo statunitense non pare una scelta scontata ed immediata. Va pure considerato che le scelte strategiche di una superpotenza non sono basate solo sulla necessità di assicurarsi fonti energetiche sicure e durature; sono il risultato di una concentrazione di fattori (talvolta contrastanti), più o meno pragmatici. Nel moderno mondo multipolare le dinamiche geopolitiche sono influenzate da una pluralità di parametri, in continua evoluzione, quantitativa e qualitativa. I futuri fenomeni, indotti da una massiccia disponibilità di shale gas e di tight oil, negli USA come in Europa, sono di una complessità che è ancora tutta da definire. La produzione di shale gas e di tight oil potranno mettere in discussione alleanze basate su comuni interessi o flemmatizzare dispute dovute a interessi ora contrastanti, ma daranno certamente rilievo a nuovi attori rafforzando il valore di taluni parametri. Le implicazioni geopolitiche dovute al mutamento dei tradizionali flussi di risorse energetiche poi, negli anni a venire, andranno anche ad intrecciarsi con altre questioni che stanno per diventare oggetto di acceso dibattito; tra i tanti, l’uso a fini commerciali dell’Artico. Rendendo certo difficile fare previsioni globali derivate da un’analisi pure corretta ma limitata ad un solo aspetto. L’estrazione di questi nuovi idrocarburi, ad esempio, richiede ingente disponibilità di acqua. Una risorsa sempre più preziosa in vaste aree del Globo, protagonista di spicco nei dibattiti internazionali ed oggetto di frizioni fra Stati. Senza dimenticare i temi ambientali che certamente condizioneranno le scelte future. Temi che, come accadeva per altre questioni in passato, potranno essere affrontati con oggettiva scientificità o anche con intenti meno nobili e maggiormente strumentali, quando non addirittura funzionali a singole logiche di parte. Inoltre, per determinare gli effetti e le possibili evoluzioni dovute alla cosiddetta “shale gas revolution”, non occorre solo limitarsi a valutare e soppesare le riserve di aree, territori e nazioni. La capacità produttiva è, infatti, anche funzione della disponibilità di idonee tecnologie. Nella complessità della questione i fattori tecnici assumono rilevanza geopolitica in quanto moltiplicatori di disponibilità e di redditività. Proprio la padronanza di tecnologie valide potrebbe essere il sedime su cui incardinare nuove alleanze tra Paesi produttori e consumatori. In definitiva, anche questi annunciati cambiamenti potrebbero poi percorrere vie diverse da quelle ora preconizzate, secondo un copione spesso visto nella storia delle analisi geopolitiche.
OSSERVATORIO STRATEGICO
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DIFESA E SOCIETÀ INTERVISTA AL SIG. CA.SMD AMM. LUIGI BINELLI MANTELLI DA PARTE DEL GIORNALISTA ENRICO CASTELLI (RAI) IL GIORNO 30 LUGLIO 2013 Ammiraglio quanto è stata importante la posizione dell’Europa per garantire la pace in questi anni Più che quanto è stata, quanto è importante. Perché oggi è fondamentale l’apporto che l’Europa può dare all’Alleanza Atlantica ed alla Comunità Internazionale per le operazioni di stabilità e di pace. Ce lo chiede la NATO, che negli ultimi sessant’anni ha contribuito alla stabilità, soprattutto europea, ed alla crescita dell’identità europea e chiede ai suoi Partner europei un maggiore sforzo ed una maggiore responsabilità e consapevolezza per questo tipo di missioni. Quindi noi sosteniamo fortemente una crescita dell’Unione Europea all’interno del Rapporto Transatlantico e della Comunità Internazionale. Crescita che nel prossimo periodo, nel prossimo consiglio di sicurezza europeo e nel prossimo periodo di presidenza italiana dell’Unione Europea sarà fondamentale. Quale ruolo ha svolto e sta svolgendo l’Italia per garantire questo processo di pace L’Italia ha sempre avuto, dal Dopoguerra ad Oggi, un ruolo fondamentale. Vorrei ricordare che abbiamo iniziato il nostro contributo alle operazioni internazionali sin dalla crisi coreana nel primo dopoguerra con medici ed ospedali da campo e poi man mano si sono susseguite operazioni che hanno avuto una connotazione fondamentale, sempre un mix di operazioni militari in senso stretto ed operazioni umanitarie. Possiamo ricordare la crisi di Suez dove la nostra Aeronautica ha contribuito nel ’55 con voli umanitari, possiamo ricordare la missione di soccorso ai boat-people vietnamiti della Marina Militare nell’Oceano Indiano, possiamo ricordare le missioni che poi si sono susseguite nei successivi anni. La svolta è stata segnata dalla missione nel Libano dell’82 nella quale per la prima volta abbiamo, sotto l’egida dell’ONU, attuato un progetto expeditionary, cioè un reparto interforze (perché comprendeva un pò tutte le Forze Armate) si è schierato fuori aerea per un periodo lunghissimo, operando in maniera integrata con le strutture militari e civili di quel martoriato Paese. Questa è stata la svolta fondamentale delle nostre operazioni che poi hanno preso un’accellerazione straordinaria negli ultimi dieci anni, dalle crisi che si sono susseguite fino all’operazione umanitaria ad Haiti con la Cavour, all’operazione in Libia nel 2011 ed oggi siamo presenti in moltissime missioni, le due più importanti Afghanistan e Libano con UNIFIL. Abbiamo più di 5700 uomini e donne schierati all’estero ed in passato abbiamo raggiunto punte che si aggiravano intorno alle 12000 unità. Questo è un supporto non indifferente alla Comunità Internazionale perché l’Italia essendo un Paese rilevante nell’Europa deve svolgere il suo ruolo in un contesto europeo e multinazionale. Ci può fare qualche esempio nelle missioni NATO oggi, cosa significhi costruire la pace nelle nostre missioni Costruire la pace significa, prima di tutto, porre le condizioni per uno sviluppo economico, sociale, culturale e politico nei Paesi martoriati dalle crisi interne o indotte dall’esterno. Non ci può essere crescita né economica, né politica, né sociale se prima di tutto non si stabiliscono le condizioni di sicurezza e le condizioni di stabilità necessarie per condurre tutte le operazioni civili. Lei mi ha chiesto un esempio, l’esempio più evidente è l’Afghanistan. In questi dieci anni (più di dieci anni di operazioni) si sono create le condizioni di uno straordinario progresso sociale ed anche economico. Ricordiamo ad esempio che attraverso il Provincial Reconstruction Team della provincia di Herat, il team italiano ha contribuito a circa 1500 progetti in questi anni. Nell’intero Paese per la scolarità e l’istruzione, siamo passati ad un livello di circa 8 milioni di bambini che oggi vanno a scuola a fronte di un livello di poco meno di un milione durante il periodo dei Talebani. Non c’erano donne, alle donne era proibita l’istruzione, oggi il 37-40% della popolazione scolastica è femminile. Il sostegno sanitario è usufruibile dal 50% della popolazione, la mortalità infantile si è ridotta e si avvicina quasi ai di una media europea a fronte di una media elevatissima di circa il 50% nel periodo talebano. L’emancipazione femminile è un altro
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fattore, oggi nelle istituzioni afghane le donne contano per circa il 24-30% a fronte della loro assenza nel periodo precedente. Questi sono progressi reali sociali che si sono potuti costruire, non solo con l’intervento militare ma l’intervento militare relativo alla sicurezza ed alla condizione di stabilità necessaria e soprattutto l’intervento militare in sinergia con la cooperazione civile ha creato queste condizioni. Quanto è importante in queste missioni essere insieme in Europa Queste missioni sono il collante che tiene insieme non solo l’Europa ma direi il rapporto Transatlantico perché alla base di queste missioni ci deve essere l’interoperabilità. L’interoperabilità è fatta attraverso l’addestramento, l’efficienza dei mezzi, il confronto costante delle capacità con i nostri alleati e partners che non sono solo gli Stati Uniti ma sono anche le maggiori nazioni europee. Questo ha contribuito in maniera straordinaria alla reintegrazione che non è solo militare ma anche delle strutture civili che cominciano ad operare effettivamente in maniera sinergica.
SCUOLE MILITARI E IL “RESTAURO CONSERVATIVO” di Nunzio Seminara Le quattro Scuole Militari, la Nunziatella di Napoli e la Teulié di Milano per l’Esercito, il Morosini di Venezia per la Marina Militare, la Douhet di Firenze per l’Aeronautica, saranno sotto osservazione, nel prossimo futuro, per un’azione di “riordino” in ragione della “spending review”. “Informazioni della Difesa”- on line (17.12.2012) ha già esposto la imprescindibile specificità di tali Istituti di formazione. In questa sede, per evitare “l’accorpamento” che porterebbe all’esclusione di una o due Scuole, si potrebbe ipotizzare un “riordino” senza tagli di spese, che accresca la qualità della formazione. Come realizzarlo? Risulta che la Difesa sostiene per le Scuole Militari un costo annuo compreso fra 23.000 e 25.000 euro per Allievo: oscillazione dovuta alla diversa funzionalità delle strutture, laddove il Morosini, la Douhet e la Teulié sono ubicate in luoghi più idonei per l’efficienza dei servizi, mentre la Nunziatella soffre di carenze strutturali che incidono sulla didattica e sulla formazione. La proposta generale è rivolta alla riduzione del numero degli Allievi, mantenendone un centinaio o poco più per ogni Scuola, diminuendo così di circa il 30% il bilancio dell’intero comparto. Si potrebbe, quindi, intervenire sulla retta annuale massima di appena 2.300 euro aumentandola di 1.000 euro quale risorsa per favorire sia i costi di gestione, sia l’accesso ad aspiranti-Allievi, maggiormente meritevoli provenienti dalle famiglie a più basso reddito, sia l’istituzione di “indennità” ai docenti, disponendo rinnovi contrattuali triennali però secondo un’ottica meritocratica. Tra l’altro, dal 2014 la didattica può accedere ai benefici per gli Istituti meritevoli da parte del Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca (Legge Finanziaria n. 228 del 24.12.2012). Tale ipotesi è potenzialmente applicabile a tutte le Scuole Militari. Ma la Nunziatella, per il suo primato storico, richiede altre valutazioni. La Scuola Interforze, “caldeggiata” dall’Associazione Ex Allievi fin dal 2000, da formalizzarsi con norme legislative, e l’acquisizione della vicina Caserma Bixio, come da protocollo di intesa del 2004 fra Comune, Polizia di Stato e Stato Maggiore dell’Esercito, valorizzerebbero la scelta formativa ed il prestigio dell’Istituzione Militare conferendo alla Nunziatella il grado di eccellenza. Il riconoscimento internazionale del 2012 da parte del PAM, organismo dell’ONU, favorisce oggi l’accesso al supporto finanziario ed esecutivo del progetto con il D.P.R. 15/11/2012, n. 236, che disciplina “i lavori sul territorio nazionale finanziati dalla NATO o da Paesi alleati ovvero da altre organizzazioni internazionali, intervenendo su opere di ristrutturazioni e su ammodernamento di strutture e infrastrutture”. Come descritto, senza tagli o “accorpamenti”, finalizzando i provvedimenti alla riqualificazione, si otterrebbe un “riordino” sostenibile, inteso come “restauro conservativo”, senza inseguire progetti impossibil ma dando seguito a proposte concrete e perciò fattibili.
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NOMINE CERIMONIA DI CAMBIO AL VERTICE DEL SEGRETARIATO GENERALE DELLA DIFESA/DNA CASD - ROMA 7 AGOSTO 2013 Alla presenza del Ministro della Difesa, Mario Mauro, e del Capo di Stato Maggiore della Difesa Ammiraglio Luigi Binelli Mantelli, presso il Centro Alti Studi della Difesa (CASD) - si è svolta la cerimonia di cambio del Segretario Generale della Difesa/DNA, tra il Generale di Squadra Aerea Claudio Debertolis, cedente, e il Generale di Corpo d’Armata Enzo Stefanini, subentrante. La cerimonia si è svolta alla presenza di numerose Autorità politiche, militari, civili e rappresentanti dell’Industria. Erano presenti, tra gli altri, Il Sottosegretario di Stato alla Difesa Sen. Roberta Pinotti, Il Capo di Stato Maggiore dell’Esercito Generale Graziano, il Capo di Stato Maggiore della Marina Ammiraglio De Giorgi, il Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica Generale Preziosa ed il Comandante Generale della Guardia di Finanza Generale Saverio Capolupo, il presidente di Finmeccanica Gianni De Gennaro, l’ex Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Gianni Letta. Nel corso del suo intervento, il Ministro Mauro ha ringraziato il Generale Debertolis per il lavoro determinante svolto alla testa del Segretariato Generale della Difesa, in un momento molto delicato. Il Ministro Mauro, nel suo intervento, ha sottolineato che ‘’stiamo approssimandoci al Consiglio Europeo su Sicurezza e Difesa, e lo facciamo con idee molto chiare: il cammino comune e’ l’unica scelta possibile. Oggi spendiamo male e ci ripieghiamo sugli stessi problemi. Dobbiamo guardare le sfide che abbiamo davanti. Il tema della Difesa europea deve essere affrontato come Difesa comune, non ripiegati ognuno sul proprio interesse particolare”. A conclusione del suo intervento, il Ministro Mauro ha rivolto al Generale Stefanini i migliori auspici per il futuro.
MONSIGNOR MARCIANÒ NUOVO ORDINARIO MILITARE PER L’ITALIA ROMA, 10 OTTOBRE 2013 Monsignor Santo Marcianò è il nuovo Ordinario Militare per l’Italia. Prende il posto di Monsignor Vincenzo Pelvi. Nel suo primo messaggio alle Forze Armate, il nuovo Ordinario Militare ha rivolto un saluto a tutti i “carissimi militari, uno per uno: i Capi di Stato Maggiore, gli Ufficiali, tutte le componenti delle Forze Armate, gli Allievi, coloro che, in questo momento, sono impegnati in missioni di pace del Contingente italiano in Paesi stranieri”. “Spero - scrive Monsignor Marcianò - di potervi presto incontrare tutti per incoraggiarvi e accompagnarvi, col ministero e la preghiera, nella missione che la Patria vi affida”. “La Pace - aggiunge Monsignor Marcianò – è un cammino e i nostri passi devono essere guidati dal desiderio di fare la nostra parte per costruirla”. Al neo ordinario - che prima di questo incarico era Arcivescovo di Rossano-Cariati - il Ministro della Difesa Mario Mauro ha espresso i migliori auguri “nella convinzione che sotto la sua guida pastorale e spirituale le Forze Armate saranno vieppiù illuminate nell’espletamento della loro missione al servizio del Paese”.
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INFORMAZIONI DELLA DIFESA • 4/2013
DIFESA NOTIZIE L’AERONAUTICA MILITARE AL ROYAL INTERNATIONAL AIR TATTOO 2013 Fairford (UK) 23 luglio 2013 Nei giorni scorsi l’Aeronautica Militare ha partecipato alla Royal International Air Tattoo 2013, una delle più importanti manifestazioni del panorama aeronautico mondiale, che si svolta nella base aerea di Fairford. All’evento hanno preso parte i velivoli Eurofighter e C27J del Reparto Sperimentale di Volo di Pratica di Mare (RM) e un KC-767 “tanker” del 14° Stormo di Pratica di Mare (RM), che ha effettuato una simulazione di rifornimento in volo con due velivoli Eurofighter, uno inglese ed uno italiano. A concludere la manifestazione aerea, l’esibizione della Pattuglia Acrobatica Nazionale che ha disegnato il tricolore italiano. Al termine della manifestazione, per l’Aeronautica Militare è giunto un prestigioso riconoscimento: il display del C27J, infatti, è stato premiato con il “As the Crows Flies” Trophy”, come “the best overall flying demonstration as judged by the Friends of the Royal International Air Tattoo”.
IL MINISTRO MAURO INCONTRA IL SEGRETARIO GENERALE DELLA NATO RASMUSSEN Roma 25 luglio 2013 Il Ministro della Difesa, Sen. Prof. Mario Mauro, ha incontrato oggi a Palazzo Baracchini, il Segretario Generale della NATO Anders Fogh Rasmussen. Diversi gli argomenti affrontati nel corso del colloquio, tra i quali l’impegno in Afghanistan, attuale e al termine della fase di transizione, nelle altre operazioni NATO e lo sviluppo dei progetti - in tema di “Smart Defense” - per i quali l’Italia riveste il ruolo di nazione leader. Altro tema al centro dei colloqui la cyber defence: “In Italia - ha spiegato il Ministro Mauro - ci sono quasi 24mila attività anomale al giorno e 9.200 tentativi di intrusione informatica in siti e domini di riferimento del Ministero della Difesa”. Una priorità che il Comparto Difesa sta affrontando contribuendo alla definizione di un Quadro Strategico Nazionale (QSN) e di uno specifico Piano d’Azione. Mauro e Rasmussen hanno parlato, inoltre, della sostenibilità delle spese della Difesa - in ambito nazionale ed europeo -, dello sviluppo di capacità interoperabili e degli argomenti principali in discussione nella prossima riunione ministeriale NATO di ottobre. Il Segretario Generale Rasmussen, da parte sua, ha sottolineato l’eccellente lavoro dell’Italia nello svolgere il proprio ruolo nella regione ovest dell’Afghanistan. “L’Italia - ha affermato Rasmussen - sta facendo la differenza, è una nazione guida con i suoi soldati, che ringraziamo per la loro disponibilità e per i sacrifici che compiono”. Anche per le missioni nel Corno d’Africa, in Libia e in Kosovo, il Segretario Generale della NATO ha espresso il suo apprezzamento per l’opera svolta dall’Italia.
DIFESA ALLA RIBALTA
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IL MINISTRO MAURO A BORDO DI NAVE LIBRA Lampedusa 1 agosto 2013 Il Ministro della Difesa, Sen. Prof. Mario Mauro, si è recato oggi a bordo di Nave Libra, Pattugliatore della Marina Militare, impegnato nelle attività di sorveglianza nel Canale di Sicilia, a sud dell’isola di Lampedusa. Ad accogliere il Ministro, il Capo di Stato Maggiore della Marina Militare, Ammiraglio di Squadra Giuseppe De Giorgi, il Comandante in Capo della Squadra Navale, Ammiraglio di Squadra Filippo Maria Foffi, il Comandante delle Forze da Pattugliamento per la Sorveglianza e la difesa Costiera, Contrammiraglio Mario Culcasi e il Comandante di Nave Libra, il Tenente di Vascello Catia Pellegrino. Il Ministro Mauro ha seguito da bordo le operazioni in mare del Pattugliatore Libra che, nel pomeriggio, si è unito alle Corvette “Danaide” e “Fenice” per condurre attività congiunta. La Marina Militare è costantemente presente nel Canale di Sicilia per l’attività di Vigilanza Pesca (Vi.Pe.) e del controllo dei flussi migratori, effettuando operazioni di ricerca e soccorso (S.A.R. - search and rescue), in collaborazione con le Capitanerie di Porto e la Guardia di Finanza. L’attività effettuata nell’ambito del controllo dei flussi migratori risulta di fondamentale importanza, e vede impiegati tutti i mezzi navali e aerei della Forza Armata, che forniscono un contributo indispensabile alla salvaguardia della vita umana in mare. Per quanto riguarda l’ambito di Vigilanza Pesca, la Marina assicura una presenza navale continua nelle acque internazionali dello Stretto di Sicilia interessate maggiormente alle attività di pesca. Attività svolta sotto il Controllo Operativo del Comando in Capo della Squadra Navale (CINCNAV).
TRIONFO PER L’ATLETA DEI CARABINIERI ARIANNA ERRIGO AI CAMPIONATI MONDIALI DI SCHERMA IN SVOLGIMENTO A BUDAPEST Budapest 12 agosto 2013 Dopo il grande trionfo nella gara individuale e la conquista del suo primo titolo iridato individuale ai Campionati Mondiali di Budapest, Arianna Errigo si fregia anche dell’oro a squadre vincendo la prova di Fioretto femminile con le compagne Valentina Vezzali (Fiamme Oro), Elisa Di Francisca (Fiamme Oro) e Carolina Erba (Fiamme Gialle) - conquistando il centesimo titolo mondiale nella storia della Scherma italiana. L’oro di Arianna Errigo, atleta del Centro Sportivo dei Carabinieri, è quello della consacrazione. Argento a Londra (battuta in finale dalla Di Francisca), oro a squadre a Londra e poi ai mondiali di Antalia nel 2009 e di Parigi 2010 e argento individuale a Parigi, la 25enne brianzola può finalmente festeggiare il trionfo individuale.
MONDIALI DI SCHERMA: LE MEDAGLIE DEGLI ATLETI MILITARI Budapest 13 agosto 2013 Cresce il palmares degli atleti militari ai Mondiali di Scherma in corso a Budapest. Dopo le medaglie conquistate da Arianna Errigo, arriva anche l’oro nel Fioretto maschile a squadre. Ad un anno esatto dalla conquista del titolo olimpico, Giorgio Avola, (Fiamme Gialle), Andrea Cassarà (Carabinieri), Andrea Baldini (Aeronautica Militare) e Valerio Aspromonte (Fiamme Gialle), si confermano sul tetto del mondo. Nella prova a squadre di Fioretto maschile di ieri, il team azzurro ha battuto nella finalissima per l’oro gli Stati Uniti con il punteggio di 45-33.
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INFORMAZIONI DELLA DIFESA • 4/2013
AFGHANISTAN: VISITA DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO AL REGIONAL COMMAND WEST DI HERAT Herat 25 agosto 2013 Il Presidente del Consiglio Enrico Letta, ha visitato il Contingente militare italiano schierato nella regione occidentale dell’Afghanistan nell’ambito del Regional Command West (RC-W), il Comando multinazionale a guida Brigata Alpina “Julia”. Accompagnato dal Capo di Stato Maggiore della Difesa, Ammiraglio Luigi Binelli Mantelli, il Presidente del Consiglio è stato accolto dal Comandante di RC-W, Generale di Brigata Ignazio Gamba, per ricevere un rapido aggiornamento sulla situazione operativa nell’area di competenza italiana nonché sui possibili sviluppi futuri. Successivamente, il Presidente Letta ha incontrato diverse Autorità civili e militari, tra i quali il Governatore della Provincia di Herat e il Comandante del 207° Corpo d’Armata dell’Esercito afgano. Incontri nel corso dei quali è stato riconosciuto il ruolo trainante che l’Italia ha ininterrottamente ricoperto in Afghanistan dal 2001. Rivolgendosi ai militari italiani della base di “Camp Arena”, il Presidente del Consiglio ha espresso l’apprezzamento e la gratitudine del Governo e degli Italiani per gli enormi sacrifici quotidianamente affrontati, nonché per l’alta professionalità dimostrata in ogni occasione. “Con la vostra dedizione, avete proiettato nel mondo l’immagine di un Paese credibile - ha detto Letta - un Paese che sa rispettare gli impegni, con i propri Alleati e di fronte alla Comunità Internazionale. Anche per questo a voi va la mia personale gratitudine, anche a nome del Governo che ho l’onore di presiedere e di tutti gli Italiani oltre che, naturalmente, un pensiero commosso di profondo ringraziamento ai Caduti e alle loro famiglie”.
CARABINIERI: AL VIA IL PROGETTO “EUROPEAN UNION POLICE SERVICES TRAINING” Nairobi (Kenya) 27 agosto 2013 Dal 16 al 27 settembre 2013 si svolgerà a Nairobi (Kenya) la prima sessione del progetto “European Union Police Services Training (EUPST) 2011-2013”, organizzata dall’Arma dei Carabinieri. Un’attività di formazione alla quale parteciperanno più di 400 operatori di polizia provenienti da Paesi Africani e da Paesi extra UE contributori delle missioni Common Security and Defence Policy (CSDP), esperti ed osservatori di Organizzazioni Internazionali, e 60 militari dell’Arma quali organizzatori. Il progetto, svolto in collaborazione con l’African Union Peace Support Operation Division (AU PSOD) e l’Eastern African Standby Forces Planning Element (EASF PLANELM), prevede la formazione di personale di polizia che potrebbe essere impiegato in missioni internazionali di gestione civile delle crisi - con particolare riferimento al rispetto dei diritti umani, parità di genere e protezione di gruppi vulnerabili (soprattutto donne e bambini) - secondo gli standard delle Nazioni Unite (UN) e dell’Unione Africana (AU). L’obiettivo dell’esercitazione sarà, quindi, quello di ristabilire l’ordine e la sicurezza pubblica, con l’ausilio delle Autorità locali e delle Organizzazioni non governative presenti sul posto. La sessione si inquadra nella più ampia iniziativa addestrativa EUPST 2011-2013 che l’Arma dei Carabinieri - alla guida di un consorzio multinazionale con il Collegio di Polizia Europeo (CEPOL), Francia, Paesi Bassi, Romania e Spagna - ha intrapreso nell’ambito dello “Strumento di Stabilità” dell’European Union External Action Service (EEAS).
DIFESA E SOCIETÀ
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RECENSIONI DARIO PETUCCO
Il mio Iraq - Un marinaio a Bagdad Edizioni Cinque Terre, 2013, pag 239, Euro 18,00 A seguito della caduta del regime di Saddam Hussein, e dopo la formale richiesta del Governo ad interim dell’Iraq, la NATO decise di implementare una missione per la selezione ed addestramento delle ricostituite Forze Armate irachene. L’Autore fu tra i primi ad arrivare a Baghdad nel luglio del 2005, ed in questo libro racconta una fase della sua vita, non solo professionale, che lo ha segnato profondamente: la testimonianza, le emozioni, le impressioni di un marinaio italiano trovatosi, tra il 2005 ed il 2006, a lavorare in sontuosi palazzi di marmo ricoperti di sabbia del deserto portata dal vento e nella International Zone di Baghdad. Una cronaca sincera, spontanea e genuina, che descrive con parole semplici una esperienza di vita vissuta in un contesto difficile ed irripetibile. Scritta dall’Autore con la penna, ed il cuore, rivolti al popolo iracheno. Nel libro è inoltre contenuta una ricca appendice iconografica. I proventi dell’Autore sono devoluti in beneficenza. Per ordini ed informazioni inviare una e-mail ad
[email protected]. Dario Petucco, nato a Bassano del Grappa il 18 novembre 1964, ha intrapreso appena sedicenne la carriera della Marina Militare italiana; ha prestato servizio a bordo di diverse Unità navali, nonché presso Comandi terrestri italiani e stranieri; inoltre ha partecipato a missioni di pace ed operazioni internazionali. La sua attività letteraria, iniziata molto presto componendo poesie, si è ampliata negli anni con alcuni racconti e fiabe. Ha ricevuto qualche riconoscimento in concorsi letterari, ed alcune sue opere poetiche sono state pubblicate su varie antologie. Il suo sito internet è: www.dariopetucco.it/nuovo Pier Vittorio Romano
GIANFRANCO SALVATORI
Fuori Area - Le missioni dei reparti militari piacentini dalla fine della Seconda guerra mondiale Parallelo 45 Edizioni, 2013, Euro 12,00 “Fuori Area - Le missioni dei reparti militari piacentini dalla fine della Seconda guerra mondiale” è il primo tentativo di raccogliere in un unico libro i principali impieghi fuori area dei militari presenti nel Piacentino, compresa la Croce Rossa Italiana. L’autore Gianfranco Salvatori, giornalista embedded con origini piacentine, dopo essere stato nei principali teatri - Kosovo, Libano e Afghanistan - pone in risalto il lavoro quotidiano degli uomini del 50° Stormo dell’Aeronautica Militare, del 2° Reggimento Genio Pontieri, del Polo di mantenimento pesante Nord, del Polo di rifornimento logistico (Macra) e della Croce Rossa. Oltre a descrivere il lavoro della gente in uniforme, l’opera vuole essere un omaggio alla città che ha millenarie tradizioni militari e che vanta una Medaglia d’oro della Resistenza). La prefazione è stata affidata a Fabrizio Castagnetti, già Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, l’unico piacentino a raggiungere un incarico così elevato nelle Forze armate. Un capitolo del libro è dedicato ad un’eccellenza che da sempre insiste nella città di Piacenza: l’”Astra”, che produce i mezzi pesanti utilizzati dalle Forze Armate, ed un altro capitolo al maresciallo Daniele Paladini del Genio Pontieri, caduto in Afghanistan nel 2007, descritto attraverso la testimonianza del Tenente Colonnello Claudio Fagioli che, con lui, lavorava gomito a gomito. Pier Vittorio Romano
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