UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI NAPOLI “FEDERICO II”
FACOLTA’ DI MEDICINA E CHIRURGIA DIPARTIMENTO DI MEDICINA CLINICA, SCIENZE CARDIOVASCOLARI ED IMMUNOLOGICHE
XXIII Ciclo Coordinatore Dottorato di Ricerca in Fisiopatologia Clinica e Medicina Sperimentale Prof. Gianni Marone UTILIZZO DELL’ABCIXIMAB NEL PAZIENTE ANZIANO CON SINDROME CORONARICA ACUTA TRATTATO CON STRATEGIA INVASIVA: EFFETTI SULLA PROGNOSI
Relatore Ch.mo Prof. Federico Piscione
Candidato Dott. Fulvio Furbatto
ANNO ACCADEMICO 2009/2010 1
INTRODUZIONE
L’aumento della vita media ha di fatto notevolmente incrementato l’incidenza della cardiopatia ischemica. In modo particolare i progressi in campo farmacologico e tecnologico hanno consentito di raggiungere notevoli risultati nel miglioramento della prognosi dei pazienti affetti da cardiopatia ischemica ed in modo ancora più significativo nei pazienti con sindrome coronaria acuta. L’età avanzata è stata identificata come un importante fattore di rischio per morte e prognosi avversa nei pazienti affetti da sindrome coronarica acuta senza innalzamento del tratto ST (SCA NSTEMI)
(1)
, tuttavia spesso proprio
tali pazienti, che pur si gioverebbero di più di strategie di rivascolarizzazione precoce, sono quelli che meno vengono trattati con strategie precoci ed aggressive. Infatti l a letteratura scientifica ci fornisce molti dati in merito ai vantaggi di una precoce rivascolarizzazione nei pazienti con SCA ad alto rischio
(2-4)
e tuttavia benché l’età avanzata sia ben riconosciuta come
determinante di alto rischio in tali pazienti di fatto il paziente anziano affetto da 2
SCA è più raramente sottoposto a procedure invasive rispetto al paziente giovane (5-6). E’ ben noto come l’utilizzo di potenti antiaggreganti per via endovenosa, come gli inibitori delle glicoproteine (GP) IIb/IIIa, riduca le complicanze ischemiche nei pazienti con SCA ed in particolar modo in quelli sottoposti ad angioplastica coronarica percutanea (PTCA)
(2,6)
, anche in questo
caso però i pazienti anziani sono meno trattati con tali farmaci rispetto ai pazienti più giovani (7-9). Troppo spesso il paziente anziano è escluso da trial e studi clinici rappresentando l’età > 70-75 anni un criterio di esclusione in quasi tutti i lavori scientifici, perciò la somministrazione di tali antiaggreganti in questi pazienti è controversa in quanto mancano dati scientifici sufficienti riguardo l’utilizzo degli inibitori della GP IIb/IIIa nel paziente anziano affetto da SCA (10)
. Lo scopo del nostro studio è quindi quello di valutate la prognosi
clinica in una serie di pazienti anziani consecutivi con SCA NSTEMI,
3
sottoposti a PTCA con o senza l’utilizzo dell’abciximab, un potente inibitore delle GP IIb/IIIa.
METODI
Popolazione dello studio 500 pazienti consecutivi con età ≥ 75 anni con SCA NSTEMI
(11)
sottoposti a PTCA presso l’Università di Napoli Federico II sono stati inclusi nello studio e stratificati a seconda dell’uso di abcximab, un potente inibitore dellla glicoproteina IIbIIIa (12-15).
PTCA, analisi clinica e dei dati angiografici Le procedure di PTCA sono state condotte seguendo le linee guida ACC/AHA (16) utilizzando l’accesso femorale con introduttori di calibro ridotto (6F). Il consenso informato è stato ottenuto da ogni paziente (o dai parenti in caso di impossibilità) prima della coronarografia. Tutti i pazienti ricevevano
4
aspirina (500 mg per via endovenosa) ed eparina non frazionata (50 IU/kg) prima che iniziasse l’angioplastica. Il profilo clinico di rischio e quello delle possibili complicanze emorragiche sono stati valutati secondo il TIMI risk score
(17,18)
. Al termine
della coronarografia l’abcximab veniva somministrato in bolo endovenoso alla dose di 0.25 mg/kg, seguito immediatamente da infusione a 0.125 μg/kg/min. Tutti i pazienti, in questo modo, ricevevano abcximab al momento della PTCA e non vi sono stati pazienti che hanno ricevuto inibitori delle GP IIb/IIIa prima della PTCA (upstream). Le lesioni angiografiche sono state classificate da un punto di vista morfologico secondo le linee guida ACC/AHA
(19)
. La perfusione anterograda
del vaso trattato è stata valutata con i criteri dello studio TIMI
(20)
e con il
metodo del TIMI frame count corretto (cTFC). Il tempo di attivazione trombinica (ACT) è stato costantemente tenuto tra 250 e 300 secondi durante la procedura; l’emostasi dell’accesso femorale è stata ottenuta mediante un dispositivo di chiusura meccanico, Angioseal 6F (22), impiegato come prima scelta. Quando ciò non era possibile, l’introduttore 5
femorale veniva rimosso al più presto e l’emostasi ottenuta mediante compressione manuale e bendaggio compressivo. Dopo l’impianto di stent tutti i pazienti erano sottoposti ad un regime di doppia antiaggregazione con aspirina e tienopiridine; la restante terapia era prescritta seconda normale pratica clinica in considerazione delle condizioni cliniche dei pazienti.
Follow-up clinico I dati del follow-up sono stati ottenuti mediante visita clinica o intervista telefonica
ai pazienti, ai loro parenti o ai medici curanti se
necessario. Gli eventi cardiaci avversi maggiori (MACE), definiti come morte cardiaca, infarto miocardico acuto, necessità di nuova rivascolarizzazione (percutanea o chirurgica) erano registrati durante la degenza e durante tutta la durata del follow-up (24 ± 4 mesi). Tutti i pazienti arruolati nello studio hanno completato il follow-up.
6
Analisi statistica Le variabili continue sono state presentate come media ± deviazione standard e quelle categoriche come numeri assoluti e percentuali. Le differenze tra i gruppi sono state misurate con test ANOVA multivariato per variabili continue e con il test chi-quadro, con il test esatto di Fisher e odds ratio con il 95% di intervallo di confidenza per le variabili categoriche. L’analisi del test di probabilità è stata effettuata usando il test di regressione di Cox stratificato secondo le strategie (per esempio PCI e abcximab rispetto a PCI da sola) come covariante fissa ed i quartili di probabilità (probabilità di trattare con abcximab stimata con regressione logistica multivariata) come variante stratificata. I risultati sono riportati come percentuale di rischio aggiustata con intervallo di confidenza (IC) associato del 95% e valori della p. Le differenze nei periodi liberi da eventi nei vari gruppi sono stati valutati con metodo di Kaplan-Meier e la comparazione effettuata con test logrank.
7
L’analisi della regressione di Cox è stata effettuata allo scopo di identificare i predittori indipendenti di sopravvivenza a lungo termine. Il programma usato dal computer era SPSS(SPSS Inc., Chicago).
RISULTATI
Caratteristiche della popolazione La popolazione in esame era costituita da 500 pazienti affetti da SCA NSTEMI con età ≥ 75 anni sottoposti a PTCA presso l’emodinamica dell’Università Federico II di Napoli. Di questi pazienti il 46% (247 pazienti) avevano ricevuto abciximab in infusione a discrezione dell’operatore. Quindi, in accordo con l’utilizzo degli inibitori delle GP IIb/IIIa (GPI), abbiamo suddiviso la popolazione dello studio in un gruppo GPI (247 pz; con età media 77 ± 1,9 anni; 71,8% maschi) trattati con PTCA con impianto di stent più abciximab e un secondo gruppo no GPI (253 pz; con età media 77 ± 2,4 anni; 76,9% maschi) trattati con sola PTCA con impianto di stent. Le caratteristiche cliniche di base sono riportate in Tabella 1. 8
I pazienti trattati con abciximab avevano una significativa maggiore presenza in anamnesi di ipertensione, dislipidemia, insufficienza renale cronica e pregresso infarto miocardico. Inoltre i pazienti del gruppo GPI avevano un TIMI Risk Score significativamente più alto rimarcando di fatto come tale gruppo di pazienti presentasse un profilo clinico di rischio peggiore. (Tabella 1). La terapia medica con antiaggreganti (90% Vs. 88%), β-bloccanti (45% Vs. 48%), ACE-inibitori (23% Vs. 20%) o Calcio antagonisti (38% Vs. 36%) non mostrava differenze significative nei due gruppi dopo la dimissione.
Risultati Angiografici La durata procedurale è stata simile nei due gruppi e la PTCA è stata effettuata in tutti i pazienti entro le 48 ore dalla diagnosi di SCA. Come ipotizzabile dal più alto profilo di rischio, la presenza di malattia multivasale è stata significativamente maggiore nei pazienti del gruppo GPI, indicando una più estesa patologia coronarica nei pazienti anziani trattati con abciximab 9
(Tabella 1). Inoltre i pazienti trattati con inibitori GP IIb/IIIa mostravano un peggiore flusso coronarico pre-procedurale come indicato da un significativo più alto cTFC pre-PTCA (57 ± 4 Vs. 41 ± 2, p< 0.001). Il successo procedurale è stato simile in ambedue i gruppi e nonostante le differenze delle caratteristiche basali abbiamo osservato, in tutti e due i gruppi, un miglioramento della perfusione (18 ± 3 Vs. 16 ± 2 p= NS). Infine l’utilizzo dell’Angioseal come sistema di emostasi femorale è stato simile nei due gruppi (tabella 1).
Prognosi in ospedale Il tempo di ospedalizzazione è stato significativamente minore nei pazienti del gruppo GPI (5,3 ± 1 Vs. 6,9 ± giorni; p= 0.02). Durante il ricovero non vi sono state differenza significative in termini di mortalità (3,2% Vs. 4,6%). I pazienti trattati con abciximab mostravano un lieve incremento non significativo dei sanguinamenti maggiori (1,6% Vs. 1.1%) e minori (4% Vs.
10
3%), questi ultimi rappresentati principalmente da sanguinamenti del sito arterioso di accesso. In particolare non vi sono stati casi di emorragia retroperitoneale, polmonare o intracranica in ambedue i gruppi mentre sanguinamenti gastrointestinali e genito-urinari non richiedenti trasfusione erano più frequenti nei pazienti trattati con inibitori GP IIb/IIIa.
Prognosi a lungo termine Il risultato del follow-up a 24 ± 4 mesi è riportato in figura 1 e 2. Nell’intervallo di tempo del follow-up la mortalità è stata significativamente minore nel gruppo GPI (4,5% Vs. 12,3%; RR= 0,334, 95% IC 0.164 – 0.680, p= 0,0002) così come l’incidenza di infarto miocardico (2,8% Vs. 11,1%; RR= 0,234, 95% IC 0,100 – 0,547, P=0,0001) e re-PTCA (5,7% Vs. 13,4%; RR= 0,387, 95% IC 0,202 – 0,741, P= 0,003). Non vi erano differenze significative nei due gruppi per quanto riguarda la necessità di bypass aorto coronarico (3,2% Vs. 5,2% p= NS).
11
Come riportato in figura 1, l’effetto dell’uso di abciximab sulla prognosi dei pazienti è evidente in tutti i pazienti indipendentemente dall’età. L’analisi dei MACE con Kaplan Meier mostra una sopravvivenza libera da eventi significativamente migliore nel gruppo dei pazienti trattati con inibitori GP IIb/IIIa (p= 0,0001) e l’analisi con regressione di Cox dimostra come l’uso di abciximab sia il solo predittore indipendente di una migliore prognosi (p= 0,013). Inoltre considerando in questo studio l’assenza di randomizzazione all’uso di inibitori GP IIb/IIIa durante PTCA abbiamo effettuato un propensity score che ha evidenziato come l’utilizzo dell’abciximab fosse un predittore indipendente per una minore incidenza di MACE.
DISCUSSIONE
I nostri dati suggeriscono che l’associazione dell’abciximab alla PTCA con impianto di stent nei pazienti anziani affetti da SCA NSTEMI migliora la
12
prognosi riducendo i MACE con solo un lieve trend in aumento dei sanguinamenti. L’età avanzata è stata associata con una peggiore prognosi a seguito di una SCA NSTEMI
(1,23,24)
e i pazienti anziani rappresentano una popolazione
ad alto rischio per rivascolarizzazione coronarica, infatti l’età avanzata è riconosciuta come un predittore indipendente di mortalità ed è spesso associata ad una più severa e diffusa patologia aterosclerotica coronarica (25). Sebbene quindi i pazienti anziani si gioverebbero di più di una efficace e sicura rivascolarizzazione coronarica in corso di SCA (26), nella pratica clinica corrente, di fatto, essi sono spesso poco trattati con procedure invasive e ricevono inibitori delle GP IIb/IIIa in misura nettamente minore rispetto ai pazienti più giovani (1,5,6,23,24,27). La riluttanza all’uso di una strategia invasiva negli anziani con SCA può essere correlato al più alto rischio di complicanze e dalla scarsità di dati presenti in letteratura su tale gruppo di pazienti di fatto estremamente poco rappresentato negli studi e nei trials randomizzati (8-11).
13
Sadeghi et al.
(28)
hanno valutato il profilo di sicurezza dell’utilizzo di
inibitori delle GP IIb/IIIa
(73% eptifibatide) in una serie consecutiva di
ottuagenari sottoposti a PTCA per SCA o infarto miocardico. Gli ottuagenari trattati con inibitori delle GP IIb/IIIa mostravano una maggiore incidenza di sanguinamenti sia del sito di accesso arterioso ma anche non correlati al sito di puntura con un aumento dei tempi di ospedalizzazione, probabilmente, come suggeriscono gli autori, dovuto al più alto profilo di rischio di questi pazienti, anche se il trattamento con inibitori GP IIb/IIIa non si è rivelato un addizionale ed indipendente fattore di rischio per trasfusione o emorragia intracranica. Nel nostro studio abbiamo riscontrato un’accetabile incidenza di sanguinamenti maggiori in ambedue i gruppi dopo PTCA e comparando i nostri dati con quelli di Sadeghi et al. riscontriamo nella nostra popolazione una minore incidenza di sanguinamenti del sito di accesso arterioso nonostante l’alto profilo di rischio dei nostri pazienti trattati con inibitori delle GP II/b/IIIa.
14
La minore incidenza di emorragie correlate al sito di puntura può di fatto essere la causa della ridotta durata dell’ospedalizzazione dei nostri pazienti. E’ ipotizzabile che una strategia combinata di attento dosaggio, secondo il peso, dell’eparina con un attento monitoraggio dell’ACT e l’utilizzo di introduttori arteriosi di dimensioni contenute con impiego di dispositivi meccanici per l’emostasi femorale, possa ridurre le complicanze emorragiche del sito di puntura riducendo una buona parte degli eventi emorragici e riducendo di fatto la durata dell’ospedalizzazione. De Servi et al.(24) hanno comparato la prognosi dopo strategia invasiva Vs strategia conservativa in un registro prospettico di pazienti affetti da SCA NSTEMI. Gli inibitori delle GP IIb/IIIa (prevalentemente Tirofiban ed eptifibatide) erano utilizzati meno frequentemente nei pazienti anziani e proprio questi pazienti mostravano una prognosi più sfavorevole a 30 giorni rispetto ai pazienti più giovani con una maggiore incidenza di morte (6,4% Vs 1,7%) e infarto miocardico acuto ( 7,1% Vs 5%) confermando così come l’età avanzata rappresenti un importante fattore di rischio nei pazienti con SCA.
15
Abbiamo effettuato il nostro studio su di una serie consecutiva di pazienti anziani (età ≥ 75 anni) affetti da SCA NSTEMI sottoposti a PTCA con impianto di stent associato o no all’utilizzo di inibitori delle GP IIb/IIIa. Gli anziani che hanno ricevuto abciximab mostravano un profilo di rischio clinico sensibilmente peggiore come indicato dal più alto TIMI risk score e una maggiore compromissione del flusso come indicato dal peggiore cTFC preprcedurale. Inoltre questi pazienti mostravano una maggiore incidenza di patologia multivasale così da spingere più facilmente l’operatore all’utilizzo di abciximab in questo gruppo a maggior rischio. Nonostante il più alto profilo di rischio e il maggiore danno del flusso coronarico, l’aggiunta di abciximab all’angioplastica con stent risulta in un simile cTFC post-procedurale nei due gruppi. Un possibile effetto benefico sulla prognosi di tali pazienti trattati con inibitori delle GP IIb/IIIa potrebbe essere spiegato dalla prevenzione della microembolizzazione durante l’impianto dello stent o altri effetti di queste molecole in grado di interferire sul microcircolo cardiaco
(29)
. Infatti nel nostro studio,il miglioramento del cTFC
dopo impianto di stent ed abciximab è un
segno della ridotta 16
microembolizzazione che preservando il microcircolo potrebbe spiegarne il miglioramento della prognosi. Dati similari sono stati riportati anche da Antonucci et al.(30) in pazienti affetti da infarto miocardico acuto. In conclusione, nei limiti di uno studio retrospettivo e non randomizzato, il nostro studio suggerisce come l’aggiunta di abciximab alla PTCA con impianto di stent migliora la prognosi nei pazienti anziani con SCA NSTEMI fornendo un assoluto beneficio nella riduzione di morte, infarto miocardico non fatale e necessità di nuove rivascolarizzazioni con un basso ed accettabile tasso di sanguinamenti maggiori e minori.
17
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25
Tabella 1 Caratteristiche di base cliniche ed angiografiche Variabili GPI
GPI (n=247)
No GPI (n=253)
p
Età (mean±SD) anni
77±1.9
77±2.4
NS
Donne (%)
28.2
23.1
NS
Familiarità per CAD (%)
31.5
29.9
NS
Dislipidemia (%)
50
35.3
0.001
Diabete (%)
26.9
25.6
NS
Ipertensione (%)
65
51.3
0.002
Fumo (%)
35.3
39.1
NS
BPCO (%)
51
47
NS
Insufficienza renale cronica (%)
7.1
3.2
0.05
Precedente infarto miocardico (%)
51.6
32
0.001
Precedente PTCA (%)
6.3
13
NS
Precedente CABG (%)
11.3
5.9
0.05
Frazione d’eiezione (%)
46.45±14.4
45.5±16
NS
TIMI risk score
6.5±1
4.6±1
0.005
LAD
78.2
60
NS
CX
21.3
9.1
NS
RCA
36.2
31.8
NS
Direct stenting
23.4
37.5
0.006
Patologia multivasale
74.7
63.2
0.024
Lesioni B2/C
80
76
NS
Successo procedurale
93.3
95.5
NS
Angioseal
86
88
NS 26
CAD: Coronary artery disease. BPCO: Broncopatia cronico ostruttiva. PTCA: Angioplastica coronarica percutane. CABG: Coronary artery by-pass graft. TIMI: Thrombolysis in Myocardial Infarction. LAD: Left anterior descending coronary artery. CX: Left circumflex coronary artery. RCA: Right coronary artery.
27
FIGURA 1
28
FIGURA 2
29