UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI SALERNO
FACOLTÀ DI LETTERE E FILOSOFIA
CORSO DI LAUREA IN EDITORIA E PUBBLICISTICA
TESI DI LAUREA IN LETTERATURA E GIORNALISMO
Titolo della tesi
La questione afghana. Riflessi tra Letteratura e Giornalismo
Relatore:
Candidato:
Ch.mo Prof. Rosa GIULIO
Piera Spagnuolo Matr.: 0312400174
Correlatore:
Ch.mo Prof. Alberto GRANESE
ANNO ACCADEMICO 2012-2013
I
NDICE
Introduzione……………………………………........p.IV I Capitolo: Letteratura……………………………...p.1 1.1 Khaled Hosseini oltre la letteratura...................p.1 1.2 Il cacciatore di aquiloni……………………….p.6 1.3 Mille splendidi soli: storia di donne…………..p.24 1.4 E l’eco rispose………………………………...p.50 1.5 Il corpo umano: il dramma dei soldati italiani al fronte……………………………………….p.58
II Capitolo: Giornalismo……………………………p.66 2.1 Reporter senza frontiere………………………..p.66 2.2 Maria Grazia Cutuli: Journalists Memorial….....p.71 2.3 Ettore Mo: italiano tra gli afghani, afghano tra gli italiani………………………………………………p.81 2.4 Emanuele Giordana tra diario e blog…………...p.88 2.5 Fotoreportage di guerra: Raffaello Ciriello e Daniel Papagni……………………………….....p.93
III Capitolo: Letteratura & Giornalismo…………p.105 3.1 Metamorfosi: quando i reportage diventano romanzi………………………………………………p.105 3.2 L’albero delle storie di Saira……………………p.111 3.3 Gayle Lemmon: women example not exception…………………………………………p.121 3.4 La figlia bionda del libraio di Kabul……………p.129
Glossario…………………………………………….p.140 Bibliografia………………………………………….p.143 Sitografia…………………………………………….p.146
Introduzione
I
NTRODUZIONE
La differenza tra la letteratura e il giornalismo consiste nel fatto che il giornalismo è illeggibile e che la letteratura non viene letta. 1 Il giornale è la vita. Noi viviamo attraverso le vite degli altri. Smettere di fare i giornali equivarrebbe a smettere di vivere. 2 Il giornale è un libro diminuito, come il libro è un giornale ampliato. 3
Tre posizioni che testimoniano il controverso e dialettico rapporto esistente tra la letteratura e il giornalismo nel tentativo di accaparrarsi il primato dei lettori. Per evitare di sminuire la complessità dell’argomento, l’opera individuerà come terreno di contestualizzazione la questione afghana dagli ultimi trent’anni a questa parte. Tematica di cui si è iniziato a discorrere solo in seguito agli avvenimenti dell’11 settembre 2001 a dimostrazione di quanto la nostra attenzione sia “viziata” da un inevitabile eurocentrismo storiografico che privilegia l’Europa (ed oggi sempre di più l’America) come unico faro propulsore di civiltà. Chi prima dell’attentato si è mai concentrato sull’Afghanistan? Le poche conoscenze sono legate alle guerre anglo-afghane di cui l’unico combattente noto è forse il dr. John Watson, fido compagno di avventure del più famoso investigatore della letteratura, Sherlock Holmes. Ma a parte ingarbugli letterari, dell’Afghanistan, del vero Afghanistan, non ne sapevamo molto prima.
Fig. 1: la foto usata come sfondo ritrae il momento dell’esplosione delle Twin Towers l’11 settembre 2001. Una foto che ha fatto il giro del mondo. 1 O. Wilde, Aforismi, (a cura di) R. Reim, Newton Compton Editori, Roma, 2013, p.68. 2 V. Feltri, S. Lorenzetto, Il Vittorioso. Confessioni del direttore che ha inventato il gioco delle copie, Marsilio, Venezia, 2010, p.43. 3 V. Gioberti, in L’Enciclopedia di Repubblica, vol.9, Biblioteca di Repubblica, Roma, 2003, p.370. IV
Introduzione
Libri di storia accennavano alla questione afghana pre-attentato in relazione
sempre
al
valore
strategico che assumeva nel XIX secolo
per
sovietico
da
l’espansionismo un
lato
e
per
l’economia britannica dall’altro: il Grande gioco.
Fig. 2: Titolazione di alcuni tra i più importanti quotidiani italiani a seguito dell’attentato.
Mentre i giornali, in virtù dei famosi criteri di notiziabilità, prediligono la vicinanza fisica, geografica o psicologica all’evento narrato; ci si concentra sull’autorevolezza dei personaggi coinvolti o sull’importanza pratica che può avere la notizia. L’Afghanistan, ad eccezione di Russia e Inghilterra, non rientra quindi in nessuno di questi valori-notizia almeno per l’Europa. È bastato far crollare le Twin Towers per scoperchiare il vaso di Pandora: da allora termini come attentato, fondamentalismo, burqa rappresentano la quotidianità. I territori dell’Asia centrale, tra cui Iran, Iraq e Afghanistan, sono entrati a pieno titolo a riempire la nostra carta stampata cogliendo impreparati coloro che, dovendo svolgere un lavoro a metà strada tra il soldato e il missionario, si sono recati in quelle terre tentando di comprenderne le differenze etniche, culturali e socio-antropologiche che le caratterizza e dovute in parte anche alla struttura geografica. A landlocked nation that is divided by the Hindukush mountain, Afghanistan’s geographical conditions produce a strong wall of tribalism that blocks all ruling systems from effectively covering the whole country. 4
4
H. Suzuki, The nature of the state in Afghanistan and its relations with neighboring countries, Institute of developing economies, Tokyo, 2006, p.4 V
Introduzione
Equipe di giornalisti hanno fornito reportage, fotografie, informazioni di cronaca tra le più varie a un pubblico ormai divenuto vasto, sensibilizzando l’opinione pubblica e chiamando a schierarsi, non solo militarmente, file di “uomini” da tutto il mondo. Ma basta il solo giornalismo in quest’epoca in cui siamo costantemente immersi in un tourbillon di notizie che nel giro di qualche ora porta le informazioni ad essere completamente rimosse? I giornali diventano carta-straccia, tv, radio e internet aggiornano sempre più rapidamente le news, ma si può dire lo stesso di un buon libro? Una trama avvincente, un personaggio a cui si è empaticamente legati, entrano a colpo diretto nella memoria e sono difficili da dimenticare. La lettura diventa esperienza di vita legando situazioni e contesti storici con una loro unicità a un mondo di sentimenti universali quali la famiglia, l’amicizia, l’amore, il dolore, il lutto in un incontro con l’altro “a distanza”. Nonostante ciò, la letteratura non è sempre figlia della realtà: essa si sposa con l’esigenza di riempire fogli vuoti, esasperare sentimenti, complicare trame, catturare un pubblico. E se si riuscissero a conciliare i due Mondi tanto vicini eppure così lontani??? Giornalismo e Letteratura senza rivalse. La realtà che supporta la trama, i sentimenti e le passioni che la dirigono. Nessuno scarto. Dopotutto parliamo sempre di scrittura, l’unica capace di cristallizzare l’esistente in una forma 5. Anzi a detta di Calvino, la vera sfida per uno scrittore è parlare dell’intricato groviglio della nostra situazione usando un linguaggio che sembri tanto trasparente da creare un senso di allucinazione. 6 5
I. Calvino, Lezioni americane, Sei proposte per il prossimo millennio, Oscar Mondadori, Milano, 1993, p.78. 6 Id., Mondo scritto e mondo non scritto, a cura di M. Barenghi, Oscar Mondadori, Milano, 2002, p.122. VI
Introduzione
L’opera di analisi sarà così strutturata in tre parti dedicate rispettivamente alla letteratura, al giornalismo e al connubio tra i due. Per quanto concerne l’ambito della letteratura saranno analizzati alcuni romanzi ambientati in Afghanistan di scrittori prettamente contemporanei come il recentissimo Khaled Hosseini che, con i suoi soli tre romanzi, è riuscito a catturare un pubblico vasto, anche di cosiddetti “non lettori” e a sfruttare la fama per contribuire economicamente (e non solo) alla ricostruzione e alla rinascita del martoriato stato servendosi di siti internet, blog e aiuti vari (quando la tecnologia trasforma tutto il mondo in paese); oppure l’italiano Paolo Giordano che, dopo il best-seller “La solitudine dei numeri primi” tradotto in oltre 40 lingue, si è cimentato nel suo ultimo romanzo a raccontare le esperienze di un plotone di soldati italiani in missione in Afghanistan. La seconda parte sarà dedicata a giornalisti, reporter e fotoreporter che sono chiamati a svolgere il loro lavoro di inviati sfidando il pericolo e le difficoltà culturali ed ambientali. Infine l’ultimo capitolo sarà dedicato alla commistione della letteratura e del giornalismo attraverso le testimonianze di Giornalisti-Scrittori che, avvalendosi di interviste e ricerche sul campo, hanno pubblicato opere letterarie che assumono il valore di documentazione e testimonianza. Unire i due ambiti rappresenta la soluzione migliore, ma questo non basta. Che le storie siano vere, inventate o ricostruite, non importa. Le parole purtroppo non sono sufficienti. In una situazione critica come quella afghana le storie servono a ben poco se non sono accompagnate da un’azione sinergica e duratura. Per questo la letteratura e il giornalismo servono a orientare l’opinione pubblica e invogliare i singoli a fare la differenza. VII
Introduzione
Nascono così organizzazioni locali come PARSA 7, Women for Afghan women 8, HAWCA 9 insieme a tante altre organizzazioni internazionali come Bpeace 10, Vital Voices 11 senza dimenticare la Khaled Hosseini Foundation o la Fondazione Maria Grazia Cutuli di cui parleremo. Ecco quando la scrittura fa la differenza. L’Afghanistan spesso viene dimenticato per lasciare spazio a nuove realtà come l’attuale situazione in Siria. Per questo diventa ancora più significativo il riconoscimento conferito solo qualche mese fa dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano a Barbara De Anna, funzionaria italiana dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), che ha perso la vita lo scorso 21 giugno 2013 a Kabul in seguito a un attacco talebano in cui ha riportato gravi ustioni. Per la prima volta è stata assegnata alla famiglia la Gran Croce d’Onore dell’Ordine della Stella d’Italia, un’onorificenza istituita nel 2011 a chi ha perso la vita o ha subito gravi menomazioni durante un lavoro umanitario all’estero. Ha dichiarato il presidente della Camera dei deputati, Laura Boldrini: “Suscita grande dolore la notizia della morte di Barbara De Anna, avvenuta a seguito di un attacco in cui erano state uccise altre tre persone, cittadini afghani. Ma altrettanto grande è l’ammirazione per una vita come una sua, spesa ad affermare i valori della solidarietà, della convivenza, della pace. La cooperazione svolge un ruolo prezioso nel costruire ponti di dialogo tra i popoli e le culture, anche se il suo lavoro finisce per bucare il silenzio quasi soltanto in occasioni tragiche come quella odierna.” 12
Il silenzio non deve fare da padrone in queste realtà così drammatiche. Per questo ho scelto di occuparmi di un argomento così tragico e controverso affinché non si passi dal mutismo all’oblio. Non dimenticate, raccontate, scrivete. 13
7
www.afghanistan-parsa.org www.womenforafghanwomen.org 9 www.hawca.org 10 www.bpeace.org 11 www.vitalvoices.org 12 Boldrini ricorda Barbara De Anna, <
>, 21/06/2013, http://www.ansa.it/web/notizie/videogallery/italia/2013/06/21/Boldrini-ricorda-Barbara-Anna_8909291.html 13 S. Doubnov, Histoire moderne de peuple jiuf, Le Cerf, Paris, 1994, p.V. VIII 8
1.1 Khaled Hosseini oltre la letteratura
I CAPITOLO: Letteratura 1.1 Khaled Hosseini oltre la letteratura
Fig. 3: Khaled Hosseini in uno dei suoi viaggi in Afghanistan come inviato dell’UNHCR.
Mostrare un volto differente dell’Afghanistan: è con questo pretesto che la signora Roya Hosseini è riuscita a convincere il marito a completare e presentare presso le case editrici il suo primo romanzo “The Kite Runner” (Il cacciatore di aquiloni) pubblicato negli Stati Uniti nel giugno del 2003. È vero che dietro un grande uomo si cela una grande donna! Roya si è dimostrata non solo una moglie innamorata, ma una donna dal senso pratico. È un avvocato e non a caso ha deciso di seguire una causa vincente: ha visto giusto e molto lontano! Se non fosse stato per la sua caparbietà non avremmo mai potuto conoscere questo personaggio dal profilo atipico con un’insana passione per la scrittura: laureato in medicina, statunitense di adozione, vita californiana, marito e padre di famiglia. Un emigrato come tanti altri se non fosse per quelle sue radici su cui è riuscito a costruire una solida base per il suo futuro e per quello di tanti altri. Un albero che ha sviluppato radici e chioma in egual misura, direbbe Susanna Tamaro 14.
14
S. Tamaro, Va’ dove ti porta il cuore, Kk edizioni, Roma, 2011, p.159.
1
1.1 Khaled Hosseini oltre la letteratura
Di origine afghana, Khaled Kidrauhl Hosseini, in dari ( ینیسح دلاخKabul, 4 marzo 1965), figlio di un diplomatico in servizio presso il Ministero degli Esteri afghano e di un’insegnante di persiano e storia in un liceo femminile, dopo aver trascorso i suoi primi 5 anni di vita a Kabul, si trasferì insieme alla sua famiglia a Teheran, in Iran, dove il padre lavorò presso l’ambasciata dell’Afghanistan. Tornato nella sua città natale nel 1973 – l’anno in cui Daud Khan, cugino del re Zahir Shah, salì al potere con un incruento colpo di stato trasformando l’Afghanistan in una repubblica con una linea di governo filomarxista –, si ritrasferì solo tre anni più tardi a Parigi in virtù di un nuovo incarico diplomatico del padre. Nel frattempo la situazione in Afghanistan era precipitata e anche nella capitale transalpina giungevano storie di esecuzioni, terrore e distruzione. Non era prudente per la famiglia Hosseini tornare a casa nel 1980 a conclusione dell’incarico a Parigi, tanto da chiedere e ottenere l’asilo politico negli Stati Uniti come dichiarato dallo stesso scrittore durante un’intervista radiofonica a Terry Gross nel 2005. È l’inizio di una nuova vita a San Jose, California: diploma, laurea, lavoro, matrimonio e i figli Haris e Farah o - come li definisce Khaled - i nur dei suoi occhi a cui è solito riservare la dedica di ogni suo romanzo. Una vita piena, soddisfacente, senza problemi ma questo non gli è bastato: è tornato a Kabul nel 2003 visitando per due settimane i luoghi della sua infanzia e rendendosi conto delle reali condizioni della popolazione. Una raccolta di informazioni, notizie, stati d’animo che sarebbero poi confluiti nei suoi romanzi. Nominato Goodwill Envoy – letteralmente “inviato di buona volontà” – dall’UNHCR (United Nations Refugee Agency, l’agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati) nel 2006 ha viaggiato spingendosi sino ai campi profughi del Ciad.
2
1.1 Khaled Hosseini oltre la letteratura
When UNHCR asked me to work with them as a Goodwill Envoy, I didn't think twice. As a native of Afghanistan, a country with one of the world's largest refugee populations, the refugee issue is one that is close and dear to my heart. 15
Nel frattempo iniziò a lavorare a “Il cacciatore di aquiloni”, che in origine era solo una breve storia scarabocchiata su dei fogli lasciati ad impolverarsi su uno scaffale del garage. Per un capriccio del destino, Roya cominciò a leggere la storia tanto da convincere il marito a trasformarlo in un romanzo a cui si dedicò ininterrottamente ogni mattina tra le 5:00 e le 8:00 prima di iniziare la sua giornata lavorativa. Medicine was like an arranged marriage he grew fond of; writing was the grand romance between high school sweethearts. 16
Al momento dell’attentato che sconvolse il mondo, Khaled era giunto ai due terzi del romanzo ed era sul punto di abbandonarlo, credendo che la sua rappresentazione dell’infanzia a Kabul non sarebbe stata in sintonia con un mondo che avrebbe visto gli afghani come i “bad guys”.
Chi avrebbe voluto dare ascolto a una persona che proveniva dallo stesso luogo in cui erano stati addestrati i responsabili del peggior attacco mai avvenuto sul suolo americano? 17
Il romanzo sarebbe rimasto in famiglia se non fosse stato per l’ennesimo intervento della moglie che gli suggerì invece di servirsi della sua opera per dare “un volto umano al Popolo afghano”.
15
http://www.unrefugees.org/site/c.lfIQKSOwFqG/b.6596243/k.771A/Khaled_Hosseini_UNHCR_Goodwill_ Envoy.htm 16 L’estratto è tratto da un’intervista a Khaled Hosseini da Tamara Jones, giornalista del Washington Post, 28 maggio 2007, http://galenet.galegroup.com//. 17 K. Hosseini, Il cacciatore di aquiloni, Piemme bestseller, Milano, 2004, p.8.
3
1.1 Khaled Hosseini oltre la letteratura
Il pubblico ha accolto con successo questo scrittore emergente. Riscontri positivi sono giunti sia dai lettori afghani, i quali hanno potuto ripercorrere parte della loro storia tra quelle pagine, che da quelli di ogni parte del mondo per l’aver affrontato tematiche scottanti ma non banali. Infatti lo stesso scrittore lamenta un’abbondanza di storie incentrate sulle guerre, sul commercio dell’oppio e sulla lotta al terrorismo tralasciando il resto, tralasciando cioè il vero Afghanistan. It is the role of the fiction to take on these difficult subjects and open them up for debate. […] My role with the UNHCR is to speak on behalf of the refugee cause and to serve as a public advocate for refugees around the world. It will be my privilege to try to capture public attention and to use my access to media to give voice to victims of humanitarian crises. I look forward to a long and fruitful collaboration with UNHCR. 18
Dopo il successo del primo romanzo moltissime persone inviarono soldi, volevano adottare orfani afghani ed è così che nacque la Khaled Hosseini Foundation 19, un ente no profit che fornisce assistenza umanitaria alla popolazione afghana. La fondazione, che ha raccolto oltre 500.000 dollari, sostiene progetti dell’UNHCR offrendo riparo a famiglie di rifugiati, opportunità economiche, di istruzione e di assistenza sanitaria per le donne e i bambini. Inoltre la fondazione assegna borse di studio a studenti che sono emigrati negli Stati Uniti sotto lo status di rifugiato e a donne che vogliono perseguire l’istruzione superiore in Afghanistan. È ancora viva la speranza nel cuore dello scrittore di poter condurre i propri bambini lì dove il padre è nato alla ricerca delle loro origini in un paese ferito ma mai sconfitto. Una realtà pronta a rialzarsi più forte di prima. Una ricerca ancestrale che lo spinge a contaminare l’inglese con il Dari. “Il cacciatore di aquiloni” è diventato un best-seller internazionale con oltre 12 milioni di copie vendute in tutto il mondo; lo stesso vale per il suo secondo romanzo, “Mille splendidi soli”, che dalla sua pubblicazione nel 2007 ad oggi ha venduto oltre 18
http://www.unrefugees.org/site/c.lfIQKSOwFqG/b.6596243/k.771A/Khaled_Hosseini_UNHCR_Goodwill_ Envoy.htm 19 http://khaledhosseinifoundation.org/
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1.1 Khaled Hosseini oltre la letteratura
700.000 copie, e quello che attualmente rappresenta il suo ultimo romanzo, “E l’eco rispose”, uscito solo qualche mese fa. I suoi romanzi sono anche storie d’amore, ma certo non comuni, con il tema universale dell’amore che è in grado di portare alla redenzione. La scrittura è fluida con l’unica voglia di raccontare storie; riporta alla mente la vecchia immagine di persone sedute intorno ad un fuoco per parlare delle proprie origini. Una forma d’arte per il quotidiano, l’antieroe, l’uomo in fondo alla strada o la donna sul bus. La comprensione delle storie di Hosseini si arricchisce quando le consideriamo all’interno della tradizione letteraria allo stesso tempo - romanzi di trasformazione personale – bildungroman – in cui i lettori sono testimoni della crescita dei personaggi; - romanzi storici che forniscono l’illuminazione per i lettori circa la storia e la geografia dei luoghi in cui sono ambientate le storie sconosciute a noi occidentali che permettono di aggiungere al fattore formativo, un vero e proprio effetto realtà cioè di contestualizzare e di scoprire la verità nella finzione narrativa 20. - romanzi nazionali che permettono di approfondire le relazioni familiari intime che si svolgono prevalentemente all’interno delle quattro mura domestiche; - romanzi etnici per esplorare la lotta di diventare parte integrante del tessuto socio-economico-culturale di un nuovo paese.
20
L. Ingalinella, Insegnare a scuola l’amore per la lettura con Khaled Hosseini, <>, 20/06/2013, http://www.criticaletteraria.org/2013/06/insegnare-scuola-lamore-per-la-lettura.html
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1.2 Il cacciatore di aquiloni
1.2 Il cacciatore di aquiloni Dicembre 2001 Sono diventato la persona che sono oggi all’età di dodici anni, in una gelida giornata invernale del 1975. Ricordo il momento preciso: ero accovacciato dietro un muro di argilla mezzo diroccato e sbirciavo di nascosto nel vicolo lungo il torrente ghiacciato. È stato tempo fa. Ma non è vero, come dicono molti, che si può seppellire il passato. Il passato si aggrappa con i suoi artigli al presente. Sono ventisei anni che sbircio di nascosto in quel vicolo deserto. Oggi me ne rendo conto. Nell’estate del 2001 mi telefonò dal Pakistan il mio amico Rahim Khan. Mi chiese di andarlo a trovare. […] Improvvisamente sentii la voce di Hassan che mi sussurrava: Per te qualsiasi cosa. Hassan, il cacciatore di aquiloni. Seduto su una panchina all’ombra di un salice mi tornò in mente una frase che Rahim Khan aveva detto poco prima di riattaccare, quasi un ripensamento. Esiste un modo per tornare a essere buoni. Alzai gli occhi verso i due aquiloni. Pensai a Hassan. A Baba e ad Ali. A Kabul. Pensai alla mia vita fino a quell’inverno del 1975. Quando tutto era cambiato. E io sono diventato la persona che sono oggi. 21
Il lettore viene catapultato nella storia avendo un unico riferimento: il fattore tempo. Una sorta di sfogo, un’ammissione di colpevolezza a cui il protagonista-narratore Amir dovrà porre rimedio. Una telefonata di qualche mese prima è quanto gli basta per far riemergere quel passato che gli si è aggrappato con gli artigli, attanagliandolo da ben 26 anni. Una telefonata che vuole essere un riscatto per tornare a essere buoni sprofondandolo nei ricordi. I ricordi permangono a lungo, come anime a ricordare, ad attendere, a sperare, sulla rovina di tutto, a sorreggere senza tremare […] l’immenso edificio del ricordo. 22
Una telefonata che ha il sapore di una madeleine proustiana che catapulta Amir nel lontano 1975, a Kabul, al cacciatore di aquiloni.
Fig. 4: l’immagine usata come sfondo è tratta dalla graphic novel di K. Hosseini, F. Celoni, Mirka Andolfo, Il cacciatore di aquiloni. La graphic novel, Piemme, Milano, 2011. 21 K. Hosseini, Il cacciatore di aquiloni, op. cit., pp.11-12. 22 M. Proust, La strada di Swann in Alla ricerca del tempo perduto, Mondadori, Milano, 1970, p.56.
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1.2 Il cacciatore di aquiloni
Ormai era pronto a ricambiare quel “Per te qualsiasi cosa” che da eco lontana era diventato la sua nuova missione. È così che in un lungo flashback si torna indietro a quei 26 anni prima, a rievocare il rapporto tra Hassan, il cacciatore di aquiloni, e Amir. Una storia che Hosseini definisce “d’amore” tra due amici che sono servo e padrone, tra padre e figli, in un intreccio tra commissione e omissione, ma anche tra lealtà e altruismo che ancora sopravvivono. Hassan è il servo di Amir ma anche il suo compagno di giochi e sogni. Entrambi orfani dalla nascita sono stati allattati dalla stessa balia, una fratellanza tra chi si era nutrito allo stesso seno, una parentela che neppure il tempo poteva spezzare 23 ma non solo. Il padre di Hassan, Ali, esattamente come il figlio, è cresciuto con Baba, padre di Amir “come fratelli”. Tutti vivono sotto lo stesso tetto ma in ali differenti della casa con una sostanziale differenza di arredamento. Baba è un uomo d’affari, di successo e di potere presso la comunità. Il suo amico e socio, Rahim Khan – il motore immobile che ha dato avvio alla storia – rappresenta per il piccolo Amir un punto di riferimento soprattutto per i suoi modi gentili che contrastano l’essenza burbera del padre. L’unico che ha l’intelligenza di capire che i figli non sono album da colorare come piace a noi. 24 Nonostante ciò, è chiaro che si trovino in posizione di servo e padrone. Amir e Hassan erano sciiti di etnia hazara (come si evidenzia nei tratti asiatici del viso – infatti erano chiamati con disprezzo “nasipiatti”) da sempre perseguitati dai pashtun, l’etnia dominante di religione sunnita a cui appartenevano Amir e il padre. Questo è un importante aspetto della storia, a causa dell’inflessibilità delle divisioni sociali tra amici di entrambe le generazioni. Stato economico, religione ed etnia rappresentano le maggiori barriere. 23 24
K. Hosseini, Il cacciatore di aquiloni, op. cit., p.20. Ivi, p.30.
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