Enrico Trevisan
ECONOMICAMENTE IRRAZIONALE Marketing comportamentale per capire e guidare le scelte dei consumatori
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Sommario
7 Introduzione
11 1. La razionalità perduta
23 2. Una passione per gli affari
45 3. Il senso del possesso
11 1.1 Le euristiche 13
1.2 L’effetto àncora
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1.3 L’effetto affare
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1.4 L’effetto separazione
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1.5 L’effetto scelta
17
1.6 L’effetto possesso
18
1.7 L’effetto contabilità
19
1.8 L’effetto tempo
21
1.9 Le strategie commerciali
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2.1 L’impatto del “gratis”
29
2.2 L’utilità di transazione
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2.3 Punti di riferimento
42
2.4 Prezzo e qualità
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3.1 Costi vivi e costi opportunità
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3.2 Perdere e guadagnare
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3.3 Come e cosa si possiede
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3.4 Dare e togliere
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SOMMARIO
66 4. L’imbarazzo della scelta
85 5. Costi sommersi e riemergenti
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4.1 Il problema della scelta
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4.2 Meno è meglio di tanto
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4.3 Scegliere meno e trovare di più
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5.1 I costi del passato
90
5.2 Le perdite del futuro
93
5.3 Il passato che passa
95 6. 95 99 102 106 7. 107 114 118 122 8. 123 124 126 135 9. 136 138 150
Divide et impera 6.1 Pagare e utilizzare 6.2 Pagare e assicurare 6.3 Pagare e dimenticare
Gli eredi di Luca Pacioli 7.1 La forma che diventa sostanza 7.2 L’origine del denaro 7.3 La destinazione del denaro
Ulisse, le sirene e l’eterna debolezza 8.1 L’incoerenza temporale 8.2 Chi controlla che ci si controlli 8.3 Il mercato dell’autocontrollo
I giochi della mente 9.1 L’intuizione statistica 9.2 Le rappresentazioni mentali 9.3 Disponibilità e àncore
159 Conclusioni – Cogli l’attimo 165 Bibliografia
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Introduzione
La critica della teoria della scelta razionale mi ha affascinato fin dai tempi dell’università. Perché prendiamo certe decisioni in determinati contesti, spesso andando contro il buon senso e la nostra stessa volontà, è sempre stata una domanda per me fondamentale. Mentre ho spesso riconosciuto l’importanza dei sistemi, delle organizzazioni e degli aggregati collettivi nella vita economica e sociale, sono sempre stato convinto che la giusta angolazione di analisi fossero l’individuo e le dinamiche che guidano le sue scelte. Quando ho iniziato a occuparmi di questo tema anche nella mia attività lavorativa, indagando nell’ambito del pricing e della strategia commerciale quali prodotti i clienti avrebbero scelto sostenendo quale sacrificio, collegare i due mondi era la naturale conseguenza. Il libro è il risultato di questo sforzo e rappresenta la prima occasione in cui ho cercato, utilizzando l’economia comportamentale come quadro di riferimento, di unire in maniera sistematica ed estesa le idee che avevo sviluppato nella fase universitaria con quelle più recenti della fase lavorativa. A ormai più di trent’anni dal suo esordio, la behavioural economics ha raccolto un’estesa quantità di evidenze su come le persone decidono e, in particolare, sul ruolo giocato dalla rappresentazione e strutturazione delle scelte. Pur avendo influenzato molti aspetti della scienza economica, come per esempio la finanza, la labor e welfare economy, nel libro mi occupo unicamente di quelle scoperte dei comportamentalisti che riguardano le scelte del consumatore, con un par-
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INTRODUZIONE
ticolare interesse ai fenomeni che influenzano il valore percepito di un determinato prodotto e la disponibilità alla spesa che ne deriva. Mentre la teoria del consumatore razionale classica ha sempre sostenuto la tesi che ciò che guida le nostre scelte è l’utilità dei payoff che a queste scelte attribuiamo, l’economia comportamentale si è concentrata sul fatto che gli stessi pay-off spesso non sono collegati in maniera coerente e sostanziale alle scelte, ma vengono piuttosto influenzati dall’architettura delle stesse. Quando per esempio dobbiamo valutare se siamo disposti a pagare una certa cifra per un determinato prodotto, la nostra scelta non è determinata solo dal valore che attribuiamo a questo prodotto, ma anche da quello che ci aspettiamo che tale prodotto debba costare. Questo può portare a situazioni in cui lo stesso prodotto allo stesso prezzo ci sembra particolarmente conveniente o caro, semplicemente cambiando il riferimento che utilizziamo per fare quella specifica valutazione. Siamo disposti a investire i nostri soldi a un tasso del 3%? Dipende se ci aspettavamo il 2% o il 4%. Siamo disposti a investire 20 minuti del nostro tempo per ottenere uno sconto di 5 euro? Dipende se lo sconto è riferito a un prodotto che ne costa 20 o 150. Siamo disposti a spendere 50 euro per un libro? Dipende se lo riteniamo un investimento nella nostra cultura e formazione o semplicemente un piacevole passatempo. La rappresentazione e l’inquadramento di una determinata scelta possono variare sostanzialmente in funzione di processi cognitivi personali e connaturati del consumatore. Essa può però venire influenzata anche da fattori esterni che agiscono a livello di modelli di pricing, adeguatamente applicati a strutture dell’offerta e strategie di vendita. Lo scopo del libro è proprio quello di mostrare come e perché il pricing, l’offering e il selling possono influenzare le scelte del consumatore. Gli esperimenti e i meccanismi psicologici presentati sono quindi tutti riferiti a situazioni di mercato, ovvero a situazioni in cui le scelte e i contesti analizzati sono sempre collegati a fenomeni di valutazione, scelta e utilizzo di prodotti. Mentre la lettura di un libro si trasforma spesso in un monologo dello scrittore verso il lettore, questo non vale certamente per la sua stesura, almeno non nel mio caso. Ben lungi dall’essere stato un processo
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con un unico protagonista, molte sono le persone che mi hanno aiutato a individuare, pensare, strutturare e raccontare le idee espresse nel testo. Il primo ringraziamento va certamente ai tre autori che maggiormente hanno contribuito alla nascita e sviluppo dell’economia comportamentale: Daniel Kahneman, Richard Thaler e Amos Tversky. Sono entrato in contatto con alcune idee chiave di questi autori durante la scrittura della mia tesi di laurea, ma è soprattutto nell’ambito della mia tesi di dottorato che ho studiato e approfondito le loro ricerche. Nonostante dai primi contatti siano passati più di 15 anni, continuo a essere affascinato dalla precisione, dall’eleganza e dall’innovatività dei loro lavori. Tre altri autori hanno fortemente influenzato le mie idee sui consumatori e sugli attori sociali, e più generalmente sulle aziende e sulle organizzazioni economiche e statali: Jon Elster, Werner Kirsch e Hermann Simon. I lavori di Elster e Kirsch sono stati fondamentali per la costruzione del ponte tra politologia, filosofia e sociologia da un lato e teoria della scelta razionale e dell’azienda dall’altro, che direttamente o indirettamente pervade l’intero libro. Dai lavori di Simon ho invece imparato la maggior parte delle cose che oggi so riguardo al pricing, al marketing e alla strategia aziendale. Sebbene non possa escludere di aver mal interpretato o semplicemente non capito fino in fondo alcune delle loro tesi, e debba quindi assumere piena responsabilità per eventuali errori o imprecisioni, senza questi autori il libro che avete tra le mani non ci sarebbe stato, o comunque sarebbe stato fondamentalmente diverso. Un grazie altrettanto sentito vorrei rivolgerlo al mio team presso la Simon-Kucher & Partners. Scrivere un libro parallelamente a un’attività consulenziale può velocemente diventare un’impresa impossibile, se non si dispone del supporto di un gruppo di giovani e brillanti colleghi. In questo senso, vorrei ringraziare di cuore Riccardo Colombo, Gianluca Corradi, Paolo Finotelli, Sonia Foltran, Peifeng Gao, Alberto Laratta, Cristina Liotta, Alessandro Maggioni e Gianluigi Salatiello per le interessanti discussioni e il lavoro redazionale svolto. Vorrei però anche ringraziarli per aver talvolta rinunciato al mio supporto diretto e immediato nelle loro attività progettuali, liberando così il tempo e le risorse che mi erano necessarie alla stesura del testo. Anche a costo
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di diventare noioso, non ripeterò mai a sufficienza quanto la loro forza intellettuale e motivazionale sia stata determinante nel finire questo lavoro e, più in generale, nel darmi la voglia e il coraggio di imbarcarmi in avventure di questo genere. Un particolare ringraziamento vorrei indirizzarlo ad Alessandra Lanciotti. Anche se spesso l’intelligenza delle sue osservazioni è ben superiore alla convinzione con cui le esprime, il tempo dedicato a discutere con lei gli aspetti chiave del libro è sempre stato remunerato con suggerimenti e critiche puntuali, rigorose ed estremamente utili. Pur ritenendo la massima socratiana «sapere di non sapere» una lezione morale ed epistemologica utile a tutti, nel caso specifico di Alessandra sono propenso a fare un’eccezione, spingendola quindi a lavorare sul monito «non sapere di sapere». Infine, vorrei rivolgermi con immensa gratitudine a mia moglie Suscha. È forse un paradosso che in un libro dedicato alla dinamica delle scelte non abbia riservato nemmeno un paragrafo alla decisione più importante che nell’arco della vita ci troviamo ad affrontare, ovvero la persona con cui la vita la vogliamo passare. Nel mio caso specifico, non ho dubbi, tutte le anomalie e stranezze decisionali presentate nel libro non hanno giocato alcun ruolo e sposare Suscha è stata senz’altro la scelta più saggia che abbia mai preso. Le innumerevoli ore la sera tardi o durante i fine settimana rubate alla famiglia per dedicarsi al libro sono state sempre ricambiate con comprensione, pazienza, allegria, sorrisi e stimoli ad andare avanti. E anche nei momenti in cui qualche particolare idea non mi convinceva o non riusciva a “entrare nel cassetto”, la sua intelligenza e la sua freschezza intellettuale sono state fondamentali per farmi ripensare da capo, meglio e diversamente. Alle piccole Sophia e Greta vorrei dedicare il saluto finale. È sempre affascinante osservare quanto la naturalezza dei bambini sia spesso in contrasto con l’artificialità di noi adulti, e quanto la natura della nostra irrazionalità sia diversa dalla loro. Care bimbe, quando sarete grandi a sufficienza per leggere questo libro (se mai lo farete), avrete ormai abbracciato l’irrazionalità dei grandi. È un peccato: la vostra è migliore!
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invece, tutti i vantaggi sono dalla parte dell’affitto poiché scaricare un film non solo è più economico che comprarlo in una videoteca o al supermercato (se poi lo si scarica da un sito pirata è addirittura gratis!), ma è anche molto più comodo. Non è infatti più necessario uscire di casa né per prendere né per restituire il film. Sono sufficienti pochi passaggi attraverso il telecomando del televisore o il browser internet per scaricare, pagare e vedere il film. In questa situazione sarà sempre più difficile per gli Studios riuscire a fare leva sull’effetto possesso per spingere i consumatori a comprare invece che affittare i loro film. Esistono tuttavia dei tentativi in questo senso, prima fra tutti la possibilità di costruire una propria medioteca nel cloud. La difficoltà qui consisterà nel fatto che l’uomo, abituato fin dalla notte dei tempi a possedere oggetti di natura fisica, ha avuto la possibilità di sviluppare un’idea e un sentimento per la proprietà digitale solo negli ultimi decenni. Rimane quindi una forte incognita se e come un tale sentimento si svilupperà nel mondo digitale. Importanti autori – penso per esempio a Jeremy Rifkin e al suo libro L’età dell’accesso – sembrano fare la scommessa inversa, ovvero che si tenderà sempre meno a possedere e sempre più a utilizzare. Non sono completamente convinto di questa tesi. L’uomo è un animale abitudinario, che però apprende e si evolve molto velocemente. Certamente cambierà la fisicità del possesso, ma non il sentimento in quanto tale.
3.4
Dare e togliere
Le riflessioni sul tema possesso sono rilevanti a livello di strategia di definizione, comunicazione e commercializzazione del prodotto. Sono tuttavia anche utili a livello di strategia di vendita. Esistono infatti molte situazioni in cui il consumatore ha la possibilità di comprare versioni diverse dello stesso prodotto, dovendo scegliere tipicamente tra configurazioni base e configurazioni con più funzionalità e accessori. Nel comprare un nuovo tablet, il consumatore può per esempio decidere se acquistare quello con possibilità di collegamento a internet oppure quello che dispone solo di funzionalità stand-alone, oppure può scegliere tra quello con la memoria di base o quello con la
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memoria estesa. Similmente, nello scegliere il nuovo condizionatore può optare per quello con stabilizzatore automatico della temperatura oppure accontentarsi di quello con il termostato manuale. Per il consumatore è spesso molto difficile definire con precisione quali saranno effettivamente i suoi bisogni, ovvero prevedere se la versione base del prodotto basterà alle sue necessità oppure se farà al caso suo il modello medio della gamma o addirittura quello premium con un ampio spettro di funzionalità. In questo tipo di situazioni di vendita – ovvero dove il consumatore non è in grado di definire perfettamente la configurazione di prodotto/ prezzo per lui più idonea – esistono margini di manovra per guidarlo verso versioni del prodotto a maggior valor aggiunto per lui ed eventualmente maggiore profittabilità per l’azienda. L’effetto possesso può giocare un ruolo chiave in quest’ambito. L’idea è quella di configurare il prodotto in una versione tendenzialmente premium, fare in modo che il cliente ne entri in possesso (anche solo idealmente) per poi giocare sul trade-off prodotto/prezzo attivando la leva valore e disattivando la leva sconto. Vediamo un caso concreto. Qualche anno fa, a seguito della nascita della mia prima figlia, decisi assieme a mia moglie di cambiare automobile e di acquistare un modello familiare. A dir la verità, la prima scrematura la facemmo basandoci su due criteri molto semplici: la macchina doveva essere spaziosa ed esteticamente piacevole. La nostra precedente automobile era infatti una due posti decappottabile di cui eravamo follemente innamorati, ma perfettamente inutile nella nuova condizione familiare. Separarcene era già abbastanza faticoso, volevamo almeno passare a qualcosa che non solo fosse funzionale, ma anche minimamente “carino”. Scegliemmo un modello comby di una casa tedesca. Abbastanza determinati ad acquistare quell’auto andammo in concessionaria per vederla da vicino e farci un’idea più chiara dell’automobile stessa, ma naturalmente anche del suo prezzo. Dopo pochi minuti fummo approcciati da un venditore – che chiamerò signor Nero – il quale, con grande pazienza, iniziò a spiegarci tutti i vantaggi tecnici e funzionali dell’auto (sia mia moglie che io non siamo esattamente quello che potremmo definire esperti e non era quindi semplicissimo farci capire di cosa effettivamente stessimo par-
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lando). Verificato l’effettivo interesse nell’automobile, il signor Nero ci invitò alla sua scrivania, ci offrì un caffè e, continuando con un pazientissimo processo maieutico, iniziò a configurare l’automobile dei nostri sogni. «Desiderate il metallizzato, il cambio automatico, i cerchi in lega, la motorizzazione… ecc.». Dopo una ventina di minuti, terminata la definizione di tutte le caratteristiche particolari degli accessori aggiuntivi, stampò tre fogli in formato A4 contenenti la descrizione dettagliata – caratteristica per caratteristica, accessorio per accessorio – dell’automobile e ce la consegnò. «Ecco signora e signor Trevisan, questa è l’automobile che a mio avviso dovreste comprare. Ha dentro tutto ciò di cui avete bisogno. È una fantastica automobile. Vediamo assieme in dettaglio di cosa si tratta». A questo punto iniziò con grande calma – punto per punto – a spiegarci cosa aveva inserito nel pacchetto e perché era importante averlo. «Di serie avete il parking system posteriore. Vi ho però inserito anche quello anteriore perché la macchina è piuttosto lunga e spesso è difficile valutare la distanza». Oppure: «Con il Bluetooth non avete più bisogno di cavi, gusci di collegamento ecc. Basta programmare una volta il sistema e, appena salite in macchina, il telefono viene riconosciuto automaticamente e collegato con l’impianto di viva voce. È più comodo, ma soprattutto più sicuro». Alla fine del processo concluse dicendo: «Con questa configurazione l’automobile costa X euro. Attraverso la nostra offerta particolarmente vantaggiosa di leasing sono in grado di darvela a una rata mensile di Y euro. Il contratto ha una durata tre anni, comprende 20.000 km all’anno e un pagamento iniziale di Z euro». A questo punto, vista la mia reazione piuttosto impressionata dall’elevato costo complessivo dell’auto e anche della rata mensile e la successiva richiesta diretta di sconto, il signor Nero rimase molto tranquillo e riprese a parlare dell’eccezionale valore dell’auto appena configurata. Lo fece però in maniera molto astuta, utilizzando (forse anche solo inconsapevolmente) l’effetto possesso. Disse: «Signor Trevisan, mi rendo conto che sono molti soldi. Purtroppo i margini di sconto in questo tipo di automobile sono ormai minimi e quello che possiamo fare lo facciamo garantendo delle condizioni di finanziamento molto vantaggiose rispetto al mercato. Tuttavia, posso sicuramente farle spendere meno, dobbiamo però mettere mano alla configurazio-
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ne della macchina. Prendiamo per esempio il sistema di navigazione europeo. Questo ha un prezzo di listino di X euro, che corrisponde a un impatto di Y euro nella rata mensile. Non possiamo rinunciarci?». Mia risposta: «Non lo so. In realtà viaggio tipicamente tra Italia, Austria e Germania. Attualmente ho un navigatore che mi costringe a cambiare dvd ogni volta che passo la frontiera per mettere quello del paese in cui mi trovo. È una cosa molto scomoda. Non avere più questo problema mi farebbe molto comodo. Penso che terrò il navigatore europeo». Risposta del signor Nero: «Mi rendo conto. Effettivamente la cosa può diventare noiosa. Prendiamo allora i sedili in pelle. Hanno un prezzo e un impatto sulla rata mensile molto simile a quello del navigatore. Forse possiamo rinunciare a questi». Risposta di mia moglie: «Non credo proprio che sia una buona idea. La bambina piccola gioca, ha le mani sporche, fa cadere le cose, può accadere che non si senta bene e rigetti. Sa come sono i bimbi. Mettere dei sedili in stoffa significa diventare matti per pulirli ed eventualmente avere una macchina con i sedili macchiati per i prossimi tre anni». «Effettivamente – rispose il signor Nero – a questo non avevo pensato. Potremmo però rinunciare al cambio automatico. Il suo impatto sulla rata mensile è addirittura superiore a quello dei sedili in pelle». Mia risposta: «A questo no. La fluidità con cui cambia le marce la versione automatica è la cosa che mi è maggiormente piaciuta nella macchina in termini di esperienza di guida. Inoltre, mia moglie già non guida volentieri. Se togliamo l’automatico il rischio è veramente quello che poi non usi l’automobile». Insomma, dopo una bella discussione di circa una mezzora l’automobile è sostanzialmente rimasta configurata come proposta originariamente dal signor Nero, la mia richiesta di sconto è stata letteralmente parata da argomenti di valore che, in realtà, mi ricordavano sistematicamente quanto desideravo la nuova macchina e riuscivano così a consolidare la mia disponibilità alla spesa. La dialettica della trattativa era in realtà un caso di best practice di quello che viene definito classicamente value selling, dove però la percezione del valore non derivava solo dalla rappresentazione razionale dell’utilità di certi accessori, ma anche da un effetto possesso raggiunto tramite la configurazione preliminare dell’automobile, la consegna fisica del foglio di preventivo e la sua presentazione calma e paziente.
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IL SENSO DEL POSSESSO
Figura 3.5
Effetto possesso: e nel caso di prodotti simili?
Approccio alla vendita in caso di prodotti simili ma di qualità e prezzi differenti
Lo scopo è permettere al cliente di sviluppare il più velocemente possibile un senso di possesso rispetto al prodotto In questo modo gli sarà più difficile rinunciare alle varie caratteristiche e finezze del prodotto premium La rinuncia non sarà più un costo opportunità (se spendessi quei soldi potrei ottenere queste funzioni extra), ma piuttosto un costo diretto, molto più spiacevole
Quando si vendono una serie di prodotti simili, ma di qualità progressivamente superiore, è consigliabile iniziare a proporre al cliente il prodotto di alta gamma, se possibile evitando di parlare del prezzo.
L’esempio mostra quindi un’interessante strategia per le situazioni in cui si vendono una serie di prodotti simili, ma di qualità progressivamente superiore, o prodotti identici, configurabili però con una quantità più ampia di funzionalità e accessori. In questi casi è consigliabile iniziare a proporre al cliente il prodotto di alta gamma, se possibile evitando di parlare del prezzo e di superare il limite massimo di spesa a cui il cliente può essere interessato. Lo scopo è quello di permettere al cliente di sviluppare il più velocemente possibile un senso di possesso rispetto al prodotto in questione. Dopo di che sarà più difficile per il consumatore rinunciare alle varie caratteristiche e finezze del prodotto premium, appunto perché rinunciarvi non sarà più una sorta di costo opportunità (se spendessi quei soldi potrei ottenere queste funzioni extra), ma piuttosto un costo diretto, molto più spiacevole da affrontare (dovrò rinunciare a queste funzioni così posso risparmiare dei soldi).
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