POLITECNICO DI MILANO Facoltà di Ingegneria Corso di Laurea Specialistica in Ingegneria Meccanica
AgustaWestland: Modelli di gestione degli utensili per la riduzione dei costi.
Relatore:
Ch.mo Professor Quirico SEMERARO
Correlatore:
Ing. Sara CORRADO
Tesi di Laurea di: Jacopo PEDRABISSI 819202
Anno Accademico 2014 - 2015
a mia mamma,mio papà,mia sorella, a tutti gli amici e compagni di “viaggio” e al Professor Semeraro, “venerabile Maestro”
INDICE Abstract
1
1
3
Lean manufacturing and machining 1.1
1.2
2
Lavorazioni per asportazione di truciolo .................................................. 3 1.1.1
Lavorazioni con macchine utensili ................................................. 3
1.1.2
Moti ..................................................................................................... 4
1.1.3
Tornitura............................................................................................. 5
Miglioramento continuo delle tecnologie e dei processi ......................... 9 1.2.1
Lean Manufacturing ....................................................................... 10
1.2.2
Storia del Kaizen............................................................................... 14
1.2.3
Cultura del Kaizen .......................................................................... 15
1.2.4
Principi del Kaizen ........................................................................... 17
1.2.5
Riprogettazione dei processi aziendali ........................................ 21
Il caso AgustaWestland
23
2.1
AgustaWestland s.p.a ................................................................................. 23
2.2
Produzione – Centres of Excellence ......................................................... 30
2.3
2.4
2.2.1
CoE Strutture ................................................................................... 30
2.2.2
CoE pale e materiali compositi...................................................... 31
2.2.3
Coe trasmissioni e parti meccaniche ............................................ 31
2.2.4
Coe assemblaggi finali .................................................................... 32
Production plant Cascina Costa: AS IS .................................................... 34 2.3.1
Gestione utensili .............................................................................. 35
2.3.2
Il ciclo di lavorazione...................................................................... 40
2.3.3
Descrizione lavorazione, caso esemplificativo: pignone ........... 50
2.3.4
Criterio fine vita inserti .................................................................. 63
Il problema dell’acciaio VASCO X-2 in tornitura ................................... 66
i
Indice
2.5
ii
2.4.1
Produzione ....................................................................................... 68
2.4.2
Trattamenti termici eseguiti in azienda ....................................... 71
2.4.3
Problemi riscontrati durante la tornitura .................................... 77
Obiettivi preposti: TO BE ........................................................................... 79
3 Ottimizzazione dei parametri e modello di previsione dell’usura 80 3.1
3.2
3.3
3.4
4
Metodo “Ravignani”................................................................................... 80 3.1.1
Livelli di ottimizzazione................................................................. 80
3.1.2
Tempo e costo unitario ................................................................... 87
3.1.3
Determinazione del limite ottimale di confidenza ..................... 90
Attività sperimentale presso SANDVIK .................................................. 92 3.2.1
Descrizione specifica tecnica e procedura di misura VB ........... 92
3.2.2
Piano Sperimentale e modalità di acquisizione dati .................. 97
3.2.3
Fasi dell’attività sperimentale ..................................................... 101
3.2.4
Notch Depth (ND)......................................................................... 108
3.2.5
Strategia di sperimentazione alternativa ................................... 111
Post Processing .......................................................................................... 115 3.3.1
Individuazione variabile significativa........................................ 115
3.3.2
Relazione tra ND, tempo e parametri di processo ................... 118
Ottimizzazione dei parametri di taglio .................................................. 124 3.4.1
Funzione obiettivo ........................................................................ 125
3.4.2
Scenario non vincolato ................................................................. 127
3.4.3
Scenario vincolato ......................................................................... 130
Gestione Utensili 4.1
133
Reparto di tornitura .................................................................................. 133 4.1.1
Nuove qualità inserti .................................................................... 133
4.1.2
Razionalizzazione dei codici ....................................................... 134
4.1.3
Vending Machine .......................................................................... 139
Indice 4.2
iii Tool-Room.................................................................................................. 144
4.2.1
Razionalizzazione e nuovo layout .............................................. 144
Conclusioni e sviluppi futuri
148
Bibliografia
150
A Analisi dei dati
153
A.0.1 Ricerca variabili significative: dataset regressione................................ 153 A.0.2 Ricerva variabili significative: inizio intaglio ........................................ 155 A.0.3 Regressione punto D: danno vs tempo ................................................... 157
Abstract L’Aeronautico è un settore ad alto contenuto tecnologico caratterizzato da un panorama competitivo internazionale e da scenari di mercato in costante evoluzione. In Italia, l’industria aerospaziale è distribuita in quattro grandi aree specializzate: la Campania, il Piemonte, la Lombardia, il Lazio. L’industria italiana è presente nei diversi segmenti di mercato di tale settore con strategie e risultati diversi. Particolarmente delicata appare la situazione nel settore civile dove la strategia delle più grandi imprese aeronautiche italiane è stata tradizionalmente quella di partecipare ai grandi programmi di sviluppo e produzione di aeromobili acquisendo commesse di sub-fornitura. Tale strategia ha consentito significativi livelli di crescita, il mantenimento di elevati standard occupazionali e di acquisire competenze tecnologiche specifiche. In questo contesto è ormai evidente che il successo delle imprese è fortemente condizionato dalla capacità di fare innovazione e di accumulare know how. Attualmente si sta diffondendo ed imponendo la metodologia della “Lean Production” (produzione snella) come sistema che meglio permette alle aziende di raggiungere e mantenere la flessibilità e la competitività necessarie alla loro sopravvivenza e alla loro capacità di espansione sul mercato. Alla base della filosofia “Lean” c’è la totale dedizione alla caccia e all’eliminazione degli sprechi, al fine di poter produrre in modo snello, cioè utilizzando solo le risorse necessarie allo scopo. Il presente lavoro mostra come parte dei principi della Lean Production siano stati introdotti ed applicati in AgustaWestland, con particolare focus sulla gestione degli utensili e sull’organizzazione della tool-room dello stabilimento di Cascina Costa (VA). In AgustaWestland la realizzazione dei componenti destinati alla trasmissione degli elicotteri è completamente interna: la progettazione è competenza dell’area tecnica, la produzione si svolge negli stabilimenti incaricati. Nel reparto Transmission di Cascina Costa, gli ingranaggi e i carter delle trasmissioni sono realizzati mediante le classiche tecnologie per asportazione di truciolo: tornitura, fresatura, alesatura, barenatura e rettifica.
1
Abstract
2
Nel primo capitolo di questo lavoro sono illustrati i principi teorici alla base del pensiero snello e delle lavorazioni per asportazione di truciolo, in modo da fornire una panoramica abbastanza completa del contesto tecnologico in cui questo lavoro si inserisce. Nel secondo capitolo è introdotto il “caso” preso in analisi in azienda. È illustrata brevemente la storia di AgustaWestland, i prodotti da essa realizzati, la suddivisione dei vari stabilimenti, i competitor principali e i motivi che hanno spinto in questi anni l’azienda a intraprendere la via del miglioramento continuo. L’analisi dello scenario di partenza evidenzia le principali problematiche e le criticità riscontrate. Il taglio dato all’analisi copre sia aspetti della gestione sia quelli tecnici, ai quali saranno dedicati capitoli specifici. Sono in seguito descritti gli obiettivi da raggiungere. Il terzo capitolo è dedicato alla descrizione nel dettaglio e all’implementazione delle metodologie di risoluzione di una criticità tecnica riscontrata. È stato scelto un caso esemplificativo da prendere come pilota (pignone ) e su di esso è stata compiuta un’analisi completa del ciclo di lavorazione (dal grezzo al prodotto finito) con focus sui problemi legati alle diverse fasi. Particolare attenzione è stata posta all’acciaio utilizzato per la costruzione di tale pignone, ai trattamenti termici ai quali è sottoposto e alla sua storia in campo aeronautico. È descritto il metodo “Ravignani” utilizzato nello studio e sono poi esposte la sperimentazione relativa all’usura svolta presso la sede milanese di SANDVIK (leader mondiale nel settore degli utensili), la strumentazione utilizzata, l’analisi effettuata sui dati ricavati dalla campagna sperimentale e l’ottimizzazione sui parametri di taglio. Nel quarto capitolo il focus è posto sulla risoluzione dei problemi legati alla gestione interna degli utensili; l’analisi prende in considerazione le migliorie apportate a due diversi reparti: centri di lavoro e torneria. In essi sono stati avviati lo snellimento e la razionalizzazione dei codici degli utensili utilizzati, sono stati chiariti (e in alcuni casi definiti exnovo) i flussi di gestione, è stata completata ed emessa la procedura interna sulla gestione degli utensili ed è stato elaborato un nuovo layout del locale tool-room.
Capitolo 1
1 Lean manufacturing and machining 1.1 Lavorazioni per asportazione di truciolo Si chiamano lavorazioni per asportazione di truciolo quelle che permettono di modellare un pezzo mediante l’uso di utensili che asportano il materiale in eccesso. Alcune di queste lavorazioni possono essere eseguite al banco di lavoro, mentre altre richiedono l’impiego di specifiche macchine, chiamate macchine utensili. Le principali operazioni eseguite al banco di lavoro (dette anche operazioni di aggiustaggio) sono la tracciatura, la limatura, il taglio, la filettatura, la maschiatura e l’alesatura. Le operazioni che richiedono il ricorso alle macchine utensili sono invece la foratura, la tornitura, la fresatura e le lavorazioni per abrasione.
1.1.1 Lavorazioni con macchine utensili Le macchine utensili sono macchine operatrici destinate alla lavorazione dei materiali metallici e non metallici tramite asportazione di truciolo. Le macchine utensili moderne, grazie all’elevata potenza e robustezza di cui sono dotate, consentono l’impiego di alte velocità di taglio, compatibilmente con le caratteristiche dei materiali che costituiscono gli utensili. Le macchine utensili ad asportazione di truciolo possono essere di due categorie a seconda che il loro movimento principale sia di taglio o di avanzamento. Si hanno così: macchine a moto rettilineo, come piallatrici, limatrici, rettificatrici, stozzatrici, alcuni tipi di dentatrici e brocciatrici; macchine a moto rotatorio con distacco di truciolo per mezzo di utensili non rotanti come i torni e macchine che adoperano utensili rotanti come le alesatrici, i trapani, le fresatrici e le segatrici a disco. L’asportazione del truciolo da parte delle macchine utensili avviene tramite appositi attrezzi chiamati utensili, che possono essere a tagliente singolo (monotaglienti) o a tagliente multiplo. I tipi di utensile di più comune impiego nelle macchine per asportazione di truciolo sono: punta elicoidale per il trapano; 3
1.1 Lavorazioni per asportazione di truciolo
4
utensile monotagliente per il tornio; fresa per la fresatrice; mola per la rettificatrice; utensile per limare per la limatrice; utensile per piallare per la piallatrice. Durante il loro impiego, gli utensili sono sottoposti a varie sollecitazioni, che possono anche essere di notevole intensità: di conseguenza devono essere costruiti con materiale dotato di elevata durezza alle alte temperature e di elevata resistenza meccanica. I materiali più utilizzati nella costruzione del tagliente degli utensili sono gli acciai super rapidi, i carburi metallici sinterizzati (Widia), la ceramica rinforzata. Le prestazioni dell’utensile durante le lavorazioni variano notevolmente a seconda del materiale con il quale è realizzato.
1.1.2 Moti Per ogni lavorazione effettuata con macchine utensili, l’utensile e il pezzo devono compiere dei movimenti che consentono l’asportazione del truciolo secondo spessori e superfici variabili. Questi movimenti sono distinti in moti principali e moti secondari. I moti principali si distinguono in: moto di taglio (L), moto di avanzamento (A) e moto di lavoro (P). Moto di taglio (L): è quello attraverso il quale l’utensile, opportunamente montato, esegue una singola asportazione di truciolo. Ha lo scopo di creare la necessaria velocità relativa fra pezzo e utensile, e può essere rotatorio o rettilineo.
Figura 1.1 Esempio di moto di taglio in cui l'utensile descrive una circonfernza sul pezzo posto in rotazione
Moto di avanzamento (A): è quello che, aggiunto al moto di taglio, favorisce la formazione dei trucioli e ne rende possibile l’asportazione in maniera ripetuta e continua. Può essere continuo o intermittente.
1.1 Lavorazioni per asportazione di truciolo
5
Figura 1.2: Esempio di moto di avanzamento in cui il tagliente è traslato per ottenere il distacco del truciolo.
Moto di lavoro (P): è quello che risulta dalla composizione simultanea del moto di taglio e di quello di avanzamento.
Figura 1.3: Esempio di moto di lavoro.
1.1.3 Tornitura Il tornio è una delle più antiche macchine utensili. La sua caratteristica essenziale è quella di avere un moto di lavoro di rotazione intorno a un asse, che viene trasmesso generalmente al pezzo da lavorare, mentre il moto di alimentazione degli utensili è normalmente traslatorio e solo eccezionalmente rotatorio. Secondo le caratteristiche costruttive si possono distinguere i seguenti torni: tornio parallelo, il più comune e diffuso nelle officine meccaniche; tornio a torretta, di largo uso per lavorazioni che comportano un certo grado di ripetibilità semiautomatica; torni frontali e verticali, per pezzi di grandi dimensioni; tornio automatico, per produzioni di serie;
1.1 Lavorazioni per asportazione di truciolo
6
tornio a copiare, per pezzi di forma complessa; tornio a controllo numerico, in grado di eseguire automaticamente complessi programmi di lavoro e gestire più utensili sulla stessa torretta. Gli utensili per la tornitura sono del tipo monotagliente, perché solo un tagliente, definito principale, penetra nel materiale e produce l’asportazione di truciolo. La scelta della forma e della posizione dell’utensile da tornio variano a seconda della lavorazione che si deve eseguire, della direzione di avanzamento scelta (longitudinale o trasversale), del tipo di superficie da lavorare (cilindrica, esterna, interna ecc.). Il materiale del tagliente deve avere ottime caratteristiche fisicomeccaniche e può essere di acciaio al carbonio, con grande durata di affilatura e adatto a lavorare con basse velocità di taglio, di acciaio super rapido, meno duro ma adatto a velocità di taglio molto superiori rispetto a quelli al carbonio, di ceramica, di elevatissima durezza, adatto ad asportare trucioli a elevate velocità, ma molto costoso. Gli utensili da tornio sono classificati in base alle norme UNI di riferimento. Le parti principali dell’utensile sono: lo stelo, che collega l’utensile agli organi di fissaggio della macchina; il petto, superficie sulla quale scorre il truciolo; il tagliente principale, che si incunea tra il pezzo e il truciolo; il fianco principale, rivolto verso la superficie da lavorare; il fianco secondario, rivolto verso la parte già lavorata; il tagliente secondario, formato dal petto e dal fianco secondario.
Figura 1.4: Elementi dell’utensile monotagliente per tornitura.
L’utensile è caratterizzato da tre angoli variabili per ampiezza: β: angolo di taglio, che influenza la robustezza del tagliente dell’utensile;
1.1 Lavorazioni per asportazione di truciolo
7
α: angolo di spoglia inferiore; γ: angolo di spoglia superiore. Un ulteriore angolo λ è dato dal modo di lavorare ed è chiamato angolo di inclinazione. L’ampiezza dei tre angoli principali β, α e γ varia, ma la loro somma è sempre uguale a 90°.
Figura 1.5:Angoli caratteristici dell’utensile monotagliente.
Si definisce tornitura la lavorazione per asportazione di truciolo mediante uno strumento, che permette di lavorare pezzi posti in rotazione uniforme attorno a un asse fisso imposto dal mandrino della macchina denominata tornio. Le lavorazioni più frequenti eseguite con il tornio sono quelle di sgrossatura e di finitura. Con la tornitura si possono ottenere superfici cilindriche, coniche,sferiche, elicoidali e piane. Le varie operazioni di tornitura sono suddivise sia in funzione della superficie realizzata sia in funzione della direzione di avanzamento. Secondo la superficie realizzata le operazioni di tornitura assumeranno nomi differenti. Tornitura cilindrica esterna: l’asse di tornitura è parallelo alla direzione di avanzamento del tagliente e ortogonale al corpo del tagliente ;
Figura 1.6:Tornitura cilindrica esterna.
1.1 Lavorazioni per asportazione di truciolo
8
Tornitura cilindrica interna (barenatura): si possono eseguire lavorazioni analoghe a quelle della tornitura esterna, operando all’interno di fori preesistenti nel pezzo o ottenuti per foratura; in questo caso sia la direzione di avanzamento sia l’asse dell’utensile sono paralleli all’asse di rotazione;
Figura 1.7: Tornitura cilindrica esterna.
Tornitura piana: l’avanzamento è ortogonale all’asse di tornitura; in questo caso sia l’asse dell’utensile sia la direzione di avanzamento sono ortogonali all’asse di rotazione.
Figura 1.8: Tornitura esterna piana.
Oltre alle lavorazioni principali, esistono altri tipi di lavorazioni al tornio, che consentono di conferire al pezzo forme o scanalature particolari. Esse sono: Formatura di gole (troncatura): l’avanzamento dell’utensile nel corpo del pezzo è frontale;
1.1 Lavorazioni per asportazione di truciolo
9
Figura 1.9: Formatura di gole/troncatura.
Foratura e alesatura: l’avanzamento dell’utensile è coincidente alla direzione dell’asse di tornitura; la foratura differisce dall’alesatura soltanto per il tipo di utensile impiegato; Filettatura esterna o interna: si ottiene combinando il moto di taglio con l’avanzamento parallelo dell’asse di tornitura di utensili con profili tali da riprodurre dei filetti; Zigrinatura o godronatura: per tale operazione si impiegano utensili formati da due ruote zigrinate, dette godroni, messe a contatto con la superficie cilindrica e fatte avanzare in direzione parallela all’asse di tornitura.
Figura 1.10: Filettatura interna ed esterna.
1.2 Miglioramento continuo delle tecnologie e dei processi “Miglioramento continuo” è la traduzione del termine giapponese Kaizen, composizione di due termini giapponesi, KAI (cambiamento,
1.2 Miglioramento continuo delle tecnologie e dei processi
10
miglioramento) e ZEN (buono, migliore), che significa appunto cambiare in meglio, miglioramento continuo. Il termine Kaizen è stato coniato da Masaaki Imai nel 1986 per descrivere la filosofia di business che supportava i successi dell’industria nipponica negli anni ’80, con particolare riferimento alla Toyota tanto da rappresentare il sinonimo di Toyotismo. Il Kaizen come pratica economica è riferito all’efficienza dei fattori produttivi legati alla Microeconomia aziendale attraverso lo sviluppo di Sistemi di Gestione finalizzati al contenimento dei costi di produzione. Il Kaizen come approccio per i sistemi di gestione per la Qualità si connette con concetti come:
il Lean manufacturing (produzione snella); il Total Quality Management (TQM - Gestione della qualità totale); il Just in time (JIT - abbattimento delle scorte); il kanban (metodo per la reintegrazione costante delle materie prime e dei semilavorati); la Riprogettazione dei processi aziendali; lo Statistical process control (controllo statistico dei processi).
1.2.1 Lean Manufacturing Il termine produzione snella “lean production” è stato ideato nel 1992 dai ricercatori del MIT Womack e Jones, nel loro best-seller “La Macchina che ha cambiato il mondo”, in cui illustrano il sistema di produzione che ha permesso all’azienda giapponese Toyota di ottenere risultati nettamente superiori a tutti i concorrenti nel mondo. Da allora migliaia di organizzazioni eccellenti hanno adottato il modello lean, nell’industria come nei servizi, in quanto applicabile a tutti i processi operativi, quindi non solo strettamente produttivi, ma anche logistici, amministrativi, o di progettazione e sviluppo prodotto. Negli anni il modello della lean production è stato affinato, assumendo anche altre denominazioni, quali lean organization, lean manufacturing, lean service, lean office, lean enterprise e persino lean thinking (pensiero snello), a indicarne la natura di “filosofia” industriale che ispira sostanzialmente tutti i metodi e le tecniche. Il World Class Manufacturing (WCM) è un’evoluzione originale del modello lean, propria del Gruppo Fiat e applicata in tutti i suoi stabilimenti.
1.2 Miglioramento continuo delle tecnologie e dei processi
11
La produzione snella (lean production) è un insieme di principi, metodi e tecniche per la gestione dei processi operativi, che mira ad aumentare il valore percepito dal cliente finale e a ridurre sistematicamente gli sprechi. Questo è possibile solo con il coinvolgimento di persone motivate al miglioramento continuo. L’obiettivo della Produzione Snella è “fare sempre di più con sempre di meno”: meno tempo; meno spazio; meno sforzo; meno macchine; meno materiali. Il mondo dell’industria ha visto, negli ultimi decenni, un’evoluzione che ha spostato il focus della produzione dai costi alla qualità e al tempo, per arrivare a capire che tutti e tre questi aspetti dovevano essere considerati insieme e ricondotti a un unico punto di riferimento: il valore, così com’è percepito dal cliente. La lean production è l’espressione massima di questo concetto ed è frutto di un’evoluzione storica articolata in diverse tappe.
Figura 1.11: Evoluzione della produzione.
Il concetto di Lean Thinking pone l’accento su come il lean, oltre che un metodo da applicare, sia innanzitutto una forma mentis, cioè il modo di pensare che ispira il metodo stesso. Il lean si fonda su cinque principi.
1.2 Miglioramento continuo delle tecnologie e dei processi
12
Valore (Value). Il punto di partenza è sempre la definizione del valore secondo la prospettiva del cliente. Valore è solo quello che il cliente è disposto a pagare; tutto il resto è spreco e va eliminato. Mappatura (Mapping). Per eliminare gli sprechi occorre “mappare” il flusso del valore, ovvero delineare tutte le attività in cui si articola il processo operativo distinguendo tra quelle a valore aggiunto e quelle non a valore aggiunto. Flusso (Flow). Il processo di creazione del valore è visto come un flusso, che deve scorrere in modo continuo, con relativa riduzione dei tempi di attraversamento (lead time) del materiale. Produzione “tirata” (Pull). Soddisfare il cliente significa produrre solo quello che vuole, solo quando lo vuole e solo quanto ne vuole. La produzione è così “tirata” dal cliente, anziché “spinta” da chi produce. Perfezione (Perfection). La perfezione è il punto di riferimento a cui si deve tendere senza fine attraverso il miglioramento continuo, e corrisponde alla completa eliminazione degli sprechi. È spreco tutto ciò che consuma risorse, in termini di costo e tempo, senza però creare valore per il cliente. Nella cultura giapponese, il concetto di spreco (muda) ha un significato etico simile a quello occidentale del peccato, ed è perciò forte la motivazione a evitarlo. Essi sono inoltre classificati in sette tipologie, tra cui la più grave è la sovrapproduzione, in quanto è all’origine degli altri tipi di sprechi, in particolare delle scorte, dei difetti e dei trasporti.
Figura 1.12: Sprechi.
1.2 Miglioramento continuo delle tecnologie e dei processi
13
Il lean punta a eliminare gli sprechi attraverso quattro principali metodi. Infine occorre ricordare che i muda sono solo uno dei tre elementi negativi che il lean combatte nei processi, ovvero le cosiddette tre “MU”: Muda = spreco, perdita (es: scorta eccessiva di materie prime); Muri = cosa irragionevole, innaturale (es: doversi arrampicare per prelevare le materie prime); Mura = irregolarità, instabilità. (es: materie prime allocate in posti sempre diversi). Gli elementi fondamentali della produzione snella possono essere rappresentati nella cosiddetta “Casa del Lean”. I quattro pilastri sono: Just-in-Time (JIT); Autonomazione (Jidoka); Manutenzione Produttiva (Total Productive Maintenance, TPM); Organizzazione del posto di lavoro (Workplace Organization, WO); Alla base dei pilastri ci sono due concetti fondamentali: La Standardizzazione (Standard Work), che fa ampio uso della Gestione Visiva (Visual Management); Il Miglioramento Continuo (Kaizen), che fa leva su specifiche tecniche di Problem Solving. È importante rilevare come l’obiettivo della lean production sia tendere rigorosamente e sistematicamente all’annullamento totale dello spreco (“obiettivo zero”), non alla sua semplice riduzione. Ogni pilastro ha un proprio obiettivo zero: JIT = Zero Scorte; Jidoka = Zero Difetti; TPM = Zero Fermi; WO = Zero Inefficienze. Questi singoli obiettivi, che concorrono ad ottenere Zero Sprechi (muda), si trasformano in Valore percepito dal Cliente, in termini di qualità, di costo e di tempo.
Figura 1.13: Metodi applicati per la risoluzione dei diversi sprechi.
1.2 Miglioramento continuo delle tecnologie e dei processi
14
1.2.2 Storia del Kaizen La storia del Kaizen è legata a quella della qualità in Giappone. Dopo la seconda guerra mondiale, le forze d’occupazione statunitensi portarono in Giappone alcuni esperti in business management; il fine era quello di aiutare la ricostruzione dell’industria giapponese all’interno di un programma (Management Training Program) finalizzato ad introdurre il controllo statistico di matrice statunitense. Finito il programma governativo nel 1950, all’industria Giapponese fu raccomandato William Edwards Deming, ingegnere, saggista e consulente statunitense, per proseguire lo sviluppo del metodo statistico. Deming insegnò ai vertici aziendali come migliorare il progetto, la qualità del prodotto ( di prova e di vendita ) attraverso vari metodi, tra cui l'applicazione di metodi statistici come l'analisi della varianza (ANOVA) e test di ipotesi. L’ingegnere statunitense è stato anche il padre dell’omonimo ciclo (ciclo di Deming o PDCA - plan–do–check–act), un modello studiato per il miglioramento continuo della qualità in un'ottica a lungo raggio. Serve per promuovere una cultura della qualità che è tesa al miglioramento continuo dei processi e all'utilizzo ottimale delle risorse. Questo strumento parte dall'assunto che per il raggiungimento del massimo della qualità sia necessaria la costante interazione tra ricerca, progettazione, test, produzione e vendita. Per migliorare la qualità e soddisfare il cliente, le quattro fasi devono ruotare costantemente, tenendo come criterio principale la qualità.
Figura 1.14: Plan–Do–Check–Act.
I prodotti giapponesi, negli anni cinquanta, erano percepiti dal mercato come scadenti e grossolane imitazioni dei prodotti americani. Deming ed
1.2 Miglioramento continuo delle tecnologie e dei processi
15
altri guru del controllo di gestione statunitense, quali Feigenbum e Juran, proposero al governo giapponese di ribaltare la situazione in 10 anni attraverso la massiccia introduzione del controllo qualità nell’industria manifatturiera. Il progetto venne avviato dal governo giapponese con l’istituzione dell’Economic and Scientific Section group (ESS) che realizzò il programma Training Within Industry (TWI) già nel 1951. Durante gli anni sessanta l’importazione di prodotti giapponesi nel mercato europeo ed americano incrementò significativamente grazie soprattutto all’alta qualità ed al prezzo contenuto di questi ultimi rispetto ai concorrenti occidentali: la profezia di Deming si era realizzata. I pionieri del cambiamento nipponico (Eiji Toyoda, Soichiro Honda, Kaoru Ishikawa, etc.) si apprestavano a diventare i nuovi guru del business management grazie ai propri Quality Managers (Masaaki Imai, Taiichi Ohno, ed altri) ed ai sistemi di gestione per la qualità. Non a caso, la prima conferenza internazionale sulla qualità fu tenuta a Tokio nel 1969. Proprio in quella occasione vennero poste le basi degli sviluppi futuri della qualità grazie all’intervento di Feigenbaum, che introdusse il concetto di qualità totale, e soprattutto l’intervento di Kaoru Ishikawa che segnò il definitivo distacco del modello giapponese dai sistemi di gestione della qualità occidentali. Negli anni settanta fino a tutti gli anni ottanta, i crescenti successi dell’industria del Sol Levante imposero il Kaizen e più in generale la qualità come punto di forza di ogni industria manifatturiera. A seguito della pressante crescita della competitività Giapponese, in Inghilterra venne introdotta la BSI 5750 per la gestione dei sistemi qualità da cui, nel 1987, fu coniata la prima versione della ISO 9001. Nel 1986, la pubblicazione di Kaizen: “The Key to Japan's Competitive Success” di Masaaki Imai segnò:
il consolidamento definitivo dell’esperienza in sistemi gestionali per la Qualità giapponese; la nascita del Kaizen come metodologia a sé stante; la mitizzazione del Toyotismo e la coincidenza di quest’ultimo con la più ampia esperienza nipponica in materia di qualità.
1.2.3 Cultura del Kaizen Il kaizen affonda le sue radici nell’approccio scientifico-statistico di matrice occidentale e di fatto è il prodotto della standardizzazione della produzione sperimentata da Henry Ford con la catena di montaggio
1.2 Miglioramento continuo delle tecnologie e dei processi
16
negli anni ‘30. Tuttavia, il kaizen rimane un’esperienza esclusivamente Nipponica fino a tutti gli anni ’60 e si diffonde in Occidente grazie ai successi commerciali ed al processo di internazionalizzazione dell’industria Giapponese. Questa improbabile ibridazione fra cultura occidentale e orientale è essenzialmente una rivoluzione culturale finalizzata alla modernizzazione del Giappone. Questo repentino cambiamento, che ha prodotto il boom economico Giapponese, è un effetto collaterale del processo di occupazione delle Forze Armate Americane nell’immediato dopo guerra (che a tutt’oggi perdura) e del bisogno di approvvigionamenti standardizzati da reperire nei paesi occupati. In primo luogo, lo sviluppo e la diffusione del kaizen è stata un’operazione verticistica della classe dirigente Giapponese del tutto simile all’importazione del modello Cinese nell’epoca Tokugawa ed a quello della tecnologia Occidentale dell’era Meij. L’apprendimento attraverso la pratica e la selezione euristica dei modelli da imitare, seppur assimilabile al Pragmatismo del secolo scorso, si sposa magnificamente con la tradizione confuciana ed il rifiuto della verità teoretica come criterio di scelta tra diverse soluzioni ai problemi contingenti. L’implementazione di una strategia Kaizen presuppone una forte spinta motivazionale ed un senso d’appartenenza all’Organizzazione, tali da far coincidere gli interessi del singolo con quelli del gruppo d’appartenenza, che si distaccano dall’individualismo atomistico di matrice liberista per sposare una visione organicista tipica delle società orientali. Il miglioramento continuo e graduale ricercato dal Kaizen è antitetico al ’’Rivoluzionismo occidentale’’ che propone una visione del mutamento come fenomeno improvviso e profondo che comporta la rottura di un modello precedente ed il sorgere di un nuovo modello (ovvero “paradigma” secondo l’accezione di Thomas Kuhn) come nel caso della Rivoluzione scientifica, la Rivoluzione industriale, la Rivoluzione politica, etc. Il presupposto culturale del Kaizen, ed a maggior ragione le pratiche di miglioramento personale omonime tanto quanto il Total Quality Management da esso sviluppatosi, è una ‘’’visione olistica’’’ del processo produttivo, dell’efficienza e dell’economia in generale le cui radici filosofiche sono saldamente radicate nel Taoismo Cinese e particolarmente nel concetto di sincronicità che appare chiaramente nello sviluppo dei cosiddetti ’’Eventi Kaizen”. Lo spontaneismo necessario per il progresso (o meglio il ‘’miglioramento continuo’’) che dovrebbe svilupparsi secondo
1.2 Miglioramento continuo delle tecnologie e dei processi
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l’approccio ‘’’bottom-up’’’ (ovvero secondo il principio che ‘’l’energia viene dal basso’’) corrisponde al principale canone dello Shintoismo. Il disprezzo per lo spreco, Mottainai,come valore assoluto e retaggio della tradizione feudale del Giappone pre-capitalistico. Mottainai è parimente un giudizio di valore legato all’empietà intesa come vera e propria offesa alla morale. In ultima analisi, la componente legata alla cultura Orientale del Kaizen sembra esserne un elemento distintivo e determinante. Toshiro Katori ha recentemente rilevato come, a discapito delle radici scientifico-statistiche, la cultura della Qualità abbia prodotto, in Occidente, una serie di ‘’guru’’ spesso distanti dal main-stream del sistema produttivo e del pensiero economico, mentre in Oriente è stata facilmente integrata nel tessuto produttivo prima Koreano e successivamente Cinese determinandone i successi. La ragione profonda di questo fenomeno risiederebbe, appunto, nel mancato cambio di Paradigma della cultura occidentale rispetto al comune retaggio culturale Sino-Nippo-Koreano che ha favorito la diffusione della Qualità come pensiero dominante su larga scala (diffuso ad ogni organizzazione di ogni ordine e grado ed ogni operatore economico di qualsiasi formazione culturale e livello funzionale).
1.2.4 Principi del Kaizen Il Kaizen è un processo quotidiano il cui scopo è il miglioramento dell’efficienza produttiva soprattutto attraverso l’umanizzazione del posto di lavoro. Ciò avviene:
Disegnando la linea produttiva e i processi ad essa collegati seguendo le esigenze del Lavoratore; Eliminando il lavoro pesante e/o ripetitivo ("muri") con ampio ricorso a processi automatizzati; Promuovendo la formazione continua del personale attraverso processi di riqualificazione tecnologica e stages di apprendimento dedicati; Attraverso l’addestramento del personale all’utilizzo del metodo scientifico per trovare ed eliminare gli sprechi ("muda"); Coinvolgendo il personale con la Vision aziendale.
Secondo l’approccio Kaizen, l’umanizzazione del posto di lavoro, ad ogni livello e coinvolgendo qualunque processo aziendale, comporta un
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aumento della produttività: l’idea è quella di nutrire le risorse umane dell’azienda elogiandole ed incoraggiandole alla partecipazione delle attività legate alla qualità. Il personale dell’Organizzazione, dal C.E.O fino all’addetto alle pulizie, tanto quanto tutti gli stakeholders (per i processi ad essi dedicati), è tutto inderogabilmente coinvolto nel processo di miglioramento e nella gestione della Qualità. Presupposti necessari ma non sufficienti al coinvolgimento totale dei singoli per la realizzazione degli scopi dell’Organizzazione sono:
La costruzione dei processi aziendali attraverso il massiccio ricorso al Team Work; La trasformazione del management aziendale da Controller a Team Leader con spostamento del recruitment verso soggetti capaci di leadership carismatica e di coaching; Il potenziamento dei momenti di ascolto e dei canali comunicativi tanto interni quanto esterni (reporting, auditing, monitoring, B2B relationship, stakeholders embedding, customer relationship management, etc.); L’implementazione di riunioni periodiche dedicate al miglioramento (Kaizen Events) che non si limitano alla cosiddetta Management Review prevista dalla EN ISO 9001, ma che avvengono settimanalmente a livello di team; La gestione del cambiamento (Change Management) attraverso delle sessioni dedicate (Blitz Kaizen) affidate al Quality Manager che ne cura la preparazione, la gestione e le attività di follow-up in veste di facilitatore.
L’ingegnerizzazione del posto di lavoro sul modello Kaizen può essere descritta con 5 idiomi Giapponesi tutti traducibili in inglese con altrettante parole che iniziano per esse (“5S”): applicazione del sistema organizzativo 5S all’attività di pulizia.
Seiri (Ordine): comporta l’eliminazione del superfluo (strumenti di lavoro inutili, istruzioni operative non necessarie, cartellonistica inessenziale, etc.), classificazione dell’essenziale in ordini di priorità (sulla base dei cicli di utilizzo) e facilitazione della fruibilità.
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Seiton (Stabilizzazione): segue la fase di Seiri e presuppone l’identificazione degli spazi essenziali per la costruzione del posto di lavoro facilitando l’identificazione e la rintracciabilità degli strumenti.
Seiso (Pulizia): del posto di lavoro e delle attrezzature, regolare manutenzione e ripristino dell’ordine dopo ogni turno di lavoro.
Seiketsu (Standardizzazione): tutte le postazioni di lavoro riferibili ad una identica funzione devono essere uguali ed intercambiabili, consentendo al lavoratore di orientarsi in ogni stazione soprattutto attraverso l’uniformità delle attività lavorative grazie a istruzioni operative standardizzate.
Shitsuke (Sostenere): una volta stabilita una prassi, questa dev’essere mantenuta e nel caso migliorata, evitando di guardare i vecchi standards e le abitudini obsolete.
Un altro concetto chiave del Kaizen è il Kanban, meglio conosciuto in Occidente con il termine Just in time. Il Kanban è un processo di gestione della logistica strutturato secondo la logica “pull” (tirare) che l’ideatore descrive come la logica dello scaffale del super-market nel quale l’approvvigionamento è determinato dalle scelte del Cliente e dalla costante reintegrazione delle scorte nello spazio preposto per lo stoccaggio. L’enfasi del Kaizen sulla gestione logistica ha radici profonde legate alla strategia militare con particolare riferimento a “L'arte della guerra” di Sun-Tsu. In ordine temporale, il Kanban risale all’esperienza diretta Toyota nei primi anni ’40 (ovvero prima dell’avvento di Deming) per essere successivamente implementato come prassi industriale nel maggiore impianto produttivo Toyota nel 1953, il che fa della gestione logistica Kanban un prodotto autoctono della cultura nipponica.
Figura 1.15: Mantenimento dei livelli di stoccaggio Kanban secondo la logica del segnale di produzione.
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Altro importante principio ispiratore del Kaizen è lo sviluppo delle tecniche di problem solving attraverso quello che in Occidente è conosciuta come RCA (Root Cause Analysis) che si concretizza attraverso lo strumento operativo meglio conosciuto come diagramma di Ishikawa, ovvero diagramma a lisca di pesce. Quale tecnica investigativa, la RCA risulta particolarmente interessante e parimente di difficile comprensione per la cultura Occidentale. Il poderoso contributo della RCA è quello di essere l’unico strumento operativo di analisi delle relazioni causali non lineari tipiche dei sistemi causali complessi che ci riporta al profondo Olismo che pervade la metodologia Kaizen. Il vantaggio dell’approccio RCA è quello di non identificare una causa efficiente univoca a priori e di essere perfettamente allineato (a differenza, ad esempio, dei diagrammi di Pareto) con l’Operazionismo di Percy Williams Bridgman. Un altro importante strumento di problem solving storicamente riferibile al Kaizen è la tecnica cosiddetta 5 why’s (cinque volte perché) sviluppata da Sakichi Toyoda durante la sua attività di C.E.O. della Toyota. Oltre gli aspetti pratici ed operativi, che non differiscono da un diagramma a pesce, lo scopo intrinseco del porsi 5 volte perché risiede nella dilatazione del tempo di reazione del ‘’problem solver’’ che progressivamente si distacca da un approccio impulsivo e poco incline alla valutazione obiettiva. Il Kaizen prescrive un robusto ricorso al sistema dei suggerimenti. Il sistema dei suggerimenti, seppur creato negli Stati Uniti ed implementato dal Governo Americano già durante la seconda guerra mondiale attraverso il sistema c.d. del ‘’Suggestion box’’, con lo sviluppo del Kaizen diventa sistemico e diffuso. Ai classici strumenti noti alla customer satisfaction, il Kaizen ha sviluppano un sistema di suggerimenti interno all’organizzazione. I vantaggi pratici derivanti dallo stimolo della voce dei dipendenti possono essere sinteticamente riassunti in:
raccolta delle informazioni direttamente dai fruitori dei processi e sviluppo del miglioramento degli stessi dal basso all’alto; sviluppo del senso di appartenenza del dipendente e riconoscimento del valore da parte dell’azienda; mitigazione del principio gerarchico e della funzione di ‘’controller’’ del management che attraverso il sistema dei
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suggerimenti si trova nella posizione di essere controllato dai controllati.
1.2.5 Riprogettazione dei processi aziendali La riprogettazione dei processi aziendali o Business Process Reengineering (BPR) è un intervento organizzativo di profonda revisione dei procedimenti operativi che non risultano più adeguati alle necessità aziendali. Per processo si intende un insieme di attività interconnesse che portano ad un risultato finale identificabile dal cliente, che quindi contribuisce alla formazione di valore per l’azienda. Lo stimolo per un intervento può venire dai risultati di un benchmarking, da una analisi di customer satisfaction, da un mutamento del quadro operativo, dalla ridefinizione degli obiettivi aziendali, dall’ evidenza di altri parametri critici che indichino la necessità o l’opportunità di migliorare l’efficacia e l’efficienza di un processo aziendale, dalla necessità di introdurre nuove metodologie di lavoro, o da altre situazioni. Un intervento di riprogettazione prevede come al solito l’analisi della situazione in essere con mappatura del processo primario e dei processi di supporto, l’individuazione delle criticità o dei punti suscettibili di miglioramento, lo studio delle soluzioni e la conseguente riprogettazione del processo in maniera organica. Nell’analisi si può far uso delle tecniche della qualità totale, con particolare attenzione alla necessità di poter misurare i parametri che indicano la bontà del processo. I processi sono trasversali rispetto alle funzioni aziendali, e molto spesso è proprio nei punti di contatto tra le varie funzioni che emergono i principali punti d’inefficienza o di scoordinamento. Quando si parla di riprogettazione, s’intende una revisione radicale, di fondo, anche ripensando il tutto da zero, e non di semplici aggiustamenti, o tarature, o migliorie dell’ operatività. Spesso la riprogettazione si pone come obiettivo anche quello di avere una struttura più snella ed elastica, ed è rivolta in particolare ai processi critici dell’azienda, cioè a quelli che hanno un impatto rilevante sul prodotto finale. Per la riprogettazione del processo si hanno a disposizione i soliti strumenti di intervento organizzativo, quali: la ridefinizione delle gerarchie, dei livelli organizzativi e della catena decisionale; la modifica dei ruoli assegnati alle posizioni; l’accorpamento, la suddivisione o la parallelizzazione di attività o funzioni; l’eliminazione di attività senza
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valore aggiunto; l’acquisizione di nuovi strumenti di lavoro; l’utilizzo di nuove metodiche o di nuove tecnologie con i conseguenti piani di formazione; l’adeguamento degli spazi di lavoro; l’identificazione di idonei sistemi di incentivazione; l’adozione di nuovi sistemi informativi; la reingegnerizzazione dei sistemi software di supporto ai sistemi informativi correlati; la rimozione di ostacoli che condizionano il processo, e così via, andando normalmente ad interessare svariate funzioni aziendali. Se la riprogettazione è attuata come veloce risposta ad un mutamento del mercato, essa può dare all’impresa un vantaggio competitivo temporale rispetto alle altre imprese. È da puntualizzare però che una vera riprogettazione significa cambiare completamente l’attuale modo di operare, e che quindi è normalmente un’attività di lunga durata, di alto rischio, di costo elevato e che necessita del coinvolgimento convinto di tutta l’impresa. Spesso si opta perciò per operazioni di miglioramento meno traumatiche, anche se dai risultati minori.
Capitolo 2
2 Il caso AgustaWestland 2.1 AgustaWestland s.p.a AgustaWestland S.p.A è un'azienda multinazionale italo-britannica che progetta, realizza e costruisce elicotteri. È una società controllata di Finmeccanica che, ad oggi, ne possiede l'intera proprietà. Nasce nel luglio 2000 quando Finmeccanica e GKN fusero le rispettive controllate specializzate nella produzione di elicotteri (Agusta e GKN-Westland Helicopters) per formare AgustaWestland della quale ognuna possedeva il 50% delle azioni. In seguito Finmeccanica rilevò la parte di GKN nel 2004 per 1,6 miliardi di sterline. La storia di AgustaWestland inizia 100 anni fa: nel 1907 a Capua volò il primo prodotto, l’aliante AG-01, progettato da Giovanni Agusta, il fondatore della società. Egli si dedicò con audacia a un’intensa attività di sperimentazioni, estendendola a una collaborazione con Giovanni Caproni, che nel frattempo stava costruendo la propria azienda a Malpensa.
Figura 2.1: Aliante AG-01.
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Gli stabilimenti della Caproni rappresentano un tassello fondamentale poiché diventeranno la sede del “Supporto Prodotti” di Agusta, padre del “Customer Support & Services” AgustaWestland di oggi. Nel 1923 Giovanni Agusta consolidò la propria struttura industriale a Cascina Costa, con la costituzione della “Società Costruzioni Aeronautiche Giovanni Agusta”. La morte prematura di Giovanni Agusta nel 1927, tra i due conflitti mondiali, impedì all’azienda di proseguire il suo naturale sviluppo. Sotto la guida prima della moglie Giuseppina e poi del figlio Domenico, l’azienda si dedicò a produzioni su licenza e alle revisioni e manutenzioni di aerei Caproni e SIAI Marchetti. Al termine della Seconda Guerra Mondiale, Agusta fu costretta dal trattato di pace a variare la propria attività; nasce così MV Agusta, per la progettazione e costruzione di motociclette. Nel 1952 Agusta entrò nel mondo elicotteristico, firmando l’accordo con l’azienda americana Bell per la produzione su licenza dell’elicottero AB47 e costruendo il primo esemplare nel 1954.
Figura 2.2: Le prime consegne dell’elicottero AB47.
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A seguito del successo dell’AB47, negli anni successivi Agusta avviò la progettazione e lo sviluppo di elicotteri propri e, oltre a Bell, acquisì licenze dai grandi produttori americani Sikorsky e Boeing. Nel 1971 volò per la prima volta l’A109 “Hirundo”, il primo prodotto progettato interamente da Agusta; un grande successo commerciale, definito solo pochi mesi dopo l’esordio “la Ferrari dell’aria”. Inizia così una grande espansione commerciale e industriale, l’azienda nel corso degli anni sviluppa una serie di modelli innovativi di propria progettazione, creando una storia intessuta di successi mondiali. La sede del core business fu stabilita a Cascina Costa, in provincia di Varese, al cui interno è situato tutt’oggi il Centro Avionico nel quale è tracciato il design virtuale dei prototipi e sono simulati ambienti reali per testare le funzioni dell’elicottero. A Cascina Costa sono definiti e integrati i sistemi avionici, i sistemi computerizzati di controllo del volo e i sistemi di gestione della “missione” che ciascun velivolo è destinato a compiere. Cascina Costa diventò anche la sede del Centro Integrato Trasmissioni, il fiore all’occhiello dell’azienda Agusta, dove è realizzato il cuore meccanico dell’elicottero. Negli anni furono aperti in Italia ben sette stabilimenti produttivi, di cui l’ultimo proprio nel 2010 situato a Tessera; col tempo si è sviluppata una rete logistico/produttiva comprensiva di sub-fornitori nazionali ed esteri tale per cui tutti i materiali convergessero sullo stabilimento di montaggio finale di Vergiate. A seguito della crisi che investì le officine Caproni, Agusta stabilì il suo “Supporto Prodotti” nei vecchi stabilimenti di Somma Lombardo. Questo verrà trasferito poi nel 2006 presso il nuovo centro logistico di Lonate Pozzolo, poco distante dal vicino aeroporto di Malpensa, dove è stato infine creato il “Customer Support & Services” di oggi. Agusta costituì poi a Sesto Calende la ”Training Academy Alessandro Marchetti” che ancora oggi offre un completo sillabus addestrativo ai futuri piloti e ai tecnici destinati alla manutenzione degli elicotteri. I clienti dispongono di strumenti didattici tecnologicamente all’avanguardia, di importanti e avanzati simulatori di manutenzione, di aule didattiche dotate di moderni supporti informatici e di simulatori di volo di ultima generazione. È proprio nei simulatori di volo che la Training Academy ha il suo punto di forza; il livello tecnologico dei simulatori installati e la fedeltà nella riproduzione delle condizioni di volo è valsa un riconoscimento dalle autorità aeronautiche: un’ora di
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volo virtuale nel simulatore è stata dichiarata equivalente ad un’ora di volo su un elicottero reale. La Training Academy sviluppa inoltre programmi di addestramento che rispondono alle particolari esigenze di ciascun operatore e agli specifici scenari operativi nei quali si può trovare a operare. Attualmente AgustaWestland è una società leader nel settore elicotteristico e del volo verticale, opera con i suoi 10.000 addetti in diversi paesi quali Italia, Giappone, Cina, Sudafrica, Polonia, Turchia, Inghilterra e Stati Uniti. È attiva sia in campo civile che militare e collabora con gli enti governativi dei maggiori paesi industrializzati.
Figura 2.3: Infrastrutture AgustaWestland nel mondo.
Quello degli elicotteri è un mercato complesso e capital intensive con break even period (periodo necessario per il recupero dell’esborso iniziale sostenuto nell’esercizio di un’impresa) di anni rispetto alla data d’investimento iniziale, dove la tecnologia che caratterizza il prodotto e il suo processo di realizzazione rimangono ancora la chiave per il successo. Soffre anch’esso di una certa ciclicità della domanda, anche se minore rispetto ad altri mercati del settore aeronautico e aerospaziale, ma nell’ultima decade ha mostrato una forte crescita che l’ha reso un mercato globale e caratterizzato da un alto livello di competizione interna dovuta all’esiguo numero di player che vi operano. La disponibilità economica del cliente e il valore aggiunto che il prodotto ha ai suoi occhi guida sempre più la sua scelta: in ambito civile orientata
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dalla necessità di offrire ancora più servizi ai propri clienti e in ambito militare indirizzata senza eccezione dal concetto di “value for money”. Chi acquista un elicottero ha bisogno di una relazione molto forte con il produttore, che dura per tutta la vita operativa del velivolo. In tale contesto diventano fondamentali non solo le prestazioni del velivolo in senso lato ma anche il supporto tecnico e l’addestramento di coloro che si troveranno a utilizzarlo; considerando poi tutto questo in termini di costi, risulta evidente come sia impossibile per il cliente sostenere da solo una spesa così ingente, portandolo così quanto mai a desiderare contratti di tipo “chiavi in mano”, in cui chi produce non offre solo il prodotto ma tutta una serie di servizi che permettono all’operatore di focalizzarsi semplicemente sul suo utilizzo e sul proprio business. Il mercato elicotteristico è anche il più frammentato tra quelli del settore aeronautico in termini di tipologie di cliente, possibilità di utilizzo del prodotto e contesto geografico in cui esso può trovarsi ad operare. AgustaWestland cerca di soddisfare i variegati bisogni del mercato tramite una gamma di elicotteri multiruolo, che trovano applicazione sia in campo civile sia militare (figure 2.4 e 2.5).
Figura 2.4: Gamma degli elicotteri civili divisi per ruolo.
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Figura 2.5: Gamma degli elicotteri militari divisi per ruolo.
Ogni ruolo definisce l’utilizzo dell’aeromobile e ne caratterizza in maniera univoca anche le prestazioni, gli allestimenti, i piani di manutenzione, l’addestramento degli operatori. Le certificazioni richieste dalle autorità aeronautiche rendono molto complesso lo sviluppo di logiche produttive legate alla standardizzazione dei componenti e degli equipaggiamenti, proprio in virtù delle specifiche che ciascuna macchina deve soddisfare ed in funzione della tipologia di missione che è chiamata a svolgere. Di seguito si riportano per ciascun ruolo le diverse tipologie di missione svolte, sia per il settore civile sia per il settore militare.
Tabella 2.1: Gamma degli elicotteri militari divisi per ruolo.
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Tabella 2.2: Ruolo e missioni per il settore elicotteristico militare.
È evidente come lo stesso modello di aeromobile possa essere richiesto da clienti diversi per lo svolgimento di missioni altrettanto diverse, ciascuna caratterizzata da peculiarità di prestazioni, equipaggiamento, allestimenti interni, parti di ricambio e addestramento che impongono ad Agusta la necessità di offrire una soluzione unica e “su misura”. Qualora il cliente necessiti di aggiornamenti specifici del mezzo utili al prosieguo delle proprie operazioni, si opera secondo logiche di Engineering To Order. In un contesto così complesso emerge quindi l’esigenza per Agusta di offrire al cliente un supporto a 360°, che gli permetta di mantenere l’aeronavigabilità dei mezzi acquistati nel modo più efficace e efficiente possibile e che lo porti a riconoscere l’eccellenza del prodotto. L’obiettivo è stringere una partnership di fedeltà tale per cui ciascun elicottero AgustaWestland a fine vita possa essere infine sostituito da un altro elicottero AgustaWestland.
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2.2 Produzione – Centres of Excellence La complessa rete produttiva di AgustaWestland si organizza in diverse unità denominate Centri di Eccellenza, ognuna competente e responsabile per un determinato insieme di attività riguardanti uno specifico settore. I Centri di Eccellenza di AgustaWestland sono situati a: Brindisi per quanto riguarda gli elementi strutturali; Anagni (FR) per quanto riguarda le pale e i materiali compositi; Benevento, Frosinone, Cascina Costa (VA) per quanto riguarda la trasmissione e le parti meccaniche; Vergiate (VA) per quanto riguarda gli assemblaggi finali.
2.2.1 CoE Strutture Situato a Brindisi, il Centro di Eccellenza per le strutture si occupa della produzione di lamierati metallici, parti metalliche incollate e parti in composito incollate. Nello specifico, qui sono montate le fusoliere degli elicotteri prodotti nello stabilimento di Vergiate.
Figura 2.6: Fusoliera AW139.
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2.2.2 CoE pale e materiali compositi Il Centro di Eccellenza per le pale e i materiali compositi è situato ad Anagni (FR). Qui sono prodotte le pale, il mozzo del rotore principale e del rotore di coda e i punti di collegamento tra pale e mozzo.
Figura 2.7: Centro di eccellenza pale e materiali compositi.
2.2.3 Coe trasmissioni e parti meccaniche Il Centro di Eccellenza per le trasmissioni e per le parti meccaniche in generale è dislocato su tre plant differenti: Frosinone, Benevento e Cascina Costa (VA). In queste sedi sono progettate, sviluppate e prodotte tutte le componenti delle trasmissioni. Sono prodotte inoltre le teste del rotore principale e del rotore di coda e il piatto oscillante del rotore principale.
Figura 2.8: Centro di Eccellenza trasmissioni e parti meccaniche. Figura 2.7: Centro di Eccellenza trasmissioni e parti meccaniche.
2.2 Produzione – Centres of Excellence
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Figura 2.9: Centro di Eccellenza trasmissioni e parti meccaniche.
2.2.4 Coe assemblaggi finali Il Centro di Eccellenza per gli assemblaggi finali è situato a Vergiate (VA).
Figura 2.10: Centro di Eccellenza assemblaggi finali.
Vergiate è un luogo fondamentale per la storia dell’aviazione italiana fin dal 1937, quando la SIAI (Società Idrovolanti Alta Italia) iniziò la produzione di velivoli ad ala fissa. Nel 1969 Agusta ne acquisì il controllo. Nel 1997, quando Agusta riorganizzò il proprio assetto, la SIAI fu trasferita all’Aermacchi e Vergiate si focalizzò sul montaggio di soli elicotteri. Oggi Vergiate gioca un ruolo critico nell’attività costruttiva di AgustaWestland, essendo sito di montaggio dei maggiori modelli di elicottero prodotti dall’Azienda. Il sito produttivo di Vergiate
2.2 Produzione – Centres of Excellence
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comprende una delle tre maggiori linee di montaggio finale e di consegna dell’intera AgustaWestland, l’unica presente in Italia. Lo stabilimento, che rappresenta il Centro di Eccellenza per gli Assemblaggi Finali in Italia, ha la responsabilità di assicurare un’elevata affidabilità ed efficienza nelle forniture e nella gestione dei materiali; deve inoltre garantire la qualità nell’assemblaggio e nelle consegne degli elicotteri AgustaWestland ivi prodotti, seguendo uno dei più importanti principi del Quality Management System orientati verso il cliente. A Vergiate confluiscono tutti i componenti prodotti dagli altri Centri di Eccellenza AgustaWestland e sono qui assemblati; sono inoltre applicate alla macchina tutte le personalizzazioni, in conformità con le esigenze del cliente. AgustaWestland prevede, infatti, un’ampia possibilità di personalizzazione dei propri prodotti, in modo da adattarsi alle esigenze di ogni tipologia di cliente e mantenere un’elevata competitività sul mercato. Le attività chiave svolte a Vergiate sono: Assemblaggio delle linee AW139, AW109, linee sperimentali (AW149,AW169, T129), CH-47 e consegna delle macchine al cliente; Monitoraggio giornaliero della produzione; Programmazione della produzione, con corrispondente analisi dei vincoli e proposta di soluzioni alternative rispettando i piani di produzione; Verniciatura degli elicotteri e trattamenti galvanici dei componenti; Controllo della qualità delle metodologie d’assemblaggio e delle attività di verniciatura dell’elicottero; Gestione della valutazione e possibile correzione dei difetti riscontrati dai clienti, interfacciandosi col Program Manager e monitorando il progresso nel tempo delle relative attività; Miglioramento del flusso d’informazioni tra la POA e la DOA di AgustaWestland, traducendo il flusso d’informazioni in documenti di lavoro (SMC, registri di assemblaggio e controllo, TSD) in modo da permettere la corretta esecuzione delle attività legate all’assemblaggio/realizzazione delle attrezzature di produzione; Fornitura di cablaggi e tubi per gli elicotteri in fase di assemblaggio.
2.3 Production plant Cascina Costa: AS IS
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2.3 Production plant Cascina Costa: AS IS Lo stabilimento AgustaWestland con sede a Cascina Costa è organizzato secondo logica e layout job-shop. Le realtà produttive job-shop sono generalmente caratterizzate da elevati gradi di flessibilità ed elasticità produttiva, fabbisogni d’investimento ridotti e coefficienti di produttività contenuti, elementi coerenti con l'esigenza di realizzare bassi volumi di un prodotto vario e variabile. In questa tipologia di sistema produttivo, la produzione può avvenire su ordine d’acquisito o su previsione della domanda, a seconda che il tempo di risposta accordato dal mercato sia compatibile o meno con il tempo necessario alla realizzazione delle attività produttive. Un sistema produttivo di tipo job-shop è per lo più destinato all’ottenimento di una particolare categoria di prodotti: i componenti di montaggio (nel nostro caso le parti che formeranno la trasmissione dell’elicottero); si tratta molto spesso, infatti, di oggetti che sono destinati alla successiva fase di montaggio per l’ottenimento del prodotto finito; la gamma di differenti componenti da ottenere può essere molto numerosa. Il lay-out è organizzato per reparti, nei quali tutti i pezzi che costituiscono il lotto transitano insieme da ciascun centro di lavoro secondo la sequenza assegnata dal ciclo. A differenza delle produzioni su specifica del cliente, si delinea in genere un flusso produttivo stabile, anche se suscettibile di varianti in base alle lavorazioni richieste dai vari prodotti. I flussi produttivi generati dall'avanzamento dei materiali e delle lavorazioni sono molto articolati: è necessaria dunque un’elevata capacità di presidio del flusso informativo, elemento decisivo per il coordinamento dei flussi produttivi e per il controllo dello stato di avanzamento delle lavorazioni. Il flusso informativo costituisce, infatti, un elemento nevralgico del sistema produttivo; esso è caratterizzato nelle produzioni job-shop da un'elevata formalizzazione dei compiti di alimentazione del sistema e da una rigida predisposizione dei supporti informativi che accompagnano ogni commessa dalla formulazione dell'offerta alla consuntivazione. Nello stabilimento di Cascina Costa sono presenti i seguenti reparti: Dentatura (coltelli, creatori, brocce); Rettifica (rettifiche esterne, interne, planetarie, piane e Gleason); Pallinatura; Centri di lavoro; Trattamenti termici (forni per tempra, vasche olio e vasche per deposizione chimica del rame);
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Tornitura; Aggiustaggio; Attrezzaggio; Tool-Room (deposito generale utensili). I reparti analizzati nel dettaglio in questo studio, sui quali si è concentrata l’analisi, sono quello di tornitura e la tool-room. Secondo l’attuale organizzazione dello stabilimento, la Tool Room contiene tutta l'utensileria dedicata ai centri di lavoro, alle rettificatrici, alle alesatrici e parte dell’utensileria dei torni. Attraverso apposita modulistica vengono preparati gli utensili necessari alla lavorazione dei particolari di cui la produzione necessita. Con l'ausilio di strumentazione dedicata sono presettati tutti gli utensili (lunghezza e diametro) e successivamente consegnati a reparto. Il reparto torneria consta delle seguenti macchine: Okuma LC40 Okuma LC20 Mazak Integrex 650 II Mazak 20ATC Gildmeister orizzontale Morando verticale VLN12 Escluso il Gildmeister, tutti i torni in forza a questo reparto sono di tipo CNC (computer numerical control).
2.3.1 Gestione utensili Nel corso degli anni le realtà aziendali radicate nel reparto utensili dello stabilimento di Cascina Costa sono diventate molteplici; si passa da aziende medio piccole che forniscono al massimo qualche fresa a colossi dell’asportazione del truciolo che rappresentano una fetta molto consistente del reparto stesso. I principali protagonisti del reparto tornitura sono Iscar, Sandvik e Kennametal. Iscar è un produttore di utensili innovativi ed esclusivi per qualsiasi lavorazione di asportazione truciolo, in tutti i settori industriali. La società è stata fondata nel 1952. Dopo diversi anni di costante crescita, la società si è trasferita nella sede attuale, nella zona industriale di Tefen, in alta Galilea. Si è sviluppata da una singola struttura di produzione e marketing in Israele, in una multinazionale con filiali situate in oltre cinquanta paesi nel mondo. Nel Maggio 2006 il Berkshire Hathaway diretto da Warren Buffet, uno dei più celebri investitori della storia, ha
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acquisito l'80% del gruppo IMC, di cui Iscar è l’azienda di maggiori dimensioni. Sandvik è una multinazionale Svedese fondata nel 1862 da Göran Fredrik Göransson nella città di Sandviken. Inizialmente nata come acciaieria è oggi leader mondiale nella produzione di utensili, nel settore dell'ingegneria dei materiali e nel settore minerario e delle macchine per movimento terra. Fondata nel 1938 e con sede a Latrobe, Pennsylvania, la Kennametal è un’azienda leader globale del settore minerario e nella realizzazione di utensili per l’asportazione di truciolo. In particolare Kennametal è specializzata nella realizzazione d’inserti la tornitura di gole e canalini. Attualmente Iscar e Sandvik forniscono materiale per la tornitura classica, sia interna che esterna, mentre Kennametal si occupa quasi esclusivamente della tornitura di gole; tuttavia, da recenti accordi commerciali, l’obiettivo è rendere Sandvik fornitore unico per il reparto di tornitura. Per realizzare ciò è nata una stretta collaborazione tra il colosso svedese e AgustaWestland al fine di pianificare e intraprendere un percorso di crescita tecnologica e di processo che si snoccioli attraverso svariate tappe fondamentali: riduzione dei costi di lavorazione; miglioramento della redditività delle attuali lavorazioni; miglioramento della qualità delle lavorazioni; riduzione dei costi delle scorte e migliore controllo degli utensili; miglioramento della conoscenza delle lavorazioni dei metalli e relative competenze del personale; miglioramento del processo generale; installazione di una vending machine per la gestione informatizzata degli utensili; upgrade tecnologico degli attuali inserti presenti; sostituzione degli inserti della concorrenza con inserti analoghi Sandvik. La scelta della tipologia d’inserto ottimale per il tipo di lavorazione da eseguire è frutto della collaborazione tra gruppo utensili e programmatori. Una volta scelto il tipo d’inserto, questo è richiamato sia sul part program sia sulla scheda piazzamento utensile. Questo foglio è associato a ogni part program ed è consegnato direttamente all’operatore della macchina ogni qual volta gli si chieda di incominciare una nuova lavorazione; il presetting della macchina non è eseguito da nessun
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addetto esterno al reparto, è l’operatore a eseguire il montaggio degli utensili nella torretta del tornio ed è sempre l’operatore a provvedere al prelievo degli inserti nuovi ogni qual volta essi servano.
Figura 2.11: Cassettiere manuali per inserti, steli e bareni.
Per quel che riguarda invece la fresatura e le altre attività di asportazione truciolo, i protagonisti sono Fraisa, Komet, Ubiemme Guhring e ancora Iscar e Sandvik. Fraisa è una multinazionale svizzera nata nel 1934 specializzata in frese integrali a metallo duro. In questo momento rappresenta il 30% del parco frese integrali presenti nella tool room di Cascina Costa. Komet è azienda leader del mercato delle frese in PCD; questa tipologia di utensili è stata da poco introdotta in azienda e si basa sulla tecnologia d’inserti a policristallino. Il PCD è un materiale composito, costituito da particelle di diamante sinterizzate con un legante metallico. Il diamante è il materiale più duro in assoluto e pertanto anche il più resistente all’abrasione. Utilizzato come utensile da taglio, ha una buona resistenza all’usura, ma non ha stabilità chimica alle alte temperature e si dissolve facilmente nel ferro. Con adeguata adduzione di lubrorefrigerante, il PCD può essere utilizzato anche per lavorazioni di superfinitura di titanio. Ubiemme Guhring è specializzata in frese integrali, in punte da foro, in maschi e alesatori. Per quel che concerne le frese a inserti, i principali fornitori sono Iscar e Sandvik. A differenza del reparto di tornitura, per quanto riguarda le frese e gli altri utensili, il pre-setting è eseguito in un reparto dedicato (locale tool-
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room). Qui un operatore prepara e setta tutti gli utensili necessari alla lavorazione, verificandone preventivamente l’usura e le quote (se queste sono sotto la soglia di tolleranza, l’utensile o verrà scartato o verrà mandato a riaffilare). La lista degli utensili anche in questo caso è contenuta nella scheda di piazzamento associata al part program. Le operazioni di pre-setting terminano quando è ultimato il rack da consegnare al centro di lavoro. Così come per gli utensili e gli inserti di tornitura, le cassettiere che contengono gli inserti sono ancora a gestione manuale e non si tiene traccia dei movimenti che il materiale esegue all’interno dei vari reparti. E’ necessario fare la distinzione tra due tipologie di utensili: standard: utensili presenti sul catalogo delle case produttrici; speciali: utensili non presenti sui cataloghi, ma progettati su specifico disegno AW. Durante l’approntamento di un nuovo part program, il programmatore verifica su AutoTAS la presenza degli utensili necessari alla lavorazione. Nel caso in cui un utensile non sia disponibile, il programmatore s’interfaccia con gli specialisti utensili per cercare la soluzione ottimale, prendendo contatto anche con il fornitore qualora fosse necessario.Il confronto tra programmatore e il gruppo utensili deve avvenire sempre per gli utensili speciali, se pur disponibili già in Autotas, affinchè il gruppo stesso possa verificare che l’utensile in questione non sia obsoleto e/o sostituibile con un utensile standard; in caso contrario, il GU individua le caratteristiche principali che l’utensile deve possedere, invia il disegno al fornitore e richiede, se disponibile, un aggiornamento dell’utensile.Stabilito l’utensile adatto, il GU crea il codice identificativo, che varia in base alla tipologia: standard, identificato con un codice composto da 10 cifre; speciale, il Gruppo Utensili applica la seguente tabella: ESEMPIO CODICE
DENOMINAZIONE
UN29/US29…
Frese speciali
UN88…
Inserti
UN53…
Punte
US39…
Maschi
UN11...
Bareni
UN01...
Alesatori
TIPO MATERIALE MATERIALE A SCORTA
CONSUMO
SI
Tabella 2.3: Tabulazione nuovi codici.
RICHIEDENTI
TUTTI I PROGRAMMATORI O METODISTI AREA CARTER
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In seguito alla codifica del materiale, gli specialisti utensili richiedono un’offerta tecnica/commerciale a uno o più fornitori. Dopo una valutazione delle offerte, eseguita congiuntamente con l’ufficio acquisti, è definito il fornitore e lo specialista utensili gli invia il codice precedentemente creato, in modo tale da poter marcare l’utensile (il fornitore dovrà realizzare e fornire anche il disegno dell’utensile in formato “.*dxf” e “.*step”). A questo punto, l’iter previsto per l’emissione dell’OdA verso il fornitore può iniziare. Gli specialisti utensili provvederanno a generare l’anagrafica SAP dell’utensile, definendo se l’utensile dovrà essere gestito a scorta oppure con riordino manuale. Alla ricezione, l’utensile è preso in carico dal magazzino centrale che emette la BEM e invia il materiale alle seguenti postazioni: 458/424 (Tool room/Reparto Tornitura), materiale di primo acquisto a WBS; IA07, materiale di riordino. Nei Reparti 458 e 424 la risorsa presente crea la posizione nel database locale e colloca il materiale nella posizione scelta. Invece, il materiale versato a magazzino IA07 è caricato su SAP e sistemato nelle apposite postazioni.
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2.3.2 Il ciclo di lavorazione Il ciclo di lavorazione è una successione ordinata e razionale di operazioni necessaria per trasformare un prodotto grezzo (o una o più materie prime) in un prodotto finito. La stesura di questo ciclo è il frutto della collaborazione di più reparti: progettazione (area tecnica), fabbricazione (manufacturing engineering) e produzione (plantstabilimento). Nello stabilimento di Cascina Costa (CoE Trasmission) sono presenti due aree distinte: carter e ingranaggi. Per queste due parti fondamentali della trasmissione ci sono team specializzati all’interno dei vari reparti. Compiti dell’area tecnica sono la progettazione concettuale (avamprogetto e definizione dei concept), la progettazione di massima e la progettazione esecutiva. La progettazione concettuale ha il compito di definire i principi di funzionamento del sistema dando un prototipo di avamprogetto che sarà poi dimensionato e ottimizzato nella fase di progettazione di massima e poi esecutiva. Il livello di dettaglio nella definizione delle singole parti cresce esponenzialmente man mano che si procede dalla fase concettuale a quella esecutiva. Il prodotto finale della fase esecutiva è il progetto della fabbricazione del sistema in cui, oltre alla sua forma e dimensione, si fissano i requisiti di fabbricazione, le tolleranze e le rugosità. All’ingegneria di fabbricazione, divisa come l’area tecnica nel settore ingranaggi e nel settore carter, spettano i compiti di stesura del ciclo di lavorazione,tempificazione di tale ciclo e implementazione dei part program che saranno dati in pasto alle macchine CNC per la realizzazione dei pezzi. La versione definitiva del ciclo di lavoro è scritta dall’ufficio metodi; questo documento, che accompagna qualsiasi lavorazione alle macchine utensili, siano esse di tipo tradizionale, speciale o a CN/CNC, è una guida che consente uno sviluppo ordinato e razionale di tutte le operazioni necessarie alla realizzazione del pezzo finito; siano esse lavorazioni vere e proprie o anche semplicemente di preparazione, o di coordinamento con interventi lavorativi da eseguire su macchine, reparti o in sedi diverse. Secondo il tipo di componente che si dovrà realizzare, il ciclo seguirà diverse specifiche. L’analisi critica del progetto porta, talvolta, a una riprogettazione parziale di qualche parte; queste modifiche coinvolgono area tecnica e ingegneria di fabbricazione. Le operazioni da realizzare mediante asportazione di truciolo richiedono inoltre la creazione di un apposito part program. Questo codice sarà implementato dai programmatori e sempre da essi sarà caricato sul
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server aziendale; una volta terminato l’upload, sarà pronto per essere allocato nei relativi centri di lavoro e torni, permettendo la realizzazione del pezzo. Le attività che il ciclo di lavoro dedica all’impiego di macchine utensili a CNC, che sarà compito dei programmatori definire, sono: definizione dell’insieme utensile: la dimensione del gruppo formato da utensile/portautensile ed attacco costituisce un riferimento che ci accompagnerà durante tutto il suo impiego, e deve essere pertanto individuato e poi presettato. Il tutto va quindi a formare la scheda utensili. definizione percorsi: si tratta d’individuare e valutare i percorsi d’accostamento dell’utensile al pezzo nella zona da lavorare, tenendo conto degli ingombri dello stesso, delle eventuali attrezzature e del gruppo utensile medesimo. Le relative informazioni costituiscono la scheda preparazione macchina. Le metodologie di programmazione adottate sono di tipo tradizionale (a “indirizzi”). Il programmatore, sulla scorta del disegno e del ciclo di lavoro, individua e trascrive una successione ordinata e dettagliata d’operazioni, necessarie affinché la macchina esegua automaticamente le lavorazioni previste. Per ogni operazione sono indicati i percorsi d’avvicinamento e di lavoro, il tipo d’utensile e il relativo ingombro, i dati di taglio, ecc., nonché le attività accessorie quali accensione/spegnimento macchina, accensione/spegnimento refrigerante, caricamento/scaricamento utensile, ecc. A supporto dei programmatori v’è il neonato “gruppo utensili”, dove specialisti si occupano della scelta delle migliori tipologie di utensili da utilizzare, degli inserti e della scelta dei parametri di taglio adeguati in funzione della lavorazione eseguita. Il linguaggio del part program è in formato ASCII conforme allo standard ISO 6983 (G-CODES); questo file consiste in una stringa di caratteri alfanumerici suddivisi in unità base (linee di codice) ordinate progressivamente, ciascuna delle quali ha sempre un valore letterale iniziale seguito da un valore numerico. Tra gli altri elementi chiave troviamo: Indirizzo. L’indirizzo è una lettera che ci indica il tipo d’informazione che stiamo trattando. A Movimento rotativo intorno all’asse X B Movimento rotativo intorno all’asse Y
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C Movimento rotativo intorno all’asse Z D Funzione utensile o utilizzata in applicazioni speciali E Funzione di avanzamento o utilizzata in applicazioni speciali F Avanzamento G Funzioni generali o preparatorie H Correttore raggio o compensazione lunghezza utensile I Definizione del centro nell’interpolazione circolare, asse X J Definizione del centro nell’interpolazione circolare, asse Y K Definizione del centro nell’interpolazione circolare, asse Z M Funzioni ausiliarie (miscellanee) N Numero di blocco P Movimento terziario parallelo asse X Q Movimento terziario parallelo asse Y R Movimento terziario parallelo asse Z S Velocità di rotazione del mandrino T Definizione di utensile U Movimento secondario parallelo asse X V Movimento secondario parallelo asse Y W Movimento secondario parallelo asse Z X Movimento principale asse X Y Movimento principale asse Y Z Movimento principale asse Z Tabella 2.4: Tabella degli indirizzi.
Parola. La parola è l’insieme dell’indirizzo e del suo valore; X –20, F 120, S 500 sono altrettante parole formate dall’indirizzo e dal suo valore; così anche per M 03, dove però 03 non è un valore di una determinata grandezza, ma un codice fisso che indica uno dei due sensi di rotazione del mandrino (orario). Blocco e numerazione del blocco. Il blocco è l’insieme di tutte le informazioni necessarie per conseguire una determinata operazione; è solitamente contenuto in una riga di programma ed è formato da più parole. E’ indicato con la lettera N (indirizzo) seguito da un numero a quattro cifre, per cui un programma può contenere un massimo di 9999 blocchi. Data l’ampia disponibilità, generalmente si adotta una numerazione progressiva di dieci in dieci (es. N0000 – N0010 – N0020 – ecc.); ciò per dare la possibilità di correggere e d’integrare il programma
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con l’inserimento di nuovi blocchi intermedi (es. N0000 – N0010 – N0013 – N0017 – N0020). In alcuni linguaggi la numerazione dei blocchi è facoltativa poiché il controllo esegue comunque le informazioni nella successione in cui sono scritte senza l’esigenza dell’indirizzo N e del numero iniziale. Il problema può nascere quando si devono individuare nel programma blocchi ben precisi (ad esempio per ripetizioni di parti di programma, salti di programma utilizzando il “go-to”, utilizzo di sottoprogrammi ecc...) in cui si rende necessario numerare quel blocco in particolare con l’indirizzo N seguito da un numero a quattro cifre lasciando inalterati i blocchi precedenti e successivi. All’interno del blocco, la successione delle varie parole segue convenienze di programmazione e non influenza l’esecuzione, perché il CNC saprà ordinarle secondo una sua logica operativa. Funzioni preparatorie “G”. Le funzioni preparatorie hanno il compito di disporre la macchina utensile a eseguire tutte le lavorazioni necessarie alla realizzazione del pezzo. Esse sono identificabili dalla lettera G seguita da un codice di diversificazione formato da due numeri. Definiscono modo e tipo di spostamento dell'utensile o del pezzo; si suddividono in due gruppi: principali, relative agli spostamenti degli assi; secondarie, relative a particolari modalità di lavoro. All'interno del blocco, vanno scritte all'inizio subito dopo il numero di sequenza e, in uno stesso blocco, si possono programmare più funzioni G, purché non in contrasto fra loro cioè non dello stesso gruppo. Le funzioni preparatorie restano memorizzate per l'intera durata d'esecuzione del programma; si possono cancellare con altre funzioni G specifiche atte a disabilitare funzioni programmate in precedenza (ad esempio la G 40 disabilita la compensazione raggio a sinistra o a destra G41 o G42), o tra loro, se appartengono allo stesso tipo (ad esempio la G 01 sostituisce G 00). Funzioni ausiliarie “M”. Sono istruzioni che attivano, o disattivano, funzioni on/off della macchina utensile ma che non comprendono posizionamenti o spostamenti degli assi; sono funzioni ausiliarie: la rotazione del mandrino, l'erogazione del refrigerante, il cambio dell'utensile, bloccaggio assi ecc. Tali funzioni sono identificate con la lettera M seguita da un codice d'identificazione formato da due numeri e compaiono a fine blocco; nello stesso blocco possono comparire più funzioni M (generalmente non più di due) non contrastanti fra loro. Restano memorizzate nel corso d'esecuzione del programma e si
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cancellano (salvo poche eccezioni) con una M di cancellazione o di significato contrario. M 00 M 01 M 02 M 03 M 04 M 05 M 06 M 07 M 08 M 09 M 10 M 11 M 13 M 14 M 15 M 16 M 19 M 30 M 31 M 32 a M 35 M 36 M 37 M 38 M 39 M 40 a M 45 M 50 M 51 M 55 M 56 M 60 M 61 M 62 M 68
Arresto programma Arresto programma opzionale Fine programma Rotazione mandrino in senso orario Rotazione mandrino in senso antiorario Arresto mandrino Cambio utensile Erogazione refrigerante 1 Erogazione refrigerante 2 Arresto refrigerante Bloccaggio assi Sbloccaggio assi Attivazione refrigerante più rotazione oraria mandrino Attivazione refrigerante più rotazione antioraria mandrino Spostamento in rapido o in lavoro + Spostamento in rapido o in lavoro Arresto mandrino orientato Fine nastro e riposizionamento ad inizio programma Sospensione Velocità di taglio costante Gamma di velocità avanzamento 1 Gamma di velocità avanzamento 2 Gamma di velocità del mandrino 1 Gamma di velocità del mandrino 2 Cambio gamme di velocità Erogazione refrigerante 3 Erogazione refrigerante 4 Spostamento utensile 1 in una posizione predefinita Spostamento utensile 2 in una posizione predefinita Cambio pezzo Spostamento del pezzo in posizione 1 Spostamento del pezzo in posizione 2 Bloccaggio pezzo
2.3 Production plant Cascina Costa: AS IS M 69 M 70 M 71 M 78
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Sbloccaggio pezzo Spostamento angolare del pezzo in posizione 1 Spostamento angolare del pezzo in posizione 2 Bloccaggio tavola Tabella 2.5: Elenco delle funzioni ausiliarie.
Numero programma. La necessità della memoria del sistema di distinguere al suo interno i vari programmi che contiene è soddisfatta dall’associazione di ogni programma ad un numero o un nome proprio d’identificazione; esso è univoco e dipende dalla macchina al quale è associato il part program (es. MHS 247.01 = Centro di lavoro Mitsui, part program 247, release 01). Funzione cambio utensili “T”. La funzione T, quand’è programmata, dispone la macchina al cambio dell’utensile secondo una sequenza prestabilita, ma solo se la stessa è provvista di una dispensa interna di utensili. Nel linguaggio ISO alla lettera T segue un numero a due cifre che indica il numero dell’utensile nel magazzino (T01). Il numero massimo programmabile quindi è dato dal numero massimo di utensili che il magazzino può contenere; se si programma un numero maggiore, il controllo segnala un errore di programmazione. Di fronte a tale istruzione, nel caso di macchine utensili dove il cambio avviene manualmente, la macchina si arresta in attesa che l’operatore esegua il cambio e ripristini il funzionamento. Se questa è invece dotata di cambio automatico dell’utensile, con l’istruzione T abbinata all’istruzione M06 s’attivano una serie d’operazioni che riguardano sia il deposito dell’utensile in utilizzo, sia il prelievo di quello successivamente previsto. Per utensile si intende il gruppo utensile-portautensile, le cui quote operative sono state presettate ed inserite nella memoria del CN all’atto dell’immissione dell’utensile nel magazzino della MU.
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Figura 2.12: Nastro utensili in dotazione ai centri di lavoro.
Le misure rilevate dal presetting sono inserite in apposite memorie del CN e richiamate nel programma con la lettera H seguita da un numero a due cifre che indica la locazione di memoria dove sono state salvate. In queste locazioni saranno salvate sia le dimensioni dei raggi sia le compensazioni delle lunghezze degli utensili; entrambe queste misure saranno poi richiamate nel programma con la lettera H. Ad esempio, in un magazzino a 10 posti, all’utensile T01 potrebbe corrispondere la locazione di memoria H01 per la compensazione della lunghezza e la locazione H11 per la compensazione del raggio; così si avrebbero le posizioni da 1 a 10 per le lunghezze e da 11 a 20 per i raggi con il vantaggio di avere il numero a destra delle due cifre uguale a quello dell’utensile. In alcuni casi per eseguire il cambio utensile non occorre la combinazione T e M06 ma è necessario inserire solo il numero del nuovo utensile desiderato con la lettera T seguita da un numero a 4 cifre separate da un punto dopo le prime due: es. T01.01 dove le prime due cifre indicano il numero dell’utensile nel magazzino e le seconde due la locazione di memoria che contiene i parametri di correzione raggio e lunghezza. Programmazione assoluta e incrementale G90 e G91. In un disegno, quote parallele fra loro possono avere un’origine comune, come in fig. 2.11; in tal caso si tratta di quote assolute, in quanto identificano la distanza di un particolare da un punto (linea o piano) comune di riferimento.
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Figura 2.13: Es. disegno quotato in parallelo.
Se la disposizione invece è tale che tutte queste quote sono messe in successione continua, come indicato in figura 2.13, avremo quote incrementali: indirettamente, dalla seconda in poi, registrano un incremento rispetto la quota che la precede. A seconda che l’immissione dei dati segua il primo o il secondo dei metodi di quotatura, avremo una programmazione assoluta (funzione G90) o una programmazione incrementale (funzione G91).
Figura 2.14: Es. disegno quotato in serie.
Interpolazioni. Con il termine interpolazione si descrivere il tipo di percorso che compie l’utensile, sia nella sua fase di avvicinamento (posizionamento) sia di lavoro, mediante il movimento combinato e simultaneo di due o più assi. Esistono diversi tipi di interpolazione; interpolazione lineare (G01): l’utensile percorre uno o più tratti rettilinei. Interpolazione circolare (G02 oraria e G03 antioraria): l’utensile si muove compiendo uno o più archi di cerchi in un piano prestabilito. Interpolazione elicoidale (Gxx): all’interpolazione circolare si aggiunge un movimento secondo un asse perpendicolare al piano del movimento circolare; abbiamo pertanto un movimento d’avvolgimento a vite. Una volta definite tutte le variabili del ciclo, sarà compito della programmazione scegliere le tempistiche per la realizzazione dei pezzi. Il tema centrale dell’attività di programmazione risiede nell’armonizzare le
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richieste di mercato, espresse da una previsione della domanda e consolidate in un portafoglio ordini e tramite gli obiettivi di budget, con le potenzialità del sistema produttivo. Per quanto riguarda il mercato, ciò si realizza osservando i vincoli espressi dall’ampiezza del mix richiesto, dal ritmo della domanda e dai termini di consegna; per quanto riguarda l’offerta, dalle esigenze di saturazione dei macchinari, dal contenimento dell’investimento in scorte e dagli specifici rapporti di fornitura. Le dimensioni temporali presenti nelle fasi di programmazione sono il tempo (lead time) d’introduzione di nuovi prodotti, i lead time interni (tempi di attraversamento) e i lead time esterni (tempi di attraversamento dei canali della distribuzione e degli approvvigionamenti). Il flusso delle informazioni nelle attività di pianificazione è costituito da quattro fasi: 1. previsione di vendita; 2. gestione degli ordini consuntivati; 3. preparazione del programma generale di produzione; 4. pianificazione dei fabbisogni. La previsione degli acquisti da parte di clienti o mercati specifici è una stima effettuata con metodi di tipo statistico, aventi orizzonti temporali che vanno da tre mesi a un anno; questo costituisce il primo tentativo di AgustaWestland di quantificare e programmare il processo produttivo e logistico.
Figura 2.15: Flusso dei materiali.
In AgustaWestland, così come nelle altre aziende manifatturiere, la programmazione della produzione è strutturata in step fondamentali:
pianificazione strategica della produzione: orizzonte temporale di riferimento di due anni (lungo termine), livello di accuratezza dati basso e decisioni di competenza dirigenziale; programmazione aggregata della produzione: orizzonte temporale di riferimento sei mesi/un anno, livello di accuratezza
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dei dati da elaborare medio/alto, decisioni di quadri e responsabili di funzioni aziendale; programmazione principale della produzione: orizzonte temporale di riferimento sei mesi/un anno, livello di accuratezza dei dati da elaborare medio/alto, periodo di riferimento settimana/mese (disaggregazione delle informazioni e periodo di dettaglio maggiore rispetto alla pianificazione aggregata). La tecnica utilizzata è MRP 1, una tecnica che calcola i fabbisogni netti dei materiali e pianifica gli ordini di produzione e di acquisto, tenendo conto della domanda del mercato, della distinta base, dei lead time di produzione e di acquisto e delle giacenze dei magazzini; programmazione operativa e controllo della produzione: orizzonte temporale di breve termine, livello di dettaglio dei dati elevato, eseguito a livello di shop o di reparto.
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2.3.3 Descrizione lavorazione, caso esemplificativo: pignone Per la ricerca di un caso pilota sul quale focalizzare la nostra attenzione, si è scelto di analizzare la linea di produzione della trasmissione dell’elicottero pesante da trasporto CH-47 “Chinook” prodotto negli stabilimenti AgustaWestland su licenza dell’americana Boeing. Questa aerodina è caratterizzata principalmente dalla particolare configurazione a 2 rotori: uno sopra la cabina di pilotaggio, il secondo nella sezione di coda e non nella consueta soluzione rotore principale e rotore anticoppia. Il CH-47 si caratterizza anche per una grande fusoliera (15 m di lunghezza) con portellone cargo di coda; ha due turbine Honeywell (Lycoming) T55-L-712E montate nella sezione di coda in due gondole esterne sotto al rotore posteriore.
Figura 2.16: CH-47, configurazione ed esploso trasmissione.
La scelta è ricaduta su questa linea poiché le sue componenti sono realizzate con un particolare acciaio resistente alle alte temperature denominato VASCO X-2. Nel tempo quest’acciaio ha creato non pochi
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problemi durante le varie lavorazioni, in particolare durante le fasi di tornitura dopo il secondo trattamento termico di cementazione. Per questo motivo lo studio è incentrato su un pezzo assialsimmetrico costruito con questo materiale le cui lavorazioni principali sono svolte con torni a controllo numerico; tale componente è il pignone primario, che fa parte dell’albero primario che collega il rotore di testa al rotore di coda. In particolare si tratta dell’ultimo pignone dell’asse primario, pignone che s’innesta sulla corona porta satelliti che trasferisce il moto all’albero “mast” del rotore di coda.
Figura 2.17: Pignone primario.
Il ciclo operativo è approvato da Boeing e rilasciato su apposita licenza. Tutte le operazioni sono approvate dalla casa madre ed eventuali modifiche devono essere prima validate dalla stessa. La particolare composizione dell’acciaio e l’elevata importanza di questo componente per la trasmissione dell’aeromobile rendono critiche la maggior parte delle operazioni eseguite. Nello stabilimento di Cascina Costa il pignone arriva allo stato di grezzo di fusione. I controlli che subisce fin da subito sono molto severi. Dopo la realizzazione di un foro da centro per la contropunta, si procede con le operazioni di sgrossatura. Le prime operazioni di sgrossatura sono eseguite sul tornio Cazeneuve.
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Figura 2.18: Fasi iniziali di sgrossatura.
Con l’ausilio di una lunetta e di una contropunta il pignone è intestato e sono lavorate le sedi dei cuscinetti e la parete esterna dell’anello gleason. Dopo ogni lavorazione o trattamento termico, il pezzo è pulito mediante sabbiatura a pallini di vetro e subisce un’ispezione visiva accurata. Si procede quindi con la bonifica di lavorabilità e il successivo controllo di durezza. Le fasi di semi-finitura si articolano in diversi step, intervallati dalle cementazioni e dalla dentatura. Il procedimento di cementazione è reso difficoltoso dalle specifiche di progetto e sarà trattato in seguito in un apposito paragrafo. Nella prima fase di semi-finitura si lavora esclusivamente la parte esterna del pignone.
Figura 2.19: Prima fase di semi-finitura.
Dopo la prima semi-finitura, eseguita sul tornio Okuma LC40, il pezzo è marcato temporaneamente secondo specifica BAC 5307 e inviato al reparto dentatura per la realizzazione del gleason sull’anello esterno.
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Figura 2.20: Taglio dentatura gleason.
Seguono la spazzolatura dei denti, la verifica dimensionale, i ritocchi al cadmio e la sabbiatura. Dopo questa sabbiatura, il pezzo è pre-ossidato, pallinato, cementato e poi ricotto. Questa prima cementazione è un trattamento termico totale e va a lambire tutte le zone e le cavità del pignone. Dopo la seconda semi-finitura è rimosso lo strato superficiale cementato dalle zone in cui non è richiesto tale trattamento secondo le specifiche progettuali ed è eseguita la prima barenatura interna. La superficie interna del pignone è preparata per la realizzazione dell’innesto primario.
Figura 2.21: Taglio dell’innesto primario.
Eseguito l’innesto, si procede nuovamente alla pre-ossidazione del pezzo, alla pallinatura, alla cemementazione e alla ricottura. La seconda cementazione è quella che conferisce al particolare una durezza superficiale compresa tra i 31 e i 33 HRC; per quel che concerne i trattamenti termici, dopo questa cementazione al pignone rimane unicamente la tempra finale. Le operazioni di semi-finitura successive alla seconda cementazione sono le più critiche per l’intero processo e sono quelle sulle quali si è focalizzato il nostro studio.
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Figura 2.22: Terza e ultima fase di semi-finitura.
Il pignone è lavorato sia all’interno sia all’esterno. Sono scavate tutte le camere interne necessarie all’accumulo dell’olio in pressione e sono finite le zone di contorno degli innesti dei denti gleason. Dopo questa fase di semi-finitura il componente è sabbiato e spazzolato, temprato (superficie 63 HRC) e poi inviato alle macchine rettificatrici dove sono eseguite le rettifiche esterne ed interne, le rettifiche dei filetti e le rettifiche alla dentatura. Le eventuali bave rimaste sono rimosse con macchine rotoburattatrici. Un’ulteriore sabbiatura precede il controllo con i liquidi penetranti e l’ispezione magnetica; superati anche questi controlli, il pignone si può dichiarare finito (“ready to flight”- idoneo al volo). Entrando nel dettaglio dell’operazione di semi-finitura di nostro interesse, vediamo come le zone soggette ad asportazione di truciolo siano in totale sette. In ogni zona è richiamato un differente utensile (bareno standard, bareno con testina speciale, stelo porta-inserto…) con caratteristiche proprie e con inserti dedicati al tipo di lavorazione e alla geometria da realizzare: inserti romboidali di tipo C per asportazione pesante, inserti romboidali di tipo D per asportazione più leggera ma maggiore accessibilità a livello di geometrie, inserti scanalatori.
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Figura 2.23: Dettaglio lavorazione semi-finitura.
Onde evitare problemi di tallonamento degli utensili e per evitare problemi durante la lavorazione, la zona due e la zona cinque sono a loro volta suddivise in settori di taglio. Il tornio dov’è svolta la lavorazione è un Mazak Integrex e-650 la cui potenza massima è pari a 45 KW con 1600 rpm di punta raggiunginbili. Sia la tornitura esterna che quella interna sono svolte con il lubrorefrigerante in bassa pressione poiché il circuito dell’alta pressione non è funzionante. La scelta degli utensili e dei parametri di taglio (velocità e avanzamento) è frutto della collaborazione tra programmatori e utensilieri. Generalmente i valori adottati sono quelli del catalogo: si consulta la letteratura dei fornitori e in base alla combinazione tra la loro esperienza e quella interna s’imposta un set point adeguato. Eventuali modifiche ai parametri di taglio sono eseguite direttamente in macchina quando si procede con la prima prova del nastro per valutare che non vi siano incongruenze nella lavorazione. Zona 1. In questa zona è ripresa l’intestazione del pignone. L’utensile richiamato dal part program è composto dai seguenti elementi: Cono ISO50 a 90°, portautensile sinistro; Porta inserto CNM 1204 sinistro PCLNL; Inserto CNMG 120408 IC907 (attualmente Iscar, da sostituire con analogo Sandvik).
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Figura 2.24: Dettaglio lavorazione prima zona.
La velocità di taglio è fissata a 90 m/min, l’avanzamento a 0,15 mm/giro e la profondità di passata a 1,43 mm e le passate compiute sono due. Zona 2. Barenatura interna: si rimuove un primo strato di materiale prima di scavare le cave di accumulo. L’utensile richiamato dal part program è composto dai seguenti elementi: Cono ISO50 “big plus” CAPTO C6; Barra portatesta diametro 32mm; Testa modulare diametro 32mm; Inserto DCMT 11 T3 08 PM 4325 (SANDVIK).
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Figura 2.25: Dettaglio lavorazione seconda zona.
La velocità di taglio è fissata a 90 m/min, l’avanzamento a 0,2 mm/giro e la profondità di passata a 1,6 mm e le passate compiute sono quattro. Zona 3. Asportazione di materiale dalla cava relativa al secondo innesto: si eseguono le prime passate con una classica tornitura cilindrica interna e poi si esegue un’interpolazione per definire la geometria. L’utensile scanalatore richiamato dal part program è composto dai seguenti elementi: Cono ISO50 – CAPTO C6; Portautensile modulare 90°; Scanalatore frontale DX W6 100-180; Inserto Iscar HFPR 6030 W6 R3.
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Figura 2.26: Dettaglio lavorazione terza zona.
La velocità di taglio è fissata a 80 m/min, l’avanzamento a 0,08 mm/giro e la profondità di passata a 0,65 mm e le passate compiute sono otto. Zona 4. Procedimento di lavorazione analogo alla terza zona, con parametri e utensili uguali.
Figura 2.27: Dettaglio lavorazione quarta zona.
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59
Zona 5. Questa zona è la più problematica della lavorazione ed è suddivisa in quattro settori differenti; i parametri di taglio adottati in questi quattro settori non sono gli stessi. L’asportazione del materiale più vicino all’asse del pignone è una tornitura interna cilindrica classica e consente velocità di rotazione del mandrino più elevate. L’interpolazione con la quale si definisce la geometria della cava necessita velocità di rotazione più basse onde evitare l’insorgere di vibrazioni. L’utensile richiamato è composto dai seguenti componenti: Cono ISO50 a 90°, portautensile 25x25 sinistro; Barra porta testina diametro 32mm, lunghezza 218mm; Testina F=49.5mm; Inserto DCMT 11 T3 08 IC907 (attualmente Iscar, da sostituire con Sandvik DCMT 11 T3 08 qualità 4325).
Figura 2.28: Dettaglio lavorazione quinta zona, settore due.
La velocità di taglio per il primo settore è fissata a 115 m/min, l’avanzamento a 0,15 mm/giro, la profondità di passata a 0,8 mm e le
2.3 Production plant Cascina Costa: AS IS
60
passate compiute sono undici. Nel secondo settore la velocità di taglio è fissata a 115 m/min, l’avanzamento a 0,08 mm/giro, la profondità di passata a 1,7 mm e le passate compiute sono otto. Nel terzo settore la velocità di taglio è fissata a 115 m/min, l’avanzamento a 0,08 mm/giro, la profondità di passata a 1,5 mm e le passate compiute sono undici. Nel secondo settore la velocità di taglio è fissata a 80 m/min, l’avanzamento a 0,08 mm/giro, la profondità di passata a 1,5 mm e le passate compiute sono nove. Zona 6. Tornitura del contorno inferiore del gleason. Utensili richiamati: Cono ISO50 – CAPTO C6; Portautensile modulare 90°; Scanalatore frontale SX W6 100-400; Inserto Iscar HFPL 6030 W6 R3.
Figura 2.29: Dettaglio lavorazione sesta zona.
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La velocità di taglio è fissata a 115 m/min, l’avanzamento a 0,08 mm/giro, la profondità di passata a 1 mm e le passate compiute sono cinque. Zona 7. Tornitura del contorno superiore del gleason. Utensili richiamati: Cono ISO50, attacco cilindrico diametro 32mm; Barra Devibrator diametro 31.75mm; Testa porta inserto KNUX 1504; Inserto KNUX 150405 sinistro, raggio 0.5 KC 850.
Figura 2.30: Dettaglio lavorazione settima zona.
La velocità di taglio è fissata a 115 m/min, l’avanzamento a 0,08 mm/giro, la profondità di passata a 0,42 mm e il numero di passate compiute è pari a due. Con questa configurazione e con questo set point di parametri di taglio, il tempo totale impiegato per compiere la lavorazione è di 2h 5min 14s.
2.3 Production plant Cascina Costa: AS IS
62
Nella tempificazione del ciclo le voci che compaiono sono rapido (spostamenti veloci del carro porta steli per raggiungere le coordinate richiamate dal part program), interpolazione circolare (tempo di contatto dell’utensile con torninura ad interpolazione circolare), interpolazione lineare (tempo di contatto dell’utensile con torninura ad interpolazione lineare – tornitura cilindrica classica) e miscellanea (voce di tempo che tiene conto delle eventuali micro fermate non programmate). Suddividendo le diverse voci per gli utensili utilizzati nella lavorazione in questione, avremo:
Rapido Utensile [min] T5.01 0,45 T71.01 1,98 T88.01 4,24 T45.01 0,57 T49.01 0,42 T89.01 0,54 T86.02 0,74 T74.01 0,49 T49.01 0,42 T11.04 0,77 T48.01 5,65
Interp Circolare [min] 0 0,01 0,13 1,3 0 0,27 0,23 0 0 0,57 12,45
Interp Lineare [min] 0,73 8,23 37,21 9,75 3,87 3,18 7,44 1,59 3,85 3,03 65,81
Miscell [min] 0,3 0,3 0,3 0,3 0,3 0,3 0,3 0,3 0,3 0,3 0,3
TOT [min] 1,47 10,52 41,88 11,93 4,59 4,29 8,7 2,38 4,57 4,67 29,98
Tabella 2.6: Tempi di lavorazione pignone.
Gli utensili nei quali è richiamato l’inserto DCMT 11 T3 08 oggetto del nostro studio sono il 71,01 e il 48,01; il tempo totale di contatto di questo inserto risulta quindi essere pari a:
T071.01 T048.01
Tempo TOTALE di contatto 8 min 34 s 78,26 min 8 s
Lunghezza lavorata 821 mm 1924 mm
Tabella 2.7: Tempi di contatto inserto DCMT.
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2.3.4 Criterio fine vita inserti L’usura è utilizzata come vincolo tecnologico delle lavorazioni per asportazione di truciolo; raggiunto un determinato valore limite dell’usura, l’inserto deve essere sostituito affinché la sua forma alterata non incida negativamente sulla qualità del pezzo lavorato. Nel reparto di tornitura dello stabilimento AgustaWestland di Cascina Costa la valutazione del pieno raggiungimento dello stato di usura è compito dell’operatore, che valuta l’inserto una volta eseguita la lavorazione basandosi sull’esperienza. Per osservare lo stato di usura degli inserti scartati dagli operatori durante la lavorazione del pignone, sono state eseguite delle rilevazioni al microscopio. Obiettivo di tale indagine è rilevare il valore del VB (spessore del labbro di usura) al quale l’inserto è stato scartato, in modo tale da avere un metro di paragone univoco per tutti gli inserti. La normativa ISO 3685 afferma come, nei processi di tornitura, il criterio ottimale di fine vita per gli inserti possa essere VB=0,3mm.
Inserto 1
2
Lato 1
Lato 2
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3 (ISCAR)
4
5
Tabella 2.8: Rilevazione preliminare usura degli inserti.
Sono stati analizzati al microscopio cinque inserti DCMT 11 T3 08 che hanno lavorato tutti nelle medesime condizioni; quattro di questi inserti sono inserti Sandvik, uno invece è Iscar. Geometria del rompi truciolo e forma sono uguali per tutti. Di ogni inserto sono stati osservati entrambi i taglienti. Inserto
Lato
Misura (μm)
VB
1
1
126,23
0,13
2
Frattura fragile
1
60,12
0,06
2
60,12
0,06
2
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3
4
5
65
1
150,92
0,15
2
161,4
0,16
1
Frattura fragile
2
54,54
0,055
1
76,73
0,077
2
Non usato
Tabella 2.9: Misurazioni usura degli inserti.
Come si evince dalla tabella 2.8, tutti gli inserti sono stati scartati molto prima del limite teorico di fine vita. In un caso il secondo tagliente di un inserto non è stato usato e due volte si sono verificate rotture fragili. L’inserto Iscar presenta un leggero tagliente di riporto.
2.4 Il problema dell’acciaio VASCO X-2 in tornitura
66
2.4 Il problema dell’acciaio VASCO X-2 in tornitura Negli elicotteri moderni gli ingranaggi a elevate prestazioni lavorano in condizioni di momento torcente e RPM molto stressanti. Secondo Fopiano, una delle maggiori conseguenze di questo processo è l’aumento continuo dei gradienti di temperatura che si sviluppano sulle superfici di contatto e quindi anche il severo sfregamento degli ingranaggi; questi gradienti riescono solo in parte a essere attenuati dagli impianti di lubrificazione e talvolta si raggiungono valori di temperatura compresi tra i 250°C e i 300°C. L’acciaio da cementazione AISI 9310 è stato impiegato per anni nella costruzione di ingranaggi per il settore aeronautico e per anni è stato il leader del mercato degli acciai per alte temperature adibiti a questo scopo, vedi [Die79] e [Fop74]. Quest’acciaio era particolarmente raccomandato per un uso continuo a temperature comprese tra 140°C e 150°C; tuttavia, sopra queste temperature, avvenivano gravi cedimenti strutturali,soprattutto per lunghi tempi di esposizione. A causa di questa perdita di resistenza dell’acciaio a temperature al di sopra della soglia massima consentita, le aziende costruttrici di elicotteri incominciarono a valutare soluzioni alternative. Nella seconda metà degli anni ’60, l’azienda americana Boeing-Vertol decise che una sostituzione dell’AISI 9310 era opportuna e lanciò una campagna per valutare quale tra le nuove proposte presenti sul mercato fosse la migliore; gli acciai valutati furono molteplici, ma l’azienda scelse di focalizzare le sue attenzioni sull’acciaio denominato VASCO X-2; Bell adottò il CARTECH X-53, acciaio per alte temperature realizzato dalla Carpenter Technology, mentre la Sikorsky il LATROBE CBS-600. I risultati di questa campagna sono riportati in [Fop74]. L’acciaio VASCO X-2 fu selezionato dalla Boeing-Vertol poiché aveva la miglior combinazione di proprietà necessarie per la costruzione di ingranaggi ad alte prestazioni per aeromobili. L’unico punto a sfavore di questo acciaio, se paragonato all’AISI 9310, è la resistenza a frattura. Questa, tuttavia, non è stata una sorpresa poiché era noto che gli acciai legati (come l’AISI 9310) avessero una resistenza a frattura molto maggiore rispetto agli acciai per utensili; il VASCO X-2 è stato infatti creato andando a decarburare l’acciaio H-12 (alte temperature, per utensili) in modo tale da favorire i trattamenti di cementazione. La resistenza alla frattura dell’AISI 9310 è molto alta (circa ), per cui non è mai stata considerata un parametro critico per la progettazione,
2.4 Il problema dell’acciaio vasco X-2 in tornitura
67
parametro che invece è da considerarsi critico quando si lavora con il VASCO X-2. L’acciaio VASCO X-2 (VIM-VAR) è un acciaio da cementazione resistente alle alte temperature. La sua composizione chimica e i trattamenti ai quali è sottoposto gli permettono di mantenere inalterate le caratteristiche meccaniche fino a una temperatura di 316°C ( contro i 150°C di un normale acciaio da cementazione). È particolarmente indicato per ingranaggi, alberi di trasmissione, cuscinetti di elicotteri e altre applicazioni aerospaziali, [Lat07]. Composizione C chimica 0.14
Si 0.9
Mn 0.4
Cr 5.00
Mo 1.4
V 0.45
W 1.35
Tabella 2.10: Composizione chimica dell’acciaio VASCO X-2.
Elementi caratteristici di questo acciaio sono il cromo, il molibdeno e il tungsteno. Il cromo aumenta la durezza e il limite di elasticità dell'acciaio e ha elevata tendenza a formare carburi; diminuisce inoltre la conducibilità termica, aumenta la resistività, ha notevoli proprietà magnetiche, aumenta la resistenza a trazione, influenza molto la temprabilità, dà stabilità al rinvenimento delle strutture temprate, inossidabilità e resistenza all'ossidazione a caldo. Se forma carburi, dà resistenza all'usura ( come nel caso dell’acciaio oggetto dello studio ) e la lavorabilità a caldo non peggiora se c'è molto carbonio. Il molibdeno aumenta la penetrazione degli effetti della tempra negli acciai e mantiene le caratteristiche meccaniche della tempra anche a temperature elevate; appartiene allo stesso gruppo del cromo, per cui forma carburi complessi molto duri e stabili. Il molibdeno aumenta la temprabilità dell’acciaio, aumenta la durezza, stabilizza la martensite anche ad alte temperature (se usato negli acciai rapidi) ed elimina il pericolo della fragilità da rinvenimento. Il tungsteno limita la conducibilità termica dell'acciaio; per il resto i suoi effetti sono simili a quelli del molibdeno. Aggiungendo il tungsteno all'acciaio, si ottiene una lega molto dura e resistente al calore, con ottima temprabilità, che è usata principalmente per costruire utensili; il tungsteno è l’elemento che conferisce le proprietà meccaniche di resistenza al calore tipiche del VASCO e, più in generale, degli acciai rapidi per utensili (H-12) dai quali esso deriva. Gli acciai rapidi sono acciai con lo 0,5-1,3% di carbonio, il 14-26% di tungsteno e il 3-7% di cromo; non perdono la tempra fino al calor rosso (600 °C) e ciò quindi
2.4 Il problema dell’acciaio vasco X-2 in tornitura
68
consentono elevate velocità di taglio; fra gli acciai per utensili sono i più alto-legati.
Tabella 2.11: Coefficiente di espansione termica e modulo di elasticità.
2.4.1 Produzione Come descritto in [Sae12] ,attualmente l’acciaio VASCO è prodotto da tre grandi multinazionali presenti nel mercato degli acciai: l’americana Carpenter Technology Corporation (leader del settore della produzione di acciai e superleghe per applicazioni aeronautiche) , il colosso francolussemburghese-indiano ArcelorMittal e il gruppo siderurgico cinese Shanghai Baosteel Group Corporation. Carpenter Technolgy è il fornitore storico di AgustaWestland alla quale fornisce semilavorati e billette con diametri compresi tra 65mm e 260mm. Le billette con diametro di 65mm sono destinate alla costruzione di provini per le prove di durezza che permettono di certificare gli ingranaggi realizzati. I cicli di fonderia sono uguali per tutti i prodotti e avvengono attraverso metodi di fusione a vuoto VIM-VAR. La customizzazione dell’acciaio avviene in base al tipo di commessa ricevuta; le configurazioni alle quali l’acciaio VASCO è venduto sono tre: 1. Grezzo = non ha subito nessun trattamento termico e sarà il cliente a farsi carico di ciò; 2. Annealed = acciaio consegnato dopo ricottura; 3. Parzialmente lavorato = acciaio consegnato dopo ricottura e bonifica di lavorabilità. Per la realizzazione del pignone è fornito il semilavorato ricotto e i restanti cicli di trattamenti termici sono svolti direttamente presso Agusta. Le norme di produzione di quest’acciaio prevedono due passaggi fondamentali: VIM e VAR. Il processo di fusione a induzione sottovuoto VIM (Vacuum Induction Melting), inizialmente adottato per soddisfare le esigenze metallurgiche di industrie specializzate, si sta rivelando sempre più determinante nella produzione di materiali ad alte
2.4 Il problema dell’acciaio vasco X-2 in tornitura
69
prestazioni in numerose applicazioni industriali, soprattutto in campo aeronautico. Le leghe ottenute attraverso il processo VIM sono utilizzate per supplire a necessità metallurgiche particolarmente severe, come nel caso di superleghe a base nichel per applicazioni in alta temperatura, acciai inossidabili per applicazioni nucleari, acciai speciali da cementazione (VASCO, CBS-600), leghe a base di cobalto per applicazioni in campo medico, leghe a base di rame di elevata purezza e leghe magnetiche purissime ad alta permeabilità. Il processo VIM comporta la fusione di metalli ottenuta per mezzo di un campo elettromagnetico a induzione applicato in condizioni di vuoto. La fusione ha luogo in un forno, costituito da un rivestimento refrattario o un crogiolo, collocato all’interno di una bobina a induzione raffreddata ad acqua. Il gruppo forno è integralmente racchiuso in un’apposita camera in acciaio, raffreddata ad acqua, ove una serie di pompe provvedono a creare le opportune condizioni di vuoto affinché il materiale in carica possa essere fuso, affinato e colato sottovuoto o in atmosfera di gas inerte.
Figura 2.31: Particolare della camera di fusione sottovuoto.
Questo processo permette l’affinazione di metalli e di leghe che contengono elementi con notevole affinità a certi gas, come l’ossigeno. I processi di reazione chimica, di dissociazione e di flottazione degli elementi agiscono rimuovendo le impurità dissolte e legate chimicamente. L’analisi della lega può essere accuratamente calibrata, ottenendo così un prodotto finale pulito e omogeneo. Nel processo VAR (Vacuum Arc Remelting) i materiali da fondere sono dapprima caricati nel forno; per gli acciai speciali e per le superleghe è utilizzato un elettrodo precedentemente colato in aria o sottovuoto. Per i metalli reattivi primari come il titanio, la carica è composta da spugne compresse e/o rottame. Sono due i gruppi meccanici principali, che sono
2.4 Il problema dell’acciaio vasco X-2 in tornitura
70
aggregati per formare il recipiente sottovuoto nel quale avviene la fusione: la testa mobile del forno e la stazione fusoria fissa. La testa mobile del forno costituisce la sezione superiore del recipiente. Un gruppo pistone, integrato e altamente sofisticato, supporta e controlla il movimento dell’elettrodo. Il pistone raffreddato ad acqua scorre attraverso una guarnizione sottovuoto collocata nella testa. L’elettrodo è bloccato sull’estremità inferiore, costituendo in questo modo il catodo del processo di fusione ad arco. La stazione fusoria fissa, cioè la parte inferiore del contenitore sottovuoto, è costituita da un crogiolo amovibile collocato all’interno di una camicia di acqua fissa in acciaio ed una guida. La progettazione e la costruzione del crogiolo sono fattori critici per ottenere una soddisfacente solidificazione del lingotto metallico ristrutturato. Dopo aver abbassato ed assicurato all’interno della stazione fusoria la testa del forno con l’elettrodo, viene creata una condizione di sottovuoto. Un’elevata corrente continua controllata è applicata all’elettrodo (catodo) e genera una formazione di arco tra questo e il lingotto (anodo), provvedendo alla rifusione del materiale che costituisce l’elettrodo ad una velocità predeterminata. L’intero ciclo e tutti i parametri operativi essenziali (corrente, tensione, velocità fusoria e lunghezza dell’arco) sono monitorati automaticamente e controllati in base ad una ricetta predefinita, dall’inizio alla fine del processo.
Figura 2.32: Schema di una fornace per il processo di fusione VAR.
2.4 Il problema dell’acciaio vasco X-2 in tornitura
71
2.4.2 Trattamenti termici eseguiti in azienda Il ciclo dei trattamenti termici da seguire per trattare i pezzi realizzati con acciaio VASCO è contenuto nella specifica Boeing BMS 7-223, [Boe12]. Momenti cruciali dei trattamenti termici sono le fasi di cementazione e la tempra finale; le problematiche legate ai trattamenti termici derivano dalle peculiarità progettuali della maggior parte degli ingranaggi e dei pignoni realizzati con questo tipo di acciaio: non tutte le zone presentano caratteristiche omogenee; in particolare, nel caso del pignone oggetto del nostro studio, le cavità interne adibite all’accumulo dell’olio per la lubrificazione dei cuscinetti non devono essere ne cementate ne temprate. Il processo di cementazione selettiva viene di solito realizzato andando a schermare con uno strato di rame le parti che non devono subire il trattamento termico. A causa della composizione chimica dell’acciaio, lo strato di rame non si riesce ad aggrappare alla superficie del metallo e le sue proprietà schermanti vengono meno. L’unico metodo che si ha per rendere efficace la ramatura su questo tipo acciaio è quello di eseguire una nichelatura elettrolitica preventiva. Il processo di ricopertura al nickel (nickel strike) e di ramatura schermante è molto oneroso sia dal punto di vista economico che del tempo di lavorazione per cui, al fine di ridurre i costi, è eseguito unicamente prima della tempra finale. Secondo direttive Boeing, se a progetto sono presenti parti che non devono presentare uno strato superficiale cementato, si dovrà procedere a una cementazione totale e a successive asportazioni di truciolo dalle parti in questione al fine di rimuovere tale strato (si scava 2,5 volte lo spessore dello strato cementato). I primi due trattamenti che subisce il semilavorato che arriva in Agusta sono quelli di: 1. Pre-ossidazione: L’acciaio è riscaldato in forno fino a una temperatura di 982°C e lasciato a tale temperatura per 40-50 minuti; è in seguito raffreddato in aria. 2. Pulitura/Disincrostazione: Pulizia volta a rimuovere eccessi di ossido. Tale pulizia è eseguita mediante sabbiatura con pallini di vetro. La pressione di sabbiatura non deve superare i 6 bar. Sulla superficie del pezzo non devono rimanere aloni o macchie: tali elementi sono indici di una cattiva pulizia che andrebbe poi a inficiare le successive lavorazioni.
2.4 Il problema dell’acciaio vasco X-2 in tornitura
72
A pulitura ultimata segue la bonifica di lavorabilità (tempra e rinvenimento da eseguire entro due ore dalla tempra), che conferisce all’acciaio una durezza al cuore di HRC=26÷34. Per quest’operazione non è richiesto uno sgrassaggio preventivo. Al termine dello spegnimento in olio, deve essere eseguita la pulitura alcalina delle parti in una sgrassatrice. Le operazioni che compongono questa bonifica sono: 1. Tempra. Dopo essere stati posizionati su un apposito cestello ad immersione, i pezzi vengono caricati in forno ad una temperatura stabilizzata di 815°C; il tempo di permanenza nel forno in queste condizioni è di un’ora. Si riscalda in seguito il forno fino alla temperatura di austenitizzazione di 970°C e si mantiene tale temperatura per tre ore e trenta minuti. L’atmosfera protettiva nel forno è realizzata mediante insufflazione di azoto e metanolo. Il mezzo raffreddante è olio a una temperatura di circa 60°C; l’acciaio deve essere mantenuto nel mezzo raffreddante per almeno cinque minuti.
Figura 2.33: Disposizione su cestello dei pezzi da temprare.
2. Rinvenimento. Le parti da trattare sono immesse in forno a una temperatura di set point pari a 630°C. Il tempo di permanenza è di sei ore. Le modalità di raffreddamento sono di tipo “air slow cooling” (raffreddamento lento in aria).
2.4 Il problema dell’acciaio vasco X-2 in tornitura
73
Figura2.34: 2.33:Controllo Controllodurezza durezzapost postbonifica bonificadidilavorabilità lavorabilità––pignone pignonegrezzo. grezzo. Figura
Alla bonifica di lavorabilità segue la cementazione. La cementazione è un trattamento termochimico di diffusione che prevede un arricchimento di carbonio sulla superficie di un componente meccanico realizzato in acciaio; questo si può trovare allo stato di semilavorato o finito. Il trattamento può comportare una deformazione che varia in funzione della colata del materiale e della geometria del pezzo. Nella cementazione dell’acciaio VASCO, il materiale è immesso in forno alla temperatura di 925°C. Il tempo totale di permanenza nel forno è di sedici ore suddivise in quattro fasi distinte: 1) 2) 3) 4)
Potenziale di carbonio = 0,95. Tempo di permanenza = 4 ore; Potenziale di carbonio = 0,75. Tempo di permanenza = 4 ore; Potenziale di carbonio = 0,85. Tempo di permanenza = 3 ore; Potenziale di carbonio = 0,70. Tempo di permanenza = 5 ore;
Anche le fasi di raffreddamento sono suddivise in due step distinti: 1) Raffreddamento in forno fino a 815°C ( 30 minuti al massimo ); 2) Raffreddamento lento in camera con aria a temperatura ambiente. Entro cinque ora dalla prima cementazione deve essere eseguita la ricottura completa: l’acciaio è caricato nel forno a una temperatura di 670°C e mantenuto a tale condizione per due ore. Il raffreddamento si esegue in aria. Tramite la ricottura viene alterata la microstruttura del materiale, causando mutamenti nelle sue proprietà quali la flessibilità e la durezza. Il risultato tipico è la rimozione dei difetti della struttura cristallina. La ricottura può avere anche lo scopo di uniformare la composizione chimica dell'acciaio: in tal caso il riscaldamento è eseguito ad una temperatura più elevata e per tempi più lunghi. Una volta ricotto,
2.4 Il problema dell’acciaio vasco X-2 in tornitura
74
l’acciaio è pulito mediante sabbiatura con pallini di vetro per eliminare tutte le eventuali porosità presenti. Seguono i processi di nichelatura elettrolitica e ramatura. Nella nichelatura elettrolitica si pongono gli oggetti da nichelare (ben puliti con spazzolatura meccanica o con lavaggi di soluzioni alcaline per sgrassarli e quindi acide per decaparli) come catodo in un bagno elettrolitico; nello stesso bagno sono immersi alcune barre del metallo da depositare, collegate all’anodo. Quando si alimenta la corrente gli ioni positivi del metallo da depositare migrano verso il polo negativo, dove si scaricano depositandosi sotto forma di uno strato metallico continuo. Al polo positivo si ha invece la dissoluzione del metallo con la formazione di ioni in soluzione, che vanno a reintegrare gli ioni scaricati al catodo. La reazione complessiva è un’ossidoriduzione, come risultato dell’ossidazione anodica del metallo che si scioglie perdendo elettroni e della riduzione catodica dello ione che si deposita come metallo acquisendo elettroni. La resistenza alla corrosione è legata oltre che allo spessore dello strato anche alla sua porosità, fragilità, aderenza, ecc. La pulitura meccanica di un deposito elettrolitico esercita per lo più un effetto benefico sulla resistenza alla corrosione, come pure opportuni accoppiamenti rame-nichel-cromo aumentando considerevolmente il valore protettivo del rivestimento riducendone di molto il numero di pori. La ramatura al cianuro è molto importante in operazioni galvaniche sia per depositi di aggancio, come nel nostro caso, che per depositi a spessore quando sia necessario limitare le tensioni interne. I bagni al cianuro sono caratterizzati da un elevato potere penetrante. Il sale di partenza per la formazione del bagno è il cianuro di rame (CuCN) che deve essere complessato con KCN o NaCN per ottenere un complesso solubile in acqua. La forma complessa più importante è rappresentata da K2Cu(CN)3 o Na2Cu(CN)3. La somma del cianuro richiesto per complessare in questo modo il rame più quello richiesto per il buon funzionamento del bagno (cianuro libero) rappresenta il cianuro totale. La presenza di cianuro libero stabilizza i vari complessi cianurati del rame, però il numero di ioni rame disponibili alla scarica catodica diminuisce con l’aumento della concentrazione del cianuro libero. La polarizzazione catodica invece aumenta ed aumenta così il potere penetrante della soluzione. Il deposito che si ottiene è duro e con grana fine. La concentrazione del cianuro libero deve essere mantenuta entro limiti ben prefissati. Un aumento eccessivo riduce il rendimento catodico
2.4 Il problema dell’acciaio vasco X-2 in tornitura
75
fino a favorire la scarica dell’idrogeno che provoca puntinature ed esfoliazioni del deposito. Se si opera in difetto invece non si solubilizza il CuCN che si forma all’anodo. Questo si ricopre di uno strato di questo sale insolubile, quindi si polarizza e non permette la dissoluzione ulteriore dell’anodo. Gli anodi di rame devono essere di elevata purezza e possono essere in piastre o in quadrotti inseriti in cestelli di rete di titanio entrambi insacchettati in sacchi di meraklon. Se il contenuto di rame aumenta nella soluzione basta sostituire qualche anodo di rame con altrettanti di acciaio fino a trovare le condizioni di stabilità. Il rapporto ottimale fra la superficie anodica e catodica è circa 2:1. Una volta ultimate le procedure di schermatura preventiva, l’acciaio è pronto per i processi di tempra, congelamento, doppio rinvenimento e deramatura finale. La tempra è eseguita in uno stampo pressa Gleason e lo staffaggio al quale sono sottoposti i pezzi è molto severo. Ciò serve a evitare movimenti e piccole oscillazioni durante le fasi di carico e scarico nelle varie camere che comprometterebbero il risultato finale.
Figura 2.35: Staffaggio del pignone per operazione di tempra.
I pezzi staffati sono caricati nella prima camera preriscaldata a una temperatura di 815°C; il tempo di permanenza in questa camera è di un’ora. La seconda camera nella quale sono inviati si trova invece a una temperatura di 1010°C e il tempo di permanenza è di mezz’ora.
2.4 Il problema dell’acciaio vasco X-2 in tornitura
76
Nel forno l’atmosfera protettiva prevede l’insufflazione continua di azoto e metanolo. Lo spegnimento è eseguito in olio a una temperatura compresa tra i 55°C e i 60°C per un tempo minimo di 5 minuti; il trasferimento dalle camere alle vasche di raffreddamento devo avvenire in un intervallo di tempo massimo pari a 90 secondi. Con questo trattamento termico sono raggiunti valori di durezza al cuore compresi tra i 36 HRC e i 44 HRC, mentre per la superficie si arriva a 60 HRC. Le successive operazioni di congelamento (freezing) sono una caratteristica comune degli acciai per utensili dai quali il VASCO deriva. Questo trattamento termico avviene portando il materiale di sotto della temperatura di fine trasformazione della martensite (MF) e deve essere eseguito entro mezz’ora dalla tempra. Normalmente si esegue ad una temperatura di -80°C. Serve per stabilizzare la martensite ed eliminare l'austenite residua presente nei particolari temprati. In un acciaio non legato ( per percentuali superiori allo 0,7%C ) Mf assume valori inferiori a 0°C; per cui, per portare l’acciaio sotto questa temperatura, è sufficiente eseguire bagni termostati di alcool, ghiaccio secco e azoto liquido. Nel caso di acciai particolarmente ricchi di elementi di lega la trasformazione martensitica non risulta completata alla temperatura ambiente. Con il trattamento sotto zero la trasformazione da austenite a martensite è finalmente completata, consentendo così di ottenere quelle strutture cristalline che garantiscono una maggiore resistenza all'usura e conseguente aumento della vita. L’esperienza dimostra che a –80°C, nella maggior parte degli acciai, non si trova più austenite. L’immersione in azoto liquido è da evitare nella maggior parte dei casi, poiché provocherebbe un raffreddamento troppo brusco con conseguente shock termico ed eventuale rottura delle zone con geometria più complicata ( fori di lubrificazione, spigoli.. ). La specifica BMS 7-223 prevede che il trattamento passi attraverso questi punti: 1. Congelamento dell’acciaio in forno. Temperatura di congelamento = -80°C; 2. Tempo di permanenza nel forno = 4 ore; 3. Raffreddamento lento (slow cooling) in aria a temperatura ambiente. Dopo il congelamento vi sono due step di rinvenimento. Il primo rinvenimento deve essere eseguito entro due ore dal congelamento. L’acciaio è caricato nel forno ad una temperatura di set-point stabilizzata di 316°C ed è mantenuto in tale condizione per due ore; è
2.4 Il problema dell’acciaio vasco X-2 in tornitura
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successivamente raffreddato in aria a temperatura ambiente (slow cooling). Il secondo rinvenimento è eseguito con le stesse modalità e gli stessi parametri del primo. Lo scopo di queste operazioni è trasformare tutta la martensite in sorbite. La sorbite è una struttura globulare omogenea e molto fine, viene spesso definita come aggregato non lamellare di ferrite alfa e cementite non aciculare. Si ottiene dopo un trattamento termico di bonifica sull'austenite, quindi dopo una tempra ed un conseguente rinvenimento della martensite ottenuta. La temperatura di rinvenimento ed il prolungato mantenimento a tale valore favoriscono l'affinazione e la globulizzazione dei carburi nella matrice. La struttura sorbitica conferisce al VASCO caratteristiche meccaniche molto buone, tra cui durezza, un carico unitario a rottura discreto (pur rimanendo inferiore a quello dell’AISI 9310) e una resistenza all’usura eccellente. La deramatura è l’operazione conclusiva dei trattamenti termici. In questa fase è rimosso lo strato di nickel e di rame che era stato posto sull’acciaio prima della tempra. A deramatura ultimata, i pezzi sono sabbiati e pronti per le operazioni di finitura finale, tra cui la rettifica.
2.4.3 Problemi riscontrati durante la tornitura Le operazioni di tornitura critiche sono quelle di semifinitura eseguite dopo la cementazione. Le particolari caratteristiche dell’acciaio e le scarse informazioni circa i parametri di taglio da adottare (colpa di una letteratura non adeguata) rendono difficoltosa la messa a punto delle condizioni ottimali di lavorazione. Col tempo ciò ha portato a riscontrare diverse irregolarità. Il problema più grande riguarda i trucioli. Durante la lavorazione del VASCO non abbiamo una corretta formazione e un corretto distacco dei trucioli; questi si aggrovigliano sull’utensile nel punto di taglio e danneggiano la superficie.
Figura 2.36: Truciolo aggrovigliato rimosso manualmente dall’operatore.
2.4 Il problema dell’acciaio vasco X-2 in tornitura
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L’andamento irregolare della formazione dei trucioli non danneggia solo il pezzo, ma influisce negativamente anche sul tempo complessivo di lavorazione; una volta che il truciolo si è aggrovigliato sull’utensile, l’operatore è costretto ad interrompere l’operazione per rimuovere manualmente la matassa. Ciò comporta un aumento notevole delle micro-fermate e una dilatazione dei tempi. Non va trascurato neanche il discorso legato alla sicurezza: i trucioli aggrovigliati sono molto taglienti e raggiungono temperature elevate. Rimuoverli manualmente è un rischio per l’incolumità degli operatori. Un ulteriore elemento di disturbo è rappresentato dalle vibrazioni che si innescano sull’utensile e che si ripercuotono sul pezzo. Il risultato è una superficie di lavorazione ondulata, fuori dai limiti di tolleranza sulla rugosità e che deve essere ri-lavorata.
Figura 2.37: Particolare di una camera danneggiata dalle vibrazioni dell’utensile.
Anche questa problematica dilata i tempi di lavorazione e comporta un aumento dei costi, giacché i pezzi devono essere ripresi per cancellare i solchi dell’utensile. Le difficoltà di messa a punto dei parametri ottimali di lavorazione comportano anche una complessità non indifferente nella gestione della vita degli inserti. Non avendo idea su come si evolva l’usura nel tempo, risulta complicato adottare un criterio di fine vita univoco che ci permetta di definire quando l’inserto è fuori uso e va sostituito.
2.5 Obiettivi preposti: TO BE
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2.5 Obiettivi preposti: TO BE Dall’analisi dello scenario di partenza sono state considerate e valutate le criticità iniziali. In un’ottica di riduzione dei costi, visione che rispetta l’attuale politica aziendale, le strade verso le quali ci si è orientati sono due: la prima porta a un’ottimizzazione dei cicli di lavorazione e tocca aspetti prevalentemente tecnici; la seconda invece riguarda la gestione degli utensili. L’ottimizzazione dei cicli di lavorazione porta a un miglioramento trasversale delle variabili presenti: andando a trovare un set point di parametri adeguato alla nuova tipologia d’inserti Sandvik adottati in tornitura, si sfrutteranno al meglio le caratteristiche degli stessi e si arriverà dunque alla determinazione di una nuova condizione ottimale. Partendo dal caso pilota (pignone), si effettueranno una serie di prove sperimentali testando diverse condizioni di taglio per capire qual è il miglior accoppiamento inserto-materiale. Ci si prefigge di ottenere benefici in termini di: Riduzione dei tempi di lavorazione, con conseguente diminuzione dei costi operativi; Riduzione degli inserti scartati, con conseguente diminuzione dei costi d’acquisto. Dal punto di vista della gestione, saranno presi in considerazione i flussi interni degli utensili sia nella tool-room sia nel reparto torneria. In questo reparto saranno studiati e analizzati i benefici portati dall’introduzione della vending machine automatica Sandvik che ha sostituito le vecchie cassettiere manuali. L’obiettivo è chiarire le dinamiche che intercorrono ogni qual volta l’operatore si deve interfacciare con questo nuovo sistema operativo, in modo tale da aggiornare la procedura interna di gestione degli utensili e diminuire gli eventuali sprechi di tempo. Sarà poi continuata l’attività di snellimento e razionalizzazione degli inserti e delle rispettive qualità avviata dall’azienda svedese. Per quel che riguarda invece la tool-room sarà realizzata un’analisi dei codici maggiormente movimentati al fine di individuare gli utensili obsoleti e eliminarli; lo scopo che ci si prefigge è la riduzione dei costi di immagazzinamento e la riduzione degli utensili movimentati. Sia per la torneria sia per la tool-room, tutte le migliorie apportate dal punto di vista dei flussi dovranno essere inserite nella procedura interna di gestione degli utensili.
Capitolo 3
3 Ottimizzazione dei parametri e modello di previsione dell’usura 3.1 Metodo “Ravignani” Il problema legato alla crescente attenzione che è dedicata all’economia di lavorazione è affrontato in due stadi successivi: lo stadio macroeconomico e lo stadio microeconomico. In base alle caratteristiche dei prodotti che si vogliono fabbricare, nel primo stadio si scelgono i materiali e i processi per realizzare i vari componenti dei processi stessi, dando ovviamente la precedenza a quelle soluzioni che, a parità di risultati qualitativi, comportano il minor tempo e il minor dispendio di energie e di mezzi finanziari e possibilmente anche il minimo consumo di materie prime. Una volta fatte le scelte secondo stime o valutazioni di massima, nello stadio della microeconomia si determinano le condizioni operative per ciascun processo (nel nostro caso, le condizioni di taglio da impiegare su ciascuna macchina e per ciascun componente) che siano ottimali rispetto all’obiettivo economico aziendale.
3.1.1 Livelli di ottimizzazione Per una data situazione di mercato (da considerarsi variabile nel tempo), l’obiettivo aziendale è il massimo profitto (ossia la massima differenza tra il ricavo totale e il costo totale) realizzato per unità di capitale investito, riferito a un dato periodo. Siccome il ricavo è determinato dal numero di unità di ciascun prodotto venduto nel periodo e dal relativo prezzo (che può essere imposto dalla concorrenza, oppure fissato in base ad altri criteri), l’obiettivo può essere raggiunto stabilendo un’interrelazione fra il costo e la durata di ciascun’operazione elementare, considerando le sequenze di operazioni richieste per completare un componente, passando poi all’utilizzazione delle macchine per componenti diversi (destinati allo stesso prodotto o a più prodotti) e,infine, mettendo in conto gli altri costi aziendali (non di fabbricazione), i ricavi stimati e il capitale occorrente.
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3.1 Metodo “Ravignani”
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Si stabilisce così una gerarchia di livelli per l’ottimizzazione delle condizioni di taglio, in modo che a ciascun livello si possa definire uno specifico obiettivo economico. Una gerarchia conveniente è la seguente: 1° livello – Operazione. Obiettivo: minimo costo di lavorazione per ogni durata prefissata dell’operazione. 2° livello – Sequenza. Obiettivo: minimo costo complessivo di lavorazione per ogni tempo totale assegnato alla sequenza di operazioni. 3° livello – Gamma di prodotti. Obiettivo: minimo costo totale di fabbricazione per unità di ciascun prodotto, in funzione del rispettivo tasso di vendita in un dato periodo. 4° livello – Fabbrica. Obiettivo: massimo ritorno sull’investimento, ossia minimo profitto per unità di capitale investito in un dato periodo. Quest’obiettivo coincide con quello aziendale. Si nota che ai livelli 1° e 2° l’obiettivo economico considera il puro costo di lavorazione in funzione del relativo tempo. Al 3° livello, invece, intervengono tutti i costi di fabbricazione ( quindi anche quelli delle materie prime, di trasporto e magazzino ). Infine, al 4° livello, si introducono i ricavi per determinare il profitto e il capitale richiesto. Questa imposizione è particolarmente vantaggiosa nel caso di macchine utensili versatili, ossia atte a lavorare pezzi diversi. Ciò corrisponde alle necessità reali, poiché la produzione di grande serie ( tipica dell’industria automobilistica ) rappresenta circa il 30% del totale, mentre per il 70% si ha produzione a lotti ( la cui consistenza media è dell’ordine di 50 pezzi per lotto ) o su commessa. Vi è infine da ricordare che la grande massa delle lavorazioni per asportazione di truciolo consiste in operazioni di tornitura e fresatura; ciò costituisce un vantaggio perché in queste operazioni è possibile variare entro limiti relativamente ampi il tempo richiesto per lavorare un pezzo, giungendo così alla determinazione del tempo ottimale. Nel 1° livello l’operazione è il processo elementare di asportazione di truciolo, eseguito su un pezzo impiegando una data macchina e un dato utensile (a uno o più taglienti) e in condizioni di taglio costanti (velocità e profondità di taglio, avanzamento per giro). La necessità di tenere costanti queste condizioni deriva dal fatto che non si può stabilire una correlazione accettabile tra i risultati di prove accelerate (eseguite ad
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esempio a velocità di taglio variabile) e quelli di prove condotte con dati di taglio costanti, che corrispondono alla grande maggioranza dei casi pratici. Qualche volta la costanza di questi dati non è realizzabile: in tal caso, secondo prove pratiche, si può ricavare per il dato variabile un valore “equivalente”, ossia tale da richiedere lo stesso tempo di taglio che si avrebbe se il dato fosse mantenuto costante. In tal modo l’usura che subisce l’utensile nella lavorazione di un pezzo può essere prevista in base ai risultati di prove condotte nelle stesse condizioni, o in condizioni simili. A tale riguardo va tenuto presente che è lecito, entro certi limiti, fare previsioni in base ad interpolazione dei dati di taglio, ma non per estrapolazione. Quanto al criterio di usura, quello più comunemente usato è la larghezza VB del labbro di usura sul fianco del tagliente principale, il cui procedere nel tempo in condizioni di taglio costanti è di seguito illustrato:
Figura 3.1: Rappresentazione del progredire dell’usura VB col tempo t ,dati di taglio costanti.
Dopo un rapido aumento iniziale, la velocità di usura si stabilizza per un certo tempo di taglio, dopo di che aumenta di nuovo bruscamente. Al punto limite tL, che segna l’inizio del brusco aumento, si deve interrompere la lavorazione per evitare una rottura catastrofica del tagliente, con danno sia all’utensile sia al pezzo. La “vita programmata” T dell’utensile è scelta in base al criterio di usura VBMAX adatto alla lavorazione in esame (sgrossatura o finitura), in modo che sia T
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Figura 3.1: Usura del labbro di un inserto.
Oltre all’usura progressiva sul fianco del tagliente principale e sul raggio di raccordo sulla punta dell’utensile, v’è anche l’usura per “craterizzazione”, che si manifesta con la comparsa e l’accrescimento progressivo dell’ampiezza e profondità di un “cratere” sul petto dell’utensile. Questo tipo di usura è però difficile da misurare; esso inoltre diviene pericoloso solo quando il cratere si estende al punto da compromettere la stabilità del tagliente principale, provocando un’improvvisa rottura catastrofica dell’utensile. Perciò, siccome esiste una relazione fra l’usura progressiva sul fianco e quella del cratere, si può in generale fissare VBMAX in modo da evitare questo rischio.
Figura 3.3: Usura per craterizzazione di un inserto.
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Un terzo effetto dell’interazione tra pezzo in lavoro e utensile è la deformazione della geometria del tagliente, che si manifesta negli utensili fabbricati con materiali tenaci sotto l’azione di elevate forze di taglio. Questa deformazione, che provoca un abbassamento del tagliente e una sua protuberanza verso il pezzo in lavoro, non è altrimenti pericolosa per la stabilità del tagliente. Si può concludere che, per le applicazioni pratiche, il criterio di usura progressiva più conveniente è l’ampiezza di VB ( determinata con particolari misurazioni in diversi punti del bordo tagliente ) che può essere valutata anche nell’ambito di un reparto di produzione con mezzi relativamente semplici. Si deve peraltro considerare il fatto che, anche in condizioni di taglio costanti, la velocità di usura data dal rapporto è una grandezza di natura probabilistica, soggetta a una certa distribuzione da determinarsi sperimentalmente. Lo stesso vale ovviamente per la vita programmata T. Vi sono infine le rotture improvvise dell’utensile, derivanti da diverse cause. A parte la possibilità di difetti degli utensili, vi sono alcune lavorazioni (generalmente di sgrossatura pesante) nelle quali l’utensile, impegnato su un pezzo di caratteristiche medie, viene improvvisamente ad urtare contro un’inclusione più dura del materiale circostante. Un altro caso, notevolmente più frequente, è quello del taglio interrotto, nel quale l’utensile è sottoposto a sollecitazioni termiche e meccaniche più severe che nel caso del taglio continuo. Quando l’esperienza mostra che vi è un certo rischio di rotture catastrofiche, gli effetti economici vanno stimati in base allo studio statistico della frequenza delle rotture stesse, che può essere funzione dei singoli dati di taglio, o più semplicemente del tasso di asportazione del metallo. Nel 2° livello troviamo la sequenza; in generale, la fabbricazione di un pezzo meccanico richiede una serie di operazioni di taglio disposte in una certa sequenza. Dopo aver ottimizzato le condizioni di taglio per ciascuna operazione, l’obiettivo economico per una sequenza è il minimo costo complessivo di lavorazione per ogni tempo totale assegnato alla sequenza stessa. Vi sono due tipi fondamentali di sequenze: tipo 1: il tempo totale è prescritto, ma è libera la distribuzione di questo fra le varie operazioni; tipo 2: è prescritto che tutte le operazioni abbiano la stessa durata. Un esempio di sequenza di tipo 1 è dato da un’operazione di sgrossatura seguita da una di finitura, usando la stessa macchina. Siccome le condizioni di taglio che possono essere usate sono diverse da
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un’operazione all’altra, si hanno due curve cz(tz) diverse. Lo stesso avviene su un centro di lavoro. In una sequenza di tipo 2 si ha una serie di macchine diverse , ciascuna impegnata in un’operazione diversa; il vincolo è tuttavia il ritmo di produzione, che deve essere uguale per ogni macchina, onde evitare l’accumulo di semi-lavorati tra una macchina e l’altra. Ciò avviene in una linea di lavorazione a flusso costante, della quale una trasferta costituisce un caso particolare. Si nota che una data macchina può eseguire una serie di operazioni di tipo 1 secondo la sequenza di tipo 2 (pur essendo soggetta al vincolo di tempo totale secondo la sequenza di tipo 2). Il 3° livello riguarda la gamma di prodotti. In uno stabilimento dotato di un certo parco macchine, come nel caso del plant AgustaWestland di Cascina Costa, sono in generale lavorati componenti di diversi prodotti; ciascuno di questi è immesso sul mercato in base a commesse specifiche o alla richiesta stimata, che può variare da un periodo all’altro. Una data macchina utensile è di norma impiegata per lavorare successivamente lotti di componenti diversi. Il problema che si deve risolvere è il seguente: noto il tasso di vendita di ciascun prodotto in un dato periodo, determinare il volume ottimale dei lotti dei suoi componenti e dei relativi tempi ottimali di lavorazione (quindi le condizioni ottimali di taglio per ciascuna operazione) in modo che sia minimo il costo complessivo di fabbricazione, tenendo conto anche del costo della materia prima e dell’interesse a corrispondere sul capitale investito nei magazzini e nel lavoro in corso, oltre che nei macchinari, impianti ecc. Data la varietà di situazioni che si incontrano nell’industria, non si può stabilire un sistema generale di equazioni risolutive, che risulterebbero eccessivamente complesse. Si può invece studiare un metodo risolutivo generale, da adattare ai diversi casi pratici. Questo metodo è basato sulla teoria delle sequenze. Si nota, infatti, che le considerazioni fatte per il secondo livello non valgono solo per le singole operazioni, ma anche per unioni di processi diversi che siano fra loro interconnessi per quanto concerne il tempo di esecuzione e il relativo costo. Ad esempio, per un dato flusso di produzione su una linea occorre un certo flusso di materiali dal magazzino materie prime alle varie macchine, da queste alle stazioni di collaudo, ai trattamenti termici o della superficie, ai montaggi fino al magazzino prodotti finiti.
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Per questo tipo di problemi sono state proposte diverse soluzioni, alcune analitiche, altre euristiche. Tuttavia, salvo qualche caso eccezionale, in esse non si tiene conto della possibilità di variare le condizioni di taglio in vista di un minimo del costo totale. Di solito, i dati di taglio sono ritenuti fissi in vista del minimo costo per ciascun’operazione, o per valori prossimi a questo minimo. Si comprende facilmente che quest’approccio è irrealistico, perché con un dato macchinario e richiesta variabile nel tempo le condizioni di minimo costo per operazione sono inapplicabili. Peraltro, di recente si è iniziato a studiare soluzioni che tengono conto della possibilità di agire sui dati di taglio. Ad esempio, sono state pubblicate soluzioni analitiche per i centri di lavoro e per sistemi di fabbricazione costituiti da linee parallele, delle quali alcune lavorano lotti di componenti diversi, mentre ognuna delle altre è impiegata per componenti di un solo prodotto. Va osservato che le soluzioni trovate (ottenute con procedimenti di calcolo iterativi) sono soluzioni che danno i valori ottimali delle durate delle varie operazioni, rispettando il vincolo del tempo totale disponibile per ciascuna macchina, ma senza entrare nel dettaglio della coincidenza fra disponibilità della macchina e del lotto per eseguire una data operazione. Questa messa a punto viene fatta in fase di programmazione del lavoro, che è facilitata dalla conoscenza delle durate ottimali teoriche dalle quali si cercherà di scostarsi il meno possibile, agendo innanzitutto sulle operazioni la cui “risposta” a variazioni della durata comporta le minori variazioni del costo. Vi è infine da osservare che le fabbricazioni su commessa rientrano in questo terzo livello, potendo essere considerate come un caso particolare di un lotto la cui entità è prefissata e che deve essere approntato ad una certa data anziché secondo un certo flusso in uscita. Il 4° livello riguarda la fabbrica. Oltre ai costi di produzione propriamente detti (variabili col volume della produzione stessa), al livello di fabbrica o di azienda gravano sui prodotti anche altri costi, che rientrano in uno dei seguenti gruppi principali: costi amministrativi e costi commerciali. Questi ultimi, in particolare, comprendono i costi connessi con la distribuzione e la vendita dei vari prodotti, per le ricerche di mercato, per la promozione delle vendite, ecc. Fra i costi amministrativi vanno ricordati gli interessi sul capitale (fisso e circolante) impegnato in un dato periodo.
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Alcuni costi sono direttamente attribuibili a ciascun prodotto specifico, mentre per altri l’attribuzione è più complessa. È tuttavia buona norma stabilire opportuni criteri di ripartizione di tutti i costi, perché altrimenti possono essere prese decisioni errate (ad esempio nel caso di nuovi investimenti per introdurre metodi nuovi di produzione). Di fronte ai costi stanno i ricavi, risultanti dal prezzo di ciascun prodotto e dal volume delle vendite in un dato periodo. I ricavi sono direttamente attribuibili ai singoli prodotti. Sia i costi, sia i ricavi da considerare sono in linea di principio variabili col volume della produzione. Ciò è evidente per i costi. Per quanto riguarda i ricavi, è probabile che il prezzo di vendita di un prodotto debba essere ritoccato se si vuole incrementare le vendite; perciò anche i ricavi sono grandezze variabili. La differenza fra il ricavo complessivo e il costo complessivo (relativo a un certo volume di vendite in un dato periodo) costituisce il profitto realizzato nel periodo in questione. Anche il profitto è dunque influenzato dal volume delle vendite di ciascun prodotto. In generale si può stabilire, per un dato periodo, un rapporto ottimale fra i volumi di produzione (e quindi di vendita) dei vari prodotti, per cui il profitto è massimo. In altre parole, si possono determinare le condizioni per il massimo profitto complessivo per unità di tempo. Per questo scopo non è a rigore necessario ripartire tutti i costi tra i vari prodotti: è però necessario valutare le variazioni dei ricavi e dei costi che derivano da variazioni dei singoli volumi di produzione ottenibili utilizzando gli impianti e i macchinari a disposizione.
3.1.2 Tempo e costo unitario Un’operazione eseguita su un dato lotto di N pezzi identici è caratterizzata da una certa durata e da un certo costo. Per ragioni pratiche, queste grandezze sono riferite a un singolo pezzo anziché al lotto. Si ha così il tempo unitario tm e il costo unitario cc. Il tempo unitario è dato dalla somma dei seguenti termini: Ts/N: preparazione macchina (quota parte del presetting); tl: carico/scarico del pezzo; tr: movimenti in rapido dell’utensile; ya/z: attraversamento del pezzo con velocità di avanzamento prefissata di lavoro;
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ts(tc/Tp): sostituzione dell’utensile usato con uno nuovo o ricondizionato (quota parte); Pt: penalità dovuta alla natura probabilistica della vita utensile. Perciò si ha:
tm= ya /z + ts(tc/Tp) + Pt + Ts/N + tl + tr dove in linea di principio Z, Tp e Pt sono funzioni dei dati di taglio. Essendo poi: [1] tc = y/Z , dove Z = K.v.f.a (K=cost) [2] Ponendo tz = ya/Z + y * ts/Z * tp + Pt [3] ta = Ts/N + tl + tr Avremo che il tempo unitario sarà sinteticamente espresso da:
tm = tz+ ta dove ta dipende solo dall’entità N del lotto, mentre tZ è la parte variabile con i dati di taglio. Inoltre, Tp e Pt dipendono dal limite di confidenza associato alla vita programmata T. Il costo unitario di lavorazione per pezzo è anch’esso composto da diversi termini, alcuni dei quali sono basati su costi per unità di tempo e altri su costi direttamente attribuibili al pezzo. I costi per unità di tempo riguardano i tempi d’impegno della macchina utensile. Considerando pezzi di qualunque dimensione (quindi anche molto grandi) si può avere un particolare costo per unità di tempo relativo a ciascuna delle seguenti fasi: cs: preparazione macchina; cl: carico – scarico del pezzo; cm: azionamento macchina (comprendente tutti i moti relativi dell’utensile sul pezzo e la sostituzione dell’utensile). Gli altri costi derivano dalle seguenti fonti: Cd/N: esecuzione di disegni e attrezzature speciali (quota parte); Cp/N: preparazione dell’ordine (emissione documenti, programmazione, ecc.); Ce: collaudo; Cs(tc/Tp): utensile; Pc: penalità dovuta alla natura probabilistica di T.
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I costi per unità di tempo comprendono, in modo uguale per tutti, ammortamento macchina, area occupata, illuminazione, servizi generali e manodopera indiretta. La manodopera diretta può avere un’incidenza diversa secondo il tipo di attività. Il costo cm, inoltre, comprende la potenza assorbita e il consumo di liquido lubro-refrigerante. Perciò esso è in linea di principio influenzato dalle condizioni di taglio. Tuttavia un’analisi di sensibilità del costo di lavorazione a variazioni di cm con Z ha mostrato che l’errore che si commette assumendo per cm un valore medio costante è in generale trascurabile. Per macchine medio-piccole si pone spesso cs=cl=cm=cost. Anche il costo dell’utensile Cs (che comprende acquisto, immagazzinamento, distribuzione ed eventuale recupero) in teoria è influenzato dal consumo, ossia dalla frequenza di sostituzione. Poiché lo stesso utensile è spesso usato per lavorazioni diverse, non si commette errore apprezzabile assumendo Cs costante. Per quanto concerne gli utensili riaffilabili, a parità di costi di immagazzinamento e distribuzione la riaffilatura modifica il costo dell’utensile (ossia per vita programmata) nel senso che il costo di acquisto va sostituito dal costo:
(Ct-p+nrcr)/ (nr-1)
dove Ct-p è il costo di acquisto propriamente detto (al netto di eventuale ricavo per vendita o riutilizzo del materiale dell’utensile al termine delle riaffilature), nr il numero di riaffilature e cr il costo di una riaffilatura. L’espressione del costo di lavorazione per pezzo è dunque:
Cc=Cm(ya/Z + ts * y/Z * Tp) + Cs * y/Z * Tp + Pc + (cs Ts + cd +cp)/N + cl tl +ce Ponendo poi: [1] Cz = Cm(ya/Z + ts * y/Z * Tp) + Cs * y/Z * Tp + Pc [2] Ca= (cs Ts + cd +cp)/N + cl tl +ce L’espressione Cc diventa:
Cc= Cz + Ca
dove Ca dipende in parte solo dal volume N del lotto, mentre CZ è la parte variabile con i dati di taglio. Tp e Pc dipendono dal limite di confidenza associato alla vita utensile programmata T. Infine, l’espressione di Pc è la seguente:
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dove Rw è il costo medio da sostenere per la riparazione e/o lo scarto del pezzo e/o dell’utensile in seguito alla fine prematura della vita utensile. Questo costo è da ritenersi indipendente dai dati di taglio.
3.1.3 Determinazione del limite ottimale di confidenza Sia nota T(v,f,a) e la relativa legge di distribuzione di T, che in linea di principio può variare con i dati di taglio. Questa distribuzione, infatti, è influenzata dai vari fenomeni che determinano l’usura (temperatura del tagliente, abrasione meccanica, diffusione di elementi fra utensile e pezzo in lavoro, ecc.), i quali agiscono con diversa intensità a seconda della combinazione (v,f,a). Ad ogni modo, assegnata la terna di dati di taglio e quindi fissati i valori di Z e tf, la vita T diviene una funzione decrescente di α. Perciò, essendo Tp < T, anche Tp è una funzione decrescente di α. Per quanto concerne cz, ponendo:
Cz assumerà la forma:
dove e Tp sono funzioni della sola α, mentre gli altri termini e fattori sono costanti. Il rapporto presenta un minimo per un dato valore α0 di α, che rende minimo anche cz. A questo valore ottimale di α0 corrisponde una vita programmata T0, un valore ottimale Tp0 della vita produttiva attesa e un valore ottimale di . Ponendo poi per brevità si nota che Tc è il massimo valore che il rapporto assume per la data terna (v,f,a). La figura 3.4 mostra schematicamente due tipiche curve della funzione CZ(α).
3.1 Metodo “Ravignani”
Figura 3.4: Curve
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e cz per la determinazione di α0.
La curva “a” si riferisce a una lavorazione di tornitura con bassa penalità di costo, la curva “b” ad un’operazione di foratura con alta penalità. In ogni caso si nota che per α che tende a 1 il valore di CZ aumenta molto rapidamente sopra il minimo. Ciò indica che margini di sicurezza eccessivi causano inutili aumenti di costo.
3.2 Attività sperimentale presso Sandvik
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3.2 Attività sperimentale presso SANDVIK 3.2.1 Descrizione specifica tecnica e procedura di misura VB L’attività sperimentale è stata progettata per rilevare l’evoluzione dell’usura tramite la misura della grandezza VB; la rilevazione di tale grandezza seguirà la ISO 3685 (Tool-life testing with single-point turning tools) in funzione dei parametri di taglio Feed (F, avanzamento al giro, mm/giro) e Speed (S, velocità di taglio, m/min) e del tempo di lavoro dell’inserto.
Figura 3.5: Forme dell’usura, in accordo con ISO 3685.
Così come descritto nella figura 3.5, le principali tipologie di usura rilevabile sono: VBN (Notch Depth): profondità dell’intaglio; VBMAX (Maximum Flank Wear): usura massima del fianco dell’inserto; VBA, VBB (Flank Wear): usura del fianco dell’inserto. Nell’attività sperimentale, volta alla valutazione della modalità di evoluzione dell’usura sul fianco dell’inserto in funzione delle condizioni di taglio, la variabile stocastica VB (larghezza del labbro di usura, da rilevare nella zona indicata con B in Figura 3.11) è influenzata dall’avanzamento, dalla velocità di taglio e dal tempo di contatto. La sperimentazione è stata svolta presso il laboratorio della sede di Milano di SANDVIK Italia. Le prove di tornitura cilindrica sono state
3.2 Attività sperimentale presso Sandvik
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svolte su un tornio Mazak Integrex 200-III equipaggiato con sistema di controllo numerico computerizzato (CNC) Mazatrol.
Figura 3.6: Tornio Mazak utilizzato nella sperimentazione.
Per la rilevazione delle diverse tipologie di usura sono state acquisite in maniera progressiva delle immagini con un microscopio Dinolite-Pro AM413T a 220 ingrandimenti; anche questo strumento è stato fornito da SANDVIK.
Figura 3.7: Microscopio Dinolite-Pro.
3.2 Attività sperimentale presso Sandvik
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Il materiale utilizzato per le prove sperimentali è costituito da barre cilindriche di acciaio VASCO X-2 della durezza di 32 HRC, le cui dimensioni sono Diametro: Ø=65 mm. Lunghezza: L=500 mm.
Figura 3.8: Barre utilizzate per la sperimentazione.
La configurazione adottata per il fissaggio della barra al mandrino è quella classica con autocentrante meccanico a tre griffe. Per evitare l’insorgere di momenti flettenti e di forze dannose alla lavorazione, si è deciso di stabilizzare la barra utilizzando una contropunta.
Figura 3.9: Configurazione tornio.
3.2 Attività sperimentale presso Sandvik
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L’inserto oggetto della nostra sperimentazione è codificato come DCMT 11 T3 08 ed è realizzato dalla SANDVIK.
Figura 3.10: Inserto utilizzato.
La qualità di questo inserto è GC4325; questo è realizzato in metallo duro (carburi di tungsteno, cobalto e tantalio) ricoperto da diversi strati. 1° Strato: rivestimento di allumina ad alta resistenza con struttura cristallina controllata. La crescita controllata di strati di atomi viene utilizzata per dirigere le più robuste sfaccettature dei cristalli verso la zona di taglio e, quindi, aumentare notevolmente la resistenza all’usura. La superficie superiore è liscia e non si salda al truciolo. 2° Strato: rivestimento di TiCN (carbonitruro di titanio), a grana fine, con struttura colonnare che è dura e resistente all’usura rispetto all’usura abrasiva. Figura 3.11: Substrati inserto.
Lo stelo porta-inserto è codificato come C5-SDJCL ed è anch’esso realizzato dalla SANDVIK.
Figura 3.12: Stelo porta-inserto.
3.2 Attività sperimentale presso Sandvik
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La misura dei valori di VB e VBMAX sulle immagini rilevate con il microscopio durante l’esecuzione delle prove è stata effettuata utilizzando strumenti software che ci permettessero l’elaborazione grafica delle immagini. In accordo con la ISO 3685, si riporta la procedura dettagliata seguita.
Ricostruzione del bordo originale dell’inserto. Usando il bordo non usurato è stato possibile ricostruire il profilo dell’inserto (segmento giallo).
Esclusione dell’intaglio ai fini della misura nella zona centrale del bordo usurato. Misura della lunghezza totale (segmento rosso). Eliminazione del primo quarto della lunghezza totale (segmento giallo compreso tra i due segmenti verticali azzurro e bianco). Esclusione del tratto curvilineo dell’inserto (zona compresa tra segmento verticale blu e il segmento verticale violetto).
3.2 Attività sperimentale presso Sandvik
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Misura dell’area centrale della zona usurata (compresa tra segmento verticale bianco e segmento verticale blu). Misura della distanza tra i due segmenti verticali (bianco e blu). Determinazione del VB medio come rapporto tra area e distanza. Misura del valore di VBMAX all’interno della zona usurata (segmento verticale verde).
Tabella 3.1: Misura del VB, procedura dettagliata.
3.2.2 Piano Sperimentale e modalità di acquisizione dati Ai fini della sperimentazione è stato inizialmente progettato un piano fattoriale completo, considerando tre livelli per ciascuna delle variabili del processo di taglio prese in considerazione, Feed e Speed, come riportato nel grafico di Figura 3.19. I livelli dei parametri di taglio che si è deciso di investigare in una prima fase sono contenuti negli intervalli: Feed = 0.15 ÷ 0.25 mm/giro; Speed = 120 ÷ 160 m/min. Per quel che concerne la lavorabilità dell’acciaio VASCO X-2 la letteratura presente in commercio è scarsa e di poco conto. L’intervallo di valori che si è scelto di valutare è frutto dell’esperienza maturata in Agusta e delle conoscenze degli esperti SANDVIK. In particolare ci si è basati sullo studio di acciai con caratteristiche simili a quelle dell’acciaio oggetto del nostro studio in modo tale da avere dei punti di riferimento sui quali valutare la bontà degli intervalli scelti. Consultando [Mac92]
3.2 Attività sperimentale presso Sandvik
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abbiamo trovato una buona affinità tra VASCO X-2 e AISI H12 (acciaio per utensili), per cui si è deciso di tenere i valori indicati per questo acciaio come punto di partenza. Valutando il ciclo di lavorazione del pignone si è deciso di mantenere la profondità di passata (DOC – Depth Of Cut) costante e pari a 1.5 mm. Pertanto sono state prese in considerazione 9 combinazioni di Feed e Speed.
Figura 3.13: Piano fattoriale a tre livelli.
Secondo la normativa ISO 3685, l’analisi dell’evoluzione dello stato di usura di un inserto richiede la rilevazione delle grandezze di interesse VB e VBMAX ad intervalli di tempo regolari (Δt ) durante l’esecuzione della prova. Tale rilevazioni vengono fatte tramite l’asulio di un microscopio (es. Dinolite Pro AM413T). Per il conteggio del tempo di lavorazione abbiamo utilizzato un cronometro. Il valore del Δt scelto è funzione della rapidità con cui degrada l’acciaio; all’inizio della sperimentazione, non sapendo il comportamento del materiale, abbiamo utilizzato Δt=15 s per avere la certezza di catturare un buon numero di istanti significativi. Tale valore non è vincolato a normativa, per cui in corso d’opera è stato modificato.
3.2 Attività sperimentale presso Sandvik
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La fasi nelle quali si articola la singola prova sono di seguito descritte:
Fase 1: - Scegliere i valori di F ed S relativi alla prova che si vuole eseguire; - Scegliere intervallo di tempo Δt per la rilevazione dell’usura; Fase 2: - Esecuzione della tornitura fino a quando il tempo di lavorazione raggiunge il valore dell’intervallo fissato; Fase 3: - Interruzione della lavorazione; - Smontaggio dell’inserto; - Posizionamento dell’inserto sotto il microscopio e acquisizione dell’immagine; - Misura di VB e VBMAX; - Verifica del raggiungimento della soglia limite (VB=0,3 mm). Nel caso VB non abbia raggiunto il valore limite, si devono iterare le prime due fasi; Fase 4: - A questa ultima fase si accede solo quando il valore di VB ha superato il valore limite; - Analisi dei dati con la creazione delle curve che definiscono l’evoluzione dell’usura dell’inserto in funzione del tempo di lavorazine e dei parametri di taglio.
Nel diagramma di flusso di figura 3.14 sono riportate in maniera schematica tutte le fasi seguite.
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Figura 3.14: Processo di acquisizione dei dati.
100
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3.2.3 Fasi dell’attività sperimentale La campagna sperimentale è stata suddivisa in due fasi ben distinte; nella prima fase è stata valutata la fattibilità del piano proposto, in relazione con le specifiche tecniche del laboratorio e con gli obiettivi da perseguire. Nella seconda fase sono state prese in considerazione eventuali modifiche da apportare al piano sperimentale tenendo conto delle informazioni acquisite nella prima parte della campagna. Nella prima fase abbiamo monitorato il comportamento dell’inserto in una delle condizioni di massima sollecitazione: Feed = 0,2 mm/giro; Speed = 160 m/min. La prova è stata eseguita seguendo le specifiche descritte nei paragrafi precedenti. Per rispecchiare le condizioni di lavorazione Agusta, il lubrorefrigerante è stato irrorato sulle barre in bassa pressione (6 bar). Per questa prova è stato fissato un Δt=15 s. Quello che si è potuto da subito notare è il lento degrado dell’inserto nonostante le condizioni di taglio molto stressanti. Di seguito vengono riportate parte delle immagini scattate con il microscopio per monitorare la progressione del labbro di usura. Intervallo di acquisizione
45 ÷ 60 s
Usura del fianco
3.2 Attività sperimentale presso Sandvik
105 ÷ 120 s
165 ÷180 s
300 ÷ 315 s
345 ÷ 360 s
Tabella 3.2: Acquisizioni prima prova. Feed=0,2 mm/giro, Speed=160 m/minuto.
102
3.2 Attività sperimentale presso Sandvik
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Nella figura 3.15 è stato tracciato l’andamento del VB. Dal momento che il materiale costituiva una risorsa critica, la prova è stata interrotta dopo 15 min di contatto nei quali non siamo arrivati al valore limite per l’usura del labbro.
Figura 3.15: Curva evoluzione VB. Feed=0,2 mm/giro, Speed=160 m/minuto.
Per accelerare il processo di degrado dell’inserto e favorire quindi il raggiungimento dei valori soglia per i quali interrompere l’acquisizione si è deciso di modificare i valori del piano preso in analisi. Nella seconda fase abbiamo dunque cambiato gli intervalli del nostro piano per favorire il processo di usura. I livelli dei parametri di taglio che si è deciso di adottare in questa seconda fase sono contenuti negli intervalli: Feed = 0.2 ÷ 0.3 mm/giro; Speed = 160 ÷ 240 m/min. Come si nota dalla figura 3.16, adottando questi intervalli il punto oggetto della nostra indagine esplorativa rientra nel nuovo piano come condizione di minima sollecitazione. Questa scelta è stata presa per non
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perdere informazioni preziose riguardanti il comportamento dell’acciaio, soprattutto data la condizione critica rappresentata dalla carenza di materiale tornibile.
Figura 3.16: Piano fattoriale a tre livelli, modifica seconda fase.
Di questo nuovo piano, dal momento che la condizione di minima sollecitazione è stata già testata, si è deciso di analizzare la condizione di massima sollecitazione (punto D) al fine di avere un’idea più chiara dell’andamento delle curve di usura. Il procedimento adottato è analogo a quello adottato nella prima fase di indagine esplorativa. Nonostante l’upgrade dei parametri di taglio, anche in questo caso l’inserto ha sopportato bene lo stress e il labbro di usura ha raggiunto un valore ben lontano dal limite di soglia imposto dalla normativa. Anche in questo caso, arrivati a un certo punto abbiamo dovuto interrompere la prova dal momento che si stava esaurendo il materiale tornibile. Nella figura 3.17 è stato tracciato l’andamento del VB. All’inizio della prova il valore di Δt è stato fissato a 15 s. Con il passare dei minuti di contatto e con lo stabilizzarsi della progressione dell’usura dell’inserto, Δt è stato aumentato a 30 s.
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Figura 3.17: Curva evoluzione VB. Feed=0,3 mm/giro, Speed=240 m/minuto.
In accordo con figura 3.18, l’andamento mostrato dal grafico è quello classico legato all’evoluzione dell’usura sul fianco: 0÷210 s = usura iniziale rapida. L’inserto passa rapidamente da una condizione iniziale di VB=0 mm ad una condizione di VB=0,1 mm. 210 ÷ 1110 s = usura moderata. Accrescimento lento del labbro di usura.
Figura 3.18: Curva completa evoluzione usura del labbro.
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Il lento accrescimento del labbro di usura ha messo in discussione la strategia adottata spingendoci a cercare nuove cause che ci permettessero di definire una condizione comune di “fine vita” per gli inserti. Un’analisi più approfondita delle immagini acquisite con il microscopio ha evidenziato come fosse più rapida e significativa l’evoluzione dell’intaglio durante le varie fasi di tornitura.
Figura 3.19: Acquisizione usura inserto. Feed=0,3 mm/giro, Speed=240 m/minuto.
Le condizioni di massima sollecitazione dei parametri di taglio hanno enfatizzato l’effetto dell’intaglio dell’inserto. Questo spiega come mai, nonostante un VB contenuto, l’inserto sia andato fuori geometria e abbia perso efficacia nell’asportazione di truciolo andando a solcare la superficie delle barre e lasciando uno strato molto grosso di bava.
Figura 3.20: Particolare bava presente sulla barra.
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Si è deciso dunque di porre a confronto l’evoluzione delle due tipologie di usura. Per far ciò sono state ri-processate tutte le immagini precedentemente acquisite, andando a misurare la profondità dell’intaglio rispetto al bordo non usurato dell’inserto. Il risultato è contenuto nella figura 3.21.
Figura 3.21: Confronto notch depth vs VB. Punti estremi del piano fattoriale.
Da questo grafico notiamo come per la condizione di massima sollecitazione, punto D, l’instaurarsi dell’intaglio sia pressochè immediato e molto importante; arriviamo a valori prossimi a 0,5 mm. Oltre questi valori non abbiamo investigato, dal momento che la prova era stata interrotta per l’esaurirsi del materiale a nostra disposizione. Per il punto B del piano fattoriale, quello a stress minimo, l’intaglio si instaura dopo un tempo di contatto pari a 690 s e cresce con una pendenza simile a quella del punto D. In tutte e due i casi, l’evoluzione dell’usura ad intaglio, una volta innescata, è molto più rapida rispetto all’evoluzione del labbro di usura.
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3.2.4 Notch Depth (ND) Secondo [San10] il notch depth, o usura ad intaglio, è un tipo di usura dell’inserto caratterizzato da un eccessivo danneggiamento localizzato sia sul petto sia sul fianco dell’inserto alla profondità della linea del taglio. È causato dall’adesione (saldatura dei trucioli dovuto alla pressione) e da una deformazione della superficie incrudita. Si tratta di un tipo di usura comune durante la lavorazione di acciai inossidabili e Superleghe Resistenti al Calore (HRSA). Le letteratura riguardante questo fenomeno è modesta e poco approfondita; ciò è conseguenza diretta del fatto che la lavorazione delle HRSA è tema di attualità e gli studi sono tutti in corso. Inoltre, a differenza del VB, per il notch depth non abbiamo nessun tipo di normativa che definisca in maniera univoca le modalità di acquisizione dei dati e che descriva l’evoluzione di questa tipologia di usura nel tempo. In [Klo11] si afferma come il notch depth sia una delle forme più pericolose dell’usura, in quanto molto instabile. Una volta formatosi l’intaglio, tutte le forze in gioco durante la tornitura si scaricano su di esso e l’evoluzione di quest’ultimo diventa imprevedibile e talvolta repentina. Esistono, tuttavia, diversi metodi che ci permettono di prevenire l’insorgere dell’intaglio. Secondo [Li12] l’usura ad intaglio può essere minimizzata con la buona pianificazione di tutti i vari passaggi del ciclo di lavorazione e adottando alcuni accorgimenti generali. In primo luogo, per rendere omogenea la distribuzione delle forze sul tagliente in presa dell’inserto bisognerebbe adottare la tipologia di inserti codificata RCMT o RCGT di forma rotonda. Questo permetterebbe di aumentare la zona di contatto tra il materiale da lavorare e l’inserto, ottenendo immediata diminuzione dei carichi di punta, maggior resistenza dell’inserto nel tempo e qualità superficiale ottima.
Figura 3.22: Tornitura cilindrica, inserto rotondo.
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I contro di questa soluzione sono legati ai problemi che si hanno nell’adattare questa particolare forma d’inserto alle esigenze progettuali di geometria che talvolta si hanno; gli ingombri degli inserti rotondi non permettono di eseguire torniture in profondità o di spallamenti. In figura 3.23 vediamo poi la differenza di usura tra un tagliente di un inserto rotondo (a sinistra) e uno di un inserto classico romboidale codificato VBGW.
Figura 3.23: Differenza usura taglienti inserti.
Più è ampio il raggio di contatto meno è localizzata l’usura e meno si danneggia l’inserto; viceversa, per raggi di contatto bassi, notiamo l’insorgere di intaglio e di craterizzazione. Quando per motivi progettuali non possiamo adottare inserti di forma tonda, si devono scegliere inserti con angoli di registrazione compresi tra i 25° e i 60°.
Figura 3.24: Effetto dell’angolo di registrazione sul meccanismo di usura.
Sia [Klo11] che [Li12] affermano che i materiali da taglio in ceramica offrono eccellente produttività nelle operazioni di sgrossatura delle HRSA. La loro applicazione differisce notevolmente rispetto al metallo duro per via della loro resistenza alle elevate temperature che consente
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di impiegare alte velocità di taglio per produrre un truciolo altamente plasticizzato e “reciso di netto” e per la loro bassa tenacità che, tuttavia, può causare al tagliente scheggiature e sfaldamento della parte superiore. Ci sono 2 tipi di ceramica sviluppati per l’impiego nelle HRSA: Sialon (Silicio, Alluminio, Ossigeno, Azoto): combinazione di nitruro di silicio e ossido di alluminio. Possiede la migliore stabilità chimica che resiste all’usura ad intaglio. È ideale per lunghi tempi di contatto in materiali puliti con RNGN, per profilatura/esecuzione di tasche con tecniche di programmazione ottimizzate e per sgrossatura pesante, a tuffo e lavorazione diretta nel raccordo. Ceramica rinforzata con “whisker”: fornisce maggiore tenacità e macroresistenza rispetto ai tradizionali inserti ceramici. È la scelta prioritaria per la lavorazione di componenti forgiati con scaglia grezza ed ovalità. La velocità dovrebbe essere bilanciata per generare sufficiente calore nella zona di taglio al fine di plasticizzare il tagliente, ma non in modo eccessivo da sbilanciare la ceramica. L'avanzamento dovrebbe essere selezionato per fornire uno spessore truciolo che sia sufficientemente elevato da non incrudire il materiale, ma non in modo tale da causare la scheggiatura del tagliente. Avanzamenti e profondità di taglio richiedono una riduzione della velocità di taglio. Queste limitazioni cambieranno in funzione della durezza del materiale del componente e della dimensione del grano. Secondo [Klo11] e [San10] elemento chiave per la prevenzione dell’usura ad intaglio è la scelta di una strategia di taglio appropriata. L’adozione della tornitura cilindrica in rampa, specie se abbinata a inserti ceramici rotondi, riduce quasi totalmente il rischio di danneggiare l’inserto e compromettere la produzione. La lavorazione in rampa consiste nel programmare una profondità di taglio variabile nell’o-perazione di taglio. Come risultato della profondità di taglio in continuo cambiamento abbiamo che l' effetto del bordo dei trucioli altamente abrasivi è concentrato non solo su una posizione del tagliente, ma viene piuttosto distribuito lungo una superficie maggiore della stessa. In questa zona l’intaglio procederà in maniera molto più lenta e l’inserto potrà essere usato più a lungo.
3.2 Attività sperimentale presso Sandvik
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Figura 3.25: Riduzione intaglio su un inserto ceramico rotondo, tornitura in rampa.
In figura 3.25 notiamo una significativa differenza tra il tagliente di un inserto che ha lavorato con una classica tornitura cilindrica e uno invece per il quale è stata adottata una tornitura in rampa. L’ultima variabile da considerare è la pressione del lubrorefrigerante. Per [Alt06] l’utilizzo di pressioni comprese tra 13÷15 Mpa tende a ridurre drasticamente la formazione di usura ad intaglio; di contro, con pressioni superiori a 20 Mpa questo effetto viene amplificato.
3.2.5 Strategia di sperimentazione alternativa Avendo capito che il comportamento degli inserti DCMT è assimilabile a quello che si ottiene lavorando leghe HRSA, il nostro focus si è puntato sull’usura ad intaglio e non più sull’usura del labbro. Punto cruciale per poter elaborare una strategia di analisi alternativa a quella fissata inizialmente è stato capire come calare nel contesto della lavorazione AgustaWestland le informazioni presenti in letteratura. Le strade da poter percorrere prevedevano: Adottare le soluzioni proposte per la prevenzione del notch depth e svolgere la campagna prove utilizzando quegli accorgimenti. Continuare le prove utilizzando gli utensili a nostra disposizione.
3.2 Attività sperimentale presso Sandvik
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Per capire che strada intraprendere è stato ripreso in analisi il ciclo di lavorazione del pignone Boeing; in particolare è stata eseguita una valutazione incrociata per valutare se gli accorgimenti necessari alla prevenzione del notch depth potessero combaciare o meno con i macchinari presenti in azienda e con le specifiche progettuali. Il risultato di questa analisi è sintetizzato nella matrice di tabella 3.3.
Tabella 3.3: Matrice delle soluzioni adottabili per prevenire notch depth.
Delle soluzioni proposte, solo una si sposa con la lavorazione del pignone. Non potendo applicare quindi gli accorgimenti alla sperimentazione, abbiamo deciso di proseguire l’attività sperimentale con gli utensili e le strategie precedentemente adottate. Arrivati a questo punto, l’obiettivo che ci siamo posti è stato quello di poter terminare la sperimentazione testando ogni singolo punto del piano fattoriale. La strategia di acquisizione dei dati che abbiamo seguito è stata del tutto analoga a quella della prima parte; l’unica differenza è stata l’adottare come criterio di fine vita un valore nel Notch Depth pari a 0,2 mm anziché VB=0,3 mm. Non sapendo come si sarebbe comportato il materiale nei punti non estremanti del piano, siamo stati costretti ad utilizzare una soglia limite piuttosto cautelativa per non rischiare di incorrere in problemi dovuti alla mancanza di materiale tornibile. Nella tabella 3.4 sono riportati tutti i dati che abbiamo raccolto durante la nostra campagna sperimentale.
3.2 Attività sperimentale presso Sandvik
Tool Life (s) 15 30 45 60 75 90 105 120 150 180 210 240 270 300 330 360 390 420 450 480 510 540 570 600 630 660 690 720 750 780 810 840 870 900 930 960 990 1020 1050 1080 1110
ND – D ND – B ( mm) (mm) 0,052 0 0,071 0 0,074 0 0,085 0 0,128 0 0,154 0 0,162 0 0,17 0 0,187 0 0,192 0 0,202 0 0,21 0 0,215 0 0,218 0 0,223 0 0,248 0 0,269 0 0,283 0 0,288 0 0,313 0 0,347 0 0,368 0 0,38 0 0,397 0 0,401 0 0,423 0 0,433 0 0,438 0,005 0,441 0,02 0,444 0,038 0,456 0,047 0,462 0,05 0,471 0,074 0,475 0,083 0,479 0,085 0,482 0,091 0,486 0,098 0,492 0,11 0,495 0,112 0,496 0,125 0,497 0,128
ND – F ND – A ND – H (mm) (mm) (mm) 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0,022 0 0 0,065 0 0 0,084 0 0 0,13 0,02 0 0,148 0,09 0 0,157 0,1 0,05 0,169 0,118 0,072 0,182 0,124 0,085 0,196 0,133 0,098 0,2 0,145 0,125 0,162 0,141 0,176 0,153 0,185 0,168 0,21 0,178 0,191 0,205
113
ND–E (mm) 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0,02 0,033 0,043 0,048 0,065 0,07 0,083 0,085 0,091 0,105 0,11 0,12
ND–I ND –C ND – G (mm) (mm) (mm) 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0,025 0 0 0,032 0 0 0,061 0 0 0,075 0 0,012 0,082 0 0,023 0,092 0 0,03 0,095 0 0,041 0,101 0,01 0,05 0,112 0,015 0,058 0,028 0,062 0,033 0,079 0,041 0,087 0,058 0,1 0,062 0,11 0,07 0,08 0,092 0,102 0,11
Tabella 3.4: Evoluzione depth, dati raccolti.
Come si può ben vedere da questi dati, il momento di innesco dell’intaglio varia a seconda della coppia di parametri di taglio adottati. A causa della non prevedibilità di questo fenomeno e a causa dell’esaurirsi prematuro delle barre, per i punti E, I,C,G del piano
3.2 Attività sperimentale presso Sandvik
114
abbiamo dovuto interrompere la prova arrivati alla soglia ND=0,1 mm e non siamo riusciti ad andare oltre. Se ci fossimo spinti oltre questo valore avremmo esaurito il materiale a nostra disposizione e non avremmo potuto testare tutti i punti. L’andamento del notch depth per i vari punti testati è riportato nel grafico di figura 3.26.
Figura 3.26: Evoluzione progressiva notch depth.
3.3 Post processing
115
3.3 Post Processing In questo paragrafo sono riportati dettagliatamente tutti i passaggi che ci hanno permesso di svolgere in maniera completa ed approfondita il post-processing dei dati raccolti sfruttando l’analisi della varianza (ANOVA). L’analisi dei dati ha avuto due obiettivi:
Stima della relazione di vita utensile per un criterio di usura pari a ND=0,1 mm; Stima della relazione che lega il ND con il tempo di lavorazione e i parametri di processo.
3.3.1 Individuazione variabile significativa Avendo scelto come criterio di fine vita ND=0,1 mm, abbiamo estrapolato 9 valori corrispondenti ai 9 punti testati del piano fattoriale.
Punto B I A G E F C H D
DATASET (interpolazione) Feed (mm/giro) Speed (m/min) Tool Life (s) Run Order 0,2 160 995 2 0,2 200 720 7 0,2 240 302,22 4 0,25 160 840,1 9 0,25 200 570,2 6 0,25 240 210 3 0,3 160 535 8 0,3 200 110,22 5 0,3 240 65,23 1 Tabella 3.5: Dati estrapolati, interpolazione.
In questa prima fase dell’analisi, i dati sono stati ricavati mediante semplice interpolazione: è stata costruita la retta passante attraverso i due punti adiacenti il livello ND=0,1 della curva di evoluzione usura e da questa ci siamo ricavati il valore esatto. In primo luogo sono stati tracciati i grafici che riportano l’andamento della velocità e dell’avanzamento in funzione del tempo.
3.3 Post processing
116
Scatterplot of Tempo vs Velocità; Avanzamento 0,200
Velocità
0,225
0,250
0,275
0,300
Avanzamento
1000
Tempo
800
600
400
200
0 150
175
200
225
250
Figura 3.27: Scatterplot of Tempo vs Velocità; andamento.
Da questo grafico possiamo vedere come non vi siano dati strani.
Figura 3.28: Interaction plot. Main effects plot.
Notiamo come non vi sia interazione tra i dati e che la variabile velocità sembrerebbe essere la più significativa tra le due. Costruiamo quindi un modello ANOVA a due fattori per lo studio della varianza delle due variabili. General Linear Model: Tempo versus Avanzamento; Velocità Method Factor coding
(-1; 0; +1)
Factor Information Factor Avanzamento Velocità
Type Fixed Fixed
Levels 3 3
Values 0,20; 0,25; 0,30 160; 200; 240
3.3 Post processing
117
Analysis of Variance Source Avanzamento Velocità Error Total
DF 2 2 4 8
Adj SS 299224 536795 40829 876848
Adj MS 149612 268397 10207
F-Value 14,66 26,29
P-Value 0,014 0,005
Model Summary S 101,031
R-sq 95,34%
R-sq(adj) 90,69%
R-sq(pred) 76,43%
Coefficients Term Constant Avanzamento 0,20 0,25 Velocità 160 200
Coef 483,1
SE Coef 33,7
T-Value 14,35
P-Value 0,000
VIF
189,3 57,0
47,6 47,6
3,97 1,20
0,016 0,298
1,33 1,33
306,9 -16,3
47,6 47,6
6,44 -0,34
0,003 0,749
1,33 1,33
Regression Equation Tempo = 483,1 + 189,3 Avanzamento_0,20 + 57,0 Avanzamento_0,25 246,3 Avanzamento_0,30 + 306,9 Velocità_160 - 16,3 Velocità_200 - 290,6 Velocità_240
Notiamo come i p-value relativi alle due variabili siano molto bassi e che il valore di Rsq(adj) sia in percentuale molto alto a riprova della bontà del modello costruito. Prima di trarre conclusioni, procediamo con l’analisi dei residui. Scatterplot of SRES vs FITS; Avanzamento; Velocità FITS
Avanzamento
2 1 0 -1
SRES
-2 0
250
500
750
10000,200
0,225
0,250
0,275
0,300
Velocità
2 1 0 -1 -2 150
175
200
225
250
Figura 3.29: Scatterplot of SRES vs FITS; Avanzamento; Velocità.
3.3 Post processing
118
L’analisi non sembra mostrare la presenza di outlier o di valori anomali. Si nota, tuttavia, un andamento leggermente irregolare della varianza
Figura 3.30: Test normalità.
Il test sulla normalità dei residui è superato. L’andamento leggermente irregolare della varianza è casuale e il modello che abbiamo creato è valido. Possiamo dunque affermare che le due variabili analizzate siano entrambe significative ai fini dell’evoluzione del notch depth. Autocorrelation Function for Residui Ordinati (with 5% significance limits for the autocorrelations) 1,0 0,8
Autocorrelation
0,6 0,4 0,2 0,0 -0,2 -0,4 -0,6 -0,8 -1,0 1
2
Lag
Figura 3.31: Test autocorrelazione.
Il test di autocorrelazione è superato: non abbiamo autocorrelazione dei dati.
3.3.2 Relazione tra ND, tempo e parametri di processo Obiettivo di questa fase è di trovare la relazione ND=ND(t,feed,speed) dove t è il tempo di lavorazione che, in generale, è dato dalla K t , essendo K una costante opportuna che dipende dal Feed * Speed
3.3 Post processing
119
volume di materiale asportato e da altri parametri tecnologici come, ad esempio, la profondità di passata. Per stimare la relazione si propone di considerare tutti i dati disponibili e di provare a stimare un’adeguata relazione di regressione . Utilizzando il dataset ricavato con l’interpolazione che è stato utilizzato per costruire il modello anova a due fattori, abbiamo valutato quale regressione ci permettesse di trovare il legame tra i diversi fattori. Valutiamo un modello lineare. Il risultato che otteniamo è il seguente: Regression Analysis: Tool Life versus Speed; Feed Analysis of Variance Source Regression Speed Feed Error Total
DF 2 1 1 6 8
Adj SS 820207 535599 284608 56641 876848
Adj MS 410103 535599 284608 9440
F-Value 43,44 56,74 30,15
P-Value 0,000 0,000 0,002
Model Summary S 97,1608
R-sq 93,54%
R-sq(adj) 91,39%
R-sq(pred) 85,07%
Coefficients Term Constant Speed Feed
Coef 3066 -7,469 -4356
SE Coef 282 0,992 793
T-Value 10,86 -7,53 -5,49
P-Value 0,000 0,000 0,002
VIF 1,00 1,00
Regression Equation Tool Life = 3066 - 7,469 Speed - 4356 Feed
Notiamo come i p-value relativi alle due variabili siano molto bassi e che il valore di Rsq(adj) sia in percentuale molto alto a riprova della bontà del modello costruito. Lo stimatore S della varianza è tuttavia molto grande. Prima di trarre conclusioni, procediamo con l’analisi dei residui.
3.3 Post processing
120
Scatterplot of SRES vs FITS; Speed; Feed FITS
Speed 1 0 -1
SRES
-2 0
250
500
750
1000150
175
200
225
250
Feed 1 0 -1 -2 0,200
0,225
0,250
0,275
0,300
Figura 3.32: Scatterplot of SRES vs FITS; Speed; Feed.
Dal grafico non si evince andamento anomalo della varianza.
Figura 3.33: Test normalità residui.
Anche il test sulla normalità dei residui è superato, per cui il modello costruito è valido. In accordo con il modello di Taylor, trasformiamo i dati ricavati mediante logaritmo naturale per provare a ricavare una regressione con uno stimatore S più piccolo e un intervallo di confidenza più contenuto. Regression Analysis: ln(Tool Life) versus ln(Speed); ln(feed) Analysis of Variance Source Regression ln(Speed) ln(feed) Error Total
DF 2 1 1 6 8
Adj SS 6,224 3,637 2,587 1,013 7,236
Adj MS 3,1119 3,6365 2,5873 0,1688
F-Value 18,44 21,55 15,33
P-Value 0,003 0,004 0,008
3.3 Post processing
121
Model Summary S 0,410819
R-sq 86,01%
R-sq(adj) 81,34%
R-sq(pred) 69,48%
Coefficients Term Constant ln(Speed) ln(feed)
Coef 21,60 -3,834 -3,234
SE Coef 4,52 0,826 0,826
T-Value 4,78 -4,64 -3,92
P-Value 0,003 0,004 0,008
VIF 1,00 1,00
Regression Equation ln(Tool Life) = 21,60 - 3,834 ln(Speed) - 3,234 ln(feed)
Il modello è ottimo: i p-value sono bassi, lo stimatore S è basso e R2adj è ottimo. Si procede quindi con l’analisi dei residui. Scatterplot of SRES vs FITS; ln(Speed); ln(feed) FITS
ln(Speed) 1
0
SRES
-1 5
6
7
5,1
5,2
5,3
5,4
5,5
ln(feed) 1
0
-1 -1,6
-1,5
-1,4
-1,3
-1,2
Figura 3.34: Scatterplot of SRES vs FITS; Speed; Feed.
Figura 3.35: Test normalità residui.
L’analisi dei residui non mostra anomalie. Il modello può ritenersi valido ed accettabile. Siamo dunque riusciti a trovare la relazione che lega i parametri di taglio alla vita dell’inserto (tool life). Con questa relazione
3.3 Post processing
122
riusciamo a ricavare gli intervalli di confidenza all’interno dei quali cadranno le previsioni effettuate sui valori diversi da quelli oggetto della nostra analisi. Prediction for Tool Life Regression Equation
ln(Tool Life) = 21,60 - 3,834 ln(Speed) - 3,234 ln(feed) Variable ln(Speed) ln(feed)
Setting 5,48064 -1,204
Fit SE Fit 4,48012 0,266671
95% CI (3,82760; 5,13264)
95% PI (3,28166; 5,67857)
Da una prima analisi vediamo come l’equazione di tool-life trovata presenti punto di minimo alle coordinate (240;0,3), che rappresentano rispettivamente la velocità di taglio e l’avanzamento. Il comportamento sembra quindi rispecchiare l’andamento dei dati reali.
Fig 3.36: Andamento della tool-life.
3.3 Post processing
123
Fig 3.37: Andamento della tool life, contour plot.
Particolare importanza va data ai valori degli intervalli di confidenza. Essendo la lavorazione in analisi una semi-finitura, per descrivere l’andamento della tool-life utilizziamo i valori medi dell’intervallo di previsione. Con questa modalità non siamo sicuri con precisione assoluta che una volta terminata la tornitura l’inserto sia arrivato a fine vita: nel 50% dei casi sarà da buttare, nel restante 50% no. Se avessimo scelto una soluzione più conservativa, d’obbligo per le finiture, avremmo dovuto eseguire le previsioni dell’andamento della tool-life con i valori minimi dell’intervallo di previsione. Queste scelte sono dettate dalle esigenze particolari che si hanno nelle finiture, nelle quali non ci si deve mai interrompere a metà lavorazione per cambiare l’inserto; questa operazione provocherebbe danni difficili da riprendere nelle successive asportazioni di truciolo.
3.4 Ottimizzazione dei parametri di taglio
124
3.4 Ottimizzazione dei parametri di taglio I primi studi riguardanti la durata di vita dell'utensile si fanno risalire a Taylor nel 1907. Taylor ritiene appropriata una dipendenza lineare in campo logaritmico tra T e la velocità di taglio:
dove vt è la velocità di taglio e T è la durata del tagliente (calcolato come il tempo in minuti in cui si sviluppa un labbro di usura di ampiezza eccessiva), n è un esponente che dipende dalle condizioni di taglio e C è una costante. La relazione di Taylor generalizzata lega invece la durata dell'utensile alla velocità di taglio vt tenendo anche conto dell'avanzamento a e della profondità di passata d sempre secondo l'equazione: I valori degli esponenti n,m,r e della costante c* sono determinati sperimentalmente per ciascuna condizione di taglio. Studi sistematici condotti da alcuni ricercatori, che hanno permesso di stabilire l'andamento effettivo delle curve di durata in funzione della velocità di taglio, consentono di concludere che la relazione empirica di Taylor non sia da considerarsi esatta; inoltre nel tratto di curva che interessa la pratica utilizzazione industriale, il coefficiente di durata n è da considerarsi variabile con la velocità di taglio e non costante come nella relazione di Taylor. Nel 1964 S.M.Wu propone un approccio statistico per la stima della durata del tagliente. I criteri per l’ottimizzazione dei parametri di taglio sono strettamente legati al modello proposto da Taylor, come afferma lo stesso Ravignani. Questi criteri permettono di determinare i parametri di taglio (velocità di taglio ed avanzamento) tali da minimizzare rispettivamente il costo (€/pezzo) o il tempo dell’intera lavorazione (min/pezzo) e quindi massimizzare la produttività (pezzi/min). Possono però verificarsi situazioni particolari nelle quali possono prevalere altri criteri quali, ad esempio, quello di assicurare il pieno impiego del personale, la saturazione di un macchinario, oppure rispondere a particolari richieste come, nel nostro caso, la completa realizzazione di un pezzo con lo stesso inserto. Si parlerà quindi di ottimizzazione vincolata e di
3.4 Ottimizzazione dei parametri di taglio
125
ottimizzazione non vincolata. Quello che tuttavia condiziona maggiormente i parametri di taglio, in particolare nelle operazioni di finitura finali, sono le specifiche progettuali della lavorazione, che come è noto risultano ad essi legate e possono anche essere stimate tramite modelli analitici accurati. Dal momento che l’operazione oggetto dei nostri studi è una semi-finitura non abbiamo limiti teorici né sul numero di inserti impiegabili per pezzo né sulla scelta dei parametri.
3.4.1 Funzione obiettivo Entriamo nello specifico del problema che si vuole risolvere. Si è già detto che si vuole scegliere i parametri di tornitura (velocità di taglio, avanzamento e profondità di passata) in modo da poter minimizzare il costo e il tempo di produzione. Ora ci occupiamo di determinare analiticamente la funzione obiettivo di costo. Per prima cosa definiamo il tempo di produzione come:
dove T rappresenta la tool-life dell’inserto, t0 i tempi fissi [min], tcu è il tempo di cambio dell’utensile, V è il volume da asportare [mm3], Z la velocità di asportazione [mm3/min]. Il rapporto V/Z è il tempo di contatto tc necessario alla realizzazione di tutta l’operazione. La funzione costo di produzione è invece così definita:
con
e
tenendo presente che Cm è il costo orario della macchina, è il costo del tagliente, C0’ sono i costi fissi (comprendenti anche i tempi fissi di lavorazione). Il punto di ottimo cercato avrà come coordinate nella regione sperimentale i valori di vt e a che annullano la derivata prima di CP. Il termine relativo ai costi fissi non influisce nella
3.4 Ottimizzazione dei parametri di taglio
126
lavorazione e pertanto può essere trascurato. L’espressione esplicita della funzione obiettivo del problema diventa pertanto
Il rapporto
è il tempo di contatto
pari a
, quindi ponendo
e otteniamo Le due funzioni hanno una forma comune del tipo Considerando la relazione di Taylor
. e sostituendo
nella formula, otteniamo derivata prima di F e ottengo:
. Uguaglio a zero la
E pertanto avremo Questo modo di procedere richiede di stimare la relazione T in funzione della velocità di taglio e dell'avanzamento (e più in generale anche della profondità di passata) per poter così determinare la quantità di interesse, il punto di minimo della funzione costo di produzione di un pezzo. Nella tabella 3.6 sono riassunti tutti i dati utilizzati per l’ottimizzazione. Variabile Funzione tempo di produzione Funzione costo di produzione
Valore
3.4 Ottimizzazione dei parametri di taglio Equazione di Tool-Life
127
ln(T)= 21,60 - 3,834 ln(Speed) - 3,234 ln(feed)
= 6,4
tcu t0 V vt a d Cm Cut
2,5 min 34 min 1350000 mm3 160,200,240 m/min 0.2,0.25,0.3 mm/giro 1,5 mm 100 €/h 6,4 6,5 €
Tabella 3.6: Dati utilizzati per ottimizzazione parametri di taglio.
3.4.2 Scenario non vincolato In questo paragrafo sono riportati i risultati ottenuti andando ad ottimizzare le funzioni obiettivo nell’ipotesi di voler sfruttare a pieno le potenzialità dell’inserto, non attenendoci al vincolo di voler finire necessariamente un pignone con un inserto. Sarà quindi necessario interrompere la lavorazione e sostituire l’inserto che arriverà alla fine della sua vita utile prima della piena realizzazione del pezzo. Per la funzione di minimo costo avremo:
Fig 3.38: Funzione di minimo costo, scenario non vincolato.
3.4 Ottimizzazione dei parametri di taglio
128
Dal grafico di figura 3.38 notiamo come per valori elevati di velocità di taglio e avanzamento si abbia un’impennata repentina dei costi; questo andamento della funzione obiettivo è legato al fatto che l’usura alla quale è soggetto l’inserto si manifesta molto prima in condizioni di taglio severe, mandando quindi l’utensile fuori uso rapidamente. Sarà quindi necessario interrompere più volte la lavorazione, cambiare più utensili e impegnare più a lungo la macchina. Il punto di minimo lo abbiamo alle coordinate 160 m/min e 0,23 mm/giro. Con questa configurazione il costo di produzione è pari a 56,5€ contro i 131,4€ della configurazione antecedente l’ottimizzazione. Lo stesso risultato lo possiamo evincere grazie alle linee di livello del contour plot di figura 3.39.
Fig 3.39: Funzione di minimo costo, scenario non vincolato, contour plot. Dalla figura 3.40 notiamo come si abbia una regione centrale di minimo costo e come le coordinate del punto da noi ricavato cadano nel mezzo. Più ci spostiamo da questa regione, sia in un senso che nell’altro, più avremo un aumento di costi. Se ci spostiamo verso sinistra, questo aumento sarà legato al fatto che stiamo diminuendo troppo i parametri di taglio e quindi la lavorazione procede lentamente; se ci spostiamo verso destra nel grafico, questo aumento sarà legato alle fermate per il cambio dell’inserto e al costo dell’inserto stesso.
3.4 Ottimizzazione dei parametri di taglio
129
Per la funzione di minimo tempo avremo:
Fig 3.40: Funzione di minimo tempo, scenario non vincolato.
Anche in questo caso notiamo come,spostandoci verso gli estremi della funzione, il tempo aumenti. Le motivazioni di questo andamento sono analoghe a quelle della la funzione di minimo costo: se ci spostiamo verso sinistra nel piano il tempo di produzione aumenta perché aumenta il tempo di contatto dell’utensile, se ci spostiamo verso destra il tempo aumenta perché aumentano le fermate. Il minimo lo avremo a 160 m/min e 0,3 mm/giro. Con questa configurazione il tempo di produzione è pari a 59,5 min contro i 112 min del set-up iniziale. Anche per quel che concerne il tempo di produzione possiamo vedere il punto di minimo con l’ausilio del contour plot.
Fig 3.41: Funzione di minimo tempo, scenario non vincolato, contour plot.
3.4 Ottimizzazione dei parametri di taglio
130
3.4.3 Scenario vincolato In questo paragrafo sono riportati i risultati ottenuti andando ad ottimizzare le funzioni obiettivo attenendoci al vincolo di finire necessariamente un pignone con uno o più inserti, rendendo non necessarie le interruzioni della lavorazione per sostituire l’inserto; condizione necessaria è quindi che la placchetta arrivi alla fine della sua vita utile solo alla piena realizzazione del pezzo. Matematicamente è come se avessimo:
è la vita utile dell’inserto,
è il tempo di contatto
dell’inserto moltiplicato per una costante k che rappresenta il numero di inserti utilizzati. Nella configurazione un pignone per inserto k sarà pari a 1, nella configurazione due pignoni per inserto k sarà pari a 2. L’equazione può essere riscritta come:
nella quale le due incognite sono rappresentate dalla velocità di taglio v t e dall’avanzamento a. Risolvendo, avremo: k 1 2
vt [m/min] a [mm/giro] Costo prod [€] Tempo prod [min] 187 0,16 61,1 66,7 106 0,22 69 73,2 Tabella 3.7: Parametri di taglio, scenario vincolato.
Il limite di questa modalità, a differenza dell’ottimizzazione non vincolata, è che il set-point di parametri di taglio non si ricerca in una regione del piano ma corrisponde ad un unico punto: esiste soltanto una coppia di valori di velocità di taglio e avanzamento per i quali [4] è valida. Scegliendo un approccio vincolato, inoltre, avremo tempi di produzione e costi di produzione lontani dal punto di ottimo. I vantaggi legati a questa strategia riguardano aspetti logistici: sapendo esattamente il
3.4 Ottimizzazione dei parametri di taglio
131
numero di pezzi che riusciamo a lavorare con un inserto non dovremmo più avere problemi nella gestione degli inserti a bordo macchina. Osservando le figure 3.42 e 3.43 notiamo chiaramente come il set-point per la configurazione con k=1 sia lontano dalla regione di ottimo.
Fig 3.42: Scenario vincolato, k=1, contour plot costo di produzione.
Fig 3.43: Scenario vincolato, k=1, contour plot tempo di produzione.
In rosso sono evidenziati i punti di partenza del nostro piano fattoriale, i quali diventano tutti non fattibili. In giallo è segnato il punto di interesse per questa configurazione.
3.4 Ottimizzazione dei parametri di taglio
132
Per k=2 avremo analogamente:
Fig 3.44: Scenario vincolato, k=2, contour plot costo di produzione.
Fig 3.45: Scenario vincolato, k=2, contour plot tempo di produzione.
In tabella 3.8 sono riassunti i risulati ottenuti in ambedue gli scenari.
Tabella 3.8: Risultati ottimizzazione.
Capitolo 4
4 Gestione Utensili Questo capitolo racchiude tutto il lavoro svolto nella tool-room e nella dispensa utensili della torneria. Il focus è posto sulla risoluzione dei problemi legati alla gestione interna degli utensili. In questi reparti sono stati avviati lo snellimento e la razionalizzazione dei codici degli utensili utilizzati, sono stati chiariti (e in alcuni casi definiti ex-novo) i flussi di gestione, è stata completata ed emessa la procedura interna sulla gestione degli utensili ed è stato elaborato un nuovo layout del locale tool-room che andasse incontro alle esigenze degli operatori. Tutto il lavoro svolto segue la filosofia “5s”, che prevede l’eliminazione del superfluo (Seiri), una più facile rintracciabilità degli strumenti necessari per varie lavorazioni (Seiton) e la standardizzazione delle procedure da compiere (Seiketsu).
4.1 Reparto di tornitura 4.1.1 Nuove qualità inserti A fronte degli accordi commerciali stipulati con SANDVIK e in un’ottica di miglioramento continuo delle lavorazioni, è stata avviata un’attività di upgrade tecnologico degli utensili utilizzati nel reparto di tornitura. Sono stati esaminati inserti, steli, bareni e testine; conseguenza diretta di questo studio è stata l’introduzione di una nuova qualità di inserti denominata “4325”. In questa tipologia di inserti, il substrato e il rivestimento dell’inserto sono in grado di mantenere invariato il filo tagliente ad alta temperatura, con la conseguente possibilità di utilizzare velocità di taglio superiori e di poter contare su una maggiore affidabilità, grazie a una durata tagliente più lunga e prevedibile. Il risultato è un aumento medio della produttività del 30% rispetto ad altre tecnologie esistenti. In pratica, la GC4325 alza notevolmente il livello delle prestazioni, con inserti multitaglienti in metallo duro rivestito adatti a un ampio e diversificato campo di applicazione. Questo ha inoltre permesso di avviare l’attività di snellimento e razionalizzazione dei codici degli inserti presenti a magazzino e di definire una top list di utensili da inserire nella cassettiera automatica per facilitare il prelievo e 133
4.1 Reparto di tornitura
134
ridurre al minimo il rischio di errore umano da parte degli operatori chiamati al pre-setting della macchina.
4.1.2 Razionalizzazione dei codici In ottica “5s”, la razionalizzazione dei codici degli utensili rientra nelle fasi di eliminazione del superfluo (Seiri). Diversi inserti e utensili del reparto di tornitura sono stati oggetto dell’attività di razionalizzazione e snellimento; a valle della decima revisione interna stilata da SANDVIK, base di partenza del nostro lavoro, la situazione presente può essere riassunta nel diagramma di figura 4.1.
Figura 4.1: suddivisione utensili reparto di tornitura.
I codici processati sono un totale di 326; a loro volta, questi 326 codici possono essere suddivisi in due scaglioni principali: taglienti, che comprende sia le tipologie classiche di inserti per tornitura (164 codici) sia gli inserti per le gole di scarico e canalini (94 codici); vari, che comprende steli, lame, bareni e testine. La razionalizzazione degli inserti classici di tornitura, oltre ad un upgrade tecnologico, delle qualità di taglio ha previsto anche la sostituzione con inserti SANDVIK delle tipologie presenti di altre marche. L’attività è stata svolta da SANDVIK con il supporto del gruppo utensili interno Agusta.
4.1 Reparto di tornitura
135
L’opera di snellimento dei codici di inserti per gole e per canalini è stata svolta interamente dal gruppo utensili. Prima di entrare nel merito dell’analisi bisogna fare alcune premesse su questi inserti.
Figura 4.2: Inserto per gole di scarico e canalini.
Gli inserti per la realizzazione di gole di scarico e canalini differiscono dai classici inserti di tornitura per il profilo, la geometria del rompitruciolo (peraltro non sempre presente), la qualità dei materiali con cui essi vengono realizzati. Come si evince dalla figura 4.2, le grandezze principali che ci permettono di descrivere questi inserti sono: W: larghezza della punta,porzione dell’inserto che entra in presa con l’oggetto da lavorare. R: raggio del profilo. D: lunghezza dello sbalzo. A seconda degli intervalli di misura in cui cadono le dimensioni di queste grandezze principali, potremo avere inserti di seconda, terza e quarta classe. I più utilizzati in ambito industriale sono gli inserti di terza classe (W = 1.5÷3 mm, R=0.15÷0.3 mm, D=1÷4 mm). Per questa tipologia di inserti, generalmente, i tempi di contatto sono piuttosto bassi per cui non c’è bisogno di prestazioni elevate; per questo motivo sono realizzati unicamente in metallo duro senza alcun tipo di rivestimento. Di fondamentale importanza è invece la scelta delle dimensioni: questa dipende molto dalle esigenze progettuali ed è da valutare in maniera specifica per ogni singola lavorazione. Così come accade per la maggior parte degli utensili, anche per le placchette per le gole di scarico abbiamo una tipologia standard con misure fisse (prodotte a catalogo dalle aziende) e una tipologia speciale con misure realizzate apposta per il cliente; tendenzialmente le aziende richiedono un quantitativo minimo per la realizzazione su commessa di un inserto speciale e, ovviamente, il prezzo è di gran lunga superiore a quello della tipologia standard. L’obiettivo che si dovrebbe imporre l’area tecnica sarebbe quello di allineare il progetto con gli utensili necessari per produrlo; se ciò non
4.1 Reparto di tornitura
136
avviene, per esigenze particolari legate alla forma del pezzo o per qualsiasi altro motivo, si avrà un proliferare di codici esponenziale. Questo giustifica l’alto valore della merce stoccata nel magazzino AgustaWestland e il numero elavato di codici presenti. Il primo step di questa attività è stato capire la quantità di materiale stoccato a magazzino; da una prima analisi sui quantitativi presenti è emerso come fosse stoccata merce per un valore di € 93478. La maggior parte di questa merce, a parte un paio di situazioni isolate, è realizzata da Kennametal. Dal momento che lo snellimento ha interessato tutti i codici, non abbiamo svolto nessun tipo di analisi ABC per capire quali fossero gli oggetti ai quali dare la priorità. Nel secondo step abbiamo isolato un caso pilota sul quale poter elaborare un criterio univoco che potesse essere espanso a tutti gli altri inserti. Ci siamo concentrati sugli inserti codificati NB (versione speciale) e NG (versione standard) della Kennametal. L’obiettivo che ci siamo imposti è stato quello di sostituire il più alto numero di inserti possibili, sia standard che non, con un numero contingentato di inserti SANDVIK (possibilmente standard). In accordo con [San11], gli inserti SANDVIK di nuova generazione adottati sono riportati in tabella 4.1; in questa tabella è fatta inoltre la distinzione tra inserto per utensile destro (R) e sinistro (L).
Tabella 4.1: Inserti standard SANDVIK.
Il confronto tra i vari inserti è stato eseguito a livello geometrico prendendo come riferimento le tre grandezze W,R,D. Le condizioni per le quali il confronto è superato sono: 1. ; 2. ; 3. .
4.1 Reparto di tornitura
137
Affinchè l’inserto possa essere sostituito, devono valere contemporaneamente tutte e tre queste condizioni. Dall’analisi è risultato come tutti gli inserti standard Kennametal fossero compatibili per la sostituzione con gli equivalenti SANDVIK. Il passo successivo è stato valutare se gli inserti speciali Kennametal fossero sostituibili, per lo meno in parte, dagli standard SANDVIK.
Tabella 4.2: Inserti speciali Kennametal vs standard SANDVIK.
Come si evince dalla tabella 4.2, solo in pochissimi casi questo confronto ha dato esito positivo. Sono state formulate delle ipotesi dimensionali, riassunte in tabella 4.3, per progettare nuovi inserti speciali più versatili che ci permettessero di sostituire il più alto numero possibile di inserti speciali del vecchio fornitore.
4.1 Reparto di tornitura
138
Tabella 4.3: Ipotesi dimensionali nuovi inserti speciali.
Impostando di nuovo i confronti, vediamo come le ipotesi da noi formulate riescano a coprire quasi la totalità degli inserti presenti.
Tabella 4.4: Inserti speciali Kennametal vs nuove ipotesi dimensionali.
Con questo metodo, prendendo come riferimento gli inserti per gole categoria 62061 di terza classe, con tre ipotesi dimensionali riusciamo a coprire ben 13 codici del vecchio fornitore. Nel dettaglio: Classe 3: gestiamo 13 vecchi codici con 3 nuovi; Classe 2: gestiamo 6 vecchi codici con 3 nuovi; Classe 4: gestiamo 2 vecchi codici con 1 nuovo codice. Questo stesso identico criterio è stato applicato anche agli inserti per gole di scarico raggiati normali e con scarico a 45° ottenendo ottimi risultati.
4.1 Reparto di tornitura
139
4.1.3 Vending Machine Le interruzioni causate da punte mal posizionate o dall'esaurimento di utensili o parti di ricambio possono sembrare un problema minore, ma nell'insieme possono avere conseguenze molto negative. Dagli studi compiuti da SANDVIK infatti è emerso che: circa il 6% di tutte le lavorazioni programmate subisce ritardi a causa della mancanza dell'utensile giusto; talvolta si dispone degli utensili giusti, ma non si riesce a identificarli o sono inaccessibili; gli operatori impiegano circa il 20% del loro tempo a ricercare gli utensili; i problemi ed i ritardi imprevisti possono comportare un aumento del 20-30% del tempo complessivo dedicato ad una lavorazione; si ha una perdita di tempo poiché il personale deve ordinare utensili e materiali, improvvisare soluzioni ed informare i colleghi in merito ai problemi del processo; l'evasione degli ordini ed il rintracciamento delle spedizioni richiedono tempo; le attività di riconciliazione fatture-pagamenti richiedono molto lavoro. Ottimizzando le attività, è possibile ridurre i tempi di fermo macchina ed incrementare la velocità di produzione. Una volta ultimate tutte le operazioni legate alla prima dell “5s”, si passa alla fase Seiton (adottare soluzioni per una più facile rintracciabilità degli strumenti necessari per varie lavorazioni). Per fare ciò, si è deciso di passare da una gestione manuale della dispensa degli utensili ad una gestione informatizzata. La gestione della cassettiera è stata affidata al gruppo utensili, il quale si occupa del ri-approvvigionamento dei materiali sotto-scorta e si occupa inoltre di redigere statistiche circa i beni maggiormenti consumati.
4.1 Reparto di tornitura
140
Figura 4.3: Cassettiere inserti, reparto tornitura.
Al fine di standardizzare tutte le operazioni di prelievo degli inserti da parte degli operatori, è stata redatta ed emessa una procedura interna che chiarisse in maniera univoca ruoli e compiti delle persone chiamate ad interfacciarsi con questo strumento. Le funzionalità connesse a questo dispositivo sono ben differenziate a seconda del tipo di utente. Abbiamo tre principali categorie di utenti: Amministratore( abilitazione a prelievi, storno e consegna degli utensili, stesura di report, gestione ordini); Capo turno (abilitazione a prelievi, storno e consegna della merce); Operatore (sola abilitazione ai PRELIEVI di materiale dalla cassettiera ). Per gli operatori la sola abilitazione è quella di prelievo inserti e utensili dalla cassettiera; tutto ciò è svolto mediante passaggi ben definiti: Autenticazione tramite badge di macchina. Il software convalida l’utente evidenziando unicamente l’icona “Prelievo”; tutte le altre rimangono bloccate. 1. Selezione macchina. L’operatore seleziona la macchina sulla quale lavora a partire da una lista di torni caricati a sistema. Nonostante questo primo indirizzamento, non viene applicato nessun criterio selettivo sugli utensili prelevabili. 2. Selezione articolo. In questa fase l’operatore è chiamato a selezionare la tipologia di articolo che intende prelevare. Il software permette di richiamare l’oggetto con due modalità principali: manuale, tramite una tastiera alfa-numerica, automatica, con un lettore di codici a barre. Ad oggi, l’operatore
4.1 Reparto di tornitura
141
può recuperare le caratteristiche dell’utensile che gli sono necessarie per il prelievo ( codice a barre, numero codifica AGW, descrizione prodotto ) o da un apposito raccoglitore situato a fianco alla macchina oppure dalle schede degli attrezzaggi. E’ sufficiente una delle tre caratteristiche menzionate per poter accedere al cassetto. 3. Prelievo articolo. Una volta selezionato il tipo di articolo, la macchina sblocca i cassetti e l’operatore esegue fisicamente il prelievo. Nel caso l’oggetto ricercato dall’operatore non fosse ancora stato posizionato all’interno della cassettiera automatica, dovrà essere ricercato manualmente all’interno dei cassetti presenti nella zona utensili secondo le modalità di codificazione già previste. Gli amministratori, pur avendo abilitata la funzione “prelievo” all’interno del loro pacchetto di risorse, tendenzialmente non eseguono il prelievo fisico della merce; si limitano, operativamente, alla gestione dei processi correlati alla vending machine. Tra questi processi abbiamo: consegna merce inventario merce: gestione degli ordini; approvvigionamento e analisi dei report. Il software di gestione della cassettiera (autoTAS) è provvisto di un’apposita icona che avvisa gli amministratori dell’imminente esaurimento di un componente. Quando un componente scende sotto la soglia limite, è eseguito automaticamente un nuovo ordine per il rifornimento, che dovrà poi essere convalidato. Se il componente è già presente nel magazzino centrale, sarà prelevato e caricato in macchina; se così non fosse, deve essere preparato un ordine di acquisto che verrà poi vagliato dal reparto acquisti.
4.1 Reparto di tornitura
142
Raggiungimento soglia limite nei cassetti (EOQ)
Accensione del segnale di riserva
Prelievo e procedure di consegna
ODA da inviare all’ufficio acquisti
Lancio di un ordine per il rifornimento
NO
Componente presente nel magazzino SI Prelievo e procedure di consegna
Figura 4.4: Flusso gestione ri-approvvigionamento cassettiera.
L’installazione di una cassettiera automatica ha portato diversi benefici e ci ha permesso di sistemare in maniera razionale e ponderata tutti i codici di inserti/utensili a valle del processo di snellimento. Siamo inotre stati in grado di avviare un’iniziativa di monitoraggio continuo dei livelli di stock e degli indici di consumo degli inserti. Uno dei miglioramenti più importanti è stato inoltre la diminuzione della possibilità di errore umano da parte degli operatori che, sbagliando a prelevare il materiale dalle vecchie cassettiere manuali, correvano il rischio di danneggiare i pezzi. Per quantificare a livello economico i vantaggi derivanti dall’introduzione della “vending machine” automatica, sono stati confrontati gli scarti del reparto di tornitura del trimestre che va da maggio a luglio 2014 (prima che la cassettiera fosse introdotta) con quelli del trimestre che va da maggio a luglio 2015 (post introduzione cassettiera). In particolare ci siamo focalizzati su tutti quelli scarti la cui causa è imputabile ad errore umano dovuto alla situazione confusionaria e caotica presente nelle cassettiere manuali.
4.1 Reparto di tornitura
143
Figura 4.5: Scarti torneria, trimestre maggio luglio 2014.
Come si evince da figura 4.5, abbiamo rilevato uno scarto dovuto all’errato prelievo di inserti dalla cassettiera. Ciò è verosimile, dal momento che gli inserti per gole hanno raggi di punta di poco differenti e in una situazione non organizzata si fa fatica a distinguerli. Nel trimestre maggio-luglio 2015 non è stato rilevato invece nessuno scarto.
4.2 Tool-Room
144
4.2 Tool-Room Analogamente a quanto svolto nella dispensa utensili del reparto di tornitura, è stata avviata un’attività “5s” anche nella tool-room. In questo paragrafo è riportato tutto il lavoro svolto nella tool-room, lavoro impostato e avviato ma concluso solo parzialmente. Il focus è stato posto sullo snellimento dei codici utensili in forza al reparto produzione dello stabilimento di Cascina Costa, in particolare frese integrali e ad inserti, punte da foro, bareni, maschi e rulli profilatori.
4.2.1 Razionalizzazione e nuovo layout Razionalizzazione dei codici e creazione di un nuovo layout rientrano nelle fasi “Seiri” e “Seiton”. L’obiettivo che ci siamo posti è stato quello di avviare l’analisi sui codici maggiormente utilizzati nel reparto di produzione e di collocarli in apposite cassettiere andando a modificare il layout attualmente esistente. Per far ciò abbiamo analizzato i consumi del biennio 2013-14 e, sempre di questo periodo, le ri-affilature. DESCRIZIONE
CODICE AGUSTA
RIAFFILATURE ANNUE
Alesatori
UN01-1014-019 UN01-0014-188 UN01-0014-291 UN01-0014-250 UN01-0014-257 UN01-0014-101 UN01-0014-231 UN01-0014-251 UN01-0014-302 UN01-0014-138 UN01-0014-185 UN01-1014-028 UN01-0014-028 UN01-0014-083 UN01-0014-095 UN01-0014-246 UN01-0014-296 UN01-0014-324 UN01-1014-030 UN01-1014-033 UN11-0013-074 UN11-0017-086 UN11-0017-044 UN11-0017-058 UN11-0013-115 UN11-0017-090 UN88-0044-148 UN11-0013-028 UN11-0017-084 6442608103 6442610053 6442610093 UN11-0014-002 UN11-0016-018
8 7 7 6 6 5 5 5 5 4 4 4 3 3 3 3 3 3 3 3
Bareni
12 10 8 6 5 5 5 4 4 3 3 3 3 3
UN11-1016-002
Utensili per Bareno
3 3
UN88-0031-151
144
Bibliografia
145 UN88-0031-100 UN88-0031-203
Punte generiche Punte a 118°
UN88-0031-097 6401210840
2 2 2 4
6401210900 6401210600 6401210750 6401210510 6401210650 6401210890 UN53-0009-7 UN53-0009-9 UN53-0009-016
6 4 4 3 3 3 2 2 1
UN53-0008-002 UN53-0008-005 UN53-0008-003 UN53-0008-001 UN53-0015-014 UN53-0015-001 UN53-0015-003 UN53-0015-019 UN53-0015-040/L UN53-0042-020
7 7 4 3 4 2 2 2 2 2
Punte a gradino
UN53-0056-002 UN53-0016-002 UN53-0027-055 UN53-0058-011
4 3 2 2
Punte attacco cilindrico
6411120-xxx 6412110-xxx 6411020-xxx 6412020-xxx 6413120-xxx 6401110-xxx 6401310-xxx
ALTA MOVIMENTAZIONE ALTA MOVIMENTAZIONE ALTA MOVIMENTAZIONE ALTA MOVIMENTAZIONE ALTA MOVIMENTAZIONE ALTA MOVIMENTAZIONE
Punte attacco conico
6411511-xxx 6411512-xxx UN53-0044-xxx UN53-0046-xxx US53-0004-xxx
ALTA MOVIMENTAZIONE ALTA MOVIMENTAZIONE ALTA MOVIMENTAZIONE ALTA MOVIMENTAZIONE
Punte da centro
UN53-0008-003 UN53-0008-002 UN53-0008-005 6401210-xxx UN53-0012-003 UN53-0012-053/L UN53-1010-006
ALTA MOVIMENTAZIONE 5 3 3 ALTA MOVIMENTAZIONE 6 2 2
UN53-0010-xxx UN53-0012-xxx UN29-0012-281/L UN29-1009-049/L UN29-0012-274/L UN29-0012-321 UN29-0012-269/L UN29-0012-322/L UN29-0012-292/L UN29-0032-061 6343320320 UN29-0009-051 UN29-0012-061 UN29-0012-261 UN29-0012-281 UN29-0032-004 UN29-0032-021 UN29-0032-033 UN29-1012-007 UN29-1012-072/L UN29-1032-004/L
ALTA MOVIMENTAZIONE ALTA MOVIMENTAZIONE 29 20 12 12 10 9 7 6 5 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4
Punte a 120°
Punte a 90°
Punte a 3 eliche
Punte in sagoma
Frese a candela
ALTA MOVIMENTAZIONE
Bibliografia
Frese candela MINICUT Frese coda rondine Frese filettare/lamare
Frese a T Fresa Cilindrica
Fresa Cilindrica MINICUT Fresa cilindrica a 3 tagli
146 UN29-0009-092 UN29-0009-097 UN29-0012-047 UN29-0012-049 UN29-0012-154 UN29-0012-191
3 3 3 3 3 3
UN29-0012-221
3
UN29-0012-226 UN29-0012-310 UN29-0032-003 UN29-0032-009 UN29-0032-023 UN29-1009-039 UN29-1012-065 6313203201 6213202-xxx US29-0238-xxx
3 3 3 3 3 3 3 4 ALTA MOVIMENTAZIONE MEDIA MOVIMENTAZIONE
UN29-0025-xxx UN29-0026-xxx UN29-0031-xxx 6367012-xxx UN29-0022-xxx UN29-1013-091 6342020060 6312040800 6312041600 6312160200 6342020070 6342020120 6342040100 6342040120 6342040140 6342040200 6342040220 6342040250 6342320100 UN29-0010-032 UN29-0010-037 UN29-0013-028 UN29-0013-109 UN29-0013-208 UN29-0013-216 UN29-0013-220 UN29-0013-237 UN29-0013-256 UN29-0013-271 UN29-0013-276 UN29-0013-291 UN29-0013-292 UN29-0013-309 UN29-0013-336 UN29-0020-056 UN29-0020-063 UN29-0020-070 UN29-0020-073 UN29-0020-107 UN29-0020-117 UN29-0020-152/L UN29-0020-157 UN29-0020-168 UN29-1013-043 UN29-1013-053 UN29-1013-058 UN29-1013-095/L UN29-1013-097/L UN29-1020-005 US29-0243-007 US29-0243-025
ALTA MOVIMENTAZIONE ALTA MOVIMENTAZIONE ALTA MOVIMENTAZIONE ALTA MOVIMENTAZIONE ALTA MOVIMENTAZIONE 32 7 5 6 18 9 4 5 4 4 4 4 5 8 10 3 5 3 4 10 3 7 6 3 7 6 3 3 3 7 8 5 3 4 3 5 3 4 5 3 5 3 3 9 4 4
UN29-0013-xxx
ALTA MOVIMENTAZIONE
UN29-0021-xxx
ALTA MOVIMENTAZIONE
Bibliografia
147
Fresa circolare ad angolo Fresa Frontale
US29-1029-xxx UN29-0014-050 UN29-0014-082 UN29-0014-071 UN29-0014-088 UN29-0014-071/L UN29-0015-010 US29-0592-002/L UN29-0015-021 UN29-0015-012/L UN29-0015-026 US29-0592-001/L 6341020800 UN29-0014-015 UN29-0014-036 UN29-0014-059 UN29-0014-071/L
ALTA MOVIMENTAZIONE 13 6 5 5 4 4 4 3 2 2 2 1 1 1 1 1
Frese frontale MINICUT
6341056630 6313203201 US29-0279-xxx
ALTA MOVIMENTAZIONE ALTA MOVIMENTAZIONE
US29-0156-xxx
ALTA MOVIMENTAZIONE
US29-0030-xxx
ALTA MOVIMENTAZIONE
6206500-xxx
ALTA MOVIMENTAZIONE
Frese in sagoma Frese raggio concavo Svasatore Minimaster
ALTA MOVIMENTAZIONE
Tabella 4.5: Riepilogo analisi riaffilature, bienni 2013-14.
Suddividendo gli utensili nelle diverse tipologie, abbiamo creato una prima classifica con la quale poter valutare gli oggetti a maggior movimentazione. In tabella 4.6 è indicato il quantitativo di codici consumati, addebitati quindi sui diversi centri di lavoro, per le diverse categorie di utensili. Tipologia Prodotto
Codici Movimentati
Bareni Alesatori Inserti Punte Maschi Chiavi Viti Frese Pinze Elastiche Testine
21 6 135 83 33 2 60 2 8
Tabella 4.6: Quantitativo codici consumati, biennio 2013-14.
Sapendo quindi quanti e quali fossero i codici a maggior movimentazione, abbiamo organizzato il reparto andando a mettere le cassettiere contenenti tutto questo materiale in posizione facilitata per l’accesso degli operatori, in modo tale che si limitassero al minimo le perdite di tempo e gli sprechi.
Conclusioni e sviluppi futuri L’impresa, specie in questo momento di crisi economica, è un argomento che continua a interessare gli imprenditori e i management. Si afferma che le imprese debbano cambiare continuamente, operare su scala internazionale, reinventare i prodotti e i servizi e mirare a un miglioramento continuo dei processi. Si ritiene necessario potenziare lo sviluppo del sapere nell’organizzazione, sia dal punto di vista della gestione che secondo aspetti più tecnici. Indubbiamente lo scenario economico-sociale attuale richiede grande capacità di adattamento a cambiamenti continui e immediati. Questo perché aumenta la pressione competitiva alla quale ogni azienda è sottoposta. AgustaWestland è ben conscia di questa situazione e il lavoro svolto e descritto in questi capitoli si inquadra bene in quest’ottica. L’obiettivo perseguito è stato quello di trovare delle soluzioni alternative alle attuali configurazioni adottate per la produzione che permettessero di ridurre i costi e di ri-definire in maniera chiara i flussi gestionali. Partendo dall’analisi dello scenario iniziale, ci siamo focalizzati su un casi pilota che permettessero di identificare una metodologia di risoluzione applicabile in altre situazioni. Per l’aspetto tecnico questo caso pilota è stato identificato nel ciclo di lavorazione di un pignone, mentre per quello gestionale nella razionalizzazione e nello snellimento dei codici nel reparto di tornitura. L’attività di snellimento e razionalizzazione dei codici era già stata avviata in precedenza con l’adozione di una “vending machine” e noi ci siamo inseriti in corso d’opera. Il caso pilota individuato riguarda gli inserti per la realizzazione di gole di scarico. Con considerazioni di tipo geometrico siamo riusciti a ridurre la percentuale di inserti codificabili. I limiti di questo modello sono legati agli alti quantitativi di materiale attualmente stoccato in magazzino, materiale per il quale non siamo riusciti a trovare delle soluzioni alternative di impiego. Cionostante, siamo arrivati ad una percentuale di materiale analizzata molto buona e abbiamo portato avanti l’attività di caricamento della cassettiera automatica con le nuove tipologie di inserto adottate senza problemi. Di fondamentale importanza è stato definire un modello che permettesse di espandere l’analisi anche ad altri casi e che quindi fosse fruibile nel tempo.
148
Conclusioni e sviluppi futuri
149
Studiando in maniera accurata il ciclo del pignone ci siamo posti come mission quella di andare a migliorare tutte le criticità in esso riscontrate: vibrazione utensili, consumo degli inserti, ottimizzazione dei parametri di taglio diffocoltosa. E’ stata pianificata una campagna sperimentale con la collaborazione di SANDVIK, abbiamo eseguito delle prove di tornitura cilindrica volte all’acquisizione di dati utili per la successiva analisi statistica e per l’ottimizzazione. In questa fase abbiamo riscontrato diverse criticità, legate soprattutto alle caratteristiche poco note dell’acciaio Vasco X-2 oggetto della nostra sperimentazione e al tipo di usura alla quale sono stati soggetti gli inserti utilizzati. L’argomento che abbiamo affrontato, ovvero quello dell’usura ad intaglio o “notch wear”, avrebbe di sicuro richiesto un’analisi più approfondita e delle ulteriori prove. E’ stato necessario cambiare strategia di analisi in corso d’opera e in quest’ottica è stata molto importante la collaborazione con SANDVIK perché ci ha dato una grossa mano a trovare la configurazione migliore per le prove da eseguire. La prove svolte si sono tradotte in un dataset di valori che sono stati la base dell’analisi statistica, dalla quale abbiamo ricavato la curva di “tool life” che ci permette di sapere, con una certa confidenza, dopo quanto l’inserto va fuori uso. Attraverso questa curva e attraverso la minimizzazione delle funzioni obiettivo, siamo riusciti a trovare la coppia di parametri di taglio che ci ha permesso di minimizzare i costi e il tempo di produzione. Di contro, nonostante i risultati notevoli da un punto di vista economico e signicativi da un punto di vista teorico, il presente lavoro di tesi non è esente da limitazioni, più che altro nella parte tecnico sperimentale. Queste riguardano la procedura di acquisizione dati legata al notch depth, fenomeno per il quale non v’è ancora nessuna procedura o normativa in merito, e i dati raccolti per i quali non siamo riusciti ad avere nessuna replica nella sperimentazione. Gli accorgimenti tecnici adottati per la campagna sperimentale sono stati vincolati dallo scenario di partenza analizzato in AgustaWestland; al fine di limitare al minimo l’insorgere del notch depth sarebbe stato opportuno svolgere le prove almeno con l’alta pressione del lubrorefrigerante ma, per allinearci allo produzione di Cascina Costa, siamo stati costretti ad utilizzare la bassa pressione.
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150
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Appendice A Analisi dei dati A.0.1 Ricerca regressione
variabili
significative:
dataset
Figura A.1: Influenza delle variabili.
General Linear Model: Tempo versus Avanzamento; Velocità Method Factor coding
(-1; 0; +1)
Factor Information Factor Avanzamento Velocità
Type Fixed Fixed
Levels 3 3
Values 0,20; 0,25; 0,30 160; 200; 240
Analysis of Variance Source Avanzamento Velocità Error Total
DF 2 2 4 8
Adj SS 296186 513630 47482 857298
Adj MS 148093 256815 11870
F-Value 12,48 21,63
Model Summary S 108,951
R-sq 94,46%
R-sq(adj) 88,92%
R-sq(pred) 71,96%
153
P-Value 0,019 0,007
A Analisi dei dati
154
Coefficients Term Constant Avanzamento 0,20 0,25 Velocità 160 200
Coef 486,3
SE Coef 36,3
T-Value 13,39
P-Value 0,000
VIF
185,9 60,1
51,4 51,4
3,62 1,17
0,022 0,307
1,33 1,33
303,3 -22,7
51,4 51,4
5,91 -0,44
0,004 0,681
1,33 1,33
Regression Equation Tempo = 486,3 + 185,9 Avanzamento_0,20 + 60,1 Avanzamento_0,25 246,1 Avanzamento_0,30 + 303,3 Velocità_160 - 22,7 Velocità_200 - 280,6 Velocità_240
Dopo aver costruito il modello, vediamo se esso è valido attraverso l’analisi dei residui. Scatterplot of SRES vs FITS; Avanzamento; Velocità FITS
Avanzamento
2 1 0
SRES
-1
0
250
500
750
10000,200
0,225
0,250
0,275
0,300
-2
Velocità
2 1 0 -1 -2 150
175
200
225
250
Figura A.2: Analisi dei residui.
Per valori bassi di velocità abbiamo varianza bassa. Per valori alti la varianza aumenta. L’ipotesi sulla normalità dei dati è verificata. Eseguendo il test dell’autocorrelazione vediamo che non è presente. Autocorrelation Function for Residui Ordinati (with 5% significance limits for the autocorrelations) 1,0 0,8
Autocorrelation
0,6 0,4 0,2 0,0 -0,2 -0,4 -0,6 -0,8 -1,0 1
2
Lag
Figura A.3: Test Autocorrelazione.
A Analisi dei dati
155
A.0.2 Ricerva variabili significative: inizio intaglio
Figura A.4: Influenza delle variabili.
General Linear Model: Tempo versus Avanzamento; Velocità Method Factor coding
(-1; 0; +1)
Factor Information Factor Avanzamento Velocità
Type Fixed Fixed
Levels 3 3
Values 0,20; 0,25; 0,30 160; 200; 240
Analysis of Variance Source Avanzamento Velocità Error Total
DF 2 2 4 8
Adj SS 160550 257150 10300 428000
Adj MS 80275 128575 2575
F-Value 31,17 49,93
P-Value 0,004 0,001
Model Summary S 50,7445
R-sq 97,59%
R-sq(adj) 95,19%
R-sq(pred) 87,82%
Coefficients Term Constant Avanzamento 0,20 0,25 Velocità 160 200
Coef 308,3
SE Coef 16,9
T-Value 18,23
P-Value 0,000
VIF
151,7 21,7
23,9 23,9
6,34 0,91
0,003 0,416
1,33 1,33
221,7 -33,3
23,9 23,9
9,27 -1,39
0,001 0,236
1,33 1,33
A Analisi dei dati
156
Regression Equation Tempo = 308,3 + 151,7 Avanzamento_0,20 + 21,7 Avanzamento_0,25 173,3 Avanzamento_0,30 + 221,7 Velocità_160 - 33,3 Velocità_200 - 188,3 Velocità_240
Dopo aver costruito il modello, vediamo se esso è valido attraverso l’analisi dei residui. Scatterplot of SRES vs FITS; Avanzamento; Velocità FITS
Avanzamento
2 1 0 -1
SRES
-2 0
150
300
450
600
0,200
0,225
0,250
0,275
0,300
Velocità
2 1 0 -1 -2 150
175
200
225
250
Figura A.5: Analisi dei residui.
Il test sulla normalità dei residui è superato. Eseguiamo inoltre il test sull’autocorrelazione dei dati. Autocorrelation Function for Residui ordinati (with 5% significance limits for the autocorrelations) 1,0 0,8
Autocorrelation
0,6 0,4 0,2 0,0 -0,2 -0,4 -0,6 -0,8 -1,0 1
2
Lag
Fig A.6: Test autocorrelazione.
Dal grafico si evince come non vi sia autocorrelazione dei dati.
A Analisi dei dati
157
A.0.3 Regressione punto D: danno vs tempo Scatterplot of Danno vs Vita Utile 0,04
Danno
0,03
0,02
0,01
0,00 0
200
400
600
800
1000
1200
Vita Utile
Fig A.7: Andamento del danno.
Regression Analysis: Vita Utile versus Danno Analysis of Variance Source Regression Danno*Danno Error Lack-of-Fit Pure Error Total
DF 1 1 38 20 18 39
Adj SS 503531 503531 3879559 2703072 1176488 4383090
Adj MS 503531 503531 102094 135154 65360
F-Value 4,93 4,93
P-Value 0,032 0,032
2,07
0,063
Model Summary S 319,521
R-sq 11,49%
R-sq(adj) 9,16%
R-sq(pred) 4,43%
Coefficients Term Constant Danno*Danno
Coef 572,7 -311414
SE Coef 58,9 140224
T-Value 9,73 -2,22
P-Value 0,000 0,032
VIF 1,00
Regression Equation Vita Utile = 572,7 - 311414 Danno*Danno
Fits and Diagnostics for Unusual Observations Vita Utile 60 480
Obs 4 20 X
Fit -3 213
Unusual X
Resid 63 267
Std Resid 0,29 0,93
X X
A Analisi dei dati
158
Dopo aver costruito il modello, vediamo se esso è valido attraverso l’analisi dei residui. Scatterplot of SRES vs FITS; Danno 0,00
0,01
FITS
2
0,02
0,03
0,04
Danno
SRES
1
0
-1
-2 0
150
300
450
600
Figura A.8: Analisi dei residui.
La normalità non è superata e il valore di R-sq(adj) ci suggerisce come il modello costruito non sia per nulla attendibile. Eseguiamo comunque una trasformazione box-cox per vedere se il modello migliora.
Regression Analysis: Vita Utile versus Danno Method Box-Cox transformation Rounded λ Estimated λ 95% CI for λ
0,5 0,600798 (0,270298; 0,973298)
Analysis of Variance for Transformed Response Source Regression Danno*Danno Error Lack-of-Fit Pure Error Total
DF 1 1 38 20 18 39
Adj SS 303,5 303,5 2546,7 1789,9 756,9 2850,3
Adj MS 303,54 303,54 67,02 89,49 42,05
F-Value 4,53 4,53
P-Value 0,040 0,040
2,13
0,056
Model Summary for Transformed Response S 8,18654
R-sq 10,65%
R-sq(adj) 8,30%
R-sq(pred) 3,44%
Coefficients for Transformed Response Term Constant Danno*Danno
Coef 22,49 -7646
SE Coef 1,51 3593
T-Value 14,90 -2,13
P-Value 0,000 0,040
VIF 1,00
A Analisi dei dati
159
Regression Equation Vita Utile^0,5 = 22,49 - 7646 Danno*Danno
Fits and Diagnostics for Unusual Observations Original Response Obs 2 4 20
Vita Utile 30,00 60,00 480,00
Fit 502,63 69,74 186,31
Transformed Response Obs 2 4 20
Vita Utile' 5,48 7,75 21,91
Fit 22,42 8,35 13,65
Resid -16,94 -0,60 8,26
Std Resid -2,10 -0,11 1,12
R X X
Vita Utile' = transformed response R Large residual X Unusual X
Dopo aver costruito il modello, vediamo se esso è valido attraverso l’analisi dei residui. Scatterplot of SRES_1 vs FITS_1; Danno 0,00
FITS_1
0,01
0,02
0,03
0,04
Danno
1,0 0,5
SRES_1
0,0 -0,5 -1,0 -1,5 -2,0 -2,5 8
12
16
20
24
Figura A.9: Analisi dei residui.
Anche in questo caso l’analisi dei residui non è superata. Il modello non è valido e quindi da questo non possiamo evincere nessuna informazione utile.