Flessibilità del mercato del lavoro • Tre tipologie di flessibilità: ¾ Numerica- esterna (possibilità di variare la quantità di lavoro impiegata nei processi produttivi) ¾ Salariale (flessibilità dei salari rispetto condizioni del mercato del lavoro; differenziali salariali) ¾ Funzionale - interna (possibilità di modificare le modalità di lavoro interne all’impresa)
Flessibilità occupazionale Simona Comi
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Flessibilità numerica e costi di aggiustamento • Si è visto che le imprese non aggiustano istantaneamente il livello del proprio input di lavoro, a causa delle presenza di costi di aggiustamento. • Assunzione e licenziamento comportano infatti dei costi che si vanno ad aggiungere al costo del lavoro che normalmente l’impresa sostiene per produrre. • E’ pertanto probabile che durante il ciclo per ridurre i costi di aggiustamento, l’impresa operi utilizzando un ammontare di forza lavoro diverso da quello ottimo • Questa settimana studieremo due diversi tipi di costi di aggiustamento: i costi di turnover (insider-outsider) e i regimi di protezione all’impiego 3
I MODELLI INSIDEROUTSIDER
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• Modelli di determinazione del salario in ambito non perfettamente concorrenziale • Spiegano l’esistenza di disoccupazione involontaria.
Forza lavoro:
• 1.
2. 3.
– Esistono individui disoccupati che sarebbero disposti a lavorare a salari inferiori a quelli di equilibrio, ma che non vengono assunti dalle imprese – Implicazione: necessità di politiche per combattere la disoccupazione
•
Il potere contrattuale e la rendita derivano dalla presenza di costi di turnover: 1. 2. 3.
•
• Spiegano la persistenza del tasso di disoccupazione
Insider, lavoratori con anzianità aziendale e potere di contrattazione che viene sfruttato per estrarre una rendita di posizione Entrant, neoassunti senza potere contrattuale e nessuna rendita Outsider, disoccupati che potrebbero essere assunti
costi di assunzione, formazione, licenziamento costi derivanti dall’ostruzionismo o non cooperazione costi derivanti dalla riduzione dell’impegno
NB: il potere contrattuale discende (in ultima analisi) dall’anzianità di servizio
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Il modello di Lindbeck e Snower
Il modello di Lindbeck e Snower (1987) • Consideriamo solo I (lavoratori con anzianità aziendale già occupati all’interno dell’impresa) e O (disoccupati disponibili a lavorare al salario di riserva) • La rendita di posizione degli insider si traduce in salari più elevati rispetto agli outsider. • Per l’impresa risulta ottimale pagare salari più elevati agli insider anche se gli outsider sarebbero disponibili a lavorare a salari inferiori. Gli outsider sono disoccupati involontari. • In particolare: WE
•
Si ipotizza che le decisioni su salari e occupazione da parte delle imprese avvengano in due fasi 1. Viene determinato il salario nominale tramite contrattazione con i lavoratori 2. Dato il salario, le imprese scelgono la quantità ottimale di lavoro.
WE= salario per gli outsider WI= salario per gli insider H’=costi marginali di assunzione F’=costi marginali di licenziamento
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Le imprese sono price taker sul mercato del prodotto 8
Il modello di Lindbeck e Snower
Il modello di Lindbeck e Snower
Y=f(LI+LE) è la funzione di produzione, con LI=input di lavoro insider e LE= input di lavoro outsider. f’>0, f’’<=0 Nota: I due tipi di lavoro sono ugualmente produttivi, quindi eventuali differenze salariali dipenderanno solo dalle rendite di posizione. Sia L il livello di occupazione già presente nell’impresa (membership) L’impresa, dati i salari degli insider (decisi in un primo stadio di contrattazione) e degli outsider (il loro salario di riserva) deve scegliere quanti insider (LI) e outsider (LE) utilizzare nella produzione.
• Se l’impresa occupa LI insider (nb: LI<=L per definizione di insider) sostiene costi di licenziamento pari a CI(L- LI). Se assume LE outsider, sostiene costi di assunzione pari a CE(LE). • Il problema dell’impresa è quindi: maxLI,LE Π= f(LI+LE) –WILI-WELE-CI(L- LI)CE(LE).
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Il modello di Lindbeck e Snower
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Curve di domanda di lavoro
∂Π/∂LI=0 ⇒f’-WI+CI’=0 ∂Π/∂LE=0 ⇒f’-WE-CE’=0 Dalle cpo otteniamo: 1. la curva di domanda di lavoro per gli insider (Insider demand curve, IDC), WI=f’(L)+C’I, ovvero pari alla produttività marginale aumentata dei costi marginali di licenziamento 2. la curva di domanda di lavoro per gli outsider (Outsider demand curve , EDC), WE=f’(L)-C’E, ovvero pari alla produttività marginale diminuita dei costi marginali di assunzione addestramento 11
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Il modello di Lindbeck e Snower
•
Domanda di lavoro e membership
Combinando le due cpo otteniamo il massimo differenziale salariale che l’impresa è disposta a pagare agli insider (Relative profitability constraint, RPC) WI-WE<=C’I+C’E
•
Nel contrattare il salario (al primo stadio) gli insider devono tenere conto di due vincoli: 1. vincolo di profittabilità reale, ovvero il salario richiesto dovrà appartenere alla IDC 2. vincolo di profittabilità relativa, ovvero il differenziale rispetto agli outsider deve rispettare la RPC 13
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Il modello di Lindbeck e Snower
• La combinazione delle due curve rappresenta il massimo salario che può essere richiesto dagli outsider nella contrattazione. • Supponendo che il minimo salario accettabile sia da outsider sia da insider sia costante e pari al salario di riserva WR si hanno 3 possibili situazioni: 1. hiring scenario 2. firing scenario 3. retention scenario
• Gli outsider che non vengono assunti pur con un salario di riserva inferiore a quello pagato agli insider; sono disoccupati involontari 15
Isteresi e asimmetrie cicliche • In alcuni casi il sistema economico ha risposto in modo asimmetrico agli shocks (vedi crisi petrolifere): la disoccupazione aumenta quando si verificano shock avversi ma non diminuisce in presenza di shock positivi • In un contesto insider outsider, ciò può essere spiegato ipotizzando che gli insider sfruttino la congiuntura favorevole per ottenere aumenti salariali, limitandone così i benefici occupazionali 16
Effetti asimmetrici dello shock
CAPITOLO 10
L’ANALISI ECONOMICA DEI REGIMI DI PROTEZIONE DELL’IMPIEGO (RPI) 17
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Cosa sono gli RPI?
• Nella maggior parte delle economie industrializzate esistono norme che regolano l’interruzione del rapporto di lavoro da parte delle imprese • Il dibattito sulla riforma del mercato del lavoro (flessibilità) è incentrato spesso intorno alla modifica di tali norme (ad esempio in Italia)
Insieme di norme che regolano l’interruzione del rapporto di lavoro. Tipicamente impediscono di licenziare “liberamente” e “proteggono” in questo modo i lavoratori. – Coinvolgimento di una terza parte, il giudice del lavoro, nella procedura di licenziamento. – (Italia: Reintegro del lavoratore licenziato senza giusta causa) – Buono uscita compensativo (severance payment) – Preavviso – Procedure negoziali per i licenziamenti collettivi 19
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Qual è il costo degli RPI (per le imprese?)
Qual è il costo degli RPI (per le imprese?)
• Valutazione resa difficile dalla multidimensionalità degli RPI • Garibaldi e Violante (1999), stima per gli operai del settore manifatturiero italiano: per un’impresa che perde la causa di lavoro a 1 anno dal licenziamento il costo atteso è pari a 12 mensilità . 21
Dal punto di vista economico e analitico si è rivelata utile la seguente semplificazione della multidimensionalità: T=TR+TX dove T è il costo totale del licenziamento, dato da una componente assimilabile ad un trasferimento al lavoratore (TR, ad esempio il buono uscita) e da una assimilabile ad una tassa (TX, ad esempio le spese legali). In Italia TR è preponderante (80% dell’intero costo) 22
La neutralità degli RPI
La neutralità degli RPI • Il dibattito sviluppatosi (ad esempio) intorno alle riforme del mercato del lavoro italiano sottolinea il rischio che gli RPI danneggino l’occupazione • La presenza di costi di licenziamento agirebbe da freno inibitore, disincentivando le assunzioni nelle fasi espansive. • Esiste un famoso risultato secondo cui questa affermazione non è vera: gli RPI sarebbero invece neutrali rispetto all’occupazione, ovvero senza alcun effetto. 23
• L’idea alla base di tale risultato è che l’introduzione di RPI in un mercato del lavoro perfettamente concorrenziale non ha effetti. • Le forze di mercato provocano aggiustamenti salariali tali da non influenzare l’occupazione e lasciare invariato il valore atteso del flusso di salari nel ciclo di vita.
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La neutralità degli RPI
Ipotesi: 1. MdL perfettamente concorrenziale (no sindacato) 2. Mercato dei capitali perfetto (libertà di accesso al credito per tutti gli agenti). 3. W perfettamente flessibili (no Wmin) 4. agenti neutrali al rischio (conta solo il valore atteso dei redditi nel tempo, non la loro distribuzione tra periodi) 5. T=TR (TX=0)
Sotto queste ipotesi RPI non hanno effetti allocativi (scambi realizzati in assenza di RPI continuano a realizzarsi anche dopo la loro introduzione).
• •
La neutralità degli RPI
• Supponiamo che in assenza di RPI impresa e lavoratore si siano accordati per stipulare un contratto di lavoro di durata τ (ad ex. mesi) e salario costante a W* . • Ipotizziamo che venga introdotto un buono uscita T. Quindi alla scadenza del contratto l’impresa dovrà erogare il buono al lavoratore. • Chiediamoci: l’introduzione del buono uscita indurrà l’impresa a non stipulare il contratto? (ovvero: l’RPI ha un effetto sulle assunzioni?)
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La neutralità degli RPI
La neutralità degli RPI
La risposta è: NO Le parti possono accordarsi come segue. 1.
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Per una prima fase, diciamo fino al mese τ∗(< τ), il lavoratore accetta una riduzione del salario mensile di entità pari a T/τ∗, cosicché il salario è pari a W*- T/τ∗ . Giunti al mese τ∗ il lavoratore (che in assenza di RPI avrebbe incassato un flusso di pagamenti pari a τ∗×W*) avrà invece incassato τ∗×W*-T . Quindi avrà “prestato” all’impresa l’ammontare del buono uscita. Nel periodo restante, l’impresa remunera il lavoratore W*+rT , dove r è il tasso di interesse sui prestiti. In sostanza l’impresa restituisce al lavoratore gli interessi sul capitale “prestato”. Giunti alla scadenza del contratto l’impresa trasferisce T al lavoratore, adempiendo gli obblighi di legge.
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La neutralità degli RPI
• Il benessere dei due contraenti non è stato modificato dall’RPI, quindi la stipula del contratto non viene inficiata
RPI in presenza di rigidità dei salari
¾ L’impresa riceve in prestito T che restituisce con gli interessi. Il valore atteso del flusso di pagamenti erogati dall’impresa non varia (assumiamo per semplicità un tasso di sconto pari a zero). ¾ Il lavoratore vede alterato il profilo del flusso di reddito, ma non il suo valore atteso. ¾ L’ipotesi di neutralità al rischio fa sì che entrambi gli agenti siano indifferenti a modificare il flusso dei pagamenti.
• Rilassiamo ora l’ipotesi di perfetta flessibilità dei salari e assumiamo che questi siano fissi e pari a W • Al fine di studiare le conseguenze degli RPI con salari rigidi, consideriamo 2 economie
• NB: è cruciale l’ipotesi di salari flessibili. • Critica del bonding: il meccanismo appena descritto è assimilabile all’acquisto di un titolo dell’azienda (bond) da
– Economia R(igida), in cui non si può licenziare (massima protezione dell’impiego) – Economia F(lessibile), in cui si può licenziare liberamente.
parte del lavoratore.
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RPI in presenza di rigidità dei salari
RPI in presenza di rigidità dei salari
Ciascuna economia è caratterizzata da una funzione di produzione aggregata (oppure esiste una sola impresa) che utilizza un unico input il lavoro (L): Y=f(L)=Ailog(L) (nota f’>0, f’’<0) Ai è una variabile casuale che descrive gli stati del mondo Esistono due stati del mondo 1.
Lo stato favorevole (alta produttività) si realizza con probabilità p. In tal caso Ai assume il valore Ah 2. Lo stato avverso (bassa produttività) si realizza con probabilità (1-p). e Ai=Al, Ah>Al 31
Consideriamo l’economia F. Il problema di massimizzazione del profitto è: maxL ΠF= Ailog(L)-WL ∂ ΠF/ ∂ L=0 => LF =Ai/W, i=h,l La soluzione del problema di ottimizzazione porge la funzione di domanda di lavoro.
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RPI in presenza di rigidità dei salari
RPI in presenza di rigidità dei salari
• Poiché A varia al variare degli stati del mondo, anche la domanda di lavoro varia al variare degli stati del mondo. • L’economia F impiega Lh=Ah/W unità di lavoro nello stato favorevole e Ll=Al/W unità nello stato avverso [grafico] • In recessione vengono licenziate ΔL=(Ah-Al)/W unità di lavoro, le quali vengono riassunte in fase espansiva. • Il valore atteso dell’occupazione nell’economia F è E (LF)=p Lh+(1-p) Ll=[pAh+(1-p)Al]/W 33
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RPI in presenza di rigidità dei salari
RPI in presenza di rigidità dei salari
Quindi: 1. Il valore atteso dell’occupazione è identico nelle due economie (neutralità rispetto agli stock) 2. Nell’economia F l’occupazione mostra maggiore variabilità (± ΔL nel passaggio da uno stato del mondo all’altro, non c’è neutralità rispetto ai flussi) 3. L’economia F massimizza il profitto in ciascuno stato del mondo. L’economia R non massimizza mai. Quindi l’economia flessibile produce più profitto utilizzando in media la stessa quantità di lavoro. In questo senso F è più efficiente.
Passiamo all’economia R. • In tal caso l’occupazione non può essere variata, ma viene scelta una volta per tutte • Massimizzazione del valore atteso del profitto: maxL E(ΠR) = (pAh+(1-p)Al)log(L)-WL ∂ E( ΠR)/ ∂ L=0 => LR= (pAh+(1-p)Al) /W • NB: LR= E (LF) 35
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Evidenza empirica • Al fine di operare confronti: “gerarchia delle gerarchie”. • A ciascun paese viene assegnato un punteggio relativamente a vari aspetti della rigidità (impiego a tempo indeterminato, determinato, normativa sui licenziamenti collettivi) crescente nel grado di rigidità. • L’indicatore sintetico è la media degli scores ottenuti per ciascun aspetto della rigidità.
La definizione degli indicatori OECD di RPI • 3 dimensioni considerate: – Protezione dei lavoratori regoli contro il licenziamento: • Difficoltà di licenziamento • Inconvenienti procedurali che l’impresa può dover affrontare • Preavviso e severance pay
– Difficoltà nelle procedure di licenziamento collettivo – Regolamentazione delle forme di lavoro temporaneo
• Limite dell’indicatore: non tiene in considerazione la durata della procedura legale.
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Commento al chart 2.1 • Le procedure per il licenziamento collettivo non sembrano essere molto diverse da paese a paese • Ciò che fa la differenza è la regolamentazione del lavoro temporaneo • Emergono alcune regolarità: ¾ La protezione/rigidità è particolarmente pronunciata nei paesi dell’Europa meridionale ¾ I paesi dell’Europa continentale (F,D), i paesi nordici, l’est europeo e i paesi asiatici tendono a collocarsi in posizione intermedia ¾ I paesi anglosassoni (UK, US) sono caratterizzati da bassi livelli di protezione/rigidità 39
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Evoluzione nel tempo ¾C’è stata una convergenza tra i paesi europei raggiunta attraverso le riforme al margine che hanno riguardato prevalentemente la regolamentazione del lavoro temporaneo, avvenute negli anni 90 soprattutto in quei paesi caratterizzati da leggi di protezione più stringenti ¾Si parla però di inerzia relativa: la posizione relativa dei vari paesi è rimasta sostanzialmente inalterata 41
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Evidenza empirica
Capacità predittive del modello • In che misura le predizioni del modello precedente sono verificate nei dati? • Ad esempio, se è vero che c’è neutralità rispetto agli stocks, dovremmo osservare che il livello della disoccupazione non varia al variare della rigidità degli RPI. • Figura 10.3°: non esiste un chiaro legame tra disoccupazione (aggregata) e RPI 45
Evidenza empirica
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Per quel che riguarda i flussi, il modello predice una relazione negativa:
Fig 10.3 • la neutralità è verificata in aggregato • Tuttavia se scomponiamo il tasso di disoccupazione per gruppi demografici non pare più essere verificata 1.
Rigidità di RPI è associato a bassi tassi di disocc. per i maschi adulti (i beneficiari degli RPI). 2. Si accompagna invece a più elevati tassi di disocc femminile e giovanile. 3. Ma NB, la correlazione è debole (vedi R2) (Torneremo tra poco sulla diversa desiderabilità degli RPI per diversi gruppi di lavoratori) 47
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Evidenza empirica
• I paesi più rigidi hanno flussi di entrata verso la disoccupazione più bassi di quelli osservati nei paesi più flessibili: nei paesi rigidi è minore la probabilità di perdere il lavoro e di conseguenza la durata della disoccupazione è maggiore • Quindi i dati paiono supportare il modello con salari fissi. • La neutralità totale (rispetto sia a stock che a flussi) prevista dal modello critica del bonding non trova conferma nei dati. 49
RPI rigidi aumentano la quota di lavoratori temporanei e riducono il tasso di passaggio dal lavoro temporaneo al lavoro a tempo indeterminato. 50