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LX anno dalla fondazione
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Agosto Settembre 2010
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Foto di Frank Andiver
Poste Italiane spa - spediz. in a.p. DL.353/03 (conv.L.46/04) art. 1 comma 1, DCB Roma. Autoriz. del Trib. di Roma n. 350 del 16./06/1987. Una Copia € 0,51
Mensile per la Federazione Italiana Trasporti - Dipartimento Mobilità - Area Contrattuale Trasporto Ferroviario e Servizi
Indennità e pensioni unificate per i sordo ciechi La sordo cecità dal 14 luglio, è finalmente riconosciuta come disabilità specifica unica. Grazie a questa novità, coloro che saranno dichiarati da una commissione medica come sordo ciechi potranno percepire in forma unificata le indennità spettanti per sordità e cecità e anche le relative pensioni, qualora ci fossero i requisiti. Le modalità di accertamento e di erogazione unificata di indennità e pensioni si applicano a chi ha fatto domanda dalla data sopra indicata e in occasione di eventuali visite programmate. Speciale assegno continuativo mensile: gli eredi devono essere informati D’ora in avanti l’Inail dovrà comunicare ai superstiti di un lavoratore che possono fare domanda per godere dello speciale assegno continuativo mensile. Tale prestazione spetta ai superstiti nel caso in cui il lavoratore, già titolare di rendita per inabilità permanente nella misura pari o superiore al 48% muoia per cause non dipendenti dall'infortunio o dalla malattia professionale. Ora, per decisione della Corte costituzionale, l’Inail è tenuta a comunicare ai superstiti la possibilità di richiedere l’assegno. Inoltre, è stato stabilito che il termine di 180 giorni entro cui è necessario presentare la domanda decorre dal momento in cui l’istituto comunica agli aventi diritto che questi hanno facoltà di richiedere la prestazione.
Bonus straordinario 2009 anche agli eredi Il bonus straordinario a favore di lavoratori e pensionati aventi un basso reddito dovrà essere versato agli eredi se la morte del beneficiario avviene dopo la verifica dei requisiti, ma prima dell’effettivo accredito a chi ne aveva fatto richiesta. Questo il contenuto di un recente messaggio Inps, con il quale si ripristinano i pagamenti dei bonus, previsti per il solo anno 2009 dalla manovra “anticrisi”, in favore degli eredi nel caso in cui questi abbiano l’importo ricevuto Cure termali: le domande entro il 31 ottobre Fino al 31 ottobre di quest’anno è possibile fare domanda per le cure termali, utili al fine di evitare o ritardare uno stato di invalidità. La domanda deve essere completa di certificato medico, nel quale sia indicata la malattia per la quale vengono richieste tali cure. Questa richiesta può essere spedita (presso la sede Inps di residenza del lavoratore) per posta tramite raccomandata A/R oppure tramite un ente di patronato. Se la domanda viene respinta dall’Inps, il lavoratore può chiedere che venga riesaminata. Per la consulenza e l’assistenza necessarie, ci si può recare presso la più vicina sede dell’Inas Cisl (gli indirizzi si trovano su www.inas.it, oppure chiamando il numero verde 800 001 303): ricordiamo che la consulenza offerta dall’Inas è assolutamente gratuita.
Sommario
Mensile per la Federazione Italiana Trasporti Cisl Trasporto Ferroviario e Servizi Fondato nel settembre del 1950
Agosto-Settembre 2010 LX anno dalla fondazione Autorizzazione del Tribunale di Roma n.350 del 16.6.1987 Proprietà La Rotaia S.r.l.
Ccnl della Mobilità
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Due importanti tappe hanno accelerato la trattativa. Ccnl mobilità: fine primo atto. Si moltiplicano le trattative con le altre Imprese ferroviarie ed arrivano i primi risultati
Gruppo Fs
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Sicurezza sul lavoro in RFI, fermiamoci a riflettere
Organizzazione
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La nuova strategia di Fs? All’attacco dei lavoratori Emilia Romagna: i giovani si confrontano sulla manutenzione rotabili Centro sperimentale Osmannoro, trattative in stallo
La più silenziosa delle riforme delle pensioni
Buone nuove per il recupero della detassazione di notturne e straordinari
Trasporto ferroviario
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Rtc: verso il CCNL delle Attività Ferroviarie
Gruppo FNM Brennero: al via i turni concordati per il PdM, per il PdB e per il Personale di Terra
Stampa: Tipografia CSR Via di Pietralata, 157 - 00158 Roma. Tel. 06-4182113 E’ vietata la riproduzione e traduzione, anche parziale, di articoli senza citarne la fonte.
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Stringere i denti e puntare al Contratto
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Direzione, Redazione, Amministrazione: Via A. Musa, 4 - 00161 Roma Tel. 06-44286341 Fax 06-44286342 e-mail:
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Normativa italiana
Direttore: Giovanni Luciano Direttore Responsabile: Carlo Candida Redazione: Claudio Claudiani, Osvaldo Marinig, Salvatore Pellecchia, Gaetano Riccio Impaginazione e grafica: Patrizia Censi
Chiuso in Tipografia il 2 ottobre 2010 Finito di stampare nel mese di ottobre 2010 Tiratura: 28.000 copie
Editoriale
Dentro il dato
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Non chiamateli bamboccioni
Intorno a noi ...
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Tu chiamala, se vuoi, Big Society
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Stringere i denti e puntare al Contratto
La sigla con la quale unitariamente tutti i sindacati dei trasporti hanno identificato i testi convenuti presso il Ministero dei Trasporti e Infrastrutture con le controparti rappresenta un significativo passo avanti per la definizione del nuovo contratto della mobilità, per gli addetti alle attività ferroviarie e al trasporto pubblico locale. Non è certo il caso di fare trionfalismi a riguardo. Tant’è che a sostegno della vertenza, rimane in piedi lo sciopero del 21-22 ottobre. Ma è tuttavia incoraggiante misurare la strada percorsa in avanti dal 9 luglio scorso. E ciò assieme alla consapevolezza delle questioni che rimangono irrisolte. Ci muoviamo infatti in un contesto istituzionale, politico e strutturale slabbrato, mucillaginoso e inaffidabile, nel quale non bastano impegni né di legge, né di patti più o meno solennemente sottoscritti a garantire la consequenzialità attuativa, innanzitutto sul versante delle risorse effettive che devono arrivare “a valle”. L’esempio negativo della finanziaria 2008 e dei suoi effetti nel Tpl è solo uno dei cento possibili riguardanti tutti i servizi pubblici in qualsiasi settore. La fatica da fare dunque, per il nostro sindacato come per i lavoratori che rappresentiamo, è ardua ed ingrata. Eppure dobbiamo trovare l’equilibrio possibile tra esigenze del lavoro e salvaguardia dell’esistenza in vita delle aziende che ci danno lavoro. A questo siamo! E vicende come quelle, non solo di FS e del nostro comparto ma anche di Alitalia ed ultimamente di Tirrenia, dovrebbero aver insegnato qualcosa a chiunque. Quanto a noi della Fit, una cosa è certa: non imboccheremo ma le scorciatoie della demagogia che conducono solo al precipizio.
Il mese di settembre 2010 rappresenta per noi della Fit un mese emblematico: si è aperto, proprio il giorno 2 a Chianciano, con una riunione congiunta delle aree contrattuali del trasporto ferroviario e degli autoferrotranvieri sul tema, e si è chiuso la sera del 30 con la sigla di testi convenuti tra le parti dei quattro punti del Contratto Unico della Mobilità. Decorrenza e durata, campo di applicazione, relazioni industriali e mercato del lavoro. Finalmente si è posta la prima pietra dopo un percorso durato troppo e con troppi scioperi, sulle cui responsabilità o meglio, irresponsabilità, abbiamo già detto nell’editoriale del numero precedente e sulle quali preferiamo non tornare.
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Un mese intenso di lavoro all’inizio del quale, lo confessiamo, non avremmo pensato di riuscire a chiudere questa prima fase per entrare nelle successive. Dopo la riunione della Fit Cisl a Chianciano nei giorni 1 e 2, un’altra tappa importante, forse decisiva, è stata quella di Montesilvano dei giorni 13 e 14 settembre, ove tutto il fronte sindacale dei trasporti ha ribadito unitariamente e senza alcun’ombra di dubbio l’importanza e la irreversibilità del percorso iniziato a febbraio del 2008. È stato un segnale forte a quelli che, ad iniziare dalle associazioni datoriali Asstra e Anav, hanno lavorato contro sperando di fiaccare le motivazioni e le convinzioni. Abbiamo avuto ragione noi Abbiamo avuto ragione noi, si doveva e si poteva fare. Lo stato di avanzamento della trattativa siglato nella sala della biblioteca del Ministero dei Trasporti nella la sera del 9 luglio 2010, mentre fuori si stava scioperando, doveva e poteva essere portato a termine. La sera del 9 luglio i no sul documento erano addirittura sessantuno, quasi tutti da parte di Anav e Asstra.
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Molti di questi no erano forse strumentali, altri sostanziali e fotografavano le forti divergenze esistenti al tavolo della trattativa. Da parte nostra, lo abbiamo detto a Chianciano e a Montesilvano, i problemi di sostanza rimasti erano essenzialmente quattro: la salvaguardia della contrattazione aziendale, le clausole sociali per gli appalti e per i subentri, alcune questioni sul mercato del lavoro e il “quinto punto” rappresentato dalla regolazione almeno degli arretrati riferiti al 2009. La sera del 30 settembre abbiamo trovato la soluzione. È finita? Assolutamente no, perché mentre scriviamo queste righe siamo in attesa di conoscere le date dei prossimi incontri, in quanto il testo è stato siglato ma non firmato. Non è un bizantinismo, ma una chiara distinzione tra una identificazione di testo che potrebbe diventare accordo solo laddove si riesca a concludere anche una intesa economica sul pregresso. In sintesi, alla luce del tempo trascorso e dell’equilibrio raggiunto sui testi che modificheranno le regole attualmente vigenti nei due ex settori, secondo noi occorre un “quinto punto” (che si aggiunge ai quattro punti del protocollo siglato conclusi coi testi di cui parliamo) che è quello economico. Abbiamo risolto tre degli argomenti di sostanza che ci premevano ma non ancora il quarto. Questo rappresenta uno scoglio che sarà molto difficile da superare, sia chiaro. Lo sarà in virtù del contesto che stiamo vivendo come Paese, condannato troppo spesso a dover ascoltare cose che, francamente, ci lasciano basiti. Si va dalla vecchia traduzione dell’acronimo SPQR, che va bene alle elementari, ma certo non in bocca a ministri della Repubblica, alle sparate trite e ritrite sulla Salerno Reggio Calabria o sul Ponte di Messina o che c’è lo sviluppo del trasporto ferroviario locale (sic), non dimenticando le veemenze fuori posto e fuori luogo di chi pensa di essere sempre in una rissa di strada e dimentica la sacralità del luogo ove i “valori” andrebbero dimostrati anche coi comportamenti e non solo nei nomi dei partiti, per esempio. Le agenzie di viaggio hanno cominciato ad organizzare tour a Montecarlo tanta è la curiosità “immobiliare” destata nel periodo agosto-settembre negli italiani. Del lavoro che manca per un giovane su quattro (sicuri che non siano di più?) si parla sempre troppo poco e con la troppa fretta di “passare appresso”. Servizi pubblici sempre più in affanno La troppa polvere nascosta sotto il tappeto, soprattutto nei servizi pubblici, ha rimandato in eterno riforme che dessero una compiuta gestione di tipo industriale ed ha alimentato sempre di più il fenomeno dell’aumento del debito pubblico. Nei servizi pubblici locali certamente non sono sfuggiti i trasporti a questo meccanismo perverso e oggi ci si trova in una situazione paradossale: esiste un meccanismo automatico di finanziamento strutturale del trasporto pubblico locale ma i soldi non ci sono. Com’è possibile è presto detto. vieri dei ferro VOCE
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La legge finanziaria del 2008, approvata alla vigilia di Natale del 2007, stabiliva in uno degli innumerevoli commi del suo sterminato articolo 1, che una quota dell’accisa sul gasolio da autotrazione venisse trasferita alle regioni (a Statuto Ordinario) per finanziare il trasporto pubblico locale. In sintesi si paga una quota in più sul rifornimento per finanziare i pullman, le metropolitane e le ex ferrovie concesse. Questo meccanismo è in vigore dall’inizio del 2008 ed era stata una conquista che avevamo salutato tutti con grande soddisfazione. Non dimentichiamo che una delle parole d’ordine della stessa piattaforma sindacale era ed è: risorse certe. Il problema ora è che, in un Paese che chiude gli ospedali e che ha difficoltà a fare il pieno alle volanti della polizia, molte regioni hanno preso i soldi, ma non li hanno trasferiti alle aziende di trasporto del loro territorio. I servizi di trasporto pubblico locale sono finanziati per legge per il 65% del costo del servizio espletato. È evidente che se il servizio viene erogato ed i pagamenti ritardano o, peggio, non sono onorati si crea una situazione di indebitamento per le aziende con conseguente ulteriore indebitamento bancario e quindi maggiori oneri e così via. È comprensibile, anche se non condivisibile, la posizione di Asstra quando dice che se “il Governo” non garantisce i fondi, loro non sono disponibili a sottoscrivere aumenti contrattuali. Ci stiamo limitando a descrivere il lato autoferrotranvieri ma per le ferrovie il meccanismo è pressoché identico. Come si dice, se Atene piange Sparta non ride. Alle mancate entrate appena tracciate si aggiunge ora il drastico taglio uguale per tutti nella percentuale (cosiddetto “lineare”) che rischia di far precipitare la situazione con un potenziale scenario di caos che, secondo noi, in troppi sottovalutano sbagliando clamorosamente. I fatti di Genova del 2 ottobre sono lì a dimostrarlo. I contratti di servizio “sei più sei” sottoscritti da tante regioni italiane sono messi fortemente a rischio dai tagli della manovra ma anche da situazioni, tipo Campania, ove il debito pubblico regionale è arrivato ad una situazione tale che la prima cosa che viene fatta è la drastica riduzione della spesa, ergo dei servizi erogati. Uno scenario che vede quindi cospicui tagli dei servizi ed aumento delle tariffe con concreto rischio esuberi negli autoferrotranvieri e ulteriore abbassamento delle consistenze nei ferrovieri che, per adesso, riescono ad evitare il dramma grazie alla elevata età media, che consente ancora a tanti di andare in pensione e a troppi di attendere con ansia l’attivazione del “Fondo”. Uno scenario indecente di sgoverno Con uno scenario di questa natura ci capirà chi si adombra nel leggere la nostra indignazione per lo spettacolo indecente che tutti i giorni ci viene propinato da chi dovrebbe pensare alle sorti di questo povero Paese ma che invece spesso pensa solo alle proprie.
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Ed il nostro è un riferimento bipartisan, sia chiaro. Ci si scanna su Pomigliano, tutti pontificano, ma qualcuno ha mai visto il parco macchine dei ministri italiani? A noi è capitato, fortuitamente, di vederlo nel cortile interno di Palazzo Chigi mentre era in corso un consiglio dei ministri: solo tre auto erano di marca italiana le altre per la quasi totalità tedesche. A noi lascia molto da pensare, anche riconoscendo che non sono solo le auto dei ministri a cambiare le sorti dell’occupazione italiana, ma se permettete … Tornando all’inizio del ragionamento ed alle sorti della parte generale e di due capitoli importanti quali relazioni industriali e mercato del lavoro, che formano la pietra angolare del contratto unico della mobilità che stiamo cercando di conseguire con grande sforzo e sacrificio, dobbiamo chiedervi scusa in quanto i tempi di un mensile non possono dare l’informazione in tempo reale. Non sappiamo quanto ci vorrà e come andrà a finire. Per ora possiamo dire che a sostegno della vertenza resta in piedi lo sciopero del 21-22 ottobre. La vertenza e lo scenario dello sciopero Quello che possiamo, invece, fare è sottolineare l’importanza di questo parziale risultato che realizza un cambio di fase e che mette in discesa una vertenza che va avanti da troppo tempo. Si dovrà poi passare al rinnovo delle rimanenti parti dei due contratti. Per i ferrovieri i capitoli della classificazione e inquadramento, dell’orario di lavoro, dello svolgimento del rapporto di lavoro e della retribuzione. Capitoli che, in attesa di un futuro contratto unico completo, sono quelli che più ci espongono al confronto con tutte le altre imprese ferroviarie che nel frattempo sono sorte.
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Come già ampiamente rendicontato sulle pagine della “Voce dei Ferrovieri” in queste altre aziende abbiamo iniziato dall’inizio di questo 2010 una azione sindacale coordinata con le Segreterie Regionali di competenza che è stata possibile anche grazie alla compiuta modifica statutaria realizzata dall’ultimo Congresso della Fit ed alla nascita di un unico Dipartimento della Mobilità. La preziosa collaborazione tra le due aree contrattuali ferro e autoferro ed il coordinamento con le regioni, specialmente Lombardia, Veneto e Piemonte, ci hanno permesso di aprire vertenze con Sbb-Cargo Italia, DB-Shenker Italia, Rail Traction Company, CopRail e le stesse FerrovieNord Milano ad iniziare dalla unità di business che svolge il servizio di trazione per le ferrovie tedesche ed austriache da e per il Brennero. Non solo, siamo in discussione da mesi anche con la NTV che nel 2011 diventerà il secondo esempio del capitale privato che lucrerà sugli investimenti pubblici dopo le autostrade. Chissà perché questo Paese deve sempre privatizzare i guadagni e pubblicizzare le perdite, e chissà perché è successo sempre con gli stessi esponenti politici al Governo che ora sono all’opposizione. Abbiamo una importantissima infrastruttura costata miliardi e miliardi di euro e ora che questa c’è ci sviluppiamo sopra la concorrenza tra Trenitalia (pubblica) e NTV (privata ma con il 20%, per ora, di capitale pubblico francese). È superfluo dire che siamo lontani da soluzioni condivisibili sui quei tavoli alla luce delle proposte sottoposteci, alcune delle quali tanto eccessive da apparire a volte sconce. Con RTC siamo vicini alla sottoscrizione di un possibile accordo di confluenza nel contratto delle attività ferroviarie, con le altre del cargo siamo alla ripresa degli scioperi. In FNM, invece, abbiamo finalmente sottoscritto i turni del macchina e del viaggiante del Brennero secondo i criteri delle attività ferroviarie conseguendo un grande risultato sindacale e convenuta la ripresa delle trattative su TLN. La sintesi, però, è che la nostra azione di miglioramento delle condizioni di lavoro nelle altre imprese ferroviarie sta dando i primi frutti, che sono ancora insufficienti ma insperati alla fine del 2009. È certo che dovremo faticare tanto e lo dovremo fare molto anche sul versante interno al Gruppo FS. Anche nel rinnovo del contratto delle attività ferroviarie e in quello aziendale di Gruppo. vieri dei ferro VOCE
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Non sappiamo se troveremo mai un accordo con NTV ma certamente quell’azienda partirà, magari con condizioni anche peggiori di quelle che abbiamo al momento conseguito noi al tavolo. C’è troppa fame di lavoro in Italia per pensare il contrario ed il numero delle domande di assunzione è da palazzetto dello sport. Ci faranno male erodendo forti quote di risorse provenienti dagli incassi del Freccia Rossa e del Freccia Argento. Si sta per aprire una fase storica ove la concorrenza, quella sugli incassi veri, sarà feroce ed inciderà sempre di più sulle sorti di un’azienda che è sì di proprietà pubblica, ma che non può certo sperare di avere ulteriori risorse o continuare ad averne magari come oggi, già poco sufficienti, in un contesto economico quale quello che conosciamo e che in Europa ci porta gli esempi drammatici della Grecia prima e della Spagna oggi.
Le ferrovie ridotte ad una caserma non possono produrre che disaffezione e sfiducia nei lavoratori. Una sfiducia che impedisce di essere ascoltato anche al sindacato. Proveremo a metà ottobre, in una grande manifestazione della Fit Cisl, a far capire a Moretti quale siano le nostre idee per voltare pagina e riportare in vita un si-
stema virtuoso che, partendo dalla contrattazione negli impianti e con le Rsu e dal riconoscimento economico dei sacrifici che ognuno fa, possa rimettere in moto quella voglia di essere protagonisti nella propria azienda e della propria azienda, per esser protagonisti del proprio destino e di quello delle proprie famiglie.
Condizioni avverse e necessità di equilibrio sindacale Dovremo faticare tanto per questa traversata nel deserto dove molti penseranno che sia sbagliata la pista o chi conduce la testa della carovana o che sarà meglio abbandonarla. Sbaglieranno. Dovremo trovare l’equilibrio giusto tra esigenze del lavoro ed esigenze di esistenza in vita della azienda che dà il lavoro. Non ci piacerà perché sarà un percorso scomodo e difficoltoso, pieno di impopolarità probabilmente, ma Alitalia prima e Tirrenia oggi dovrebbero averci insegnato qualcosa. Le comode scorciatoie, alla lunga, portano al precipizio. È la stessa morale del ricorso sistematico all’aumento del debito pubblico o alle riprovevoli disinvolture della classe politica, anche e soprattutto a livello locale. Non abbiamo paura di lavorare di più, non abbiamo paura di lavorare meglio. Ma pretendiamo di farlo in un contesto di partecipazione e di condivisione a partire dai posti di lavoro. Una partecipazione ed una condivisione che in questa azienda manca da troppo tempo e che l’avvento di Moretti ha completamente cancellato. vieri dei ferro VOCE
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Due importanti impor tanti tappe hanno accelerato la trattativa Ccnl mobilità: fine primo atto. Rinviato di venti gior ni lo sciopero nazionale
Il mese di settembre è iniziato, per la nostra Organizzazione, a “pieno regime” e si è concluso con un risultato soddisfacente. Nei giorni 2 e 3 infatti si è svolta a Chianciano una riunione alla quale hanno par-
tecipato i componenti del Dipartimento Mobilità, i Segretari Generali Regionali e i Segretari Regionali Responsabili delle Aree Contrattuali Tpl-Internavigatori e Trasporto Ferroviario e Servizi. All’ordine del giorno la vertenza sul Ccnl Unico della Mobilità e la vertenza con il Gruppo Fs. A metà mese circa, il 12 e 13 settembre, a Montesilvano si sono incontrate le rappresentanze nazionali e regionali delle sette organizzazioni sindacali impegnate nella vertenza sul Ccnl Unico della Mobilità. A fine mese, il 30 settembre, si è conclusa la trattativa sui famosi “quattro punti” del Ccnl Unico della Mobilità.
Giovanni Luciano e Michele Imperio nei loro interventi hanno illustrato i passaggi più significativi che hanno caratterizzato in questi mesi il confronto e sono riusciti a dimostrare ai presenti, grazie al documento che Federtrasporto, Ancp, Asstra e Anav hanno sottoscritto il 9 luglio, quanto pretestuose fossero le posizioni di una parte della delegazione datoriale (Asstra e Anav). Molte, tante indisponibilità disseminate tatticamente lungo le trenta pagine contenenti la disciplina delle “Relazioni Industriali” e del “Mercato del Lavoro” con l’unico obiettivo di diluire i tempi del negoziato e di impedirne la conclusione. I problemi veri quali: • la definizione di modalità per la salvaguardia della contrattazione aziendale; • le clausole sociali da prevedere per appalti e subentri;
La riunione di Chianciano Fare il punto della situazione sulla vertenza per la definizione del Ccnl Unico della Mobilità dopo la pausa estiva e alla vigilia di un nuovo sciopero nazionale era cosa doverosa. A Chianciano, però, non ci si è limitati alla mera cronaca ma, grazie al coinvolgimento di tutti i partecipanti, sono state anche definite le strategie per accelerare la conclusione di un percorso prolungatosi oltre ogni ragionevole limite.
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• alcune questioni sul mercato del lavoro; • il cosiddetto “quinto punto” rappresentato dalla richiesta di corresponsione degli arretrati economici riferiti al 2009 e i relativi adeguamenti; sono stati circoscritti e sono state anche individuate le possibili soluzioni. Per imprimere, quindi, un’accelerazione al negoziato il Dipartimento Mobilità e le strutture regionali hanno convenuto: • di trasmettere i contenuti del documento del 9 luglio 2010 ai responsabili delle aziende rappresentate da Anav e Asstra; • di continuare a ricercare il coinvolgimento dei Ministeri dei Trasporti e del Lavoro;
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• di concludere comunque il confronto considerando i temi e gli argomenti contrattuali sui quali si è sviluppata la trattativa collocabili esclusivamente nel Ccnl Unico della Mobilità; impegnando il Dipartimento Nazionale a continuare a lavorare per la definizione del nuovo Ccnl della Mobilità atteso che è l’unico strumento per la tutela del lavoro in un settore in cui si è avviata una liberalizzazione senza regole. Nella riunione di Chianciano vi è stato, poi, anche un aggiornamento sulla vertenza aperta con il Gruppo Fs per: • rivendicare l’attivazione dei processi per assumere il personale necessario
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per garantire i livelli di produzione di Rfi e di Trenitalia; ripristinare i tagli dei collegamenti deputati al cosiddetto “servizio universale” sulle relazioni nord-sud; contestare l’individuazione di figure di quadri non previste dal contratto di lavoro e dagli accordi aziendali vigenti; sbloccare le promozioni per i lavoratori che hanno acquisito il livello superiore a seguito di mansioni svolte “di fatto”; pretendere il pagamento dei Premi di Risultato relativi agli anni 2007, 2008 e 2009 non ancora corrisposti ai lavoratori del Gruppo nonostante i miglioramenti di produttività consolidati.
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Su questo ultimo aspetto vi è stato un approfondimento per valutare i possibili criteri da utilizzare per costruire un nuovo Premio di Risultato che dovrà prevedere obiettivi di produttività espressa e qualità erogata oggettivamente misurabili e non impossibili da raggiungere. L’attivo unitario di Montesilvano A metà mese, dopo la riunione della Fit Cisl a Chianciano, si è svolto a Montesilvano nei giorni 13 e 14 settembre l’attivo unitario delle sette organizzazioni sindacali impegnate nella vertenza per la definizione del Ccnl Unico della Mobilità. Anche a Montesilvano, questa volta unitariamente, autoferrotranvieri e ferrovieri hanno confermato che: • il nuovo Ccnl della Mobilità è un obiettivo irrinunciabile per la tutela del lavoro; • il processo negoziale verso il nuovo Ccnl è irreversibile; • gli istituti collocati nell’ambito del Ccnl Unico della Mobilità non sono disponibili ad altri livelli contrattuali. Nel corso del dibattito molti interventi hanno sottolineato che il ruolo di garante del confronto in capo al Ministro di Infrastrutture e Trasporti, che si è a suo tempo impegnato a realizzare il sostegno legislativo alla nuova strumentazione contrattuale, continua a essere una condizione necessaria per il buon esito dell’intera vicenda contrattuale.
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E proprio affinché le aziende operanti nel settore applichino tutte le stesse regole in materia di lavoro, sottolineando l’importanza strategica del trasporto collettivo nel nostro Paese, molti intervenuti hanno sollecitato le Segreterie Nazionali a ricercare un maggior coinvolgimento di Governo, Regioni ed Enti Locali non solo con l’obiettivo di rivedere e recuperare i recenti provvedimenti di tagli di risorse economiche destinate al settore ma anche per affermare una nuova politica dei trasporti finalizzata mantenere un sistema di trasporti efficiente e competitivo. Le conclusioni della due giorni sono state affidate alla nostra Organizzazione e sono state curate da Giovanni Luciano che ha confermato a nome delle Segreterie Nazionali l’impegno a: • portare avanti un’azione sindacale tesa a definire insieme ai “quattro punti” anche la regolazione della parte economica riferita all’anno 2009; • procedere, contestualmente al rinnovo dei Ccnl del “Trasporto Pubblico Locale” e delle “Attività Ferroviarie”, anche alla definizione degli aspetti retributivi dell’intero triennio; • continuare l’opera di coinvolgimento delle istituzioni per una politica dei trasporti che restituisca il giusto ruolo al trasporto ferroviario .
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Al termine dell’Attivo i partecipanti hanno votato all’unanimità un documento che ha riassunto quanto emerso dal dibattito sia in termini di analisi che di proposta per il prosieguo del complesso negoziato. La sigla per “identificazione” dei quattro punti La sigla per “identificazione” dei quattro punti è una novità che si è consolidata nel corso del negoziato. Tradizionalmente una trattativa o più in generale un percorso negoziale si conclude con un accordo, un’ipotesi di accordo che poi viene ratificata oppure con un disaccordo. Questa volta i testi contrattuali una volta discussi, modificati, integrati e convenuti sono stati siglati “per identificazione”. Le delegazioni trattanti pur convenendo sull’insieme di istituti che sono stati definiti hanno ritenuto di non renderli ancora disponibili alla fase applicativa per la mancanza di quello che, fra gli addetti ai lavori, è stato battezzato come il “quinto punto” e cioè il riconoscimento dell’adeguamento economico per il 2009. Quinto punto perché si colloca subito dopo gli ormai definiti: Campo di Applicazione, Decorrenza e Durata, Relazioni Industriali e Mercato del Lavoro. I quattro punti definiti finora, che nei prossimi numeri di questo giornale avremo modo di approfondire più diffusamente, colgono le esigenze di adeguamento alla mutata legislazione del lavoro degli ultimi anni, danno una risposta alle richieste di flessibilità avanzate dalle nostre imprese e costituiscono un efficace strumento di tutela dei diritti dei lavoratori. Proprio per ragioni esposte la conclusione di questa prima tornata contrattuale rappresenta il raggiungimento di una tappa importante, seppur intermedia, del percorso avviato nel 2008.
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I prossimi traguardi I risultati ottenuti ci confortano perché confermano la fondatezza delle ragioni del Sindacato e dimostrano che le dichiarazioni, reiterate nel corso dei mesi passati dalle associazioni datoriali, che osteggiano il Ccnl Unico della Mobilità a causa della sua presunta incompatibilità economica, non hanno solidità. È velleitario se non impossibile, al momento, azzardare previsioni sui tempi di conclusione complessiva della vertenza. Pur considerando il valore della definizione dei “quattro punti”, mancando all’appello il “quinto”, anche per dare un segnale di distensione alle controparti e al Governo, lo sciopero nazionale già proclamato dal 30 settembre al 1 ottobre è stato rinviato al 21/22 ottobre 2010. La data del 21 ottobre è molto vicina e, mentre stiamo andando in stampa con questo numero, siamo in attesa di una convocazione, da parte ministeriale, per proseguire il confronto che, ci auguriamo, ci consentirà di giungere alla prossima importante tappa. Stando a quanto concordato nel protocollo del 30 aprile (15 maggio) 2009, definiti gli aspetti economici si dovrà procedere al rinnovo delle rimanenti parti dei contratti delle Attività Ferroviarie e del Tpl che in questa fase non trovano collocazione nella cornice del Ccnl Unico della Mobilità (classificazione e inquadramento, orario di lavoro, svolgimento del rapporto di lavoro e retribuzione).
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Ordine del Giorno Conclusivo
L’Attivo Nazionale Unitario dei settori “Trasporto Pubblico Locale” e “Attività Ferroviarie” di Filt-Cgil, Fit-Cisl, Uiltrasporti, Ugl Trasporti, Orsa, Faisa, Fast, svolto a Montesilvano il 13-14 settembre 2010, assume i contributi offerti al dibattito dai numerosi interventi che hanno consentito di fare il punto sullo stato della vertenza per il nuovo CCNL della Mobilità e i suoi sviluppi. L’Attivo conferma che il nuovo CCNL della Mobilità è un obiettivo irrinunciabile per la tutela del lavoro e che il Protocollo Ministeriale di maggio 2009 ha reso irreversibile il processo negoziale verso il nuovo CCNL. L’Attivo ritiene altresì che lo schema negoziale convenuto con quel Protocollo resta tuttora valido e che l’attestazione del negoziato formalizzata dalle parti presso il Ministero il 9 luglio scorso rappresenta un punto di avanzamento imprescindibile di questo processo negoziale, a sostegno del quale è in programma lo sciopero nazionale di 24 ore del 30 settembre-1 ottobre 2010. In tal senso, l’ Attivo: • tra gli aspetti su cui ancora il 9 luglio si è registrato dissenso con le controparti sull’articolato contrattuale che sviluppa i 4 temi del Protocollo ministeriale di maggio 2009, evidenzia come prioritari: la clausola sociale, la contrattazione di secondo livello, alcuni elementi della disciplina sul mercato del lavoro; • considera necessario accompagnare la definizione della prima fase attuativa del nuovo CCNL con la regolazione della parte economica riferita all’anno 2009, prevedendo la completa definizione degli aspetti retributivi dell’intero triennio 2009-2011 in occasione dell’intesa di rinnovo dei CCNL del “Trasporto Pubblico Locale” e delle “Attività Ferroviarie”; • per quanto riguarda tali rinnovi, va confermato il riferimento alle linee
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guida di piattaforma proposte nel 2008, il negoziato deve perseguire soluzioni convergenti, la definizione degli aspetti retributivi dei due CCNL devono mantenere contestualità attua-
tiva ed allineamento dei valori economici. In occasione della ripresa del negoziato, l’Attivo impegna le Segreterie Nazionali a verificare rapidamente con controparti e
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Ministeri coinvolti le condizioni di percorribilità descritti e valutare le possibili varianti di percorso, a condizione che queste non determinino ulteriori dilazioni dei tempi del negoziato, non modifichino i contenuti del Protocollo del maggio 2009, ribadiscano l’esclusività del CCNL della Mobilità sui 4 temi previsti dal Protocollo, confermino il ruolo di garante del con-
fronto in capo al Ministro di Infrastrutture e Trasporti, a suo tempo impegnatosi a realizzare il sostegno legislativo alla nuova strumentazione contrattuale. L’atteggiamento dilatorio, strumentale ed irresponsabile sostenuto finora da Anav e Asstra risulta l’ostacolo principale da rimuovere per sbloccare finalmente la trattativa.
Le caratteristiche di tale atteggiamento e la gravità che esso ha assunto nella vicenda contrattuale chiamano direttamente in causa ruolo e responsabilità di Governo, Regioni ed Enti Locali, finora esercitati in modo evidentemente inefficace rispetto alla complessità e all’importanza della trattativa. L’Attivo ribadisce e sostiene le ragioni della vertenza per il nuovo CCNL della Mobilità, impegna le strutture sindacali nazionali e le strutture sindacali regionali/territoriali ad individuare le necessarie modalità di articolazione e coordinamento delle iniziative di mobilitazione finalizzate al rafforzamento della vertenza contrattuale nazionale anche attraverso azioni nei confronti delle aziende e delle istituzioni locali. In relazione alla recente delibera della Commissione di Garanzia sul divieto di concomitanza dello sciopero tra trasporto ferroviario locale ed extraurbano su gomma, l’Attivo sostiene il giudizio negativo espresso dalle Segreterie Nazionali e la loro disponibilità, dichiarata malgrado tale giudizio, a verificare possibili soluzioni che salvaguardino, comunque, l’unitarietà di partecipazione agli scioperi nazionali per il nuovo CCNL di tutti i lavoratori addetti a tutte le articolazioni di attività ricomprese nel suo campo di applicazione. L’Attivo Nazionale Unitario si è aperto, nella giornata di ieri, con un atto di raccoglimento dedicato ai 3 lavoratori deceduti a Capua l’11 settembre e al lavoratore di RFI deceduto l’1 settembre. All’espressione di cordoglio, l’Attivo affianca la conferma del massimo impegno sindacale per ottenere livelli di sicurezza e concrete iniziative di prevenzione che salvaguardino efficacemente la salute dei lavoratori. Approvato all’unanimità 4 Montesilvano, 14 settembre 2010
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ed arrivano i primi risultati Nell’ambito dell’attività volta a promuovere l’estensione dell’applicazione del CCNL delle attività ferroviarie al maggior numero possibile di imprese che operano nel settore, per poi approdare con il nuovo contratto unico della mobilità, sono state avviate, negli scorsi mesi, una serie di trattative sindacali.
contratto del commercio. Tuttavia è in atto un confronto sindacale finalizzato a definire, in attesa dell’arrivo del CCNL unico della Mobilità, un contratto aziendale coerente con le attività effettivamente svolte. Le proposte avanzate al tavolo di trattativa da parte dell’impresa per quanto concerne l’orario di lavoro e le condizioni di utilizzo del Personale di Macchina e di quello di Scorta.
Il 21 settembre, come Segreteria Nazionale dell’area contrattuale del trasporto ferroviario e servizi, abbiamo fatto il punto della situazione sullo stato delle trattative con le varie aziende alla presenza di tutti i Segretari Regionali anche al fine di valutare le ricadute politiche che necessariamente vi saranno, visto che in alcune di esse siamo ormai vicini all’intesa. In altra parte del giornale dedichiamo ampio spazio agli accordi sui turni di lavoro del Personale di Macchina, del Personale di Bordo e del Personale di Terra per quanto riguarda il Gruppo Ferrovie Nord Milano per i servizi svolti sull’asse del Brennero. In quella Azienda, il passo successivo dovrà essere quello di definire i processi di inquadramento e la relativa classificazione e retribuzione del personale in una apposita confluenza al contratto delle attività ferroviarie. Il prossimo incontro per discutere su tali argomenti è già programmato per il 25 di ottobre. Il prossimo 12 ottobre ripartirà anche il confronto sulla newco TLN “finalizzato a definire l’armonizzazione contrattuale adeguata alle specificità della mobilità ferroviaria regionale nella prospettiva della definizione del CCNL della mobilità in discussione a livello nazionale”. Il virgolettato è il riferimento al testo dell’accordo del 6 maggio ed è evidente che, vista l’importanza strategica della Società, costituita da circa 4.000 lavoratori di cui una larghissima parte provenienti da Trenitalia (circa 2600) mentre la restante quota è rappresentata dai lavoratori della Società LeNord Milano, l’appuntamento riveste un’importanza fondamentale per definire la futura tipologia contrattuale del trasporto ferroviario regionale, non solo in quella Azienda. Nel corso della riunione si è parlato del confronto in atto con Nuovo Trasporto Viaggiatori (NTV), l’azienda che farà concorrenza a Trenitalia nell’appetibile segmento dell’alta velocità. Questa Azienda dal punto di vista contrattuale non è partita con il piede giusto in quanto sta applicando ai propri dipendenti il
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Per quanto riguarda l’equipaggio treno, NTV prevede un solo macchinista alla guida e sul convoglio la presenza di un train manager (equivalente del Capo Treno) e di un train specialist (che cura il funzionamento degli aspetti tecnici). A completare l’equipaggio vi sono le figure professionali di hostess/steward che curano l’offerta dei servizi di bordo e la distribuzione di giornali / riviste ma che non sono impegnate nei servizi di controlleria o di scorta del treno. Sull’orario di lavoro NTV prevede un orario settimanale di 38 ore, con diverse articolazioni per i vari profili e con un impegno giornaliero che per alcune figure professionali, come il train manager, arriva a 13 ore di lavoro. Per il Personale di Macchina la proposta prevede un impegno giornaliero in programmazione di 10 ore con 8 ore di condotta e con un limite di condotta continuativa di 4 ore e mezza. Appare del tutto evidente che un eventuale accordo con NTV avrebbe notevoli implicazioni anche sul versante Trenitalia e anche se, al momento, le posizioni al tavolo sono molto distanti, l’occasione è servita ad analizzare, con il gruppo dirigente dell’organizzazione, le prospettive di que-
sto particolare ambito del trasporto ferroviario. Oltre ad affrontare gli aspetti relativi al segmento del trasporto regionale ed ai segmenti del trasporto passeggeri di lunga percorrenza e di alta velocità, la riunione ha esaminato anche il delicato mondo del trasporto cargo in ferrovia. In questo settore, mentre è sempre più accentuato il calo della presenza di Trenitalia, si assiste alla nascita di nuove imprese che, specie nel nord Italia, si stanno accaparrando il mercato. In una di queste aziende, RTC, dopo un confronto iniziato diversi mesi fa, stiamo per arrivare alla definizione di una confluenza nel CCNL delle attività ferroviarie, i cui contenuti e lo stato di avanzamento dei lavori sono approfonditi in un altro articolo di questo numero del giornale. Parlare di RTC nella riunione è servito anche per esaminare gli aspetti legati alla polifunzionalità di utilizzazione del personale sia a livello di equipaggio che di lavorazioni a terra. Una impostazione simile riteniamo possa essere terreno di ragionamento utile anche per aumentarne la competitività di Trenitalia in un mercato sempre più liberalizzato. Tra le aziende presenti nel settore Cargo, ricordiamo anche DB Schenker Italia (sezione italiana del settore Cargo dell’impresa ferroviaria pubblica tedesca) che nello scorso gennaio ha assunto il controllo della Società Nord-Cargo facente capo al gruppo Ferrovie Nord Milano (FNM). A questo proposito è importante ricordare che, nell’ambito della procedura di esame congiunto che ha portato all’acquisizione di Nord Cargo da parte di DB, il problema del contratto da applicare è stato il motivo del mancato accordo sul trasferimento dei rami d’azienda interessati. La nuova proprietà ha, infatti, inteso applicare il CCNL degli autoferrotranvieri rispetto al precedente CCNL delle attività ferroviarie applicato in Nord Cargo. Nel corso della riunione, numerosi interventi hanno sottolineato positivamente l’iniziativa della nostra organizzazione ed hanno condiviso l’impostazione che tende ad “esportare” il CCNL delle Attività Ferroviarie verso tutte quelle aziende che fanno attività ferroviaria sapendo che ciò significa confrontarsi con tutte le questioni che vengono poste e non girarsi dall’altra parte facendo finta che il problema non ci sia perché non riguarda i ferrovieri del Gruppo FS. Forti di questa convinzione, è stato deciso di sviluppare ulteriori iniziative per portare all’attenzione di tutta l’organizzazione le problematiche relative alle aziende che si stanno cimentando nel mercato del trasporto ferroviario, coinvolgendo i lavoratori di queste nuove imprese con il supporto ed il sostegno delle nostre Segreterie Regionali.
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Sicurezza sul lavoro in Rfi, fer miamoci a riflettere
Nel solco di una radicata tradizione di attenzione al tema della salute e sicurezza sul lavoro, il 15 luglio 2010 come Area contrattuale del trasporto ferroviario e servizi abbiamo organizzato, a Roma, un convegno specifico sulle norme di sicurezza dei lavoratori della manutenzione infrastrutture. Tanto forte, a nostro parere, era la necessità di mettere a fuoco i motivi dei troppi incidenti, mortali e non, che si sono verificati negli ultimi anni. Era nostra intenzione fare un focus sulla situazione anche per avanzare delle proposte per arginare il drammatico fenomeno dei morti e dei feriti lungo i binari della nostra rete ferroviaria. Da quell’assise siamo usciti rinfrancati, vista anche la disponibilità di Rfi ad attivare uno specifico confronto. L’illustrazione delle innovazioni tecnologiche, da parte di Rfi, la disponibilità a perseguire una più stretta collaborazione con la nostra Federazione e la Filca (la federazione che associa i lavoratori edili per la Cisl), ci aveva fatto ben sperare per un prossimo superamento delle criticità ancora presenti nel mondo della manutenzione sui binari e degli appalti ferroviari. Purtroppo siamo stati smentiti dai fatti. Dal 15 luglio a oggi dobbiamo mettere in conto altri due incidenti mortali, che si aggiungono ai 33 degli ultimi sei anni. L’ultimo episodio mortale è avvenuto il 1° settembre 2010 a Capitello (Sa), sulla linea Sapri-Policastro che è costato la vita al collega Fortunato Calvino e il grave ferimento del collega Armando Ignacchiti. Unitariamente alle altre organizzazioni sindacali, oltre a esprimere il nostro profondo cordoglio ai familiari, ci siamo subito attivati per richiedere l’attivazione di uno specifico confronto.
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Si è deciso di dar vita a un’iniziativa forte, che coinvolgesse i lavoratori, per cercare di mettere un freno al fenomeno. Abbiamo così proposto di far sospendere, per una settimana, l’attività di tutti i cantieri notturni adibiti alla manutenzione delle infrastrutture. Con questa iniziativa il cui slogan era ”Fermiamoci a riflettere” si è voluto mettere in atto una pausa di riflessione su quanto di tragico sta continuamente accadendo. Quello che è accaduto dopo, che brevemente di seguito riepiloghiamo, ci fa sorgere molti dubbi sulla reale volontà di collaborazione pubblicamente espressa dai vertici di Rfi in occasione del nostro convegno del luglio scorso. Solo il 7 settembre ci è pervenuta la lettera di convocazione del tavolo con Rfi su “sicurezza sul lavoro in attività di manutenzione infrastrutture”, ma in calce vi era anche una presa di posizione, di Rfi, da cui si evinceva il tentativo di delegittimare l’iniziativa “Fermiamoci a riflettere”. La risposta sindacale è stata immediata, con la confutazione nel merito di quanto sostenuto da Rfi per bloccare la sospensione delle attività notturne e l’invito a non peggiorare il già deteriorato clima organizzativo. Il giorno fissato per la riunione i vertici del Gruppo Fs e di Rfi non si sono presentati. La riunione si è tenuta lo stesso, ma si è tradotta in una sommaria ricostruzione degli eventi che hanno portato all’infortunio mortale di Capitello, a cui è seguita una rapida illustrazione delle innovazioni tecnologiche, in tema di protezione cantieri, che Rfi intende sperimentare. Dobbiamo prendere atto, con amarezza, nel registrare l’assenza al tavolo di con-
fronto dei vertici di Fs e di Rfi. Gli strumenti tecnologici che Rfi intende sperimentare non ci convincono completamente in quanto permangono dubbi sulla loro reale efficacia in determinate situazioni. A ciò si deve aggiungere l’incertezza sui loro tempi di applicazione. Non abbiamo ancora percepito un vero cambio di impostazione, da parte di Rfi, per quanto riguarda le modalità di analisi degli incidenti. Permangono delle lacunosità nei sistemi di indagine a cui va sommata la mancanza delle risorse destinate ad affrontare queste emergenze. Per noi rimane una priorità l’apertura di un confronto serio che abbia come oggetto la verifica degli organici, dell’organizzazione del lavoro, dell’effettiva formazione dei lavoratori. Come sindacato stiamo facendo la nostra parte con l’iniziativa “Fermiamoci a riflettere” che non vuole essere uno slogan vuoto, ma un modo per coinvolgere i ferrovieri e i lavoratori degli appalti a individuare utili accorgimenti per migliorare la sicurezza di chi opera sui binari. Non servono nuove regole, in qualche caso vanno rivisitate per renderle più aderenti all’attuale situazione di circolazione ferroviaria, ma serve rifiutarsi di operare in deroga alle norme, respingendo le pressioni dei superiori. Per noi la vita umana è un valore inestimabile. Forti di questo convincimento ci auguriamo che una nutrita partecipazione all’iniziativa di sospensione dei cantieri notturni sostenga questa idea nel rispetto di coloro che sono deceduti e in segno di solidarietà e cordoglio nei confronti dei famigliari delle vittime, e faccia cambiare atteggiamento ai vertici del Gruppo Fs e di Rfi.
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La nuova strategia di Fs? All’attacco dei lavoratori
Dalla segreteria regionale Fit del Veneto riceviamo una lettera aperta, redatta dal segretario regionale responsabile Claudio Capozucca, indirizzata a tutti i ferrovieri di quella regione, in cui si riporta la percezione della situazione delle società del Gruppo Fs dal punto di vista di coloro che quotidianamente stanno sui treni, calpestano la massicciata, ovvero mandano le mandano avanti. I contenuti sono sicuramente estensibili a tutto il resto del territorio nazionale, per questo la pubblichiamo nella sua interezza.
Della serie “non si finisce mai d’imparare”. Il caos che regna da tempo in azienda ha portato i lavoratori alla rassegnazione, disillusione e amarezza. Rassegnazione per la progressiva destruttu-
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razione delle Ferrovie, per l’impoverimento e l’abbandono di tutte le attività ferroviarie, per il mancato giusto riconoscimento del lavoro svolto e della professionalità espressa. Disillusione
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sulle possibilità di invertire la rotta, sull’opportunità di ritrovare la fiducia di lavorare per un’azienda normale che guardi avanti allo sviluppo e al futuro e non alla chiusura e all’abbandono; disillusione anche nei confronti di un sindacato, ultimo baluardo di difesa, che però viene percepito dai lavoratori come assediato, chiuso nell’angolo, che annaspa e fa sempre più fatica a ricomporre i pezzi di un puzzle sfasciato. Amarezza per un lavoro quotidiano sempre più gravoso e avvilente, confuso, sempre meno organizzato con regole e procedure. Ti senti lasciato solo e operi con la paura che, nel caso in cui ti capitino “normali” inconvenienti d’esercizio, potresti essere “punito in maniera esemplare”, da un’azienda alla continua ricerca dei “capri espiatori”. Prima di tornare all’argomento che mi sta più a cuore, consentitemi una piccola escursione sullo stato delle cose “ferroviarie” nella nostra regione, e non me ne vogliano gli amici ferrovieri di Ferservizi, settore uffici in genere, Italferr, Protezione aziendale: per ragioni di spazio tralascio, pur conoscendo perfettamente “tutte” le loro angosce. Ferrovie e ferrovieri nel Veneto Cargo Nord-Est! Ex locomotiva dello sviluppo economico del Paese, crocevia strategico di corridoi internazionali, placidamente adagiato a valle dei transiti di confine più redditizi e con immensi margini di sviluppo. Con queste premesse, direte voi, Cargo punta sul Nord-Est per un rilancio dell’intera Divisione. Eppure la strategia dei dirigenti ha permesso di raggiungere questi risultati: • • • •
COT di Mestre: chiuso; Cervignano: cattedrale nel deserto da abbandonare; Padova Interporto: ai minimi storici; Quadrante Europa: unico in forte attivo, ma già saturo e consegnato in “regalo” ad altre imprese di trasporto concorrenti , in continuo sviluppo e che accolgono a braccia aperte anche ferrovieri di rara qualità organizzativa scartati da Cargo; • Verona Scalo: più di 100 binari che hanno visto transitare milioni di tonnellate di merci di tutti i tipi: sembra un deserto. Da 5 zone di manovra ad una sola squadra, senza nessun treno di notte ( ma le merci non hanno sempre viaggiato di notte?) e nell’attesa di essere ceduto al Comune per le sue esigenze economico-immobiliari. Per non citare le decine di impianti produttivi della regione, ormai all’abbandono (P.Vescovo, Domegliara, Vicenza, Treviso) che se utilizzati e saturati con efficienza e competenza organizzativa, non solo si autofinanzierebbero, ma potrebbero essere fonte di ricavi per l’Azienda e per l’indotto complessivo del territorio.
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Non entro nel “leit motiv” caro al nostro amministratore delegato che ripete : «Non facciamo beneficienza , se un servizio non rende lo chiudo». Non tiro in ballo neanche la politica (ormai nella Padania veneta di verde resta solo la speranza), mi fermo solo alle ricadute sul lavoro e sui lavoratori. Ma se la scelta è di chiudere cosa ne sarà del sopravvissuto Cot di Verona, dopo la chiusura di quello di Mestre? Cosa ne sarà dei macchinisti Cargo, dei Formatori, Verificatori, Addetti Partenza Treno e del Commerciale? Tutti al Trasporto Regionale? No, grazie, già saturo. Tutti nel famoso “Fondo”? No grazie, troppo giovani. Allora, forse qualcuno deciderà di andare a Rtc, Serfer, Tx-Logistic. Forse a Sistemi Territoriali o Ntv? Può darsi, ma con quale contratto, quale normativa, quale salario? Questa cosa non interessa ai nostri manager , la definiscono semplicemente una “cosa sindacale”. Le ricadute occupazionali interessano solo Stato e Sindacato, nella speranza che la collettività si sobbarchi i costi degli esuberi causati dalle loro politiche aziendali. Loro devono onorare e rispettare l’unico Dio che gli hanno fatto conoscere : il pareggio di Bilancio. Di questo passo, se continueranno così, ce la faranno applicando la formula: zero treni= zero ferrovieri = zero perdite. Resterà il solo problema della loro ricollocazione, ma per questo non c’è problema, basterà trovare un’altra azienda che cerchi qualcuno che abbia le certificate competenze per farla chiudere. Trasporto Regionale Veneto Evitando di parlare di un rinnovo del Contratto di Servizio (il famoso 6 più 6) ancora da chiudere con la Regione e sul quale stiamo assumendo una serie di pressanti iniziative unitarie, mi limito solo a considerare come i nostri dirigenti regionali stanno gestendo l’attuale produzione ed il personale della Dtr Veneto. A parità di livelli di produzione: non si assume più, le biglietterie si chiudono, i treni si fermano per mancanza di uomini e mezzi. Stendo un velo pietoso sull’utilizzo “improprio” del lavoro straordinario (non a caso si chiama: straordinario). Si eliminano dagli Impianti sul Territorio, da un giorno all’altro e senza contrattazione sindacale, figure professionali che garantivano un’ottimale ed efficiente gestione del servizio e del personale, nonché regolarità e sicurezza del trasporto; La cosa assurda che ci viene detta è che se non diventiamo”più flessibili”, sarà colpa nostra “se non si rinnoverà il contratto di servizio”. In realtà state gestendo a colpi di atti unilaterali da anni quest’azienda. Da soli aprite nuove strutture, ne chiudete delle altre, utilizzate il personale “ai limiti normativi”, abusate del lavoro straordinario, ogni tre mesi (forse per tenerci impegnati con le carte) partorite nuovi modelli organizzativi e strategici.
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tino (si fa manutenzione sul top dell’offerta commerciale Fs), lo stabilimento, visti anche i prossimi carichi di lavoro, meriterebbe urgenti progetti di immissione di nuova forza lavoro (una volta dette assunzioni). Senza dimenticarsi di accompagnare questo percorso, dando i giusti riconoscimenti professionali a tutti quei lavoratori diretti e indiretti che, in questi anni, hanno sempre dato elevati livelli di produttività tramite la flessibilità, che significa in parole povere, la disponibilità a rinunciare a qualcosa della propria vita privata per favorire l’interesse economico-aziendale. Sul versante della Grande Officina Veronese, per scelte anche sindacali, forse miopi e troppo conservative rispetto all’universo che cambia, ritengo in tutta onestà che abbiamo perso nel passato molte opportunità.
Addirittura lo”stato di gravidanza” di alcune nostre giovani colleghe del “bordo” , viene definito un “fatto inaspettato ed eccezionale” che comporta forti criticità. La gravidanza di giovani donne innamorate e in età fertile non è “un caso eccezionale” o uno “stato di calamità”, ma una lieta novella, tutelata per legge, che noi ci auguriamo si rinnovi con il rinnovarsi delle primavere. Sarebbe caso eccezionale e patologico il contrario, visto le decine di giovani ragazze assunte negli ultimi anni. È vero, ma per altri motivi socio economici, che di questi tempi per decidere di avere un figlio ci vuole coraggio ed è quasi un lusso, ma definire la gravidanza uno “stato di crisi” mi sembra eccessivo, denota scarsa preveggenza e capacità organizzativa e mi richiama alla mente oscuri provvedimenti legislativi sull’argomento, messi in atto da altri popoli, figli di altre culture democratiche (Cina docet ). Officine Grandi Riparazioni di Vicenza e Verona Nel corso degli ultimi anni, la scelta sindacale della flessibilità da attuare all’interno dell’Ogr di Vicenza è risultata premiante e vincente e, almeno per i prossimi anni, ha messo al riparo i lavoratori di questa importante realtà produttiva da rischi di ridimensionamento o chiusura. Anzi per qualità e volumi delle lavorazioni eseguite nel sito vicen-
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Purtroppo, i binari non si possono spostare, ma il materiale rotabile sì (come le auto di Pomigliano o Mirafiori). È triste pensare alle condizioni attuali di questo sito che, per qualità e quantità di lavoro, fino a qualche anno fa era ai vertici della produttività aziendale nazionale. Nonostante la vastità e la potenzialità infrastrutturale dell’impianto e la professionalità dei lavoratori, l’attuale situazione, pur con un rallentamento del declino negli ultimi mesi, non lascia ancora intravedere un quadro di lavoro certo, strutturato e duraturo. Senza contare che, obiettivo primario della Fit Cisl, resta sempre il rientro, nel più breve tempo possibile, di quei 40 lavoratori dell’Omc di Verona, da mesi collocati unilateralmente dall’azienda in mobilità forzata presso l’Omc di Vicenza. RFI «Fortunato te che sei di Rfi»: questa è una delle frasi ricorrenti che echeggiano sotto le pensiline ferroviarie. E forse, rispetto al quadro generale, ha un fondo di verità, anche se questa benedetta riorganizzazione di Rfi, attesa da anni, sembra ancora essere più un braccio di ferro tra diverse cordate dirigenziali romane, che un vero tentativo di “organizzare meglio il lavoro”; con il risultato di rallentare l’implementazione dei nuovi modelli organizzativi e di inceppare il meccanismo sui tre cicli produttivi della società: manutenzione, circolazione e manovra. vieri dei ferro VOCE
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Ancor oggi, infatti, risultano poco chiari i compiti, i ruoli, le responsabilità e le quantità di personale assegnato alle tre strutture: Dtp, Coer e Po. Senza contare le evidenti criticità derivanti da un’inspiegabile e confusa “ripartizione” nei tre nuovi contenitori, del personale e delle funzioni dell’ex mondo della circolazione, prima dipendenti dalle ex Dcm. Mi sorgono spontanee alcune domande per i responsabili della Società : potete cortesemente dirmi quanto costa sul mercato garantire la sicurezza e la puntualità dei treni o qual è il prezzo finale della loro sostenibilità economica? Avete un parametro oggettivo minimo, concreto e misurabile da presentare? Almeno in questo caso, possiamo trattare insieme liberamente, senza disquisire ossessivamente di risparmi e di costi? Lo so cosa si pensa in azienda: quando il sindacato è alle corde, usa il tema della sicurezza in maniera demagogica e senza veri argomenti. È ora di fermarci un attimo finché siamo in tempo, tirare un lungo respiro, guardarci indietro per poi guardare avanti senza l’attuale affanno quotidiano. Dopo la “cura intensiva”, è ora indispensabile ridare fiato e significato al lavoro e regole al funzionamento di quest’azienda. Paradossalmente, mentre un’impresa di Trasporto non del Gruppo Fs come Rail Traction Company, che cominciò anni fa con sgangherati contratti individuali e normative raffazzonate qua e là, sta chiedendo al Sindacato di trovare insieme un contratto che unisca e normative concordate, allo stesso tempo la schizofrenia di Fs sta dilapidando quel tanto di buono costruito da generazioni di uomini e donne, lavoratori e sindacalisti, dirigenti e quadri, che hanno fatto la storia delle ferrovie in Italia. Perché questo non accada, per iniziare a entrare nel merito vero del lavoro senza polemiche o rancori, possiamo stabilire insieme che economizzare o flessibilizzare oltre il lecito talune attività/figure professionali che incidono in maniera preponderante su sicurezza e regolarità, risulta quantomeno inopportuno e sconveniente, se non potenzialmente pericoloso? La tecnologia di norma aiuta, alza i livelli di sicurezza e fa risparmiare, ma purtroppo molto spesso si guasta e non funziona sempre come progettato e programmato “sulla carta”. Economizzare in questi casi è una forma di risparmio sbagliata, che anzi, quasi sempre, si dimostra un costo aggiuntivo. Sarebbe come se un azienda in crisi economica decidesse di eliminare il guardiano notturno di una fabbrica, o se una banca facesse a meno della sua guardia giurata fuori dalla porta. Probabilmente (e fortunatamente), questi lavoratori utilizzano la propria funzione in maniera concreta ed operativa solo in rare vieri dei ferro VOCE
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occasioni, ma se non ci fossero più, anche solo come deterrenti al fatto, basterebbe una singola rapina per provocare, in un unico episodio, molti più danni all’Impresa di quanti ne faccia il pagamento del loro stipendio. Vale la pena rischiare? Il buonsenso direbbe di no. E allora, ad esempio, perché togliere tutti i dirigenti Movimento da posti di servizio e stazioni, risparmiare fino all’osso sui turni Dco e scegliere di organizzare il lavoro con turnazioni che non prevedono le scorte? Perché fare uscire su guasti della Rete o degli apparati, anche notturni, squadre ridotte all’osso di lavoratori della Manutenzione, senza prevedere le giuste quantità di operai, tecnici e capi tecnici? Per risparmiare sulla reperibilità o altro? Concordo pienamente con la mission di Rfi: il gestore della Rete «deve mettere l’infrastruttura ferroviaria a disposizione delle Imprese di Trasporto, garantendo sicurezza e regolarità al minor costo possibile». Bene, concordiamo e determiniamo insieme “il minimo sindacale” che garantisca quanto affermato, nel rispetto di norme contrattuali, regolamenti e leggi vigenti. Se riusciremo a far questo (senza trucco e senza inganno), sono sicuro che a fine percorso, l’obiettivo primario nel Veneto per Rfi saranno le assunzioni (o, se non vi piace questo termine in disuso: apporti, nuove immissioni). Passeggeri A oggi, è ormai stabilito: Freccia Bianca a Venezia, con tutte le forti criticità e ricadute sui turni (più volte segnalate all’azienda) ancora in atto, nelle distribuzioni di bordo e macchina ancora separate. Per il resto attendiamo “i tempi romani” per capire, a microstruttura concordata, che ne sarà del “Base di Verona”. È ovvio che le ricadute di una scelta (chiaramente solo politica) o di un’altra, saranno ben diverse e diversi gli effetti sui lavoratori. Speriamo solo che si abbia l’intelligenza di evitare provvedimenti inutili, dispendiosi e gravosi per il personale, quali mobilità forzata/trasferimenti verso altri territori, a causa di spostamenti di attività contrari a ogni logica sul buon andamento del servizio. Nel settore Assistenza a Terra, Informazioni e Biglietterie, assistiamo a un immotivato e logorante immobilismo aziendale nonostante scioperi territoriali recenti con adesioni superiori al 90%. Abbiamo già segnalato le forti criticità operative, soprattutto a Padova ma non solo, insistendo sulla necessità di aprire un immediato confronto per ridiscutere l’assetto complessivo delle strutture presenti nella Regione, alla luce dei nuovi, ed in qualche caso insostenibili, carichi di lavoro. Tra l’altro ci giunge voce che Ntv sembra che stia acquisendo diversi fabbricati nelle stazioni del Veneto; proprio a Padova, oltre che Mestre e Venezia S. Lucia, con qualche ventilato interesse futuro della Società sulla piazza Veronese.
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Regole, procedure operative e sanzioni disciplinari Dopo il quadro sopra esposto, tutt’altro che esaustivo rispetto alla miriade di altre problematiche aperte, voglio tornare sull’argomento vero e di grande attualità, che mi ha spinto a scrivere questa lettera aperta: un clima da caccia alle streghe. Vista la quantità di contestazioni e provvedimenti disciplinari degli ultimi tempi e lungi da me l’entrare nel merito della legittimità o meno degli stessi, mi pongo solo alcune domande: i ferrovieri sono improvvisamente diventati tutti incompetenti nello svolgimento del proprio lavoro? I ferrovieri sono diventati così furfanti da sbagliare per dolo? I ferrovieri si sono improvvisamente trasformati tutti in criminali da perseguire? Fermo restando che, in ogni realtà, onesti e disonesti sono sempre esistiti, e che questi ultimi vanno certamente perseguiti con fermezza a tutela dei primi e degli interessi aziendali, però le cose che allarmano sono: la quantità dei provvedimenti; il “taglio” delle contestazioni; l’assoluta inutilità a giustificare dopo la contestazione, in quanto appare palese la decisione di applicare la sanzione predeterminata qualsiasi argomento si porti a propria discolpa; il clima “gelido” che si respira in azienda e i commenti sottovoce sull’argomento; la totale mancanza di supporto (anche morale), di tutoraggio e collaborazione dell’azienda. Ma possibile che nessuno si accorga che, la progressiva ed enorme riduzione negli anni del numero dei ferrovieri, con blocco del turn-over, non compensata da pari aumenti di innovazioni tecnologiche o da così vistosi cali di produzione, sta portando a un altrettanto progressivo e non sufficientemente analizzato e governato aumento dei carichi di lavoro, di nuovi compiti, mansioni e nuove responsabilità? Lungi da me tentativi di demagogia o sciacallaggio sindacale ma, guarda caso, dopo Viareggio è aumentata a livello esponenziale l’attenzione e la pubblicazione di Ordini di servizio e Circolari aziendali, relative alle procedure interne di sicurezza. Come è possibile che in stazioni ove operano più imprese di Trasporto, (anche fuori dal Gruppo), ognuna con la sua organizzazione, le sue frequenze radio per le operazioni di manovra (diverse dalle nostre), il proprio personale (con le sue norme di svolgimento del servizio), debba essere solo la competenza, professionalità e soprattutto il “buon senso” (senno e ponderatezza) del dirigente Movimento della Circolazione in servizio a dover gestire e coordinare il tutto, ad affrontare tutte quelle situazioni d’esercizio che, in taluni casi, potrebbero avere ripercussioni sulla sicurezza e sulla regolarità del Servizio? Siamo sicuri che, con la giusta formazione, la verifica dei nuovi carichi di lavoro, norme precise ed idonei mezzi strumentali, sia stato messo nelle condizioni idonee a garantire il buon andamento del servizio? Come è possibile che negli Impianti di distribuzione macchina e bordo di Trenitalia, a causa del taglio operato
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in maniera unilaterale dalla Società, in tanti Impianti, di figure operative di coordinamento indispensabili, si scarichino sull’unico operatore presente tutte le criticità legate alla circolazione treni, all’aggiornamento e conoscenza delle nuove normative ed alla gestione complessiva del personale? Come è pensabile che in situazioni di “invarianza dei volumi di Produzione” ed in assenza di nuovi sistemi tecnologici/informatici sicuri e testati sul campo, si possa pensare di governare il Trasporto con metà degli addetti? So che per qualcuno è difficile da accettare, ma sappiamo tutti in maniera molto chiara che se l’intero “carrozzone Fs” ancora regge l’urto, è in larga parte merito di tutti quei ferrovieri che con diligenza e senso del dovere, nonostante siano lasciati sempre più soli, gestiscono le migliaia di problematiche che si presentano quotidianamente, pur di garantire treni puntuali per chi viaggia. Dopo i consistenti (e poco mirati) tagli al personale degli ultimi anni, con modelli organizzativi che cambiano troppo spesso, in mancanza di rinnovate ed aggiornate procedure operative certe che individuino chiaramente compiti, mansioni e responsabilità dirette di ogni lavoratore, di ogni ciclo produttivo e di ogni divisione aziendale, si continua a “garantire comunque e a ogni costo”, la regolare circolazione dei treni e tutte le attività ad esso collegate. In special modo è considerato “peccato mortale”, rallentare la corsa delle Frecce di metallo più o meno pregiato (manca solo la Freccia Nera e la Fiction Ferroviaria è completa), e chi si permette di farlo, anche per motivi comprensibili, è a rischio di sanzione, di scomunica e di carriera futura. E se tu ferroviere, che operi quotidianamente (talvolta ai confini regolamentari per non danneggiare la tua azienda; tu che chiedi continuamente un quadro di regole certe per lavorare in tranquillità e sicurezza e ti ritrovi sempre i soliti “muri di gomma” incapaci anche solo di comprendere le tue richieste; se tu ferroviere malauguratamente incappi in un inconveniente d’esercizio (assai più probabile in certe condizioni operative), cosa ti aspetti dalla tua azienda? Solidarietà? Comprensione? Aiuto? No caro collega, aspettati contestazioni puntigliose (queste sì molto precise anche nelle procedure), indagini, commissioni d’inchiesta, interrogatori e provvedimenti disciplinari sempre più pesanti e onerosi. E tu capotreno che, con la tua divisa regolamentare, nel rispetto delle normative aziendali e codice etico, con buon senso ed educazione, in un ambiente lavorativo sempre più degradato e pericoloso, cerchi nonostante tutto quotidianamente di far pagare il biglietto del treno a chi non lo paga e porti ogni volta benefici economici alla tua azienda, cosa ti aspetti? Un encomio? I complimenti del tuo superiore? Sbagliato di nuovo. È sufficiente solo vieri dei ferro VOCE
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qualche reclamo inviato all’azienda “da rispettabili cittadini utenti non paganti”, per farti diventare un maleducato criminale, che li ha fatti vergognare, uno che non rispetta i clienti, uno che danneggia la sfolgorante immagine dell'azienda. Sei solo contro tutti: la tua parola contro quella del non pagante che hai beccato. Chissà cosa penserebbe di questi strani atteggiamenti aziendali, quella percentuale di "ingenui cittadini, pendolari e studenti" che hanno ancora la "curiosa" abitudine di pagare regolarmente biglietti e abbonamenti per prendere il treno. Forse arriverebbero alla conclusione alla quale sono già arrivati, nei campi più svariati, molti italiani: in questo Paese l'onestà e il senso dello stato e delle istituzioni, paga molto meno della "furbizia" (chiamiamola così). Finché scrivo di queste nefandezze, che hanno del grottesco per tutti coloro che hanno vissuto un'altra ferrovia, grida rabbia anche la mia penna. Questo è il quadro attuale della strana evoluzione di quest'azienda e, forse, dell'evoluzione complessiva della società civile. Purtroppo questo è il quadro reale che dobbiamo affrontare e che anche il Sindacato ha il dovere di affrontare. Basta lamentarsi e limitarsi ad attendere che i segretari nazionali (poveri amici miei quanto poco vi invidio), giungano ad accordi, che non si firmano mai, per grande capacità dilatoria aziendale: intanto il tempo passa e i danni aumentano. Per il ruolo "pro tempore", affidatomi dai ferrovieri del Veneto di responsabile regionale della Fit-Cisl, sento e soprattutto ho il dovere di denunciare l'assurdità di questo stato di cose. Poco importa lo scarso potere contrattuale decentrato, derivante da un'Azienda come la nostra che non vuole perdere il potere decisionale centrale. La Fit-Cisl ed il sottoscritto non possono accettare "omissioni del mandato datoci dai lavoratori” aspettando in silenzio e sottocoperta che qualcuno, dall'alto, prima o poi ci risolva tutti i problemi mentre tutto si sgretola. Resta ancora il dovere della denuncia consapevole, costruttiva ma dura e sincera, motivata e decisa, resta il sacrosanto diritto almeno di avvertire i colleghi ferrovieri di tutelarsi quando svolgono le loro mansioni: che siano operai, impiegati o quadri.
Se sbagliate per carichi di lavoro esagerati o per situazioni d'esercizio che potrebbero non essere chiaramente regolamentate, sappiate che difficilmente troverete aiuto e comprensione. Quindi, se nonostante la vostra attenzione e lo scrupoloso attenersi al rispetto dei regolamenti nello svolgimento delle vostre mansioni, vi capiterà di ricevere qualche contestazione al vostro operato chiedete sempre e senza esitazioni l'assistenza del sindacato. Non fate di testa vostra. Basta un vizio di forma, o una giustificazione superficiale e non sarete compresi o perdonati. Il motto aziendale sembra chiaro “punizioni esemplari per chi sbaglia e che siano d'esempio e di monito per tutti gli altri”, senza nessuno sforzo per cercare di capire "il perché" si verificano “inconvenienti d’esercizio”, in questo grande e confuso caos organizzativo, non certo creato dai lavoratori che ne subiscono le conseguenze sul campo. Chiudo con la speranza di un'inversione di tendenza complessiva, ma nell'attesa invito tutti a segnalarci tempestivamente qualsiasi eventuale pressione, richiesta anomala o quant’altro pensiate sia non conforme alle norme contrattuali e regolamentari durante lo svolgimento del vostro lavoro. Non isolatevi: è quello che vogliono. Indebolire voi per marginalizzare definitivamente l'azione sindacale per avere mano libera sulla gestione totale dei lavoratori. Da soli ci si sente più deboli e si è disposti a compromessi ingiusti anche quando sapete di essere dalla parte della ragione. Non accettiamo questo stato di cose e non pensiamo che è una battaglia persa; l'unione fa la forza. Parlate con i colleghi , fate gruppo su interessi comuni e collettivi e santo Dio, perdete un po’ del vostro tempo per frequentare con più fiducia le vostre sedi sindacali, finché ce le lasciano aperte. Fino all'ultimo diritto da salvare noi ci siamo e non ci arrendiamo, ma abbiamo bisogno di voi, della vostra fiducia e soprattutto della vostra voglia di non rassegnarsi a un destino che possiamo ancora modificare. (* Segretario Regionale Fit Veneto)
Non boicottate il servizio, lavorate per il bene dell'azienda (che è il nostro bene), ma state molto attenti a non assumervi responsabilità individuali che siano al di fuori dei compiti a voi assegnati. Fate bene attenzione a valutare eventuali servizi che riteniate possano essere “forzature” di norme, regolamenti e quadro legislativo vigente. In caso di dubbio meglio chiedere ordine scritto o mettersi in contatto con il sindacato.
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Emilia-Romagna: i giovani si confrontano sulla manutenzione rotabili
L’Ufficio di Coordinamento dell’area contrattuale trasporto ferroviario e servizi dell’Emilia-Romagna ha voluto coinvolgere i giovani lavoratori che operano all’interno delle officine regionali della manutenzione dei rotabili (Omc e Imc-Oml e Omv Bologna-Rimini) con una iniziativa appositamente dedicata ad approfondire le prospettive e i problemi della manutenzione ciclica e corrente di Trenitalia. La giornata di approfondimento si è aperta con l’introduzione di Aldo Cosenza, coordinatore dell’area trasporto ferroviario e servizi. Dopo aver fatto una sintesi dell’andamento del confronto sul contratto della mobilità, Cosenza ha esposto le difficoltà con cui si devono confrontare le due diverse realtà della manutenzione in EmiliaRomagna, sottolineando la gravità dell’annunciata scelta di Trenitalia di chiudere l’officina Omc di Bologna entro il 31 dicembre 2013, nonché le pesanti ripercussioni sui lavoratori a seguito dell’unilaterale modifica dell’orario di lavoro voluta dalla Direzione Regionale negli impianti Oml e Omv. Dopo l’introduzione di Cosenza, è stata la volta di Manola Cavallaro, dell’ufficio di coordinamento dell’area contrattuale trasporto ferroviario e servizi, che ha fatto un’esposizione dettagliata sulle attività manutentive delle officine dell’Emilia-Romagna nonché un riassunto sull’andamento delle trattative territoriali che riguardano la manutenzione. Cavallaro ha ricordato i contenuti dell’accordo nazionale del 15 maggio 2009 in cui sono state previste delle internalizzazioni di lavorazioni oltre ad apporti di personale per soddisfare le esigenze manutentive in regione. A oggi entrambe le previsioni sono state disattese.
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La parola è poi passata ad alcune delle persone presenti che hanno espresso perplessità sulle scelte sia strategiche che tattiche dell’azienda: secondo loro gettano un profondo senso di incertezza sul futuro degli impianti e dei lavoratori. Non sono mancati interventi che hanno stigmatizzato le continue azioni unilaterali da parte aziendale che rendono sempre più pesante il clima all’interno degli impianti. I lavoratori, inoltre, hanno segnalato un calo dell’attenzione su salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. A Bruno Mancinelli, neocomponente l’ufficio di coordinamento nazionale dell’area contrattuale trasporto ferroviario e servizi, è toccato trarre le conclusioni. Mancinelli ha ribadito le posizioni della segreteria nazionale sottolineando la richiesta di un cambio di passo dell’azienda in questo settore cruciale per il trasporto ferroviario.
Ha poi tracciato un quadro complessivo sulla manutenzione rotabili di Trenitalia facendo presente che la struttura nazionale è costantemente impegnata a far rispettare i contenuti dell’accordo del 15 maggio 2009 a partire dalle reinternalizzazioni delle lavorazioni. Non solo reinternalizzazioni ma anche assunzioni e percorsi di carriera sono tra i principali argomenti di scontro con le Fs che hanno portato alla proclamazione del primo sciopero di otto ore tenutosi il 9 luglio. Infine Mancinelli, dopo aver ribadito l’importanza della cultura della sicurezza e della sua diffusione, ha incitato i lavoratori a non tacere situazioni e circostanze di pericolo e a “utilizzare” al meglio il ruolo di rappresentanza degli Rls.
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Centro sperimentale Osmannoro,
trattative in stallo
La Fit Cisl Toscana è fortemente preoccupata del nuovo stallo che si è creato fra il Gruppo FS - Società RFI- e alcune ditte costruttrici, riguardo alla definitiva messa in funzione del nuovo Centro Sperimentale Osmannoro per la sperimentazione del materiale rotabile. Ci riferiamo in primis al forte contenzioso fra l’impresa, all’avanguardia a livello internazionale nella realizzazioni di banchi prova, che ha l’incarico di realizzare l’attrezzaggio del capannone con apparecchiature meccaniche - elettroniche ed Rfi. Infatti rispetto alla progettazione esecutiva, la progettazione di dettaglio ha comportato l’utilizzo di materiali non commerciali, in quanto apparecchiature uniche nel loro genere, con maggiorazione dei costi per circa 8 milioni di euro. La risposta di Rfi è stata quella di bloccare il completamento dell’istallazione di molti banchi, dopodiché si vedrà. Il secondo caso, riguarda il contenzioso fra la ditta incaricata di eseguire le opere murarie, e sempre Rfi. Anche in questo caso, per alcuni edifici, sono stati eseguiti alcuni lavori non previsti nel capitolato; soprattutto non era stato preventivato lo smaltimento delle terre di risulta con un costo complessivo da evadere di circa 9 milioni di euro. In questo contesto, dopo aver già speso circa 80 milioni di euro ed essere ad un passo dalla realizzazione dell’opera unica in tutta l’Europa occidentale, si trova l’appiglio della crisi per non affrontare le ultime spese e si preferisce mandare tutto a carte quarantotto. Il nuovo Centro di Sperimentazione Osmannoro (Cso) è stato realizzato con una camera anecoica, circa 40 banchi laboratorio per l’ingegneria e qualità del software, banchi prova per componenti e assiemi, sia elettronici, meccanici e per sistemi frenanti, laboratori di metrologia, oltre ad apparecchiature ed un banco a rulli per locomotive per le prove dinamiche fino a 400 km/h e di compatibilità elettromagnetica delle locomotive. Sono previsti almeno 150 posti di lavoro di elevata qualità tecnica e professionale per operai, diplomati e laureati nel settore della ricerca e sperimentazione di materiali nuovi e dell’ingegneria ferroviaria. In particolare pensiamo alla vicina società Breda di Pistoia che potrebbe trarre delle sinergie utili allo sviluppo industriale ed occupazionale per il territorio toscano in generale. Il problema dei problemi, oltre a quello di cui sopra, consiste nell'individuare chi alla fine colluderà complessivamente il centro di sperimentazione; la palla sembra sia in mano alla società RFI Istituto Sperimentale di Roma- con la collaborazione della società Italcertifer; quest'ultima, a sua volta ha chiamato in causa il Politecnico di Milano il quale ha chiesto minimo un anno di tempo avvalendosi inoltre di preziose collaborazioni di varie Fondazioni. Per quanto ci riguarda dobbiamo sgombrare il campo vieri dei ferro VOCE
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che il collaudo sia un' impresa titanica, ma anzi dovrebbe essere la fase più interessante sia dal punto di vista specifico che di conoscenze, sempreché si voglia accorciare i tempi e ottimizzare le spese, partendo dall' utilizzazione delle risorse interne al gruppo FS. Dopodiché è necessario che il nuovo Cso diventi un soggetto pubblico (anche con una partecipazione Istituzionale) autorevole ed autonomo, strettamente collegato con gli impianti di manutenzione dei rotabili sia corrente che ciclica, con l'università, con le società di certificazione e con l'Agenzia per la Sicurezza Ferroviaria e anche con l'industria privata per dar vita ad un polo Europeo dove con le esperienze maturate si riesca ad essere un punto di eccellenza in campo internazionale. Non c'è più tempo da perdere. È necessario che le Istituzioni, a partire dal Sindaco di Firenze, dal Presidente della Provincia di Firenze e soprattutto dal Presidente della Regione Toscana creino una forte sinergia e pressione sia sul Ministero dei Trasporti che, in particolare, sull'A.D. delle Ferrovie. Questa è l’occasione per pretendere il rispetto di tutti gli accordi con le ferrovie a partire dalla conferenza dei servizi del marzo 1999 e seguenti accordi collegati al "Nodo di Firenze" compreso il collegamento Veloce fra la nuova stazione Av e S. Maria Novella, fino al completamento e messa in funzione del CDS. Specialmente in questo momento di crisi bisogna rilanciare sia l’occupazione nelle ferrovie che sviluppare l’indotto e l’industria privata per creare opportunità e futuro al nostro territorio. Non siamo più disponibili ad aspettare, questo è il momento delle scelte irreversibili sia per Firenze che per la Toscana.
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La più silenziosa delle rifor me delle pensioni riforme
Il primo a mettere le mani sulle pensioni fu Giuliano Amato nel 1992. A seguire, due anni dopo, ci provò Berlusconi che però trovò un muro di oltre un milione di persone in piazza a dire no al suo progetto. La protesta riuscì e lui dovette dimettersi. L’anno dopo il “tecnico” Dini fece approvare la famosa riforma che introduceva il sistema contributivo per i più giovani e i coefficienti di trasformazione per il calcolo della pensione legando il suo ammontare all’effettiva permanenza al lavoro con un sistema che premia chi “sta di più al lavoro”. Poi toccò a Prodi dare un’ulteriore stretta al sistema. Successivamente ci provò Maroni che introdusse i famosi gradoni, smontati successivamente dalla riforma Damiano e dall’accordo con il sindacato. Dopo 18 anni la musica non è cambiata. L’occasione della crisi internazionale ha fatto sì che con la manovra correttiva alla finanziaria 2010 si introducesse una nuova riforma delle pensioni, che ha inorgoglito il Ministro Tremonti. Da questo breve excursus è facile comprendere che indipendentemente dal colore politico dei governi, alla fine le pensioni sono quelle che vengono toccate sempre e comunque. Ciò che indispettisce è che in questo Paese non si ha il coraggio di dire le cose in modo chiaro. Infatti, su vicende analoghe, in Germania il Governo ha avuto il coraggio di aumentare l’età pensionabile da 65 a 67 anni e di dirlo ai propri cittadini senza perifrasi, eufemismi o giri di parole. In Francia è tutt’ora in corso un aspro confronto sulla riforma delle pensioni. In Grecia dove è accaduto il pandemonio, la riforma delle pensioni è paragonabile a quella fatta da Dini nel 1995. Da noi, dove è stato fatto di peggio, il messaggio veicolato dai mass media è che la riforma porterà con sé il vantaggio di avere una finestra di uscita “personalizzata” (viva l’individualismo ndr) e il sacrificio richiesto sarà minimo: rimanere al lavoro per ulteriori 9 mesi, che diventano 12 per i lavoratori
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autonomi. Non è stata fatta molta pubblicità al fatto che i mesi di lavoro in più si incrementeranno automaticamente dal 2015 con cadenza triennale. E’ passato quasi inosservato che gli importi delle pensioni saranno oggetto di revisione al ribasso, in quanto anche i coefficienti di trasformazione che servono per calcolarla verranno adeguati all’aspettativa di vita. Il tutto sarà a cura del governo che lo farà autonomamente senza contraddittorio (quello che però si pretende nelle trasmissioni televisive). Nessuno ha messo in evidenza che se l’aspettativa di vita dovesse diminuire non si tornerà indietro nel ricalcolo. Pochi sanno che questa riforma ci porta ai primi posti in Europa per la sostenibilità del sistema pensionistico, come conferma il libro verde della Ue. Tutto a posto, allora? Non proprio, per completare l’opera manca ancora l’adeguamento degli anni di contribuzione all’aspettativa di vita: non basteranno più i 40 anni di contributi, così come pronosticato dallo stesso Ministro Tremonti. Manca ancora l’innalzamento dell’età pensionabile per le donne del settore privato da 60 a 65 così come accaduto per il settore pubblico; dopodiché non rimarrà che una soluzione: non pagarle proprio, visto che con l’attuale riforma nell’arco dei prossimi 20 anni non basteranno 70 anni di età per avere uno straccio di pensione. Ma questo lo scopriremo nei prossimi anni in funzione di come andrà l’economia e lo sviluppo del Paese. Infatti il problema non sono le pensioni ma il lavoro. Senza lavoro non si pagano le tasse e senza le tasse non si sostiene il welfare, a partire dagli ammortizzatori sociali. Ma veniamo alla parte tecnica. Con l’ausilio delle schede preparate dalla nostra confederazione ci addentriamo nei provvedimenti della manovra corredati dai commenti della Cisl e da alcune schede di sintesi. vieri dei ferro VOCE
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Le disposizioni della manovra Il 29 luglio è stato approvato in via definitiva dalla Camera con voto di fiducia il testo del disegno di legge di conversione, con modifiche, del D.L. n. 78/2010 in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica. Con gli articoli 12 e seguenti infatti, vengono modificati i requisiti e le modalità di accesso alle prestazioni, nonché le norme sulla ricongiunzione e i trasferimenti contributivi. Inoltre sono confermate le norme sulla rateazione e la modifica dei trattamenti di fine servizio dei dipendenti pubblici, la soppressione di numerosi enti e i mutamenti per la governante degli enti previdenziali. La legge entrerà in vigore il giorno successivo alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale ma vengono fatti salvi gli effetti prodotti dal decreto legge n. 78/2010 e alcune disposizioni hanno espressamente carattere retroattivo. Art. 7, commi 1-6 - Soppressioni di Enti Questi commi prevedono la soppressione e l’incorporazione di una numerosa serie di enti. In particolare spiccano: - la soppressione dell’Ispesl e dell’Ipsema le cui funzioni sono assorbite dall’Inail che succede in tutti i rapporti attivi e passivi; - la soppressione dell’Ipost con l’attribuzione delle relative funzioni all’Inps che succede in tutti i rapporti attivi e passivi; - la soppressione dell’Ente nazionale di assistenza magistrale (Enam) e l’attribuzione delle relative funzioni all’Inpdap che succede in tutti i rapporti attivi e passivi; Sulla base delle risultanze dei bilanci di chiusura delle relative gestioni alla data di entrata in vigore del presente decreto-legge (ovvero, per l’Enam, alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto) le risorse strumentali, umane e finanziarie degli enti soppressi sono trasferite con decreti del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione, nonché con il Ministro della salute per quanto riguarda l’Ispesl, ovvero con il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca per quanto riguarda l’Enam. Le economie derivanti dalla razionalizzazione e soppressione degli enti previdenziali sono computate per il raggiungimento degli obiettivi di risparmio previsti dalla legge 247/2007 art. 1 c. 8. Vengono inoltre soppressi: - l’Istituto Affari sociali le cui funzioni sono trasferite all’Isfol; - l’Ente nazionale di assistenza e previdenza per i pittori e scultori, musicisti, scrittori e autori drammatici le cui funzioni sono trasferite all’Enpals dove viene istituito un Fondo dedicato; vieri dei ferro VOCE
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l’Istituto studi ed analisi economica (Isae) le cui funzioni sono assegnate al Ministero dell’economia e finanze. Infine, sono soppressi anche l’Ente italiano Montagna, l’Insean e una serie di enti elencati all’allegato 2 del decreto (elenco ridotto rispetto ad una precedente bozza) e le Commissioni mediche di verifica operanti nell’ambito del Ministero dell’economia e delle finanze ad eccezione di quelle presente nei capoluoghi di regione e nelle provincie a speciale autonomia le quali subentrano nelle competenze delle commissioni soppresse. Osservazioni Cisl Le decisioni relative alla soppressione di Ipost, Ipsema ed Enam sono maturate al di fuori di un disegno complessivo di riordino e riorganizzazione degli enti previdenziali, come era stato invece richiesto e auspicato dall’Avviso comune del 24 giugno 2008 sulla riforma degli enti previdenziali e assicurativi. Con il maxiemendamento è stato soppresso anche l’Enam che in un primo momento era rimasto escluso dall’intervento di razionalizzazione ed integrazione delle funzioni previdenziali ed assistenziali. Articolo 7, commi 7-14 – Governance, Enti di Previdenza e Assistenza Molto incisivo è l’intervento sulla governance degli enti di previdenza e assistenza. Viene infatti modificato l’art. 3 del dlgs. 479/1994 ed eliminato il consiglio di amministrazione. Gli organi degli enti saranno quindi: il presidente, il consiglio di indirizzo e vigilanza, il collegio dei sindaci e il direttore generale. Il presidente subentra in tutte le funzioni del consiglio di amministrazione mentre non vengono attribuite nuove competenze al consiglio di indirizzo e vigilanza salvo il fatto che viene acquisita l’intesa del consiglio di indirizzo e vigilanza in sede di nomina del presidente. Infatti, la deliberazione di nomina del Consiglio dei
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Le descritte disposizioni si applicano anche all’organizzazione e al funzionamento dell’Enpals. Osservazioni Cisl La Cisl ha condiviso l’obiettivo di razionalizzare e di rendere più efficienti i processi amministrativi e gestionali degli enti previdenziali, anche tramite la soppressione dei Consigli di Amministrazione.
Ministri è adottata su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e, contestualmente alla richiesta di parere, si provvede ad acquisire l’intesa del consiglio di indirizzo e vigilanza dell’ente che deve intervenire entro 30 giorni. Decorso infruttuosamente tale periodo si procede in ogni caso alla nomina del presidente. Con effetto dalla ricostituzione dei consigli di indirizzo e vigilanza, il numero dei componenti è ridotto in misura non inferiore al 30%. Analogamente, viene ridotto in misura non inferiore al 30% il numero dei componenti dei comitati amministratori delle gestioni, dei fondi, delle casse di previdenza e assistenza. Dal 1 luglio 2010 gli eventuali gettoni di presenza corrisposti ai componenti di tali comitati sono possono superare 30 euro a seduta. Sempre dal 1 luglio 2010 l’attività istituzionale degli organi collegiali degli enti di previdenza e assistenza e la partecipazione all’attività istituzionale degli organi centrali non da luogo alla corresponsione di alcun emolumento legato alla presenza.
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La norma prevede che, ai fini della nomina del presidente degli enti su deliberazione del Consiglio dei Ministri, venga preliminarmente acquisita l’intesa con i Consigli di indirizzo e Vigilanza che deve intervenire nel termine di trenta giorni dalla richiesta del parere (anche se decorso il termine senza che l’intesa sia stata trovata si procede comunque alla nomina del presidente). In prospettiva vanno rafforzate ulteriormente e migliorate le funzioni Consigli di indirizzo e Vigilanza, anche al fine di bilanciare la concentrazione dei poteri e delle deleghe operative in campo ai Presidenti degli enti. Articolo 12, commi 1-6 - Nuove finestre pensionistiche Vengono rimodulate le finestre per accedere alle prestazioni pensionistiche dirette e viene introdotto il concetto di “finestra mobile” per:
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- la pensione di vecchiaia, - il pensionamento anticipato, - la pensione in totalizzazione, a prescindere dal sistema di calcolo della prestazione (retributivo, contributo, misto). A) Pensione di vecchiaia I soggetti che dall’anno 2011 matureranno il diritto all’accesso al pensionamento di vecchiaia a 65 anni per gli uomini, a 60 anni per le donne del settore privato e all’età più elevata prevista per le lavoratrici del pubblico impiego (61 anni nel 2011, 65 anni a partire dal 2012), nonché i soggetti che raggiungano il diritto a pensione con le “età previste dagli specifici ordinamenti” avranno diritto alla pensione di vecchiaia: - dopo 12 mesi dalla maturazione dei requisiti se la prestazione è a carico delle forme di previdenza dei lavoratori dipendenti; - dopo 18 mesi dalla maturazione dei requisiti se la prestazione è a carico delle forme di previdenza dei lavoratori autonomi o della gestione separata (art.1 c. 26 legge 335/1995). Questa decorrenza vale, ovviamente, anche per chi faccia valere contribuzione mista (autonoma e dipendente). In sede di conversione, l’applicazione delle nuove finestre pare, quindi, estesa anche a quei comparti (Forze di polizia, Vigili del Fuoco, Forze Armate) che raggiungono il diritto al trattamento pensionistico con requisiti anagrafici diversi rispetto a quelli previsti per la generalità dei lavoratori e che, in una recente nota interpretativa dell’Inpdap, erano stati esclusi dalla applicazione delle nuove finestre in virtù dell’originaria formulazione del dl. vieri dei ferro VOCE
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78/2010 che indicava, per le pensioni di vecchiaia, precisi riferimenti anagrafici. Analogamente riteniamo che le nuove finestre si applichino a quelle professioni che, ad esempio nell’ambito dell’iscrizione all’Enpals, prevedano età pensionabili particolari (1). Non è chiaro se il riferimento alle “età previste dagli specifici ordinamenti” intenda anche far riferimento alle situazioni, previste nell’ambito della Assicurazione generale obbligatoria, nelle quali è possibile accedere alla pensione di vecchiaia con requisiti inferiori a quelli generalmente previsti, in particolare ci si riferisce alla cosiddetta “pensione di vecchiaia anticipata” che gli iscritti al Fondo pensioni lavoratori dipendenti possono ottenere se uomini a 60 anni e donne a 55 in presenza di una invalidità dell’80% e alla prestazione cui possono accedere, a certe condizioni, i non vedenti, con età ancora inferiori. B) Pensionamento anticipato Per i soggetti che maturano, a decorrere dal 1 gennaio 2011, i requisiti alla pensione previsti dall’art. 1 c. 6 della legge 243/2004 e successive modificazioni con età inferiori a quelle previste per il pensionamento di vecchiaia, la prestazione è erogata: - dopo 12 mesi dalla maturazione dei requisiti se la prestazione è a carico delle forme di previdenza dei lavoratori dipendenti; - dopo 18 mesi dalla maturazione dei requisiti se la prestazione è a carico delle forme di previdenza dei lavoratori autonomi o della gestione separata Inps di cui all’art.1 c. 26 legge 335/1995. Anche in questo caso tale decorrenza si applica ai casi di contribuzione mista (autonoma e dipendente). Per i ferrovieri iscritti al Fondo speciale che appartengono ai profili che danno diritto al pensionamento di vecchiaia al raggiungimento dei 58 anni di età si applica il nuovo sistema delle finestre e quindi andranno in pensione un anno dopo. Queste finestre valgono, quindi, in tutti i casi di pensionamento anticipato rispetto all’età pensionabile e cioè quando, dopo il 31/12/2010, si maturino: - 40 anni di contribuzione indipendentemente dall’età; - si raggiungano i requisiti previsti dalle cosiddette “quote”.
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Rimane il dubbio se le nuove finestre siano o meno applicabili per le donne che optano per il sistema contributivo e che possono conservare il requisito di 57 anni di età se dipendenti o 58 anni di età se autonome e i 35 di contributi dal momento che la disposizione non fa diretto riferimento alla norma della legge 243/2004 che prevede questa possibilità. C) Pensione in totalizzazione E’ modificato l’art. 5 comma 3 dlgs. 42/2006 e introdotta la finestra di accesso alla pensione prevista in caso di liquidazione delle prestazioni da parte delle gestioni dei lavoratori autonomi. In sede di conversione è stato precisato che la finestra di 18 mesi si applicherà a coloro che matureranno i requisiti per la pensione diretta in totalizzazione (65 anni e 20 anni di contributi, oppure 40 anni indipendentemente dall’età) a decorrere dal 1/1/2011. Ciò significa, quindi, che chi matura i requisiti per la pensione in totalizzazione entro il 31/12/2010 potrà ancora accedere alla prestazione dal mese successivo alla domanda dal momento che, in precedenza, per questo tipo di trattamenti non erano previste finestre mentre chi li matura successivamente il 31/12/2010 dovrà attendere 18 mesi prima di ottenere la prestazione.
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La pensione ai superstiti decorrerà, invece, dal primo giorno del mese successivo al decesso del dante causa e la pensione di inabilità dal primo giorno del mese successivo alla presentazione della domanda di pensione in regime di totalizzazione. D) Deroghe. Il decreto prevede alcune importanti deroghe alla applicazione delle nuove finestre Comparto scuola e università Si continua ad applicare l’art. 59 comma 9 legge 449/1997, quindi, in caso di prevista maturazione dei requisiti alla pensione entro il 31 dicembre dell’anno il trattamento previdenziale decorrerà dalla data di inizio dello stesso anno scolastico o accademico. Lavoratori in preavviso o con titolo abilitante al lavoro Anche se i requisiti alla pensione verranno raggiunti dopo il 31/12/2010 si continueranno ad applicare le finestre previste in precedenza dal combinato disposto leggi n. 243/2004 e n. 247/2007 nei confronti di: - Lavoratori dipendenti che alla data del 30 giugno 2010 ave-
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vano in corso il periodo di preavviso e maturano entro la data di cessazione del rapporto di lavoro i requisiti di età e di contribuzione previsti dalla normativa (si tratta evidentemente di termini di preavviso molto lunghi). Non è precisato se debba trattarsi di termine previsto dalla contrattazione collettiva. Lavoratori per i quali, con il raggiungimento del limite di età, decade il titolo abilitante all’attività lavorativa (ad esempio autisti di mezzi pubblici).
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10.000 lavoratori in mobilità e beneficiari di fondi di solidarietà Le norme precedenti si applicheranno, nel limite del numero di 10.000 lavoratori, anche se i requisiti al pensionamento saranno maturati a decorrere dal 1/1/2011 nei confronti di: - lavoratori collocati in mobilità ai sensi dell’art. 4 e 24 legge 223/1991 e successive modifiche in base ad accordi sindacali stipulati prima del 30/4/2010 e che maturino i requisiti entro il periodo di fruizione dell’indennità di mobilità di cui all’art. 7 comma 2 legge 223/1991 (mobilità nel Mezzogiorno e zone disagiate);
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lavoratori collocati in mobilità lunga ai sensi dell’art. 7 cc. 6 e 7 legge 223/1991 ss. per effetto di accordi collettivi stipulati entro il 30/4/2010; - lavoratori che, all’entrata in vigore del decreto legge in commento, godano di prestazioni straordinarie a carico dei fondi di solidarietà di settore ai sensi dell’art. 2 c. 28 legge 662/1996. L’Inps procederà al monitoraggio, sulla base della cessazione del rapporto di lavoro, delle domande di pensionamento dei lavoratori di tali categorie che intendono avvalersi, dal 1/1/2011, delle decorrenze previste dalla normativa previgente. Se dal monitoraggio risulterà raggiunto il numero di 10.000 domande di pensione, l’Inps non prenderà in esame ulteriori domande di pensionamento per godere di tale beneficio. Osservazioni Cisl Purtroppo, nel maxiemendamento non sono stati inseriti i miglioramenti richiesti dalla nostra organizzazione, in materia di deroghe per quanto riguarda: l’ampliamento del tetto dei 10.000 lavoratori in mobilità derogati dalle nuove finestre, la non applicabilità del tetto ai lavoratori in mobilità lunga ai sensi dell’art. 7 commi 6 e 7 legge 223/1991 che, in virtù della specialità della normativa dovrebbero essere derogati in via generale dalla applicazione delle nuove finestre, la deroga per i soggetti autorizzati ai versamenti volontari. Riteniamo che non aver preso in considerazione queste sollecitazioni sia un fatto estremamente negativo che aggrava la situazione già difficoltosa di lavoratori per lo più espulsi dal mondo produttivo e in condizioni di grave fragilità economica. Inoltre, l’attuale formulazione della lettera a) del comma 5 art. 12 del provvedimento sembra limitare la deroga ai lavoratori in mobilità nel Mezzogiorno e nelle zone disagiate (art. 7 comma 2 legge 223/1991) e non comprendere quindi gli altri lavoratori in mobilità che accedono alla prestazione di cui al comma 1 art. 7 legge 223/1991. Come è accaduto nel caso di precedenti interventi normativi di carattere analogo (vedi le deroghe previste dalla legge 243/04) cercheremo di far colmare alcune lacune del provvedimento in via amministrativa, anche se il mancato accoglimento delle nostre richieste lascia aperti numerosi problemi, aggravati dalla congiuntura particolarmente negativa della crisi.
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Evidente è poi l’iniquità dell’applicazione delle indicate decorrenze per i lavoratori che abbiano raggiunto il requisito a pensione dei 40 anni, indipendentemente dall’età e che, per la normativa vigente, non possono ottenere un rendimento pensionistico corrispondente al periodo di versamento contributivo eccedente i 40 anni. A carico di questa categoria di lavoratori è stato, di fatto, introdotto un contributo di solidarietà che non condividiamo. Infine, l’applicazione indifferenziata di finestre così ampie alla pensione di vecchiaia determina sin dal 2011, di fatto, un aumento dell’età pensionabile, che andrà a sommarsi, dal 2015, all’innalzamento dei requisiti anagrafici in base alla speranza di vita. Articolo 12, commi 12 bis-12 quater – Variazione requisiti anagrafici in relazione alla speranza di vita. Con questi articoli vengono precisati ed ampliati i contenuti dell’art. 22-ter comma 2 del dl. 78/2009 convertito con modifiche nella legge 102/2009, con il quale è stato introdotto nel nostro sistema previdenziale, a decorrere dal 2015, l’innalzamento dei requisiti anagrafici per l’accesso alla pensione in relazione all’aumento della speranza di vita calcolata dall’Istat.
il titolo all’abilitazione per lo svolgimento della specifica attività lavorativa per raggiungimento dei limiti di età, limitatamente al requisito per l’accesso alla pensione per limite di età (in sostanza la deroga vale solo per l’accesso alla pensione di vecchiaia e non per le pensioni si anzianità). C) Il procedimento L’Istat, a partire dal 2013, dovrà mettere a disposizione annualmente, entro il 30 giugno del medesimo anno, il dato inerente la variazione nel triennio precedente della speranza di vita all’età corrispondente a 65 anni rispetto alla popolazione residente in Italia. Sulla base di questo dato, i requisiti anagrafici dovranno essere aggiornati, ogni tre anni, con decreto direttoriale del Ministro dell’Economia e delle Finanze di concerto con il Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, da emanarsi almeno 12 mesi prima della data di aggiornamento della decorrenza. La mancata emanazione del decreto comporta la sanzione della responsabilità erariale. In sede di prima applicazione, l’incremento non potrà superare i tre mesi e, nel caso in cui la speranza di vita diminuisca, comunque non si procederà all’aggiornamento, il che significa che il requisito anagrafico rimarrà costante e non sarà diminuito.
A) A quali prestazioni si applica L’effetto dell’innalzamento dei requisiti anagrafici si produce sia sulle pensioni di vecchiaia, sia sulle pensioni di anzianità, calcolate con il sistema retributivo, contributivo o misto. E’ però opportuno sottolineare che, per quanto riguarda le pensioni di anzianità, il meccanismo ha un impatto solo nel caso di accesso al trattamento con il sistema delle “quote” (età e contributi) e non nel caso di raggiungimento del requisito dei 40 anni (o requisiti alternativi diversi previsti per particolari categorie di lavoratori come Vigili del fuoco, Polizia, Forze Armate) indipendentemente dall’età (2) . Inoltre, l’innalzamento dei requisiti anagrafici in base alla variazione della speranza di vita produce effetti anche sul requisito anagrafico per il diritto all’assegno sociale. B) A chi si applica L’innalzamento dei requisiti anagrafici in base alla variazione della speranza di vita si applica al sistema dell’Assicurazione Generale Obbligatoria (Ago), ai regimi previdenziali, compresi i regimi esclusivi e sostitutivi (armonizzati in base all’art. 2 commi 22 e 23 legge 335/1995), nonché agli altri regimi e alle gestioni pensionistiche per i quali siano previsti, al momento di entrata in vigore della manovra finanziaria, requisiti diversi rispetto a quelli vigenti nell’Ago, compresi i lavoratori di cui all’art. 78 comma 23 legge 388/2000 (lavoratori di miniere, cave, torbiere con attività cessata), il personale di cui al dlgs. 195/1995 (Forze di polizia e Forze armate) e di cui alla legge 1570/1941 (Vigili del Fuoco), nonché dei rispettivi dirigenti. L’innalzamento dei requisiti anagrafici, tuttavia, non si applica ai lavoratori per i quali viene meno
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Le modifiche ai requisiti anagrafici per l’accesso alla pensione in base alla variazione della speranza di vita del triennio precedente si produrranno pertanto: - nel 2015; - nel 2019, poiché si prevede un allineamento con la modifica triennale dei coefficienti di trasformazione del sistema di calcolo contributivo prevista per quell’anno (in questo caso il dato inerente la variazione è reso disponibile dall’Istat entro il 30/6/2017); - successivamente ogni tre anni (quindi 2022, 2025, ecc.) parallelamente alla revisione dei coefficienti di trasformazione. Il procedimento prevede che, in caso di frazione di mese, l’aggiornamento sia effettuato con arrotondamento al decimale più prossimo e il risultato in mesi si determini moltiplicando la parte decimale dell’incremento della speranza di vita per dodici con arrotondamento all’unità. Restano, in ogni caso, ferme le finestre sopra descritte, ciò significa che, una volta individuato il requisito anagrafico così come elevato in base alla sopra descritta procedura, per l’effettivo accesso al trattamento pensionistico bisognerà attendere la decorrenza stabilita dalla finestra mobile di 12 o 18 mesi. Osservazioni Cisl Queste norme rappresentano una nuova radicale riforma del sistema pensionistico italiano anticipata già con l’art. 22 ter comma 2 dl. 78/2009 convertito nella legge 102/2009 ma con questo provvedimento ulteriormente ampliata. Esprimiamo in giudizio molto critico sul complesso delle disposizioni poiché se è comprensibile l’esigenza di intervenire, anche con incisività, nell’ambito della previdenza a causa delle profonde modifiche demografiche, sociali ed economiche del Paese, come peraltro è stato fatto con interventi fondamentali sin dagli anni Novanta, riteniamo che trasformazioni di tale portata dovrebbero vedere un profondo e costante coinvolgimento delle parti sociali per evitare, da un lato, di aggravare ulteriormente il solco tra generazioni ormai pesantemente separate dalla applicazione di diversi modelli di mercato del lavoro e di sistemi previdenziali e, dall’altro, di rendere il quadro normativo, già estremamente complesso, ancora più confuso. Articolo 12 quinquies – Coefficiente di trasformazione esteso Viene opportunamente previsto che il coefficiente di trasformazione utilizzato per il calcolo del trattamento pensionistico con il sistema contributivo venga adeguato alle età di pensionamento superiori a 65 quando, per effetto dell’aumento della speranza di vita, dal 2015 saranno richiesti requisiti anagrafici superiori. L’estensione del coefficiente si otterrà secondo il meccanismo previsto dall’art. 1 comma 11 della legge 335/1995 e modificato dall’art. 1 comma 15 legge 247/2007, vale a dire: 1/12 della differenza tra il coefficiente di età immediatamente superiore e il coefficiente di età inferiore dell’assicurato. vieri dei ferro VOCE
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Osservazioni Cisl In via generale valutiamo in modo positivo questa norma, tuttavia, il meccanismo di estensione del coefficiente risulta applicarsi solo in presenza dell’innalzamento dei requisiti anagrafici e non in relazione all’età effettiva di accesso alla pensione che con la finestra mobile è differita di 12 o 18 mesi rispetto alla maturazione dei requisiti e questo aspetto finisce per rendere la disposizione non del tutto soddisfacente. Articolo 12, commi 12 sepries-12 undecies – Modifiche alle norme sulla ricongiunzione dei contributi ed aumento degli oneri in carico ai richiedenti Un altro importante capitolo della riforma della previdenza operata con il maxiemendamento del Governo concerne le modifiche delle norme in materia di ricongiunzioni e trasferimenti contributivi. Dal 1 luglio 2010, infatti, le ricongiunzioni di cui all’art. 1 comma 1 della legge 29/1979 diventano onerose e si applicano le disposizioni previste dall’art. 2 della citata legge 29/1979 commi 3-5, cioè viene posto a carico del richiedente il 50% della somma risultante dalla differenza tra la riserva matematica, determinata in base alle tabelle di cui all’art. 13 della legge 1338/1962, necessaria per la copertura assicurativa relativa al periodo utile considerato e le somme versate dalla gestione o dalle gestioni assicurative interessate. L’onere da porre a carico dei richiedenti è calcolato in base ai criteri dell’art. 2 commi da 3 a 5 del dlgs. 184/1997 a seconda che la pensione debba essere liquidata con il sistema di calcolo retributivo o contributivo. Il provvedimento riguarda, ad esempio, la ricongiunzione della contribuzione dall’Inpdap o dall’Enpals verso l’Inps. Il successivo art. 12 decies modifica poi l’art. 4 comma 1 della legge 299/1980 di conversione del dl. 153/1980 stabilendo che, per il calcolo della riserva matematica sopra citata, si applichino i coefficienti contenuti nelle tabelle di cui all’art. 13 legge 1338/1962 come successivamente adeguati in base alla normativa vigente (l’ultimo aggiornamento risale al 2007) mentre fino ad oggi, per le ricongiunzioni ai sensi dell’art. 2 legge 29/79 si è fatto riferimento a tabelle risalenti al 1964. Tutto ciò significa, quindi, un notevole aumento degli oneri della ricongiunzione. Diventano onerosi, secondo i meccanismi sopra citati, anche: - i trasferimenti della posizione assicurativa dal Fondo di previdenza per i dipendenti dell’Enel e delle aziende elettriche private al Fondo pensioni lavoratori dipendenti e viene abrogato l’art. 3 comma 14 del dlgs. 562/1996. Continuano però ad applicarsi le previgenti disposizioni per le domande presentate in data anteriore al 1 luglio 2010; - i trasferimenti della posizione assicurativa dal Fondo di previdenza per il personale addetto ai pubblici servizi di telefonia al Fondo pensioni lavoratori dipendenti ed è abrogato l’art. 28 della legge 1450/1956. Viene fatta salva l’applicazione del citato art. 28 legge 1450/1956 nei casi in cui le condizioni per
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il trasferimento d’ufficio o a domanda si siano verificare in data precedente il 1 luglio 2010.
Infine, sono abrogate: la legge 322/1958 l’art. 40 legge 1646/1962 l’art. 124 Dpr 1092/1973 l’art. 21 comma 4 e art. 40 comma 3 legge 958/1986 Dal momento che non viene indicata una data specifica, l’abrogazione di queste norme avrà effetto dalla entrata in vigore della Manovra (il giorno successivo alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale). Osservazioni Cisl Il giudizio sul complesso di queste norme è negativo. Evidentemente si cerca in questo modo di disincentivare le lavoratrici della pubblica amministrazione che, per aggirare l’innalzamento dell’età pensionabile dal 2012 a 65 anni, avrebbero potuto ottenere la pensione a carico dell’Inps a 60 anni con la ricongiunzione dei contributi ai sensi dell’art. 1 della legge 29/1979 o con la costituzione della posizione assicurativa ai sensi della legge 322/1958, senza oneri. In questo modo, però, si colpiscono in modo indiscriminato tutti i lavoratori e in particolare coloro che hanno situazioni contributive frammentate. Invocare come soluzione alternativa la totalizzazione non pare adeguato poiché questo istituto presenta dei limiti (particolari requisiti per il diritto alla prestazione, almeno tre anni di versamento contributivo nella gestione, specificità nelle modalità di calcolo). Inoltre, dovranno essere verificati i profili di legittimità delle disposizioni poiché, da un lato, le norme prevedono che la ricongiunzione ai sensi dell’art. 1 legge 29/1979 diventi onerosa dal 1 luglio 2010 con un effetto retroattivo che non pare far salve le domande presentate prima di questa data e non ancora definite, dall’altro, l’abrogazione della legge 322/1958 e delle altre disposizioni, risulta avere effetto dal giorno successivo alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, così come l’adeguamento degli oneri per il calcolo della ricongiunzione art. 2, creando, quindi, una disparità di trattamento tra ricongiunzioni ai sensi dell’art. 1 e dell’art. 2 della legge 29/1979. Considerata la complessità di queste modifiche e l’impatto economico per i richiedenti, si consiglia a tutti i lavoratori interessati a procedure di ricongiunzione, trasferimenti o costituzioni di posizioni assicurative di contributi di recarsi al più presto presso gli uffici del patronato Inas-Cisl per verificare la propria situazione. Altre disposizioni in materia di previdenza A) Previdenza complementare (Art. 12 duocecies) Le risorse previste dall’art. 74 comma 1 della legge 388/2000 (3) , limitatamente allo stanziamento relativo all’anno 2010, possono essere utilizzate anche ai fini del finanziamento delle spese di
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avvio e di adesione collettiva dei fondi di previdenza complementare dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche. B) Riduzione Fondo Patronati (Art. 12 terdecies) Per ciascuno degli esercizi finanziari 2011/2013 gli specifici stanziamenti previsti per il finanziamento degli Istituti di Patronato di cui al comma 1 art. 13 legge 152/2001 sono complessivamente e proporzionalmente ridotti di 30 milioni di euro annui. I risparmi che ne derivano, pari a 30 milioni di euro annui nel triennio 2011/2013, concorrono alla compensazione degli effetti derivanti dal’aumento contributivo di cui all’art. 1 comma 10 della legge 247/2007 al fine di garantire la non applicazione del predetto aumento contributivo nella misura prevista. C) Casellario dell’assistenza (Art. 13 commi 1-5) Viene istituto presso l’Inps, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, il “Casellario dell’assistenza” per la raccolta, la conservazione e la gestione dei dati e dei redditi e delle informazioni relative ai soggetti aventi diritto alle prestazioni assistenziali. Il Casellario costituisce l’anagrafe generale delle posizioni assistenziali e delle prestazioni condivisa da tutte le amministrazioni centrali dello Stato, gli enti locali, le organizzazioni no profit e gli organismi di previdenza ed assistenza obbligatorie che dovranno comunicare al Casellario i dati e le informazioni contenute nei propri archivi. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze verranno disciplinate le modalità attuative della norma. D) Redditi rilevanti - modifica art. 35 cc. 8 e ss. legge 14/2009 (Art. 13 comma 6) Il comma 6 dell’articolo 13 prevede la modifica del comma 8 art. 35 dl. 207/2009 convertito nella legge 14/2009 che, in caso di prestazioni legate al reddito, aveva disciplinato in modo uniforme la rilevanza temporale dei redditi. La modifica prevede: - la soppressione delle parole “il 1° di luglio di ciascun anno ed ha valore per la corresponsione del relativo trattamento fino al 20 giugno dell’anno successivo”; - che per le prestazioni collegate al reddito rilevino i redditi conseguiti nello stesso anno per le prestazioni in cui sussiste l’obbligo di comunicazione al Casellario centrale dei pensionati. Inoltre, viene introdotto il comma 10 bis per cui, al fine di razionalizzare gli adempimenti previsti dall’art. 13 legge 412/1991 in materia di indebiti previdenziali, i titolari di prestazioni legate al reddito che non comunichino integralmente al situazione reddituale incidente sulla prestazione all’amministrazione finanziaria, debbono comunicarla agli enti previdenziali competenti all’erogazione della prestazione. In caso di mancata comunicazione entro i tempo previsti la prestazione sarà sospesa nel corso dell’anno successivo a quello in cui doveva essere resa la comunicazione. Se la comunicazione non perverrà neppure entro 60 vieri dei ferro VOCE
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giorni dalla sospensione della prestazione, la stessa verrà revocata e l’ente procederà al recupero di tutte le somme erogate a tale titolo nel corso dell’anno in cui avrebbe dovuto essere resa la dichiarazione reddituale. Se, invece, la dichiarazione sarà resa nel termine di 60 giorni, l’ente procederà al ripristino della prestazione sospesa dal mese successivo alla comunicazione, previa verifica del diritto alla prestazione collegata al reddito anche per l’anno in corso. E)Potenziamento processi di riscossione presso l’Inps (Art. 30) Viene modificata la procedura di riscossione relativa al recupero delle somme dovute presso l’Inps. Dal 1 gennaio 2011, infatti, l’attività di recupero delle somme a qualunque titolo dovute all’Inps anche a seguito degli accertamenti degli uffici viene effettuata tramite notifica di un avviso di addebito con valore di titolo esecutivo. L’avviso deve contenere l’intimazione ad adempiere all’obbligo di pagamento entro 90 giorni dalla notifica e l’indicazione dell’agente della riscossione che, in caso di mancato pagamento, procederà all’esecuzione forzata. L’avviso di addebito è notificato in via prioritaria tramite posta elettronica certificata ovvero, previa eventuale convenzione tra Inps e Comune, dai messi comunali o dagli agenti di polizia municipale e la notifica può essere eseguita anche tramite raccomandata con avviso di ricevimento. La norma precisa inoltre le modalità di ricorso.
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Note (1) Vedi Ballerini e Tersicorei per i quali l’età pensionabile è stata recentemente stabilita a 45 anni dall’art. 3 comma 7 della legge 29/06/2010 n. 100 che ha modificato l’art. 4 comma 4 dlgs. 184/1997. (2) La prima versione dell’emendamento del Relatore alla Manovra finanziaria in Senato, Sen. Antonio Azzolini, includeva nell’innalzamento legato alla speranza di vita anche il requisito dei 40 anni ma questa previsione, dopo la forte contestazione delle parti sociali, è stata eliminata. (3) Art. 74 comma 1 legge 388/2000 “Per fare fronte all'obbligo della pubblica amministrazione, ai sensi dell'articolo 8, comma 1, del decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, di contribuire, quale datore di lavoro, al finanziamento dei fondi gestori di previdenza complementare dei dipendenti delle amministrazioni dello Stato anche ad ordinamento autonomo, in corrispondenza delle risorse contrattualmente definite eventualmente destinate dai lavoratori allo stesso fine, sono assegnate le risorse previste dall'articolo 26, comma 18, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, nonché lire 100 miliardi annue a decorrere dall'anno 2001. Per gli anni successivi al 2003, alla determinazione delle predette risorse si provvede ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera d), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni”.
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Buone nuove
per il recupero della detassazione
di nottur ne e straordinari notturne
La nostra Confederazione, reiteratamente nel corso degli ultimi anni, ha posto al Governo il problema della diminuzione delle tasse sul lavoro dipendente. Un primo passo in questa direzione è stato raggiunto con la proroga del regime di tassazione agevolata, per gli anni 2009 e 2010, introdotto con la legge n.126 del 2008. Questo regime prevede un’imposta sostitutiva del 10 per cento per le somme erogate ai lavoratori dipendenti del settore privato, in relazione sia a prestazioni di lavoro straordinario che ad incrementi di produttività, innovazione ed efficienza organizzativa e altri elementi di competitività e redditività legati all’andamento economico dell’impresa. Successivamente l’Agenzia delle Entrate con delle circolari ha fornito dei chiarimenti in ordine all’ambito applicativo delle disposizioni agevolative. In particolare rientrano nel regime di tassazione agevolata anche le indennità di turno o comunque le maggiorazioni retributive corrisposte per il lavoro normalmente prestato in base ad un orario su turni, stante il fatto che “l’organizzazione del lavoro a turni costituisce di per sé una forma di efficienza organizzativa”. La misura agevolativa trova applicazione non solo qualora l’organizzazione del lavoro a turni sia adottata per la prima volta dall’impresa ma anche nel caso in cui questa applichi un nuovo e più ampio schema di turnazione che, come richiede la legge, dia luogo a “incrementi di produttività, innovazione ed efficienza organizzativa ecc..”. L’Agenzia delle Entrate specifica che gli elementi di produttività ed efficienza non devono necessariamente essere nuovi o innovativi rispetto al passato. Sulla scorta di quanto sopra espresso, l’Agenzia delle Entrate con la risoluzione n.83/E del 17 agosto 2010, in risposta ad un quesito di Confindustria, chiarisce che il regime di detassazione può essere applicato anche al lavoro notturno così come definito dalla contrattazione collettiva, senza che le imprese debbano portare particolari prove a supporto sulle motivazioni per cui vi si faccia ricorso. E’ dunque irrilevante quante volte il lavoratore svolga il lavoro di notte in quanto la tassazione della specifica quota di retribuzione (ora normale più maggiorazione) godrà sempre della minore tassazione al 10 per cento. Le procedure per il rimborso Nel mese di settembre si è scatenata la corsa, da parte dei lavoratori, alla presentazione delle richieste di certificazione, alle imprese, delle somme su cui farsi riconoscere la minore tassazione.
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Come sindacato abbiamo fatto pressioni sia verso le Imprese, vedi la lettera riportata di seguito, che verso l’Agenzia delle Entrate per ottenere tutti quei chiarimenti utili ai lavoratori per non perdere il diritto, stanti le scadenze ravvicinate, la prima delle quali era fissata entro il 30 settembre 2010. In un primo momento, per ottenere il rimborso delle maggiori tasse pagate negli anni precedenti i lavoratori dipendenti avrebbero dovuto far valere la tassazione più favorevole in sede di dichiarazione dei redditi, presentando una dichiarazione integrativa per gli anni passati o avvalendosi dell’istanza di rimborso ai sensi dell’articolo 38 del Dpr n.602 del 1973. Tecnicamente il lavoratore dopo aver ottenuto la certificazione, da parte del datore di lavoro, il lavoratore si sarebbe trovato di fronte alle seguenti opzioni: A. Somme percepite nel 2008 e lavoratore che nel 2009 ha presentato la dichiarazione dei redditi (730 o Unico): è possibile presentare dichiarazione integrativa con modello UNICO entro il 30 settembre 2010 e far valere il maggior credito nella dichiarazione del prossimo anno. Oltre il 30 settembre sarà possibile presentare istanza di rimborso ai sensi dell’art. 38 Dpr n. 602/1973, all’ufficio periferico dell’Agenzia competente per territorio di residenza del lavoratore entro i successivi 48 mesi. Il limite di reddito detassabile è pari a 3.000 euro(limite massimo di reddito da lavoro dipendente anno 2007 è 30.000 euro) B. Somme percepite nel 2008 e lavoratore che nel 2009 NON ha presentato la dichiarazione dei redditi: è possibile presentare istanza di rimborso ai sensi dell’art. 38 Dpr n. 602/1973, all’ufficio periferico dell’Agenzia competente per territorio di residenza del lavoratore, entro i successivi 48 mesi. Il limite di reddito detassabile è pari a 3.000 euro(limite massimo di reddito da lavoro dipendente anno 2007 è 30.000 euro) C. Somme percepite nel 2009 e lavoratore che nel 2010 ha presentato la dichiarazione dei redditi con modello 730: è possibile presentare un Unico Correttivo nei termini entro il 30 settembre 2010, dopo tale data sarà possibile presentare un Unico Integrativo fino al 30 settembre 2011. Il limite di reddito detassabile è pari a 6.000 euro(limite massimo di reddito da lavoro dipendente anno 2007 è 35.000 euro) D. Somme percepite nel 2009 e lavoratore che nel 2010 NON ha presentato la dichiarazione dei redditi: è possibile presentare la dichiarazione con modello vieri dei ferro VOCE
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UNICO/2010 entro il 30 settembre 2010 e far valere il maggior credito nella dichiarazione del prossimo anno. Oppure entro il 29.12.2010 con una sanzione di 21 euro. Il limite di reddito detassabile è pari a 6.000 euro(limite massimo di reddito da lavoro dipendente anno 2007 è 35.000 euro) E. Per le somme percepite nel 2009 sarà anche possibile presentare istanza di rimborso ai sensi dell’art. 38 Dpr n. 602/1973, all’ufficio periferico dell’Agenzia competente per territorio di residenza del lavoratore entro 48 mesi a partire dal 01.10.2011. F. Per i redditi del 2010 entro il termine previsto per il conguaglio di fine anno, il lavoratore dovrà attivarsi al fine di ottenere dal proprio datore di lavoro l’applicazione del regime di tassazione sostitutiva, sulle somme percepite per lavoro notturno e straordinario percepite durante l’anno. Per fortuna le sollecitazioni per semplificare l’iter per il rimborso sono andate a buon fine, tanto che l’Agenzia delle Entrate ha emanato due nuove circolari la n.47/E e la n.48/E, nelle quali, in una si specificano le modalità con cui lavoratori dipendenti potranno recuperare la maggiore IRPEF pagata nel 2008 e 2009 sui compensi per gli incrementi di produttività assoggettabili all'imposta sostitutiva del 10%, nell’altra si forniscono ulteriori chiarimenti in merito alla detassazione degli straordinari. Con la Circolare n.48/E l’Agenzia delle Entrate prevede che il datore di lavoro debba indicare nel CUD/2011 le somme erogate negli anni 2008 e 2009 per i conseguimento di elementi di produttività e redditività per lavoro straordinario assoggettabili a imposta sostitutiva in tali anni, anche se eventualmente già certificati in base a quanto illustrato nella risoluzione 83/E del 17 agosto 2010. Con questa determinazione si supera la necessità di presentare, da parte dei lavoratori, dichiarazioni integrative o istanze di rimborso, ai fini del rimborso del credito d’imposta. La stessa Circolare ha chiarito, inoltre, il regime fiscale da applicare alle somme erogate a seguito dello sgravio contributivo concesso sulle retribuzioni variabili da contrattazione di secondo
livello, introdotto in via sperimentale per il triennio 2008-2010 dalla legge n. 247/2007. Le aziende che si sono viste riconoscere il beneficio dall’INPS, devono restituire ai dipendenti interessati un importo pari ai contributi in precedenza trattenuti. Ricordiamo che, in tali casi, le somme restituite dal Sostituto d’imposta ai dipendenti devono considerarsi redditi di lavoro dipendente da assoggettare a tassazione separata come chiarito con la risoluzione n. 136 del 2005 per una ipotesi analoga. Nel merito, l’Agenzia evidenzia che tuttavia, qualora ricorrano le condizioni per l’applicazione dell’imposta sostitutiva del 10 per cento prevista per i premi di produttività e di risultato, le somme in questione possono essere assoggettate a tale più favorevole regime fiscale, anche se le stesse si riferiscono a premi erogati in periodi di imposta precedenti. La Circolare n.47/E, invece, conferma i contenuti della risoluzione n.83/E, evidenziando e sottolineando, che i compensi per lavoro straordinario o supplementare erogati (nelle varie forme), nel 2009 e nel 2010, sono assoggettabili alla tassazione ridotta se si verifica la circostanza che la prestazione di lavoro sottostante è correlata a "incrementi di produttività, innovazione ed efficienza organizzativa e ad altri elementi di competitività e redditività legati all'andamento economico dell'impresa". La stessa Circolare demanda al Datore di lavoro il compito di comprovare e "certificare" il nesso fra lavoro straordinario (o supplementare o reso in funzione di clausola elastica) e incremento di produttività, con una dichiarazione attestante che la prestazione lavorativa abbia determinato un risultato utile per il conseguimento di elementi di competitività e redditività legati all'andamento economico dell'impresa. Sulla scorta di quanto ribadito dalla Agenzia delle Entrate, non è più necessario che i lavoratori presentino alcun tipo di richiesta, ma vi invitiamo tutti gli interessati a vigilare affinché siano rispettati i contenuti delle circolari applicative dell'Agenzia delle Entrate.
Testo della lettera inviata alle Associazioni datoriali delle imprese di trasporto L’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n.83\E del 17 agosto 2010, ha fornito dei chiarimenti in merito al regime di tassazione agevolato previsto dall’articolo 2, comma 1, del d.l. n.93\2008 (convertito dalla legge n.126\2008) in relazione al lavoro notturno, lavoro straordinario riconducibile ad “incrementi di produttività, innovazione ed efficienza organizzativa e altri elementi di competitività e redditività legati all’andamento economico dell’impresa”, fornendo indicazioni sulle modalità con le quali le imprese devono trattare le prestazioni per il lavoro notturno non interamente detassate nei precedenti periodi di imposta, dal 2008 al 2010. Nella risoluzione sopra richiamata, l’Agenzia delle Entrate chiarisce che è compito del datore di lavoro certificare l’importo delle somme erogate a titolo di incremento della produttività del lavoro sulle quali non ha ap-
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plicato la tassazione sostitutiva per gli anni 2008 e 2009, affinché i lavoratori possano poi procedere alla presentazione di una dichiarazione dei redditi integrativa per vedersi restituire le differenze spettanti. Considerata la ristrettezza dei tempi a disposizione dei lavoratori per poter presentare in tempo utile la dichiarazione integrativa, vi invitiamo a farci partecipi delle linee di indirizzo che predisporrete per le vostre imprese associate al fine di garantire un miglior coordinamento con le nostre strutture territoriali che si avvarranno del supporto dei Centri di Assistenza Fiscali della nostra Confederazione. Rimaniamo in attesa di un cortese e sollecito riscontro. Distinti saluti.
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Il Segretario Generale Fit Cisl Claudio Claudiani
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T Rtc: verso il CCNL delle Attività Ferroviarie Buoni i presupposti per la conclusione del negoziato Rail traction company (Rtc) è un’impresa ferroviaria di trasporto merci nata con l’avvento dei processi di liberalizzazione del trasporto ferroviario nel nostro Paese. Al momento ha un organico di circa 200 dipendenti e opera prevalentemente sull’asse del Brennero assicurando i collegamenti internazionali* con 14 coppie di treni giornalieri e 3 coppie di treni settimanali. Rtc ha in produzione anche un collegamento nazionale* con 1 coppia di treni al giorno sulla relazione Verona-Nola Come altre imprese ferroviarie che si sono imposte sul mercato in epoca di liberalizzazione, anche Rtc non applica il CCNL
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delle Attività Ferroviarie che, al momento, è l’unico contratto collettivo nazionale di lavoro coerente con le specificità del trasporto ferroviario. Per quanto attiene, poi, al sistema delle relazioni industriali c’è da dire semplicemente che nel Contratto Aziendale di lavoro di Rtc del marzo 2001 non è previsto. Fra l’altro alcune iniziative realizzate dall’azienda nel corso del 2007 non hanno favorito l’instaurazione di rapporti correnti con le organizzazioni sindacali dei lavoratori.
Se in un primo momento il modello contrattuale e lo stile di gestione delle relazioni industriali imposti in Rtc sono stati ritenuti efficaci dall’azienda, con il passare degli anni sono cominciati i primi problemi ed è cresciuto, fra i lavoratori, un significativo senso disagio che ha fatto scaturire proteste sindacali e momenti conflittuali sempre più aspri. In un’impresa in cui i lavoratori non sono sereni è molto difficile garantire i livelli di qualità attesi dalla clientela. Dal 2009 però si è registrata una inversione di tendenza nei rapporti impresa-
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sindacato e, con l’obiettivo di trovare soluzioni ai problemi in atto e risposte ai bisogni dei lavoratori, dall’inizio del 2010, si è avviata una trattativa finalizzata a definire un nuovo Contratto Aziendale e l’Accordo di Confluenza nel Contratto Collettivo Nazionale delle Attività Ferroviarie. Lo stato della trattativa è arrivato a un buon livello e il metodo di lavoro utilizzato e la concretezza che si è riscontrata nelle varie fasi del negoziato hanno creato i presupposti per una rapida conclusione del negoziato. L’attuale trattamento contrattuale Il trattamento normativo e retributivo applicato in Rtc, sebbene nell’ultimo triennio sia stato integrato da accordi aziendali intervenuti fra il 2006 e il 2009, rimane comunque inadeguato e penalizza eccessivamente i lavoratori. Secondo quanto emerge dalla premessa del contratto aziendale di lavoro, adottato a suo tempo unilateralmente da Rtc, «Ai lavoratori viene in ogni caso assicurato il trattamento economico in applicazione delle norme imperative, ed in ispecie dell’art. 36 della Costituzione, e quello normativo sostanzialmente praticato dalle imprese di trasporto merci su strada, in applicazione dei contratti collettivi di lavoro stipulati dalle loro associazioni.» In sintesi si tratta di un contratto che si ispira a quello dell’autotrasporto merci e da questo si comprende perché le norme di impiego utilizzate in Rtc, ricomprese sostanzialmente in 2 dei 26 articoli che compongono il contratto, non tengono in alcun conto delle specificità del sistema ferroviario. In particolare l’orario di lavoro «per i dipendenti che svolgono attività continua» è regolato all’art. 6 (circa 20 righe) e per «il personale discontinuo» (secondo il predetto contratto i macchinisti sono lavoratori discontinui) all’art. 8 (altre 20 righe circa). Come anticipato alcuni accordi aziendali, a partire da quello del 2006, hanno poi leggermente modificato la rotta introducendo correttivi al trattamento retributivo riconoscendo l’indennità per lavoro notturno nella fascia 22.00/06.00, maggiorazioni della quota economica oraria per il lavoro straordinario, festivo, il premio di risultato a partire dall’anno 2007 e un’integrazione al trattamento normativo con l’istituzione delle pause codificate come «intervallo minimo di trenta minuti al termine di ogni periodo effettivo trascorso a bordo del locomotore della durata minima di tre ore e trenta minuti nel corso della giornata lavorativa». Infine il trattamento economico prevede una base contributiva che determina prospettive incerte al termine della carriera lavorativa.
Verso un contratto normale A gennaio 2010 si è avviato il confronto sindacale per definire, in attesa della costruzione del nuovo Contratto Unico della Mobilità, la confluenza nel Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro delle Attività Ferroviarie.
Il percorso negoziale che si è sviluppato fin dal primo incontro, proprio in virtù delle difficili condizioni di partenza dei lavoratori di Rtc, ha richiesto un confronto molto approfondito. La trattativa ad oggi ha registrato significativi passi in avanti e su interi capitoli del CCNL delle Attività Ferroviarie vi è già un’intesa di massima. L’ipotesi di adottare il CCNL delle Attività Ferroviarie non rappresenta più un tabù per Rtc in quanto la delegazione datoriale ha costatato che, in attesa della definizione del CCNL Unico della Mobilità, anche applicando il CCNL delle Attività Ferroviarie è possibile, nel rispetto della tipologia di servizio svolto e delle specificità dell’impresa, garantire anche i diritti fondamentali dei lavoratori e, al tempo stesso, gli indispensabili standard di sicurezza. Finora sono state registrate convergenze sui capitoli che disciplinano: • • • • • •
Campo di applicazione; Decorrenza e durata; Disciplina delle relazioni industriali; Costituzione del rapporto di lavoro; Classificazione Professionale; Svolgimento del rapporto di lavoro.
Sono invece definiti solo parzialmente i capitoli che disciplinano: • •
Orario di lavoro; Retribuzione.
La notizia degli avanzamenti della trattativa ha fatto uscire allo scoperto quelli a cui, per dirla parafrasando la nota pubblicità, “piace vincere facile”. Da fonti informali risulta che le imprese ferroviarie operanti nel segmento merci, che non hanno alcuna voglia di regolare il rapporto di lavoro dei propri dipendenti con il CCNL delle Attività Ferroviarie sostenendone l’inapplicabilità, si sono adoperate e continuano a adoperarsi nel tentativo di scoraggiare la prosecuzione di una trattativa che ormai si avvia verso le battute finali. Probabilmente a molti sfugge che il percorso avviato è inarrestabile e non ammette ripensamenti. I lavoratori che operano nelle imprese ferroviarie di trasporto merci che non hanno ancora adottato il CCNL delle Attività ferroviarie continuano a sollecitarne l’applicazione in attesa della definizione del CCNL Unico della Mobilità e pertanto, a breve, si dovrà avviare un confronto per verificare le condizioni di praticabilità di uno specifico negoziato. (*) fonte sito web Rtc
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Gaetano Riccio
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Gruppo FNM Brennero:
al via i turni concordati per il PdM, per il PdB e per il Personale di Terra Il 28 settembre a Milano, presso la sede del gruppo Ferrovie Nord Milano(FNM), abbiamo definito i turni di lavoro del personale di macchina relativamente al servizio passeggeri di lunga percorrenza svolto sull’asse del Brennero da parte di LeNord in accordo con le ferrovie tedesche (Db) e austriache (Obb). E’ un risultato significativo ottenuto a seguito della forte presa di posizione delle Organizzazioni Sindacali e che segna un passo in avanti nel difficile percorso che abbiamo intrapreso per dare regole comuni sul lavoro, pur nel necessario riconoscimento delle peculiarità di ogni azienda, in un mercato del trasporto ferroviario ampiamente liberalizzato. La vicenda è iniziata nel mese di dicembre 2009 quando LeNord ha avviato un servizio passeggeri con cinque coppie di treni sulle tratte Brennero – Bolzano - Verona - Bologna e Brennero Milano. Il servizio è stato attivato, ed è andato avanti per mesi, con norme di utilizzazione del personale contenute in un regolamento aziendale provvisorio mai concordato con le Organizzazioni Sindacali e “liberamente” ispirato al CCNL degli autoferrotranvieri. Non essendovi, infatti, in quel contratto previste delle regole specifiche per i servizi passeggeri di lunga percorrenza, il regolamento che disciplina le condizioni di lavoro prevede che , in sede di programmazione dei turni, si possano avere prestazioni fino al massimo
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dell’orario di lavoro senza limiti di condotta e di scorta. Altro elemento “anomalo” è costituito dal fatto che soste superiori a 30 minuti e fino a 2 ore non sono considerate ai fini del computo dell’orario di lavoro. Gli stessi viaggi in vettura per gli spostamenti di servizio sono quantificati al 50% del loro impegno. In pratica erano presenti nei turni una serie di allentamenti normativi che anda-
vano ricondotti all’interno di regole proprie di questa tipologia di servizi. La vertenza è durata diversi mesi ed è stata caratterizzata da una serie di incontri con avanzamenti importanti, ad iniziare dall’accordo del 6 maggio 2010 in cui si è convenuto con il Gruppo FNM l’adozione del CCNL delle attività ferroviarie per questa tipologia di servizio passeggeri sulla media e lunga percorrenza.
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In un successivo incontro, tenutosi il 13 luglio, abbiamo convenuto i turni del personale di bordo e di quello di terra per poi arrivare all’accordo del 28 settembre dove si sono concordati i turni del PdM redatti in conformità con quanto stabilito dal CCNL delle attività ferroviarie. Tutti i turni concordati relativi al PdM, al PdB e al Personale di terra andranno in vigore il 18 ottobre p.v. Attualmente il servizio è svolto con un organico così articolato: PdM: Deposito di Milano : Deposito di Verona :
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PdB: Deposito di Milano : Deposito di Verona :
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Personale di Terra: Impianto di Milano: Impianto di Verona: Impianto di Bologna:
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Il Capo Treno è coadiuvato da altro personale appartenente alle Db e alle Obb che svolge funzioni di vendita, controllo ed assistenza alla clientela e collabora per il pronti alla partenza del treno nelle stazioni di fermata. Il personale di terra svolge mansioni di formatore treno (moduli A e B), verifica tecnica treni viaggiatori e condotta (patente B) negli impianti interessati. Nell’incontro di settembre l’azienda ci ha comunicato i risultati positivi della gestione del servizio per il corrente anno e ci ha anticipato un incremento di produzione per il 2011 con il conseguente potenziamento dell’organico attraverso un piano di assunzioni di circa 20 unità in tutti e tre i settori: condotta, bordo e personale di terra. L’azienda ci ha, altresì, informato che entro il mese di ottobre sarà rinnovato il parco locomotive con l’introduzione, al posto delle E 189, delle nuove E 190 dotate, oltre che di SCMT, cab radio e degli
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impianti di sicurezza di bordo previsti dalle normative vigenti, anche di specifici dispositivi di comunicazione bidirezionali tra la cabina e ogni vettura del treno. Dopo la definizione dei turni di lavoro, il passo successivo che ci aspetta è quello del perfezionamento dell’accordo di confluenza nel CCNL delle attività ferroviarie e a tale scopo abbiamo già fissato il prossimo incontro che è programmato per il 25 ottobre p.v. Con lo stesso verbale di accordo del 28 settembre abbiamo anche convenuto con il Gruppo FNM di riprendere il confronto per la newco TLN finalizzato a definire l’armonizzazione contrattuale adeguata alle specificità della mobilità ferroviaria regionale nella prospettiva della definizione del CCNL della mobilità in questo periodo in discussione a livello nazionale.
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Non chiamateli bamboccioni Inauguriamo con questo numero de "La Voce" un nuovo spazio di riflessione e approfondimento su quei temi che il mondo dei media relega normalmente nelle sue pagine più interne, al rango di piccole o marginali notizie. Le fonti istituzionali da cui attingere direttamente le informazioni non mancano. Conoscendole, basterebbe avere l'accortezza di passarle in rassegna con regolarità per rendersi conto della sterminata mole di documenti che sono in grado di mettere a disposizione. Una fonte istituzionale importante (quasi un pozzo di San Patrizio per chi vuole affiancare alle parole fatti e dati) è l'Istituto nazionale di statistica Istat, ente di ricerca pubblico presente in Italia dal 1926. Un rapporto un po' datato (maggio 2010) ma meritevole di attenzione è quello che l'istituto ha dedicato alla crisi. L'Istat ammette che la categoria più svantaggiata è quella dei giovani: sono loro che porteranno in futuro i segni del disastro economico.
La flessione dell'occupazione per chi ha un titolo di studio non superiore alla licenza media è particolarmente critica (-11,4 per cento), ma rimane rilevante anche per i diplomati (-6,9 per cento) e per i laureati (-5,2 per cento). Tanto che il tasso di disoccupazione giovanile in Italia (25,4 per cento) è più del triplo di quello totale (7,8 per cento) e più elevato di quello europeo (19,8 per cento). Questo perché con la crisi sono state falcidiate le posizioni "precarie": i datori di lavoro si sono liberati rapidamente dei dipendenti con contratti atipici, i meno tutelati, e dunque i più giovani. Si prevede che il numero di figli per donna possa crescere fino a 1,58 nel 2050; la speranza di vita aumentare fino a raggiungere gli 84,5 anni per gli uomini e gli 89,5 per le donne; il numero dei giovani fino a 14 anni ridursi a 7,9 milioni (il 12,9 per cento della popolazione); la popolazione attiva contrarsi a 33,4 milioni (54,2 per cento) e quella degli over 64 salire a 20,3 milioni (da uno su cinque a uno su tre residenti nel 2050). I giovani di oggi, che saranno gli anziani di domani, però, non lavorano, non versano contributi, non vanno via di casa, non fanno nulla. La statistica ha coniato una sigla per definirli: Neet, significa "not in education, employment or training" (non lavorano, non studiano, non si formano). I Neet nel 2009 erano arrivati a oltre due milioni, il 21,2 per cento dei 15-29enni. Nel 1983 la quota dei 18-34enni celibi o nubili che viveva in famiglia era del 49 per cento, nel 2000 era arrivata al 60,2 per cento, attestandosi al 58,6 per cento del 2009. Tra i 30-34enni quasi il 30 per cento vive ancora in famiglia, una quota triplicata dal 1983. La prolungata convivenza dei figli con i genitori dipende soprattutto dai problemi economici (40,2 per cento) e dalla necessità di proseguire gli studi (34 per cento); solo per il 31,4 per cento si tratta di una libera scelta. Anche perché, persino quando accoglie, il mercato del lavoro è estremamente avaro con i giovani: quasi la metà dei sottoinquadrati (occupati che svolgono una professione inferiore al livello di studio) sono giovani di 15-34 anni. Insomma il termine "bamboccione", coniato dall'ex ministro dell'Economia Tommaso Padoa Schioppa, aggiunge solo la beffa al danno nei confronti di una generazione che non trova sbocchi di nessun tipo. Fatalmente, rileva l'Istat, la famiglia rimane ancora un porto sicuro e affidabile per i giovani, almeno fino a quando i cosiddetti "padri di famiglia" passeranno alla disoccupazione, o, peggio ancora, all'inattività.
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Tu chiamala, se vuoi, Big Society
Dalla cesta dei panni più o meno sporchi che si sono accatastati in casa-Italia negli ultimi tempi, proviamo a tirar fuori, amiche ed amici de “La Voce”, un argomento piovuto giù da cieli lontani. Cieli oltre che stranieri, addirittura accademico-speculativi: l’iperuranio nel mondo delle idee generali astratte, insomma. Quanto di più lontano dalla quotidianità del fare sindacato … All’apparenza. Ma che ha invece qualche profondo rapporto con la cultura sedimentata della Cisl e con le risposte che (non solo da parte nostra) si cercano, per uscir fuori dal caos italiano, sempre più buio e disperante. Parliamo della Big Society, la formula-immagine rilanciata in piena estate dal neo-premier britannico David Cameron, poi, tra gli altri, ripresa dal nostro ministro del lavoro, Sacconi. Di che si tratta? Molto onestamente e perfino nel corso della visita settembrina di Papa Benedetto in Gran Bretagna, il leader dei neo-conservatori (i Red Tories, in contrapposizione agli Old Tories dell’antica Lady di ferro, Margareth Thatcher) ha evidenziato i debiti culturali della nuova “insegna mediatica” riverniciata dal filosofo e teologo anglicano Phillip Blond. Ed ha disegnato un ponte tra la dottrina sociale cristiana ed orizzonti politici volti a superare il radicalismo conservatore, iper-liberista ed individualista, adoratore della selezione darwiniana della specie, grazie alla deregulation ed allo scatenamento purificatore degli animal spirits del capitalismo. Un ponte che approderebbe dunque alla visione di una società nella quale le persone sono protagoniste e lavorano per il bene delle varie comunità di riferimento in cui sono inserite, dalla famiglia al territorio e su su, salendo e abbracciando ambiti più vasti. Insomma – parrebbe - un’ennesima riedizione del neo-capitalismo: ideologia tra un po’ imprescindibile perfino nella satrapia nord-coreana del morente Caro Leader. Un sistema motore di un mercato che – viene detto – deve lavorare per molti e non per pochi; che sia attento agli obblighi sociali di ogni persona verso l’altra; che esalti i gruppi nei quali ciascuno vive e si impegna, in riferimento ai valori etici e morali che anche la fede e la tradizione religiosa e civile dell’Europa cristiana, possono dare. Ora, è vero che, con quel provincialismo che è l’altra faccia della normale esterofilia italica, molti osservatori si sono esercitati a battere il tasto del “niente di nuovo sotto il sole”. E figuriamoci! Assisi come siamo, tutti noi europei, sul patrimonio del pensiero plurimillenario accumulato nel bacino del Mediterraneo, non dobbiamo faticare molto ad aprire il baule del “già visto e sentito” per proclamare snobisticamente, come ha fatto tal Giulio Boscagli, assessore regionale di Lombardia: Grazie Cameron, ma in Lombardia la Big Society la pratichiamo di già e per questo ab-
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biamo fatto la riforma della sanità, quella dei servizi alla persona, i voucher, la dote-scuola e quant’altro, coinvolgendo famiglie, gruppi informali, organizzazioni no-profit e del terzo settore, identificate come potenziali “unità di offerta” per la progettazione di prestazioni sociali e assistenziali. Il problema semmai – continua sempre il Lombardo – è un altro (il solito benaltrismo italico: soggiunge il vostro cronista, cari amici). Ed è che l’abbondanza di soggetti della società civile va a sbattere contro il muro di uno statalismo incapace di riconoscerli e valorizzarli. Con il che – osserviamo noi – la si butta in caciara, come dicono i romaneschi, e cioè in polemica ideologica astratta, la foglia di fico che copre le pudenda delle lotte di potere tra chi deve fare cosa e chi è titolare del budget attraverso cui si filtrano i beneficiari dei finanziamenti e quali convenzioni fare e quali no, quali cooperative favorire e quali no. Insomma: ciò che vediamo ogni giorno, dalla Lombardia alla Sicilia, dal Ministero Ics a quello Ipsilon. Mentre di fatto la crisi finanziaria e il famoso “terzo debito pubblico del mondo” da servire quotidianamente, come ricorda il prof. Tremonti, si incaricano di fare il lavoro sporco dello smantellamento della sanità pubblica, della scuola o della ricerca, della previdenza o della sicurezza, della polizia municipale (ausiliari del traffico li chiamano) o della giustizia o del servizio giardini … vieri dei ferro VOCE
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Mode sociologiche come foglie d’autunno Dunque anche l’ultima moda importata con l’etichetta anglofona giusta, tramonterà con i venti e le piogge dell’incipiente autunno italiano 2010? Big Society come la Great Society di Lyndon Johnson? Tutto giù nel baule dove giacciono New Deal rooseweltiano e Fair Deal trumaniano, grandi visioni dei Kennedy o di Obama o di Zapatero, dream di Martin Luther King e flexecurity nord-europee, rimembranze fabiane e socialismi umanitari e comunitarismi olivettiani? Il vostro modesto cronista, cari lettori de “La Voce”, starebbe attento a fare di ogni erba un fascio unico, come usa dire. Quando i segnali arrivano dalla vecchia Inghilterra, magari per un riflesso condizionato che non ha niente da spartire con anglofilie fatue, siamo portati per lo meno ad “aspettare e vedere” perché lassù le idee non sono mai soltanto astratte ma precipitano subito a terra nel pragmatismo e nella sperimentazione. E se non funzionano, non è che lì hanno la malinconica ed impotente abitudine di prendersela col destino cinico baro o col mondo ingrato e indegno che non si merita il genio incompreso del nostro profetismo velleitario, parolaio e ipocritamente idealista. Lassù Oltre Manica se un’idea non funziona, si aggiusta l’idea e non si pretende di cambiare il mondo, come da noi predicano i cattivi maestri idioti e praticano poi i poveri ragazzi che si dedicano allo sport del tiro del fumogeno. Nell’universo socio-culturale anglosassone, di qua o di là dell’Atlantico e perfino in luoghi di antiche civiltà come l’India, la lezione del pragmatismo può anche camminare sulle gambe di una Destra popolare, per dirla con parole del gergo politichese. E può davvero succedere che quel pragmatismo incroci un altro grande pragmatismo, fiorito in contrapposizione agli idealismi iper-ideologici dell’800 e del 900, dal socialismo al comunismo, dal nazionalismo al nazifascismo. Intendiamo parlare del pragmatismo della cosiddetta Dottrina sociale cristiana costruita da Leone XIII in poi e tenacemente custodita da un sindacato come il nostro che, pur tra mille contraddizioni, cerca di radicarla e farla fruttare nel tessuto civile e sociale italiano. E difatti Cameron ha subito individuato quattro zone-campione nel suo Paese, dove sperimentare la partecipazione alla gestione dei servizi pubblici, non attraverso convenzioni o cooperative di amici dell’assessore o di familiari del capo-leghista padano o di clienti del faccendiere appulo-campano bensì attraverso associazioni privato-collettive, solo inizialmente coadiuvate da funzionari pubblici che si sostituirebbero poi gradualmente agli enti locali non solo in funzioni caritativo-assistenziali ma anche in servizi di trasporti, nella raccolta dei rifiuti, nella costituzione della rete di banda larga per l’internet nelle case. Altro che tagli lineari ai livelli della spesa pubblica. Altro che socialismo municipale dei leghisti lombardo-veneti. Altro che appalti, e sanità convenzionata. E vecchi trombati della politica, riciclati nei cda del trasporto pubblico locale, per fare un esempio immediatamente chiaro per gli amici della Fit. vieri dei ferro VOCE
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Il genio antico e post-moderno del pragmatismo Chi come noi della Cisl ha nel dna il gene del pragmatismo non cade certo nell’astrazione antagonistica pubblico-privato statalismo-liberismo e trappole del genere. E neppure nell’alternativa nuovismo-tradizionalismo. Peraltro il movimento dei lavoratori nell’800 e nel 900 ha sperimentato positivamente il protagonismo autonomo dell’associazionismo. Associazionismo che prima ancora di essere sindacale, è stato intessuto di organizzazioni di mutuo soccorso, di monti frumentari per sottrarre i contadini alla speculazione, di piccole somme versate settimanalmente dagli operai per resistere nel momento del bisogno, della malattia o della disoccupazione. È di destra o di sinistra tutto ciò? Lasciamo la sciarada ai partiti. Ci interessa piuttosto rivendicare alla tradizione sociale e sindacale, anche il conservatorismo dei valori, che è parte di un patrimonio che vogliamo re-investire nel secolo che ci viene incontro in forme nuove oltre che antiche: le comunità di accoglienza, le case-famiglia, il sostegno a distanza, il micro-credito, i gruppi di acquisto solidale, i banchi alimentari. Tutto ciò per non ripetere in modo autoreferenziale il mantra degli enti bilaterali sindacatiimprese nei campi della formazione professionale, della educazione alla prevenzione, della sanità, della previdenza complementare. E senza alcun bisogno di concludere il ragionamento con un peana a quella dottrina sociale dei corpi intermedi e della sussidiarietà, rispetto alla quale stabilire se l’attribuzione della titolarità dell’idea debba andare al Beato Antonio Rosmini o a Luigi Sturzo, a Toniolo o alle cooperative dei socialisti riformisti o a quelle degli scariolanti della bonifica del Delta Padano. Inutile anche ricordare alle amiche e agli amici de “La Voce” che ne sono diretti protagonisti, appuntamenti di questo primo autunno, promossi o partecipati dalla Cisl proprio nel segno dell’impegno riformista. Dalla manifestazione nazionale per la giustizia fiscale, assieme alla Uil, alla rivendicazione del nuovo patto sociale tra capitale e lavoro. Dalla battaglia per nuove relazioni industriali nel segno della condivisione degli obiettivi di crescita e sviluppo e non più in quello dell’antagonismo sterile, ad iniziative trasversali come quelle per il riscatto del Mezzogiorno portate avanti nel Forum dell’associazionismo bianco, alla convinta partecipazione cislina di metà ottobre alla settimana sociale Cei di Reggio Calabria. Tu chiamala, se vuoi, Big Society. Un saluto dal Vostro Affezionato Cronista C’è chi dice … - “Sperare nonostante”. Così Henrik Ibsen, rifondatore della drammaturgia moderna, sul letto di morte, il 23 maggio 1906. - La speranza è la conoscenza definitiva delle cose, non solo come appaiono in un determinato momento ma anche del come diventeranno per conformarsi alla piena realtà del loro essere. - È ingannevole il realismo di chi vede il seme e non pensa che esso passa diventare albero, fiore e frutto.
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Per i lavoratori domestici
arriva la cassa sanitaria integrativa
Buone notizie per il milione e mezzo di Colf e Badanti che operano in Italia. Dal 1° luglio è infatti operativa la Cassacolf, la cassa di assistenza per la gestione dei trattamenti sanitari integrativi dei collaboratori domestici, in ottemperanza a quanto stabilito dal contratto nazionale del lavoro domestico, stipulato dalle organizzazioni sindacali Fisascat Cisl, Filcams Cgil e Uiltucs Uil e dalle associazioni datoriali Fidaldo, Domina e Federcolf. I beneficiari sono tutti i dipendenti ed i datori di lavoro domestico in regola con i contributi di assistenza contrattuale. Colf e badanti di tutta Italia avranno quindi un ente a cui rivolgersi in caso di malattia, parto, rimborso dei ticket e indennità in caso di ricovero. Gli stessi datori di lavoro potranno beneficiare di un'assicurazione obbligatoria per gli infortuni dei loro dipendenti. Una risorsa importante alla luce dei dati dell'ultimo rapporto Censis sul lavoro domestico in Italia: sono 3.576 gli infortuni registrati nel 2008, il 44 per cento dei collaboratori intervistati ha avuto almeno un incidente domestico nell'ultimo anno, che spesso non viene neppure denunciato. Tra le prestazioni riconosciute dalla Cassacolf: l’indennità giornaliera in caso di ricovero, la convalescenza ed il parto ed il rimborso integrale dei tickets sanitari per le prestazioni ad alta specializzazione effettuate presso le strutture del servizio sanitario nazionale. I datori di lavoro inoltre potranno usufruire di un’assicurazione obbligatoria in caso di copertura della responsabilità civile verso i prestatori di lavoro ed in questo caso la società assicura il datore di lavoro nel caso in cui il prestatore di lavoro o i suoi beneficiari avanzino nei confronti del datore di lavoro pretese a titolo di responsabilità civile. Sempre i dati del rapporto Censis ci dicono però che il 62% dei collaboratori domestici lavora in nero o con un'evasione contributiva parziale. Solo il 38,2 per cento del campione dichiara di svolgere un lavoro totalmente in regola - spiega il Censis - e nonostante i 300.000 lavoratori sommersi regolarizzati con la sanatoria del settembre 2009, il 39,8 per cento degli intervistati
dichiara di essere totalmente irregolare e il 22 per cento si districa in una giungla di rapporti a volte regolari, altre volte no, o rispetto ai quali vengono versati contributi per un orario inferiore a quello effettivamente lavorato. Questo da un alto espone la famiglia al rischio di eventuali vertenze che i lavoratori possono inoltrare contro di loro o a possibili controlli da parte delle istituzioni competenti. In questi casi, oltre ad essere tenute alla regolarizzazione retributiva e contributiva dei lavoratori coinvolti, possono subire sanzioni di natura amministrativa o penale a seconda della violazione commessa. Un contratto di lavoro regolare permette invece di essere tutelati da eventuali complicazioni che possono nascere nei rapporti tra datore di lavoro e lavoratore, chiarisce diritti e doveri di entrambe le parti, pur restando un contratto non eccessivamente vincolante, poiché non necessita di giusta causa per essere interrotto, ma solo di un preavviso di 15 giorni da parte del datore di lavoro e di 8 da parte del lavoratore. Inoltre è possibile dedurre dal reddito del datore di lavoro i contributi obbligatori versati allINPS per un importo massimo di 1549,37 euro l'anno e, qualora l'assistito non sia autosufficiente, è possibile detrarre dalle tasse il 19% delle spese per la badante, sino a un valore massimo di 2.100 euro l'anno. Lo sportello Colf e Badanti del Caf Cisl nasce per fornire assistenza e consulenza alle famiglie che hanno la necessità di assumere collaboratrici domestiche, colf, badanti, babysitter, per una gestione corretta e professionale del rapporto di lavoro e fornisce a costi molto vantaggiosi assistenza e consulenza per regolarizzare e amministrare il rapporto di lavoro garantendo. Mettere in regola i collaboratori domestici tutela i diritti del lavoratore e del datore di lavoro, e potrebbe costare meno di quanto si creda. Le nostre sedi sono a disposizione per fornirvi tutte le informazioni sul contratto, i costi e l'assistenza per la documentazione necessaria a beneficiare delle agevolazioni fiscali previste per il datore di lavoro.