Territorialità delle cessioni di beni – Art. 7-bis 4.
4.1. PREMESSA L’art. 7-bis è stato inserito dall’art. 1, comma 1, lettera c) del D.Lgs. 11 febbraio 2010, n. 18, in vigore dal 20 febbraio 2010. Ai sensi del successivo art. 5, comma 1, la disposizione si applica alle operazioni effettuate a partire dal 1° gennaio 2010. L’art. 8, comma 2, lettera c) della Legge 15 dicembre 2011, n. 217 ha modificato il comma terzo con riferimento alle operazioni effettuata a partire dal 17 marzo 2012. “1. Le cessioni di beni, diverse da quelle di cui ai commi 2 e 3, si considerano effettuate nel territorio dello Stato se hanno per oggetto beni immobili ovvero beni mobili nazionali, comunitari o vincolati al regime della temporanea importazione, esistenti nel territorio dello stesso ovvero beni mobili spediti da altro Stato membro installati, montati o assiemati nel territorio dello Stato dal fornitore o per suo conto. 2. Le cessioni di beni a bordo di una nave, di un aereo o di un treno nel corso della parte di un trasporto di passeggeri effettuata all’interno della Comunità, si considerano effettuate nel territorio dello Stato se il luogo di partenza del trasporto è ivi situato. 3. Le cessioni di gas attraverso un sistema di gas naturale situato nel territorio dell’Unione o una rete connessa a tale sistema, le cessioni di energia elettrica e le cessioni di calore o di freddo mediante le reti di riscaldamento o di raffreddamento si considerano effettuate nel territorio dello Stato: a) quando il cessionario è un soggetto passivo– rivenditore stabilito nel territorio dello Stato. Per soggetto passivo–rivenditore si intende un soggetto passivo la cui principale attività in relazione all’acquisto di gas, di energia elettrica, di calore o di freddo è costituita dalla rivendita di detti beni ed il cui consumo personale di detti prodotti è trascurabile; b) quando il cessionario è un soggetto diverso dal rivenditore, se i beni sono usati o consumati nel territorio dello Stato. Se la totalità o parte dei beni non è di fatto utilizzata dal cessionario, limitatamente alla parte non usata o non consumata, le cessioni anzidette si considerano comunque effettuate nel territorio dello Stato quando sono poste in essere nei confronti di soggetti, compresi quelli che non agiscono nell’esercizio di impresa, arte o professioni, stabiliti nel territorio dello Stato; non si considerano effettuate nel territorio dello Stato le cessioni poste in essere nei confronti di stabili organizzazioni all’estero, per le quali sono effettuati gli acquisti da parte di soggetti domiciliati o residenti in Italia”.
4.2. BENI IMMOBILI E MOBILI: PRIMO COMMA (PRIMA PARTE) La prima parte dell’art. 7-bis primo comma: “Le cessioni di beni, diverse da quelle di cui ai commi 2 e 3, si considerano effettuate nel territorio dello Stato se hanno per oggetto beni immobili ovvero beni mobili nazionali, comunitari o vincolati al regime della temporanea importazione, esistenti nel territorio dello stesso…”.
prende in esame il concetto di territorialità con riferimento ai: • beni immobili; • beni mobili. IPSOA – IVA: il presupposto della territorialità
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Dalla lettura si evince chiaramente che, per considerare effettuata nel territorio dello Stato la cessione di un bene – diverso da quelli di cui ai successivi commi 2 e 3 – sia esso mobile che immobile e quindi per acquisire il requisito della territorialità, è necessario che il bene, al momento di effettuazione dell’operazione secondo i principi dettati dall’art. 6 del D.P.R. 633/72 (si veda il Capitolo 1 par. 1.3), esista fisicamente nel territorio dello Stato. Per quanto attiene ai beni immobili, la regola generale prevede che la cessione rientra nel campo di applicazione dell’IVA se gli stessi esistono fisicamente in Italia al momento della “stipulazione dell’atto” – art. 6 primo comma D.P.R. 633/72 – oppure, nel caso in cui venga emessa anticipatamente la fattura o pagato in tutto o in parte il corrispettivo, il “momento di effettuazione” coincide con la data di emissione della fattura o a quella del pagamento (art. 6, comma quarto, D.P.R. 633/72). Quindi ragionando “al contrario” della regola generale, sono “escluse” o “non rientranti nel campo di applicazione dell’IVA” le cessioni di beni immobili che non si trovano fisicamente in Italia. Prospettiamo alcuni esempi. Esempio n. 8 La vendita da parte di un soggetto passivo italiano di un bene immobile che si trova all’estero, sia in UE che extra-UE, per la normativa IVA italiana deve essere fatturata come “operazione non rientrante nel campo di applicazione dell’IVA ai sensi dell’art. 7-bis, primo comma D.P.R. 633/72” ed indicando sulla fattura ai sensi art. 21 comma 6-bis, “ inversione contabile” nel caso di cessionario comunitario o “operazione non soggetta” nel caso di acquirente extra-UE. Attenzione: occorre preventivamente verificare se la normativa del Paese dove si trova l’immobile (specialmente se trattasi di UE), impone l’obbligo di identificarsi ai fini IVA per porre in essere la cessione interna in tale Stato. In tal caso da parte del cedente italiano, a parere degli Autori, non verrebbe emessa nessuna fattura nell’ambito della nostra normativa, ma questa interesserebbe la normativa del Paese dove si trova l’immobile. Si rende necessario, sul punto un intervento da parte dell’Agenzia delle Entrate. Esempio n. 9 Nel caso in cui un soggetto passivo UE venda un immobile “esistente in Italia al momento della stipulazione dell’atto”, il cessionario soggetto passivo italiano in base alle nuove norme in vigore dal 1° gennaio 2013 che hanno apportato modifiche all’art. 17, comma secondo, secondo periodo, deve integrare la fattura ricevuta dal cedente comunitario, ponendo anche molta attenzione ai seguenti due aspetti: l’applicazione dell’aliquota e la detrazione dell’IVA (rimandiamo alle disposizioni 90
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in tema di fiscalità immobiliare intervenute con il D.L. 22 giugno 2012, n. 83 convertito in Legge 7 agosto 2012, n. 134). Nel caso in cui il cedente sia un soggetto extra-UE, il cessionario soggetto passivo italiano deve emettere autofattura art. 17, comma secondo. Se il cedente è sempre un soggetto passivo estero, ma il cessionario è: • un privato italiano o non esercente impresa arte o professione; • o altro soggetto passivo non residente e senza stabile organizzazione in Italia ed il bene “esiste sempre fisicamente in Italia” al momento di effettuazione dell’operazione, il cedente dovrà identificarsi ai fini IVA in Italia o provvedere alla nomina di un rappresentante fiscale ai sensi dell’art. 17, comma terzo, al fine di adempiere agli obblighi IVA. Solo per memoria, l’art. 7-quater, che rientra tra le deroghe, esamina le relative “prestazioni di servizi”. Per quanto riguarda i beni mobili, oltre al requisito della esistenza fisica del bene nel territorio dello Stato, si richiedono ulteriori requisiti, vale a dire che il bene sia: • nazionale; • comunitario; • o vincolato al regime della temporanea importazione. Esaminiamo questi tre aspetti: 1) nazionale: sono beni prodotti in Italia o importati da Paesi terzi in modo definitivo, con pagamento di dazi e dell’IVA; 2) comunitario: in base alla definizione dettata dal regolamento (CE) n. 450/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 aprile 2008 che istituisce il codice doganale comunitario (codice doganale aggiornato) (art. 4 n. 18) si definiscono “merci comunitarie” quelle che rientrano in una delle categorie seguenti: a) merci interamente ottenute nel territorio doganale della Comunità, senza aggiunte di merci importate da paesi o territori non facenti parte del territorio doganale della Comunità. Le merci interamente ottenute nel territorio doganale della Comunità non hanno la posizione doganale di merci comunitarie se sono ottenute da merci vincolate al regime di transito esterno, deposito, ammissione temporanea o perfezionamento attivo, nei casi stabiliti a norma dell’articolo 101, paragrafo 2, lettera c; b) merci introdotte nel territorio doganale della Comunità da paesi o territori non facenti parte di tale territorio e immesse in libera pratica; c) merci ottenute o prodotte nel territorio doganale della Comunità esclusivamente da merci di cui alla lettera b) oppure da merci di cui alle lettere a) e b): 3) vincolato al regime della temporanea importazione: beni di provenienza extra-UE introdotti in Italia per essere sottoposti a lavorazioni, trasformazioni e poi essere successivamente riesportati. IPSOA – IVA: il presupposto della territorialità
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Il punto 19), sempre dell’art. 4 del succitato regolamento recita: 19) “merci non comunitarie”: le merci diverse di quelle di cui al punto 18) o che hanno perso la posizione doganale di merci comunitarie. Con riferimento al punto 3), per determinare la base imponibile occorre applicare le disposizioni dell’art. 13, comma 2, lettera e) del D.P.R. 633/72. Per completezza citiamo quanto indicato al titolo VI del sopra indicato regolamento in tema di immissione in libera pratica ed esenzione dai dazi all’importazione. Capo 1 Immissione in libera pratica
“Articolo 129 Campo di applicazione ed effetto 1.Le merci non comunitarie destinate al mercato comunitario o destinate all’uso o al consumo privato nell’ambito della Comunità sono vincolate al regime di immissione in libera pratica. 2.L’immissione in libera pratica comporta: a) la riscossione dei dazi dovuti all’importazione; b) la riscossione, ove opportuno, di altri oneri, come previsto dalle pertinenti disposizioni vigenti in materia di riscossione di tali oneri: c) l’applicazione delle misure, dei divieti e delle restrizioni di politica commerciale, a meno che non debbano essere applicati in una fase precedente; d) l’espletamento delle altre formalità stabilite per l’importazione delle merci. 3.L’immissione in libera pratica attribuisce alle merci non comunitarie la posizione doganale di merci comunitarie.”.
Esaminiamo ora alcune pronunce ministeriali. a) Risoluzione 7 settembre 1998, n. 127/E della Direzione centrale affari giuridici e contenzioso, sez. VII, div. XV. Il caso Una Direzione regionale chiede come trattare le cessioni effettuate nei confronti di soggetti d’imposta comunitari, vale a dire se considerarle cessioni intracomunitarie, trattandosi di beni introdotti in Italia in regime di temporanea importazione, per essere sottoposti a lavorazione, ciò in quanto a parere di un ufficio doganale l’operazione riguarda beni non immessi in libera pratica e, quindi da considerare alla stregua di merci estere. I prodotti sono inviati nel paese comunitario di destinazione con documento T1 per essere ivi immessi in regime definitivo. Risposta Perché si realizzi una cessione intracomunitaria assume rilevanza la circostanza che oggetto della transazione sia: • un bene originario della Comunità; oppure • un bene immesso nella Comunità in libera pratica. 92
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Pertanto non configurandosi tali operazioni come cessioni intracomunitarie, le stesse devono essere assoggettate ad imposta, ai sensi dell’art. 7, comma secondo – dal 1° gennaio 2010 leggasi art. 7-bis comma 1 – in base al quale le cessioni di beni si considerano effettuate nel territorio dello Stato se hanno per oggetto beni mobili vincolati al regime della temporanea importazione esistenti nel territorio stesso. b) Risoluzione 22 dicembre 1982, n. 391613 Il caso Una società italiana A ha acquistato in un Paese extra-UE dieci veicoli da un’altra società italiana B che si trovavano nel Paese extra-UE perché inviati in regime di temporanea esportazione da parte di B. Come deve fatturare la società B alla società A questi veicoli? Risposta L’art. 7, comma 2 – dal 1° gennaio 2010 leggasi art. 7-bis comma 1 – pone quale condizione per il riconoscimento dell’imponibilità al tributo delle cessioni di beni quella dell’effettiva esistenza dei beni stessi nel territorio dello Stato. Poiché la cessione tratta di beni mobili nazionali che al momento della cessione si trovavano all’estero, le operazioni stesse non rientrano, a norma dell’art. 7, comma secondo, – dal 1° gennaio 2010 leggasi art. 7-bis comma 1 – nel campo di applicazione dell’imposta per mancanza del presupposto della territorialità in quanto la norma richiede tassativamente – ai fini dell’attuazione della cessione nell’ambito dell’imposta – l’esistenza fisica dei beni nel territorio nazionale. c) Risoluzione n. 184/E del 13 luglio 1995 La risoluzione afferma quanto segue “la sussistenza del presupposto della territorialità, per le cessioni di beni è subordinata alla circostanza che l’oggetto dell’operazione sia costituito da:….(omissis)…beni nazionali, comunitari, o vincolati al regime della temporanea importazione, esistenti nel territorio stesso”. Prospettiamo ora alcuni esempi. Esempio n. 10 Operatore italiano (IT1) vende ad operatore portoghese (PT), il quale a sua volta vende ad altro operatore italiano (IT2) con la merce che rimane in Italia essendo consegnata da IT1 a IT2 per conto del portoghese. La caratteristica fondamentale di questa operazione è quella che nel rapporto IT1 e PT non si realizza una cessione intracomunitaria in quanto il bene resta in Italia e quindi viene a mancare il requisito del trasferimento fisico del bene in altro Stato membro.
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4. Territorialità delle cessioni di beni – Art. 7-bis
Si esamina l’ipotesi in cui il Portoghese prima dell’effettuazione dell’operazione ha nominato un rappresentante fiscale in Italia. IT1 fattura a PT/IT IT1 consegna per ordine e conto di PT/IT a IT2 PT/IT fattura a IT2 Tavola 4.2 – Esempio n. 10
IT1
PT/IT
IT2
Legenda linea continua _____________________________= fatturazione linea tratteggiata – – – – – – – – – – – – – – – – – – –= consegna
Primo periodo: fino al 31 dicembre 2009 Obblighi di IT1: • emetteva il DDT con la causale “vendita”, evidenziando che la merce era inviata ad IT2 per ordine e conto del PT/IT; • emetteva la fattura al PT/IT addebitando l’imposta, indicando sulla fattura la partita IVA italiana Obblighi di PT/IT: • emetteva fattura con addebito d’imposta nei confronti di IT2. La fattura doveva riportare l’indicazione sia del rappresentante che del rappresentato e gli estremi del DDT emesso da IT1; • poiché al momento dell’effettuazione dell’operazione, vale a dire al momento della “consegna o spedizione” il bene “esisteva fisicamente in Italia ai sensi dell’art. 7 comma secondo del D.P.R. 633/72” tale operazione doveva essere 94
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Territorialità delle cessioni di beni – Art. 7-bis 4.
considerata rientrante nel campo di applicazione dell’IVA e essere emessa fattura con applicazione dell’imposta. Detto documento, trattandosi di cessione di bene, doveva essere emesso nei termini che sono indicati dai collegati seguenti articoli: a) art. 6, primo comma, primo periodo: “Le cessioni di beni si considerano effettuate nel momento…omissis…della consegna o spedizione se riguardano beni mobili, b) art. 21, quarto comma: “La fattura è emessa al momento di effettuazione dell’operazione determinata a norma dell’art. 6…omissis…Per le cessioni di beni la cui consegna o spedizione risulti da documento di trasporto o da altro documento idoneo a identificare i soggetti tra i quali è effettuata l’operazione e avente le caratteristiche determinate con D.P.R. 14 agosto 1996, n. 472, la fattura è emessa entro il giorno 15 del mese successivo a quello della consegna o spedizione e contiene anche l’indicazione della data e del numero dei documenti stessi. In tal caso, può essere emessa una sola fattura per le cessioni effettuate nel corso di un mese solare fra le stesse parti. In deroga a quanto disposto nel terzo periodo, la fattura può essere emessa entro il mese successivo a quello della consegna o spedizione dei beni limitatamente alle cessioni effettuate a terzi dal cessionario per il tramite del proprio cedente”; c) art. 23, primo comma, secondo periodo: “Le fatture di cui al quarto comma, seconda parte dell’art. 21 devono essere registrate entro il termine di emissione e con riferimento al mese di consegna o spedizione dei beni”. Obblighi di IT2: portava in detrazione l’imposta se sussistono i requisiti dell’art. 19 e seguenti. Secondo periodo: dal 1° gennaio 2010 al 31 dicembre 2012 Come sintetizzato di seguito, IT1 fattura addebitando l’IVA al Portoghese. Obblighi di IT1: • emetteva il DDT con la causale “vendita”, evidenziando che la merce era inviata ad IT2 per ordine e conto del portoghese ; • emetteva la fattura al portoghese addebitando l’imposta, indicando sulla fattura la partita IVA italiana del rappresentante fiscale. Obblighi di PT/IT: emetteva fattura in base alla sua normativa ad IT2 senza applicare l’IVA. Obblighi di IT2: Poichè al momento dell’effettuazione dell’operazione, vale a dire al momento della “consegna o spedizione” il bene “esiste fisicamente in Italia ai sensi dell’art. 7-bis, primo comma del D.P.R. 633/72” tale operazione doveva essere considerata rientrante nel campo di applicazione dell’IVA e doveva essere emessa autofattura con IPSOA – IVA: il presupposto della territorialità
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4. Territorialità delle cessioni di beni – Art. 7-bis
applicazione dell’imposta, ai sensi dell’art. 17, comma secondo e 21, comma quinto in base alla tempistica precedentemente elencata alle lettere a), b), e c). Una domanda che veniva posta in questo primo periodo di applicazione della norma era quella di verificare se era possibile da parte di PT/IT emettere una fattura in base alla normativa italiana “ senza addebito d’imposta” nei confronti del cessionario IT2, in luogo della emissione della fattura, come sopra scritto, in base alla normativa portoghese. Sul punto occorre evidenziare quanto scritto nella risoluzione 25 agosto 2010 n. 89/E e nelle circolari 18 marzo 2010 n. 14 e 21 giugno 2010 n. 36: “E’ fatto divieto al rappresentante fiscale di emettere fattura con addebito d’imposta, ma deve essere il cessionario che, in base all’art. 17 comma secondo, deve emettere l’autofattura nei modi e nei termini previsti dalla normativa IVA”. L’autofattura deve essere emessa in base agli elementi indicati sulla fattura emessa dal fornitore UE. Occorre comunque evidenziare quanto scritto nella circolare 21 giugno 2010, n. 36 risposta n. 31, che riportiamo integralmente: “Domanda Una società estera avente sede legale in uno Stato comunitario (che è lo Stato da cui arriva la merce acquistata) dispone di un rappresentante fiscale in Italia. La società in questione cede un bene, per il tramite del proprio rappresentante fiscale, ad un cliente italiano, soggetto passivo d’imposta. Quali sono gli adempimenti ai fini IVA ed Intrastat? Risposta Il rappresentante fiscale dovrà compilare gli elenchi Intrastat degli acquisti intracomunitari (art. 38, comma 3, lettera b) del D.L. n. 331 del 1993) ed il cliente nazionale dovrà emettere autofattura per documentare l’acquisto”.
Riflessioni Soffermiamoci sulla frase … “per il tramite del proprio rappresentante fiscale”. Ci si chiede se potrebbe essere interpretata nel senso che il rappresentante fiscale possa continuare ad emettere fattura nei confronti dei clienti italiani sempre senza applicazione dell’imposta. Occorre tener presente che comunque il rappresentante fiscale per consegnare la merce ai vari clienti italiani emette il DDT, inizialmente per la contabilità di magazzino a cui dovrebbe far seguito una emissione della fattura sulla quale compare il numero del DDT Un ulteriore “aiuto interpretativo” è dato dalla risoluzione n. 89/E del 25 agosto 2010, che ribadendo quanto sopra scritto, vale a dire che è il cessionario italiano ad emettere autofattura, riporta quanto segue: “Verificandosi le due circostanze sopra delineate – e cioè cedente/prestatore non residente e cessionario/committente stabilito – è solo su quest’ultimo, ove sog96
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Territorialità delle cessioni di beni – Art. 7-bis 4.
getto passivo, che, a norma dell’art. 17, secondo comma, ricadono gli obblighi relativi all’applicazione dell’imposta. E’ da ritenere quindi che a nessun adempimento sia tenuto il cedente o prestatore non residente, anche se ivi identificato nel territorio dello Stato; ciò, in particolare, esclude che il cedente o prestatore non residente sia tenuto all’emissione della fattura (e ai conseguenti adempimenti di annotazione e dichiarazione), tramite il numero identificativo italiano. Le norme fin qui citate non escludono, tuttavia che in relazione ad una cessione interna, il rappresentante fiscale di un soggetto estero possa – per proprie esigenze – emettere nei confronti del cessionario/committente residente un documento non rilevante ai fini IVA, con indicazione della circostanza che l’imposta afferente tale operazione verrà assolta dal cessionario o committente”. Alla luce di quanto sopra l’Agenzia delle Entrate ha ulteriormente chiarito l’aspetto operativo. Su tale documento deve essere indicato, a nostro avviso, quanto segue: “Operazione non soggetta ad IVA ai sensi dell’art. 17 comma secondo del D.P.R. 633/72 con adempimenti IVA da assolvere da parte del cessionario tramite reversecharge”. Alla luce delle disposizioni impartite dal regolamento 15 marzo 2011 n. 282, in tema di “stabile organizzazione” si consiglia che la fattura sia emessa al cessionario italiano direttamente dall’operatore UE, onde evitare la presunzione da parte degli Organi verificatori che sia considerata una “stabile organizzazione”. Per quanto riguarda gli adempimenti che il rappresentante fiscale deve porre in essere in caso di emissione di errata fattura, si rinvia al paragrafo 3.2.2 a commento della risoluzione n. 140/E del 29 dicembre 2010. Terzo periodo: dal 1° gennaio 2013 Obblighi di IT1: • emette il DDT con la causale “vendita”, evidenziando che la merce è inviata ad IT2 per ordine e conto del PT/IT; • emette la fattura al PT/IT con addebito d’imposta indicando sulla fattura la partita IVA del rappresentante fiscale del Portoghese Obblighi di PT/IT: • emette fattura senza addebito d’imposta in base alla normativa portoghese nei confronti di IT2 oppure in base alle considerazioni esposte in precedenza, emette fattura in base alla normativa italiana “senza addebito d’imposta” sulla quale dovrà essere indicato quanto segue “Operazione territorialmente rilevante in Italia ai sensi dell’art. 17, comma secondo, D.P.R. 633/72” e annotando sulla fattura “inversione contabile”.
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Obblighi di IT2 Poichè al momento dell’effettuazione dell’operazione, vale a dire al momento della “consegna o spedizione” il bene “esiste fisicamente in Italia ai sensi dell’art. 7-bis comma primo del D.P.R. 633/72” tale operazione deve essere considerata rientrante nel campo di applicazione dell’IVA e per le cessioni effettuate a partire dal 1° gennaio 2013 da soggetti passivi UE, in base alla nuova formulazione dell’art. 17, comma secondo, secondo periodo, la fattura dovrà essere integrata e registrata dal cessionario ai sensi degli artt. 46 e 47 del D.L. 331/93. Per completezza dell’argomento, nel caso in cui in luogo del Portoghese si sostituisce un soggetto extra-UE, ad esempio Svizzero, da parte di IT2 deve essere sempre emessa, autofattura ai sensi dell’art. 21, comma 5 del D.P.R. 633/72 e su questa in base alla nuova formulazione dell’art. 21, comma 6-ter, dovrà essere riportata l’annotazione “autofatturazione”. Esempio n. 11 Acquisto e vendita di beni nello stesso Stato UE Operatore italiano: - acquista beni da fornitore (UE1) - con consegna diretta ad un cliente dello stesso Paese UE (UE2). Tavola 4.3 – Esempio n. 11 UE1
UE2
IT Legenda linea continua –––––––––––––––––––––––– = fatturazione linea tratteggiata – – – – – – – – – – – – – – – – = consegna UE1 ed UE2 sono soggetti passivi dello stesso Stato UE
Obblighi di UE1 Alla luce delle disposizioni in vigore dal 1° gennaio 2010 impartite dalla direttiva 2008/8/CE del 12 febbraio 2008 il cedente italiano deve prendere preventivamen98
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te contatto con l’Amministrazione fiscale UE del cessionario, per verificare come sono state applicate le norme della direttiva, in quanto come evidenziato in precedenza l’art. 194 della direttiva 2006/112 “non obbliga” il Paese comunitario ad applicare il reverse charge, ma ne dà “possibilità”. Potrebbe pertanto sorgere l’obbligo di identificarsi ai fini IVA. Ipotizzando che IT non debba aprirsi una partita IVA nello Stato membro, occorre ricordare che affinché si abbia un acquisto intracomunitario ai sensi dell’art. 38, secondo comma, Legge n. 427/93, è necessario che il bene venga spedito o trasportato nel territorio dello Stato italiano da altro Stato membro dal cedente o dall’acquirente o da terzi per loro conto. Nell’ipotesi in esame non si realizza tale condizione e pertanto non si può affermare, per la nostra normativa, che si è in presenza di un acquisto intracomunitario. Pertanto UE1 deve emettere fattura con l’addebito della propria IVA nazionale al soggetto italiano. Detta fattura va registrata solo a libro giornale come documento di costo, oppure se per motivi meccanografici deve transitare sul registro IVA acquisti, va codificata con il codice “operazione esclusa o fuori campo art. 7-bis, comma primo, D.P.R. 633/72”. Obblighi di IT L’art. 7-bis comma primo del D.P.R. 633/72 prevede che le cessioni di beni mobili si considerano effettuate in Italia se il bene “al momento dell’effettuazione dell’operazione – consegna o spedizione – esiste fisicamente in Italia”. Poiché nel caso prospettato questa regola non può essere applicata, in quanto al momento dell’effettuazione dell’operazione – consegna o spedizione – il bene è nel Paese UE, deve essere emessa fattura a UE2 con la dicitura “operazione esclusa o fuori campo art 7-bis, comma primo, D.P.R. 633/72” indicando sulla stessa, in base alle disposizioni dettate dal nuovo art. 21, comma 6-bis, lettera a) in vigore dal 1° gennaio 2013, la dicitura “inversione contabile”. Detta fattura va registrata obbligatoriamente sul registro IVA fatture emesse con un apposito codice delle “operazioni escluse o fuori campo IVA art. 7-bis, comma primo, D.P.R. 633/72”, e, sempre in base alla modifica intervenuta all’art. 20 comma primo, secondo periodo per le operazioni effettuate a partire dal 1° gennaio 2013, concorre a formare il Volume d’affari. Sarà poi UE2, in analogia a quanto esposto all’esempio n. 10 in base alle disposizioni sulla nuova normativa, ad effettuare il reverse-chrage, fermo restando quanto scritto all’inizio dell’esempio, vale a dire la verifica da parte di IT della normativa IVA in quello Stato membro.
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