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VIÙ e le sue FRAZIONI
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balaustra in ghisa lungo il terrazzo e lo scalone d’accesso; l’intonaco a strisce orizzontali è tipico di molte delle ville patrizie dell’epoca. La casa è stata da poco restaurata, nel pieno rispetto delle forme e delle decorazioni originarie. È visibile in particolari momenti dell’anno ed è, in alcune occasioni, sede di concerti e manifestazioni artistiche. Si trova al centro di un comprensorio molto esteso, in parte destinato a parco, e vi si accedeva da due viali. Nel 1896 fu inaugurata la strada fino a Usseglio. All’inizio dell’anno 1900 a Viù villeggiarono lo scultore Pietro Canonica, il musicista e compositore Alberto Franchetti, il filosofo Benedetto Croce e il poeta Guido Gozzano si recò a Bertesseno. Nel 1910 fu inaugurato il servizio automobilistico pubblico in coincidenza con la ferrovia Torino – Lanzo. Tra le due guerre, in Viù e le frazioni erano in funzione 25 tra alberghi, locande, ristoranti e trattorie. I più rinomati erano l’Albergo Moderno e l’ Albergo Miramonti. Nel 1922 fu aperta la strada per il Colle del Lys che collega la Valle di Viù con la Val di Susa. Alla fine del 1961 furono inaugurate le sciovie del Colle del Lys.
La Valle di Viù nella pittura Molti sono gli artisti che hanno immortalato su tela con preziosi lavori, scorci di questa bella Valle, tra gli artisti citiamo M. Gandini, G. Piumati, M. Albano, G. Guarlotti, L. Albarello, C. Ferro Milone. Ma in particolare citiamo Francesco Gonin, pittore di fama, al quale nel 1840 viene commissionata l’illustrazione dei“Promessi Sposi”. Al servizio della corte sabauda dipinge le chiambrane della camera da pranzo della bela Rusin alla Mandria: nei riquadri si alternano coppie di uccelli in amore e trofei di caccia. Nel 1850 in occasione dell’esposizione di Torino dell’Industria e delle Belle Arti, Gonin presenta il dipinto “La Rocca del Sapay presso Viù”. Il bellissimo dipinto viene acquistato dal Ministero dell’Interno ed è tuttora conservato presso la Galleria d’Arte Moderna di Torino. Francesco Gonin riuscì poi a tramandare la sua passione al figlio Guido che riprese alcuni scorci della Val di Viù. Altri cenni artistici La chiesa parrocchiale San Martino di Viù è situata sopra un poggio che domina l’intero bacino di Viù. La Chiesa risale al 1011, nel corso dei secoli, la Chiesa ha subito molte ristrutturazioni; a partire dal 1781, utilizzando una parte dell’antica parrocchiale, furono realizzate le opere che hanno portato la Chiesa alle dimensioni attuali. In quel periodo vennero costruite il piazzale antistante e lo scalone, eretto per opera di Giovan Battista Giorgis, nativo di Forno di Lemie e promotore di altri interventi sugli edifici
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COL SAN GIOVANNI (Alt. 1116 m) Il Comune di Col San Giovanni mantenne la sua autonomia amministrativa fino al 1927, quando venne assorbito da quello di Viù. Il borgo ha certamente origini molto antiche, come prova il documento del 1011, nel quale, fra i beni del Vescovo Landolfo conferma in donazione al Monastero di San Salutore, sono compresi la Chiesa da San Giovanni al Collo e le “villule” (borgate) di Bertesseno, Niquidetto, e Richiaglio. Il Campanile della Parrocchiale è di foggia romanica, come mostrano le bifore, chiuse forse nel tentativo di migliorarne la solidità. Fu eretto nel 1100. La Chiesa ha subito numerosi rimaneggiamenti; l’edificio odierno risale al 1614. È stato in parte trasformato, a seguito del passaggio della carrozzabile nel 1922. FUCINE (Alt. 864 m) Proseguendo verso la testata della valle si giunge al ponte sul Rio Viana. Poco dopo si giunge a un agglomerato di case addossate le une alle altre, con i tetti in ardesia, adagiate sul pendio della sottostante china e fra di esse spicca un altro ponte ad arco acuto, gettato attraverso il torrente Viana, che divide in due parti l’abitato. Questa borgata, denominata Fucine, ci rammenta che qui un tempo si lavorava il ferro. I MULINI Si tratta di un delizioso borgo, situato lungo il corso della stura, ed è ormai disabitato. Le derivazioni d’acqua, di cui erano titolate molte famiglie delle borgate, permettevano di far girare i torni dei “Grataciamole (tornitori) D’li Mulin”, come appunto venivano chiamati gli abitanti del posto. Le botteghe dei mulini intrattenevano rapporti commerciali con molti clienti della città, cui fornivano ad esempio, le aste delle bandiere, l’interno dei bottoni degli abiti talari. L’acqua azionava anche il mulino per le spremiture delle noci, da cui si ricava l’olio, e il mulino per macinare le farine di segale e di grano. Interessante, dal punto di vista architettonico, è il ponte a schiena d’asino, che immetteva nella borgata. È stato restaurato dopo l’alluvione del 1994.
diserzioni. Il legame con Casa Savoia è del resto confermato dallo stemma sabaudo ottocentesco, posto a lato di una finestrella neogotica. Pare anche che fosse il rifugio di Vittorio Emanuele e la bela Rusìn. Gli affreschi ottocenteschi, raffiguranti dame e cavalieri intenti alla caccia, esprimono uno degli aspetti più tipici della sensibilità romantica. Alla chiesa parrocchiale di Col San Giovanni è annesso un campanile risalente circa al X secolo.
Villa Fino Sorge nei pressi delle rovine dell’antico castello ed è circondata da un vasto parco, nel quale si trova la cappella neogotica, rappresentata nella foto. La dimora, di origini seicentesche, e ristrutturata nell’Ottocento, appartiene alla famiglia Fino, che annovera tra i sui discendenti il pittore Gian Battista Fino autore, tra l’altro, di opere di rilievo nelle parrocchiali di Viù e Lemie. È visibile in alcune occasioni di eventi artistici di particolare interesse. Intorno al 1920, Carlo Fino, in collaborazione con Padre Fulgenzio Dal Piano, avviò a monte delle case, gli scavi che portarono alla luce i resti dell’antico Castello, edificato presubilmente intorno al 1200 e distrutto nel 1551 dalle truppe mercenarie del Maresciallo di Brissac. La leggenda vuole che il castello, anziché dai francesi, sia stato distrutto e incendiato dai viucesi. La festa per l’avvenuta liberazione viene riassunta il 25 marzo di ogni anno: i falò di cui si illumina la valle ricordano il rogo del castello e invitano a inneggiare alla libertà e alla primavera. È vero anche che ci siano scarse e incerte notizie storiche riguardanti il castello di Viù. Viceversa, secondo un’antica leggenda locale in esso vivevano feroci briganti che terrorizzavano gli abitanti della valle con ogni tipo di violenza. Una notte però, uno spaventoso incendio, innescato dalla vendetta popolare, distrusse il castello e tutti i suoi abitanti perirono tra le macerie, ricevendo così il giusto castigo. All’inizio dell’800 fu edificata, sul luogo del castello, una cappella dedicata a M.V. Annunziata, la cui festa si celebra il 25 marzo. In tale occasione, alla sera, si rinnova l’usanza di accendere sul piazzale della cappella, un grande falò, in ricordo di quell’antico fuoco liberatore. Intorno ad esso i bambini fanno feste roteando “li vontrel”, cioè pezzi di corteccia secca di ciliegio, infilati in un filo di ferro e poi accesi. Intanto altri falò sono accesi in diverse località del bacino di Viù, mentre nel paese si fa l’illuminazione delle case a globi colorati posti sui balconi e sui davanzali delle finestre.
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Le Frazioni FUBINA “An Fubinna” (Alt. 720 m) È una frazione dislocata a monte ed è a valle della strada Provinciale che collega la Val di Viù e i paesi del fondovalle. La borgata di Fubina si presentava, già nel XVIII secolo, composta d’agglomerati, ognuno abitato da un nucleo famigliare. Ancor oggi le varie zone portano il nome delle famiglie che nel settecento vi risiedevano, ne sono conferma: “la Cattocchiera”, dai Cattocchio, “la Cavallera” dai Cavallo, “la Mussinere” dai Mussino, “la Perottera” dai Perotti, “la Ravatera” dai Guglielmotto - Ravet. Nella frazione si trova una cappella dedicata alla SS.ma Vergine Addolorata e a San Michele Arcangelo, in tali occasioni si celebrano le due feste più importanti della Borgata. La prima piccola Cappella di Fubina risale presubilmente al 1724, fu poi ampliata sino a ottenere la struttura attuale.
LA BALMA “La Barma” (Alt. 1250 m) È una frazione molto vecchia, come attesta un documento del 27/02/1383 in cui Amedeo VI lascia liberi al pascolo i propri terreni agli abitanti delle frazioni Tornetti – Balma e Polpresa. All’inizio del 1800 nella borgata risiedevano ben 40 famiglie durante tutto l’anno, c’era la scuola con doppi turni, il prete risiedeva stabilmente e una trattoria prestava il suo servizio. Si coltivavano patate, segale avena, grano e altro, vi erano più di 100 mucche e oltre 500 tra ovini e caprini. Passeggiando nelle viuzze del grazioso borgo si possono ammirare: la Cappella dedicata a San Giovanni Battista, ampliata nel 1777 di sacrestia, campanile e alloggio del prete; il forno in ottimo stato e funzionante; lo spiazzo “il ruciass” da cui si gode una bella vista panoramica. E’ interessante ricordare che una famiglia molto nota, ossia i Virando, è originaria della Balma. Un intraprendente della famiglia si trasferì a Torino ove fece fortuna con un commercio di preziosi. Arnaldo Virando mantenne i legami con Viù, e fu anche il finanziatore del ponte sul torrente Viana costruito con la strada carrozzabile che ora collega La Balma con il Capoluogo. PESSINEA “An pissinja” (Alt. 1016 m) Al centro della frazione sorge la Chiesa dedicata a San Matteo, che fu costruita nel 1805 in sostituzione di una precedente cappella, troppo piccola per poter accogliere tutti gli abitanti. All’interno della Chiesa è sito un quadro del ‘600 rappresentante San Matteo. A lato del piccolo sagrato c’era la casa del cappellano, con al piano terra un locale unico per la scuola elementare. L’ultimo cappellano prestò servizio fino al 1912. Negli anni seguenti non si celebrarono più
funzioni in modo regolare; un rito veniva sempre celebrato il 21 settembre in occasione della Festa Patronale di San Matteo. Molto caratteristica è la fontana della Frazione posta sotto una grande roccia, dalla parete sgorgano i getti d’acqua che cadono in una lunga vasca di pietra che serviva da abbeveratoio per le mucche, per poi passare in altre vasche inferiori usate un tempo come lavatoio. Sopra al getto centrale è scolpita una grossa stella e sulle lastre della vasca è indicata due volte la data nella quale fu costruita: 1880. Una bella passeggiata conduce da Pessinea alla “Madonna del Truch” o della Consolata, costruita su uno spiazzo da cui si gode un’ampia vista sulla valle sottostante e sulla catena del Civrari. All’interno si possono ammirare oltre un centinaio di ex voto. Purtroppo, oggi, le poche persone che abitano nella frazione vivono un lungo periodo di isolamento, interrotto soltanto nei mesi di luglio e agosto.
MONDREZZA “La Mondrossi” (Alt. 740 m) OLDRI’ “J’udri” (Alt. 755 m) La Cappella è dedicata ai Santi Lorenzo e Lucia. Frazione famosa un tempo per il forno a legna gestito a turno dai frazionisti e per la distilleria dei Fratelli Boggiatto in cui si distillavano vari tipi di erbe, ad esempio: timo serpillo, menta e arquebuse (archibus). Nella frazione c’era anche la pensione “Corsero” aperta tutto l’anno con annessi il ristorante e la sala da ballo. Più a monte si trova un’altra soleggiata frazione gli Oldrì, circondata da pascoli e boschi. Si può ammirare la cappella eretta nell’anno 1889 come ricorda una lapide posta all’interno, e dedicata alla memoria della Contessa Giuseppina del Pozzo di Mombello da parte del suo primogenito. La manodopera per erigere la costruzione fu offerta in parte gratuitamente dagli abitanti della frazione, Inoltre vi si trova la falegnameria – laboratorio dei F.lli Rocchietti apprezzati artigiani ormai da varie generazioni.
LA VENERA In questa frazione si trova una cappella dedicata alla Sindone, risale probabilmente al XVII secolo. La cappella ospita ben tre dipinti di carattere sindonico. Il dipinto più piccolo raffigura San Carlo Borromeo in venerazione della Santa Sindone. La seconda opera, su tela ottocentesca, reca la dedica “Andrea Sonetto portantino” e vi è raffigurata la Vergine Addolorata affiancata da due angeli in atto di reggere il Sacro Lino. L’ultima grande tela è animata da ben quindici personaggi posti al di sotto di una duplice arcata che potrebbe simboleggiare un padiglione per Ostensione di corte. Accanto ai vescovi in solenni paludamenti e mitra, figurano due duchi sabaudi in funzioni di diaconi, con il collare dell’Annunziata: personaggi da identificarsi quasi con certezza in Emanuele Filiberto e Carlo Emanuele I.
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Qua e là… curiosità storico – turistiche Viù fu già alla fine del 1700, il primo centro di villeggiatura per la nobiltà torinese. Nel 1823 il conte Luigi Francesetti, nel suo libro “Lettres sur les Vallées de Lanzo”, così scriveva di Viù: “Questo villaggio risente molto infinitamente dei differenti punti di contatto che ha con Torino, e vi si può trovare qualche Medico, qualche Avvocato, qualche Chirurgo, una buona farmacia e pur anche qualche Albergo e un caffè; cosa che, con un bel cielo, con l’aria pura che vi si respira e con i numerosi rapporti che il paese ha con la Capitale per il grandissimo numero di domestici, cuochi, e di valletti che fornisce alle grandi casate, fanno sì che moltissime persone di Torino, anche delle prime classi sociali, vi vadano a trascorrere la bella stagione”. A Viù si giungeva a piedi, a dorso di mulo o in portantina per mezzo di una mulattiera. La mulattiera per Viù iniziava al di là del ponte di Germagnano che, nella prima parte, cioè fino al ponte delle Maddalene, seguiva un itinerario completamente diverso rispetto a quello dell’attuale strada carrozzabile. Oltre tale ponte e fino a Viù si conservò invece, all’atto della costruzione della carreggiabile, il tracciato della vecchia mulattiera, opportunamente ampliata e migliorata. La strada carrozzabile da Torino a Lanzo fu costruita nel1820, da Lanzo a Viù fu completata nel 1824, grazie all’interessamento e ai prestiti dei Marchesi di Barolo. Viù intorno al 1838 aveva 3745 abitanti, Col San Giovanni 1495, mentre Lanzo ne aveva solo 2335, così Viù, divenne il comune più popolato delle valli. Gran parte della popolazione residente a Viù si dedicava all’agricoltura, in particolare all’allevamento zootecnico e alla fabbricazione dei prodotti da esso derivati (burro, toma), che erano in buona parte esportati verso Torino. Intorno al 1830, furono a Viù alcune famose personalità risorgimentali: lo scrittore, pittore e uomo politico Massimo D’Azeglio, Silvio Pellico e il filosofo, scrittore e uomo politico abate Vincenzo Gioberti che ne esaltò le bellezze naturali, il cibo e soprattutto… le donne che definì: “gentili e buone, belle, graziose e cortesi!” Nel 1861 il barone Raimondo Franchetti e la moglie Sara Luisa Rothschild fecero costruire una splendida villa, tipo chalet svizzero, la costruzione presenta un tetto a lunghi spioventi, fitto di comignoli, di forme abbastanza originale, una bella balconata lignea al primo piano, una robusta, ma al tempo stesso artistica
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religiosi in valle. La Chiesa, la più grande delle Valli di Lanzo, è strutturata a tre navate; vi si accede da un maestoso portale ligneo della fine del Settecento, recentemente restaurato insieme con i due portoncini laterali; è dedicata a San Martino Vescovo e ha un antico tabernacolo identico a quello che esiste in Exilles, dal quale fu rubata (1543) da soldatesche l’Ostia Miracolosa. Alla decorazione interna hanno contribuito artisti di fama quali Giovan Battista Fino e Carlo Thermignon: al primo si devono i due affreschi del presbiterio, al secondo, presubilmente, gli ovali della navata centrale, raffiguranti i Dottori della Chiesa e gli Evangelisti. Di notevole interesse il primo altare della navata di destra, sormontato dalla bella terracotta raffigurante Maria e la Maddalena ai piedi della croce. L’altare, sicuramente ridotto rispetto alle dimensioni originarie, parrebbe provenire dall’Eremo dei Camaldolesi di Pecetto. La Parrocchiale, che è dedicata ai Santi Martino e Biagio, custodisce importanti ricordi storici: nel vestibolo della sacrestia è collocato il busto del Marchese Tancredi Faletti di Barolo, che contribuì alle spese di costruzione della strada carrozzabile. In fondo alla navata di sinistra, si trova una ricostruzione della grotta di Lourdes. Edificata alla fine della seconda guerra mondiale, essa è segno della devozione dei viucesi alla Vergine. Il così detto “miracolo della nebbia” salvò infatti il paese dalle rappresaglie dei Tedeschi e dei Repubblichini, saliti in valle per catturare i partigiani nascosti sulle montagne. Prestigioso è l’organo, della seconda metà del XVIII secolo, opera dei fratelli Concone. Restaurato nel 1840, venne arricchito di una tastiera nel 1902. Adiacente alla parrocchiale, la Cappella della Confraternita del Santissimo Nome di Gesù, con un bell’altare neoclassico, sormontato da colonne binate blu e oro di gradevole effetto cromatico; sopra l’altare, la tela raffigurante l’Assunzione di Maria. La cappella si caratterizza per la volta unghiata, sulla quale sono rappresentati angeli e motivi floreali, opera forse del Fino, così come i quadri alle pareti, raffiguranti la Madonna e gli Apostoli. L’Oratorio situato nei pressi della chiesa, conserva buoni dipinti del viucese Giovan Battista Fino. In Via Roma vi è un palazzo in stile barocco che si dice edificato su disegno dell’architetto Filippo Juvarra. In frazione Versino si trova Casa Coatto, probabilmente uno degli edifici più antichi di Viù, dove pare risiedessero i duchi di Savoia quando venivano a caccia nella valle, e che conserva tracce medioevali. È possibile che il termine “Coatto” indichi che la dimora fu sede di un comando militare di retroguardia, ossia di soldati “coactores” preposti a evitare sbandamenti o
ASCIUTTI DI VIU’ Questa frazione è posta sul versante nord-orientale della Valle dei Tornetti. È sormontata dal Monte Ciriunda, così chiamato per la sua forma tondeggiante e dalle Rocce Moròss, una catena rocciosa costituita da massicci torrioni, che alla luce del tramonto si tingono di un colore rosato, molto simile alle sfumature delle vette dolomitiche. In estate i pascoli degli Asciutti accolgono le mandrie dei margari che salgono all’alpeggio: il profumo delle erbe alpine arricchisce di sapore i formaggi prodotti in malga. Nella radura sovrastante il Pian degli Asciutti, sorge il laghetto di Pian Motte, una piccola polla d’acqua che in passato era la meta preferita dei rané, ossia di coloro che in primavera andavano a caccia di rane. Il laghetto si è notevolmente rimpicciolito, ma è ancora interessante a vedersi nella stagione in cui si compiono le varie trasformazioni di questi anfibi.