UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DELL’AQUILA Dottorato di Ricerca in Archeologia Medievale: Strutture della Societa’ insediamenti e organizzazione del territorio, attivita’ produttive.
APPUNTI DEL SEMINARIO SUL RILIEVO “in realta’ la mia scrittura si e’ trovata di fronte due strade divergenti che corrispondono a due diversi tipi di conoscenza: una che si muove nello spazio mentale di una razionalita’ scorporata, dove si possono tracciare linee che congiungono punti, proiezioni, forme astratte, vettori di forze; l’altra che si muove in uno spazio gremito d’oggetti e cerca di creare un equivalente verbale di quello spazio riempiendo le pagine di parole, con uno sforzo di adeguamento minuzioso dello scritto al non scritto, alla totalita’ del dicibile e del non dicibile.” I. Calvino, Esattezza, Lezioni americane, Garzanti, 1988 Milano Il rilievo Si definisce con il termine di rilievo il complesso delle operazioni che consentono di tradurre su supporto cartaceo o informatico, nella scala e con la precisione programmate, forma, dimensioni e dettagli dell’oggetto indagato. Questo termine ingloba, pertanto, due fasi fra loro molto diverse ma profondamente relate, quella della presa in situ delle misure (rilevamento) e quella dell’utilizzazione grafica delle informazioni rilevate finalizzata all’ottenimento di un disegno dell’oggetto o degli oggetti indagati (restituzione). Occorre subito precisare che la lettura e trascrizione grafica di un qualsiasi elemento della realta’ che ci circonda, come sappiamo complesso e continuo in tutti i suoi aspetti, non puo’ prescindere dall’esecuzione di alcune operazioni di selezione le quali consentano di individuare su di esso gli elementi salienti che formeranno oggetto della restituzione grafica. Mediante queste operazioni verranno eliminati tutti quegli elementi i quali, pur esistenti, vengono ritenuti non influenti alla comprensione del particolare fenomeno che ci si propone di evidenziare. Anche nel caso nel quale si pensa di aver rappresentato nel modo piu’ fedele una certa realta’ invero ci si e’ trovati nelle condizioni di aver compiuto, magari inconsciamente, delle operazioni di cernita fra l’infinita continuita’ del mondo reale e la discontinuita’ bidimensionale della rappresentazione. Tanto piu’ questa operazione di discernimento sara’ stata effettuata intenzionalmente e con conoscenza di causa, tanto maggiore sara’ la qualita’ del prodotto che otterremo. La conoscenza esatta del prodotto finale che si desidera ottenere consentira’ inoltre al rilevatore di evitare l’effettuazione di tutte quelle operazioni che in seguito potrebbero rivelarsi di scarsa utilita’, di non trascurare quelle necessarie, di selezionare con accuratezza gli elementi da rilevare ed, infine, di scegliere opportunamnte la strumentazione da impiegare. In breve e’ assolutamente indispensabile che il rilevamento venga progettato prima della sua esecuzione in ogni dettaglio: l’intervento critico di un buon rilevatore sara’ lo strumento irrinunciabile per l’esecuzione di un rilievo corretto, preciso, esauriente e, cionondimeno, realizzato con economia di mezzi e di tempo. Si pensi soltanto all’indubbio vantaggio che consegue alla effettuazione di una campagna di rilevamento ben progettata quando il sito indagato si trova gia’ a qualche chilometro dal luogo di residenza, o di lavoro, del rilevatore. Finalita’ ed oggetto del rilievo Nella pratica del rilievo, al tecnico puo’ capitare di trovarsi a dover indagare, attraverso i suoi strumenti disciplinari, la gamma piu’ varia di oggetti che spazia dalla dimensione territoriale a quella del piu’ piccolo manufatto, del pari di volta in volta, a seconda dei casi e della dimensione problematica dei fenomeni da indagare, potranno mutare le finalita’ che motivano l’effettuazione di queste operazioni. La preparazione e la competenza del rilevatore, mai disgiunte da una salutare dose di umilta’ nell’affrontare le diverse situazioni, consentiranno la corretta progettazione ed esecuzione delle operazioni richieste. Un accorto rilevatore non intraprendera’ mai un rilievo senza aver prima conosciuto a fondo l’oggetto da indagare nella sua storia, nei processi che ne hanno determinato la forma attuale ed originaria e gli aspetti problematici che hanno posto l’esigenza delle operazioni di rilievo. Alla luce di questo patrimonio di conoscenze sara’ possibile individuare obiettivi, scegliere tematismi, indirizzare in maniera piu’ efficiente l’indagine. Rilievo urbano/rilievo architettonico I tematismi che piu’ frequentemente vengono posti al rilevatore sono riferiti a manufatti caratterizzati dalla scala urbana od architettonica.
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Seppur operando gli opportuni distinguo, ritengo che anche a livello del rilevamento archeologico i temi piu’ importanti del rilievo siano riferibili a queste due scale. Non avendo, nell’ambito del rilievo archeologico, la pretesa di affrontare argomenti strettamente attinenti lo specifico disciplinare, preferisco sottoporre all’attenzione uno schema, elaborato per il corso di Rilievo dell’Architettura, che pone in comparazione il rilievo architettonico e quello urbano evidenziando affinita’ e differenze fra questi due diversi ambiti di studio, nella speranza che alcuni degli argomenti in esso sintetizzati possano contribuire a destare l'interesse nel lettore. RILIEVO URBANO RILIEVO ARCHITETTONICO (Analisi globale del centro non inteso come sommatoria (Operazione conoscitiva e critica per la comprensione di monumenti ed edifici minori ma come bene culturale dell’organismo edilizio e la sua restituzione grafica suscettibile di recupero e riuso.) discretizzata secondo corretti criteri di selezione e di sintesi degli elementi che lo caratterizzano) fase di studio iniziale inserimento nel contesto - appunti, eidotipi presi sul posto - rilievo fotografico Fase di approfondimento Restituzioni grafiche di utilizzazione professionale - cartografie di base - schede di censimento - documentazione dei valori morfologici d’insieme - analisi tematiche - dati per i piani di recupero - salvaguardia delle aree verdi - progettazione degli spazi pubblici Analisi cartografica (mappe attuali - Mappe storiche sovrapposizione e confronto -Schemi degli assi viari) - Studio di iconografia antica (vedute urbane - incisioni celebrative - ricostruzione dei prospetti) - Lettura tipologica (Rapporto tipologia urbana / spazio pubblico) Disegno congetturale delle trasformazioni Analisi diacroniche / sincroniche Lettura ambientale - continuita’/discontinuita’ delle fronti (Sky lines, coperture, fasce marcapiano, cornici) - caratteri morfologici e cromatici Spazi di filtro Elementi di arredo urbano (pavimentazione, illuminazione) Presenze arboree Analisi del degrado Mancata manutenzione Sostituzioni incongruenti Demolizioni Sventramenti
- conoscenza storica delle principali fasi di costruzione - schede di catalogazione - documentazione degli aspetti formali, strutturali, funzionali - indagini tematiche (-stato di fatto - progetto di restauro apparati decorativi) Analisi dello stato attuale - - Aspetti morfologici- dall’insieme al dettaglio – - - Aspetti geometrico/proporzionali - -Aspetti metrologici - - Aspetti tipologici - - Aspetti costruttivi Ricerca bibliografica – Cronologia di riferimento Indagine sui documenti di archivio (da sottoporre a verifica incrociata) Fonti descrittive Fonti documentarie Fonti iconografiche Fonti localizzative Rilievo congetturale Cronologia delle murature Analisi diacronica Ricostruzione delle sezioni storiche Sovrapposizione del materiale elaborato e confronto con lo stato attuale Ipotesi di restituzione di parti mancanti o perdute
Contenuti e scale delle principali tipologie del rilievo dell’architettura A conclusione di questa esposizione sintetica vi propongo una classificazione di alcuni fra i piu’ rilevanti aspetti indagati dal rilievo dell’architettura. RILIEVO METRICO (in genere nel rapp. 1:50) Contenuti - analisi della geometria dell’opera: piante, sezioni, prospetti.
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In questa fase e’ d’obligo la rappresentazione del progetto di rilevamento sulla base del quale sono state eseguite le operazione di presa delle misure (trilaterazioni, poligonali, capisaldi, georeferenziazione, quote etc.) RILIEVO ARCHITETTONICO (frequentemente nel rapp. 1:50) Contenuti - piante, sezioni, prospetti nei quali siano evidenziate le strutture d’interesse, quali: volte, coperture, apparecchiature murarie etc. Il rilevamento dei particolari costruttivi e decorativi ritenuti d’interesse andra’ rappresentato nei rapporti ritenuti piu’ opportuni, in genere compresi fra 1:20 ed 1:1. RILIEVO DELLE MURATURE (in rapp. variabile fra 1:10 ed 1.1) Contenuti –studio delle apparecchiature murarie: pezzatura degli elementi impiegati, moduli dimnsionali e costruttivi, materiali, stilature dei giunti, intonaci, rivestimenti. RILIEVO DEL QUADRO FESSURATIVO (in genere nei rapp. compresi fra 1:50 ed 1:10) Contenuti – lettura, per quanto possibile, integrale del quadro fessurativo: piante, prospetti, sezioni ed eventuali rappresentazioni assonometriche di fenditure, micro e macro fessurazioni, deformazioni delle aste murarie ed inflessioni dei paramenti RILIEVO DELL’UMIDITA’ PRESENTE NELL’EDIFICIO (in genere nei rapp. compresi fra 1:50 ed 1:10) Contenuti - fenomenologia dell’umidita’ nella costruzione con evidenziazione delle possibili cause ed effetti (umidita’ proveniente dalle coperture, da impianti, da risalita capillare, da fenomeni di penetrazione dall’esterno, da condensa etc.). RILIEVO DEL DEGRADO (in genere nei rapp. compresi fra 1:50 ed 1:5) Contenuti: lettura del degrado dei materiali componenti l’edificio, in particolare degli intonaci e di tutte le altre superfici architettoniche. Tipi di degrado Deposito superficiale Alveolazione Affioramenti salini Croste nere Rigonfiamento Disgregazione Fessuazioni Umidita’ Scagliature ALTRI TEMATISMI DEGNI DI NOTA Tipologia delle apparecchiature murarie Allineamenti ed ortogonalita’ delle murature Metrologia e numerologia Fasi costruttive dell’organismo edilizio
Proporzioni e modularita’ (schemi) Correzioni ottiche e prospettiche Cronologia delle murature
LA MISURA Prima di procedere alla esposizione delle tecniche di rilevamento, dato che’ nella loro illustrazione si fara’ continuamente riferimento ad operazioni di misura degli oggetti e che’ al concetto di misura sono connessi concetti altrettanto utili quali quelli di errore, di tolleranza e di precisione, e' opportuno dare il giusto significato a questi termini con delle brevi note su quella branca della conoscenza che viene definita con il termine di “Teoria della misura”. Unita’ di misura di angoli e distanze Distanze I valori della distanza fra punti (da misurarsi nello spazio sul geoide, sull’ellissoide e sul piano nel campo topografico) sono determinati per confronto della quantita’ da misurare con l’unita’ di misura assunta (sia essa il metro o una qualsiasi altra, a seconda dei casi piu’ utile ad individuare esattamente le caratteristiche dell’oggetto dello studio, seguendo eventualmente anche le acquisizioni conseguite mediante l’effettuazione di studi di metrologia).
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Angoli La misura dell’ampiezza degli angoli puo’ essere determinata in opportune frazioni dell’angolo giro (A.G.), piu’ precisamente: 1. in gradi centesimali (gon), una modalita’ di misura angolare nella quale ad 1g viene assegnato il valore della quattrocentesima parte dell’angolo giro, in modo da assegnare il valore di cento gon all’angolo retto: 1g = A.G./400 sottomultipli del grado centesimale sono: il primo centesimale (1c centigon) pari ad in centesimo di gon 1c = 1g/100 cc il secondo centesimale (1 ), pari ad un centesimo di primo centesimale 1cc = 1c/100 2. in gradi sessagesimali, una modalita’ di misura angolare nella quale ad 1° viene assegnato il valore della trecentosessantesima parte dell’angolo giro, in modo da assegnare il valore di novanta gradi sessagesimali all’angolo retto: 1° = A.G./360 sottomultipli del grado sessagesimale sono: il primo sessagesimale (1’) pari ad in sessantesimo di grado sessagesimale 1’ = 1°/60 ’’ il secondo sessagesimale (1 ), pari ad un sessantesimo di primo sessagesimale 1’’ = 1’/60 = 1°/3.600 3. in radianti, una modalita’ di misura angolare nella quale ad 1r viene assegnato il valore di 2 dell’angolo giro, in modo da assegnare il valore di /2 all’angolo retto: 1r = A.G./2 Tale modalita’ di misurazione angolare risulta molto utile quando ci sitrova, ad esempio, a misurare la lunghezza di archi di circonferenza. La misura di una circonferenza di raggio R e’ data, com’e’ noto da C = 2 R, se si suppone che il raggio abbia valore unitario, la misura della circonferenza sara’ C = 2 . Ne segue che, se si misura in radianti un angolo al centro la misura dell’arco di circonferenza (a) sottesa ad sara’ pari a: a = Rr Procedimenti di misurazione - concetti di base Misurare direttamente una grandezza fisica significa definirne opportunamente un’unita’ di misura e determinare quante volte quest’ultima e’ compresa in essa. Per misurare l’intervallo fra due punti agli spigoli di un edificio medievale toscano potrebbe essere opportuno assumere il braccio toscano quale unita’ di misura e, mediante operazioni di sovrapposizione ripetute a partire da un punto in direzione dell’altro, determinare a quante braccia toscane corrisponde l’intervallo da misurare. Non e’ infrequente, com’e’ noto, il caso che l’intervallo preso in considerazione corrisponda esattamente ad un numero intero di braccia. Si puo’ procedere anche alla misurazione indiretta di una grandezza fisica facendo uso di una o piu’ relazioni matematiche le quali pongano in relazione la grandezza da indagare con altre grandezze misurabili direttamente. La misura diretta di queste ultime grandezze, inserita nella/e relazione/i matematica/che di cui si e’ detto consentira’ di determinare, in modo indiretto, la misura della grandezza fisica indagata. Questa modalita’ di misurazione e’ impiegata principalmente ogni volta che non si possa, o si voglia, accedere direttamente alla grandezza in esame (ad es. la distanza fra una sponda e l’altra di un fiume o l’altezza dei bastioni del sistema difensivo presidiato). Definiamo, quindi, misura di una grandezza fisica il rapporto fra la grandezza in esame e l’unita’ di misura assunta, vale a dire il numero delle volte nelle quali e’ contenuta l’unita’ di misura nella grandezza da misurare. Errori nelle misure dirette Ogni volta che ci si trova a misurare direttamente qualsiasi grandezza fisica si pone all’operatore il problema dell’attendibilita’ dell’operazione compiuta e, conseguentemente dell’affidabilita’ della misura rilevata. E’ praticamente impossibile determinare esattamente il valore esatto di una misura, qualsiasi metodo si impieghi, infatti, non e’ esente da imprecisioni, dovute a molteplici fattori – connesse alla natura dello strumento utilizzato, alle capacita’ dell’operatore, alle condizioni ambientali ed a molte altre cause ancora - che determinano la presenza di errori nella misurazione. La presenza di questi errori determina la necessita’ di determinarne le cause per eliminarne, ove possibile, gli effetti ed, in tutti i casi in cui cio’ non sia possibile, limitarne al massimo l’incidenza. Nel caso del rilevamento ci si trova a trattare prevalentemente misurazione di angoli e distanze, tratteremo prevalentemente di queste grandezze, e’ bene sapere, pero’, che le metodiche che impiegheremo sono valide nel caso di misurazione diretta di qualsiasi tipo di grandezza. Supponiamo di poter conoscere la misura esatta di un segmento che corrisponda al valore N, una volta effettuata la sua misurazione ci troveremo, prevedibilmente, nella condizione di aver ottenuto, per quanto si e’ detto, un valore, seppur di poco, diverso, sia esso N1. Definiamo con il nome di ERRORE (e) la differenza fra il valore vero ed il valore misurato: e = N – N1
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Poiche’ l’obiettivo di conoscere il valore reale della misura non e’ in pratica mai raggiungibile ci troviamo costretti a non limitare la nostra attivita’ all’effettuazione di una sola operazione di misurazione ma, piuttosto, ad effettuarne un numero ridondante ricercando fra i valori ottenuti quello piu’ probabile, applicando alla mole dei dati rilevati alcuni criteri statistici, messi a punto da quella che e’ stata definita con la definizione evocativa di Teoria degli errori. CENNI DI TEORIA DEGLI ERRORI Tipologia degli errori Soffermandoci a prendere in esame le modalita’ con le quali gli errori si verificano potremo constatare che e’ possibile classificarli in tre diverse tipologie: Errori grossolani Errori sistematici Errori accidentali I primi sono dovuti, in genere, a distrazioni, a stanchezza o, comunque, ad un errore grossolano dell’operatore. La notevole differenza nella quantita’ misurata caratteristica di questi errori li rende, facilmente identificabili (inversioni nella trascrizione di un numero, omissione o ripetizione di un valore etc.) e, quindi, ponendo molta attenzione alla esecuzione di tutte le operazioni, eliminabili. Gli Errori sistematici sono quelli attribuibili alle modalita’ operative di misurazione adottate (l’impiego di uno strumento di misura inadeguato, una taratura mal effettuata, difficolta’ personali nell’apprezzamento degli intervalli strumentali etc.). Caratteristica di questi errori e’ la costanza del segno (dovuta al ripetersi con costanza delle medesime cause) ed il loro regolare verificarsi. L’impiego di strumenti affidabili e la loro sistematica taratura, sia prima chee durante il corso delle operazioni di rilevamento, consente l’eliminazione, o almeno la sostanziale riduzione della possibilita’ che questi errori abbiano a verificarsi. Con il termine di Errori accidentali definiamo, infine, gli errori attribuibili al caso e che non ricadono in nessuna delle due precedenti tipologie. La completa casualita’ con la quale essi si verificano determina l'impossibilita’ pratica di riconoscerne le cause che ne impedisce del tutto l’eliminazione. In termini probabilistici tali errori si presenteranno sia con segno negativo che positivo e, quindi, su di un gran numero di osservazioni il loro effetto tendera’ ad annullarsi. L’unica possibilita’ di limitare l’influenza di questa tipologia d’errori, avendo gia’ adottato ogni cura per evitare il verificarsi di altri tipi, resta quella di determinare il valore piu’ plausibile fra tutti quelli misurati mediante l’applicazione di metodi probabilistici. Prendiamo, ad esempio, in esame le misure riportate qui’ sotto che rappresentano l’annotazione, in un quaderno di campagna, di sette misurazioni effettuate sulla stessa distanza: misura n. 1 2 3 4 5 6 7
m. m. m. m. m. m. m.
Valore misurato 32,355 32,356 32,353 32,354 32,534 32,357 32,356
Un’analisi avveduta di questi valori evidenzia l’inaffidabilita’ di quello riferito alla quinta misura, con buona probabilita’ un errore grossolano dovuto all’inversione dei numeri 3 e 5 operata in fase di trascrizione. Per evitare l’influenza di questo valore su quello che assumeremo come piu’ probabile sara’ opportuno escluderlo dalle successive considerazioni. Una volta escluso questo valore ci troviamo purtuttavia ancora indecisi nell’individuazione del risultato delle nostre operazioni. Poiche’ questi numeri non ci consentono in alcun modo di conoscere il valore vero della misura cercata ci troviamo costretti a rinunciare a questa pretesa ed ad optare per l’adozione del valore statisticamente piu’ probabile (N0). Sostituendo il valore reale (N) con quello piu’ probabile (N0) in pratica decidiamo di accettare come ineliminabile un certo scostamento ( ) fra il valore misurato (N1)e quello piu’ probabile. Questo scostamento sara’ una quantita’ omogenea a quelle in gioco e generalmente piuttosto piccola che risulta dalla differenza: = N0 – N1
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FONDAMENTI DI TEORIA DEGLI ERRORI Torniamo all’esempio precedente supponendo che siano state fatte un maggior numero di misure e che sia stata riportata in una tabella, in associazione alle misure la frequenza (il numero delle volte) nelle quali esse sono state registrate: Valore misurato 32,351 32,352 32,353 32,354 32,355 32,356 32,357 32,358 32,359
Frequenza 1 2 3 4 5 4 3 2 1
Riportiamo in un grafico il fenomeno ponendo sull’asse delle ascisse i valori misurati e su quello delle ordinate la frequenza, otterremo il grafico che segue:
Osserviamo che il grafico ha approssimativamente la forma di una campana che presenta, al vertice superiore, il valore corrispondente alla massima frequenza registrata e decresce progressivamente verso i due estremi tendendo ad annullarsi in corrispondenza dei valori zero della frequenza. La curva che abbiamo disegnato porta il nome del matematico che l’ha studiata per primo, viene chiamata, infatti, CURVA DI GAUSS. Il valore situato all’apice della curva rappresenta quello che si e’ presentato piu’ volte al misuratore, e quindi quello statisticamente piu’ probabile, assumeremo percio’ questo come il valore piu’ attendibile della misura. La stessa geometria della curva mostra come questo valore corrisponda alla media aritmetica dei valori registrati (somma dei valori registrati diviso il numero delle misure effettuate). La teoria degli errori operando sulla serie dei valori registrati definisce poi grandezze quali: lo scarto si che corrisponde alla differenza fra l’i-esima misura (Ni) e la media aritmentica M si = Ni – M lo scarto quadratico medio (s.q.m.), che fornisce un’idea dell’errore che si commette in media in ogni misurazione ed e’ dato dalla formula seguente nella quale n e’ il numero delle misure effettuate: s = [Ssi 2 / (n-1)] si dimostra che questo valore e’ pari alla distanza dall’asse centrale di uno dei due punti di flesso (di inversione della curvatura) della curva, cio’ sta a dire che quanto piu’ la curva sara’ stretta attorno al suo asse tanto piu’ la misura sara’ precisa e, viceversa, quanto piu’ sara’ ampia tanto la misura sara’ meno affidabile; il grafico in basso mostra le due diverse condizioni. Il valore di questa grandezza viene frequentemente assunto come indicatore della precisione di uno strumento o di un metodo di misura. Benche’ questa sia una denominazione impropria, come vedremo fra poco, sovente, nell’uso corrente si fa spesso riferimento a questa grandezza. Nel caso precedente il calcolo dello scarto quadratico medio fornisce il valore di m. 0,000337, pari a poco piu’ di tre decimi di millimetro.
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Diamo, ora, la definizione di alcune grandezze che risultano utili nel trattamento delle misurazioni rilevate: Precisione della misura, risultante dalla relazione che segue e’ una quantita’ inversamente proporzionale allo scarto quadratico medio: p = 1/(2s) Errore medio della media sM, e’ l’errore che si compie assumendo come misura vera il valor medio delle misure effettuate, esso e’ tanto minore quanto maggiore e’ il numero (n) delle misurazioni eseguite, ed e’ definito dall’espressione: sM = s/n Questa relazione conferma le considerazione avanzate in precedenza, osserviamo, infatti, che per n tendente all’infinito (se, cioe’, eseguiamo un numero molto grande di misurazioni) sM tende a diventare nullo. Si dimostra cosi’ che, nel caso in cui siano presenti esclusivamente errori accidentali, il valor medio di numerose osservazioni corrisponde al valore reale della misura (essendo nulla l’entita’ dell’errore).
PRECISIONE E TOLLERANZA NELLA MISURA Si e’ visto che, adottando strumenti di elevata precisione e compiendo tutte le operazioni con la massima cura e’ possibile ridurre l’errore soltanto a quello accidentale e che, compiendo un gran numero di osservazioni e’ possibile ridurre quasi a zero l’errore del valor medio, assumibile, in questo caso, come valore vero della misura. Potrebbe sembrare opportuna, allora, l’adozione sistematica di tutte queste cautele. Come accade sovente alcune considerazioni di natura economica possono guidarci nlle scelte. L’acquisto e la gestione di uno strumento di estrema precisione costituisce una spesa, in genere, molto onerosa ed anche l’adozione delle necessarie cautele e l’effettuazione di un gran numero di osservazioni si traduce in un maggiore impiego di tempo e, conseguentemente, in ulteriori diseconomie. Occorrera’ sempre studiare in qual modo sia possibile contemperare l’esigenza, legittima, del contenimento delle operazioni da effettuare in campagna, quella di impiegare strumentazioni che abbiano un costo sostenibile con quella, altrettanto legittima, di raggiungere livelli di precisione adeguati all’uso che se ne dovra’ fare. Osserviamo, innanzitutto, che l’errore medio della media e’ inversamente proporzionale alla radice quadrata del numero delle osservazioni, da cio’ possiamo dedurre che non e’ opportuno aumentare il numero delle osservazioni oltre un certo limite. Ad esempio: se eseguiamo quattro misure otterremo un valore dell’errore medio della media sM pari all’inverso della radice di quattro, vale a dire la meta’ dello scarto quadratico medio s della serie di osservazioni. Se continueremo ad aumentare il numero delle osservazioni, sino - ad esempio - a nove, otterremo un errore medio della media pari ad un terzo. Compiendo quindi cinque osservazioni in piu’ avremo ottenuto una diminuzione del valore dell’errore della media delle osservazioni pari a soltanto il 20% (0,5-0,3), mentre con solo quattro osservazioni ne avevamo gia’ ottenuta una riduzione del 50%. In sostanza sara’ sempre opportuno fissare la precisione che desideriamo ottenere dalle operazioni (che sara’ sempre adeguata alla scala della rappresentazione ed all’uso che dovremo fare dei valori rilevati) definendo i limiti, inferiore e superiore all’interno dei quali considereremo ammissibile la variazione dello scarto quadratico medio. Eviteremo di eseguire campagne che diano una precisione inferiore al valore minimo perche’ le precisioni ottenute saranno inutili a soddisfar le finalita’ dell’utilizzatore e, del pari, non riterremo ammissibili scarti troppo elevati.
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Scelto il limite inferiore in funzione delle finalita’ dell’utilizzatore, quello superiore (detto anche tolleranza) viene assunto pari a tre volte il valore dello scarto quadratico medio. La teoria degli errori, nel caso in cui la distribuzione degli errori segua la curva Gauss, dimostra che il 97% degli errori risulta compreso entro il triplo dello scarto quadratico medio. Errori di entita’ maggiore, non ammissibili, dovranno essere considerati non accidentali ma grossolani. La tolleranza viene fissata dal committente o dagli enti cui e’ affidato questo compito in funzione delle applicazioni cui i risultati sono destinati, delle modalita’ di esecuzione della misura e delle particolari condizioni del contesto, di essa si terra’ ben conto nella progettazione delle operazioni di rilevamento. Nel caso di impiego delle raffinate strumentazioni elettroniche messe oggi a disposizione del rilevatore in genere la stessa macchina possiede degli algoritmi che regolano il numero delle letture da fare per ogni osservazione e, nel caso di misure indirette (ad es. distanze), sono in grado di riferire al valore della tolleranza assegnata l’intero procedimento di calcolo.
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GLI STRUMENTI DI MISURA Strumenti per il rilevamento planimetrico Per effettuare la misura diretta di distanze possono essere impiegati longimetri di varia lunghezza, rigidi o flessibili (metri a stecca, metri avvolgibili in metallo - da tre o cinque metri – [strumenti tutti graduati in millimetri], canne metriche, nastri da dieci, venti o cinquanta metri realizzati in materiali diversi quali nastri in acciaio o fettucce realizzate in plastica resa indeformabile mediante inserimento di fibre di vetro [strumenti tutti graduati in centimetri]), nonstante l’impiego di tecniche di misura accurate le misurazioni effettuate possono subire, a seconda dei materiali impiegati, l’influenza della temperatura o della tensione che necessariamente viene impressa al nastro una volta disteso, ne consegue che lo scarto quadratico medio che ci si puo’ attendere con l’impiego di questi strumenti e’ dell’ordine di 5 x 10–4, vale a dire che e’ eguale, o superiore (a seconda della natura dello strumento impiegato) a 5 cm. Su 100 m. Misurazioni di precisione maggiore possono essere ottenute mediante l’impiego di nastri metallici imprimendo ad essi una tensione costante e di valore noto (dinamometro) nonche’ controllando periodicamente la temperatura dell’ambiente e determinando analiticamente le eventuali correzioni da apportare. Per la realizzazione di allineamenti vendono comunemente impiegate delle paline inb legno o metalli e, per la materializzazione di angoli sul terreno, possono essere impiegati squadri agrimensori metallici a camera (i migliori di questi sono dotati di una bussola, per realizzare l’orientamento del rilevamento rispetto al Nord magnetico, e di goniometri per l’effettuazione di misure di angoli diversi da quelli retti, in genere completi di noni decimali o ventesimali, per migliorare la precisione della lettura) o a prismi (quest’ultimi, di facilissimo impiego, sono, pero’, strutturati soltanto per la materializzazione di allineamenti fra loro ortogonali). Occorre ricordare che prima dell’impiego, il piano di cotruzione di questi strumenti deve essere reso perfettamente orizzontale, in genere mediante l’impiego di una livella parte integrante dello strumento. E’ appena il caso di ricordare che, per la costruzione di angoli retti sul terreno puo’ essere impiegata agevolmente anche una normale fettuccia metrica graduata piegata secondo il ben noto triangolo magico egizio (rettangolo) avente lati di 3 m., 4 m. e 5 m. ed angolo retto fra i lati di 3 e 4 metri. Le distanze e gli angoli orizzontali (detti anche azimutali) possono essere misurati anche con strumenti per il rilevamento indiretto (a cannocchiale, ad onde elettromagnetiche o a raggi laser). Si tratta, in genere di strumenti che consentono la collimazione ottica di punti e la lettura (su cerchi o su appositi display) degli angoli fra gli allineamenti traguardati e delle distanze (queste ultime derivanti da appositi calcoli trigonometrici effettuati direttamente o con l’ausilio di apposite procedure informatiche. Strumenti per il rilevamento altimetrico e planoaltimetrico Il rilevamento altimetrico per ambiti spaziali di dimensioni modeste, puo’ essere effettuato con l’impiego di livelli ad acqua (semplici tubi da giardino flessibili riempiti d’acqua per tutta la loro lunghezza [evitare accuratamente la formazione di bolle d’aria!] o di canne metriche rese orizzontali mediante l’applicazione di livelle, in questo caso l’operazione di rilevamento eseguita viene definita con il nome di coltellazione. Nel caso di ambiti spaziali di dimensioni estese vengono in genere impiegati strumenti a cannocchiale o a raggi laser, concepiti per rendere spedite queste operazioni, si tratta sempre di strumenti che devono essere adeguatamente resi orizzontali [alcuni sono costruiti in modo da richiedere operazioni di orizzontamento non molto accurate - chiamati per questo motivo con il nome di autolivelli] e che oltre ad essere soggetti ad errori di orizzontamento fatti dall’operatore possono essere affetti da errori di costruzione o di taratura. A tale proposito e’ bene segnalare agli operatori che avendo l’accortezza di eseguire l’operazione di livellazione dal mezzo [vale a dire ponendosi approssimatamente in mezzo all’intervallo fra i due punti dei quali si deve misurare il dislivello] consente di rendere nulli eventuali errori di costruzione o taratura, dovendosi, per determinare il dislivello, operare la differenza fra due misure (lette in avanti ed indietro) entrambe affette da un errore di uno stesso segno. Strumenti ottici di tal fatta possono fornire gli scarti quadratici medi per chilometro sotto indicati: compresi fra i 5-10 mm./Km compresi fra i 5 ed i 2 mm./Km compresi fra i 2 e gli 0,5 mm./Km Inferiori a 0,5 mm./Km
livelli di bassa precisione o di cantiere livelli di media precisione livelli di alta precisione livelli di altissima precisione
Livellazioni di bassa precisione, in ambiti spaziali ancora piu’ ampi, possono venire eseguite anche mediante l’impiego di barometri i quali sfruttano la variazione di pressione in funzione della quota, ovviamente dal momento che il tempo atmosferico influisce in maniera anche notevole nella variazione della pressione barometrica occorrera’ effettuare misurazioni in un periodo piuttosto breve ed in condizioni meteorologiche stabili. Misurazioni di angoli, distanze e dislivelli possono essere eseguite anche mediante l’impiego di strumenti a cannocchiale basculabile attorno ad una torretta, detta Alidada, dotati di cerchi orizzontali e verticali sui quali effettuare misurazioni. Tali strumenti sono in genere definiti con il nome di teodoliti e possono fornire gli scarti quadratici medi nella lettura degli angoli (distanze ed altezze vengono derivate, ovviamente, dalle letture angolari) sotto indicati:
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> 80cc <80cc e >10cc <10cc e >1cc < 1cc
Teodoliti di bassa precisione (o tacheometri) Teodoliti di media precisione Teodoliti di alta precisione Teodoliti di altissima precisione
Sono oggi in uso strumenti molto raffinati che consentono di eseguire con estrema semplicita’ operazioni di rilevamento altimetrico e planimetrico nonche’ di registrare il risultato delle operazioni su supporto magnetico e di trasferire successivamente i risultati su personal computer per elaborarli attraverso procedure di disegno assistito. Queste attrezzature definite, per la loro capacita’ di rilevare distanze ed altezze, con il nome di STAZIONI TOTALI sono soggette a continue innovazioni e, pertanto, vengono generalmente impiegate da personale esperto, esse consentono di rilevare le tre coordinate spaziali di ogni punto osservato, ma anche distanze ed angoli orizzontali e verticali. Nel corso del seminario e’ stata condotta un’esperienza d’impiego di una stazione totale a raggi laser Topcon serie 1000. Strumenti di questo tipo, se accuratamente tarati ed impiegati con i dovuti accorgimenti (vale a dire ben orizzontati, con un uso preciso dei sistemi di puntamento, etc.) sono costruiti per effettuare automaticamente un certo numero di misurazioni e ridurre, cosi’, l’incertezza del valore fornito, ad essi sono in genere associabili valori dello scarto quadratico medio nella misura degli angoli compresi fra i 10cc ed 1cc.
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IL RILEVAMENTO - TECNICHE E MODALITA’ Una volta definito quello che potremo chiamare il “Programma del rilievo”, vale a dire l’oggetto del rilevamento ed un accurato e motivato elenco degli obiettivi che si intendono perseguire, prima ancora di passare all’esecuzione delle operazioni di campagna il responsabile delle operazioni dovra’ procedere alla progettazione del rilevamento in tutte le sue fasi. Verranno acquisite, dapprima, tutte le informazioni ottenibili in via indiretta, si consulteranno archivi, cartografie I.G.M., regionali, comunali (se presenti) e catastali, se disponibile si consultera’ anche il materiale iconografico pubblicato o esistente presso le Soprintendenze o altri uffici. In questo modo si potranno acquisire un gran numero di informazioni che consentiranno di evitare di ripetere, se non strettamente necessario, operazioni gia’ eseguite e, soprattutto, si potra’ delineare in maniera approssimata la forma e le dimensioni dell’area da indagare. Sulla scorta di queste informazioni, nonche’ del programma del rilievo, si potra’ gia’ definire un primo piano delle operazioni. Per poter definire con cura tempi, modi ed energie da dedicare alle operazioni in situ e’, pero’, opportuno procedere ad una verifica delle situazioni contestuali. Un primo accesso ai luoghi consentira’ di scattare un congruo numero di fotografie e di acquisire alcune informazioni altrimenti non reperibili, fra queste: - condizioni di accessibilita’ dei luoghi (per definire modalita’ e tempi d’accesso); - disponibilita’ in situ, o nelle sue immediate vicinanze, di allacci alle reti (rete elettrica, telefonica, internet, condutture di adduzione ed abduzione di acqua potabile, disponibilita’ di strutture per l’ospitalita’ e/o il ricovero delle attrezzature da impiegare, etc.); - posizione ed orientamento dei luoghi; - presenza di ostacoli, naturali o artificiali, alla percorribilita’ dell’intera area da rilevare; - presenza delle indispensabili condizioni di sicurezza per gli operatori, etc. . L’eidotipo Un valido aiuto all’operatore sara’ costituito da una serie di disegni eseguiti sul posto, Nel corso della sua visita il rilevatore avra’ cura di rendersi conto, come si e’ detto, di tutte le condizioni locali e contestuali, non manchera’, fra l’altro, di percorrere l’intero ambito spaziale da rilevare valutandone a passi le dimensioni iniziando una attivita’ tutta personale di annotazione di tutte le operazioni compiute, che dovra’ essere prolungata nel corso di tutte le operazioni di campagna, iniziera’, cosi’, a prendere degli appunti grafici di ogni elemento rilevante che si imporra’ alla sua attenzione, come anche di tutte le operazioni che compira’ in un taccuino di appunti grafici che, nel gergo dei rilevatori, vengono definiti con il nome di EIDOTIPI. L’impiego sistematico di queste modalita’ di annotazione, raccolte in maniera ordinata con la notazione della data, ed eventualmente anche dell’ora, nella quale sono state prese si rivelera’ uno strumento indispensabile nella fase di restituzione di quanto rilevato. Si aggiunga a cio’ il fatto che, per dare alle operazioni eseguite il crisma della scientificita’, occorrera’ far si’ che tutta l’attivita’ svolta sia scrupolosamente documentata per modo che sia sempre possibile tornare a verificare i dati del rilevamento tornano a porsi nelle condizioni nelle quali sono state svolte le operazioni. Il fatto che le operazioni siano ripetibili, inoltre, rende possibile, nel tempo, la verifica di eventuali evoluzioni delle condizioni di conservazione dell’oggetto rilevato (abbassamenti del suolo, cedimenti di strutture, etc.). Un buon rilievo sara’, pertanto, sempre corredato da copie del o dei taccuini degli eidotipi, ai quali, piuttosto che agli elaborati definitivi, occorrera’ far riferimento in fase di valutazione della qualita’ e dell’affidabilita’ dell’intero prodotto. Una volta ottenute tutte le conoscenze necessarie tanto sulle finalita’ quanto sulle condizioni contestuali e’ possibile fare un progetto delle operazioni da compiere definendo con la massima precisione possibile modalita’, tempi, strumentazioni e personale impiegato. Soltanto dopo aver compiuto questa indispensabile e non rinunciabile fase sara’ possibile avviare le operazioni sul terreno. IL PROGETTO DEL RILEVAMENTO Poiche’ le operazioni di rilevamento consistono nella individuazione di una serie discreta di punti nella consistenza continua della materia da rilevare e, successivamente, nella misurazione dei rapporti geometrici che legano questi punti, nell’elaborazione del progetto si dovra’ aver cura, in primo luogo, di selezionare e definire accuratamente ogni punto selezionato (redigendone un’accurata monografia – vale a dire una sua descrizione geometrica ma anche fisica che ne renda possibile il rinvenimento anche a distanza di molto tempo). Si individuera’, poi, l’ordine delle operazioni da compiere, ponendo attenzione nell’anteporre ad ogni altra fase le operazioni di rilevamento delle dimensioni complessive dei luoghi. Il procedere con le misurazioni lungo una delle dimensioni dei luoghi ripetendo molte volte delle operazioni di rilevamento di dettaglio (inevitabilmente affette, come sappiamo, da errori) condurrebbe, infatti, inevitabilmente a sommare gli errori commessi rendeno del tutto inattendibili i risultati delle nostre operazioni. In piu’ l’esecuzione di operazioni di misura molto accurate delle dimensioni generali dei luoghi fornira’ al rilevatore strumenti semplici ed efficaci per il controllo delle successive operazioni di rilevamento di dettaglio, evidenziando gli errori grossolani e favorendo l’individuazione di quelli accidentali.
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Il rilevamento delle dimensioni generali del sito da indagare vengono in genere effettuate circoscrivendone il perimetro con un poligono del quale vengono misurati i lati e gli angoli al vertice. Questa operazione, definita con il nome di Poligonazione, viene generalmente conclusa chiudendo il poligono tracciato. Questo accorgimento e’ un ottimo indicatore della precisione delle operazionie seguite, in fase di restituzione, infatti, la semplice verifica di chiusura del poligono dara’ conto dello scostamento registrato. Se il valore di questo scostamento sara’ ritenuto compatibile con la precisione che si e’ proposti di raggiungere si potra’ procedere ad una chiusura forzosa mediante le operazioni cosiddette di compensazione della poligonale. La prima, e la piu’ semplice, di queste, detta della compensazione lineare, prevede lo spostamento di ogni vertice della poligonale, nella direzione e nel verso dell’errore di chiusura, di una quantita’ pari all’errore verificato diviso per il numero dei lati misurati del poligono.
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Operando in questo modo, pero’, non si terra’ conto della diversa estensione di tali lati, qualora le differenze fra essi dovessero risultare notevoli, si procedera’, in maniera piu’ accurata, ad effettuare una cosiddetta compensazione lineare rigida, spostando ogni vertice, sempre nella direzione e nel verso dell’errore registrato ma di una quantita’ proporzionale alla media pesata dell’errore moltiplicata per la dimensione del lato in esame.
Errore di chiusura GA 19,50 Misure dei lati correzioni unitarie correzioni AB 51 2,37 BC 61 2,84 CD 91 4,24 DE 67 3,12 EF 81 3,77 FG 68 3,16 lung tot. 419 19,50
2,37 5,21 9,45 12,57 16,34 19,50
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TECNICHE DI RILEVAMENTO DIRETTO Con questo nome di rilevamento diretto definiamo quelle modalita’ operative che comportano la misurazione diretta delle quantita’ da rilevare. Si fa uso, in genere, di queste modalita’ in tutti i casi in cui le dimensioni generali dell’oggetto da rilevare lo consentono ed, allo stesso tempo, sia garantita l’accessibilita’ in ogni punto. Rilevamento per allineamenti Nelle pagine precedenti si e’ accennato alla strumentazione esistente per l’esecuzione di rilevamenti diretti, in questi casi l’impiego di fili a piombo, paline, squadri agrimensori, fettucce mtriche tripli metri per coltellazioni, consente l’ottenimento di ottimi rilsultati. Frequente, soprattutto in campo archeologico, e’ anche la stesura sul terreno di una rete di allineamnti materializzata con dei fili che, mediante un semplice sistema di riferimento ascisse/ordinate, permette di tracciare rapidamente eidotipi sufficientemnte precisi e dettagliati. Anche in questi casi si dovra’ procedere dapprima alla definizione della rete generale degli allineamenti, definendo (mediante verifiche condotte per diagonali, vedi figura seguente) in maniera il piu’ possibile accurata la posizione reciproca di questi e, soltanto dopo aver compiuto queste operazioni, sara’ possibile la creazione di allineamenti di dimensione inferiore.
Un metodo impiegato diffusamente nel rilevamento per allineamenti e’ quello detto della intersezione in avanti, si tratta del classico metodo della definizione della posizione di un punto mediante una triangolazione. Il triangolo, com’e’ noto, e’ una figura indeformabile ed il suo impiego consente l’ottenimento di rilevamenti di notevole precisione, e’ opportuno ricordare, pero’, all’utilizzatore che, essendo l’errore insito in ogni operazione di misura, per ottenere risultati veramente soddisfacenti e’ bene non impiegare triangoli aventi angoli troppo stretti e lati di dimensioni fra loro molto dissimili. In tal caso, infatti, le incertezze nelle misurazioni dei lati verranno a combinarsi in modo da fornire risultati affetti da incertezze molto maggiori, com’e’ illustrato nelle figure che seguono (Cfr.file tolleranza nelle triangolazioni.dwg). In genere si consiglia di evitare misure che abbiano angolo di convergenza inferiore ai 45° e rapporto fra base misurata e distanza del vertice opposto (altezza del triangolo) del triangolo pari a 7/10.
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Con riferimento al file .dwg di cui sopra, nelle immagini che seguono si puo’ osservare quanto accade per incertezze dimensionali omogenee nell’intorno dei vertici A ed E.
Area d’incertezza nell’intorno del vertice E
area d’incertezza nell’intorno del vertice A
Rilevamento per coordinate cartesiane Questo metodo, semplice ed efficace nelle operazioni di dettaglio, consiste nel riferire ad un allineamento, individuato come principale, le misure di altri punti la cui posizione verra’ definita dalla semplice distanza misurata dall’origine lungo l’asse dell’allineamento e quella, ad esso ortogonale, lungo un allineamento individuato con l’ausilio di uno squadro. Rilevamento per irraggiamento Questo metodo, impiegato piu’ frequentemente per il tracciamento di figure sul terreno (picchettamento), e’ basato sull’impiego di uno strumento misuratore di angoli e consiste nella identificazione di un punto nel quale fare stazione con tale strumento, nella definizione di un allineamento origine e nella individuazione di tutti gli altri punti da rilevare mediante misurazione di angoli (misurati a partire dall’allineamento assunto come riferimento) e distanze (misurate dal punto di stazione). Utilizzato con profitto soprattutto nel rilevamento di dettaglio, questo e’ il metodo con il quale frequentemente vengono rilevati interni ricchi di nicchie, paraste etc.. Rilevamento indiretto Con questo nome di rilevamento diretto definiamo quelle modalita’ operative che comportano la determinazione di alcune (o di tutte le) grandezze in esame mediante l’impiego di relazione matematiche fra grandezze misurate (ad esempio angoli ed intervalli di lettura su di una stadia, oppure differenze di fase, o altri parametri analoghi, fra treni d’onda inviati a satelliti nello spazio e da questo riflessi a terra). Per l’esecuzione d questo tipo di operazioni vengono utilizzati numerosi e diversi tipi di strumentazioni, dal GPS, agli strumenti ad onde radio, a quelli a laser sino a giungere a quelli a cannocchiale, ormai quasi del tutto consegnati alla storia del rilevamento. Nel corso delle esercitazioni condotte si e’ fatto uso di una stazione totale la quale accoppia uno strumento a cannocchiale ad un sistema laser per la lettura di angoli e distanze ed, infine, ad un sistema di registrazione e gestione dei dati informatizzato. Mediante l’utilizzazione di tutte le apparecchiature cui si e’ accennato in precedenza e’ ancora possibile procedere alla effettuazione del rilevamento secondo le modalita’ gia’ esposte (rilevamento per allineamenti, per coordinate cartesiane, per coordinate polari etc.), la maggiore precisione ottenibile con queste apparecchiature consente di effettuare, a seconda dei casi: la referenziazione del rilevamento al sistema cartografico militare o a quello catastale; la realizzazione di allineamenti aventi dimensioni notevoli (sino a qualche Km.); l’intersezione in avanti, o l’irraggiamento, su distanze notevolmente piu’ grandi che con le metodiche esaminate in precedenza. Utilizzazione della fotografia L’impiego della fotografia per le operazioni di rilevamento e’ ormai molto diffuso, nessuno piu’ potrebbe pensare di costruire una carta topografica di grande scala effettuando esclusivamente rilievi sul terreno, ed e’ basata in genere su due diversi fenomeni: quella della visione stereoscopica, che consente la ricostruzione di un modello spaziale dell’oggetto indagato mediante l’impiego di due fotogrammi con ampia fascia di ricopertura, e quello che, invece, e’ basato sulla ricostruzione del procedimento inverso a quello della presa fotografica. Essendo quest’ultima sostanzialmente una proiezione da centro al finito, in sostanza una prospettiva, e’ possibile allora, vincolando il sistema di presa a condizioni bel precise, e disponendo di alcuni dati rilevati direttamente in loco, e’ possibile, impiegando procedimenti proiettivi inversi a quelli della prospettiva ricostruire la forma non scorciata dell’immagine fotografica effettuandone, per cosi’ dire, un raddrizzamento. La Geometria descrittiva fornisce strumenti concettuali e grafici che permettono di procedere in queste operazioni con l’impiego degli strumenti convenzionali del disegnatore (riga, squadra, compasso), la diffusione sempre piu’ consistente
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degli strumenti informatici ha reso possibile la realizzazione di procedure esatte, fondate sulle regole conosciute, che sono in grado di deformare direttamente l’immagine fotografica realizzando un’immagine raddrizzata non piu’ soltanto grafica ma anche fotografica. Fondamentale per l’affidabilita’ del procedimento sara’ la disponibilita’ di un’immagine che non sia affetta da problemi di planeita’ della pellicola (sia in fase di presa che di stampa), della quale siano esattamente note le caratteristiche di orientamento interno (le posizioni reciproche del centro ottico e del piano focale), nonche’ la disponibilita’ di una serie di misurazioni effettuate direttamente sull’oggetto le quali forniscano gli elementi per determinare le dimensioni in scala dell’oggetto. Sotto queste condizioni e’ possibile effettuare con relativa semplicita’ la costruzione di un fotopiano (il raddrizzamento di un’immagine fotografica) sul quale poi disegnare direttamente, per sovrapposizione, il rilievo. Nel caso di campagne di rilevamento nelle quali sia necessario l’impiego di piu’ fotogrammi occorrera’, com’e’ naturale, progettare la posizione dei punti di presa in funzione delle strumentazioni impiegate e delle condizioni del contesto (impossibilita’ di arretrare rispetto agli oggetti, eccessiva altezza di questi, etc.). La restituzione Una volta ottenute tutte le informazioni delle quali si ritiene di aver bisogno, si procedera’ alla restituzione grafica o computerizzata del rilevamento. Sara’ indispensabile, per il successo delle lavorazioni da compiere in questa fase, un buon progetto del rilievo unito all’aver effettuato con il maggior scrupolo tutte le operazioni di campagna previste. Nel caso si decida di effettuare una restituzione grafica occorra’ disporre di adeguati strumenti per il disegno: matite, supporti e quant’altro. Di seguito sono riportati alcuni suggerimenti che potranno risultare utili anche nella stesura degli eidotipi.
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Materiali della rappresentazione Il supporto del disegno I disegni vengono tracciati su carta, sia essa bianca o colorata, opaca o semitrasparente. Le materie prime per la sua produzione sono delle fibre di natura vegetale le quali, nel corso del procedimento di produzione, vengono sottoposte ad una serie di lavorazioni (sminuzzamento, impasto, raffinazione, collatura, colorazione, aggiunta di polveri minerali, etc.) in grado di rendere il prodotto finale adeguato all’uso cui e’ destinato regolandone il peso, l’umidita’, il grado di assorbimento (che, ad esempio, e’ bene sia maggiore per carte destinate ad essere stampate con un getto d’inchiostro o ad essere impiegate per l’acquerello), la resistenza al calore ed altre caratteristiche ancora. La stesura dell’impasto ottenuto e la produzione del foglio viene effettuata nell’industria, attraverso procedimenti di rullatura, a questi segue l’essiccazione, il taglio ed il confezionamento. Il prodotto, a seconda del peso per unita’ di superficie (Kg./mq.), viene denominato commercialmente come segue:
denominazione carta cartoncino cartone
peso/mq. min. 10 Kg./mq. 150 Kg./mq. 300 Kg./mq.
peso/mq. max. 150 Kg./mq. 300 Kg./mq.
I formati Per ridurre gli sprechi ed ottimizzare i sistemi di produzione ed archiviazione dei documenti, ma anche di confezionamento ed imballo dei prodotti si e’ addivenuti ad una unificazione dei formati secondo tre serie, una (denominata con la lettera maiuscola A) principale ed altre due complementari (denominate con le lettere maiuscole B e C). La prima regola tutta la serie di formati finiti per i piu’ comuni prodotti grafici (carta per lettere, per fotocopie, per moduli a stampa etc.) le rimanenti sono prevalentemente riferite, invece, ai prodotti cartotecnici destinati a contenere i formati principali (buste, cartelle etc.). La geometria dei formati (che, vedremo, si rivelera’ non del tutto ininfluente sulla comunicazione) e’ stata studiata in modo da lasciare inalterato il rapporto fra lato lungo e lato corto (consentendo, quindi, di definire esattamente e senza scarti dei rapporti di riduzione / riproduzione fra formati) nell’operazione di piegatura del foglio in due, quattro, o piu’ parti. In aggiunta, la lunghezza della diagonale del quadrato costruito sul lato corto e’ pari alla misura del lato lungo, un criterio di proporzionamento in grado di conferire al formato una dimensione equilibrata, vicina sia al quadrato che al rettangolo. La dimensione piu’ grande della serie A e’ assunta in modo che la sua superficie risulti pari ad un metro quadrato ( f.to A0 = mm. 841 x 1189), da questa discendono, sulla base delle considerazioni fatte, le misure dei formati piu’ piccoli, secondo lo schema grafico e la tabella che seguono (per completezza si riportano anche le misure dei formati unificati B e C):
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Serie A sigla 4A0 2A0 A0 A1 A2 A3 A4 A5 A6 A7 A8 A9 A10
Dimensioni mm. 1682 x 2378 1189 x 1682 841 x 1189 594 x 841 420 x 594 297 x 420 210 x 297 148 x 210 105 x 148 74 x 105 52 x 74 37 x 52 26 x 37
I FORMATI UNI Serie A,B,C Serie B - sigla Dimensioni mm.
B0 B1 B2 B3 B4 B5 B6 B7 B8 B9 B10
1000 x 1414 707 x 1000 500 x 707 353 x 500 250 x 353 176 x 250 125 x 176 88 x 125 62 x 88 44 x 62 31 x 44
Serie C - sigla
Dimensioni mm.
C0 C1 C2 C3 C4 C5 C6 C7 C8
917 x 1297 648 x 917 458 x 648 324 x 458 229 x 324 162 x 229 114 x 162 81 x 114 57 x 81
GLI STRUMENTI PER LA REALIZZAZIONE DEL SEGNO Il segno a matita Gli strumenti per il tracciamento del segno grafico sono tanti quanti puo’ suggerirne la fantasia ed il senso creativo dell’operatore; ad ognuno di essi potranno essere affidati i messaggi e le sfumature di significato che, in ogni particolare contesto, essi saranno in grado di veicolare al meglio. Esclusivamente per motivi pratici intendiamo occuparci qui’ degli strumenti comunemente impiegati nel disegno tecnico per l’ingegneria e l’architettura, oggetto specifico di questo corso. Il segno viene di norma tracciato a mano sulla carta per mezzo di matite e penne ad inchiostro. Occasionalmente possono essere impiegati, nel disegno a mano, altri strumenti quali ad esempio dei pennarelli a feltro o penne di altro genere; nel disegno assistito da elaboratore possono venire impiegati sistemi ancora diversi. Con il termine generico di matita definiamo una serie piuttosto ampia di strumenti che consentono di lasciare sul foglio un segno nero di grafite, una miscela di carbonio ed argilla (e talora anche di altri materiali) in grado, a seconda della sua composizione, di assicurare la realizzazione di un’ampia gamma di effetti. Questo impasto, realizzato in cilindri sottili e piuttosto lunghi (denominati mine) puo’ essere incollato all’interno di cilindri in legno (le matite vere e proprie), ovvero introdotto in appositi portamina in plastica o metallo (ma anche in altri dispositivi per il tracciamento quali, ad es. i compassi) i quali, a seconda dei casi, possono consentire l’avanzamento continuo o a scatto della mina. Particolari portamina a scatto sono stati studiati per mine calibrate in sottile spessore (mm. 0,9, 0,7, 0,5, 0,3). Il portamina sara’ scelto fra quelli piu’ adatti alla dimensione della mano e dell’impugnatura dell’operatore e fra i piu’ leggeri, e quindi in grado di stancare meno la mano. Caratteristica di ogni mina e’ la sua durezza, ovvero la sua capacita’ di tracciare un segno piu’ o meno scuro e denso sul foglio. Le durezze sono definite secondo la classificazione e gli impieghi indicati nella tabella che segue:
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tenerissime 6B 5B 4B
tenere 3B 2B
disegno a mano libera
disegno a mano libera
GRADUAZIONE semi tenere medie B F HB H
dure 2H 3H 4H 5H
durissime 6H 7H 8H 9H
USO disegno disegno tecnico tecnico tracciamento tracciamento di spigoli in di linee di vista costruzione
Per ottenere segni di spessore costante e nitidi, l’operatore avra’ cura di tenere sempre affilata la punta della mina, impiegando uno degli appositi strumenti (dalla carta vetrata sottile ai piu’ moderni affilamina), le due modalita’ di regolazione dello spessore piu’ in uso sono quelle che danno forma conica o a scalpello alla punta della mina: la prima viene impiegata nella generalita’ dei casi, la seconda per tracciare linee di lunghezza considerevole o circonferenze per mezzo del compasso. Nel primo caso, per conservare a lungo lo spessore del segno, e’ bene che l’operatore, nell’operazione di tracciamento, unisca all’operazione di traslazione della mina anche una rotazione attorno al suo asse. Il segno ad inchiostro Esiste in commercio una grande varieta’ di strumenti per il tracciamento di linee ad inchiostro di spessore preciso e costante su carta. Questi strumenti assicurano: pulizia nello svolgimento delle operazioni, semplicita’ di manutenzione dello strumento, talora intercambiabilita’ della punta di tracciamento. Una volta stabiliti gli spessori che desidera impiegare, quantita’ e qualita’ dei segni da tracciare lo studente potra’ orientare la sua scelta impiegando criteri di economia ed affidabilita’.
L’esecuzione del disegno Per garantire la perfezione del risultato finale l’esecuzione del disegno deve avvenire in tempi successivi e ben distinti. Si dovra’, innanzitutto, progettare, su di un supporto separato ed effettuando tutti i calcoli e le verifiche di ingombro necessari, l’organizzazione generale del disegno che si desidera ottenere, soltanto dopo aver fatto queste operazioni si potra’ procedere al tracciamento del disegno a matita, quello ad inchiostro, se richiesto, dovra’ essere effettuato per ultimo. Si iniziera’ dapprima a tracciare le linee destinate a governare l’organizzazione generale della tavola ed a definire la costruzione delle varie figure che la comporranno. Queste linee, tracciate con una matita dura e ben appuntita e con mano leggera, dovranno essere molto sottili, appena visibili ed ininterrotte, eventuali errori di tracciamento potranno cosi’ essere eliminati senza sporcare il foglio. E’ bene che queste linee non vengano mai cancellate dallo studente per consentire la verifica puntuale del metodo impiegato nella realizzazione della tavola. Ci si dedichera’, infine, alla fase conclusiva ripassando, sempre a matita, le linee con tratto via via piu’ pesante, a seconda della necessita’; e’ bene che si proceda, in questa fase, avanzando dall’angolo in alto a sinistra del foglio verso quello in basso destra (la direzione sara’ contraria nel caso di un operatore mancino) evitando di tornare sulle parti gia’ completate. Gli strumenti di ausilio al tracciamento Per il tracciamento di rette comunque inclinate e curve di vario genere e’ stata messa a punto una vasta gamma di strumenti di ausilio che vanno dalle righe, alle squadre (a 30°, a 45° o ad angolo variabile) ai goniometri, ai curvilinei (a profilo fisso o variabile) alle mascherine, che possono essere realizzati in legno, metallo o plastica. Ogni strumento ha un suo preciso campo di applicazione e delle ben definite procedure di impiego che lo studente deve avere ben chiaro all’atto dell’utilizzazione, pena il fallimento del suo lavoro; in aggiunta all’attenta lettura e considerazione delle istruzioni per l’uso fornite dal fabbricante sara’ la pratica a suggerirne e guidarne l’impiego. In generale si invita lo studente a diffidare da facili, quanto improbabili, promesse pubblicitarie mirando, invece, ad una attenta valutazione della qualita’, della precisione e della affidabilita’ del prodotto il quale, una volta acquistato, dovra’ essere mantenuto sempre in ottimo stato ed efficiente. Il modo in cui vengono curati e conservati gli strumenti di lavoro e’ un sicuro indicatore della qualita’ del disegnatore. La nozione di scala di rappresentazione Uno degli scopi principali del disegno tecnico, oltre a fornire indicazioni sulla forma e sul proporzionamento di quanto rappresentato, e’ quello di definirne univocamente le dimensioni. E’ possibile conseguire questo risultato stabilendo precisi rapporti metrici fra il disegno e quanto si desidera rappresentare. In questo modo e’ possibile rendere compatibili
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le dimensioni del foglio ed il livello di definizione dei problemi che si desidera affrontare e risolvere attraverso la rappresentazione dell’oggetto indagato. Nel tracciamento si dovra’ aver cura di effettuare la rappresentazione assegnando ad essa misure che siano eguali, superiori o inferiori, secondo un ben preciso coefficiente moltiplicativo, a quelle dell’oggetto da rappresentare, nel primo caso si parlera’ di un disegno al vero ed, in tutti gli altri, di un disegno in scala. Il coefficiente moltiplicatore prescelto e’ definito coefficiente di scala, a seconda che esso sia maggiore o minore dell’unita’ si avranno delle riduzioni o degli ingrandimenti. Tale coefficiente, espresso in valore frazionario (rapporto di scala), deve essere riportato in uno spazio apposito del disegno, sia in termini numerici che in termini grafici (si’ da conservare questa informazione anche in caso di riduzione o ingrandimento fotografico o fotostatico), in modo da consentire sempre una esatta interpretazione della raffigurazione in termini metrici. Nella tabella che segue sono indicate le scale impiegate piu’ diffusamente nei settori di interesse del corso. Semiotica della rappresentazione Per comprimere nelle due dimensioni del foglio ed in una rappresentazione discreta la complessita’ del reale si e’ sovente fatto ricorso all’adizione di simboli grafici, per consentire la lettura e l’interpretazione univoca dei segni e dei simboli utilizzati nel tempo si e’ giunti alla uniformazione di queste simbologie che sono cosi’ divenute dei codici grafici ampiamente accettati ed impiegati. Non v’e’ in queste righe la possibilita’ di fornire un’ampia panoramica dei codici grafici della rappresentazione architettonica, ne’ forse se ne avverte strettamente il bisogno, indicheremo, pertanto, i principali. Nella rappresentazione di oggetti architettonici la prima convenzione che si e’ resa indispensabile e’ riferita alla necessita’ di far distinguere univocamente i segni di oggetti visti in proiezione da quelli di oggetti visti in sezione (non si dimentichi la finalita’ costruttiva cui l’architetto fa continuamente riferimento) per fornire in modo inequivocabile tale informazione si e’ scelto di indicare le superfici sezionate con linee le quali siano almeno tre volte piu’ spesse di quelle rifrite ad oggetti visti in vista, se, infatti saranno state impiegate linee dello spessore massimo di 0,2 mm. Per le linee di sezione si fara’ ricorso a linee dello spessore di 0,6 mm.. Soltanto nel caso in cui si abbia la necessita’ di ricorrere a forti riduzioni dei disegni (le quali tendono, com’e’ noto, a ridurre le differenze negli spessori dei segni sino a quasi annullarle) allora si fa comunemente ricorso all’impiego di tratteggi o retinature con segni nello stesso spessore delle linee in vista. Si noti che le linee di sezione sono ottenute praticando idealmente una sezione con un piano orizzontale che sia disposto ad una quota opportuna, scelta cioe’, con il criterio di ottenere la sezione del maggior numero di elementi presenti, o almeno dei piu’ significativi. Per questo motivo la linea di sezione sara’ sempre una linea chiusa che segna il confine fra porzioni elevate e porzioni poste piu’ in basso. Un analogo problema si pone quando si desideri rappresentare oggetti che si trovano al di sopra del piano di sezione, ad esempio curvatura di volte, sporti, fori praticati nell’orizzontamento posto alla quota immediatamente superiore a quella rappresentata etc., in tutti questi casi si avra’ cura di indicare la proiezione a terra (o sull’orizzontamento rappresentato) di tali elementi con delle linee tratteggiate in spessore sottile. I sistemi di riferimento La posizione di un punto su di un piano di riferimento o nello spazio puo’ essere descritta soltanto se la si colloca in un sistema di riferimento assegnato. Nel rilevamento come anche in topografia sovente sono impiegati il sistema di coordinate Polari o cilindriche o quello di coordinate cartesiane. Quando il campo da indagare assume una dimensione che non e’ piu’ riconducibile a sistemi semplici, come ad esempio in alcune applicazioni topografiche su area vasta o nella geografia, l’impiego di questi sistemi di riferimento rende le operazioni di calcolo e rappresentazione piu’ laboriose costringendo a fare ricorso a sistemi di riferimento di altra natura, i sistemi di riferimento piu’ utilizzati in queste applicazioni sono quello delle coordinate geografiche e quello delle coordinate astronomiche. Coordinate polari o cilindriche In un sistema di coordinate polari (nel piano) o cilindriche (nello spazio), una volta assunto come sistema di riferimento un punto (polo) ed una semiretta uscente da esso (asse polare) la posizione di un punto nel piano e’ individuata mediante la misura del raggio vettore, che misura la sua distanza dal polo, associata al valore dell’angolo orientato (anomalia) determinato rispetto all’asse polare.
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Il sistema di coordinate cilindriche nello spazio e’ basato sul piano definito in precedenza (nel quale il sistema di riferimento e’ costituito da un polo e da un asse polare) e da un asse Z uscente dal polo sul quale viene assunto un sistema di graduazione con origine in O.
Coordinate cartesiane In un sistema di coordinate cartesiane la posizione di un punto e’ definita da due (nel piano) o tre coordinate facenti parte di una terna triortogonale, uscente da un punto origine determinato, assunta come sistema di riferimento.
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Coordinate astronomiche e coordinate geografiche Questi due sistemi di riferimento sono basati sull’assunzione di una opportuna superfice di riferimento rispetto alla quale descrivere la posizione dei punti oggetto di studio. Definita oculatamente questa superficie, la posizione del punto diviene descrivibile mediante tre coordinate: la prima e’ la distanza verticale del punto dalla sua poiezione Po sulla superfice di riferimento, mentre la seconda e la terza sono degli angoli che individuano la posizione del punto Po sulla superficie di riferimento. Nel caso delle coordinate astronomiche quella che viene assunta come superficie di riferimento e’ il c.d. geoide, definito come una superficie equipotenziale del campo gravitazionale, e cioe’ che sia: - in ogni suo punto ortogonale alla verticale; - passante per il livello medio del mare in condizioni di quiete ed in posizione intermedia rispetto ai fenomeni di marea. Tale superficie approssima sufficientemente quella terrestre, rispetto ad essa sono individuabili: il suo asse di rotazione; i poli; il piano equatoriale (perpendicolare all’esse nel suo punto medio); i piani meridiani (passanti per l’asse). La posizione del punto risulta cosi’ definita dalla sua: - Quota (Qa), rispetto alla superficie di riferimento, ove si considera positiva quella dei punti posti all’esterno e negativa per quelli posti all’interno del geoide; - Latitudine astronomica (fa), l’angolo che la verticale per il punto forma con il piano equatoriale (assunta come positiva se il punto P si trova in direzione del Nord geografico); - Longitudine astronomica (la), l’angolo formato fra il piano meridiano passante per il punto ed il piano meridiano assunto come origine (assunta come positiva se il piano meridiano per P e’ ruotato verso Est rispetto al piano meridiano individuato come origine).
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La superfice del geoide, pero’, e’ in realta’ piuttosto complessa da definire matematicamente, ne conseguono anche alcune complessita’ nel suo impiego pratico. In tutti i casi nei quali non si ha la necessita’ di ricorrere ad una rappresentazione estremamente esatta della terra si ricorre alla individuazione di superfici di volta in volta piu’ semplici. La prima di queste e’ il cosiddetto ellissoide di rotazione, una superfice generata dalla rotazione di un’ellisse attorno al suo asse maggiore che, se scelto opportunamente, puo’ essere considerato un’approssimazione suffientemente attendibile del geoide. La rappresentazione matematica di questa superficie, notevolmente piu’ semplice di quella del geoide consente una piu’ agevole descrivibilita’ dei punti della terra. In questo caso, in maniera del tutto analoga a quella impiegata per il geoide la posizione di un punto risulta determinata univocamente assumendo come sue coordinate la sua Quota (Qa), la sua Latitudine in questo caso definita geografica (fa), e la sua Longitudine geografica (la). Nel caso in cui ci si trovi ad operare su porzioni ristrette della superficie terrestre (in ogni caso non eccedenti i 300 Km. Per quanto attiene alle distanze e 60 Km. Per quanto attiene alle quote) puo’ essere introdotta un’ulteriore semplificazione ottenuta approssimando l’ellissoide di rotazione alla cosiddetta sfera locale, una sfera di raggio tale da farla risultare tangente all’ellissoide di rotazione nel punto centrale dell’area presa in considerazione (tale raggio, pertanto, sara’ piu’ ampio ai poli, dove la curvatura e’ maggiore, e piu’ piccolo all’equatore). Anche in questo caso le coordinate del punto saranno: quota, latitudine e longitudine, assunte questa volta sulla sfera locale. Quando, infine, ci si trova a rappresentare porzioni di territorio ancor piu’ ristrette (comunque non eccedenti i 30 Km, per quanto attiene alle distanze ed a 100 m. per quanto attiene alle quote.) si potra’ ricorrere ad una rappresentazione ancora piu’ drastica, quella che approssima la superficie in esame al piano tangente alla sfera locale nel punto medio dell’area in esame. La superfice piana cosi’ definita e’ chiamata campo topografico. Su di esso, mediante opportune notazioni, potremo ancora adottare le coordinate geografiche.
La carta topografica italiana redatta dall’I.G.M. Generalità La carta topografica italiana redatta dall’I.G.M. e’ stata introdotta nel 1875 e completata nel 1900 in scala 1:100.000, si compone di 285 fogli i fogli, divisi in quadranti (individuati con numeri romani) e tavolette (indicate con il quadrante e la posizione cardinale occupata in esso).
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Nel 1948 fu adottata la rappresentazione Gauss - Boaga (geodeta dell’IGM) la proiezione conserva sia gli angoli che le aree, ciò in virtù della suddivisione del territorio Nazionale in fusi (due di 6° di ampiezza) Le diverse scale di rappresentazione (1:100.000/1:50.000/1:25.000) finalità, caratteristiche - coordinate di un punto Nel 1983 si è iniziato il rinnovamento della cartografia con rilevamento aereofotogrammetrico nel rapp. 1:50.000 a sei colori Le tavolette al 25.000 sono indicate con una sigla (ad es. Fg. 14 IV SE = foglio al 100.000 n. 14, quadrante IV orientamento SE) la carta d’Italia comprende in tutto 3.445 tavolette. In Italia si sta procedendo alla redazione di una carta tecnica a scala con un rapporto di riduzione meno elevato, questo lavoro è in corso a livello regionale, tutte le regioni sono coordinate fra loro, in particolare è unificata la scala (1:5.000 e 1: 10.000), la rappresentazione Gaussiana internazionale (ED 1950). Nella Regione Abruzzo si è proceduto alla realizzazione di una cartografia ottenuta mediante l’elaborazione di metodi fotografici ove il raddrizzamento dei fotogrammi è stato integrato con la rappresentazione delle curve di livello e di misure altimetriche significative. Inquadramento cartografico del rilevamento Localizzazione delle coordinate di un punto sulla carta, coordinatometro, uso delle proporzioni. Il calcolo analitico è intuitivo e deriva dal rapporto fra la lunghezza di un primo (in latitudine o longitudine) e quella misurata sulla carta. Ad es.: 60” lat. : L1 = X1 : L* e 60” long. : L2 = X2 . L° se L1 = 75 mm ed L2 = 51,5 mm. e le misure prese sulla carta sono: L* = 30 mm. ed L° = 29 mm avrò: X1 = (60” lat. X 30 mm.)/ 75 mm = 24” ed ancora: X2 = (60” long. . 29 mm) / 51,5 mm = 33,79 il punto rilevato ha coordinate: latitudine Nord. 46° 34’ 24” e longitudine Est. 0° 47’ 34”, per il dettaglio si veda quanto riportato nella figura che segue.
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APPENDICE Concetti di base della rappresentazione architettonica Un disegno è come un fondale teatrale, uno schermo velato le cui proprietà’ cambiano a seconda delle condizioni di illuminazione. Come un fondale, il disegno è al tempo stesso opaco e traslucido, un filtro fra il disegnatore e l’osservatore, disegnatore ed oggetto, fra idee concepite e la loro manifestazione bidimensionale. Una scena ed un disegno entrambi impediscono ed al tempo stesso consentono la vista, sostenendo la loro presenza con diversa autorità ed in modi differenti. Quando la luce di dietro è accesa lo schermo scompare. In modo simile il disegno dissolve ed apre un mondo di ricche possibilità. (da envisioning architecture) Il disegno e’ uno degli strumenti attraverso i quali, sin dalla piu’ remota antichita’, l’uomo ha inteso esprimere i bisogni, le paure, i sentimenti, le certezze e le insicurezze che attengono all’intera sua esistenza fisica e spirituale, e, soprattutto, al suo rapporto con la realta’ esterna, sia essa quella empirica che quella non esperibile sensorialmente. Una molteplicita’ di valenze e’ insita anche nel disegno piu’ propriamente tecnico. Esso e’ infatti, in primo luogo, rappresentazione, attraverso segni tracciati su una superficie, di un determinato oggetto. Nulla sembra, in apparenza, piu’ semplice e meccanico di tale raffigurazione; in realta’, si tratta di una operazione complessa che implica, innanzitutto, un acutizzarsi ed un affinarsi della percezione - perche’ solo un attento osservatore riesce a cogliere nell’oggetto da rappresentare i rapporti, le proporzioni, le leggi di simmetria, i chiaroscuri, per tradurli poi in immagini - e, al tempo stesso, una capacita’ di astrazione tale da ricondurre la molteplicita’ e complessita’ del reale a forme e funzioni essenziali. Questo processo di astrazione, di riduzione del complesso e dell’eterogeneo all’essenziale ed all’universale e’ proprio del disegno ed e’ cio’ che lo rende, assieme alla geometria, fondamento indispensabile di tutte quelle discipline, come la meccanica, l’idraulica, la scienza delle costruzioni, che non possono prescindere dalla descrizione della “forma” per formulare ed applicare le loro leggi. Ma anche delle scienze umane e psicologiche, che proprio alle forme assegnano particolari significati e valenze simboliche. Ma oltre a questa funzione “statica” o neutrale, la rappresentazione grafica ne possiede un’altra dinamica e propositiva, che attiene al momento della progettazione. In questa fase, il disegno non si limita a rappresentare la realta’ come essa e’ - e cio’, in ogni caso, sempre attraverso il filtro dell’esperienza e della cultura del disegnatore - ma “crea” delle possibili realta’ alternative, formulando dei modelli di simulazione da sovrapporre sperimentalmente all’esistente. In questo modo, il disegno diviene strumento di formalizzazione e di controllo del
pensiero progettuale, quasi un’estensione della mente, l’esteriorizzarsi dell’idea creativa. Raffigurazione, descrizione, rilievo, da una parte; progettazione, simulazione, trasformazione, dall’altra: due modi di intendere e di fare il disegno, dunque, ma non antitetici ne’ alternativi, bensi’ collegati e complementari, se e’ vero che ogni rappresentazione non puo’ prescindere dall’interpretazione, cosi’ come ogni progettazione non e’ mai svincolata dalla realta’ preesistente, ma ne rappresenta in qualche modo la continuita’ e l’evoluzione. E’ proprio l’esigenza di un impiego applicativo che ha fatto si’ che il disegno sviluppasse una sua forma tecnica: quel complesso di dispositivi concettuali che consentono di rendere possibile la sostituzione, a ben determinati fini, dell’oggetto con la sua immagine. Il complesso delle operazioni che rende possibile l’equivalenza fra l’oggetto rappresentato e la sua rappresentazione prende il nome di metodo di rappresentazione. La rappresentazione in pianta ed in alzato di un edificio, quella, in viste, sezioni ed esploso, di un pezzo meccanico, la rappresentazione di una carta topografica o quella, in prospettiva, di una carrozzeria, sono degli esempi di alcuni dei numerosi metodi di rappresentazione elaborati per consentire la soluzione di determinati problemi. L’insieme di questi, come dei molti altri metodi di rappresentazione, studiati per consentire di far fronte alle numerose applicazioni pratiche dell’attivita’ umana, prende il nome di Geometria descrittiva. Sebbene gia’ nel trattato di Vitruvio si trovino rappresentazioni in pianta ed in alzato di edifici che oggi sono riconducibili al metodo delle proiezioni ortogonali e rappresentazioni assonometriche e prospettiche siano testimoniate in reperti archeologici egizi e greci, e’ possibile far risalire lo studio scientifico dei rapporti fra le figure spaziali e le loro rappresentazioni al nostro Rinascimento. Fra i numerosi artisti ed architetti che esplorarono questo vasto campo del sapere ed applicarono le leggi della rappresentazione alla pittura ed all’architettura bastera’ ricordare Paolo Uccello (1396-1477), Filippo Brunelleschi (1377-1446), Leon Battista Alberti (14041472), Jacopo Barozzi da Vignola (1507-1573), Guidobaldo del Monte (1545-1607) per comprendere l’importanza del contributo da essi fornito alla conoscenza. Le necessita’ della architettura civile e militare, nonche’ della realizzazione di opere di infrastrutturazione (strade, condotte etc.) resero determinante il contributo delle metodiche di questa disciplina, al punto che Gaspard Monge, nel 1795 (anno III della Repubblica francese) istitui’ l’insegnamento della Geometria descrittiva nell’Ecole Polytechnique da poco fondata per “sollevare la nazione francese dalla dipendenza dall’industria straniera”. Con questo atto la Geometria descrittiva entra a pieno titolo, per restarvi, nella formazione dell’ingegnere e
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dell’architetto a costituire l’elemento irrinunciabile per la comunicazione del progetto. Non c’e’ cantiere officina o industria, infatti, ove la lettura del disegno, e cioe’ la conoscenza del disegno come dei metodi della geometria descrittiva, non sia, oggi, indispensabile.
Lo studio di queste trasformazioni ed, in particolare, delle proprieta’ delle figure che non subiscono variazioni a seguito dell’operazione di trasformazione (le cosiddette “invarianti”) hanno costituito, e costituiscono ancora, una frontiera avanzata della geometria.
TRASFORMAZIONI GEOMETRICHE GENERALITA’ Per le sue numerose applicazioni riveste notevole interesse lo studio del gran numero di possibilita’ che consentono di trasformare una figura F in un’altra F’ nella quale sono riconoscibili alcune caratteristiche della figura di partenza. Lo studio dei processi di trasformazione geometrica permette di stabilire, fra i punti della figura originaria e quelli della sua trasformata, un rapporto di “corrispondenza biunivoca”, che rende possibile l’effettuazione delle operazioni di trasformazione in tutti e due i possibili sensi, e cioe’ dalla figura originaria a quella trasformata e viceversa. Fra le trasformazioni geometriche piu’ semplici vale la pena di ricordare quelle derivanti da operazioni di movimento e quelle derivanti da simmetrie, in entrambi i casi si tratta di trasformazioni che conservano la congruenza1 fra le figure. In particolare si ricordera’ che consentono la congruenza diretta le trasformazioni per: traslazione, rotazione, simmetria centrale; mentre consentono la congruenza inversa le trasformazioni per: ribaltamento e simmetria assiale. E’ sempre possibile sottoporre una figura ad una serie qualsiasi di operazioni di trasformazione, il risultato di questo complesso di trasformazioni dipendera’ dal tipo e dalla successione delle operazioni effettuate, in generale viene definito “prodotto” di due trasformazioni la ripetizione, in successione, di due operazioni eguali. Alcune delle trasformazioni ricordate sono esemplificate nelle figure che seguono.
Trasformazioni proiettive Se si prende in esame cio’ che avviene quando un’ombra viene proiettata su di una superficie ed si sonda il campo di tutte le possibili variazioni, al variare sia del tipo di sorgente luminosa che della giacitura del piano su quale e’ posto l’oggetto rispetto a quello sul quale e’ proiettata l’ombra, e’ possibile individuare quattro diverse situazioni: a) sorgente luminosa puntiforme (raggi luminosi convergenti) a.1.) piani non paralleli a.2.) piani paralleli b) sorgente a distanza grandissima (raggi luminosi paralleli) b.1.) piani non paralleli b.2.) piani paralleli
Le trasformazioni possibili sono, pero’, molto piu’ numerose di quelle ricordate in precedenza . Tutti hanno memoria, infatti, di operazioni piu’ complesse, molte delle quali non sono in grado di garantire la congruenza fra la figura originaria e quella trasformata: si pensi, ad esempio, alle variazioni di forma dell’ombra del corpo, proiettata dal sole sul terreno, o alle trasformazioni che subisce la figura del passante che si muove davanti agli specchi curvi di un luna park, o, ancora, alle trasformazioni che puo’ subire una qualsiasi figura disegnata su di un palloncino quando questo venga sgonfiato o, al contrario, subisca un ulteriore gonfiaggio. La trasformazione descritta per prima e’ definita come una trasformazione proiettiva, le altre sono definite, invece, con il termine di trasformazioni topologiche2. 1 Vengono definite congruenti due figure se e’ possibile sovrapporre l’una all’altra sino a farle coincidere mediante un’operazione di trasporto. Sono definite inversamente congruenti due figure se per verificare la loro sovrapponibilita’ e’ necessario effettuare un’operazione di ribaltamento. 2 Vengono definite trasformazioni topologiche quelle nelle quali, rispetto al cambiamento delle caratteristiche di grandezza e forma
Tutte queste trasformazioni sono definite con il termine di trasformazioni proiettive o prospettivita’ Si noti preliminarmente che attraverso queste trasformazioni e’ sempre assicurata la trasformazione di rette in rette, si puo’ affermare cioe’, che la prospettivita’ e’ una trasformazione lineare. Caso a.1.) dopo aver operato la trasformazione, non restano conservate le caratteristiche di: lunghezza dei segmenti; ampiezza degli angoli; parallelismo di rette. Caso a.2) dopo aver operato la trasformazione, le figure ottenute sono simili, e cioe’: gli angoli corrispondenti sono congruenti; e’ costante il rapporto fra segmenti corrispondenti; e’ costante il rapporto fra aree corrispondenti. Nel caso b.1.) dopo aver operato la trasformazione, non restano conservate le lunghezze dei segmenti e le ampiezze degli angoli. Alcune caratteristiche, invece, sono conservate, infatti: a rette parallele corrispondono rette parallele; e’ costante il rapporto fra segmenti corrispondenti; e’ costante il rapporto fra aree corrispondenti. Con il nome di affinita’, o di trasformazioni affini, sono definiti questi casi particolari di prospettivita’. Caso b.2.) sono conservate tutte le caratteristiche della figura trasformata, in particolare: segmenti corrispondenti sono congruenti; angoli corrispondenti sono congruenti; aree corrispondenti sono congruenti. E’ il caso che viene definito di “trasformazione affine”, una trasfoemazione che conserva la congruenza fra le figure. delle figure, sono invarianti le caratteristiche di: continuita’ del contorno; interno - esterno; percorrenza; appartenenza.
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L’esame delle trasformazioni proiettive, sebbene condotto in maniera molto sintetica, il campo consente di definire la GEOMETRIA PROIETTIVA come la disciplina che studia il campo delle trasformazioni proiettive. Le acquisizioni della Geometria proiettiva danno fondamento teorico ai vari metodi della Geometria descrittiva. Mediante dei procedimenti di proiezione e’ sempre possibile, infatti, costruire, sul piano, una rappresentazione di oggetti che non gli appartengono. La GEOMETRIA DESCRITTIVA e’, infatti, la disciplina che studia i metodi di rappresentazione delle figure dello spazio mediante immagini piane, con il fine di ricondurre al piano tutti i problemi di geometria spaziale e renderne possibile la risoluzione grafica. Affinche' le immagini piane costruite rispondano a questa esigenza occorre che venga stabilita, attraverso i metodi che, di volta in volta, vengono ritenuti piu’ adatti al caso, una corrispondenza biunivoca fra di le figure dello spazio e la loro rappresentazione, si' da consentire, tutte le volte che occorra, di percorrere nei due sensi l'itinerario logico della costruzione: dall'immagine all'oggetto e vice versa. Elementi di geometria proiettiva Le operazioni fondamentali della geometria proiettiva consistono in: proiezione e sezione. Proiezione Proiettare da un punto C (centro di proiezione) una figura F, significa considerare la figura F’ che si compone dal fascio di rette di centro C passanti per i punti dell'oggetto. sono definiti rette o raggi proiettanti la stella di rette uscenti dal centro di proiezione C sono definiti piani proiettanti la stella di piani uscenti dal centro di proiezione C Sezione: Sezionare una figura con un piano significa considerare la figura che si ottiene determinando i punti e le rette di intersezione fra le rette ed i piani della figura con il piano di sezione. Il punto di intersezione di una retta (ovvero la retta di intersezione di un piano) qualsiasi con il piano di sezione viene definito con il nome di TRACCIA della retta (o del piano) sul piano di sezione. Gli studi del matematico francese Poncelet (Jean Victor Poncelet, 1788/1867) sulle trasformazioni proiettive, in particolare sulle proprieta’ che si trasmettono invariate nell’operazione di proiezione, hanno mostrato che non sono invarianti le proprieta’ metriche della figura (misure di distanza o di angoli) mentre lo sono quelle definibili in generale con il termine di proprieta’ “grafiche” (appartenenza, allineamento, tangenza, incidenza etc.). Dobbiamo, ancora , al Poncelet la dimostrazione del fatto che, nello studio delle proprieta’ invarianti, e’ sempre possibile sostituire alla figura in esame una sua proiezione senza che ne risultino variati i risultati. Questa vera conquista del pensiero consente, di
sostituire figure regolari, sempre ottenibili mediante procedimenti di proiezione, a delle figure irregolari nella soluzione di problemi attinenti le loro proprieta’ grafiche. Risultano in tal modo semplificati notevolmente alcuni passaggi logici, dal momento che e’ possibile stabilire relazioni elementari ed intuitive. Nei paragrafi che seguono sono riportate e commentate bremente le invarianti fondamentali delle operazioni proiettive. Proprieta' delle operazioni di proiezione e sezione 1) APPARTENENZA se un punto P appartiene ad una retta r la sua immagine P' apparterra' all'immagine r' della retta r 2) ALLINEAMENTO se tre punti A B C sono allineati anche le loro proiezioni A' B' C' saranno allineate 3) INCIDENZA se due rette s ed r complanari sono incidenti in un punto P anche le loro immagini s' ed r' saranno incidenti in un punto P' proiezione del punto P Gli elementi impropri L’applicazione dei metodi proiettivi conduce, in alcuni casi, a situazioni non risolvibili con le conoscenze della geometria elementare, ad esempio: a) Come e’ possibile proiettare da un centro C il punto P su di un piano parallelo al raggio proiettante CP? b) Come e’ possibile proiettare da un centro C la retta r su di un piano parallelo al piano proiettante3 rC ? c) Quale significato puo’ essere attribuito al punto che si ottiene quando, nel proiettare da un punto C su di un piano tutti i punti di una retta r viene condotto il raggio la parallelo ad r per C? Questi sono alcuni dei problemi che hanno imposto l’ampliamento dei concetti di punto, retta e piano posti nello spazio finito della geometria euclidea (definiti successivamente come “elementi propri”) e l’introduzione dei concetti di punto, retta e piano all’infinito (o impropri). Si potra’, per mezzo di questi nuovi concetti, affermare, ad esempio, che due rette parallele hanno in comune un punto improprio (che sara’, pertanto, comune a tutte e sole le rette parallele a quella data) e che due piani paralleli hanno in comune una retta impropria (che sara’, pertanto, comune a tutti e soli i piani paralleli a quello dato). L’introduzione di questo ampliamento consente di formulare delle risposte logiche ai tre problemi enunciati in precedenza: a) nel primo caso si potra’ affermare che il punto immagine che si va a costruire e’ quello improprio della retta CP; b) nel secondo si potra’ affermare che la retta immagine che si va a costruire e’ quella all’infinito comune ai due piani a e quello proiettante rC; c) nel terzo, infine, si potra’ affermare che il punto ottenuto sara’ l’immagine del punto improprio della
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che, cioe’, proietta la retta r dal punto C
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retta r, vale a dire che il punto improprio della retta r ha una proiezione al finito sulla retta r', proiezione che viene definita con il nome di FUGA. Posizione del centro di proiezione A seconda che il centro di proiezione sia proprio o improprio e’ possibile definire due diversi tipi di proiezione: - proiezione centrale o conica - proiezione parallela o cilindrica Proiezioni centrali Se si effettua la proiezione di una retta da un punto C proprio si otterra’, in applicazione dei concetti gia’ esposti, un punto proprio (fuga) come proiezione del punto improprio della retta. Non e’ difficile dimostrare che le proiezioni di due rette parallele convergono nella loro fuga, ne consegue che, in proiezione centrale, due rette parallele sono convergenti e cioe’ che le proiezioni centrali non conservano il parallelismo fra le rette proiettate. A seconda della posizione reciproca degli elementi della proiezione (centro C, piano di proiezione a ed oggetto) e’ possibile definire i tre casi particolari che seguono: 1) oggetto posto al di la' del piano a e del centro di proiezione Ce' il caso della costruzione della prospettiva 2) oggetto proiettato posto fra il centro di proiezione C ed il piano a e' quanto accade nella proiezione dell'ombra 3) oggetto proiettato posto prima del centro di proiezione e del piano a e' il caso che si verifica per la ripresa fotografica, nella quale il piano della pellicola e’ posto dietro all’obiettivo.
caratteristica principale e’ quella di conservare il parallelismo fra le rette proiettate. Se si compie una proiezione parallela di due rette parallele, quando ci si trova a proiettare da un centro improprio il loro punto all’infinito (e pertanto anch’esso improprio) si otterra’ , in applicazione dei concetti esposti in precedenza , una retta proiettante anch’essa impropria (perche’ congiungente due punti all’infinito), essa intersechera’ all’infinito il piano a. Le fughe delle due rette coincideranno e le loro proiezioni, definite come congiungenti delle rispettive tracce e fughe, saranno parallele. Proiezioni quotate Nei capitoli che precedono sono stati presi in esame dei metodi di rappresentazione che utilizzano due o piu’ piani di proiezione, le proiezioni quotate, che vengono trattate in questo capitolo, consentono l’impiego di un unico piano di proiezione, associando alla rappresentazione geometrica delle notazioni numeriche. E’ possibile, infatti, conservando metodi ed ipotesi delle proiezioni ortogonali, utilizzare unicamente la proiezione sul piano orizzontale dell’ente geometrico da rappresentare, a patto di individuare un metodo che consenta di indicare, in modo sintetico ma esatto, le quote dei diversi punti rappresentati. Per fornire questa indicazione puo’ essere associata ad alcuni punti significativi dell’oggetto da rappresentare la quota che essi hanno rispetto al piano orizzontale. Tale quota, una volta fissata ed indicata l’unita’ di misura, viene riportata direttamente accanto al punto. Per la trattazione di tale argomento si fara’ riferimento alle considerazioni esposte nelle pagine che sono fornite in fotocopia ed al file ext piano quotato.dwg allegato a questi appunti.
Proiezioni parallele Vengono definite come “Proiezioni parallele” le proiezioni fatte da un centro improprio, la loro
RAPPRESENTAZIONE GRAFICA DEL RILIEVO ( a cura di Yannis Linardos) Eseguite tutte le operazioni di rilievo sulla base degli eidotipi delle piante, dei prospetti e delle sezioni oppure avendo acquisito le informazioni da rilievo strumentale e/o fotogrammetrico, si procede alla graficizzazione delle suddette informazioni. RAPPRESENTAZIONE CON TECNICHE TRADIZIONALI Le scale della rappresentazione Di fondamentale importanza nella graficizzazione di un rilievo è la scala di rappresentazione. Per scala di rappresentazione (1:x) si intende il rapporto fra l’unità di misura dell’oggetto rappresentato (1) e l’unità di misura dell’oggetto nelle sue reali dimensioni. Ad esempio, in una scala 1:100 un centimetro del disegno corrisponderà ad una misura reale di 100 cm. ovvero ad un metro. La scelta di questa scala dipende dagli scopi per i quali è stato eseguito il rilievo e dalla dimensione dell’oggetto da rappresentare. Per la rappresentazione dell’architettura vengono utilizzate le seguenti scale: 1:1000, 1:500, 1:200 (per le planimetrie di insieme); 1:100, 1:50, 1:25, 1:20 (per le piante, i prospetti e le sezioni); 1:10, 1:5, 1:2, 1:1 (per la rappresentazione dei particolari). In particolare la scala 1:100 è quella maggiormente utilizzata, sia per la facilità di lettura, sia perché, nella maggior parte dei casi, riesce a rappresentare le linee principali di un oggetto architettonico. Esistono ovviamente casi in cui le dimensioni ridotte di un edificio facciano scegliere una scala più piccola come, ad esempio l’1:50, anch’essa largamente utilizzata. Nella rappresentazione in scala, è necessario
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selezionare le informazioni metriche e formali che in quella scala saranno leggibili: non si potrà quindi, ad esempio, rappresentare in scala 1:100 un capitello in tutti i suoi particolari. Come norma si potrà indicare la rappresentatività di una determinata scala come la possibilità di evidenziare i particolari rilevati che rientrano in un’area di ca. 2mmx2mm. Per la comprensione di un oggetto è inoltre necessario che le piante, le sezioni ed i prospetti, oltre ad essere rappresentati nella medesima scala, vengano allineati. Nel rilievo dell’architettura è buona norma riportare la scala del disegno mediante un righello grafico che potrà assumere la direzione dei due assi cartesiani X,Y. Questo consente il dimensionamento immediato dell’oggetto e ne consente la lettura anche nel caso in cui la riproduzione fosse fuori scala, come nel caso di riproduzione tipografica. Per tradurre graficamente un rilievo effettuato, ad esempio, con il rilievo diretto, sarà necessario riportare sul disegno come prima cosa le fondamentali di appoggio utilizzate per il rilevamento, ed utilizzare questa base per ricostruire graficamente l’oggetto stesso. Per quanto riguarda il territorio, le scale più utilizzate per la sua rappresentazione sono: 1:100.000 (per le cartografie regionali) 1:50.000, 1:25.000, 1:10.000 (le più utilizzate per porzioni di territorio) 1:5000 (planimetrie a scala urbana) CONVENZIONI GRAFICHE A seconda del tipo di rappresentazione, esistono convenzioni e simboli che fanno in modo che un grafico sia comprensibile da tutti gli addetti ai lavori. Le simbologie possono rappresentare il materiale di cui è costituita una muratura , così come la presenza di un passaggio a livello o di un confine in una cartografia catastale. Queste convenzioni sono stabilite, a livello internazionale, dalle norme ISO (International Standard Organization) e, a livello nazionale, dalle norme UNI (Unificazione Italiana), e riguardano tutta una serie di simbologie da utilizzare per la comprensione dei grafici alle varie scale. In ogni caso, sia che si rappresenti nel rispetto delle norme o meno, è buona abitudine redigere una legenda che illustri il significato delle simbologie utilizzate, la quale viene presentata a fronte del grafico per una immediata lettura. Esistono inoltre delle convenzioni riguardo ai tratti utilizzati per la graficizzazione: Per l’architettura: Tratti continui sottili (spessori 0.1, 0.15 mm.) vengono utilizzati per la quotatura dei grafici (che consiste nel riportare le misure al vero dell’oggetto sul grafico). Tratti continui medio-sottili (spessori 0.2, 0.3 mm.) vengono utilizzati per la rappresentazione degli oggetti non sezionati e in vista diretta. Tratti continui spessi (0.4, 0.6 mm.) vengono utilizzati per le parti sezionate. Segni tratteggiati di spessore sottile si utilizzano per rappresentare elementi in proiezione (ad esempio volte e travi nelle piante). Segni a tratto-punto di medio spessore si utilizzano per indicare la proiezione dei piani di sezione. PIANTE, PROSPETTI E SEZIONI Piante Il disegno in pianta di un edificio è in pratica una operazione di proiezione e sezione: si tratta di immaginare di sezionare un edificio con un piano orizzontale, ad una quota convenzionale (1.20 – 1.40) rispetto al piano di calpestio, e di proiettare la parte sottostante al piano di sezione sul foglio da disegno. La quota del piano di sezione varia a seconda delle caratteristiche dell’edificio e viene scelta in modo da mettere in evidenza il maggior numero di informazioni possibile, “tagliando” le porte, le finestre, e gli elementi architettonici principali. Tutte le parti sezionate vengono evidenziate con un tratto più spesso degli altri e spesso vengono campite. La corretta rappresentazione delle scale in pianta è di fondamentale importanza: Va indicato correttamente il piano di sezione, il verso di salita della rampa, e la posizione del corrimano sia lungo le rampe che sui pianerottoli intermedi e di arrivo. Inoltre è bene rappresentare con una linea tratteggiata i gradini che si trovano al di sopra del piano di sezione, interrompendo il disegno a tratto continuo con una doppia linea a tratto – punto inclinata a 45 gradi. Gli infissi interni ed esterni devono essere schematizzati in relazione alla scala di riduzione del disegno, facendo in modo che all’aumentare della scala corrisponda una rappresentazione più dettagliata. Le parti dell’edificio giacenti ad una quota più alta del piano di sezione, se importanti, vanno rappresentati in proiezione con un segno tratteggiato. Vanno inoltre rappresentate le proiezioni dei piani di sezione verticali con un tratto-punto di medio spessore e la direzione di proiezione affiancata da due lettere, esempio AA’. Sezioni Stesse regole valgono per le sezioni: i piani di sezione devono essere scelti in modo da dare quante più informazioni possibile e devono quindi “tagliare” scale, finestre, porte, eventuali chiostrine o cortili. Le sezioni possono essere rappresentate su più piani, in genere paralleli tra loro. Per quanto è possibile è meglio che il piano di sezione non sia troppo articolato, per non indurre in letture errate. Nel caso in cui sia necessario, rappresentare il “cambio di piano” con una linea sottile tratto-punto.
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Prospetti Nei prospetti, nei quali non sono presenti normalmente linee sezionate, occorre prestare attenzione alla rappresentazione dell’attacco a terra dell’edificio ed alla linea di base alla quale faranno riferimento le quote. L’attacco a terra dovrà essere visualizzato con il segno di sezione, mentre la lineari riferimento delle quote dovrà corrispondere ad una delle sezioni orizzontali (piante), in genere a quella più prossima alla linea di terra. I prospetti vanno eseguiti in proiezione ortogonale rispetto al piano di riferimento (tangente all’elemento più in aggetto della facciata stessa), anche per quanto riguarda le parti disposte obliquamente al piano di proiezione per non più di 5° rispetto al piano principale. Nel caso in cui le parti oblique avessero un’angolazione maggiore saranno rappresentate secondo un piano parallelo ad esse.
QUOTATURE Utilizzare spessori sottili per la loro rappresentazione, ponendo le quote numeriche al centro del segmento, interrompendolo, o parallelamente ad esso. I tratti quotati sono contraddistinti da un trattino ad esso ortogonale rinforzato come spessore o da altri simboli (frecce, punti ecc.) In sezione, le quote dei piani di calpestio vanno indicate con una freccetta campita e il loro valore numerico va rapportato alla quota 0.00 di riferimento. Rappresentazione degli ordini architettonici. Gli ordini architettonici, quando vengono rappresentati in scala 1:100 – 1:50 devono essere necessariamente schematizzati. Esistono delle convenzioni anche per la loro rappresentazione. È possibile innanzitutto suddividere un ordine architettonico in due parti: quella portata (trabeazione) e quella portante (colonna). Le due parti fondamentali possono essere ulteriormente suddivise in: trabeazione: cornice, fregio e architrave colonna: capitello, fusto e base la cornice si suddivide ulteriormente in: cimasa, gocciolatoio e sottocornice La schematizzazione tipica degli ordini architettonici prevede quindi la loro rappresentazione mediante nove o dieci righe, a seconda che la base della colonna venga schematizzata con due o con tre righe. Nel caso in cui l’ordine abbia anche il basamento, la sua schematizzazione contiene sedici righe. Nel caso in cui l’ordine venga rappresentato in dettaglio verranno invece riportate tutte le parti che lo compongono, rappresentando correttamente anche tutte le modanature (listello, tondino, astragalo, ovolo, guscio, gola dritta e rovescia, toro, scozia) e gli altri eventuali elementi decorativi. RAPPRESENTAZIONE CON STRUMENTI INFORMATICI Gli strumenti informatici per la rappresentazione del rilievo sono di fondamentale importanza soprattutto per rilievi fotogrammetrici dal momento che consentono una graficizzazione immediata dei dati desunti dalla collimazione di punti di una coppia stereoscopica. Sono però altrettanto importanti per la rappresen-tazione di rilievi eseguiti con qualunque metodo, diretto, strumentale e/o fotogrammetrico. Ciò che caratterizza la graficizzazione di un rilievo con metodi informatici è innanzitutto il fatto che le misure desunte dal rilievo stesso possono essere riportate nel file CAD, in dimensioni reali, senza cioè essere “scalate” al momento della graficizzazione. Questo porta un notevole vantaggio nel senso che, agli errori che comunque sono da prevedere in un rilievo, non si aggiungono ulteriori errori dovuti all’approssimazione da eseguire per riportare le misure in scala. Operazione fondamentale nella rappresentazione con strumenti informatici è la scelta dell’unità di misura da adottare: a seconda delle dimensioni dell’oggetto l’unità di misura potrà essere il chilometro (nelle cartografie), il metro (nelle rappresentazioni standard dell’architet-tura), il centimetro o il millimetro (nelle scale di dettaglio). Sarebbe bene, inoltre, procedere per gradi nel dettaglio della rappresentazione, come se si stesse disegnando sul foglio di carta, stabilendo innanzitutto allineamenti, quote base ecc. È necessario, in questo tipo di rappresentazione, fare molta attenzione a non farsi prendere la mano dalla capacità del CAD di rappresentare dettagli che poi non saranno visibili nella stampa in scala. Infatti, normalmente, le rappresentazioni vengono riportate, per esigenze di cantiere e di comunicazione più immediata, su carta. Si raccomanda quindi di verificare che ciò che si rappresenta abbia il dettaglio richiesto per la scala alla quale il disegno verrà stampato. Nel caso in cui la rappresentazione venga eseguita per essere per esempio archiviata nel formato informatico (es. sovrintendenze), si riporteranno sul disegno tutti i dati desunti dal rilievo. RILIEVO INTEGRATO Gli strumenti informatici sono di fondamentale importanza in quei casi (in realtà la maggioranza) in cui il rilievo viene eseguito integrando informazioni ottenute con metodi diversi: strumentale, diretto, e/o fotogrammetrico. In questi casi si parla di rilievo integrato. Il rilievo dei punti topografici (che verranno rap-presentati come punti nello spazio) rappresenta qui la base sulla quale impostare la rappresentazione dell’oggetto in tutte le sue viste bidimensionali: piante, prospetti e sezioni o per la realizzazione di un modello tridimensionale. Su questa base, sulla quale è bene riportare per ogni punto il numero che lo identifica, vengono di seguito aggiunte le informazioni ottenute con altri metodi. Concludo qui’, per motivi di tempo, questi appunti sintetici restando a vostra disposizione per tutti i chiarimenti che saro’ in grado di fornirvi, ma anche per recepire di buon grado osservazioni, suggerimenti e correzioni a quanto avete letto in queste pagine o udito nel corso delle lezioni. Potrete raggiungermi sempre all’indirizzo e-mail romolo.continenza@ univaq.it.
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L’Aquila, aprile 2006 Prof. Romolo Continenza
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