Superati gli ostacoli dopo una lunga ed estenuante trattativa
Anche l’AAROI firma il contratto di lavoro Ora il via alle trattative Regionali e Aziendali
D
opo una lunga, sofferta ed estenuante trattativa, il 3 novembre anche la UMSPED AAROI, nel rispetto del mandato del Consiglio Nazionale, ha firmato il Contratto di lavoro 2002-2005 (quadriennio normativo e primo biennio economico 2002-2003) che interessa 117.690 medici e veterinari in servizio presso le strutture pubbliche del nostro Paese. Certo, un contratto firmato a 57 giorni dalla sua scadenza naturale evidenzia le difficoltà che la nostra delegazione trattante ha incontrato durante i 14 mesi di confronto serrato con l’ARAN. Di fronte alla modifica, se pur parziale, dei quattro punti che ci avevano
spinto a maggio a non firmare la Preintesa, con senso di responsabilità, abbiamo deciso di giocare la partita, anche e soprattutto per non essere esclusi dalle trattative per l’applicazione del contratto sia a livello regionale che aziendale. La nostra delegazione trattante ha lavorato nel periodo estivo per aggiungere al testo della “preintesa”, siglata da tutte le OO.SS., nuovi elementi con lo scopo di modificare i 4 punti: 1. In tema di recesso. Sono 7 i punti migliorativi del nuovo articolato contrattuale (articolo 20): a) Il periodo di tempo a disposizione del Comitato dei Garanti per redigere il parere previsto
passa da 30 a 60 giorni; b) Il Comitato deve esprimersi oltre che “improrogabilmente” anche “obbligatoriamente”; c) L’Azienda deve richiedere “una sola volta” il previsto parere; d) Il Dirigente può richiedere audizione presso il Comitato; e) Il Comitato deve dotarsi di un preciso regolamento interno. f) Il Dirigente deve essere informato sull’esito del parere espresso dal Comitato; g) Il Comitato si deve esprimere in base alla documentazione prodotta sia dall’Azienda che dall’interessato (dichiarazione a verbale ARAN n. 1 ).
Queste indiscutibili migliori tutele rischiano di essere vanificate da una norma prevista dal D.Lgs. 165/2001 che all’articolo 22 – Comitato dei Garanti – recita: “Il parere viene reso entro trenta giorni dalla richiesta; decorso inutilmente tale termine si prescinde dal parere”. L’ARAN, non potendo modificare una legge dello Stato, ha accolto la nostra richiesta di inserire nel testo contrattuale una “dichiarazione congiunta” con la quale si impone all’Azienda di acquisire il previsto parere del Comitato dei Garanti. Inoltre, la UMSPED ha inserito anche una “dichiarazione a verbale” dello stesso tenore e ha preparato un documento firmato da tutti i Sindacati
della Dirigenza Medica inviandolo al Ministro Storace per modificare l’articolo 22 del DPR 165/05. 2. In tema di remunerazione oraria delle attività aggiuntive libero professionali. L’ARAN ha risposto al Ministero dell’Economia che la cifra indicata nel testo contrattuale (art. 14, comma 6) deve intendersi come una media delle tariffe applicate in campo nazionale. Lo sforzo di precisare la tariffa era quello di “uniformare, per quanto possibile, i comportamenti aziendali”. L’ARAN, poi, precisa che “le regioni, sulla base Continua a pagina 3
Mercoledì 7 dicembre a Napoli Venerdì 9 dicembre a Napoli inizia l’VIII Congresso Nazionale inizia il 3º Congresso Nazionale A.A.R.O.I. S.I.A.R.E.D. CONCLUSE LE OPERAZIONI DI VOTO IN TUTTE LE REGIONI
S
i sono concluse in tutte le regioni le Assemblee per l’elezione dei Presidenti Regionali, dei Consiglieri, dei Delegati Scientifici, dei Consiglieri di Bilancio, dei Revisori dei Conti e dei Delegati all’VIII Congresso Nazionale dell’AAROI che si svolgerà a Napoli dal 7 al 9 dicembre 2005. Il Congresso Nazionale cade in un momento particolare. Anche l’AAROI ha firmato il contratto di lavoro 2002-2005. Nonostante i molti punti positivi a maggio solo noi avevamo deciso di non sottoscrivere la Preintesa. Ma dopo aver in parte migliorato i punti controversi, soprattutto per evitare l’esclusione dalle trattative regionali ed aziendali, nel rispetto delle decisioni assunte dal Consiglio Nazionale, anche l’AAROI il 3 novembre, a soli 57 giorni dalla scadenza del contratto, ha chiuso la partita. In questo scenario complesso e di difficile interpretazione la nostra Associazione celebra a Napoli il suo VIII Congresso Nazionale per fare il bilancio dei tre anni trascorsi e per decidere in che
modo affrontare il futuro. Prima di tutto bisognerà istruire i nostri Rappresentanti Aziendali a gestire al meglio il contratto di lavoro in sede periferica, organizzando Corsi di formazione e aggiornamento itineranti dedicati. Bisognerà inoltre integrare la copertura assicurativa con la tutela giudiziaria. Nell’ambito del programma ECM, bisognerà proseguire nell’offerta di aggiornamento affidando alla SIARED la realizzazione degli eventi. Occorrerà infine migliorare la comunicazione con i nostri iscritti attraverso il potenziamento dell’ufficio stampa, l’aggiornamento periodico del sito internet, recentemente rinnovato e l’invio puntuale del nostro giornale “il Nuovo Anestesista Rianimatore” e della rivista scientifica “Acta Anaesthesiologica Italica”. Auguriamo a tutti i Congressisti buon lavoro e un piacevole soggiorno a Napoli Alle pagine 7-8-9-10 il Programma del Congresso e i risultati delle elezioni regionali
C’è una Napoli che continua a piacere, ad attrarre artisti, attori, turisti, visitatori. C’è una Napoli che vuole essere vista e giudicata “senza pregiudizi”. C’è una Napoli profumata di storia, di sapori, di suoni e di pizza. C’è una Napoli con uno dei centri storici più belli del mondo. C’è una Napoli dei mille presepi. C’è una Napoli che si prepara a festeggiare il Natale. C’è una Napoli che aspetta anche te!
ASSEGNATI DAL MINISTERO DELLA SALUTE PIÙ DI 50 CREDITI ECM
D
opo il successo del 2º Congresso Nazionale, svoltosi a Verona nel settembre 2004, la SIARED propone il 3º Congresso annuale della Società che si rivolge a tutti gli specialisti in anestesia, rianimazione, emergenza, terapia del dolore, terapia iperbarica e a quanti operano nelle specialità affini. L’appuntamento è a Napoli dal 9 al 11 dicembre 2005 e si svolgerà presso il Centro Congressi Città della Scienza. Il Congresso offre l’occasione alla SIARED di confermare la sua presenza sulla scena scientifica nazionale ed internazionale, confermando ancora una volta e a pieno titolo il suo ruolo tra le Società Scientifiche affiliate alla Federazione Italiana delle Società Medico Scientifiche (FISM) e si propone di fornire ai partecipanti un aggiornamento sugli avanzamenti scientifici e culturali degli ultimi anni, nonché di presentare gli attuali indirizzi della ricerca clinica. Il Congresso è un’occasione stimolante e pro-
duttiva d’incontro non solo tra esperti nei vari settori ma anche fra coloro che operano preferenzialmente in specifici contesti clinici, quali la sala operatoria, le terapie intensive, i centri per il trattamento del dolore, le aree di emergenza, ecc. e svolge un ruolo essenziale per lo sviluppo futuro della nostra specialità. Tutte le sessioni congressuali sono state organizzate in modo da fornire, accanto a letture magistrali, un approfondimento dei singoli argomenti, con ampia possibilità di interrelazione con i docenti e in modo che ciascun partecipante possa trovare, in prima persona, sufficiente stimolo alla discussione e alla partecipazione attiva. Fino ad ora il Ministero della Salute ha assegnato alle 16 sessioni del Congresso più di 50 Crediti ECM. Nell’ambito del Congresso verranno presentati i dati dell’indagine svolta lo scorso anno sulla rianimazione neonatale e pediatrica al fine di conoContinua a pagina 4
2 A TUTTI GLI ISCRITTI A.A.R.O.I. Cosa fare per richiedere la Smart Card A.A.R.O.I.
Gli iscritti AAROI in regola con il pagamento della quota associativa dovranno collegarsi all’indirizzo web:
http://www.aaroi.it/smart_card.html e compilare il Modulo elettronico per l’inserimento dei dati allegando anche una fotografia a colori di dimensioni max di 4 cm larghezza x 5 cm altezza. Il file dell’immagine deve essere nominato con “cognome_nome” del soggetto raffigurato. I formati digitali ammessi sono: JPG-GIF-TIF. In caso di impossibilità a trasmettere on-line i dati richiesti (moduli e fotografia digitale) bisognerà rivolgersi ai Presidenti Regionali AAROI che forniranno il necessario supporto. La Smart Card sarà rilasciata gratuitamente a tutti gli iscritti AAROI. Per poter partecipare gratuitamente agli eventi ECM organizzati dall’AAROI per l’anno 2005, gli iscritti devono possedere la Smart Card che si richiede seguendo le istruzioni sopra riportate. Le tessere già pronte saranno consegnate agli interessati dai Presidenti Regionali della nostra Associazione.
SEDE NAZIONALE • Via XX Settembre, 98/E • 00187 Roma • Tel. 06.47825272 • Fax 06.47882016 PRESIDENTE NAZIONALE • Dott. VINCENZO CARPINO • Via E. Suarez, 12 • 80129 Napoli • Tel. 081.5585160 • Fax 081.5585161
Organo Ufficiale dell’A.A.R.O.I.
VICE PRESIDENTE NORD • Dott. BRUNO BARBERIS • Corso Re Umberto, 138 • 10128 Torino • Tel. 011.3299689 - 95511 • Fax 011.3186439 VICE PRESIDENTE CENTRO • Dott. MARCO CHIARELLO • Via Cavalieri di Vittorio Veneto, 34 • 62027 S. Severino Marche (Mc) • Tel. 0733.633601 • Fax 0733.646140 VICE PRESIDENTE SUD • Dott. MARIO RE • Via Michelangelo, 450 • 90135 Palermo • Tel. 091.229678 - 6519428 • Fax 091.6662920
Autorizzazione Tribunale di Napoli 4808 del 18/10/1996
COORDINATORE UFFICIO ESTERI • Dott.ssa RAFFAELLA PAGNI • Via Zuccari, 6/A • 60129 Ancona • Tel. 071.33271 - 5962313 • Fax 071.5962310 SEGRETARIO • Dott. UMBERTO VINCENTI • Via E. Suarez, 12 • 80129 Napoli • Tel. 081.5585160 - 8234797 • Fax 081.5585161 TESORIERE • Dott. LEONARDO A. C. MASULLO • Via E. Suarez, 12 • 80129 Napoli • Tel. 081.5585160 - 7415420 • Fax 081.5585161 ABRUZZO • Dott. Stefano MINORA • Via Galilei, 13 • 64015 Nereto (Te) • Tel. 0861.855371 • Tel. e fax 0861.810476 BASILICATA • Dott. Oronzo MARTINO • Via Potenza, 1 75100 Matera • Tel. e fax 0835.382390 • E-mail:
[email protected] CALABRIA • Dott. Guido MINUTO • Via S. Lucia al Parco, 6 • 89124 Reggio Calabria • Tel. 0965.28039/0982.977356 • Fax 0982.977270 CAMPANIA • Dott. Elio RECCHIA • Via E. Suarez, 12 • 80129 Napoli • Tel. 081.5585160 • Fax 081.5585161 EMILIA ROMAGNA • Dott.ssa Teresa MATARAZZO • Via De’ Romiti, 16 • 44100 Ferrara • Tel. 0532.769596 • Fax 0532.711453 FRIULI-VENEZIA GIULIA • Dott. Sergio CERCELLETTA • Via Scipio Slataper, 2/A • 33100 Udine • Tel. 0432.530144 - 552428 • Fax 0432.552421 LAZIO • Dott. Quirino PIACEVOLI • Via Andrea Barbazza, 154 • 00168 Roma • Tel. e Fax 06.6149007
Direttore Responsabile VINCENZO CARPINO Vice Direttori MARCO CHIARELLO BRUNO BARBERIS MARIO RE Comitato di Redazione GIAN MARIA BIANCHI PAOLO CASTALDI DAVIDE CORDERO GOFFREDO VACCARO
LIGURIA • Dott. Pasquale DE BELLIS • Via di S. Zita, 1/14D • 16129 Genova • Tel. 010.565263 - 56321 • Fax 010.590591 LOMBARDIA • Dott. Gianmario MONZA • Via C. Franchi, 120 • 21040 Cislago (Va) • Tel. e Fax 02.96409202 MARCHE • Dott. Marco CHIARELLO • Via Cavalieri di Vittorio Veneto, 34 • 62027 S. Severino Marche (Mc) • Tel. 0733.633601 • Fax 0733.646140 MOLISE • Dott. Roberto GRAMEGNA • Via delle Orchidee, 23 • 86039 Termoli (Cb) • Tel. 0875.83660 • Fax 0875.702484 PIEMONTE - VALLE D’AOSTA • Dott. Bruno BARBERIS • Corso Re Umberto, 138 • 10128 Torino • Tel. 011.3299689 - 95511 • Fax 011.3186439 PROVINCIA DI BOLZANO • Dott. Gino ACCINELLI • Via Penegal, 8 • 39100 Bolzano • Tel. 0471.272496 - 908111 • Fax 0471.908831 PROVINCIA DI TRENTO • Dott. Giorgio CESARI • Via Man di Sant’Antonio, 17/2 • 38100 Trento • Tel. 0461.921472/903687 • Fax 0461.902422 PUGLIA • Dott. Onofrio DI CANDIA • Via Nazionale, 9/D • 70057 Palese (Ba) • Tel. 080.5302224 - 5423010 • Fax 080.5302224 SARDEGNA • Dott. Paolo CASTALDI • Via Einaudi, 40 • 09127 Cagliari • Tel. 070.664440 - 6094345 • Fax 070.42393 SICILIA • Dott. Mario RE • Via Michelangelo, 450 • 90135 Palermo • Tel. 091.229678 - 6519428 • Fax 091.6662920 TOSCANA • Dott. Fabio CRICELLI • Via S. Donato, 24-4 • 50127 Firenze • Tel. 0573 352423/360415 • E-mail:
[email protected] UMBRIA • Dott. Luigi RINALDI • Strada Piedimonte, 8-D • 05100 Terni • Tel. 0744.205262/306131 • E-mail:
[email protected] VENETO • Dott. Attilio TERREVOLI• Via Berlendis, 9 • 36100 Vicenza • Tel. 0444.993438 - 514988 • Fax 0444.302583
L’A.A.R.O.I. su INTERNET: www.aaroi.it
Direzione, Redazione, Amministrazione VIA E. SUAREZ, 12 - 80129 NAPOLI Tel. 081.5585160 - Fax 081.5585161 e-mail:
[email protected] Progetto grafico realizzazione e stampa MEDIA PRESS s.a.s. Via Manzoni , 54 - 82037 Telese Terme (Bn) www.mdpress.it e-mail:
[email protected]
Il giornale è inviato gratuitamente a tutti gli iscritti all’AAROI Chiuso inRedazione il8novembre 2005 Tiratura: 10.000copie Spedito il14novembre 2005
3 Continua dalla prima pagina
Anche l’AAROI firma il contratto di lavoro. dei regolamenti aziendali sulla P possiedono tutti gli elementi necessari per pervenire a detti valori da ritenere medi sul territorio nazionale”. Ne deriva che in sede di definizione delle linee guida regionali (Coordinamento regionale – art. 9) si potrà precisare il tipo di tariffa da applicare. Tuttavia, la nostra delegazione trattante aziendale e quella intersindacale regionale, avranno la facoltà, se non altro, di discutere sull’entità della tariffa. 3. In tema di guardia in regime libero professionale. Questa norma (articolo 18) rappresenta una possibilità per il dirigente, non un obbligo. L’AAROI suggerirà ai propri Rappresentanti Aziendali di non accettare questa possibilità in virtù del fatto che non appare etico commercializzare prestazioni che ca-
ratterizzano la continuità assistenziale dei nostri reparti. 4. In tema di valorizzazione dell’ora di straordinario. È un tema che sarà discusso in occasione della trattativa sul secondo biennio che è iniziata il 27 ottobre 2005. Certamente i punti negativi non sono stati tutti rimossi, ma bisogna riconoscere che ci siamo dati da fare per migliorarli. Ma la decisione di firmare il contratto ha tenuto conto di altri aspetti: ! I nostri Rappresentanti Aziendali sanno bene quanto valga la loro presenza in contrattazione decentrata: in tale sede si discutono e si definiscono numerosi argomenti, dalle relazioni sindacali, fino alla stesura del contratto integrativo aziendale decentrato. Non firmando il contratto,
l’AAROI sarebbe stata esclusa dalla trattativa aziendale. ! I Presidenti Regionali sanno bene che alcuni accordi regionali a valenza economica (si pensi, ad esempio, alle cosiddette Risorse aggiuntive regionali che mettono a disposizione l’1% del Monte Salari per incrementare il Fondo per la Retribuzione di Risultato delle Aziende) provocano ricadute dirette sugli Anestesisti Rianimatori. Il testo dell’articolo 9 del nuovo contratto prevede la regolamentazione regionale applicativa di ben 9 importanti istituti, alcuni dei quali hanno diretta ricaduta economica. Non firmando il contratto, i nostri Presidenti regionali sarebbero esclusi dalla definizione e conseguente stesura delle “Linee guida regionali”. Un ulteriore aspetto che ha spinto l’AAROI a firmare il contratto è quello relativo ai rapporti con i nostri due alleati della UMSPED, il SNR e l’AIPaC i cui Consigli Nazionali si erano dichiara-
ti, già da tempo, favorevoli alla firma. Non abbiamo voluto rompere questa Unione Sindacale dei Servizi ospedalieri che funziona bene a livello nazionale ma che deve andare altrettanto bene anche a livello Regionale ed Aziendale. A partire dal 3 novembre le Aziende Sanitarie ed Ospedaliere hanno trenta giorni di tempo per provvedere alla erogazione delle competenze economiche, compresi gli arretrati maturati. Archiviato con moderata soddisfazione questo impegno, la delegazione AAROI, insieme a quella del SNR e dell’AIPaC è già al lavoro per chiudere, possibilmente entro il 31/12/2005, anche il secondo biennio economico 2004-2005 e ha già preparato, in applicazione all’art. 9 del Contratto, le Linee guida regionali che saranno la base per promuovere una corretta e produttiva trattativa a livello delle singole Regioni. Ai nostri Presidenti Regionali auguri di buon lavoro. Vincenzo Carpino Marco Chiarello
4 Continua dalla prima pagina
Venerdì 9 dicembre a Napoli inizia il 3º Congresso Nazionale ... scere esattamente la realtà esistente in Italia e quali sono gli ambiti in cui l’anestesista rianimatore è coinvolto nella pratica quotidiana. L’indagine è stata svolta durante i Corsi Itineranti e raccoglie il parere di oltre 1.000 partecipanti. L’apertura ufficiale del Congresso avverrà nel tardo pomeriggio di venerdì 9 dicembre con il saluto di Peter J. Simpson, Presidente del Royal College of Anaesthetists di Londra che quest’anno partecipa quale società straniera ospite. Verrà presentata, nell’occasione, l’indagine anonima svolta in Inghilterra negli anni scorsi sulla “evidence-based practice” in anestesia, rianimazione e chirurgia che ha permesso la conoscenza di un’ampia messe di dati utili per lo sviluppo culturale e scientifico della loro Società. Le sessioni scientifiche avranno inizio alle ore 14:30 di venerdì 9 dicembre e proseguiranno sino a domenica alle ore 13:30, ora in cui è prevista la chiusura dei lavori. Il venerdì e la domenica sono caratterizzati da un evento ciascuno costituito da una sessione plenaria e da 4 sessioni parallele, mentre il sa-
bato prevede due eventi, uno al mattino ed uno al pomeriggio, con le stesse modalità. Come per gli altri anni, nella sessione plenaria verrà introdotto il tema principale che verrà sviluppato nelle sessioni parallele seguendo specifici approfondimenti. Le sessioni parallele lasceranno ampio spazio alla discussione con possibilità di un confronto diretto tra relatori e partecipanti. Alle varie sessioni, e in particolare alle sessioni plenarie, parteciperanno relatori italiani e stranieri, esperti qualificati nello specifico argomento. Nelle giornate in cui saranno presenti i relatori stranieri, è stata prevista la traduzione simultanea per favorire al massimo la comprensione e la comunicazione. Un interesse particolare è stato riservato quest’anno al danno cerebrale dopo insulto ipossico-ischemico acuto e alle attuali e future prospettive di trattamento. Il paziente post anossico rappresenta uno dei principali dilemmi, sia etici che terapeutici, in quanto spesso ci si trova di fronte a situazioni di inguaribilità nonostante gli sforzi profusi nel trattamento della fase acuta della malattia.
La mattina del sabato saranno affrontati temi avanzati di anestesia e rianimazione in campo neonatale e pediatrico, al fine di fare il punto su quanto maturato in questo settore negli ultimi anni. Si affronteranno le problematiche anestesiologiche in rapporto alle nuove tecniche chirurgiche, ma anche alla luce dei grandi progressi raggiunti sia in campo anestesiologico che rianimatorio che nella terapia del dolore. Nel pomeriggio del sabato verrà ripreso il tema della sepsi che, nonostante le nuove possibilità terapeutiche, rimane uno degli argomenti più difficili da trattare per l’alta mortalità che ne può conseguire. La mattina di domenica sarà dedicata ai supporti non ventilatori applicabili al paziente in ventilazione artificiale. Una revisione organica delle possibilità esistenti si ritiene possa essere utile e necessaria per valutare i futuri indirizzi sia nel trattamento del paziente acuto che del paziente cronico domiciliare. Tre ampi spazi sono stati destinati alla presentazione delle comunicazioni libere e per la presentazione orale dei poster prescelti. Tutti i poster accettati saranno presentati in un apposito spazio espositivo presso il quale sarà possibile discutere con gli autori dei lavori. Nelle immediate vicinanze delle aule sarà alle-
stita un’ampia area espositiva che potrà essere visitata continuamente da quanti parteciperanno al Congresso. L’esposizione fornirà la migliore occasione per valutare le nuove proposte del mercato. Quest’anno c’è una novità assoluta. Prima dell’inizio delle quattro sessioni plenarie che si terranno nella Sala Newton le Aziende più importanti presenteranno le novità di recente produzione. Domenica mattina è prevista anche l’assemblea generale degli iscritti della SIARED con l’elezione del nuovo Presidente, che con i Delegati Scientifici Regionali dell’AAROI, già eletti, costituirà il nuovo Direttivo della Società. Napoli in periodo prenatalizio completerà l’opera. La bellezza della natura e dei monumenti storici di cui la città è ricca, il carattere estroverso dei suoi abitanti e la mitezza del clima in questo particolare periodo dell’anno, fanno si che Napoli rappresenti il luogo ideale per un piacevole e sereno soggiorno sia durante i lavori congressuali che nelle ore libere. Il contributo umano e scientifico dei partecipanti unito all’ospitalità partenopea saranno un buon viatico per la migliore riuscita del Congresso. Arrivederci a Napoli. Giuseppe A. Marraro
Positivo il giudizio degli italiani sui nostri ospedali PERÒ PER ACCEDERE ALLE PRESTAZIONI IL 55% DEI MALATI SI FA RACCOMANDARE
G
li italiani sono “affezionati” agli ospedali perché danno loro sicurezza e non li cambierebbero con nessun altro servizio alternativo, ma lamentano alcune disfunzioni, prime fra tutte le liste di attesa. Tanto che molti confessano di dover ricorrere alla “classica” raccomandazione per ottenere prestazioni sanitarie. A fotografare il rapporto fra gli italiani e l’ospedale è il “Monitor biomedico 2005”, realizzato dal Censis e dal Forum della ricerca biomedica su un campione di 1.000 cittadini. Dall’indagine emerge infatti che l’88,5% degli intervistati giudica come “sostanzialmente positiva” l’esperienza propria, o di un familiare, in ospedale. “Promozione” che riguarda l’impegno e la serietà professionale dei medici (84,1%) e degli infermieri (78,2%), l’esito delle cure (83,6%), e la qualità/disponibilità di attrezzature tecnologiche (78,1%). Ma a giustificare il ricorso in ospedale, spesso eccessivo e a volte improprio, sono per il 25,8% degli italiani la scarsità di servizi alternativi sul territorio e soprattutto la capacità dell’ospedale di dare sicurezza ai pazienti, in particolare agli anziani (28,7%). Gli italiani preferiscono l’ospedale anche perché è vicino. In media, i cittadini ne hanno uno a circa 8 km da casa, il 55,9% ne ha uno nel comune di residenza, il 36,6% nella provincia di residenza. E in caso di malattia grave il 23,2% si rivolgerebbe a quello più vicino, il 38,5% al più impor-
tante nella propria regione e il 29,6% al più importante in Italia. Ma non è tutto roseo il rapporto degli italiani con l’ospedale. Il 44% denuncia infatti qualche tipo di problema come: l’eccessiva attesa per le prestazioni (18,7%), atti di maleducazione
(15,1%) e forme di negligenza (13,5%). Ma il punto dolente è nelle “procedure di accesso”. Un problema che costringe molti a ricorrere alla “vecchia” raccomandazione, dura a morire in Italia: oltre il 55%, infatti, per accedere alle prestazioni confessa di aver fatto “ricorso a co-
noscenze” e l’8,7% dichiara addirittura di aver dovuto fare regali anche in denaro. Mentre il 47,2% è stato “costretto a cambiare strutture”, il 24,7% è arrivato tramite il Pronto Soccorso, il 23,5% dice di essere stato dimesso troppo presto e il 21,3% di essere stato trasportato con l’ambulanza in più strutture. Nonostante tutto, gli italiani di fronte a queste difficoltà si limitano a lamentarsi senza fare molto: meno del 27% ha segnalato i fatti a qualche soggetto, e di questi il 12,7% si è rivolto alla ASL, il 7,6% alle organizzazioni di tutela dei diritti del malato e il 4,6% all’autorità giudiziaria. Non solo. Gli italiani si lamentano per le disfunzioni, ma la maggior parte non vuole sostituire l’ospedale con servizi alternativi sul territorio, come ad esempio l’assistenza domiciliare integrata. Di fronte alla possibile chiusura dei piccoli ospedali per trasformarli in ambulatori o in strutture per lungodegenti, infatti, ben il 56% si dice contrario contro il 35% “sostanzialmente favorevole” e l’8% che “non sa rispondere”. Dati contrastanti infine sulla devolution sanitaria. Dalla ricerca del CENSIS è emerso che persiste una maggioranza di favorevoli alla devoluzione sanitaria (dal 56,3% del 2002, al 56,9% del 2003, al 56,3% del 2004) con uno spostamento della “spinta devolutiva” dalle Regioni del Nord a quelle del Centro e meno a quelle del Sud.
Boom di Internet Il 26% delle ricerche riguarda medicina e sanità Internet è da considerare come la forma moderna della classica enciclopedia medica. Il 26% delle ricerche svolte in rete dai 20 milioni di italiani che navigano abitualmente, riguarda informazioni e argomenti di salute, benessere e sanità. Grandi utilizzatori di Internet sono anche i medici: il 21% si aggiorna soprattutto on line. A registrare il successo della rete come fonte di informazione medico-sanitaria è un’indagine presentata dal Censis-Forum per la ricerca biomedica. Sono stati esaminati 190 tra i principali siti sulla salute, divisi in 4 categorie: generalisti, istituzionali, delle aziende farmaceutiche e delle associazioni dei malati.
“Promossi” i siti in italiano. Le informazioni mediche e sanitarie risultano generalmente di buona qualità, attendibili, facili da consultare e aggiornate. Fra i temi chiave nelle home page dei siti analizzati, in testa si trovano ricerche e congressi (74%), seguite dalle diverse patologie (43%) e da informazioni su associazioni di medici e malati (42%). Non mancano anche informazioni sulle normative, sia su temi di sanità (32,6%) sia su diritto alla salute e in generale sui diritti dei malati (13,7%). Trovano grande spazio i farmaci (28,4%) e la prevenzione (25,8%), l’alimentazione e le diete (21%), Io sport e il fitness (12%), l’ambiente (10%). Ultima la malasanità, trattata solo dal 2% dei siti nella pagina iniziale.
La ricerca del Censis-Forum biomedico ha poi dato i voti ai siti analizzati, secondo una scala che va da zero a un massimo di venti. L’affidabilità delle informazioni raggiunge un indice di 11,1, con in testa i siti delle associazioni dei malati; la facilità di ottenere le informazioni cercate si merita 10 ed è maggiore nei siti istituzionali; la varietà dei contenuti si aggiudica 8,5 e la genericità degli argomenti e del modo di trattarli, infine, 5,3. Durante la conferenza stampa gli intervenuti hanno infine sottolineato i rischi della consultazione di siti poco attendibili da parte di utenti con poco spirito critico come anziani o persone con basso livello di scolarità.
5 Acta Anaesthesiologica Italica IL TENTATIVO DI RIPORTARE LA TESTATA AL SUO ANTICO SPLENDORE
T
ra gli adempimenti che erano stati richiesti dalla FISM alla SIARED per il completo riconoscimento quale Società Scientifica affiliabile a pieno diritto alla Federazione, c’era quello della pubblicazione di una propria rivista scientifica. La nostra scelta di riattivare Acta Anaesthesiologica Italica, che oramai da qualche anno aveva sospeso le pubblicazioni, è stata motivata da due ragioni: la prima era di poter disporre immediatamente di una testata già registrata e la seconda di tentare di riportarla allo splendore che aveva avuto negli anni passati. La rivista, si ricorda, ha rappresentato, a partire dagli anni ‘50, un punto di riferimento scientifico e culturale italiano nell’ambito della nostra disciplina. Il processo di riattivazione della rivista è stato lungo e continua ancora oggi anche se nel corso degli ultimi due anni abbiamo maturato una notevole esperienza e si sono poste le basi per un ulteriore sviluppo. Al prof. Giron va il nostro più sentito ringraziamento per aver ricoperto, nella fase iniziale, il ruolo di Direttore Responsabile. Lo scopo che ci siamo prefissati è stato quello di legare la rivista alla vita della nostra Società Scientifica e di diffondere la conoscenza, informare, attrarre l’attenzione, provocare la più ampia discussione nonché di stimolare i lettori a pubblicare le loro esperienze cliniche in modo da uscire dall’isolamento culturale nel quale spesso ci si viene a trovare. Il lavoro dello staff editoriale è orientato a far si che la rivista sia viva e di successo, attragga un elevato numeri di autori che chiedono di pubblicare i loro testi, sia conosciuta ed apprezzata da un gran numero di lettori (oggi si spediscono 8.000 copie per ogni numero pubblicato). La pubblicazione di quattro numeri per anno era un rischio che abbiamo voluto affrontare anche per non allungare eccessivamente i tempi di pubblicazione dei lavori accettati. La paura principale è stata quella di non ricevere articoli a sufficienza e che la rivista avesse tempi di revisione editoriale troppo lunghi. Il primo dubbio, a distanza di due anni, è stato completamente fugato. Abbiamo completato i numeri 3 e 4 del 2005 e stiamo revisionando i lavori che saranno inseriti nel primo numero del 2006. Dopo l’iniziale reticenza nell’invio dei lavori e dopo aver compreso che era nostra intenzione quella di favorire la pubblicazione e non di respingerla, in tanti si sono fatti coraggio ed hanno iniziato ad inviarci i loro elaborati. È stata una positiva sorpresa scoprire in quanti sono attenti agli eventi che ogni giorno caratterizzano il nostro lavoro e all’impegno che si profonde nel segnalare agli altri i propri risultati. In questo senso stiamo stimolando l’interesse dei nostri lettori e dei potenziali autori: il poter conoscere la realtà italiana, in larga parte ancor oggi non conosciuta, e poter fornire una piattaforma di scambio ci è sembrato prioritario. L’edizione contemporanea in italiano ed inglese non è stato un facile lavoro ed ha richiesto e continua a richiedere un grande impegno. La pubblicazione in doppia lingua, italiano ed inglese, non solo ha attirato articoli dall’estero ma ci ha fatto conoscere oltre i nostri confini nazionali. I primi numeri pubblicati ci hanno permesso di capire la linea da seguire, gli errori da evitare e l’ambito entro cui operare. La scelta di avere una rivista d’informazione sembra consolidarsi nel tempo. È quella che manca in ambito nazionale e su questa vale la pena di puntare la nostra attenzione ed i nostri sforzi. La scelta ci sta orientando verso il modello che prevede in ogni numero delle sezioni ben definite con un argomento del giorno di interesse generale, formulato dalla direzione o da uno specialista sul te-
ma, una revisione su invito di un argomento d’ampio respiro nell’ambito della nostra specialità, le opinioni a confronto, gli articoli originali e la presentazione di casi clinici paradigmatici e rari per partecipazione libera di quanti propongono i propri studi e ricerche. La revisione su invito ha il compito di fornire un aggiornamento, possibilmente conciso e mirato, sui vari aspetti clinici della nostra specialità. È nelle nostre intenzioni, nell’ottica della futura ristrutturazione del board editoriale che dovrebbe prevedere la nomina di 5 editori associati uno per branca principale, che ciascuno degli editori associati fornisca annualmente una revisione di ampio respiro preparata da lui stesso. Gli articoli originali vengono scelti non soltanto per la loro originalità, bensì per le nuove vedute, per gli aggiornamenti o per le visioni particolari che possono fornire su un argomento noto. È bene ricordare che devono essere inviate non solo le ricerche con esito positivo ma anche quelle in cui i risultati sono stati negativi. Non si è molto propensi a segnalare dati negativi anche se sono di estrema importanza. Spesso gli effetti indesiderati vengono sottintesi o sottovalutati. La conoscenza di essi permette di potere attuare tutti i provvedimenti necessari a migliorare il risultato finale. I casi clinici rari rappresentano un tesoro che bisogna curare e conservare gelosamente. Molte delle nostre esperienze cliniche rivestono il carattere di assoluta novità. La possibilità di poter disporre di un archivio facilmente consultabile rappresenta una meta ambiziosa che vorremmo perseguire. È responsabilità del Direttore Editoriale assicurare che il processo di revisione sia stato effettuato in modo onesto e altamente professionale ed è suo compito la decisione finale nel caso in cui il
parere dei revisori non sia stato unanime. La decisione finale va presa valutando l’importanza, l’originalità, la chiarezza e la rilevanza del lavoro per la specifica rivista a cui è stato sottoposto. I revisori degli articoli sono ancora oggi difficili da individuare e si deve contare attualmente sulla disponibilità di alcuni volenterosi. Molti esperti sono già impegnati con altre riviste, pochi sono i reali competenti in alcuni ambiti specifici, il lavoro è gratuito e spesso ingrato perché gli autori si ribellano e accettano mal volentieri i commenti ed i suggerimenti che vengono diretti al loro elaborato. La serietà della revisione è essenziale ed indispensabile al fine della pubblicazione e serve a garantire il reale valore e l’onestà della ricerca. Le maggiori fonti di ansietà ci derivano da: 1. certezza che il comitato etico abbia accettato lo studio e che tutti i requisiti per la pubblicazione siano stati assolti. 2. L’analisi statistica che dimostri la serietà e la validità dello studio o della ricerca. 3. Pubblicazioni doppie. La pubblicazione doppia non ha un senso logico e può essere giustificata soltanto se il linguaggio usato nelle due pubblicazioni è differente e se le due riviste hanno differente taglio e differenti tipologie di lettori. In ogni caso, entrambi gli editori delle due riviste devono acconsentire alla pubblicazione. 4. Le voci bibliografiche e la loro accuratezza sono responsabilità dell’autore ma questo malauguratamente non accade e spesso circa il 50% delle voci citate sono non corrette. Il Vancouver Group of the International Committee of Medical Journal Editors ha deciso di unificare il formato delle pubblicazioni che a tutt’oggi viene usato, per cui il lavoro consiste nel Titolo, Titolo corrente, Riassunto (attualmente questo è strutturato), Parole chiave, Introduzione, Metodi e Materiali, Risultati, Discussione, Conclusioni, Ringraziamenti, Istituto di appartenenza, Conflitto d’interesse e Voci Bibliografiche. È auspicabile che tutti gli autori si uniformino nella preparazione del manoscritto da pubblicare. Dove vogliamo andare nel prossimo futuro? 1. Definizione del board editoriale e chiamata in collaborazione degli editori associati. Le aree di competenza dovrebbero essere l’anestesia, la rianimazione e la terapia intensiva, la terapia del dolore, l’emergenza, la terapia iperbarica. Inoltre si prevede di richiedere la collaborazione di editori associati per le branche specialistiche che fanno parte del nostro lavoro giornaliero quali, per citarne solo alcune, la neonatologia e la pediatria, l’ostetricia, la cardiochirurgia e la neurochirurgia. 2. Inserimento della rivista nel Medline o quantomeno nell’Index Medicus. Per ottenere questo è indispensabile che la pubblicazione avvenga puntualmente nei tempi stabiliti, che le voci bibliografiche siano corrette e che i refusi siano limitati. 3. Pubblicazione bimestrale. Richiede un notevole impegno redazionale e il reperimento di risorse economiche aggiuntive. Una delle ipotesi più percorribili sembra quella di aumentare la pubblicità all’interno di ogni numero della rivista. 4. Possibilità di lettura della rivista on line. Anche se non tutti sono disposti a passare delle ore davanti al computer, sempre più persone ne fanno quotidiano uso. Il disporre della rivista on line permetterebbe un’edizione più veloce prima di arrivare alla versione su carta. La rivista è un strumento indispensabile per una Società Scientifica, ma ha necessità di un continuo aggiornamento per renderla più utile ed appetibile ai lettori, ha bisogno assoluto della collaborazione di tutti in quanto il tempo impiegato e per il suo sviluppo verrà ripagato in soddisfazione per i risultati raggiunti. Giuseppe Marraro
Le linee guida non sono dogmi
S
e le linee guida – in particolare quelle classificabili evidence-based guidelines (Ebg) – rappresentano delle “raccomandazioni di comportamento clinico” per trattare nel modo migliore il malato affetto da determinate malattie, che non possono comprimere – fino ad annullarla – l’autonomia del professionista, non è ammissibile ritenere, tout court, che il sanitario, il quale non ne abbia fatto applicazione, sia in colpa sulla base di una presunzione legale assoluta, che non ammette prova contraria (art. 2728 cc.). Esse, infatti, fanno riferimento a un paziente astratto, non a quel “particolare” paziente che il medico deve in concreto curare, e quindi non possono avere un valore perentorio nei singoli casi, pure se forniscono rilevanti elementi per valutare la diligenza del sanitario. È stato già ricordato che la Corte Costituzionale ha sottolineato che non esistono “norme di leg-
ge statale esplicitamente volte a disciplinare l’ammissibilità delle pratiche terapeutiche (...) in generale” e, di conseguenza, a fortiori, l’applicazione fedele e acritica delle linee guida non può essere considerata un obbligo giuridico. Negare un margine di autonomia decisionale nella scelta terapeutica pure in presenza di linee guida affidabili, pertanto, comporterebbe l’inaccettabile conseguenza di creare una nuova figura di sanitario: il medico-computer. Peraltro – come ammonisce l’art. 12 del codice deontologico, espressamente richiamato dalla Consulta nella sentenza n. 282/2002 – la “piena autonomia nella programmazione, nella scelta e nella applicazione di ogni presidio diagnostico e terapeutico” riconosciuta “al medico” non costituisce esonero da responsabilità, poiché “le prescrizioni e i trattamenti devono essere ispirati ad aggiornate e sperimentate acquisizioni scientifi-
che” e anche perché il sanitario “è tenuto ad una adeguata conoscenza (...) delle caratteristiche di impiego dei mezzi terapeutici e deve adeguare, nell’interesse del paziente, le sue decisioni ai dati scientifici accreditati e alle evidenze metodologicamente fondate”. Si deve dedurre, dunque, che anche le raccomandazioni date con il primo tipo di documento (Ebg) non costituiscono dogmi, né possono obbligare a seguire determinati trattamenti o impedire la scelta – purché fondata su serie e ragionevoli motivazioni – di altri itinerari terapeutici e, pertanto, la semplice esistenza di una linea guida – in particolare se qualificabile non evidence-based non giustifica la conclusione che una condotta professionale conforme a essa sia stata corretta in tutte le circostanze o, al contrario, che l’inosservanza delle indicazioni ivi formulate sia comunque sintomo di negligenza,
imprudenza o imperizia. Il giudice – chiamato a decidere sulla responsabilità di un medico per la mancata osservanza di una linea guida – deve in ogni caso valutare in concreto, rispetto al caso in esame, l’inadeguatezza o meno della condotta tenuta dal professionista nella cura del paziente, in relazione alla specificità del caso clinico in esame e al contenuto e all’autorevolezza scientifica del singolo documento. Le linee guida devono quindi essere utilizzate a fini medico-legali “con prudenza ed equilibrio”, tenendo presente non solo la discrezionalità tecnica dell’agire del medico nel singolo caso clinico, ma anche la coesistenza, in un determinato contesto storico, di più alternative di cura scientificamente convalidate per una stessa malattia. (...) Il sanitario, dunque, se ritiene in scienza e coscienza di discostarsi dalle indicazioni risultanti dalle linee guida, ha il dovere di motivare le sue scelte difformi.
6 Di parti mento
D
i – La notte e il dì. Due compresse al dì. Buondì. Parti – Dividi in parti uguali. Le parti di una commedia. A che ora parti? Mento – Mento sfuggente. Mento sapendo di mentire. Giochi di parole. Le parole giocano tra loro, come bambini, o come clown. Il Dipartimento nei nostri ospedali. Una gran bella istituzione. Un gran bel cabaret. Non un cabaret di “paste” (magari lo fosse), ma piuttosto un cabaret di “piste” di lavoro, “poste” tra Primari che ne dicono “peste”. “Imposte” dall’alto perché “supposte” necessarie e “deposte” nei cassetti perché non “disposte” a dare “risposte”. Giochi di parole. Vediamo la parola “dipartimento”: non è che dia molta soddisfazione. Ad esempio, il Dipartimento di Chirurgia. “Dì: par ti mento, di Chirurgia”. Come dire: “Dì un po’: pare che ti dica menzogne sulla Chirurgia”. Dipartimenti come “compartimenti” “stagni”. Come dire che i nostri reparti sono blocchi sigillati, in un’atmosfera ... stagnante. “Comitati di Dipartimento” fa pensare a gomitate in uno scompartimento di un treno affollato. Sarebbe certo più simpatico se le riunioni del Comitato di Diparti-
mento fossero fatte da un “Comicato di Divertimento”, diretto da un Patch Adams, con tanto di titoli e di curriculum (Circo di Mosca, Zelig). Il Dipartimento, comunque, è veramente una gran bella istituzione. “E come nasce?” – potrebbe chiedere qualcuno. Beh, era nato tanti anni fa. Un po’ in anticipo, e quindi inaspettato. Non in una sala parto, ma al pronto soccorso che, per festeggiare la neonata creatura, cambiò nome. Prese, al posto di due parole maschili (pronto, soccorso), ormai fuori moda (perché soccorrere? e perché prontamente?) e anche maschiliste, due parole femminili (emergenza, accettazione), emergenti e bene accette oltre che anche molto femministe, tanto femministe da essere considerate come una Dea. E proprio DEA fu il nome del primo Dipartimento dell’era moderna. Le parole continuano a giocare tra di loro. Oggi i Dipartimenti sono cresciuti, alcuni sono adulti, altri sono adulterati, altri ancora sono adusumdelphini. Spesso gli Anestesisti Rianimatori si trovano non nel Dipartimento di Emergenza e Accettazione o di Area Critica, bensì nel Dipartimento di Chirurgia. E questo a causa della loro origine, cioè della loro “Emergenza” dall’utero materno, ovvero dal chirurgo, ma soprattutto a causa della loro “Accettazione” del volere paterno,
EURO-SPECIALITÀ Le monete europee sono ormai cresciute e molti Euro hanno fatto anche l’università, si sono laureati in Medicina e si sono specializzati. C’è unnEuro-Chirurgo, unnEuro-Radiologo, unnEuro-Fisiologo, unnEuro-Rianimatore”.
ovvero del chirurgo. Ma scordiamoci il passato e guardiamo al futuro in un’ottica “dipartimentale”. Noi Anestesisti Rianimatori dobbiamo considerare il collega Chirurgo non come un hostis (nemico), ma come un hospes (ospite), che ci ospita nella sua sala, come se fosse un salotto. Le parole non vogliono proprio smettere di giocare. Hospes = ho spes, ho speranza ... che possiamo lavorare bene insieme. Conoscerci e apprezzarci nelle nostre diversità, diversità peculiari e assolutamente fondamentali per il buon andamento della “medicina peri-operatoria”. Una nuova specialità? No, un vecchio modo di seguire il malato dal principio alla fine, insieme e in sintonia perfetta. “L’altro poi va rispettato e accolto proprio nella sua differenza irriducibile, nella sua alterità” (Enzo Bianchi). Rispettarci e accoglierci, condividere e aiutarci, specie quando ci sono momenti di difficoltà, di crisi, di dolore. “La douleur c’est un moyen pour connaître l’autre” (Il dolore è un modo per conoscere l’altro) ha detto Emile Shoufani, parroco di Nazareth, che ha aperto una scuola frequentata da bambini ebrei e arabi, cristiani e musulmani. Gian Maria Bianchi
La sanità americana, grande business e cattiva medicina
L’
analisi sullo stato della Sanità americana è spietata. La Sanità americana – scrivono Donald L. Barlett e James B. Steele in Critical condition: how health care in America became big business & bad medicine (Doubleday, New York, 2004) – è diventata una lotteria. Se lavori per una grande impresa che ti concede generosi benefici, tu vinci; se lavori per una piccola compagnia o se sei un lavoratore autonomo, tu perdi. Perdono sicuramente i quarantaquattro milioni di cittadini americani che non sono protetti da alcuna forma assicurativa perché non si possono permettere di pagare il premio o perché il loro rischio è così alto che nessuno li assicura. Loro sono quelli che non cercano aiuto a meno che non siano moribondi, che ritardano un test o un
IL REBUS
intervento chirurgico finché la loro condizione non diventa acuta, o che – a causa della vergogna di non essere in grado di pagare – rinunciano a un
trattamento finché è troppo tardi. Di questi, 18.000 muoiono ogni anno. Oltre i quarantaquattro milioni, altre decine di milioni sono sottoassicurati, godendo solo di una copertura marginale: di fronte a una malattia grave o a un serio infortunio vengono spazzati via. Oltre a questi, altre decine di milioni rischiano di perdere tutti i loro risparmi o di finire in bancarotta se loro o un loro familiare si ammala di una patologia cronica o disabilitante. Il libro di Barlett e Steele ha il ritmo incalzante dell’inchiesta giornalistica, con una grande mole di documentazione che mette impietosamente a nudo difetti e misfatti della Sanità americana. Ma il vero pregio del lavoro dei due giornalisti - entrambi premi Pulitzer - è quello di scavare alla ricerca delle cause della “critical condition” e di far capire ai lettori come e perché si è arrivati a tutto questo.
7
8 ABRUZZO Presidente Stefano MINORA
Delegato Scientifico Tiziano ROSAFIO
Consiglieri Regionali Roberto PESCIALLO (L’Aquila) Carmelo FRASTI (Chieti) Michele FAVALE (Pescara) Giuseppina DI DONATO (Teramo)
Consiglio di Bilancio Giampiero DELL’ELCE
Revisori dei Conti Nicola ANGELUCCI Vincenzo FIORÀ Lucio GRANDE
BASILICATA Presidente Nicola SCACCUTO
Delegato Scientifico Marcello RICCIUTI
Consiglieri Regionali Francesco CAMPANILE (Napoli) Tommaso DI FLUMERI (Napoli) Benedetta FINELLI (Napoli) Giuseppe GALANO (Napoli) Vittoriano L’ABBATE (Napoli) Delia LUCUGNANO (Napoli) Antonio MADDALENA (Napoli) Antonio MAIELLO (Napoli) Giancarlo MAIO (Napoli) Giuseppe ORIOLO (Napoli) Antonio Ercole ROSSI (Napoli) Roberto MANNELLA (Caserta) Amalia PALMISANO (Caserta) Mario GUARIGLIA (Salerno) Alfonso NATALE (Salerno) Matilde PICILLI (Salerno) Maurizio GRECO (Avellino) Mattia IORILLO (Benevento)
Consiglio di Bilancio Luigi MEROLA
Revisori dei Conti Sergio LOBOSCO Giovanni MANFREDI Michele SENNECA
Consiglieri Regionali Alfredo FILIPPONE (Potenza) Giovanni GAZZANEO (Potenza) Giuseppe PETRECCA (Potenza) Mauro ROSUCCI (Potenza) Alessandro BRUNO (Matera) Rocco CASALASPRO (Matera)
Consiglio di Bilancio Francesco ALLEGRINI
Revisori dei Conti Bruno ALESSANDRO Delia CARLO Giovanni GAZZANEO
CALABRIA Presidente Guido MINUTO
Delegato Scientifico Annibale MUSITANO
Consiglieri Regionali Pietro FILICE (Cosenza) Mario NIGRO (Cosenza) Pino PASQUA (Cosenza) Giovanni MALTESE (Catanzaro) Giuseppe PIRAINA (Catanzaro) Gianfranco ROCCA (Catanzaro) Italia ALBANESE (Reggio Calabria) Pasquale MAMONE (Reggio Calabria) Rocco MILICIA (Reggio Calabria) Armando CRUPI (Vibo Valentia) Nicola COLACINO (Crotone)
Consiglio di Bilancio Dario VITELLARO
Revisori dei Conti Rocco CHIARO Luigi Francesco IDA Antonino MEDURI
CAMPANIA Presidente Elio RECCHIA
Delegato Scientifico Marco INGROSSO
EMILIA - ROMAGNA Presidente Teresa MATARAZZO
Delegato Scientifico Paolo GREGORINI
Consiglieri Regionali Deanna CANGINI (Bologna) Francesca CATALDI (Bologna) Silvia MONTEFIORI (Bologna) Andrea NANNI (Cesena-Forlì) Enzo VALTANCOLI (Cesena-Forlì) Marco RAMBALDI (Modena) Paolo FRACASSI (Rimini) Rodolfo GALLI (Ravenna) Teresa MATARAZZO (Ferrara) Maurizio LECCABUE (Parma) Stefano AGOSTI (Piacenza) Antonio CHIOSSI (Reggio Emilia)
I risultati delle e LAZIO Presidente Quirino PIACEVOLI
Delegato Scientifico Nicola PIROZZI
Consiglieri Regionali Paolo BARTOLI (Roma) Giorgio BATTISTI (Roma) Paolo BORGONUOVO (Roma) Fabrizio BURATTI (Roma) Paolo COSTANTINO (Roma) Massimo DI CARLO (Roma) Antonio DI LAURO (Roma) Antonio FABBRI (Roma) Gianfranco FUSCO (Roma) Luisa GATTA (Roma) Angelo GIULIANI (Roma) Giacomo MARCHETTI (Roma) Massimo MORESCHINI (Roma) Massimo PERFETTI (Roma) Andrea PINTO (Roma) Concetta PUGLIESE (Roma) Maria Carla SIRGIOVANNI (Roma) Alessandro STEFANELLI (Roma) Sergio TARQUINI (Roma) Carmelo TRAMONTANA (Roma) Marco TRAVERSA (Roma) Saverio MANFRELLOTTI (Frosinone) Giuseppe TROMBETTI (Latina) Pierluigi SANTORO (Rieti) Giancarlo MUZZI (Viterbo)
Consiglio di Bilancio Fabio AZZERI
Revisori dei Conti Daniela CUCCOLI Lorenzo GIONFRA Francesca PRINCIPI
LIGURIA Presidente Pasquale DE BELLIS
Consiglio di Bilancio
Delegato Scientifico
Luigi CAMPANIELLO
Salvatore PALERMO
Revisori dei Conti
Consiglieri Regionali
Marina MALAGODI Cesare MAZZONI
Claudio BALDINI (Genova) Luigi Massimo CARBONE (Genova) Erasmo MIGLIACCIO (Genova) Giovanni MONTOBBIO (Genova) Maria Luisa POLLAROLO (Genova) Alberto QUARATI (Genova) Claudio FARALDI (Imperia) Enrico NERI (Imperia) Alessandro DAGNINO (Savona) Giuseppe RATTO (Savona) Paolo ALIBRANDI (La Spezia) Andrea CARPENSANO (La Spezia)
FRIULI VENEZIA-GIULIA Presidente Sergio CERCELLETTA
Delegato Scientifico Luciano SILVESTRI
Consiglieri Regionali Lorenzo CEREATTI (Udine) Fabio FABIANI (Pordenone) Alessandro ROTIGNI (Trieste) Romano GUERRA (Gorizia)
Consiglio di Bilancio Ignazio MANNO
Revisori dei Conti Giovanni Battista BLASUTTIGH Ugo DA BROI Stefano PUSSINI
Consiglio di Bilancio Francesco ROBBIANO
Revisori dei Conti Roberto APPRATO Roberto PEDEMONTE Paolo RIVERSO
LOMBARDIA Presidente Gianmario MONZA
Delegato Scientifico Carlo CAPRA
Consiglieri Regionali Giuseppe AMBROSINO (Milano) Elena ASSI (Milano) Giovanna BATTAGLIA (Milano) Maria Grazia BONALUMI (Milano) Antonino FRANZESI (Milano) Fabio MOTTA (Milano) Paolo NOTARO (Milano) Giuseppe RIPOLI (Milano) Marco TORRICELLA (Milano) Manuel MORETTI (Bergamo) Fabrizio BORDIGA (Brescia) Dario COLOMBO (Como) Luigi ROSSETTI (Cremona) Giorgio FALBO (Lecco) Domenico FURIOSI (Lodi) Sergio FUSCO (Mantova) Gian Ruggero PORRO (Pavia) Vincenzo VARESIO (Sondrio) Giosuè MEAZZA (Varese) Carolina ZANNONI (Varese)
Consiglio di Bilancio Giosuè MEAZZA
Revisori dei Conti Nicola LADIANA Claudio Marco LAUDI Giuseppe RAMELLA
MARCHE Presidente Marco CHIARELLO
Delegato Scientifico Raffaella PAGNI
Consiglieri Regionali Vito CARFI (Ancona) Marco CARUSELLI (Ancona) Massimo MOSCHINI (Ancona) Pietro SAVELLI (Ancona) Luigi NARDI (Macerata)
9
elezioni regionali Giacomo FAGIANO (Torino) Gilberto FIORE (Torino) Carlo FRANCO (Torino) Pier Mario GIUGIARO (Torino) Mauro PASTORELLI (Torino) Fabrizio CASSINI (Alessandria) Andrea PELLEGRINO (Cuneo) Enrico RAVERA (Cuneo) Silvano CARDELLINO (Asti) Gualtiero CORDERO (Novara) Arturo CITINO (Vercelli) Francesco TIBOLDO (Biella) Carlo MAESTRONE (Verbania)
Consiglio di Bilancio Giuseppe CORNARA
Revisori dei Conti Maria Luisa BELLERO Gigliola BELFORTE Paolo COSTA
PUGLIA Presidente Antonio AMENDOLA
Delegato Scientifico Gaetano PERCHIAZZI Riccardo PIANA (Macerata) Amerigo FILIPPINI (Pesaro - Urbino) Gian Paolo RINALDINI (Pesaro - Urbino) Augusto SANCHIONI (Pesaro - Urbino) Mario NARCISI (Ascoli - Fermo) Stefano VENTRELLA (Ascoli - Fermo) Rinaldo VILLA (Ascoli - Fermo)
Consiglieri Regionali
Delegato Scientifico Emanuele SCARPUZZA
Consiglieri Regionali Pier Giorgio FABBRI (Palermo) Domenico GARBO (Palermo) Giuseppe GIAMMONA (Palermo) Michele RIILI (Palermo) Giuseppe SCAFIDI (Palermo) Salvatore Giuseppe BONO (Agrigento) Gerlando GALLO AFFLITTO (Agrigento) Francesco ANGELO (Trapani) Goffredo VACCARO (Trapani) Michele BAJO (Caltanissetta) Salvatore FERRIGNO (Caltanissetta) Ezio DE ROSE (Enna) Roberto TROVATO (Enna) Santo Vincenzo MILARDI (Ragusa) Granco GIOIA PASSIONE (Siracusa) Francesco SFERRAZZO (Siracusa) Pietro CIADAMIDARO (Catania) Giuseppe GENNARO (Catania) Corrado MARESCA (Catania) Bernardo ALAGNA (Messina) Filippo BELLINGHIERI (Messina) Salvatore PINTALDI (Messina)
Consiglio di Bilancio Antonino TUTONE
Revisori dei Conti Salvatore MONTALTO Emanuele SCARPUZZA Giustino Patrizio STRANO
Aldo ROSSI (Perugia) Settimo BRONZETTII (Terni) Sandro MORELLI (Terni)
Consiglio di Bilancio Simonetta TESORO Revisori dei Conti Massimo RENZINI
VENETO Presidente Attilio TERREVOLI
Delegato Scientifico Giampiero GIRON
Consiglieri Regionali Luciano LAMARCA (Venezia) Ivo MARTINELLI (Venezia) Angelo MANGANO (Padova) Flavio MICHIELAN (Padova) Fiorenzo LATERRA (Belluno) Pantaleo CORLIANÒ (Vicenza) Silvio MARAFON (Vicenza) Maria Grazia MAGGIOLINI (Treviso) Giampiero RUZZI (Treviso) Riccardo DROGHETTI (Rovigo) Vinicio DANZI (Verona) Massimo LINCETTO (Verona)
Consiglio di Bilancio Flavio MICHIELAN
Revisori dei Conti Francesco Maria CIRILLO Vincenzo TRIPALDI Mario Annunziato RODÀ
Presidente
Consiglio di Bilancio
Michele Luigi DEBITONTO (Bari) Vito DELMONTE (Bari) Francesco PROTO (Bari) Luciano DE MUTIIS (Foggia) Leonardo D’ERRICO (Brindisi) Maurizio LEUCCI (Lecce) Giovanni ANDRIULLI (Taranto)
Adriana PAOLICCHI
Presidente
Ernesto LANGIANO
Consiglio di Bilancio
Consiglieri Regionali
Massimo BERTELLI
Revisori dei Conti
Leonardo D’ERRICO
Delegato Scientifico
Giovanna GRANATA Fabio SANTELLI Giuseppe TAPPATÀ
Revisori dei Conti
Marco DAL DOSSO (Firenze) Paolo FONTANARI (Firenze) Massimo ROMITI (Firenze) Giovanni BERTELLI (Empoli) Carlo SANTARINI (Massa) Daniela BOCCALATTE (Lucca) Raffaele D’ALESSANDRO (Lucca) Fabio CRICELLI (Pistoia) Rodolfo CAMBI (Prato) Sauro COLOMBINI (Pisa) Adriana PAOLICCHI (Pisa) Giancarlo ROSSI (Livorno) Stelio ALVINO (Siena) Cesare VITTORI (Siena) Antonio GATTO (Arezzo) Roberto RAINIS (Grosseto)
Consiglio di Bilancio
Provincia di TRENTO
Marco LIBRENTI
Presidente
Revisori dei Conti
Giorgio CESARI
Massimo ARENA Marco LIBRENTI Sergio PITTINO
Delegato Scientifico
Anna Maria NATOLA Francesco PROTO Marco VIRNO
MOLISE Presidente
SARDEGNA
Roberto GRAMEGNA
Presidente
Delegato Scientifico
Paolo CASTALDI
Romeo FLOCCO
Delegato Scientifico
Consiglieri Regionali
Giovanni Maria PISANU
Mariano FLOCCO (Campobasso) Mariarosaria SANTOLI (Campobasso) Fulvio ALOJ (Isernia) Maria Luigia DI PALMA (Isernia)
Consiglieri Regionali
Consiglio di Bilancio Giovanni DI GIROLAMO
Revisori dei Conti Alfonso BARTOLOMUCCI Angelo GIANNANTONIO
Maria Luisa BOI (Cagliari) Luca PATRIGNANI (Cagliari) Cesare IESU (Cagliari) Vittorina OLIANAS (Oristano) Luciano SIMULA (Nuoro) Giuseppa CANESTRELLI (Sassari) Roberto FODDANU (Sassari) Demetrio Mario VIDILI (Sassari)
TOSCANA Fabio CRICELLI
Delegato Scientifico
Provincia di BOLZANO
Franco AURICCHIO
Consiglieri Regionali Dietmar CAPPELLO (Merano) Loris FABBRO (Bolzano) Josef Walter LUNGER (Bressanone) Marco PIZZININI (Brunico)
Consiglio di Bilancio Francesco BALDINELLI
Revisori dei Conti Dietmar CAPPELLO Adriano FURLAN Erwin MORESCO
Maurizio AZZOLINI
Consiglieri Regionali
Consiglio di Bilancio Fernanda DIANA
UMBRIA
Revisori dei Conti
Presidente
Mariano CABRAS Giovanni CASALLONI Giuseppe LIPERI
Luigi RINALDI
Guido GIRARDI (Trento) Gabriele LELI (Cles) Massimo PANOZZO (Trento) Diego WELBER (Rovereto)
Delegato Scientifico
Consiglio di Bilancio
Alcide MORONI
Giovanni PEDROTTI
Gian Maria BIANCHI
SICILIA
Consiglieri Regionali
Revisori dei Conti
Consiglieri Regionali
Presidente
Laura BURBI (Torino)
Mario RE
Alvaro CHIANELLA (Perugia) Sergio FALCONI (Perugia) Fabio GIAIMO (Perugia)
Gianni GASPEROTTI Massimo NASCIMBENI Franco PAROTTO
PIEMONTE VALLE D’AOSTA Presidente Bruno BARBERIS
Delegato Scientifico
10 I delegati eletti per l’VIII Congresso Nazionale ABRUZZO Nicola ANGELUCCI Giovanna FEDELE Lucio LATTANZI Umberto PANTANO
BASILICATA Maria Carmela BRANDO Alfredo Filippone
CALABRIA Italia Rosa ALBANESE Nicola COLACINO Raffaele D’ANTONA Vincenzo FELICE Francesco FUNARI Antonio TALESA
CAMPANIA Vincenzo BANCONE Pasquale CAPUTO Antonio CORCIONE Pompilio DE CILLIS Bruno DE LOS RIOS Tommaso DI FLUMERI Benedetta FINELLI Antonio FRANGIOSA Mario GUARIGLIA Marco INGROSSO Vittoriano L’ABBATE Lucia LOMBARDI Roberto MANNELLA Antonio Ercole ROSSI Umberto VINCENTI Simone VISCARDI Enrico ZOLLO
EMILIA - ROMAGNA Deanna CANGINI Francesca CATALDI Gilberto GALLERANI Rodolfo GALLI Attilio JUBLIN Silvia MONTEFIORI Andrea NANNI Marco RAMBALDI Elis SACCHI Enzo VALTANCOLI
FRIULI VENEZIA GIULIA Fabio FABIANI Lorella SUSSI Lucia DAL POS Massimiliano SALTARINI Marzia UMARI
LAZIO Salvatore ALARIO Giorgio BATTISTI Claudio BEVILACQUA Massimo BOGLIONE Luca COLANTONIO Edoardo DE RUVO Massimo DI CARLO
Antonio DI LAURO Gaetano DRAISCI Antonio FABBRI Eufrasia FRATTARELLI Luisa GATTA Lorenzo GIONFRA Angelo GIULIANI Santo LAGANÀ Giacomo MARCHETTI Felice OCCHIGROSSI Antimo PASSARETTA Giulio PIERETTORI Francesca PRINCIPI Concetta PUGLIESE
LIGURIA Paolo ALIBRANDI Massimo CARBONE Riccardo CELENTANO Pasquale DE BELLIS Enrico NERI Alberto QUARATI
LOMBARDIA Giuseppe AMBROSINO Elena ASSI Giovanna BATTAGLIA Maria Grazia BONALUMI Carlo CAPRA Dario COLOMBO Giorgio FALBO Sergio FUSCO Paolo GALIMBERTI Claudio Marco LAUDI Giuseppe Alfonso MARRARO Giosuè MEAZZA Manuel MORETTI Fabio MOTTA Paolo NOTARO Gian Ruggero PORRO
Luigi ROSSETTI Marco TORRICELLA Vincenzo VARESIO Carolina ZANNONI
Maurizio LEUCCI Francesco PROTO Marco VIRNO
SARDEGNA MARCHE Marco CARUSELLI Amerigo FILIPPINI Gilberto SASSAROLI Pietro SAVELLI Stefano VENTRELLA
Raffaele DE FAZIO Roberto FODDANU Cesare IESU Assunta MARONGIU Luciano SIMULA
SICILIA MOLISE Angelo GIANNANTONIO Carmine IERMANO
PIEMONTE VALLE D’AOSTA Bruno BARBERIS Pierluigi CALDARA Fabrizio CASSINI Arturo CITINO Gilberto FIORE Laura LORENZELLI Carlo MAESTRONE Domenico MALARA Mauro PASTORELLI Alberto PULISERTI Enrico RAVERA Antonio SACCO Vincenzo SEGALA
PUGLIA Giovanni ANDRIULLI Luciano DE MUTIIS Michele Luigi DEBITONTO Vito DELMONTE Leonardo D’ERRICO Fernando GRASSO
Michele BAJO Salvatore Giuseppe BONO Massimo CALÌ Pier Giorgio FABBRI Domenico GARBO Giuseppe GIAMMONA Antonino MONTEVERDE Salvatore NICOSIA Corrado Amedeo PRESTI Giuseppe SCAFIDI Emanuele SCARPUZZA Antonino TUTONE Antonio ZANGHI
TOSCANA Giovanni BERTELLI Rodolfo Alfonso CAMBI Sauro COLOMBINI Paolo FONTANARI Antonio GATTO Graziana GIANNONI Adriana PAOLICCHI Roberto RAINIS Giancarlo ROSSI Carlo SANTARINI Cesare VITTORI
UMBRIA Alvaro CHIANELLA Sergio FAUSTO Sandro MORELLI Nicola ROBERTI
VENETO Stefano AVANZI Paolo BONFANTE Pantaleo CORLIANÒ Vinicio DANZI Fiorenzo LATERRA Maria Grazia MAGGIOLINI Angelo MANGANO Silvio MARAFON Ivo MARTINELLI Flavio MICHIELAN Mario Annunziato RODÀ Giampiero RUZZI
PROVINCIA di BOLZANO Giuseppe CAPOZZOLI
PROVINCIA di TRENTO Massimo NASCIMBENI
11 I sistemi di clinical governance UN CONTRIBUTO DEI DIRETTORI DELLE AZIENDE SANITARIE PREMESSA
Un gruppo di direttori di aziende sanitarie pubbliche del Paese ha aderito al network della SDA Bocconi che si propone l’obiettivo di approfondire le condizioni che permettono di realizzare qualità, efficienza, competenza, appropriatezza, capacità di raggiungere gli obiettivi delle prestazioni all’interno delle aziende pubbliche. Il primo degli incontri del 2005 è stato dedicato al tema della clinical governance, proprio perchè il rapporto con i professionisti è elemento vitale delle aziende sanitarie. La rilevanza del “governo clinico”, quale tema che in questi ultimi tempi ha spesso alimentato un acceso dibattito sui sistemi di tutela della salute a livello nazionale e internazionale, è in genere riferita a due differenti fenomeni: n daun lato l’insoddisfazione di molti medici che vedono nella azione delle aziende un eccessivo “soffocamento” della autonomia professionale e clinica, la rigidità burocratica a scapito della qualificazione professionale, una eccessiva attenzione alle risorse finanziarie a scapito della qualità dell’assistenza; n dall’altro la rivendicazione di un ruolo organizzativo, decisionale e gestionale all’interno delle aziende sanitarie pubbliche; un ruolo che “bilanci” il potere del direttore generale, spesso visto come detentore di potere “quasi assoluto” all’interno dell’azienda. Occorre, dunque, per affrontare il tema della clinical governance con un metodo nuovo, che si sappia cogliere un reale contributo da parte di tutti gli attori. CLINICAL GOVERNANCE: LO SCHEMA CONCETTUALE
Tra le tante definizioni di Clinical Governance, si ritiene di accogliere quella che la identifica come un sistema di regole di funzionamento di una azienda sanitaria tramite cui: si riconosce, si rispetta e si valorizza l’autonomia delle conoscenze e professionalità di coloro che hanno la responsabilità dei processi tipici; n si afferma che tale autonomia deve essere esercitata nel rispetto di condizioni interne ed esterne idonee a garantire la continuità dell’azienda e del sistema generale di tutela della salute. Gli obiettivi da raggiungere attraverso il “governo clinico” sono: n valorizzare l’autonomia professionale; n favorire una qualità dell’assistenza attenta ai bisogni di salute attraverso un forte orientamento alla responsabilizzazione. Tali obiettivi sono, ovviamente, vincolati da condizioni esterne che devono essere sempre considerate, quali conoscenze scientifiche, leggi, disponibilità di risorse economiche e valori attesi di chi ha bisogni di salute. I principi di autonomia e responsabilizzazione si traducono, quindi, nelle capacità di definire concrete priorità quando esistono condizionamenti e vincoli esterni. AUTONOMIA CLINICA E DECENTRAMENTO DELLE RESPONSABILITÀ
Nelle aziende sanitarie i professionisti, i medici in particolare, hanno autonomia clinica, cioè capacità di intervento a favore dei propri pazienti utilizzando le risorse disponibili. Inoltre, essi hanno la tensione professionale ed etica di utilizzare al meglio le risorse limitate rispetto ai bisogni e alla domanda di servizi. L’autonomia clinica va di pari passo, quindi, con uno strutturale decentramento delle responsabilità. Il sistema che ne deriva consiste nel rendere compatibili e coerenti le politiche della salute (sanitaria di sistema, aziendale) da una parte e l’efficacia, la qualità dei processi assistenziali dall’altra. Come far convivere questa autonomia, che è un valore, con gli obiettivi aziendali? Con la scarsità (reale o presunta) delle risorse? Un equilibrio deve essere trovato in ciascuna realtà. La “Clinical governance”, quindi, va intesa non solo come sistema dì erogazione delle prestazioni utilizzando in modo adeguato le risorse per realizzare prestazioni appropriate e di qualità, ma anche come processo organizzativo per
coinvolgere i professionisti nella gestione dell’Azienda in maniera coerente e capace di trovare sintesi tra compatibilità generali del sistema (Nazionali e Regionali), equilibrio delle singole Aziende ed efficacia dei processi assistenziali rivolti ai pazienti. L’idea non è, quindi, quella di entrare nel merito degli aspetti di efficacia, qualità dei servizi, ma di usare analisi, informazioni per mettere in evidenza le eventuali incongruenze, contraddizioni e possibili spazi di miglioramento. Ciò significa: 1) recuperareunforteorientamentoalpaziente; 2) valutare la sostenibilità degli interventi in rapporto alle risorse finanziarie disponibili; 3) favorire la costante ricerca della qualità delle prestazioni e dell’appropriatezza dei processi assistenziali. Queste considerazioni comportano una riflessione sull’organizzazione del lavoro nelle aziende sanitarie, oltre che sul recupero dei valori connessi alla professione medica e la coerenza degli atteggiamenti individuali: infatti la organizzazione del lavoro è frutto non solo della specializzazione delle competenze e degli atti normativi (nazionali o regionali), ma anche della volontà e della possibilità di collaborazione tra operatori. Tutto ciò implica un rilevante e costante sforzo organizzativo. In linea generale, con il governo clinico si persegue: n Una chiara delega decisionale ai professionisti nell’ambito tecnico-professionale; n Una valorizzazione del loro contributo alla gestione aziendale; n Una assunzione di responsabilità non solo sulla gestione del singolo caso. OSTACOLI ALLA CLINICAL GOVERNANCE
Di fronte alle sopraccitate condizioni atte a garantire un’efficacia della Clinical Governance, si possono individuare, peraltro, dei vincoli del processo di governo clinico e di sviluppo di sistemi di coordinamento. Questi fanno riferimento principalmente alla difficoltà di misurazione dei risultati anche sotto il profilo clinico, il che comporta autoreferenzialità. In altri termini l’assenza di misurazioni sistematiche delle prestazioni professionali all’interno delle aziende, la carenza di valutazioni sulla qualità anche professionale, la debolezza di sistemi di confronto (benchmarking) tra le aziende, e ancor di più la mancanza di una tensione al cambiamento non favoriscono un orientamento ai risultati e al miglioramento continuo. La capacità di misurare la qualità di dare risposta ai bisogni assistenziali è l’elemento che deve essere introdotto nelle aziende per favorire la “Clinical Governance”. ESPERIENZE AZIENDALI IN ATTO
Ci sono delle esperienze di coinvolgimento e responsabilizzazione positiva dei professionisti che indicano la direzione su cui procedere. Appare determinante sostenere e diffondere esperienze che in molte aziende sono già in atto. Le aziende possono trovare le modalità per favo-
rire il coinvolgimento dei professionisti anche senza ulteriori modificazioni normative. La Tabella 1 presenta un elenco degli strumenti aziendali di “Clinical Governance”. Tabella 1 + Definizione di percorsi assistenziali + Protocolli diagnostici e terapeutici + Dimissioni protette + Protocolli condivisi tra mmg e specialisti + Responsabilizzazione dei dirigenti delle unità organizzative + Costituzione di organi collegiali + Sperimentazioni di cure primarie + Decentramento del potere ai dipartimenti + Decentramento del potere ai distretti + Sistemi di prevenzione dei rischi e degli errori + Audit clinico
Per poter sviluppare una effettiva partecipazione dei professionisti alla vita delle organizzazioni, appare particolarmente rilevante puntare su questi elementi: n Protocolli/Percorsi diagnostico terapeutici n Clinical risk management; n Accreditamento all’eccellenza. Devono essere, poi, considerati, come già sottolineato, tutti i programmi che permettono le misurazioni delle performance cliniche. È opportuno sviluppare esperienze nelle direzioni di: n Misurazione delle performance cliniche; n Valutazione sistematica dei risultati; n Individuazione di standard di comportamento; n Segnalazione degli errori, ecc. È necessario operare attraverso comitati, collegi di direzione o altri organismi che permettano il radicamento delle responsabilità. In questa prospettiva, appare strategico che la condivisione non sia solo collegata alla responsabilità di chi ha la direzione delle strutture complesse o dei dipartimenti, ma anche alla valorizzazione da parte della direzione generale e dei direttori di dipartimento di tutti i dirigenti e della loro potenziale capacità di rispondere in modo appropriato e qualitativamente significativo ai pazienti in forte sintonia con gli obiettivi organizzativi. La modifica della struttura organizzativa è un’esperienza da maturare al fine di condividere la responsabilità. Emergono alcuni elementi caratterizzanti: nelle organizzazioni pubbliche è necessario porre attenzione alle condizioni che generano i risultati. Occorre, cioè, investire sugli operatori e migliorare la loro professionalità. Per fare questo è opportuno: n investire sulla formazione; n promuovere iniziative volte all’innovazione, al cambiamento, alla flessibilità e all’integrazione; n condividere le strategie; n comunicare e coinvolgere i medici e gli altri professionisti; n rilevare i risultati e introdurre strumenti di ve-
rifica e di misurazione degli stessi. Lo stile e la modalità di esercizio sul fronte dei processi organizzativi promuovono una consapevole e duratura partecipazione dei clinici al governo delle aziende sanitarie pubbliche. Quali interventi per responsabilizzare i professionisti. Due appaiano le priorità per realizzare un effettivo coinvolgimento dei professionisti nella gestione: 1) investire sullo sviluppo professionale degli operatori identificando anche modalità innovative quali la formazIone sul campo, stage interni, interscambi tra unità operative; 2) incentivare l’innovazione e promuovere l’accumulo delle conoscenze. I progetti di formazione per essere efficaci devono basarsi sui fabbisogni formativi effettivi che derivano da una seria e approfondita analisi delle performance. Lo sviluppo formativo delle professionalità necessita di analisi delle performance, di una responsabilità, distribuita all’interno della organizzazione, che sappia valutare gli effettivi fabbisogni, in considerazione non solo delle strategie aziendali, ma anche dei concreti comportamenti. La formazione deve essere proposta nelle sue differenti modalità: formazione frontale, distance learning, interscambi, progetti intraaziendali. I piani formativi sono determinati su base aziendale come sintesi delle proposte che i livelli decentrati esprimono in connessione con gli obiettivi concordati. La ricerca dell’innovazione nell’erogazione delle prestazioni è un valore che è necessario perseguire con grande determinazione. Per realizzare questo obiettivo appare opportuno rendere maggiormente trasparenti le prassi, sviluppare interscambio tra le aziende, promuovere tra gli operatori occasioni di confronto di esperienze. Prassi simili per bisogni simili rappresentano innanzitutto il forte orientamento alla trasparenza dei comportamenti clinici, la tensione al controllo della variabilità clinica e della autoreferenzialità, ma anche un evidente orientamento all’etica dell’equità e del rispetto dei diritti degli utenti. È un valore aprirsi alle nuove esperienze, alla ricerca delle migliori possibilità, alla collaborazione sistematica. Piani annuali e pluriennali devono essere realizzati per sviluppare una costante tensione alla innovazione di processo e di servizio. CONCLUSIONE
La “clinical governance” è per il miglioramento costante del servizio sanitario. Nel dettaglio: n la messa in campo di una sempre maggiore responsabilizzazione, n lo sviluppo di strumenti di valorizzazione e di indirizzo dell’autonomia clinica, n la realizzazione di verifiche sistematiche di risultato aumentano il livello di servizio offerto al cittadino. In altri termini, si vuole che la guida delle azioni sia sempre più capace di erogare prestazioni adeguate al bisogno, con la piena responsabilità di tutti: da chi ha le competenze complessive sulla gestione a chi ha le competenze di ciascun specifico caso. In sintesi con la “clinical governance” si intende ridurre la variabilità nel trattamento dei casi simili, orientare i processi cimici verso la migliore appropriatezza e garantire una qualità della prestazione erogata il più costante possibile nel tempo e nello spazio. In questo tutti possono/devono collaborare. Al fine di contestualizzare i sistemi di “Clinical Governance” alle singole realtà aziendali, è utile distinguere le loro diverse funzionalità: sistemi per la guida dei clinici (ad esempio strumenti idonei a motivare e incentivare i clinici), sistemi atti a garantire la funzione dei clinici al governo (ad esempio, sistemi che coinvolgono i clinici) e, infine, sistemi di governo dei clinici (ad esempio, i sistemi di condivisione delle conoscenze tra i clinici).
12 Approvato dal Comitato Nazionale per la Bioetica il documento sull’alimentazione e l’idratazione di pazienti in stato vegetativo persistente Testo approvato nella seduta plenaria del 30 settembre 2005 1. Di recente l’opinione pubblica mondiale è stata profondamente scossa dalla storia di una donna vissuta per quindici anni in stato vegetativo e lasciata morire a seguito della decisione di un giudice che ha autorizzato la richiesta del marito (contro il parere dei genitori) a staccare il tubo dell’alimentazione dal quale dipendeva la vita della donna. Considerato il cospicuo numero di persone che, anche in Italia, si trovano a vivere nel cosiddetto stato vegetativo persistente (SVP); considerata altresì la controversia in atto sul considerare o no trattamento medico e/o accanimento terapeutico la nutrizione e idratazione con sondino o con enterogastrostomia percutanea (PEG), il CNB ritiene utile ribadire in proposito alcuni principi bioetici fondamentali. 2. Con l’espressione stato vegetativo persistente (un tempo denominato coma vigile) si indica un quadro clinico (derivante da compromissione neurologica grave) caratterizzato da un apparente stato di vigilanza senza coscienza, con occhi aperti, frequenti movimenti afinalistici di masticazione, attività motoria degli arti limitata a riflessi di retrazione agli stimoli nocicettivi senza movimenti finalistici. I pazienti in SVP talora sorridono senza apparente motivo; gli occhi e il capo possono ruotare verso suoni e oggetti in movimento, senza fissazione dello sguardo. La vocalizzazione, se presente, consiste in suoni incomprensibili; sono presenti spasticità, contratture, incontinenza urinaria e fecale. Le funzioni cardiocircolatorie e respiratorie sono conservate e il paziente non necessita di sostegni strumentali. È conservata anche la funzione gastro-intestinale, anche se il paziente è incapace di nutrirsi per bocca a causa di disfunzioni gravi a carico della masticazione e della deglutizione. Se è vero che alcuni malati terminali possono diventare malati in SVP, è pur vero che le persone in SVP non sono sempre malati terminali (potendo sopravvivere per anni se opportunamente assistite). Non è corretto nemmeno associare la condizione dello SVP al coma: lo stato comatoso è infatti privo di veglia, mentre le persone in SVP, pur senza offrire chiari segni esteriori di coscienza, alternano fasi di sonno e fasi di veglia. Il problema bioetico centrale è costituito dallo stato di dipendenza dagli altri: si tratta di persone che per sopravvivere necessitano delle stesse cose di cui necessita ogni essere umano (acqua, cibo, riscaldamento, pulizia e movimento), ma che non sono in grado di provvedervi autonomamente, avendo bisogno di essere aiutate, sostenute ed accudite in tutte le loro funzioni, anche le più elementari. Ciò che va rimarcato con forza è che le persone in SVP non necessitano di norma di tecnologie sofisticate, costose e di difficile accesso; ciò di cui hanno bisogno, per vivere, è la cura, intesa non solo nel senso di terapia, ma anche e soprattutto di care: esse hanno il diritto di essere accudite. In questo senso si può dire che le persone in SVP richiedono un’assistenza ad alto e a volte altissimo contenuto umano, ma a modesto contenuto tecnologico. 3. Non c’è dubbio che l’ingresso nello SVP sia un evento tragico e che ancor più tragica sia la permanenza (per una durata di tempo difficilmente prevedibile) in tale stato. Ma non c’è nemmeno il dubbio che la tragicità, per quanto estrema, di uno stato patologico, quale indubbiamente va ritenuto lo SVP, possa alterare minimamente la dignità delle persone affette e la pienezza dei loro diritti: non è quindi possibile giustificare in alcun modo non solo la negazione, ma nemmeno un affievolimento del diritto alla cura, di cui godono al pari di ogni altro essere umano. Non bisogna infatti dimenticare che non sono né la qualità della patologia né la probabilità della sua guarigione a giustificare la cura: questa trova la sua ragion sufficiente esclusivamente nel bisogno che il malato, come soggetto debole, ha di essere accudito ed eventualmente sottoposto a terapia medica. È peraltro intuizione comune, bioeticamente ben argomentabile, che quanto maggiore è la debolezza del paziente, tanto maggiore sia il dovere etico e giuridico di prendersi cura di lui, che grava sia sul sistema sanitario, sui suoi familiari e su ogni singolo individuo, che ne abbia la capacità e la possibilità. È opinione del CNB che qualora la famiglia fosse disponibile ad assistere a domicilio il paziente in SVP sia dovere delle istituzioni supportarne per quanto possibile gli oneri economici e assistenziali. 4. Per giustificare bioeticamente il fondamento e i limiti del diritto alla cura e all’accudimento nei confronti delle persone in SVP, va quindi ricordato che ciò che va loro garantito è il sostentamento ordinario di base: la nutrizione e l’idratazione, sia che siano fornite per vie naturali che per vie non naturali o artificiali. Nutrizione e idratazione vanno considerati atti dovuti eticamente (oltre che deontologicamente e giuridicamente) in quanto indispensabili per garantire le condizioni
fisiologiche di base per vivere (garantendo la sopravvivenza, togliendo i sintomi di fame e sete, riducendo i rischi di infezioni dovute a deficit nutrizionale e ad immobilità). Anche quando l’alimentazione e l’idratazione devono essere forniti da altre persone ai pazienti in SVP per via artificiale, ci sono ragionevoli dubbi che tali atti possano essere considerati “atti medici” o “trattamenti medici” in senso proprio, analogamente ad altre terapie di supporto vitale, quali, ad esempio, la ventilazione meccanica. Acqua e cibo non diventano infatti una terapia medica soltanto perché vengono somministrati per via artificiale; si tratta di una procedura che (pur richiedendo indubbiamente una attenta scelta e valutazione preliminare del medico), a parte il piccolo intervento iniziale, è gestibile e sorvegliabile anche dagli stessi familiari del paziente (non essendo indispensabile la ospedalizzazione). Si tratta di una procedura che, rispettando condizioni minime (la detersione, il controllo della postura), risulta essere ben tollerata, gestibile a domicilio da personale non esperto con opportuna preparazione (lo dimostra il fatto che pazienti non in SVP possono essere nutriti con tale metodo senza che ciò impedisca loro una vita di relazione quotidiana). Procedure assistenziali non costituiscono atti medici solo per il fatto che sono messe in atto inizialmente e monitorate periodicamente da operatori sanitari. La modalità di assunzione o somministrazione degli elementi per il sostentamento vitale (fluidi, nutrienti) non rileva dal punto di vista bioetico: fornire naturalmente o artificialmente (con l’ausilio di tecniche sostitutive alle vie naturali) nutrizione e idratazione, alimentarsi o dissetarsi da soli o tramite altri (in modo surrogato, al di fuori dalla partecipazione attiva del soggetto) non costituiscono elementi di differenziazione nella valutazione bioetica. Il fatto che il nutrimento sia fornito attraverso un tubo o uno stoma non rende l’acqua o il cibo un preparato artificiale (analogamente alla deambulazione, che non diventa artificiale quando il paziente deve servirsi di una protesi). Né d’altronde si può ritenere che l’acqua ed il cibo diventino una terapia medica o sanitaria solo perché a fornirli è un’altra persona. Il problema non è la modalità dell’atto che si compie rispetto alla persona malata, non è come si nutre o idrata: alimentazione e idratazione sono atti dovuti in quanto supporti vitali di base, nella misura in cui consentono ad un individuo di restare in vita. Anche se si trattasse di trattamento medico, il giudizio sull’appropriatezza ed idoneità di tale trattamento dovrebbe dipendere solo dall’oggettiva condizione del paziente (cioè dalle sue effettive esigenze cliniche misurate sui rischi e benefici) e non da un giudizio di altri sulla sua qualità di vita, attuale e/o futura. 5. Se è poco convincente definire la PEG un “atto medico”, a maggior ragione si dovrebbe escludere la possibilità che essa si configuri di norma come “accanimento terapeutico”. La decisione di non intraprendere o di interrompere la nutrizione e la idratazione artificiale non è disciplinata dai principi che regolano gli atti medici (con riferimento ad altri supporti vitali): in genere si ritiene doveroso sospendere un atto medico quando costituisce accanimento, ossia persistenza nella posticipazione ostinata tecnologica della morte ad ogni costo, prolungamento gravoso della vita oltre i limiti del possibile (quando la malattia è grave e inguaribile, essendo esclusa con certezza la reversibilità, quando la morte è imminente e la prognosi infausta, le terapie sono sproporzionate, onerose, costose, inefficaci ed inutili per il miglioramento delle condizioni del paziente, sul piano clinico). Nella misura in cui l’organismo ne abbia un obiettivo beneficio nutrizione ed idratazione artificiali costituiscono forme di assistenza ordinaria di base e proporzionata (efficace, non costosa in termini economici, di agevole accesso e praticabilità, non richiedendo macchinari sofisticati ed essendo, in genere, ben tollerata). La sospensione di tali pratiche va valutata non come la doverosa interruzione di un accanimento terapeutico, ma piuttosto come una forma, da un punto di vista umano e simbolico particolarmente crudele, di “abbandono” del malato: non è un caso infatti che si richieda da parte di molti, come atto di coerenza, l’immediata soppressione eutanasica dei pazienti in SVP nei cui confronti si sia decisa l’interruzione dell’alimentazione e dell’idratazione, per evitare che dopo un processo che può prolungarsi anche per due settimane giungano a “morire di fame e di sete”. 6. Non sussistono invece dubbi sulla doverosità etica della sospensione della nutrizione nell’ipotesi in cui nell’imminenza della morte l’organismo non sia più in grado di assimilare le sostanze fornite: l’unico limite obiettivamente riconoscibile al dovere etico di nutrire la persona in SVP è la capacità di assimilazione dell’organismo (dunque la possibilità che l’atto raggiunga il fine proprio non essendovi risposta positiva al tratta-
mento) o uno stato di intolleranza clinicamente rilevabile collegato all’ alimentazione. 7. Si deve pertanto parlare di valenza umana della cura (care) dei pazienti in SVP. Se riteniamo comunemente doveroso fornire acqua e cibo alle persone che non sono in grado di procurarselo autonomamente (bambini, malati e anziani), quale segno della civiltà caratterizzata da umanità e solidarietà nel riconoscimento del dovere di prendersi cura del più debole, allo stesso modo dovremmo ritenere doveroso dare alimenti e liquidi a pazienti in SVP, accudendoli per le necessità fisiche e accompagnandoli emotivamente e psichicamente, nella peculiare condizione di vulnerabilità e fragilità. È questo un atteggiamento che assume un forte significato oltre che umano, anche simbolico e sociale di sollecitudine per l’altro. Non possiamo ricondurre la decisione di curare/non curare, assistere/non assistere un malato in SVP alla fredda logica utilitaristica del bilanciamento dei costi e dei benefici (considerando scarsi i benefici in termini di recupero e alti i costi economici di assistenza), del calcolo della qualità della vita altrui (e della propria, considerando il malato un “peso” familiare oltre che sociale), limitando le considerazioni alla convenienza e alla opportunità e non anche al dovere e alla responsabilità solidale verso gli altri. 8. Nel contesto del presente documento è opportuno elaborare alcune considerazioni in merito alla possibilità che un soggetto, nel redigere alcune Dichiarazioni anticipate di trattamento, vi inserisca la richiesta di sospensione di alimentazione e idratazione, nella previsione di un suo possibile futuro venirsi a trovare in una situazione di SVP. Non c’è dubbio che la formulazione di questa richiesta sia assolutamente lecita, così come non è dubbio che una simile richiesta non possa che essere del tutto generica, essendo difficilissimo prevedere le modalità specifiche del futuro realizzarsi di eventi così particolari. Il criterio etico fondamentale al quale riferirsi per valutare la legittimità dei contenuti delle Dichiarazioni anticipate è stato individuato dal CNB in un documento dedicato formalmente alle Dichiarazioni anticipate di trattamento e approvato il 18 dicembre 2003. In esso, al § 6, il CNB ha ritenuto unanimemente che nelle Dichiarazioni “ogni persona ha il diritto di esprimere i propri desideri anche in modo anticipato in relazione a tutti i trattamenti terapeutici e a tutti gli interventi medici circa i quali può lecitamente esprimere la propria volontà attuale”. Non è quindi da mettere in dubbio che quando alimentazione e idratazione assumano carattere straordinario e la loro sospensione sia stata validamente richiesta dal paziente nelle proprie Dichiarazioni anticipate, il medico potrebbe accedere a tale richiesta (nelle modalità peraltro indicate dal CNB nel predetto documento), anche se a questa soluzione sembra che osti la grande difficoltà (psicologica ed umana) cui sopra si è fatto cenno, quella di lasciar morire il paziente per inedia. È però diversa l’ipotesi – che in queste pagine è ritenuta quella tipica – in cui alimentazione e idratazione più che il carattere di un atto medico, abbano quello di una ordinaria assistenza di base. Ad avviso dei membri del CNB che sottoscrivono questo documento, la richiesta nelle Dichiarazioni anticipate di trattamento di una sospensione di tale trattamento si configura infatti come la richiesta di una vera e propria eutanasia omissiva, omologabile sia eticamente che giuridicamente ad un intervento eutanasico attivo, illecito sotto ogni profilo. 9. Alla luce delle precedenti considerazioni, il CNB ribadisce conclusivamente che: a) la vita umana va considerata un valore indisponibile, indipendentemente dal livello di salute, di percezione della qualità della vita, di autonomia o di capacità di intendere e di volere; b) qualsiasi distinzione tra vite degne e non degne di essere vissute è da considerarsi arbitraria, non potendo la dignità essere attribuita, in modo variabile, in base alle condizioni di esistenza; c) l’idratazione e la nutrizione di pazienti in SVP vanno ordinariamente considerate alla stregua di un sostentamento vitale di base; d) la sospensione dell’idratazione e della nutrizione a carico di pazienti in SVP è da considerare eticamente e giuridicamente lecita sulla base di parametri obiettivi e quando realizzi l’ipotesi di un autentico accanimento terapeutico; e)la predetta sospensione è da considerarsi eticamente e giuridicamente illecita tutte le volte che venga effettuata, non sulla base delle effettive esigenze della persona interessata, bensì sulla base della percezione che altri hanno della qualità della vita del paziente.
13 Il consenso fornito dal paziente deve essere effettivo e partecipato
I
l consenso deve essere frutto di un rapporto reale e non solo apparente tra medico e paziente, in cui il sanitario è tenuto a raccogliere un’adesione “effettiva” e “partecipata”, non solo “cartacea”. Lo ha stabilito il tribunale di Milano: il giudice istruttore, in funzione di giudice unico, si è pronunciato su una richiesta di risarcimento danni formulata da una paziente sottoposta a un intervento chirurgico nel 1996. Il verdetto (sentenza n. 3520, depositata il 29 marzo) ha ampliato la portata dell’atto di consenso, evidenziando l’esistenza di un danno morale soggettivo, ma non ha disposto condanne pecuniarie perché non sono state “provate le circostanze rilevanti che giustifichino il risarcimento”. La firma non basta. Non sono le formalità a dare valore al consenso. La semplice firma sul documento prima dell’intervento non solleva i dottori dalle responsabilità del caso, poiché l’infor-
mazione deve essere concreta e “non è un atto puramente formale e burocratico”. Si tratta, infatti, di riconoscere un diritto inviolabile della persona: il paziente deve conoscere le conseguenze del trattamento “con legittima facoltà di rifiutare anche quelli interventi e cure che addirittura possano salvare la vita del soggetto”. I moduli, poi, si rivelano spesso inadeguati. Anche nella vicenda esaminata risultava “sintetico e non dettagliato”, senza indicare i rischi specifici. “Non poteva ritenersi – si legge nella decisione – che la paziente, anche solo dalla semplice lettura del modulo, possa aver compreso effettivamente le modalità e i rischi connessi all’intervento, in modo da esercitare consapevolmente il proprio diritto di auto-determinarsi in vista dello stesso”. I medici avevano replicato che “è prassi quella di descrivere dettagliatamente il tipo di intervento da effettuare”, ma nessuno ha testimoniato sull’effettiva spie-
gazione. Pertanto, in mancanza di una prova contraria, questo “onere di informare, gravante sui medici, non è assolto”. Danni non quantificabili. Dopo aver stabilito la colpa dei sanitari, il giudice non ha potuto stimare l’importo della liquidazione (in assenza di lesioni della salute e “di criteri uniformi”), né esprimere una sentenza di condanna, visto che il paziente non ha dimostrato le conseguenze pregiudizievoli e le effettive lesioni. “Grava sul ricorrente un preciso onere di allegazione e di prova” che, nel caso concreto, non veniva fornito. Infatti, l’intervento chirurgico era riuscito perfettamente e la paziente è tornata a visite di controllo in epoche successive. Il danno morale soggettivo c’è stato, ma non sono stati “prospettati pregiudizi riconducibili all’omesso consenso informato. Pertanto il danno è trascurabile e, comunque, di entità economica non apprezzabile”.
SISTEMA ASSICURATIVO DI PROTEZIONE AAROI
Per due colleghi coinvolti in un sinistro è stato necessario l’intervento di un consulente tecnico di un’altra regione
C
ome è noto, il sistema di protezione assicurativa offerto dalla AAROI ai propri iscritti prevede la sostituzione dei medici legali della Compagnia di assicurazione (la Carige Assicurazioni) con quelli indicati direttamente dalla AAROI. A tal fine, si è costituito un apposito elenco di professionisti distinti anche per Regione di appartenenza, al fine di consentire a ciascun socio coinvolto in una vicenda giudiziaria di reperire immediatamente un collega esperto anche in problematiche medico-legali, idoneo a consentirgli una rapida assistenza. A partire dal gennaio 2004 il sistema è stato atti-
vato ed ha funzionato con rapidità ed efficienza. Unica eccezione si è verificata nel corso del mese di ottobre 2005 relativamente ad un sinistro accaduto nel Sud Italia. Nonostante sull’elenco del CTS di quella Regione vi fossero indicati più anestesisti rianimatori, la Willis non è riuscita a reperire un nominativo disponibile da fornire ai colleghi coinvolti in un sinistro che necessitavano di aiuto immediato. Tralasciando le ragioni su cui si fondavano dette difficoltà a reperire consulenti di parte nell’elenco del CTS AAROI, l’impedimento è stato superato solo a tarda sera grazie all’intervento del Presidente Nazionale dell’AAROI e al coinvolgimento del Prof. G. Mar-
raro (Presidente della SIARED): quest’ultimo con forte senso associativo è partito da Milano e si è recato in meridione in aiuto dei colleghi. Il tutto si è concluso con esisto estremamente positivo. Da questa esperienza possono maturare alcune considerazioni. Da un lato, si evidenzia come il Sistema di difesa adottato dall’AAROI funzioni perfettamente anche nei casi di impossibilità da parte dei consulenti regionali indicati nell’albo del CTS: in queste ipotesi, infatti, il Consiglio Nazionale diviene immediatamente un referente, per così dire, di “secondo livello” individuando al proprio interno le risorse professionali necessarie alla solu-
zione del problema. Dall’altro, occorre che il CTS fornisca al Consiglio Nazionale AAROI dei nominativi di colleghi esperti in problematiche medico-legali disponibili anche ad operare al di fuori della propria Regione di appartenenza, oppure definire un modello operativo di riferimento magari prevedendo che in casi come quello indicato, la Willis potrà rivolgersi ad un consulente proveniente da Regione limitrofa. Considerando l’importanza del Sistema di protezione, si ritiene opportuno coinvolgere tutti gli iscritti AAROI nella indicazione di proposte mediante l’invio di e-mail all’indirizzo
[email protected] Prof. Avv. Paolo D’Agostino
14 La riforma previdenziale in attesa delle deleghe
L
a riforma previdenziale, varata l’estate scorsa dal Governo Berlusconi, è un provvedimento definito “legge delega”, in quanto contiene al suo interno diverse indicazioni che devono trasformarsi in atti legislativi successivi. In pratica la legge n. 243/04 ha stabilito una serie di indicazioni programmatiche in campo previdenziale, che il Governo è autorizzato ad emanare quali leggi delegate da sottoporre a valutazione da parte del Parlamento, ma senza che quest’ultimo debba provvedere a esaminarle mediante atti deliberativi, ma solamente esprimendo un parere. È un sistema che rende più facile l’iter legislativo e che è stato adottato diverse volte in passato. Se da un canto il Governo è deciso a dare attuazione a tutte le promesse e indicazioni della riforma previdenziale, in questi mesi si è parlato soprattutto e forse esclusivamente del “silenzio/assenso” relativo al conferimento ai Fondi pensione del trattamento di fine rapporto. Argomento importante ma non tanto da mettere in ombra tutta una serie di possibilità di modifiche ed integrazioni legislative utili a molti dipendenti pubblici e privati. Tra le deleghe trova un posto importante l’introduzione di un regime speciale a favore delle categorie che svolgono attività e/o lavori usuranti. Il problema riguarda anche i medici ed i sanitari, in quanto sin dal 1993 è stata introdotta una norma, Dlgs. n. 347/93, mai poi mai attuata per difficoltà economiche, che attribuiva ad almeno tre specialità mediche, pronto soccorso, chirurgia d’urgenza e rianimazione, la dignità di essere individuate quali attività usuranti. L’individuazione di rientrare in ta-
le categoria avrebbe avuto la finalità di favorire un anticipo del pensionamento o un incremento dell’importo della rendita in relazione alla durata di tali lavori. Interventi simili sono stati adottati, nel tempo, per i lavoratori esposti all’amianto, i minatori, i palombari, ma per i sanitari la norma è rimasta sospesa. Adesso al Governo viene data la possibilità di introdurre nuove disposizioni nel merito. Resta, tuttavia, sempre presente il limite, indicato dalla stessa legge 243/04, che la soluzione proposta dovrà comunque fare i conti con le compatibilità finanziarie del Paese. Altro provvedimento atteso è quello che riguarda l’annoso problema della “totalizzazione”. Cioè lo strumento alternativo alla ricongiunzione onerosa che permette di utilizzare, senza spesa da parte dell’interessato, gli eventuali vari spezzoni contributivi attuati lungo tutta la vita lavorativa. L’intervento previsto dovrebbe porre fine all’attuale discriminazione, ancora presente per gli autonomi, in particolare i liberi professionisti. Una situazione che è stata già da tempo bollata come incostituzionale dai giudici della Consulta con la famosa sentenza n. 61 del 1999. Ora, in base ai principi della legge 243/04 dovrebbe essere possibile totalizzare i segmenti contributivi (di almeno cinque anni) anche per ottenere la pensione d’anzianità oltre che quella per i trattamenti di vecchiaia. Certo il limite di almeno 40 anni per accedere all’eventuale pensionamento di anzianità utilizzando il sistema della “totalizzazione” non è pienamente soddisfacente. Ma anche in questo caso il problema del suo costo comporta una non completa attuazione di quanto sperato da alcuni e suggerito dalla
No agli universitari nelle commissioni dei concorsi ospedalieri Le sottoscritte Organizzazioni Sindacali della dirigenza medica, veterinaria, sanitaria ed amministrativa riunite in Roma in data 12 ottobre 2005, preso in esame il testo attuale del ddl sul “governo clinico”, rilevano la presenza di numerose incongruenze rispetto all’obiettivo di introdurre un vero governo clinico nelle aziende sanitarie, a partire dalla sottrazione al Dipartimento del potere di verifica e di promozione della carriera professionale. In particolare esprimono la più assoluta contrarietà all’ipotesi di inserimento di un membro universitario nelle commissioni concorsuali per le figure apicali delle aziende ospedale- università. Sono infatti convinte che non sia né logica né giustificata una simile proposta, che risulta altresì inopportuna alla luce delle disastrose e diffuse vicende giudiziarie che stanno costellando i concorsi universitari in tutto il Paese. Rifiutano – come totalmente ingiustificata – una simile tutela del mondo accademico come se la medicina ospedaliera non abbia ampiamente dimostrato di essere in grado di esercitare un tale ruolo tecnico e scientifico. Le organizzazioni sindacali suddette chiedono pertanto l’eliminazione della norma in oggetto, riservandosi ogni azione giudiziaria e sindacale a sostegno della loro opinione. ANAAO – ANPO – AUPI – CIDA-SIDIRSS – CIMO-ASMD – CIVEMP (SIVEMP-SIMET) CONFEDIR SANITÀ – CISL MEDICI – FEDERAZIONE MEDICI aderente UIL FPL FESMED – FP CGIL MEDICI – SINAFO – SNABI SDS UMSPED (AAROI-AIPAC-SNR)
stessa Corte Costituzionale. Altro provvedimento, particolarmente atteso, riguarda l’abolizione del divieto di cumulo pensione reddito da lavoro. Allo stato attuale sono esclusi da tale divieto i pensionati di vecchiaia e coloro che pur ottenendo la pensione di anzianità, abbiano, al momento della richiesta di pensionamento, almeno 58 anni di età e 37 anni di contribuzione. Per gli altri sussiste una condizione che determina una riduzione del trattamento pensionistico sino al 30 per cento del suo importo nel caso si svolga attività autonoma o professionale. La trattenuta non può, comunque, superare in ogni caso il 30 per cento del reddito prodotto. La bozza del decreto relativo all’eliminazione del divieto propone una soluzione anche per coloro che siano già pensionati di anzianità alla data del 1º gennaio 2005, e nei cui confronti trovino applicazione i regimi di divieto parziale o totale di cumulo. Per essi sarà possibile accedere al regime di totale cumulabilità versando un particolare ticket già proposto in passato con la legge finanziaria del 2003 (art. 44, legge n. 289/2002). Si tratta di un pagamento di un importo pari al 30% (anche se questa percentuale non è stata ancora definita con certezza) della pensione lorda relativa al mese di gennaio 2005, moltiplicato per il numero di anni risultanti dalla differenza fra la somma dei requisiti già previsti per l’esenzione (58 + 37 = 95) e la somma dei requisiti in possesso al momento del pensionamento di anzianità. I provvedimenti attesi relativi alla totalizzazione e al divieto di cumulo devono vedere la luce entro il 6 ottobre 2005. Sono infatti 12 i mesi dalla
I PROVVEDIMENTI IN DELEGA Previdenza complementare Conferimento del Tfr ai Fondi pensione anche con il meccanismo del silenzio/assenso. Divieto di cumulo Eliminazione progressiva del divieto di cumulo pensione d’anzianità redditi. Totalizzazione Estensione del principio della totalizzazione anche per le pensioni d’anzianità. Attività usuranti Introduzione di un regime speciale a favore delle categorie che svolgono lavori usuranti. data di pubblicazione della legge di riforma entro i quali si devono esercitare le relative deleghe. Per le attività usuranti si dovrà attendere sino al 6 aprile 2006, avendo la legge, stabilito, per questo intervento, un periodo più ampio, 18 mesi, per la sua attuazione. Claudio Testuzza
Universitari in pensione oltre i 70 anni Fortemente contrari alla legge i medici ospedalieri Il Governo ha ottenuto la fiducia del Senato, sul testo “Disposizioni sullo stato giuridico dei docenti universitari”, che prevede per i professori ordinari e associati di materie cliniche la possibilità di esercitare le funzioni assistenziali e primariali oltre il 70esimo anno di età. Fortemente contrari alla legge i medici ospedalieri. “Si ripropone in modo stucchevole e ormai insopportabile – si legge in una nota dei sindacati medici – l’eterno tema della diversità “biologica” tra i medici dell’Accademia e quelli dipendenti del SSN che si esprime per i primi in un evidente ritardo nel naturale processo di invecchiamento. La tumultuosa crescita del sapere medico e l’impegno e la gravosità delle funzioni che competono ai direttori di struttura complessa del Servizio sanitario rendono, invece, opportuna la valorizzazione di energie professionali sempre nuove. «I cittadini del nostro Paese hanno il diritto di essere curati da personale medico valido ed integro nelle proprie facoltà. Secondo i sindacati dei medici ospedalieri, in questo modo si crea “una grave differenziazione” – continua la nota – all’interno della stessa organizzazione (la Azienda Integrata) tra lo stato giuridico universitario e quello ospedaliero, e ciò non facilita la collaborazione tra Sanità pubblica e Facoltà di medicina che è l’obiettivo dichiarato di tutte le Regioni».
ENZO FAGIOLO – CATERINA TORIANI TERENZI
GLI EMOCOMPONENTI PER USO TRASFUSIONALE Preparazione Immunoematologia Clinica Volume di 120 pagine. Roma 2004 Con l’identificazione delle strutture antigeniche eritrocitarie, avvenuta all’inizio del secolo passato, nasceva l’era della trasfusione di sangue e poi dei trapianti d’organo. Negli ultimi decenni le nuove tecnologie di prelievo dal donatore, hanno permesso la preparazione di diversi emocomponenti, cellulari e plasmatici, comprese le cellule staminali emopoietiche, con elevato grado di purezza. Gli studi di fisiopatologia delle cellule del sangue, allo stato di conservazione e nel circolo del ricevente una volta trasfuse, unitamente ad indagini casistiche multicentriche, hanno consentito di valutare in modo più corretto le indicazioni cliniche dei diversi emocomponenti e quindi il rapporto efficacia terapeutica/effetti collaterali indesiderati. Dal punto di vista culturale, ad un uso più razionale degli emocomponenti ha contribuito l’introduzione nel corso di Laurea in Medicina ed in molte scuole di specializzazione di insegnamenti relativi alla Medicina trasfusionale. Le nozioni apprese in quella fase degli studi, formano la base per un approfondimento ed aggiornamento negli anni dell’impegno clinico. Nella prospettiva di una formazione permanente integrata, è stato compilato il volume “I componenti ematici per uso trasfusionale. Preparazione, Immunoematologia, Clinica”. I contenuti dell’opera sono stati programmati non solo per i medici trasfusionisti ma anche per i clinici che utilizzano la terapia con emocomponenti (anestesisti, ematologi, pediatri etc.) perché possano disporre di uno strumento di aggiornamento, anche in vista di una necessaria collaborazione con il Servizio trasfusionale, sia da un punto di vista di rapporto culturale che assistenziale. Nei primi capitoli sono descritte le modalità della donazione, la separazione ed i controlli di qualità dei diversi emocomponenti, la fisopatologia delle cellule del sangue allo stato di conservazione, l’irradiazione, la leucodeplezione ed inoltre le procedure trasfusionali alternative alla trasfusione di sangue omologo: predeposito, recupero intraoperatorio ed emodiluizione isovolemica. Nei successivi capitoli sono riassunte le nozioni di base dell’Immunoematologia ed inoltre le indicazioni cliniche dei singoli emocomponenti , le procedure pretrasfusionali ed i possibili effetti collaterali immunologi e quelli prodotti da agenti infettivi trasmessi con la trasfusione. Gli Autori, come espresso nella prefazione, confidano nell’utilità della loro fatica, frutto di un lungo lavoro, didattico ed operativo presso il Policlinico Universitario “A. Gemelli” di Roma. Per richiedere il volume presso il distributore: www.libreriauniverso.it – e-mail:
[email protected] – Tel. 06.490931
15 Il tartufo Un tesoro gastronomico tutto italiano
“I
l diamante della cucina”. Era questo l’appellativo con cui Brillat Savarin, celebre gastronomo francese, si riferiva al tartufo già due secoli fa. La definizione si rivela attualissima: non solo tartufo e diamante si sviluppano entrambi nelle tenebre del terreno, fino a diventare quanto di meglio la natura offra nei rispettivi settori, ma, ormai, hanno in comune anche ... il prezzo. D’altra parte, come non riconoscere un valore superiore all’intensità e alla ricchezza dei profumi che regala questo prodotto? Un tesoro che contribuisce in modo particolare all’unicità gastronomica del nostro Paese: il tartufo bianco pregiato, infatti, non esiste in nessun altra parte del mondo. UN FUNGO SOTTERRANEO
Bello di sicuro non è: bianco o nero che sia, pur nella sua varietà di forma, al massimo arriva ad assomigliare a una patata malriuscita. D’altra parte, come la patata, il tartufo cresce sottoterra, lontano dall’aria e dal sole, che danno nutrimento e vita all’ambiente dei boschi, dove fanno capolino gli altri funghi. Il tartufo, infatti, è un fungo. Molto diverso da porcini e amanite, ma pur sempre un fungo. A differenza dei primi, chiamati “epigei” perché sporgono dal terreno, il tartufo è un fungo “ipogeo” appartiene al genere Tuber, che sviluppa tutto il suo ciclo vitale al buio, sottoterra. Per la verità, ciò che si chiama “tartufo” è solo una parte, quella riproduttiva, del fungo: l’organismo fungino vero e proprio è costituito da una moltitudine di lunghi e sottilissimi filamenti, chiamati ife, che si allungano nel terreno a formare il cosiddetto micelio. Sviluppandosi ed estendendosi sottoterra, le ife possono raggiungere le radici di un albero e con queste, se le condizioni dell’ambiente lo permettono. iniziare una specie di “convivenza”. Il fungo, che non è in grado di svolgere la fotosintesi e di costruire da solo le sostanze necessarie per crescere, le preleva dall’albero attraverso le radici e, in cambio, gli mette a disposizione l’acqua e i sali minerali che assorbe dal terreno. Una vera e propria unione fisica, in uno scambio vantaggioso per entrambi gli organismi. In condizioni ottimali, questa unione innesca una fase vitale successiva del fungo: la formazione del “corpo fruttifero”, cioè del tartufo. I filamenti, infatti, smettono di accrescersi e producono una struttura che si sviluppa progressivamente e che contiene le spore destinate alla riproduzione del fungo. Vegetando sottoterra, il tartufo prende una forma globosa più o meno irregolare (in casi fortunati, può anche arrivare alle dimensioni
di un’arancia) e sviluppa una scorza esterna (pendio) che racchiude una polpa (gleba), la quale, a sua volta, contiene un numero altissimo di spore. E a questo punto, con la necessità del tartufo maturo di disperdere le spore nell’ambiente, che la natura compie un vero e proprio miracolo. UN SEGNALE DI VITA
Come può il tartufo, compresso com’è sottoterra, liberare le spore in modo che si spargano nell’ambiente circostante e possano germinare? Per gli altri tipi di funghi è facile: le lasciano cadere sul terreno e poi ci pensano gli animali e gli insetti, il vento e la pioggia, a trasportarle e disseminarle. Ma la natura ha pensato a tutto e ha dotato il tartufo di una risorsa di sopravvivenza unica: il profumo. Quando è maturo (e solo allora) il tartufo emette il suo aroma inconfondibile e intensissimo, capace di propagarsi nel terreno, raggiungere la superficie e solleticare, come un richiamo irresistibile, l’olfatto finissimo degli animali. Una volta localizzato il prelibato boccone, sono loro a scavare sino a raggiungerlo e a cibarsene, diventando così involontari vettori delle spore. La sensibilità olfattiva degli esseri umani non è certo paragonabile a quella del maiale o del cane, capaci di localizzare un tartufo interrato per decine di centimetri, ma non c’è dubbio che, una volta estratto da terra il tartufo (e sottratto al cane), il suo profumo eserciti anche sugli uomini lo stesso fascino irresistibile. LE SPECIE DELLA BONTÀ
In molte zone del nostro Paese, il terreno possiede una naturale vocazione alla crescita dei tartufi, al punto che se ne possono raccogliere una decina di specie diverse. Il tartufo bianco pregiato, il più prezioso, è sino a oggi reperibile solo in Italia e nell’Istria.
Il tartufo bianco pregiato (Tuber Magnatum), detto anche tartufo d’Alba o tartufo di Acqualagna, matura da ottobre a fine dicembre. Presenta una buccia piuttosto liscia, di color nocciola più o meno intenso, e una polpa con venature biancastre su fondo rosato o nocciola. Le dimensioni superano spesso 10 cm di diametro, mentre l’odore, molto intenso e aromatico, ne fa il tartufo di maggior pregio, oltre che il più costoso in assoluto. Il tartufo nero pregiato (Tuber Melanosporum), è quello che in Francia si chiama Périgord e in Italia è conosciuto anche come tartufo di Norcia o di Spoleto. Secondo nella scala del pregio, dopo il tartufo bianco, quello nero presenta la buccia scura, bruna nerastra e coperta da piccole verruche, mentre la polpa, anch’essa scura con fini venature bianche, emana un odore gradevolmente aromatico, a cui corrisponde un sapore eccellente, che si valorizza con la cottura. È disponibile da metà novembre a marzo, ma il periodo di maturazione migliore parte da fine dicembre. Il tartufo nero estivo (Tuber Aestivum o Tuber Uncinatum), conosciuto come Scorzone, è tra i tartufi più diffusi. Ha buccia scura, con piccole protuberanze simili a verruche, e polpa tendente al nocciola, più chiara di quella del nero pregiato. Apprezzato per il suo aroma intenso, è molto utilizzato anche per profumare formaggi, piuttosto che insaccati e salse. Il periodo di maturazione va da maggio a novembre. Il tartufo di Bagnoli (Tuber Mesentericum), è dffuso nell’Italia Centro-meridionale, somiglia allo scorzone, dal quale si differenzia per l’odore più forte (può anche ricordare quello del cavolo) e per la presenza nella polpa di una cavità più o meno profonda. Il periodo di maturazione va dai primi di settembre a fine gennaio. Il tartufo d’inverno (Tuber Brumale), si presenta con una buccia nera cosparsa di numerose piccole verruche. La polpa, a differenza di quella del nero pregiato, è grigia con venature rade e chiare, mentre l’odore ha sentori di noce moscata. Matura da novembre inoltrato a marzo. UN ACQUISTO IMPEGNATIVO
Variabili di giorno in giorno secondo la disponibilità del prodotto, le quotazioni (non si parla più di prezzo) del tartufo possono raggiungere punte proibitive per i più. In particolari condizioni, un bianco pregiato può anche costare 3.000-4.000 euro al kg, dieci volte di più di un bianchetto. Entrando in questi ordini di cifre, si comprende come il mercato dei tartufi non sia proprio il più semplice da avvicinare: l’inganno è dietro l’angolo e, più ancora che dai tartufi di basso pregio provenienti dalla Cina (concorrenza anche in questo settore), è dalle insidie della chimica che ci si deve guardare. Il bismetiltiometano, la sostanza che caratterizza in gran parte l’aroma del tartufo bianco, si produce senza grossi problemi in laboratorio, ottenendo un aroma artificiale che, oltre al basso costo, presenta anche il vantaggio di una maggior stabilità e persistenza nel tempo. Dall’uso lecito di questo aroma a quello truffaldino il passo è breve: attenzione ai tartufi bianchi d’occasione, potrebbe trattarsi di insipide terfezie (un fungo sotterraneo di scarsissimo pregio, diffuso un po’ dovunque), sottoposte a opportune cure cosmetiche e nobilitate con aggiunta di aroma. Nel cam-
po dei tartufi non si ammettono sconti: la vera occasione da ricercare è in un prodotto di qualità venduto al suo giusto prezzo. È sempre opportuno procedere a un’analisi dettagliata del prodotto, prima di acquistano. In linea di massima, dimensioni, peso e forma possono incidere parecchio sul costo: a parità di aroma e freschezza, un tartufo grande e di forma regolare può costare anche il doppio di uno dello stesso tipo, ma piccolo e irregolare nella forma. Non è solo l’aspetto, comunque, la caratteristica da valutare con attenzione: al tatto, premendolo con delicatezza tra le dita, il tartufo deve evidenziare una spiccata durezza, segno che è fresco. Se, invece, si dimostra cedevole, può nascondere una marcescenza, e comunque, una scarsa qualità. È poi il naso a decretare in modo definitivo la validità dell’eventuale acquisto. Per esprimere giudizi fini occorrono allenamento e sensibilità, ma non è impossibile anche per il neofita distinguere con relativa facilità un tartufo buono da uno che non lo è. Prendendo ad esempio il re dei tartufi, il bianco pregiato, la perfezione si ha quando i sentori di aglio, fieno e miele si percepiscono in modo equilibrato e delicato. Viceversa, punte intense ammoniacali denunciano un prodotto ormai da scartare. Allo stesso modo, il tartufo nero pregiato deve presentare un odore comunque gradevole, pur nella sua intensità e tipicità, senza asprezze e eccessi di alcun genere. IN CUCINA ...
Dato il suo pregio, non si può certo correre il rischio di rovinare il tartufo in cucina, trattandolo nel modo sbagliato. Qualche indicazione di massima per i due più preziosi: il bianco pregiato dà il meglio nell’uso a crudo, tagliato a fette sottilissime sul risotto ben caldo, piuttosto che sul tuorlo di un semplice uovo al burro. Per il nero pregiato, invece, la cottura tende a valorizzarne le caratteristiche: è perfetto in preparazioni anche elaborate, dove ha tempo di amalgamarsi con gli altri ingredienti donando loro intense suggestioni. Per i tartufi meno pregiati e di costo più basso, come quello estivo, si può valutare anche l’opportunità di imprigionare il profumo nel burro. Tritando grossolanamente il tartufo, infatti, e amalgamandone i frammenti con burro, si possono preparare poi delle palline da conservare nel congelatore. Il grasso avrà l’effetto di estrarre gli aromi, impregnandosene, mentre il freddo garantirà che rimangano stabili nel tempo, sino al momento dell’uso. Mantecato nel riso, insieme al parmigiano, piuttosto che sciolto su una fetta di filetto, il burro tartufato saprà restituire quasi intatte le emozioni del prodotto fresco. I CONSUMI
L’Italia è leader nella produzione e nel commercio dei tartufi: tenendo conto anche del prodotto di provenienza extranazionale, ogni anno in Italia se ne commercializzano circa 500 tonnellate, per oltre 400 milioni di euro. Sono oltre 100.000 gli appassionati cercatori che, regolarmente tesserati, contribuiscono ad alimentare questo mercato. La ricerca del tartufo, con il lungo addestramento dei cani, il rito delle visite notturne ai boschi e quello delle contrattazioni in piazza di primo mattino, sono una genuina espressione di cultura e tradizione del territorio. VALORI NUTRIZIONALI
Parlare di valore alimentare del tartufo viste le quantità che se ne consumano e la frequenza con la quale compare nel menu dell’italiano medio rischia di apparire un po’ accademico. In effetti è l’esempio più tipico di quei prodotti che si gustano per puro piacere senza pensare né alle calorie né ai grassi. Non dispiace comunque sapere che il tartufo è anche un alimento sano: a differenza degli altri funghi, non si conoscono tartufi velenosi e la sua composizione lo rende particolarmente ricco di fibra e di ferro (ne contiene quasi quanto la carne di cavallo). Quasi un integratore naturale e, con il costo di certi prodotti da farmacia, forse varrebbe la pena di tenerne conto.