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I COMMENTI SICUREZZA SUL LAVORO Una panoramica sul nuovo decreto
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di Aldo Monea - Avvocato, docente universitario
I commenti
opo aver superato, in modo efficiente, il tortuoso iter previsto dalla legge di delega (la L. n. 123/2007), il nuovo decreto sulla sicurezza sul lavoro è stato definitivamente approvato dal Governo il 1° aprile 2008. Di esso vengono qui esaminati importanti profili giuridici “di base”.
I princìpi attuati Il decreto attua, in larga misura, quanto previsto dalla L. n. 123/2007. I principi ricavabili dal nuovo testo (in buona parte simili a quelli della delega) sono: - il riordino e il coordinamento della normativa esistente; - l’abrogazione della precedente disciplina in materia; - l’estensione, in senso oggettivo e soggettivo, del campo di applicazione della normativa; - la razionalizzazione dell’apparato sanzionatorio; - l’“incentivazione” della regolarizzazione delle violazioni e dell’eliminazione dei pericoli; - la previsione di arresto e ammenda nei soli casi di lesione di interessi generali dell’ordinamento; - una (sia pur parziale) revisione di attribuzioni e di funzioni dei soggetti del sistema di prevenzione aziendale (in particolare, rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, medico competente e preposto); - la valorizzazione, sia pure in forma indiretta, di accordi aziendali, di codici di condotta ed etici, di buone prassi; - la revisione di profili attinenti agli appalti; - la definizione di un sistema istituzionale per una maggiore circolazione delle informazioni. Sembrano, invece, essere attuati in modo meno significativo altri profili, tra cui, ad esempio, la semplificazione degli adempimenti meramente formali. Sul piano europeo, il nuovo decreto si pone sul solco sia delle Direttive europee “classiche” (quelle degli anni 1989-92 che hanno fatto da “sfondo” giuridico al D.Lgs. n. 626/1994) sia di più recenti testi europei (ad esempio, la Direttiva n. 2004/40/CE sui rischi da campi elettromagnetici e la n. 2006/25/CE in materia di radiazioni ottiche). Il nuovo provvedimento legislativo risulta, peraltro, molto più articolato del D.Lgs. n. 626/1994, comprendendo oltre trecento articoli e una cinquantina di allegati e includendo parecchie normative, in preceden-
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za, espresse in diversi testi di legge (ad esempio, cantieri temporanei o mobili).
Struttura del decreto Per quanto riguarda la strutturazione dei temi, il recente provvedimento legislativo si presenta caratterizzato da: • una parte generale (Disposizioni comuni), contenente vari profili comuni a tutta la disciplina (tra i quali finalità; definizioni; campo di applicazione; sistema istituzionale; misure di tutela; delega di funzioni; obblighi del datore e del dirigente; obblighi del preposto; obblighi dei lavoratori; obblighi dei progettisti; obblighi dei fabbricanti e dei fornitori; obblighi degli installatori; obblighi del medico competente; obblighi connessi ai contratti di appalto o d’opera o di somministrazione; valutazione dei rischi; modelli di organizzazione e di gestione; SPP; formazione, informazione e addestramento; sorveglianza sanitaria; consultazione e partecipazione dei rappresentanti per i lavoratori; sanzioni per il datore di lavoro e il dirigente; sanzioni per il preposto; sanzioni per il medico competente; sanzioni per i lavoratori); • una parte recante discipline specifiche con i particolari obblighi ad esse connesse (luoghi di lavoro; uso delle attrezzature di lavoro e dei dispositivi di protezione individuale; cantieri temporanei o mobili; segnaletica di salute e sicurezza sul lavoro; movimentazione manuale dei carichi; attrezzature munite di videoterminali; agenti fisici; sostanze pericolose; esposizione ad agenti biologici; protezione da atmosfere esplosive); • da una serie di allegati contenenti elenchi di dettaglio e profili tecnici.
Novità salienti Un ampliato campo di applicazione Il campo di applicazione della disciplina in materia si estende sia in senso oggettivo sia in senso soggettivo. Dal primo punto di vista, l’art. 3 c. 1 del nuovo testo afferma che la nuova normativa si applica a «Tutti i settori di attività, privati e pubblici, e a tutte le tipologie di rischio». Dal punto di vista soggettivo, considerando il lavoratore, l’art. 3, c. 4 dispone che esso «si applica a tutti i lavoratori e lavoratrici, subordinati e autonomi, non-
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I COMMENTI La macro-struttura del decreto -
PRINCIPI COMUNI LUOGHI DI LAVORO USO DELLE ATTREZZATURE DI LAVORO E DEI DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALE CANTIERI TEMPORANEI O MOBILI SEGNALETICA DI SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI CARICHI ATTREZZATURE MUNITE DI VIDEOTERMINALI AGENTI FISICI SOSTANZE PERICOLOSE ESPOSIZIONE AD AGENTI BIOLOGICI PROTEZIONE DA ATMOSFERE ESPLOSIVE DISPOSIZIONI DIVERSE IN MATERIA PENALE E DI PROCEDURA PENALE NORME TRANSITORIE E FINALI
I commenti
TITOLO I TITOLO II TITOLO III TITOLO IV TITOLO V TITOLO VI TITOLO VII TITOLO VIII TITOLO IX TITOLO X TITOLO XI TITOLO XII TITOLO XIII ALLEGATI
ché ai soggetti ad essi equiparati, fermo restando quanto previsto nei commi successivi», mentre l’art. 2, c. 1, lett. a) ora include, in generale, ogni «persona che, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, svolge un’attività lavorativa nell’ambito dell’organizzazione di un datore di lavoro pubblico privato, con o senza retribuzione, anche al solo fine di apprendere un mestiere, un’arte o una professione, esclusi gli addetti ai servizi domestici e familiari». Di conseguenza, il nuovo decreto include, ai fini applicativi, una serie di categorie di lavoratori, dando alcune specifiche su: • i prestatori di lavoro del contratto di somministrazione che devono essere “protetti” ad opera dell’utilizzatore (art. 3 c. 5, «tutti gli obblighi di prevenzione e protezione di cui al presente decreto sono a carico dell’utilizzatore»)
La principale normativa abrogata • D.P.R. 27 aprile 1955, n. 547; • D.P.R. 7 gennaio 1956, n. 164; • D.P.R. 19 marzo 1956, n. 303, fatta eccezione per • • • • • • • •
l'articolo 64; D.Lgs. 15 agosto 1991, n. 277; D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626; D.Lgs. 14 agosto 1996, n. 493; D.Lgs. 14 agosto 1996, n. 494; D.Lgs. 19 agosto 2005, n. 187; articolo 36 bis, commi 1 e 2 del D.L. 4 luglio 2006 n. 223, convertito con modificazioni dalla L. 5 agosto 2006 n. 248; articoli: 2, 3, 5, 6 e 7 della L. 3 agosto 2007, n. 123; ogni altra disposizione legislativa e regolamentare nella materia disciplinata dal decreto legislativo medesimo incompatibili con lo stesso.
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• i distaccati (di cui all’art. 30 del D.Lgs. n. 276/2003) che devono essere, sostanzialmente, garantiti dal distaccatario, vale a dire l’ospitante (a parte l’informazione e la formazione generale da parte del distaccante); • i lavoratori a progetto e i collaboratori coordinati e continuativi, ove la loro prestazione si svolga presso di lui, da garantire ad opera del committente (art. 3, c. 7); • i lavoratori a distanza mediante collegamento informatico e telematico, rispetto ai quali il decreto si applica nelle forme e nei modi stabiliti nel comma 10 dell’art. 3. Sempre dal punto di vista soggettivo, si estende la nozione di datore di lavoro di interesse per la normativa: secondo l’art. 2, c. 1, lett. b) è tale ogni «soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore o, comunque, il soggetto che secondo il tipo e l’assetto dell’organizzazione nel cui ambito il lavoratore presta la propria attività, alla responsabilità dell’organizzazione stessa o dell’unità produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa»).
La “base di partenza” per la sicurezza La nozione di “salute” (art. 2, c. 1, lett. o) rappresenta, dal punto di vista giuridico, una delle fondamentali innovazioni. La salute da proteggere e su cui impostare ogni azione datoriale, tecnica e manageriale, è ora lo «stato di completo benessere fisico, mentale e sociale». Evidenti le innumerevoli “insidie” sul piano giuridico e le implicazioni in termini aziendali per effetto dell’allargamento. Ove in azienda non si adotti, per tempo, un’adeguata strategia di azione al riguardo, appaiono, infatti, impegnative sul piano dell’azione datoriale e preoccupanti sul piano giuridico (specie, in eventuali giudizi) le conseguenze potenzialmente scaturenti dall’avvenuta estensione, nella nuova nozione, sui profili sociali del lavoro, vale a dire relazionali.
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I COMMENTI Prevenzione e Protezione,
La nuova nozione di “salute”
• realizzare la valutazione di tutti i rischi, • elaborare il documento di analisi e valutazione dei
fisico
Benessere
mentale
relazionale
La struttura organizzativa per la sicurezza
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Per quanto riguarda l’organizzazione da predisporre restano “valide” tutte le figure già incontrate nel D.Lgs. n. 626/1994 (per un esempio di organizzazione complessa, si veda l’organigramma), sia pure con talune novità più specifiche. Il ruolo del datore di lavoro resta invariato e, sostanzialmente, immutato è anche il quadro dei suoi obblighi. Una parte di essi, quelli più generali, sono contenuti nel Titolo I (dedicato ai Principi comuni), mentre quelli più specifici sono contenuti nei Titoli relativi alle particolari normative (luoghi di lavoro, videoterminali, …) Il soggetto resta, anche nel nuovo testo, il garante aziendale della sicurezza sul lavoro e deve, pertanto, sapere organizzare dipendenti e collaboratori esterni in modo da fronteggiare i rischi incombenti sulla sicurezza e sulla salute dei lavoratori e degli equiparati. In questo ultimo ambito di “cose da fare”, egli deve (obbligo non delegabile in base all’art. 17 e di cui risponde penalmente solo lui), anche: • nominare il responsabile del Servizio di
rischi e di programmazione delle azioni di miglioramento. Egli può, poi, fare ricorso alla delega di funzioni gestionali, attivando “dirigenti” e “preposti”. Il nuovo decreto, proprio a proposito della delega (art. 16, c. 1), individua, dopo innumerevoli anni di incertezza giurisprudenziale, un quadro minimo di caratteristiche, con l’effetto di diminuire l’aleatorietà che contraddistingueva, in sede di giudizio, l’interpretazione giuridica su basilari profili di essa. Pur eventualmente delegando, il datore, come ammonisce l’art. 16, c. 3, resta, comunque, il vigilante dell’organizzazione costruita. A carico del datore vi è anche la necessità di apprestare l’organizzazione più operativa (art. 18, c. 1, lett. b) attraverso addetti alla prevenzione incendi, all’evacuazione dei luoghi di lavoro in caso di pericolo grave e immediato, al salvataggio, al primo soccorso e, in genere, alla gestione dell’emergenza. Non cambia nel nuovo decreto, in linea di massima, la figura del dirigente. Emerge con maggiore chiarezza il preposto, di cui il nuovo decreto chiarisce, adeguatamente, il ruolo (art. 2, c. 1, lett. e), precisandone, dettagliatamente, i compiti (art. 19). Resta indispensabile la cooperazione dello stesso lavoratore, il quale mantiene, nell’ambito del decreto (e purtroppo, più di quanto sia riconosciuto in molte organizzazione aziendali) un ruolo di primissimo piano, dovendo curarsi della sicurezza propria e altrui (art. 20, c. 1) Più esauriente il nuovo testo rispetto a medico competente e a sorveglianza sanitaria, ora maggiormente articolata.
Un’organizzazione per la sicurezza (ipotesi azienda complessa) DATORE DI LAVORO
SERVIZIO DI PREVENZIONE E PROTEZIONE
MEDICO COMPETENTE
ADDETTI VARI (EMERGENZA, PRIMO SOCCORSO, …)
DIRIGENTE
PREPOSTO
LAVORATORE/TRICE
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I COMMENTI Le caratteristiche "per legge" della delega (art. 16. c. 1) • essa risulti da atto scritto recante data certa; • il delegato possegga tutti i requisiti di professionalità ed esperienza richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate;
• essa attribuisca al delegato tutti i poteri di organizzazione, gestione e controllo richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate;
• essa attribuisca al delegato l'autonomia di spesa necessaria allo svolgimento delle funzioni delegate; • essa sia accettata dal delegato per iscritto; • essa abbia adeguata e tempestiva pubblicità.
Anche secondo il nuovo decreto, una valida impostazione aziendale della sicurezza poggia, oltre che su un’organizzazione adeguata, anche sulla realizzazione di un “ciclo virtuoso” ricomprendente: • l’analisi dei rischi, • la valutazione degli stessi, • la programmazione di misure di miglioramento. Proprio la mappatura dei rischi è profilo tecnico essenziale per elaborare lo specifico modello aziendale di sicurezza. In continuità con il passato normativo, tale concatenazione di attività ha, di fronte al Diritto, il datore di lavoro come principale referente gestionale. Resta insostituibile, però, anche il ruolo di referente tecnico del responsabile del SPP, che, «per quanto di sua competenza» deve, dal punto di vista specialistico, supportare il datore. È da segnalare che anche il nuovo decreto prevede (in allegato 2 del testo) una serie di casi (tra i quali quello delle aziende artigiane e industriali fino a 30 addetti), in cui il datore di lavoro, secondo l’art. 34, può svolgere direttamente quel ruolo. Tutte le attività tecniche del SPP dovranno tenere in adeguato conto le novità in precedenza evidenziate, tra cui, in particolar modo, la nuova nozione giuridica di “salute” e l’allargamento della nozione di lavoratore.
Il rappresentante per la sicurezza Un accenno a parte meritano le novità sul rappresentante per la sicurezza. Se restano immutate le attribuzioni della figura (art. 50), se restano le stesse del D.Lgs. n. 626 le fasce numeriche che fanno “scattare” il diritto a un rappresentante e si riconferma la regola (già presente all’art. 18, c. 4 del citato decreto del 1994, come integrato dall’art. 3 della L. 123/2007) di un’unica giornata su tutto il territorio nazionale per far scegliere ai lavoratori i propri rappresentanti, cambiano, invece, le possibili “varianti” della figura in esame che ora può essere: “aziendale” o “territoriale” o “di sito produttivo”. Il primo è la regola, il secondo è eventuale ed il terzo è necessario solo in ambiti lavorativi, comunque, previsti dalla legge (art. 49) e caratterizzati da notevole complessità e da contestualità di più organizzazioni lavorative: porti, impianti siderurgici, centri intermodali di trasporto a cantieri con almeno 30.000 uomi-
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ni-giorno; contesti produttivi con complesse problematiche legate all’interferenza delle lavorazioni e da un numero complessivo di addetti, mediamente attivi nell’area, superiore a 500.
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Rischi e SPP
Formazione, informazione ed addestramento Anche il recente provvedimento legislativo riconosce, in un disegno complessivo di moderno safety management, la formazione e l’informazione ai lavoratori come due fondamentali “leve” cui far ricorso per sviluppare la sicurezza in azienda. Si aggiungono ora l’“addestramento” (appena accennato all’art. 37, c. 4), mentre si allarga l’oggetto di apprendimento, che comprende, ad esempio: • l’esigenza di impartire conoscenze linguistiche; • vari concetti (rischio, danno, prevenzione, protezione, organizzazione della prevenzione aziendale); • diritti ed i doveri dei vari soggetti aziendali. Non è forse inutile sottolineare che l’“apprendimento della sicurezza” è anche per l’attuale legislatore delegato un obbligo giuridico (art. 20, c. 2, lett. h): «partecipare ai programmi di formazione e di addestramento organizzati dal datore di lavoro») con sanzioni penali per il lavoratore che violi il dovere di “apprendere” (art. 59).
Un regime sanzionatorio articolato Profili penali “double-face” Un’innovazione apparentemente formale riguarda la scelta del legislatore di collocare le sanzioni in vari contesti (nei vari Titoli di cui si compone il decreto) e non più alla fine del decreto. Sul merito del regime sanzionatorio penale è difficile dare un giudizio di carattere generale, perché se è vero che nel testo vi sono nuove ipotesi di reato che danno luogo a sanzioni e se è esatto che, talvolta, si riscontra un “appesantimento” delle sanzioni, d’altra parte si nota una forte tendenza a favorire la regolarizzazione premiando i comportamenti del contravventore che “sani” le irregolarità prima che esse abbiano dato luogo a infortunio. Ciò avviene attraverso il meccanismo estintivo di cui all’art. 301 (che recupera quanto già previsto nel D.Lgs. n. 758/1994), applicabile a contravvenzioni
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I COMMENTI punibili con la pena alternativa dell’arresto o dell’ammenda, e attraverso l’art. 302 del nuovo decreto che consente di tramutare la pena per contravvenzioni punite con la sola pena dell’arresto, ove il contravventore intervenga, “fattivamente”, prima della chiusura del dibattimento.
Responsabilità di cui al D.Lgs. n. 231/2001
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Ancora più significativo è quanto il regime sanzionatorio prevede in merito alla responsabilità di cui al D.Lgs. n. 231/2001. Si tratta di una complessa forma di responsabilità c.d. “amministrativa” (ulteriore rispetto a quella penale e civilistica), originariamente espressa in quel D.Lgs. del 2001 e che, recentemente, è stata estesa, dalla legge n. 123/2007, anche alle condotte di taluni soggetti aziendali in materia prevenzionale. La normativa comprende profili sanzionatori di elevata entità e gravosità (per citare una sua sanzione, essa prevede anche l’interruzione dall’esercizio dell’attività) e che richiederebbero, da parte delle singole aziende (per poter essere esonerate da tale forma di responsabilità), un’opportuna azione organizzativa preventiva, che comprende, tra l’altro, l’elaborazione e l’attuazione di un “modello organizzativo aziendale” atto a prevenire la commissione di specifici reati (omicidio colposo o lesioni personali colpose gravissime, compiute con violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro). Tale responsabilità è ora ripresa e modificata dal nuovo decreto, sia all’art. 300 sia all’art. 30. Proprio tale ultima disposizione dà qualche “lume” sul modello organizzativo da elaborare ed attuare per… “prevenire” tale forma di responsabilità. A questo proposito è utile segnalare che, ai sensi dell’art. 11 c. 5 del nuovo decreto, è prevista la possibilità per piccole, medie e micro imprese di ottenere finanziamenti per progetti volti a sperimentare soluzioni innovative e strumenti di natura organizzativa e gestionale ispirati ai princìpi di responsabilità sociale delle imprese.
La sospensione delle attività Resta, poi, come ulteriore ipotesi di sanzione, sia pure ancora più atipica rispetto alle altre già segnalate, la sospensione delle attività prevista all’art. 14 del nuovo decreto. Essa riprende, sostanzialmente, l’istituto già previsto dall’art. 5 della L. n. 123/2007, introducendo alcune modifiche e integrazioni, tra le quali la precisazione, ora esplicitata per legge, che il provvedimento amministrativo possa riguardare anche i lavori nei cantieri edili (art. citato, c. 1, penultimo periodo).
Modifiche e integrazioni in vista? Lo spazio nella delega Questo genere di documenti legislativi presenta “fisiologicamente” la possibilità di cambiamenti. In specifico, l’art. 1, c. 6 della L. di delega n. 123/2007 prevede, infatti, che entro dodici mesi dalla data di
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entrata in vigore del decreto qui esaminato, il Governo, rispettando i «princìpi e criteri direttivi fissati» dalla legge di delega citata, può adottare «disposizioni integrative e correttive dei decreti medesimi».
Il cambiamento di maggioranza politica Se a tale possibilità giuridica si aggiunge, altresì, il cambiamento di maggioranza politica, è da ritenere più che probabile che il testo in esame subirà significative modifiche, se non addirittura “a monte” una nuova delega parlamentare in materia.
La potestà legislativa regionale Se si considera, inoltre, che l’art. 117, c. 3 (che regola la potestà legislativa tra legislatore nazionale e quello regionale sulle varie materie) della nostra Costituzione prevede che la “tutela e sicurezza del lavoro” è materia di legislazione concorrente, con la conseguenza che alle Regioni spetta la potestà legislativa, mentre la determinazione dei princìpi fondamentali è riservata alla legislazione statale, è naturale attendersi dalle singole Regioni norme integrative. Si aggiunga a ciò che lo stesso testo appena approvato afferma (art. 1, c. 2) «le disposizioni del presente decreto legislativo, riguardanti ambiti di competenza legislativa delle regioni e province autonome,»(…) «perdono comunque efficacia dalla data di entrata in vigore di quest’ultima, fermi restando i princìpi fondamentali ai sensi dell’articolo 117, comma 3, della Costituzione». Da qui la necessità, per seguire compiutamente l’evoluzione della normativa in materia, di tenere d’occhio anche i Bollettini Ufficiali delle Regioni allo scopo di individuare eventuali leggi regionali in materia, che vadano a integrare quanto previsto nel decreto.
Conclusioni Questa prima disanima evidenzia la caratteristica di fondo del nuovo decreto: sostanziale continuità rispetto al D.Lgs. n. 626/1994, ma anche parecchi elementi di novità, apparentemente di dettaglio. Ne potrebbe derivare una visione d’insieme dal colore “grigio”, secondo cui non cambia nulla. In realtà molti elementi (ad esempio: la nuova idea di salute, l’accresciuta attenzione alla valutazione dei rischi e all’organizzazione per la sicurezza, la riconfermata attenzione alla lotta al lavoro irregolare) segnalano una più piena valorizzazione del percorso normativo inaugurato dal D.Lgs. n. 626/1994, con una maggiore “spinta” nei confronti dei datori di lavoro affinché essi aderiscano a un approccio organizzato che riguardi nuove tipologie di lavoratori. Il “nodo” di fondo resta sempre però quello di fare aderire a questo “progetto” di adeguato safety management tutta la piccola impresa (ivi comprese le tante realtà aziendali “marginali”) e su questo non è molto chiaro quanto il contenuto di questo decreto, di per sé, possa riuscire, operativamente, a innovare rispetto al passato.
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