crescere insieme
Hey mamma
do you speak Quante lingue parla vostro figlio? Come crescere un bambino bilingue? Insegnare ai nostri cuccioli una seconda lingua, è un regalo pezioso. Ecco come fare di FRANCESCA GUINAND foto di ??????
58 luglio agosto • kids
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Inglese, italiano, spagnolo, tedesco, francese, cinese. E poi arabo, portoghese, rumeno, russo. Avete mai pensato ad un bambino di quattro anni che sappia parlare due, tre, o più lingue? Oppure che vostro figlio, che sta crescendo in Italia, possa imparare a parlare anche l´inglese? Con l’apertura delle frontiere europee, con i programmi di studio come l’Erasmus, con la globalizzazione, ormai sono sempre di più quelle famiglie miste che non parlano solo italiano, ma due o tre lingue contemporaneamente. Genitori di nazionalità diversa che crescono figli bilingue e famiglie monolingue italiane che crescono figli bilingui affiancando all’italiano l’inglese,sono in grande aumento nel nostro Paese e anche nel resto d’Europa. Dal 2000 ad oggi il numero di parole inglesi che è entrato a far parte della lingua scritta delle imprese italiane è aumentato del 773%, secondo uno studio della Agostini Associati sull’utilizzo dei termini inglesi nelle comunicazioni delle imprese. Un esempio? Si organizzano brainstorming tramite conference call, si valutano le performance dei competitor e i dirigenti analizzano gli annual report. Dallo studio emerge anche che nel linguaggio commerciale i primi tre termini inglesi più utilizzati nelle aziende sono: look, business, fashion. Quindi anche un italiano che vive in Italia un po' di inglese deve masticarlo, anche solo per poter lavorare. UN VALORE AGGIUNTO? Cosa significa essere bilingue? Non basta conoscere qualche parola in una lingua straniera. Bilingue è chi è capace di parlare, leggere e scrivere correttamente in due lingue diverse. Anche se il concetto di bilinguismo è relativo: due bilingui messi a confronto non hanno quasi mai le stesse competenze negli stessi ambiti (lettura, ascolto, produzione orale e scritta). Uno degli ultimi studi fatti sul bilinguismo è quello che due ricercatori della Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (Sissa) di Trieste, Jacques Mehler e Agnes Melinda Kovàcs, hanno pubblicato su Science: Flexible
Learning of Multiple Speech Structures in Bilingual Infants. Secondo la ricerca chi cresce in un ambiente dove si parla più di una lingua ha dei vantaggi cognitivi. Un bambino che ha la mamma italiana e il papà marocchino, o la mamma francese e il papà spagnolo e così via, secondo i ricercatori della Sissa di Trieste, non parla con ritardo né tantomeno farà confusione tra i due idiomi. Anzi, Mehler spiega che «crescere in una famiglia in cui si parla più di una lingua conferisce al bambino un vantaggio cognitivo: accresce infatti alcune funzioni, le cosiddette funzioni esecutive. Ovvero quei processi fondamentali per eseguire ciascun tipo di compito, non solo verbale. Sono determinanti per gestire e pianificare attività, che permettono di coordinare delle azioni e inibirne delle altre, spostando l’attenzione da un aspetto a un altro a seconda del compito da eseguire. Come, per esempio, inibire le tecni-
che proprie della discesa libera per praticare con successo lo sci di fondo». Secondo il ricercatore e direttore del Laboratorio “Linguaggio, cognizione e sviluppo” della Sissa «ancora prima di iniziare a parlare, un bambino che è esposto a due idiomi fin dalla nascita sa distinguere la lingua materna da quella paterna e riesce ad apprendere regolarità linguistiche più velocemente di un bambino monolingue. Il cervello di un bambino esposto a due lingue, infatti, è più duttile perché è allenato a distinguere gli stimoli verbali della lingua paterna da quelli della lingua materna, senza che le due lingue interferiscano tra loro. Questo non significa che sia più intelligente ma, come un maestro di scacchi è più veloce di un neofita nel memorizzare diverse configurazioni sulla scacchiera, così un bilingue è in grado di acquisire più velocemente e distinguere diverse strutture linguistiche rispetto a un coetaneo monolingue. Perché è allenato a farlo. Insomma, se un bambino cresce fin dalla culla in un ambiente bilingue apprenderà in maniera naturale due differenti idiomi grazie a una proprietà generale del cervello, la plasticità. E grazie alla ricchezza dell’ambiente linguistico, migliorano alcuni meccanismi di apprendimento. FALSI MITI SUL BILINGUISMO Se la ricerca della Sissa è a favore del bilinguismo precoce, la preoccupazione principale dei genitori che crescono i figli in un ambiente bilingue di solito è: esporre mio figlio fin da piccolissimo a due o più lingue potrebbe provocare un ritardo nella sua evoluzione linguistica? La paura è quella di sbagliare e causare confusione nell’apprendimento linguistico dei bambini, oppure di ritardare nel bambino l’inizio della fase di produzione, quindi
le scuole Se tagli e riforme penalizzano l’apprendimento dell’inglese e delle altre lingue nella scuola pubblica, le private si organizzano per ricevere la crescente domanda di genitori e alunni per imparare una seconda o terza lingua sui banchi. Significativo l’esempio della Buddies School a Torino: programma ministeriale italiano insegnato da docenti madrelingua inglese. La retta parte da 470 euro al mese più 5 euro a pasto. Un’alternativa, sempre nel privato, presente un po’ in tutta Italia sono le scuole internazionali americane, o inglesi. A Roma per imparare l´inglese c’è “Kids can do” per bambini dai 4 ai 13 anni. Qui le lezioni sono quasi esclusivamente in inglese, perché ogni tanto il bambino va rassicurato anche in italiano. Le lezioni, volendo, si possono concentrare in 3 ore il sabato mattina. Il costo? Poco più di 1000 euro l'anno.
kids • luglio agosto 59
crescere insieme eccellenza privata Diretto da Anne Marie Hill, l’Istituto Marymount, di Roma, dal 1930 rappresenta un esempio di eccellenza nel settore privato. Qui i ragazzi crescono bilingue, perché metà del programma è svolto in Italiano e l’altra metà in inglese, con professori madrelingua. In questo modo i bambini, dalla materna alle medie (da 3 a 13 anni) coltivano la lingua madre, l’italiano, ma si formano anche solide basi per la conoscenza dell’inglese. In questo modo possono poi affrontare licei o scuole all’estero senza problemi. Ogni settimana sono previste sedici ore d’inglese, nelle seguenti materie: Scienze (3 ore), Geografia (1 ora), Inglese (8 ore), Computer (2 ore) Arte (2 ore). Le rette partono da circa 6000 euro l’anno, più il servizio mensa. Non proprio a buon mercato per tutti, forse, ma di sicuro un ottimo investimento per il futuro dei propri figli. (a cura di Francesca Pierpaoli)
del momento in cui inizia a parlare. La professoressa Traute Taeschner, docente alla Facoltà di Psicologia della Sapienza di Roma, rassicura i genitori: «Anche i bilingue possono essere precoci nell’iniziare a parlare, e i monolingue possono imparare a parlare con ritardo, dipende dal bambino. Pensate ad Albert Einstein: iniziò a parlare a 5 anni e non aveva certo problemi di apprendimento! I bambini non manifestano un ritardo a parlare perché esposti ad un contesto bilingue: ci sono molte variabili che concorrono, ma non è l’esposizione al bilinguismo che provoca ritardo. Basti pensare che il 20% dei bambini che frequenta la scuola dell’infanzia non sa parlare». Secondo Monica Balli, laureata in pedagogia e perfezionata in disturbi neuropsicologici dell’apprendimento: «è normale il ritardo nell’iniziare a parlare quando si devono imparare due o più lingue, perché il bambino deve apprendere una lingua nuova e deve fare maggiori associazioni immagine-parola. Fa una fatica in più, che poi verrà premiata: è come se il bambino facesse una ginnastica celebrale e sarà avvantaggiato quando studierà le lingue. A scuola il bimbo percepisce di essere un “privilegiato” (vedi la storia di Helen), che sa qualcosa in più degli altri, e questo aumenterà la sua autostima". La dottoressa Balli avverte che nella gran parte delle situazioni, i bambini che hanno problemi di apprendimento crescendo in un contesto bilingue avrebbero avuto difficoltà anche in un contesto monolingue. Non sono le due lingue che creano problemi. ONE PERSON, ONE LANGUAGE Per evitare che il bambino mescoli due o più idiomi il consiglio ricorrente che danno gli esperti è quello di applicare il metodo One Person One Laguage (OPOL): una persona una lingua. Esempio: una mamma francese vive a Milano con il marito italiano. Lei dovrà parlare a loro sempre e solo in francese, il padre sempre in italiano. Anche secondo Andrea Marini, ricercatore in Psicologia generale all’Università di Udine, dove insegna Psicologia del Linguaggio e Neurolinguistica, e docente di Linguistica generale e applicata per il corso di laurea in Logopedia dell’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata” «dagli studi non emerge un influsso del bilinguismo sui problemi del linguaggio. Il problema ci sarebbe stato comunque. Il bilinguismo non è un fattore di rischio, a meno che uno di due genitori usi una certa lingua quando maltratta il bambino. Ci si deve preoccupare se intorno ai quattro anni il bambino tende a mischiare: si tratta di swich o mix patologico. Il bimbo formula un enunciato in una lingua e poi in un’altra, il mix patologico è quando il piccolo usa parole di lingue diverse di lingue diverse» e a quel punto deve essere il genitore che non deve permettere che il figlio perda la sua lingua madre, magari praticandola a casa, facendogli vedere cartoni oppure leggendogli storie nella sua L1.
60 luglio agosto • kids
GENITORI ITALIANI, BIMBI BILINGUE. È POSSIBILE Visto che la ricerca e gli specialisti rassicurano i genitori dal punto di vista cognitivo e all’apprendimento, rimane ancora un interrogativo: come e quando insegnare una seconda lingua al proprio figlio? Se nelle famiglie miste con genitori di nazionalità diverse il processo è più naturale – anche se non sempre si tratta di un percorso in discesa – sono sempre di più le coppie monolingua italiane che decidono di insegnare fin dalla nascita una seconda lingua ai figli. Come Silvia Mangialardo (la storia completa nel box). Silvia vive in provincia di Ancona è italiana ed è sposata con un italiano. Ha due figli, un bambino di sei anni e una bambina più piccola, anche loro nati in Italia. Ma la mamma con i due bambini ha da sempre voluto parlare solo in inglese. Il figlio maggiore di Silvia a sei anni ha raggiunto un livello di bilinguismo che di solito si definisce passivo: comprende perfettamente la L2, che in questo caso è l’inglese, ma non la produce. E se la mamma gli parla sempre e solo in inglese, lui nel 98% dei casi le risponde in italiano. Il figlio di Silvia è perfettamente consapevole di avere qualcosa in più rispetto ai suoi coetanei, è orgoglioso di capire e parlare in inglese meglio degli altri. «Io ho sempre parlato in inglese ai miei figli, anche se sono madrelingua italiana, ma non ho mai avvertito un disagio, per me non è mai stato un problema e mio figlio, pur sapendo che io comprendo e parlo l’italiano, non mi ha mai chiesto di parlare con lui in italiano. Ho parlato con loro in inglese fin da quando erano nel pancione». Alcuni esperti però sconsigliano ai genitori e alle famiglie monolingui di insegnare una seconda lingua. Secondo la professoressa Danila Taglialatela, psicoterapeuta, esperto in Glottodidattica Infantile con il Format Narrativo e Docente presso la Facoltà di Psicologia 1 “Sapienza” «è importante utilizzare con i
IL CINESE: L’INGLESE DEL FUTURO La scuola di Cinese Mandarino Ding Li di Roma ogni anno insegna a 5-6 bambini italiani il cinese. La direttrice, la dottoressa Luisa Paladini, spiega che «le classi sono piccole perché è importante seguire bene gli studenti, ascoltare e ripetere molte volte, perché il cinese è una lingua tonale: gli accenti fanno cambiare significato alla parola. I corsi sono per i bambini dai sei anni in poi». Perché un bambino così piccolo dovrebbe iniziare a studiare il cinese? La direttrice spiega che per i genitori che iscrivono i figli alla sua scuola imparare il cinese è visto come un’opportunità per il futuro, anche perché essendo una lingua complessa, studiarla fin da piccoli facilita l’apprendimento. Paladini spiega che negli ultimi tempi sono molte le scuole che offrono l’insegnamento della lingua cinese, ad esempio a Roma c’è anche l’istituto Confucio. «In un futuro molto vicino il cinese si imporrà tramite l’economia e il commercio».
ATTIVITA' GRATUITE PER PRATICARE LA SECONDA LINGUA
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Cantare canzoni o filastrocche nella seconda lingua Cantare e magari mimare il testo delle canzoni con gesti semplici, come indica anche la professoressa Traute Taeschner nel suo modello di insegnamento dell'inglese Hocus&Lotus, aiuta il bambino. Sia perché ai piccoli piace cantare e poi perché è un modo ludico (e gratuito) di insegnare e praticare la L2. Sul sito inglese Mama Lisa’s World (mamalisa.com/) c’è una ricca sezione di canzoni per bambini da tutto il mondo: Kid Songs From Around The World. Da visitare anche il sito britishcouncil.org/kids-storiesteddysadventure- popup.htm, il francese chez. com/madamelimace/, lo spagnolo guiainfantil. com.
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YouTube (e la Bbc) aiuta il bilinguismo dei bambini YouTube è perfetto per far vedere ai bambini solo cartoni da noi selezionati: basta iscriversi per creare delle playlist da far vedere ai bimbi. Vantaggio per il piccolo che si godrà un po’ di cartoni (volendo anche in lingue diverse dalla sua L1) e anche per i genitori che possono stabilire la durata e il contenuto.
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Prendere in prestito libri nelle biblioteche Sembrerà banale, ma non lo è, anche perché molte biblioteche oltre ad prestare i libri, offrono anche dvd, cd e letture di gruppo in diverse lingue. Ad esempio a Bologna c’è la Sala Borsa Ragazzi dove si svolgono letture di gruppo in diverse lingue, compreso il giapponese.
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Partecipare ai play group Gruppi di bambini che giocano e parlano solo in inglese. Nei play group che organizza Letizia Quaranta, di Bilinguepergioco.com/blog, a Roma e Verona «si parla solo inglese e i genitori partecipano: anche loro parlano inglese e anche i bambini, che a seconda delle loro possibilità, si adattano».
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Ospitare in casa propria ragazze alla pari Sono sempre di più le famiglie che soprattutto nel periodo estivo decidono di ospitare (per circa tre mesi) una ragazza o un ragazzo alla pari, per pulire la casa, cucinare e praticare la loro lingua con i bambini di casa. Sul sito europeo http:// europa.eu/youth/working/au_pair/index_it_it. html si trovano diverse informazioni. kids • luglio agosto 61
crescere insieme approfondimenti e informazioni www.bilingualism-matters.org. uk: Antonella Sorace, che ha creato un servizio europeo di informazione sul bilinguismo () e insegna Sviluppo del linguaggio all’ Università di Edimburgo, in Scozia. bilinguepergioco.com: di Letizia Quaranta è un blog ricco di spunti, commenti e
sopratutto è un sito dove i genitori si confrontano sui metodi e sulla crescita dei figli in contesti multi-lingua. www.englishisfun.it, www.britishinstitutes.it, www.babyworld.it/: utili per conoscere meglio il metodo di Adriana Cantisani, in arte Tata Adriana.
propri figli e con i bambini in generale una modalità comunicativa autentica, con i più piccoli non si può fingere e se non si padroneggia bene la lingua è rischioso parlare sempre in inglese invece che in italiano». Sulla stessa linea d’onda anche il professor Marini: «Io non sono d’accordo con i genitori italiani monolingua che intendono insegnare l’inglese ai propri figli. Il bambino senza rendersene conto acquisirà strutture articolatorie filtrate da un parlante italiano: imparerà a parlare con la pronuncia che sente. Apprenderà, in poche parole, un inglese distorto. L’ideale sono le ragazze alla pari. In questo caso vengono raggiunti due obiettivi: il bambino ha intorno a sé una persona che parla solo quel codice e contemporaneamente il piccolo sarà costretto a parlare inglese, o la seconda lingua scelta dai genitori». Adriana Cantisani, (la Tata Adriana di S.OS. Tata, in onda su Fox Life di SKY e su La7) invece, sostiene la teoria di mamma Silvia e dice che anche una famiglia italiana può crescere un figlio bilingue inglese, l’importante è però «il contatto con un’altra persona che parla solo quella lingua con il bambino, a poco servono dvd e tv nei primi anni di vita per imparare una lingua». TATA ADRIANA DOCET Come scegliere il percorso giusto? Esiste un metodo migliore di altri per imparare le lingue fin da piccolissimi? Come si fa a scegliere il corso giusto per i nostri figli? Quali devono essere le attività svolte? Cosa deve garantire? Gli insegnanti devono essere solo dei madrelingua? E da che età si può pensare di iscrivere un bambino a un corso di lingua? Da qualche anno anche nel nostro Paese stanno fiorendo scuole d´inglese, corsi all’asilo di lingue, scuole per adulti che allargano il ventaglio delle iscrizioni anche ai più piccoli. Tra i
62 luglio agosto • kids
www.hocus-lotus.edu: spiega il modello studiato alla Sapienza di Roma. www.thinkeuropeconsulting.eu: informazioni sui programmi europei per bambini e ragazzi. italy.usembassy.gov/usa/ education/schools-it.asp: offre l’elenco completo delle scuole americane in Italia.
www.kidscando.it: programmi e metodi sulla scuola d’inglese per bambini, di Roma. www.dingli-school.com/: la scuola di cinese mandarino a Roma. www.istitutoconfucio.it/: corsi di cinese dal livello elementare all’università
metodi più conosciuti c'è quello sviluppato da Cantisani. “Tata Adriana” ha creato personalmente il metodo English is Fun! per insegnare l’inglese ai bambini dai tre agli otto anni. «Ho formato più di 350 docenti e in questo momento rappresenta la realtà più importante in Italia nell’ambito del bilinguismo in tenera età. È il metodo ufficiale del British Institutes». Adriana Cantisani racconta a KIDS che il metodo di English is Fun! «è nato dalla mia esperienza più che ventennale negli Usa con i bambini down. Io sono nata in Uruguay e ho fatto l’università negli Stati Uniti, dove ho studiato Lettere e Psicologia cognitiva. Lì, visto che parlavo spagnolo, mi occupavo dei bambini messicani con difficoltà. Già in quella fase ha iniziato svilupparsi l’idea di questo metodo, perché riuscivo a insegnare l’inglese ai ragazzi con difficoltà – che imparavano molto in fretta. Poi sono venuta in Italia, dove ho cresciuto i miei figli trilingui (spagnolo, italiano, inglese), ed English is Fun! è diventato un metodo concreto». Oggi la rete di EIF comprende scuole, insegnanti formati, consulenti. Come funziona EIF? «Bisogna dire innanzi tutto che molti genitori vogliono insegnanti madrelingua, ma una vera pronuncia inglese non esiste: è come pretendere che tutti parlino toscano perché era la lingua di Dante, per l’inglese è uguale. I nostri insegnanti sono madrelingua, ma alcuni sono anche bilingui italiani, e comunque sono formati ed hanno un attestato emesso dal British. Le lezioni si tengono una volta a settimana e durano 50 minuti. È strutturato per piccoli gruppi. Il metodo, per alunni dai tre agli otto anni è completamente ludico, non c’è né lettura né scrittura. È un metodo olistico, perché considera il bambino in tutti i suoi aspetti. Permette anche ai bambini di lavorare insieme. Attraverso attività pratiche, come il ballo e il gioco, i colori, la musica parlano sempre in inglese».
Avventure bilingue delle mamme Helen Doyle, inglese, 39 anni, vive in Italia, a Bologna «Mio figlio per ora è perfettamente bilingue: ha quattro anni e a casa con me parla solo in inglese, col padre e con gli altri bambini solo in italiano». Helen ha 39 anni, è nata in una cittadina al sud di Brighton, vive in Italia da 13 anni. Suo figlio di anni ne ha quattro e lei da tre si è separata dal padre, che è italiano. Dopodiché ha deciso di continuare a vivere Bologna: «ogni tanto a me scappa di parlare con mio figlio in italiano, ma lui è prontissimo e mi corregge subito. E devo dire che è sempre stato così: fin da subito lui ha capito che saper parlare anche inglese è una cosa ambita, soprattutto dagli altri adulti che gli fanno i complimenti e gli dicono sempre “che bravo!”. Ha capito che è un privilegio e questa cosa lo fa sentire molto sicuro di sé. In pubblico gli piace parlare con la mamma in inglese e poi con il padre in italiano: si rende conto della sorpresa che riesce a dare a quelli che gli stanno intorno». Il figlio di Helen ha iniziato a
parlare a 12 mesi: «diceva singole parole, e a 28 mesi ha iniziato a produrre frasi complesse in entrambe le lingue. Fin da subito lui capiva con chi poter parlare inglese o italiano». Helen non si è mai fatta tanti problemi e ha sempre vissuto il bilinguismo di suo figlio con serenità, mettendo in pratica la “regola”: una persona una lingua. Lei sempre l’inglese, il padre sempre l’italiano. Il bambino va all’asilo italiano: «L’unico contatto con l’inglese che ha in Italia sono io. Comunque gli leggo libri in inglese, guarda dvd per ampliare un po’ il vocabolario. Da quando ha iniziato ad andare all’asilo, verso i tre anni e mezzo, ho notato che usava espressioni in italiano che suo padre non usa: ha modo di praticare la lingua. Per quanto riguarda l’inglese siamo andati in Inghilterra dai miei quando lui aveva due anni e mezzo e quando siamo tornati a Bologna lui balbettava: aveva accumulato tantissime espressioni nuove».
Elena Galli, italiana, 41 anni, vive ad Asti Non solo chi ha un marito straniero o chi è una mamma straniera in Italia vuole o può insegnare una seconda lingua ai figli. Nel nostro Paese sono sempre di più quelle mamme, che per formazione e cultura decidono, pur essendo monolingui, di insegnare una seconda lingua (quasi sempre l’inglese) ai propri figli. Elena invece sta provando ad insegnare a sua figlia Valentina, di 8 anni, lo spagnolo. Con la sua famiglia vive «ad Asti - racconta - sono laureata in lingue (Inglese, Spagnolo, Francese), e lavoro a tempo pieno come impiegata commerciale in un ufficio export. Quindi vita monotona, routine. Ha iniziato ad insegnare lo spagnolo alla figlia come se fosse un gioco. «Mia figlia Valentina, 8 anni, è sempre stata incuriosita dal fatto che io parlo alcune lingue straniere, così spesso mi fa domande, o prova a contare fino a non so dove in inglese. Per gioco le ho detto che potevamo provare ad introdurre una lingua straniera nella nostra vita quotidiana, cioè senza decidere “da domani impariamo lo spagnolo, un’ora di dialogo ed esercizi al giorno, ecc…”. Facciamo le solite cose di tutti i
giorni, io preparo la cena, lei fa la cartella, poi giochiamo un po’, facciamo gli esercizi di violino, e durante queste banali attività io le parlo esclusivamente in spagnolo fino a quando rientra mio marito: da qual momento torniamo “normali”. Non ho un obiettivo “quantificabile”, a dire il vero non mi interessa sapere adesso come finirà questa avventura. E’ bello viverla perché ci regala un sacco di momenti divertenti, è stimolante per lei e rende speciali le ore pre-serali piene di incombenze altrimenti noiose. Tre consigli da Elena a chi intende insegnare una seconda lingua ai propri figli: 1. Avere costanza e pazienza! E’ un’esperienza preziosissima anche per un genitore non madrelingua. 2. Capire quali sono gli strumenti più adatti al proprio caso. Esempio: se un bambino va matto per un certo cartone animato, glielo si può proporre nella lingua minoritaria. 3. Frequentare, se possibile, un’ambiente in cui il bilinguismo è normale, e non si è visti come “bestie rare”. Del resto «capire un linguaggio diverso dal proprio linguaggio abituale apre delle “porte” mentali, apre all’apprendimento in generale».
Silvia Mangialardo, 34 anni, italiana, parla inglese ai suoi figli Silvia vive in provincia di Ancona è italiana ed è sposata con un italiano. Ha due figli, un bambino di sei anni e una bambina più piccola, anche loro nati in Italia. A casa si parla solo inglese. O meglio, la mamma con i due bambini ha da sempre parlato solo in English, il papà in italiano. «Il motivo di questa scelta viene da alcuni studi che ho fatto al tempo dell’Università. Ho studiato lingue e letterature straniere e per un esame approfondii per conto mio il bilinguismo. Da quel momento fino alla nascita di mio figlio ho anche sviluppato e potenziato il mio inglese, e anche molti madrelingua mi hanno detto che sono brava con questa lingua. E quando sei anni fa è nato mio figlio ho deciso di mettere in pratica quello che avevo studiato. All’inizio la teoria era di adottare questo metodo: io parlavo solo in inglese, mio marito e il mondo intorno in italiano. Questa regola cambia se siamo fuori casa con altre persone, se abbiamo ospiti o se siamo con persone che non capiscono l’inglese. Ovviamente c’è uno sbilanciamento a favore dell’italiano, che infatti è la sua lingua forte e quella con la quale mio figlio decide di esprimersi. Tra l’altro io non ho mai
preteso con lui di non sapere o non capire l’italiano, anche perché lui sa perfettamente che con le altre persone, con i parenti e al telefono parlo in italiano. Abbiamo raggiunto questa situazione: nel 98% dei casi io gli parlo in inglese e lui mi risponde in italiano, questo tipo di bilinguismo si dovrebbe chiamare passivo, capisce perfettamente la lingua ma non produce. Mi rendo anche conto che quando decide di parlare in inglese la sua padronanza è al 100%, frasi di senso compiuto, riesce a costruire proposizioni anche molto difficili, coniuga perfettamente i verbi, insomma mi sembra che le informazioni le abbia immagazzinate. Purtroppo viviamo in un paesino di provincia e non posso portarlo a play group in inglese o a scuole bilingui, anche perché nei dintorni non ce ne sono. Ma ho notato una atteggiamento un po’ strano da parte di quei genitori stranieri che vivono nei dintorni. Anche se vivo in un paesetto, ci sono due o tre famiglie nei dintorni che hanno un genitore straniero o comunque bambini che parlano sia italiano che inglese. Ma sono riluttanti a socializzare».
kids • luglio agosto 63
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64 luglio agosto • kids