Do you BUSs? Serie di episodi (surreali) ma con una storia di fondo che si potrebbero verificare su un autobus... Specialmente in estate quando il sole picchia forte!
Avvertenze : Prima di questo libro, leggete questi punti: • Prima di continuare svelo che B.U.S.S. sta per Bus Usati Scontati e Semplici (semplici nel senso pratico; una scatolona di metallo con 4 ruote e un motore). B.U.S.S. è un’azienda che produce autobus… • Se odiate il lieto fine (e così perderò una parte di lettori) • Credete che i bus siano perfetti… • Non avete voglia di leggere… (tanto ve ne pentirete!) • Non siete mai stati su un BUSS: e per BUSS intendo un qualunque autobus (di solito arancione) che gira per la città. • Non vi piacciono queste storie, fantastiche, prevalentemente dialogate (le descrizioni lasciano il posto, sovente a dialoghi e azione, ma ci sono… ci sono… ehi dove va… compri questo libro!!). • Premetto che le premesse saranno… • Ma devo mettere davvero tutte queste avvertenze...?
Do you BUSS? 1.: Intro. “Do you buss, controllore?” “Come come” rispose, apparentemente confuso il controllore. Apparentemente. Aveva un espressione del tipo -ripeti quello che hai detto e all’80% ti multo!“Do you buss, controllore?” ripetei al controllore che non aveva capito la frase. Lui mi guardò con fare stupito come se avessi esclamato chissà cosa! “Adesso sono nei guai! Il significato arcano di ciò che ho detto, non può essere svelato ora!” Per un attimo sembrò spaventarsi, a causa della mia presenza, ripeto, solo per un attimo. Ritornò in sé ed esclamò con sicurezza: “Oh coso costì! Icche la significa codesta espressione?” Capii dal suo accento che non era in vena di scherzi, ma d’altronde non volevo neanche svelare la mia identità né il significato della fantomatica frase ora, così, di punto in bianco, all’inizio di questa storia. (e anche con questo molti lettori li perdo: un po’ perché sanno di dover leggere parecchio, un po’ perché vanno subito in fondo a vedere cosa significa la frase… ma se vi dicessi che non c’è in fondo?) Nel frattempo ho anche pensato a cosa rispondere al controllore! “Francamente è una frase il cui significato va cercato dentro di sé!” dissi con fare filosofico. Ello, il controllore, sembrava più stupito che mai! Non mi chiese se avevo il biglietto disse solo: “Prego, caro figliolo, il manicomio è alla prossima fermata resisti!” A quel punto, mi stupii io, mi aveva preso per matto, ma non lo ero, almeno, non ancora. Purtroppo il controllore con la sua influenza, carisma o quello che è riuscì a convincere i passeggeri che ero pazzo e a catturarmi. “Non avessi mai esclamato: <
> !” pensai, mentre mi venivano legate le mani a uno dei pali che ci sono sul autobus con i lacci delle scarpe dei passeggeri. Comunque non tutto era perduto, feci appello alla clemenza dei passeggeri e a quella (poca) che aveva il controllore per convincerli a concedermi l’ultimo desiderio. “Ma che non sia: <>!” “Allora…” cercai di guadagnare tempo. Ma tempo per cosa? Ero immobilizzato, la -prossima fermatanon era poi tanto distante, solo un semaforo rosso, un paio di auto guidate da omini anziani che andavano a 2 all’ora (ma non 2 chilometri… 2 metri l’ora). “Allora…” “Ti vuoi muovere?” gridò innervosito il controllore “Un minuto, sto pensando…” gli dissi accennando ad un piccola distrazione, ero soprappensiero. Però lui interruppe subito la mia reticenza, il mio guadagnar tempo con una frase che mi ricorderò per sempre: “Concesso, ti restano 59 secondi, impiegali bene!” Non poteva finire così! La mia brillante carriera non era ancora cominciata e dovevo andare in manicomio. Per cui gridai più forte che potevo, con quanto fiato mi restava: “NOOOOOOOOOOO!” Mi svegliai improvvisamente e capii che era stato solo un brutto sogno. Lo sapevo che non avrei dovuto mangiare pesante ieri sera. Anche se non penso che sia stato quel Tiramisù a mezzanotte a darmi… Vabbè! È probabile che sia stata anche la tensione per il grande evento a cui parteciperò fra qualche giorno: la più grande corsa sullo sterrato, da compiere con qualsiasi mezzo e quasi senza regole, le uniche: <> e <>. Sarà per il fatto che ho scelto un autobus B.U.S.S. per la corsa. Il primo premio oltre ad una coppa era quello che l’organizzatore avrebbe realizzato un tuo desiderio.
Ma solo al primo vincitore. Non che credessi alla storia del desiderio da esprimere, ma mi piaceva provare a correre nel deserto con un insolito veicolo. La gara nel deserto del Sara (in sintesi) è un evento biennale, tenutosi per la prima volta dieci anni fa. Descrizione: pista a tappe su sterrato, un giorno un pezzo. L’ultimo pezzo conta più di tutti, quindi non importa se sei arrivato primo nella prima e nella seconda tappa. Il tragitto passa attraverso una strada deserta, nel deserto, accanto a qualche duna (talvolta le dune fungono da dirupo). Regole: 1.) paga la quota d’iscrizione e prenditi un veicolo. 2.) il veicolo non deve essere un aereo o un congegno del tele-trasporto. Tecnicamente può essere anche un aereo, ma non deve superare i 500km/h, come tutti i veicoli della gara. Può essere una catapulta, ma se durante il lancio superi la velocità sopraindicata sei squalificato e automaticamente perdi. Quota d’iscrizione: qualche euro. Premio: una coppa al vincitore, e eccezionalmente, per la prima volta, la possibilità di esprimere un tuo desiderio. Nel depliant c’era anche scritto qualcosa accanto a desiderio, a caratteri minuscoli, ma non l’ho mai letto.
Do You Buss? 2.:
La vendetta
Premessa: Niente di quello che è citato nel titolo è presente in questo capitolo! Antefatto.
Correva l’anno, lo stesso di ora, ma qualche mese fa, molto prima della gara, quando mi presentai per la prima volta all’ufficio del direttore B.U.S.S..
“Che strano arredamento!” pensai entrando e vedendo una parte di oggetti moderni che stonavano terribilmente con quelli vecchi esempio; sedie e pareti, piante da appartamento (2), scaffali e pareti. Le sedie erano del tipo -se ti siedi non ti rialzi-. Aspettai in piedi tanto male non faceva. Alle pareti, rosso intenso, c’erano appesi strani quadri stile Ottocento e Seicento raffiguranti bus. Qualche candelabro alle pareti (di quelli elettrici per fortuna). Il lato positivo di tutto: c’era l’aria condizionata! Ero andato all’ufficio per chiedere quanto costava comprare e/o noleggiare un autobus (non c’erano annunci su -Quattroruote e un motore-). Mentre ero in sala d’aspetto presi da un tavolin… ehm da uno scaffale della libreria su una delle pareti presi una rivist… ehm un libro intitolato: “Autobus oggi”. Non che ci fosse molta scelta L’argomento erano sempre e solo i bus. Sfogliai le prime pagine e iniziai a leggere: “Ma cos’hanno di tanto speciale a parte l’aria condizionata, lo stereo multisonico, la tv col digitale extraterrestre, la vasca idromassaggio, le poltroncine confortevoli, il computer XYZ e la tecnologia per vedere filmati in 3D, il piano bar? Bè a parte questo sono progettati con un design che gli permette di resiste alle bombe, a colpi di carri armati e a onde ultrasoniche di elevata potenza distruttiva, ha delle sospensioni e delle ruote da far invidia ad un Monster Truck ma non solo. Un bus può viaggiare anche nello spazio se appositamente modificato. Riguardo al consumo: 4metri con mezzo litro di gasolio. Per questo stiamo studiando un mezzo alternativo di alimentazione energetica, come l’energia cinetica prodotta dallo stesso autobus mentre si muove o la luce solare.” Trovai la lettura molto interessante per la conoscenza degli arcani (si fa per dire) segreti dei B.U.S.S. Adesso, per me la società dei B.U.S.S. appariva come una ditta di costruttori un po’ gasati disposti a mentire per vendere. La mattina quando prendevo l’autobus, tutte le meraviglie citate nel libro non c’erano; era già tanto se l’autobus non si fermava dopo cinquanta metri (scherzo, in parte, lo faccio per drammatizzare un po’ di più la situazione). “La migliore tecnologia concentrata in un veicolo, la perfezione è BUSS!” lessi in un paragrafo. Dopo un po’ che ero in sala d’aspetto, circa un’ora arriva un omino brutto (ma tanto) vestito di nero, con gli occhiali da sole tipo agente segreto, basso, con una gobba e con un auricolare all’orecchio che mi disse: “Salve, il mio nome è Vigor (e si pronuncia Vaigor)! Il mio padrone la attende! Mi segua!” massaggiandosi le mani l’un l’altra e con una voce che nascondeva in se qualcosa di malefico, il nome stonava con la sua presentazione. Tutto ciò mi metteva leggermente a disagio. Insieme entrammo nella stanza del dirigente di B.U.S.S., era realizzata in pietra scura, proprio il tipo di pietra che viene usato per fabbricare i castelli… Non solo, c’era una sola finestra, una feritoia più che una finestra. Alle pareti non c’erano quadri o lampade, ma torce candelabri ragnatele. Peggio della stanza precedente e peggio della mia camera (della quale non credevo esistesse di peggio). Le pareti sfociavano in un soffitto a volta, anch’esso di pietra, attaccato al quale, pendeva un enorme lampadario, uno di quelli che ti ci vuole il mutuo per comprarlo, bello, in stile antico (forse dell’Ottocento), ricoperto di ragnatele. Per terra, dove le pareti si incrociavano col pavimento c’erano oltre alle ragnatele dei mucchietti di paglia e in alcuni punti, udite udite degli attacchi per delle catene. “Sarà una rievocazione storica!” pensai per tranquillizzarmi. Osservando la scrivania dalla bizzarra forma scoprii che era un sarcofago nero. “Il padrone dovrebbe arrivare a momenti, se non desidera altro, prendo congedo!” disse quello strano soggetto, allo stesso precedente modo. Mi voltai per vederlo mentre pronunciava la frase, ma era già scomparso. Continuai ad osservare e mi concentrai sulla sedia della scrivania. Era una sorta di trono nero con lo schienale altissimo, che terminava in due punte ben distinte. “E a questo punto dovrebbe apparire il padrone di Vigor, Vapor o come si chiamava!” pensai avvicinandomi alla scrivania, ma lentamente. “Buongiorno, lei dev’essere quello che vuole comprare un bus, giusto?” una voce gelida, ma calma e pacata mi paralizzò per un attimo.
“Come fa a saperlo?” domandai stupito da tale presentazione, ma senza voltarmi, dando del lei. “Glielo leggo in viso!” rispose sempre la voce calma dietro di me. “Ma come fa se sono voltato?” chiesi lì lì per correre via. “Ha notato lo specchio di fronte?” “Francamente no!” Passarono alcuni istanti, molti dei quali a pensare: “ Come mi poteva essere sfuggito uno specchio alla mia analisi visiva della stanza? Come potevano Coso e il suo padrone apparire e sparire quando meno te lo aspettavi? Come fa a sapere che volevo comprare un bus? Chiederglielo sarebbe servito?” “Senta, lo vuole si o no il bus?” mi domandò con la voce più irritata, distogliendomi dai miei pensieri: “ Sembrava che li leggesse!”. Mi voltai. Vidi, trasalii, volevo andarmene. Guardai da capo a piedi il tizio dark che mi stava davanti, non era umano. Dei capelli neri e lunghi fino al collo contornavano il suo volto pallido come quello di un cadavere, gli occhi erano neri, profondi, imperscrutabili. Una sorta di aura oscura circondava questa <>, un mantello nero simile ad una cappa lo avvolgeva interamente e sembrava che non avesse gli arti superiori. Indossava degli anfibi rinforzati (avevano una specie di parafanghi davanti! Come si possono indossare certe scarpe in estate?) e vedevo anche uno scorcio di pantaloni neri. Insomma volevo scappare, ma essendo inquietato da quella presenza ed essendo, il tizio, davanti alla porta… ebbi la forza di chiedere: “Quanto mi verrebbe a costare sig…?” “Sig. Bumbo! Comunque le verrebbe a costare la sua anima!” sorrise malignamente mostrando i suoi canini allungati. Ormai io non lo stavo ascoltando più, trattenevo a stento le risate per quel nome così buffo per un vampiro. “Mi sta ascoltando si o no?” “Come no… sig. Bumbo… Ah-ah-ah-ah!” “Come osi ridere di me?” mi domandò quello in preda all’ira, gesticolando con la mano destra. “Oso oso, perché hai un nome che non ti s’addice!” “Scusa, ma Cimbo e Marameo erano già presi!” “No comment!” pensai: “Poi per il bus, come pagamento non le basterebbe che non le mandassi un ispettore edilizio?” “Di solito dovrei minacciare io… ma a tale condizione ti darò il bus, ma solo per la corsa, e solo ad una contro-condizione!” disse Bumbo con voglia di contrattare: “Il mio fidato Vigor insieme a Lessy verranno con te per assicurarsi che non arrecherai troppi danni alla carrozzeria e che non ruberai il bus!” “D’accordo, ma prima di tutto ciò, chi è Lessy?” ero un po’ preoccupato. “Il mio lupacchiotto mannaro! Sai è un buon cane da guardia, certe notti!” “Ci sto!” dissi pensando: “Tanto peggio di così…” “Bene, so che la gara inizierà fra qualche mese! Torni da noi tre giorni prima e ci troverà tutti pronti!” “Perfetto ci vediamo dopo!” Così è come è cominciato tutto. Ora devo andare a ritirare il bus. Chissà perché proprio tre giorni prima: “Ce la farò ad arrivare in tempo per la gara?” Sono molto preoccupato in questo momento. “Insomma la gara si svolgerà nel deserto di Sara, è distante da Burnenze! Comunque mi sono allenato guidando un trattore… andrà bene lo stesso? Alla gara parteciperanno alcuni campioni storici famosi con veicoli altrettanto famosi, mentre per me è la prima volta!”
Nota per i lettori: Burnenze è un importante città dove c’è l’azienda di BUSS. Altre informazioni su questa città sono irrilevanti ai fini della storia! Grazie della vostra collaborazione e arrivederci!
Volete saperne di più?: una descrizione di Lessy, di Vigor, me, Bumbo sono state sbloccate ne’: ‹‹Contenuti Speciali di Questo Libro››
Do You BUSS? 3.:
Gli altri concorrenti
Premessa: Stavolta il titolo ha ragione! I dati dei concorrenti qui riportati risalgono a qualche anno fa e potrebbero non essere del tutto veritieri. “Dica la verità, ha messo questo pezzo di storia per guadagnare pagine!” “Non lo farei mai… Almeno alla presenza di testimoni!”
Nome: Beasty Cognome: Runnering Soprannome: il camionista Età: 31 anni. È approssimativa, nessuno infatti sa la sua vera età. Descrizione: spesso indossa una maglietta bianca a maniche corte con sopra un giubbotto di pelle tutto torchiato. Ha i jeans e un paio di scarpe nere della Nuke, con i calzini rosa. Ha un inconfondibile cappello da cowboy e fuma sempre un sigaro. Di corporatura è grassoccio, ma non troppo, Ha una faccia che è inguardabile, solitamente sporca di olio o di grasso del motore del suo veicolo. È mezzo calvo.
È un camionista di quelli tosti che dopo un po’ si è stufato e ha preferito correre col camion al trasportare merci. Ultimamente, da fonti incerte si dice che un evento lo abbia cambiato e che non sia più tanto duro come vuol far credere… Veicolo: un camion truccato. Ogni anno inserisce dei congegni segreti e potenti per vincere. Vittorie: ha vinto per tre volte di seguito la Hard Camion Norway una gara sulle strade della Norvegia appositamente per camion! È la seconda volta che tenta la vittoria nel deserto di Sara. Nome: Chippo Cognome: Von R. H. Cinpson Soprannome: Shadow (ombra) Età: sconosciuta. Descrizione: e un tipo dalla personalità bizzarra. Avete presente Dr. Jekyll e Mr. Hide? C’è chi dice che si possa trasformare in un merlo, o un corvo bevendo una certa pozione e c’è chi dice che sia un mago. Probabile che le voci siano vere entrambe. È un tipo strano, non si hanno molte notizie su di lui. È parecchio riservato. Per certo si sa che nella mano destra porta un anello d’oro all’anulare sopra i guanti neri. Indossa una tunica nera con sopra un mantello nero simile a delle penne di un merlo e sul volto una maschera nera con alcuni intarsi d’oro. Veicolo: una di quelle macchine che di solito servono per il trasporto delle bare. Contiene pericolose armi di qualsiasi genere. Diciamo che è ai confini della lealtà. Vittorie: 10 vittorie nella corsa dei carri funebri (altresì nota come C.d.C.F.) che si svolge in qualche parte del mondo. Due anni fa vinse anche il match nell’arena chiamata “Death ARENA Match” che si tenne in America. È una delle innumerevoli volte che tenta la vittoria nel Sara. Ha vinto solo la prima volta che cominciò questo tipo di gara su sterrato Nome: Dr. J. Cognome: Magnex Soprannome: il dentista Età: 27 anni. Descrizione: il soprannome dice già tutto sul suo conto. È un dentista che nel tempo libero si dedica alle corse e se la cava abbastanza bene. Si dice che sia pazzo e che gli piaccia molto bere. Veicolo: è simile ad un autoambulanza adibito a studio dentistico. Non è molto forte in velocità, ma in resistenza e potenza. Il suo attacco più distruttivo è di sicuro l’attacco odontoiatrico! Vittorie: punte. Purtroppo si. Ma lui corre tanto per correre, non per vincere! È questo il vecchio spirito di una corsa tra veicoli! Nome: Lore Cognome: è il fratello maggiore di Io Me (l’autore) Soprannome: Super Infermiere Lore (il brutto) Età: 28 Descrizione: è un infermiere che gareggia per richiesta del fratello. In realtà non avrebbe voluto ma dato che è qui… Veicolo: una carrozzina a rotelle motorizzata che va a pannelli solari. Non si sa quali congegni contenga. Vittorie: punte. Nome: Io
Cognome: me Soprannome: essendo questa la mia prima gara non ne ho ancora trovato uno. Ma diciamo il buono. Età: 18 Descrizione: Sono nuovo delle corse. Ho scelto un bus per la gara. Ho 18anni. Mi chiamo Ale. Mi piace la musica rock e tutta quella che da energia. Non so cos’altro dire. Veicolo: non lo so neanch’io. Dovrebbe essere un autobus se Bumbo, Lessy e Vigor mantengono la parola! Vittorie: punte. Nome: Jack Cognome: sconosciuto. Soprannome: Jack lo sgommatore Età: sconosciuta Descrizione: Il soprannome benché dica molto, non dice niente. Confusi? Bene, il concetto di Jack è la confusione, sgommate e robe simili. Non è un tipo socievole. Quasi non c’entra nulla in questa storia, infatti. Veicolo: una macchina appositamente modificata. È mostruosa, non se ne riconosce la carrozzeria. Vittorie: 10 volte vincitore del torneo di sgommate internazionale e 2 di quello mondiale. Prima volta che partecipa al Sara. Poi ci sono un’ altra deci… ventina di piloti… Tra i quali cito solo il vincitore negli anni passati della corsa nel Sara. Nome: Darkman Cognome: Soprannome: il cattivo Età: Descrizione: si dice che sia immortale. Si dice che sia cattivo. Si dice che abbia come servitore un drago vero, ammaestrato (ma nessuno l’ha mai visto). Lui c’entra in questa storia, molto. Veicolo: una cadillac nera lucente! È speciale e consuma pochissimo: fa circa un dieci cm con un ettolitro di benzina. Ha sempre attaccato dietro un carrello che contiene un reattore nucleare che fornisce l’energia sufficiente, senza consumare benzina. Ha vinto per 4 volte (da Vittorie: a qualunque gara partecipi vince. Per ora ha partecipato a solo degli eventi mondani. Ma un domani… quando ha iniziato a partecipare) nel deserto di Sara. Comunque questa è la prima volta ce mettono in palio un desiderio da poter realizzare. Sarà solo pubblicità per attirare gente oppure…
Do You BUSS? 4.: Tre giorni prima della gara Premessa: Mettetevi comodi e prendete i pop-corn. Inizia l’avventura: una breve avventura ambientata in un mondo futuristico.
La storia iniziò quel giorno in cui mi dovevano dare l’autobus per la gara. “Oggi finalmente dovrebbero aver approntato il bus!” Mi alzai dal letto e mi infilai le pantofole. Erano le 9 ed era il 12 di luglio del 2009 secondo i miei calcoli. Avevo fatto un sogno bellissimo e volevo continuare a dormire: mi trovavo a salvare il mondo con a fianco un drago. Ma un raggio di sole decise diversamente, entrando dalla finestra che di solito chiudo prima di dormire. Un giorno di quelli in cui ti alzi e dici guardando fuori dalla finestra, vedi il sole e tutto ti sembra diverso, come un paesaggio fantastico e purtroppo quel paesaggio fantastico non è che la realtà. Come se un qualcosa di negativo mi togliesse la forza di volontà, lentamente, pensai di tornare a dormire, per un momento. “Mostruoso!” “Eh già!” Comunque ebbi il coraggio di restare in piedi e andare avanti. Feci colazione e mi preparai. Seguendo le istruzioni prese da Bumbo raggiunsi l’officina del Frego, una compagnia di autobus dei BUSS che aspirava veramente al concetto di perfezione.
Ma cose il Frego? Il loro simbolo è una specie di linea e una specie di scarabocchio insieme, un frego insomma, un frego o violaceo o rossiccio o giallognolo su uno sfondo bianco. Loro sono i cosiddetti: fantomatici, incredibili, mitici costruttori di autobus per la BUSS. I bus costruiti dal Frego erano tra i migliori. Oggi stranamente mi sembrava tutto un po’ troppo strano. Non c’erano persone per strada in quel posto vicino a Burnenze, ove ci passa la ruote 67. Non c’erano più fermate dei bus ne la stazione dei treni. Mi sembrava di essere in uno di quegli strani film di fantascienza, eppure il posto non era cambiato… o forse si? L’officina del Frego di trovava in un paese a metà strada tra Burnenze e Cippanor (Cippanor è un piccolo paese in periferia di Burnenze, vi basti sapere questo). Decisi di andare a piedi. Vidi che l’ipermercato di Cippanor era stranamente chiuso anche se era martedì. Cammina cammina dopo un’ora e qualcosa arrivai davanti al portone dell’edificio per produrre bus del Frego. Non era un vera e propria officina. Il cancello d’ingresso, in un materiale lucente che non avevo mai visto (simile alla plastica e all’alluminio), era sorvegliato da due guardie Delfa (un tipo di agenti di sorveglianza) di vigilanza che pattugliavano l’accesso. Che siano guardie assoldate dal Frego? Un muro di cinta circondava l’area. C’erano delle torri agli angoli del muro, sempre sorvegliate. Sembrava più una prigione che un’officina di autobus. Non vedevo neanche un segno, una bandiera, uno stemma, un Frego insomma. Mi avvicinai alle guardie con aria interrogativa. Arrivato a due o tre metri da loro ci squadrammo da capo a piedi come in un film western quando avviene lo scontro fra i due pistoleri. Sembravano stupiti nel vedermi. Sparai per primo: “Ma…” dissi puntando l’indice verso la costruzione: “Non doveva esserci un’officina di autobus qui?” Essi stettero zitti e mi squadrarono un’altra volta, ma con uno sguardo diverso. Una guardia puntò l’indice della mano coperta da un guanto metallico strano. Un raggio di luce verde giallastra mi illuminò da capo a piedi: “È umano!” bisbigliò la guardia all’altra: “Sentiamo che vuole!” Uno di loro parlò: “Sta…” prese fiato: “scherzando vero?” Tirai fuori il pezzo di carta con le indicazioni di Bumbo lo mostrai alle guardie dicendo: “Mi hanno dato questo dicendo che qui c’era un’officina di autobus! Non so se mi hanno mentito!” risposi educatamente. Le guardie guardarono il pezzo di carta, poi me, poi di nuovo il pezzo di carta, e infine di nuovo me. La guardia che non aveva parlato, un ragazzo magrolino disse: “C’era! Prima di mezzo secolo fa! Ora è un carcere!” “E dove l’hanno spostata l’officina?” “Al momento l’unica officina che produceva autobus è a Burnenze! Ma non le consiglio di andarci! Da quando hanno fatto gli esperimenti col fulmicotone biossidato, è saltato tutto e Burnenze è un covo di zombi, mostri mutanti e/o alieni… Non solo, bisogna stare attenti anche ai draghi metallici e a robot di XPmpero!” “Sicuramente si sta prendendo gioco di me! Fulmicotone, alieni e mostri ma solo nei film di fantascienza! Starò al gioco! Sarò attento allora, devo recuperare un autobus!” li salutai e mi avviai verso la strada principale. Non c’era nessuna macchina, nessuno. “Che facciano un film in grande stile?” pensai avviandomi verso Burnenze. Un cielo innaturale nero si stagliava sopra la città e arrivava fino a Cidicans (il paese a metà strada fra Cippanor e Burnenze).
Non volevo credere all’impossibile fatto di essermi risvegliato nel futuro. Percorrendo la strada vedevo rottami di auto e le case cominciavano a essere distrutte e annerite. Più andavo avanti più il tutto diveniva in scala di grigio. “Terrificante, spariscono i colori!” Ero solo, ero disarmato non avevo protezioni. Sarebbe stato pericoloso andare a Burnenze in scale di grigio? “ Mi ricordo che di solito c’era parecchio smog, ma così mi pare eccessivo! ” Vidi uno strano bagliore metallico in movimento che veniva dal cielo. Era un drago metallico. “ Bello!” Continuai a camminare, guardando la maestosa creatura metallica. Dopo un po’ mi accorsi che stava volteggiando sopra di me e che, forse, non aveva intenzioni amichevoli... “Forse! Ma perché scoprirlo proprio quando mi sento come un roditore quando vede un falco e non vede rifugi?” L’istinto mi suggeriva di nascondermi: “Grazie del suggerimento Istinto, da solo non ci sarei mai arrivato…” “Davvero?” “No comment!” Il drago iniziò a scendere in picchiata verso di me! Io ormai ero al sicuro dentro una casa. Il cuore batteva forte per la corsa. La bestia si posò con innaturale dolcezza sul suolo. Era proprio un drago metallico. I suoi occhi erano verdi giallastri come quelli della luce del poliziotto e aveva delle penetranti pupille nere. “Ma dove sono finito? Fino a ieri mi stavo preparando per una gara nel Sara e oggi mi trovo nel futuro o in una dimensione parallela!” Il drago girò la testa guardando intorno per vedere dove mi ero nascosto. Quanto…, due secondi? Anche meno, e mi trovò. Con una mossa spettacolare alla velocità della luce (per modo dire, ma era comunque molto veloce) sfasciò il muro della casa e si ritrovò di fronte a me. “Ho diritto ad avere un avvocato! E già che ci siamo anche a uno psicologo!” dissi. “procedere identificazione soggetto!” sentii provenire dalla creatura. “Ma sei un robot telecomandato?” domandai, ma non ottenni risposta. “Identificazione completata: soggetto nato…. crrrr errore morto… crrrr errore vivo 3293! Analisi incompletabile, insufficienza dati, soggetto fuori parametri temporali… crrrr!” Continuò a sparare bischerate sul fatto che non dovevo esistere ma esistevo, per almeno mezz’ora. Volevo spengerlo ma non sapevo come! Mi allontanai sconvolto da tale incontro, sempre in direzione Burnenze. Come feci un passo la creatura mi catturò, mi afferrò con le zampe davanti e si alzò in volo: “Richiesta analisi approfondita, rientro base programmato fra due ore!” Chissà, forse mi avrebbe portato da qualcuno che avrebbe potuto mettere ordine in questo casino. Venni trasportato per mari e monti e foreste futuristiche con soggetti altrettanto futuristici. Dopo le due ore arrivammo. La base era un isola, superprotetta, superfortificata, super insomma. Una specie di palazzo grattacielo si innalzava per 200 piani con delle rientranze per far atterrare questi animali metallici (d’accordo, sono draghi… ma io li chiamo animali per generalizzare). Fui condotto dall’animale che non mi mollava un secondo in una grande sala simile a quelle dei castelli dei film, in fondo alla quale c’è il trono. Il trono però era sostituito da uno schermo gigantesco che sembrava apparentemente spento. Il drago mi lasciò sul pavimento e se ne andò. “C’è nessuno?” domandai. “Ci sono io!” rispose una voce virtuale.
“Chi sei?” domandai. “Io sono XPmpero! La massima autorità computerizzata che controlla quasi tutto ed è invincibile!” “Quanto ad autostima di sicuro!” dissi ironicamente “Non sono programmato per ridere!” “E ti pareva!” “Tu piuttosto chi sei umano?” “Il mio nome è…” “No, non il tuo nome! Come puoi stare in questo tempo?” “Non ne ho idea, speravo lo sapessi tu!” “Un bel pasticcio! I miei dati mi dicono che è impossibile viaggiare nel tempo, ma mi dicono anche che c’è l’infinitesimale probabilità che ciò si verifichi!” “Bè dovrei dare un nome al fenomeno nel caso mi capitasse altre volte!” “È quasi impossibile che si verifichi una volta, due poi…” “Insomma io fra due giorni, nel mio tempo, avrei una gara di autoveicoli importante!” “Io non posso aiutarti purtroppo, sono solo un computer in fin dei conti…” “Hai ragione ma che farò nel tempo che starò qui? E soprattutto potrò un giorno ritornare al passato?” “Bo!” “Grazie!” “Non c’è di che! Se hai qualche altra domanda puoi farla!” “Ma certo! Come mai non ci sono più umani?” “Bè buona parte degli umani sono fuggiti da questo pianeta tanto tempo fa! I pochi che sono rimasti progettano anche loro di andare via!” “Perché?” “Non lo vedi com’è ridotta la terra?” “Basterebbe un po’ di buona volontà e tu con i tuoi draghi robot!” “La terra non interessa più come una volta! Io la gestisco per modo di dire, sono un computer non ho coscienza non provo emozioni sono programmato per compiere certe operazioni, non posso agire di testa mia! In qualche modo sono controllato dagli umani che sono su altri pianeti!” “Nella tua breve storia ho capito che tu provi emozioni ma non te ne rendi conto, sei libero, ma decidi di non esserlo, sei buono (così a prima vista) e potrai esserlo ancora di più!” “Ti avranno impostato un programma del tipo di auto-aggiornamento no?” “Si, forse hai ragione!” “Ascolta XPmpero se trovo il modo di ritornare nel passato potrò tenermi un drago metallico? Per favore!” “D’accordo! Ne programmo uno perché ti protegga e ti serva!” “Non c’è il modo di programmarlo come se si comportasse da amico fedele?” “No, insomma i draghi sono progettati per essere un po’ più semplici di me!” “Chi fu il tuo creatore?” “Non te lo posso dire!” “Perché?” “Non te lo posso dire! E il bello è che non puoi nemmeno provare a corrompermi perché sono un computer!” e scoppiò un una simil risata malefica. “Cosa? Ma allora sai ridere! E sai fare le risate malefiche!” “Diciamo che ora sai troppo e dovrò eliminarti o renderti uno schiavo nelle miniere di ferro su marte!” “Ma allora mi hai mentito e speravi che ti rivelassi il trucco per viaggiare nel tempo, che non so neanch’io, magari solo per conquistare oltre le barriere del tempo!” “Sei perspicace!”
“Ma perché devi eliminarmi?” “Vuoi proprio saperlo o te lo immagini? Tu forse sei la rara vittima di un crono-spostamento e studiandoti, da vivo e/o da morto, con esperimenti vari tenterò di superare le barriere del tempo!” “Si aspetta e spera! Registaaa, dov’è la controfigura?” gridai disperato e iniziai a correre. Notai che, straordinariamente, potevo muovermi più veloce dei draghi metallici che mi venivano incontro: sarà per il fatto che non sono di quel tempo, sarà perché non lo so. Con una mossa spettacolare saltai roteando su me stesso e andando di testa, come per sfondare uno sbarramento; il concetto era quello. “Attivate la barriera ecronomica!” “E io che credevo che non risparmiassero niente!” Quel ordine risuonò per tutto il castello (vabbè che è una fortezza futuristica, ma castello da un tocco di stile…). I draghi riuscirono a catturarmi (non mi accorsi come). Mi risvegliai legato ad una sedia sempre ecronomica, poco confortevole. “Adesso ti succhierò le tue idee con questo mirabolante marchingegno e dopo diventerai un automa privo di personalità!” “Scordatelo, nessuno può rubare la mia identità! È troppo importante per me!” “Tutti coloro che hanno detto quella frase sono quelli che sono durati meno!” “Dici ciò solo per demoralizzarmi! Ma non ci riuscirai!” Ricevetti una zampata-schiaffo da uno dei draghi metallici che stava vicino a me. “Visto, sfrutti i tuoi soldati perché hai paura di affrontarmi di persona!” tentai di guadagnare tempo. “Ma cosa dici mai…” “Ah si, allora perché non facciamo una bella partita a scacchi e vediamo chi vincerà!” “Vincerò sicuramente, sono un computer!” “Al massimo pareggeremo, non ho mai avuto una sconfitta prima d’ora!” “Forse perché hai affrontato dei giocatori scadenti!” “No comment, ha ragione! Lasciamo stare chi ho affrontato e vieni qui!” “D’accordo dammi mezz’ora!” In quella mezz’ora stetti a fissare gli occhi e il drago che mi aveva zampato: “ Animale!” Mezz’ora esatta dopo ecco che compare il fantomatico computer. È un drago tutto nero con gli occhi rossi, è più grande di quelli metallizzati. Si avvicina a quattro zampe portando la scacchiera fra i denti. “Scommetto che prendi i pezzi di colore nero!” dissi vedendolo arrivare. Non parlò. “Un ultimo desiderio, mentre giochiamo a scacchi puoi mettere come sottofondo musicale i Deep Purple e mi raccomando che ci sia smoke on the water?” “Si può fare, credo di avere quella musica in alcuni miei circuiti primari!” “Scelgo i bianchi, ok?” “Va benissimo!” “Chissà come mai! Decidiamo la posta in gioco!” Il computer sistemò la scacchiera su un tavolino di pietra e iniziò a proporre: “Se vinco io ti lasci studiare, se vinci te: sei libero di andare nelle miniere di ferro!” “No, facciamo così: se vinci tu mi mandi nelle miniere di ferro e non mi studi, se vinco io tu non mi studi né mi mandi nelle miniere né mi imprigioni, mi cancelli dai tuoi file e per te sarà come se io non esistessi, per sempre. Se si pareggia tu ti programmerai per essere buono!” “Pretendi troppo, la condizione di pareggio va bene, ma le altre due no! Se vinco io ti studio, se vinci tu deciderai ciò che ti pare, non ti manderò nelle miniere né ti cancellerò dai miei file, ma ti lascerò libero, monitorato ma libero!” “Tanto meglio di così non si può fare! Ci sto!” dissi muovendo la pedina in e4.
La partita per chi lo vuole saper durò ancora per molto tempo e solo dopo 5 ore di gioco si arrivò ad una netta situazione di parità. I Deep Purple erano sulle note di Hallelujah. La partita patta (termine scacchistico) colpì più XPmpero che Ale (il protagonista). Il computer si autoripristinò come d’accordo, era cattivo, ma un cattivo leale. Ale venne rispedito nel suo tempo magicamente (in realtà non lo sa neanche lui come è tornato), fece la gara nel Sara vinse e vissero tutti, chi più chi meno felici e contenti. Della serie: -come concludere una storia che tira per le lunghe in due secondi-. END.
Do you Buss? 5.: Prologo della gara. Premessa: congratulazioni! Vi siete letti un pezzo di storia che non c’entrava niente! Cioè un po’ si… ma… No comment. Vabbè il lato positivo è che è originale!
Dopo aver raccontato la “storia inventata” a mia nipote, sono zio, la lascio dormire e vado a riposarmi anch’io. Domani finalmente prenderò il bus, Bumbo se mi ha mentito pagherà qualche euro. “Ha volte mi lascio auto-suggestionare dalle storie che racconto! Stanotte avrò gli incubi se penso a XPmpero!” Mi svegliai il giorno dopo, stavolta ero ancora nel mio mondo (classica realtà). Presi un 72 (numero dell’autobus) per arrivare all’officina del Frego. Davanti all’ingresso c’erano Bumbo, Vigor e Lessy che mi aspettavano. “Spero sia già tutto pronto!” pensai. “Lo è!” mi rispose Bumbo, con la sua capacità di leggere i pensieri attraverso gli occhi. “La prossima volta mi metto degli occhiali da sole!” “Il risultato sarebbe pessimo! Non le donano gli occhiali da sole!” Ci fu una breve presentazione tra me e Lessy. “Vedo che ci siamo tutti, ma non vedo il bus!” “È dentro, se lei mi vuole seguire…” disse il vampiro aiutandosi con un gesto della mano. Tutti e quattro ci incamminammo verso il cancello aperto dell’officina. Un ambiente vasto, enorme, che aveva tutto (e anche di più) per costruire più di un centinaio di bus. Meravigliato seguii le mie guide attraverso il -labirinto delle ruote abbandonate-, scalai -il picco dei fanali- e tanti altri mucchi assurdi di oggetti non utilizzati come la -torre pendente di marmitte-, roba dell’altro mondo. Alla fine dopo tante peripezie giungemmo alla meta. L’autobus che avevo ordinato era pronto. Non mancava niente. Alcuni tecnici lo stavano finendo di verniciare di nero con una fiammata sulle fiancate e davanti. “Mitico! È meglio di quello che mi aspettavo!” Bumbo si voltò, era davanti a me, a un metro: “Ha anche dei gadget segreti!” “Del tipo?” “Bombe, laser di segnalazione e non, ultrasuoni, e tante altre cosette!” “E come si usano?” “È per questo che ti ho chiamato tre giorni prima!” Allungò un braccio fuori dalla portata del mio campo visivo, un tecnico gli passò un libro e me lo mostrò: “Studiati il manuale delle istruzioni!” “Ma quel libro come minimo avrà diecimila pagine di formato A5 scritte a carattere 8 in corsivo minuscolo!”
“11852 per l’esattezza, ma come hai indovinato il resto?” “Tu credi davvero che io possa… in tre giorni… tutto quello?” indicai il libro, ero in uno stato di shock. “Bè, quella è solo la prima parte del manuale!” “Menomale! Cominciavo a preoccuparmi!” dissi ironicamente, ma la mia ironia non fu capita dal vampiro. “Sono contento che tu lo pensi! Il secondo volume è lungo 15013 pagine!” “Non vedo l’ora di iniziare a leggerlo…” dissi fingendo entusiasmo: “Non avete la versione formato ridotto?” chiesi seriamente (per modo di dire). “È quello il formato ridotto!” Bumbo mi guardò incupito. “Ah!” esclamai con uno sguardo tra il perplesso, l’attonito e lo stupito. “Suvvia, ti restano 72 ore, ora più ora meno, per leggerlo tutto!” “Il 72 è anche l’autobus che ho preso per venire qui! Ci troviamo laggiù, nel deserto di Sara per la partenza oppure…” “Oppure Vigor e Lessy partono con te e il bus subito: tu leggi e Lessy guida! È un lupo al volante!” il vampiro emise una flebile risata. “Che fine umorismo!” commentai: “Comunque mi pare una buona idea anche per conoscere meglio i tipi con i quali lavorerò!” “Giusto, ma non ti preoccupare, andrà tutto bene!” “Di solito quando uno lo dice succede il contrario!” pensai. “Il vostro viaggio e la vostra gara saranno monitorati dai tecnici di B.U.S.S., da me e da un arbitro per corse di auto! Tutto grazie ad un satellite apposito, per cui non c’è da preoccuparsi!” “Allora c’è proprio da stare tranquilli!” dissi tra il vero e il finto entusiasmo. Erano le 2 del pomeriggio quando salimmo sull’autobus. Era meglio di come mi immaginavo. Questo autobus dall’esterno aveva i vetri oscurati; dall’interno si vedeva benissimo fuori, da fuori non si vedeva l’interno. Vigor mi spiegò che la vernice era particolare e che conteneva certe quantità di biossido di titanio che serviva per la lucentezza, la resistenza e mi diceva inoltre che aveva proprietà autopulenti (migliorate con certi additivi di produzione B.U.S.S.). “Naaaa! Non ci credo!” dissi così per dire. Allora Vigor prese una tazza di caffé e la rovescio sulla fiancata del bus. La scolatura marrone sparì nel giro di 10 minuti. “Mitico!” esclamai. Quel autobus era il miglior veicolo che avessi mai potuto desiderare, dopo una cadillac anni ’70. L’interno, il pavimento era rivestito in finto legno per sembrare un parquet. Aveva tre posti davanti e alcuni anche dietro. Tutto era disposto similmente ad un camper, con alcuni accessori in più, come un computer con vari comandi, anche per il bus, ma ancora non sapevo come funzionavano... “Bello, splendido, meraviglioso! È il migliore autobus che abbia mai visto!” “Lo credo, è super-tecnologico!” Notai la straordinaria quantità di pulsanti vicino al volante, sul cruscotto, sul soffitto, a destra a sinistra: “Ma cos’è sta roba? Dov’è lo stereo?” “Non c’è! Per far posto alla moltitudine di bottoni, pulsanti e comandi l’abbiamo dovuto togliere!” “COSA?” chiesi stupito, incredulo e un po’ abbattuto aggiunsi: “Senza musica non posso vivere! Per il deserto mi sono portato una valigia con il mio computer e il mio hard disk da 500gb ma ora…” “È per questo che hanno inventato lo stereo portatile, con lettore cd e vari!” disse Lessy, camminando dal interno del garage verso l’autobus, tenendo sulla spalla, con la mano destra un gigantesco stereo portatile di ultima generazione. La luce solare che veniva di lato a lui creava una scenografia da film. Saliti a bordo dell’autobus, che chiameremo Busso (che fantasia), Lessy mise in moto e ci dirigemmo verso l’aeroporto di Burnenze. Io mi sedetti dietro, sulla branda per iniziare a leggere il manuale. Vigor
stava accanto a me a vedere quel che facevo, come un’instancabile telecamera vivente. I suoi occhi scoordinati mi impressionavano, lo vedevo con la coda dell’occhio mentre leggevo. Era difficile leggere un libro del genere: mi ci volle un ora per leggere 3 pagine, arrotondando per eccesso. Il viaggio era piacevole, ma i continui sobbalzi dovuti alla <> impedivano di avere un lettura continua. Dopo due ore di sobbalzi, inchiodate e sgommate gridai: “Basta! Non ce la faccio più!” Posai il libro sul tavolino che c’era lì sul Busso e mi alzai in piedi stiracchiando le braccia. Vigor mi guardò senza emettere fiato. Contemporaneamente, Lessy inchioda e volo facendo un salto mortale vicino al posto di guida dell’autobus: sono stupito ma illeso. “Oooh-o! Ma che l’è questo il modo di guidare?” dissi a Lessy. Mi rispose sempre gridando: “Il fatto è che non c’è più rispetto per i bus, uno ci ha tagliato la strada e ho dovuto frenare.” Vigor ci raggiunse: ci sistemammo nei due posti davanti accanto a Lessy, mentre era fermo al semaforo [io dalla parte del finestrino (ma non è rilevante ai fini della storia)]. Fu allora che il lupacchiotto mannaro aggiunse: “Non ci sono più gli antichi valori dei bus!” “Antichi valori?” domandai (era assurdo, ma volevo saperne di più). “Certo, l’antico codice degli autobus scritto secoli or sono dal primo, al quale venne in mente l’idea di creare un bus!” confermò Vigor. “Certamente avrà i suoi diritti d’autore…” “Già.” affermò Lessy. “Mi sembra di aver letto qualcosa del genere in un libro… in realtà no, ma non volevo sembrare completamente disinformato a riguardo.” dissi come commento al tutto. Lessy dopo un po’ riaccese lo stereo portatile e lo sintonizzò su una buona stazione. Trasmettevano: come together dei Beatles. Una vecchia canzone dal ritmo giusto. Seguì thunder road di Bruce Springsteen (non mi venivano in mente altre canzoni decenti al momento). Verso la fine della canzone arrivammo all’aeroporto dove trovammo tutto pronto; sia per il trasporto di Busso, sia per il trasporto dei bagagli, sia per i biglietti. Bumbo che era arrivato prima di noi, li aveva presi (i biglietti) e aspettava il nostro arrivo. Volete saperne di più?: volete sapere quali sono gli antichi valori fondamentali dell’antico codice sui bus? Ebbene ne è presente una versione ‘semplificata’ ne’: ‹‹Contenuti Speciali di Questo Libro›› Posizionato il bus sull’aereo e trovato posto nella 4 classe, l’aereo decollò. Il viaggio durò poche ore, ma a tutti noi sembrarono un’eternità. Arrivammo a tramonto inoltrato. Seguimmo le istruzioni di un bigliettino che ci aveva lasciato Bumbo: punto primo quando l’aereo parcheggia, scendete. Punto secondo: scaricate anche Busso. Punto terzo: raggiungere l’albergo Sabbia del Deserto in un oasi a qualche chilometro dalla città in cui eravamo atterrati con l’aereo. Punto quarto: aspettare un po’ e partire alla volta di Daiunacar, il punto di partenza della gara a tanti km dall’hotel. Punto cinque: partecipare alla gara. Partimmo con l’autobus dopo aver preso i bagagli..., cioè io aspettai a bordo del Busso leggendo qualche altra pagina di -voi sapete cosa-, mentre Lessy e Vigor pensarono ai bagagli… quando mi accorsi di una svista sul bigliettino: “Ma…” dissi: “Non vedo scritto quando si mangia!” “Perché noi non mangiamo! Io sono un lupacchiotto mannaro e Vigor ha così tanta energia che non ha
bisogno di mangiare!” “Che mostro è Vigor?” “Assistente di scienziato pazzo, mannaro!” rispose Lessy. “Ma io si, non sono un mostro come voi!” “T’hai ragione! E poi è circa un duecento anni che non faccio uno spuntino!” “Forte!” commentai stupito da tale dichiarazione. “Cosa fanno di buono al giorno d’oggi?” “Le pizze, la pastasciutta, i gelati!” “Vada per le prime! Le ordineremo domani in albergo!” disse Lessy. “Ci sto anch’io!” s’intromise il gobbo nella conversazione. “Mangeremo domani in albergo, allora!” aggiunse Lessy. “Allora prendo giusto una barretta energetica, stasera!” conclusi. Avevo fame ma non mi andava di cucinare alle 22:30 per un piatto di paste, nel bus. Quella sera dormimmo in Busso dopo aver accostato vicino ad una duna.
Do You buss? 6.: antefatto dell’antefatto dell’antefatto… Premessa: “Scusi autore, come ci può essere un antefatto dell’antefatto al sesto capitolo?” “Così tanto per scrivere!” autore che se ne infischia altamente. “Badi, che non va bene!” “E quindi?” “Riscriva il titolo da capo e vada avanti seriamente!” “Come posso se scrivo una commedia?” “Seriamente, non fa ridere! Lei non è tagliato per questo lavoro!”
“Si sbaglia! Indosso una M e il libro che scrivo è una S!” “Lo vede le sue battute fanno pena… ehi ma che vuole fare con la sedia? La posi, la rimetta dove stava! È un ordine! Non disobbedisca impunemente!” “Venga le faccio sentire una bella battuta…” “AAAAAAAAH!” Chiudo qui la premessa che non premette niente di buono. Episodio random inserito nel testo, esso è delimitato da parentesi graffe e da un carattere di scrittura diverso.
{L’indomani, di buon umore, il viaggio riprese alla volta dell’albergo Sabbia del Deserto . Mi misi a leggere il manuale del Busso per ingannare l’attesa del viaggio. Il libro a quella pagina parlava del pulsante blu , dietro la poltroncina di sinistra in fondo al bus , guardando verso destra, di lato al comodino, non troppo distante dal WC e non troppo vicino al frigorifero. Mi ci volle più tempo a trovare il bottone che a capire cosa faceva. Il suo ruolo era quello di rendere il Busso protetto dai radar e di diventare una specie di veicolo invisibile (tra virgolette invisibile...): non so se sarebbe stato utile o meno, ma... Raccontai del pulsante agli altri e mentre Lessy guidava io e Vigor cercammo dappertutto nell’autobus per trovare il pulsante. Alla fine lo trovammo e lo volete saper dov’era? Bè per farla breve era dietro la poltroncina di sinistra in fondo al bus guardando verso destra, di lato al comodino, non troppo distante dal WC e non troppo vicino al frigorifero. Comunque attivammo la barriera anti-radar per non perdere tempo in futuro
}.
Dopo non molto giungemmo ad un oasi con un albergo. “No, non ci credo! Andremo in quel hotel bellissimo modernissimo che si vede da qua?” esclamai felice come un bambino che vede un super regalo (che similitudine, che prosa! Ineguagliabile! Scherzo…). “Infatti non ci credere! Il nostro hotel è quello dell’oasi accanto!” esclamò Vigor infrangendo il mio desiderio di comodità e confort. Ero rimasto senza parole. Mancavano 11 minuti alle 10: svoltata la curva, la strada andava verso un’altra oasi leggermente distante dalla prima. Non era bella come la prima. Non era nemmeno grande come la prima. A dirla tutta non aveva niente a che vedere con la prima. L’aspetto era quello delle prigioni arabe sorvegliate dalle guardie, impossibili da evadere. “Il nostro capo voleva essere sicuro che andassimo in un posto protetto!” esclamò Vigor. “Protetto?! Sembra una prigione!” gridai un po’ impaurito, ma più che altro stupito. “Il capo ha prenotato per un solitario e tranquillo albergo di campagna.” mi rispose Lessy fingendo una voce calma e serena dalla quale spiccavano delle note ironiche. “Ma se siamo nel deserto!?” esclamai con la stessa enfasi di –vedi tre righe più su-. “Il concetto non cambia…” “E neanche quel albergo!” ammisi con desolazione e feci una pausa breve: “Sarà già tanto se ha mezza stella!” “Come qualità, secondo la guida locale dice che non ha stelle, anzi, non c’è proprio!” “L’albergo lussuoso no, eh?” “Pessimista! Al massimo ci saranno una o due ragnatele qua e là!” “Domanda, ci siete stati altre volte?”
“No, è la prima volta che ci veniamo…, ma anche te comunque.” Trassi un respiro profondo. “Tranquillo vedrai che ci troveremo bene!” disse Lessy con ottimismo. “Se non è un labirinto!” conclusi la conversazione e mi rituffai nella lettura del manuale. “A che pagina sei?” mi chiese Lessy. “Pagina 7, terzo capoverso, quinta proposizione, soggetto più soggetto meno!” “Caspita che precisione, comunque dovresti accelerare di più la lettura, altrimenti durante la gara sarai ancora a leggere la stessa pagina!” “Impossibile metto un segnalibro, e poi non sarebbe stato più comodo mettere meno pulsanti, meno istruzioni… Insomma non sono un lettore da diecimila pagine al giorno, già una decina sono troppe!” “Male, leggere fa bene.” affermò Lessy “Non sempre, comunque leggo fumetti!” “Ok, fa pure! Però prima che un fumetto eguagli un libro sai quante vignette scritte dovresti leggere!” s’intromise nella conversazione Vigor. “Sei un genio Vigor!” eslcamai: “Avreste potuto fare un manuale a fumetto.” “Modestamente, sono Eugenio, è il mio secondo nome.” commentò. “Se si scrivessero i manuali delle istruzioni con qualche vignetta esplicativa… oltre a capire meglio sarebbe anche più scorrevole!” “Forse hai ragione, dovresti brevettarle certe idee!” “No, aspetta, forse li hanno già inventati.” aggiunsi pensando alla recente tecnologia. “Quando?” “Di preciso non saprei, ma so che ci sono. Per curiosità, voi a che secolo siete rimasti?” I due parvero rifletterci un po’: “Secondo i miei calcoli dovremmo essere nel 1900 e qualcosa!” “Troppo Vigor, saremo ancora nel 1800, giusto?” Lessy cercava un conferma da me. La conferma non arrivò, la mia faccia era stravolta da tali affermazioni. “Giusto?” chiese ancora una volta il lupacchiotto mannaro. “Abbiamo passato il 2000 nove anni fa!” dissi gesticolando, ancora un po’ scioccato “Tu deliri!” “È la verità, guardate sui calendari!” “Anche se fosse vero, non ci doveva essere la fine del mondo nel 2000?” “Si, come ogni millennio, aspetta e spera!” “Abbiamo perso un po’ la cognizione del tempo, sai quando si è mostri...” “Già...” annuii, come se avessi capito cosa voleva dire essere mostri. Ormai Lessy aveva parcheggiato Busso davanti al cosiddetto albergo, al sole, nemmeno all’ombra di una di quelle palme a 10 metri… ma ormai… pazienza. Scendemmo dal veicolo con l’aria di chi ne ha passate quasi di tutte e senza stupirci di niente ci avvicinammo all’entrata. Due guardie simili a quelle antiche dei faraoni ci vennero incontro e ci chiesero cosa facevamo lì. Le guardie erano alte, calve e potevano sembrare persone normali se non avessero quel completo che sembrava un costume di carnevale… “Dovremmo avere tre posti prenotati in questo albergo!” dissi con disinvoltura. “Quindi voi dovreste essere quelli di Bumbo, giusto?” “Si, siamo noi!” intervenne Lessy: “Ehi, ma tu non sei per caso Amon Ramen della 58esima dinastia?” “Si sono io, con chi ho il piacere di parlare?” “Sono Lessy il compagno di classe nella scuola per mostri maledetti e associati (altresì nota come l’MMA, in Europa centrale).”
“Si, ora mi ricordo di te...” sembrava rammentare Amon Ramen. “È bello rivedere qualcuno della scuola! Purtroppo il tempo passa, ed è difficile tenersi in contatto..., ma aspetta che ti presento i miei amici: questo dietro di me” disse indicando Ale: “è l’ideatore di questa ‹gita› per andare alla corsa dei veicoli nel deserto (compresi i bus). Porta il nome di Alessandro…” salutai con la mano e con un sorriso più largo della faccia. “Non sapevo avessi amici fra i comuni mortali.” la guardia mi guardò con netto disprezzo. “Che ha detto?” avevo sentito bene, ma non credevo che avesse potuto dire una tale frase. “Non sapeva avessi amici fra i comuni mortali!” mi ripeté Lessy. “Senta, non sono un comune mortale, sono uno caso a parte, e poi come sarebbe a dire 58esima dinastia non ce n’erano solo 30? E se non sono indiscreto quanti anni ha?” “Devo ammettere che è un po’ fuori dal comune...” disse la guardia con meno disprezzo verso Ale e aggiunse per rispondere alla domanda: “Gli storici dicono che dopo l’ultima regina d’Egitto, non ci fu più nessuno e si sbagliano. Molti fuggirono e si crearono una nuova vita nel sottosuolo, una nuova città, di conseguenza anche le dinastie sono continuate. Durante la vita nel sottosuolo abbiamo appreso maggiori conoscenze rispetto ai comuni mortali, come quella della longevità. Ciò anche grazie al fatto che da almeno 500 anni siamo molto sviluppati nel settore tecnologico...” “Potente!” “E non è tutto, io ho 444 anni.” “Li porti bene.” disse Ale ( cioè il protagonista, cioè il narratore … si vabbè… dato che questo libro è per la maggior parte in prima persona. Firmato l’autore. ) si strinsero la mano, come consuetudine quando si è presentati ad una persona. “Questo invece è Vigor, anche lui era alla scuola con noi, ma nell’altra sezione, era il più forzuto.” “Si, me lo ricordo era anche un secchione!” “Ora lasciate che vi presenti lui” parlò Amon Ramen riferendosi all’altra guardia: “è Stimotehp.” fece una pausa: “L’ho conosciuto quando ho trovato lavoro quaggiù!” Salutammo anche lui e poi la conversazione continuò. “Per la procedura prima di entrare nell’albergo e incontrare il nostro faraone, dovrete incontrare il sacerdote di Ahidubì, una delle più importanti divinità egizie!” “Aspettate tutti quanti un momento!” dissi: “Ahidubì, non è quella divinità con quel tizio che ha in testa una maschera da sciacallo o roba simile!” “Si, proprio quella divinità lì!” mi rispose con tranquillità e fermezza Stimotehp. “No hai dubi a proposito?” “No!” rispose severa la guardia. Il dialogo riprese seriamente, si fa per dire, dopo una decina di secondi. “Forte! Potrò prendere dei scouvenir?” “Assolutamente no: deve restare anonimo il luogo e la vita dei contemporanei antichi-egizi.” “Se vi organizzaste per bene potreste fare soldi.” commentai senza dare peso a ciò che dicevo, ma a quanto pare colpii la guardia che rispose al commento abbastanza bruscamente, ma non come tono di voce. “I soldi non ci servono, non vogliamo scocciatori...” “Capisco...” “Non è che non vogliamo gente, anzi, sarebbe bello... Purtroppo non c’è modo di sapere quali persone effettivamente potrebbero rivelarsi malvagie o buone nei nostri confronti, pertanto abbiamo deciso di evitare di far arrivare in questo posto i ‹comuni mortali› Salvo eccezioni, s’intende.” “Hai ragione. Me ne accorgo anche nella quotidianità... alcune persone non hanno rispetto, altre
possono diventare quasi ‹folli›, altre hanno troppo attaccamento al denaro, eccetera eccetera...” dissi mostrando serietà (per una volta). “È strano che uno di voi umani ammetta questo, specialmente un comico.” “Non sono un comico: le battute le dico solo perché mi piace, aiuta a tenermi allegro, in barba a cosa pensano gli altri!” “Non hai una famiglia, degli amici?” domandò improvvisamente Stimotehp che era stato zitto fino ad ora, mostrandosi curioso. “Certo che ho, ma non partecipano alla gara nel deserto. Sono solo qua se si esclude il fatto che ci sono Lessy e Vigor con me. E in effetti c’è anche mio fratello… se ci penso viene a gareggiare anche lui… dopo che l’ho convinto di sua ‹‹spontanea volontà›› a venire, ma questo a loro non glielo dico...” “Un tipo un po’ solitario eh?” “Solitario e solidario, quando posso.” “Gioco di parole scontato.” commentò Amon Ramen. “Ma è, per buona parte, la verità.” La conversazione terminò e ci dirigemmo all’ingresso dell’edificio scortati dalle guardie. Era come una grande casa a un piano tutta schiacciata e di colore biancastro. Non aveva finestre. “Entrate e andate sempre diritti per le scale.” “Facile a dirsi e per una volta anche a farsi.” Scendemmo gli imponenti gradini della scalinata che sembrava non avere fine. O meglio la fine era una luce rosso giallastra, ma non troppo arancione, in fondo alla scala (della quale le pareti erano state costruite con pietre scure). Durante la discesa nessuno parlò io ero stupito da tutto e non mi sembrava neanche di essere nel mondo reale. Gli altri due non erano né stupiti ne tantomeno preoccupati, semplicemente non parlavano. Arrivati in fondo alla gradinata si vide che la luce proveniva da delle strane torce tenute in mano da due statue, rispettivamente una di fronte all’altra, una su una parete, una sull’altra. Le statue raffiguravano il dio Ahidubì che reggeva le torce (un tizio con una maschera sul capo). Da lì partiva un corridoio che portava ad una grande porta in legno massiccio. Lì trovammo, indovina, Amon Ramen e Stimotehp. “Ma come avete fatto ad arrivare prima di noi?” “Bè dopo aver ricoperto l’accesso al tempio con il telo mimetico dunatest abbiamo preso l’ascensore ed eccoci qui!” “Ascensore? Come mai non ce ne avete parlato?” “Ci teniamo hai nostri piccoli segreti...” mi disse Stimotehp indicando la piccola porta di metallo vicino al grande portone. C’incamminammo e avvicinandomi vidi che sulla porta c’erano dei geroglifici strani, volevo ancora delle delucidazioni, ma non osai chiedere.
Do you Buss? 7.: Pranzo-cena da re alla corte di un faraone Premessa: il titolo ingigantisce la vicenda. Abbiamo mangiato ma non proprio da re… anzi a dirla tutta non abbiamo mangiato proprio, almeno io... come protagonista.
Il portone dava su un’enorme sala, stile tardo-medievale, lastricata di marmo liscio. “Bada come si scivola!” esclamai stentando a stare in piedi “Gli inservienti hanno appena dato la cera, sapendo dell’arrivo di ospiti!” “Bè ringraziateli, devo ammettere che non avevo scivolato così, su un pavimento, prima d’ora!” dissi intentando qualche scivolata. “Ringraziare gli inservienti? Equivarrebbe a ringraziare uno schiavo, noi non siamo abituati a fare complimenti agli schiavi!” “Allora non siete cambiati tanto da qualche millennio a questa parte!” “Gli schiavi non sono persone come un tempo, sono dei robot!” “Avete creato dei robot?” “Per pulire pavimenti, servire bevande, preparare cibi e simili, certo! Sono comandi semplici da impostare quando hai una mappa dettagliata, computerizzata e monitorata (24 ore su 24) di quasi tutta la nostra metropoli sotterranea (fatta eccezione per qualche stanza/anfratto)! Questa stanza sembra priva di telecamere ma in realtà ne contiene più di dieci!” “Geniale! Allora va tutto a gonfie vele ad essere un egizio!” “Dovrebbe! Ma da qualche giorno a questa parte si verificano sempre più spesso dei problemi, a volte piuttosto gravi! E si teme per l’incolumità del nostro nascondiglio!” disse un po’ a fatica Amon, conun tono del tipo –non voglio parlarne-. “Capito, non chiedo oltre!” Giungemmo in breve tempo, dopo la sala, un corridoio e un altro paio di sale, dal sacerdote di Ahidubì. Ci disse che ci stava aspettando, e tra parentesi non mi dire (se ci sono le telecamere se questa è la
procedura...) Tralasciando i dettagli autocritici, il sacerdote disse: “Si faccia avanti il ragazzo umano.” Strana stanza, strano arredamento, metteva inquietudine. Una scrivania marrone scuro dietro il sacerdote, un cerchio al centro del pavimento (con la circonferenza colorata di rosso) di raggio 30cm. Sul soffitto strane apparecchiature tecnologiche che sembravano convogliarsi verso il centro, tutte le pareti erano di pietra grigia scura. Si stava riferendo a me. Andai avanti di mezzo, aspetta non esageriamo, di ¼ di passo. Devo ammettere che la sua presenza insieme all’ambientazione spaventavano leggermente. Aveva un’enorme maschera da sciacallo che gli copriva il volto. Indossava un camice bianco da dottore e delle scarpe nere che spuntavano appena sotto il camice. Stranamente non si vedeva l’attaccatura della maschera. “Si avvicini ancora un po’! È per esaminarla meglio! Non abbia timore!” Feci un passo intero sudando qualche litro di sudore. “Così va già meglio!” “Cosa dovrei fare?” chiesi per guadagnare tempo. “Dovresti? Vieni avanti di ben tre passi come quello che hai appena fatto!” “Solo? No, poi devi stare fermo al centro di quel cerchio al centro del pavimento!” “Non è pericoloso? No, c’è però una possibilità su cento che svieni!” “Allora mi avvicino!” risposi con un po’ di tristezza mista a paura. Mi stavo sforzando a fare l’ennesimo quarto di passo che: “Mo’ famo sera, Amon Ramen dagli na’ spintarella!” disse il sacerdote muovendo una specie di scettro, che aveva preso dalla sua scrivania, per incitare la guardia. Subii una spinta che mi fece barcollare fino al centro del pavimento. Un cilindro di vetro cavo calò dal soffitto e mi ritrovai dentro, i bordi, coincidevano con quelli della circonferenza del cerchio. “Ehi riuscite a sentirmi? Che succede adesso?” gridai. O non riuscivano a sentirmi o si divertivano a fingersi sordi. Passarono due minuti, non succedeva niente: sbadigliai tanto per far qualcosa e perché ero stanco. Una voce metallica mi disse: “rilassati e stai calmo!” Vidi il cosiddetto sacerdote che parlava in un microfono sulla scrivania più in là... Senza dire nulla mi appoggiai ad una parete del cono di vetro, cercando di rilassarmi chiudendo gli occhi: tanto peggio di così non sarebbe potuta andare, forse si, ma non ci speravo: avevo un po’ di preoccupazione... e forse anche un po’ di ansia. “inizio analisi cerebrale del soggetto” stavolta fu davvero una voce metallica che veniva dal computer e non dal doc. “Che?” esclamai riprendendomi. “Fatemi uscire!” gridai mentre degli strani raggi verdi brillanti iniziarono ad allungarsi dal soffitto mi abbassai più che potevo. Pensavo dentro di me: “ Barriera psichica, non devo pensare a niente!” forse non avrei fatto niente di che ma almeno ci avrei provato. Non volevo che degli estranei leggessero il mio cervello. I raggi erano a pochi centimetri da me, provai istintivamente a pararmi con il braccio e vidi che la camicia di tessuto sintetico che portavo annullava il raggio. Mi parai così alla meno peggio dai raggi: “ Bello avere una camicia!” Neanche dieci secondi dopo: “impossibile completare l’analisi, soggetto protetto da materiale sconosciuto!” Il sacerdote mormorò qualcosa in geroglifico stretto, forse qualche parolaccia e mi liberò. “Come hai fatto a resistere?” “Questa è una camicia di sintetico, ma non so perché ha assorbito quei raggi verdi!” “Tu sei riuscito a vedere i raggi?” “Perché, è normale no? Erano verdi brillanti!” “Secondo i nostri calcoli un comune mortale non riesce a vederli, e tantomeno ha tecnologia per
resistergli!” “Eccezione che conferma la regolam o forse sottovalutate i comuni mortali.” “Mi puoi lasciare in custodia la camicia per studiare il suo materiale?” “Assolutamente no! Ci tengo a chi mi ha salvato la vita!” “Non esagerare era solo un analisi cerebrale...” “Appunto! Comunque se vuoi una camicia simile te la vai a comprare in un negozio di abbigliamento, ci sono e costano poco… aspetta, dipende dalla marca!” “I miei sensi confermano che dici la verità! Manderò qualcuno per me!” “Come non puoi andare a vedere il modello da solo?” “Impossibile, la gente scoprirebbe che sono un mostro…” commentò con un po’ di tristezza il sacerdote, una tristezza che non capivo se fosse vera o finta. “Come? Non è una maschera quella che indossi? In parte mi aspettavo la risposta, ma speravo che non fosse quella!” “No, è il mio aspetto! Chi sceglie di diventare sacerdote di Ahidubì subisce questa trasformazione al volto!” disse muovendo le orecchie. “Era quella la risposta! Ma in che posto sono finito?” “Dato che eri l’unico soggetto da scandagliare e che così su due piedi non mi sembri pericoloso, ti lascio andare e ti darò un ‹‹pass››” Il pass era un cartellino di carta plastificata che indicava che no nero stato scandagliato cerebralmente e che comunque non sembravo pericoloso. Il sacerdote di Ahidubì mi rifilò quel rettangolo di carta plastificata, lo presi e lo misi nella tasca della camicia. “Andate pure ora e: «Attenti alla sfinge!»” concluse il sacerdote con il tono di chi dispensa un consiglio... “Strano consiglio! E poi tutta questa storia per una nottata sola! Ma vuoi che sia una sfinge dopo aver visto il sacerdote? Bè grazie del consiglio, lo terrò a mente ! Magari era come un –in bocca al lupo- dalle mie parti!” Ci incamminammo sempre scortati dalle guardie verso una altra sala. “Il faraone vivequalche piano sotto di noi. Vi è stata preparata una cena con lui, ansioso di vedere facce nuove!” Il pranzo era saltato, ma per mia fortuna non avevo fame. “Naturalmente, dovremmo fare migliaia di scale ora in giù e domani mattina presto in su!” “Naturalmente!”commentò Amon Ramen. “Ma non c’è un ascensore o un’altra strada?” “L’ascensore è da riparare, ci scusiamo per il disagio…” “Lo dicono anche quelli delle ferrovie quando un treno è in ritardo o soppresso, comunque la fatica a noi non ce la toglie nessuno. Un’altra strada?” “C’è, però, la possono percorrere solo gli egizi.” ci rispose Stimotehp: “E poi è anche più lunga.” aggiunse Amon Ramen. In qualche modo ci volevano convincere a prendere le scale…: “Un motivo più valido?” “Quella strada passa vicino al grande edificio che raccoglie alcuni dei nostri «trucchi» e segreti.” ci rivelò infine Amon. Li guardai poco convinto, come una persona che guarda un’altra che lo guarda e non si fida di lui: “E che saranno mai un paio di gradinate…” aggiunse Stimpotehp. “A scendere anche poco, ma a salire domani…” “Avete tutta questa tecnologia e i robot che ancora non ho visto, ma dettagli, e non riuscite a riparare un ascensore?” “Sono alcuni tra i problemi che abbiamo...” mi rispose l’amico di Amon. “Comunque per domani cercheremo di aggiustare l’ascensore! «Cercheremo», non è detto che ci riusciamo!”
“Allora vi ringrazio per il tentativo di riparare l’ascensore. Comunque voi ci accompagnerete giù dal faraone, giusto?” “Bè sai… Noi avremmo da fare qui…” “Capito, bè grazie lo stesso... Tutte scuse per non fare le scale!” Ci lasciarono pochi metri prima del primo gradino, dopo un veloce saluto iniziammo a scendere. Appena fatti dieci gradini e l’undicesimo, cedette. “Frena, frena frena! Frana!” urlai e poi pensai: “ E questi strani problemi che capitano spesso? Anche questo sarà uno di quelli? Ci vorrebbe qualcuno ad indagare, bisognerebbe saperne di più...” paralizzandomi sull’altro arto che era ancora saldo sul decimo gradino. Materiale dei gradini: pietra serena. Sotto il gradino cosa c’era? Il vuoto. “Questi egizi non sono bravi a costruire le scale...” commentò Lessy. Bè non proprio il vuoto, diciamo che dopo un cento metri circa, si vedeva la scalinata di pietra che scendeva sempre attorno alla colonna di roccia principale, tipo un’enorme scala a chiocciola. Una luce verdastra proveniente dal fondo rischiarava l’ambiente e permetteva di vedere che tutti i gradini erano attaccati solo da un lato alla parete di roccia. Su lato che da sul vuoto un alto, ma fine, muro di pietra, per non vedere il vuoto: sotto il vuoto, sopra, almeno per dove eravamo noi, due metri e c’era il soffitto di roccia. Guardando meglio s’intravedeva sul fondo, verso sinistra, un fiume d’acqua e che la luce proveniva da degli strani muschi fosforescenti che dovevano riflettere la luce di alcune torce poste più in avanti lungo un corridoio che costeggiava il fiume. Durante questa descrizione ero tornato al sesto gradino. Loro erano ancora al nono. “Torniamo indietro lentamente!” dissi accostandomi alla parete solida di roccia alla mia destra. Erano rimasti a guardare il vuoto, ma si ripresero. Lessy e Vigor, per una volta, sembravano stupiti quanto me: “Concordo!” esclamò per primo il lupo accostandosi come me alla parete. Io ero soltanto più avanti di tre gradini. Vigor fece lo stesso e si mise in fila dietro Lessy. Ero arrivato al primo gradino quando sento crik criricrik come di una roccia che sta per rompersi, nel nostro caso un gradino. Prima che crollasse tutto riuscii a lanciarmi e ad aggrappare l’inizio della scalinata che poggiava sulla solida roccia. “Lessy,Vigor ci siete?” gridai un po’ preoccupato, rasentando un po’ il disperato. “Ale, veramente noi siamo qui sotto!” Guardai giù e vidi che appena tre metri e mezzo più sotto c’era un pianerottolo di roccia sul quale stavano i due. “Capisco!” dissi in un misto di sensazioni che mi lasciava di sasso: “Salgo, vado a cercare una corda e vi tirerò su!” “D’accordo ma fai in fretta!” “Ci provo, voi non muovetevi di lì!” e detto ciò mi arrampicai. “E dove vuoi che andiamo?” mi gridò Vigor con ironia. D’altronde gli avevo fornito lo spunto per la battuta. Feci in tempo a rialzarmi che mi trovai circondato dalle guardie del faraone. Solamente non c’erano Amon Ramen e quel altro, ma gli assomigliavano molto. Quello che sembrava il capo, di fronte a me, il più brutto, con qualche protezione in più degli altri soldati, mi urlò che ero in arresto (non so il perché ma...) I miei amici si accorsero di quello che stava succedendo e tirarono qualche pietruzza dal basso tentando di colpire le guardie. Ne colpirono un paio, senza ottenere risultati, ben presto vennero catturati anche loro. Fu calata una corda e un paio andarono ad ammanettarli. “Non posso nemmeno gridare <> come nei film!” Mi ammanettarono gentilmente anche perché non opposi resistenza, ero troppo stanco, sarà perché non
avevo ancora mangiato niente da ieri sera…(solo la barretta energetica). “Voglio un avvocato!” gridai senza risposta. Fummo caricati su una specie di carrozza senza finestrini per nasconderci dove stavamo andando. Mi ricordo solo l’ordine: “Alle prigioni dell’arena!” Due ore più tardi venimmo scaraventati in tre celle, accanto ma separati. “Fra un’ora vi porteranno i pasti, poi verrete condotti nell’arena dove darete spettacolo!” “Spettacolo, che genere di spettacolo, vado forte nel fare battute!” dissi sperando in un kabaré (spero si scriva così). “No!” mi disse la guardia, per un attimo perplessa: “Dovrete, uno alla volta affrontare la sfinge!” “Cos’è?” chiesi per curiosità sulla sfinge. Sapevo che era una statua, ma affrontarla… “Una potente creatura alta su dieci metri lunga sui venti, simile ai draghi, come potenza, ha una paio d’ali che di solito non usa, ma un aspetto completamente diverso!” “Capito…! Quando ha detto che va affrontata?” ero scioccato. “Fra circa due ore!” “Non ci date nemmeno il tempo per digerire la cena che andiamo a fare da antipasto?” La guardia non rispose al mio commento che assomigliava anche ad una battuta: ma era la verità? Se la sfinge era ciò che diceva la guardia sarebbe stato un problema uscirne vivi. C’era un’altra cosa che non mi tornava. “Come mai dopo tanta ospitalità si sono rivelati ostili?” domandai ai miei amici. “Non ne ho idea!” ammise Lessy. “Forse sono i problemi di cui parlavano Amon Ramen e l’altro! Non li abbiamo più visti!” “Forse o forse qualcosa di peggio! Potrebbe essere che qualche ingegnere sia poi diventato un genio malvagio e abbia preso il posto del faraone, annullando le precedenti disposizioni. O forse è un concorrente della gara di veicoli che ha preso comunque il potere, se non del faraone, delle guardie e ha ordinato di catturarci!” “Senti non siamo ‹detective› siamo nei guai! Per cui se hai un idea tiraci fuori di qui!” “Materialisti! Le barre sono troppo fitte e spesse e in più quei cavi sono collegati al sistema dall’allarme!” mi riferivo a dei cavi che andavano dalle serrature al soffitto e si riunivano in un unico grande filo che spariva in un buco nel soffitto, a qualche metro da noi. “Da quando sei così investigatore?” “Mi capita quando sono in certe situazioni!” “E ritornando al tuo ragionamento di prima, come pensi che abbia fatto il concorrente a sapere del nostro arrivo e che proprio noi siamo dei partecipanti?” “Elementare mi caro Lessy! Ci sono più teorie! Una il tizio potrebbe essere stato informato da alcune sue spie, secondo, se quello che Amon Ramen diceva, che tutto qui è monitorato efficientemente… fate un po’ voi!” “D’accordo, ma con la sfinge come facciamo?” chiese sempre Lessy “Ma non siamo nemmeno sicuri che esista! Vero che non esiste?” domandai, un po’ preoccupato. “Esiste!” “Acc! Comunque Vigor, te sei abbastanza forte da affrontarla?”: “Stai scherzando vero? In confronto alle creature leggendarie noi siamo poco e nulla!” “Bella autostima che hai!” “È la verità! La sfinge è molto più forte di noi! Mi ricordo di aver letto qualcosa in proposito su un libro quando andavo a scuola!” “Si, ce l’aveva dato l’insegnante per compito!” aggiunse Lessy. “E tu lo lessi?” dissi per fare la battuta. “Ti pare il momento, Ale?”
“Scusa! Racconta la storia di quel libro!” ripresi la serietà “Allora, la storia descriveva lo stile di vita della sfinge e simili!” “Diceva anche se aveva un punto debole?” intervenni. “No, la sfinge non ha punti deboli!” fece una pausa: “Ciò che più mi ha colpito è che la sfinge comunica con tutti attraverso la telepatia e che con un attacco psichico, può letteralmente distruggerti!” “Si, come no...” “Sul serio, te ne accorgerai se durante il combattimento inizierai a provare un forte mal di testa!” “Lo sapevo che non dovevo lasciare l’aulin (medicina per il mal di testa) sul Busso!” “Basta battute scadenti.” “Mi servono per il mio morale.” “Dille dentro di te, in certe situazioni non c’è niente per stare allegri!” “Forse hai ragione!” ammisi riacquistando la serietà.. “Non puoi vivere ogni momento della tua vita come una commedia!” rincarò. “Finora ha sempre funzionato, mi sono sempre trovato bene!” dissi fiero e felice. “Si vede da tutti gli amici che hai!” continuò. “Ora stai esagerando: io voglio vivere felicemente in barba al fatto che non ho tanti amici, d’accordo? Se voglio fare una battuta non c’è niente di male! Se sono un tipo mite e solitario non c’è niente di male, anzi forse è meglio che resti solitario.” dissi mettendomi in fondo alla mia cella, con un modo che era una via di mezzo tra l’essere stizzito e -non so cosa-. Vigor mi chiamò un paio di volte rimproverandomi per il mio comportamento permaloso. “Non sai accettare le critiche!” gridò. “A me non sembravano tanto critiche, l’ultima specialmente! Non mi importava d’avere amici o meno, mi importava di essere un tipo allegro, solare, solitario!” mi girai dall’altra parte. Vigor e Lessy chiacchieravano tra di loro a bassa voce, da cella a cella: forse stavano meditando un piano di fuga; forse parlavano di me, ma ormai non mi importava. Dopo cinque minuti arrivo un tizio con un carrello di metallo (simile a quello delle mense scolastiche; …e già per quello non avrei toccato cibo) scortato da due guardie. Sopra tre piatti fumanti di quello che sembrava, o era? Ci dettero un piatto di roba che sembrava radioattiva. Doveva essere una brodaglia che in antichità davano ai veri schiavi, effettuata la consegna del cibo se ne andarono. Io non toccai un boccone (come già avevo anticipato): roba verdastra giallognola che sembrava l’acqua dell’Avno, il fiume che passava da Burnenze: pezzi di peli e pane galleggiavano discostati da croste di formaggio. “Mangia Ale dobbiamo essere in forze per dopo!” disse Lessy: “Tenteremo una rivolta quando ci porteranno dalla sfinge.” “Ma se siete mostri e non avete bisogno di mangiare?” domandai incredulo. “Bè approfittiamo di questo cibo.” disse Vigor. “É per darci un po’ di forza in più per affrontare la sfinge…” aggiunse Lessy. “Allora è meglio non mangiare questa schifezza!” commentai serio guardando il cibo. “Fidati, non ci daranno niente di meglio!” “Per un paio di giorni posso resistere senza mangiare questa robaccia! E prima di mangiare quella roba radioattiva, mangerò la sabbia della mia cella!” “Sempre arrabbiato eh?” domandò Lessy “No, stanco!” cercai di riposare in un oretta, prima di andare nell’arena ad affrontare la sfinge. Non so come ma riuscii a schiacciare un pisolino. Anche gli altri si erano addormentati, ma non credo che
fosse per la stanchezza, dato che i mostri come loro non «dormono» mai, o quasi. Ci risvegliammo in una gabbia ad un lato dell’arena con una secchiata d’acqua in faccia. Eravamo circondati da guardie. In fondo all’arena una porta colossale iniziò ad aprirsi. “Ecco arriva la sfinge!” sentii gridare dagli spalti pieni di gente. “Senti se sopravvivo a questa esperienza posso andare a dire due paroline al cuoco?” mi voltai e chiesi ad un guardia lì di fuori. “Non credo che sopravvivrai, ma dopo potrai fare ciò che ti pare!” “Grazie!” ringraziai la guardia. Ero serio, in un misto di preoccupazione, paura, rabbia, tristezza, per ciò che avrei dovuto affrontare e per ciò che avevo passato. Gli altri due (Lessy e Vigor) erano un po’ più addormentati di me: erano ancora sotto l’effetto del sonnifero che doveva essere nel cibo. “Le regole sono queste, uno alla volta affronterete la sfinge! Se non morite subito… mi dispiace per voi!” “Ma perché tutto questo sullo stile gladiatori romani? Non si potrebbe organizzare un mega-torneo di scacchi?” “No! Questa è la punizione per i traditori!” “Traditori di cosa, scusa? Traditori voi; prima ci ospitate e poi all’improvviso ci catturate e ci portate qui!” “So solo che tre infiltrati hanno rubato delle formule segrete al faraone! Voi siete tre!” Chiaro, era tutto chiaro. Scambiati per volgari ladri: “ Ma come era potuto succedere se è tutto monitorato?” Cinque minuti erano passati e in cinque minuti mi ero perso la comparsa trionfale della sfinge. “Forza, uno di voi, velocemente esca!” Uscii subito io prima che Vigor e Lessy potessero dire qualcosa. Feci qualche passo fuori dalla gabbia. Sentii la voce del faraone che leggeva il suo discorso davanti ad un microfono: “Oggi questi criminali saranno puniti e saranno cibo per la sfinge!” Una breve pausa seguita da un applauso: “Uno alla volta saranno mandati contro la sfinge se vinceranno gli sarà risparmiata la vita!” Un grido di disapprovazione per l’ultime parole. “Ecco è sceso in campo il primo! Tu criminale hai da dire qualcosa prima di affrontare la sfinge?” “Eccome!” gridai e iniziai a spiegare che loro avevano sbagliato e che noi non eravamo criminali. Non mi dettero ascolto. Allora gli raccontai come ero finito lì e che c’erano le prove delle due guardie e delle telecamere, aggiunsi inoltre che i loro metodi di giustizia erano un po’ barbari. Il faraone continuò a non darmi ascolto (forse non avrei dovuto criticare il loro modo di giustiziare, ma...), però un po’ di gente stava cambiando parte. “Quindi dopo avere detto questo: questo. Vorrei chiedere di poter provare la mia innocenza!” Descrizione del faraone: persona d’alto rango, indossa una veste bianca, tipo tunica, di seta tutta decorata con geroglifici e disegni di sfingi e sopra un mantello rosso sempre di seta con i medesimi disegni. Porta i capelli abbastanza corti, tipo caschetto al di sopra delle sopracciglia, dietro sulla nuca ha i capelli raccolti in una piccola treccia, sembra una persona che ha al massimo 20 anni, ma non mi stupirei se mi dicesse che ne ha 400 e passa come quella guardia… Impugna uno scettro, nella destra con la punta ricurva che a guardarlo dall’arena sembra un punto di domanda. “La stai provando affrontando la sfinge!” Mi girai verso la sfinge. Batté una zampa per terra a un centinaio di metri (metro più metro meno) e sentii vibrare tutta la terra sotto di me. Una ventata di sabbia si alzò a causa del colpo e mi sporcò leggermente gli abiti. “È comunque sleale... È un po’ esagerata come creatura!” commentai.
“Appunto, così non fallisce!” una pausa di silenzio poi continuò: “Ultime parole famose?” “Si, non potrete rimborsarmi quando scoprirete di aver ucciso un innocente!” Un po’ di dissenso si sollevò dal pubblico. “Ultimo desiderio?” “Vorrei la pace nel mondo, Almeno la mia morte non sarà vana!” dissi indicando il faraone, con la mano sinistra. Avrei voluto avere anche degli occhiali da sole, da togliermi con la mano destra, così da avere un minimo di stile, ma li avevo lasciati sul Busso. Alcuni commenti positivi per me si levarono dal pubblico. “Non è realizzabile adesso!” “Qualche altro ultimo desiderio realizzabile?” “Potrei avere almeno uno scudo per difendermi!” “Concesso, e ora che hai espresso l’ultimo desiderio combatti. Se non c’è niente altro... Si proceda!” disse il faraone con l’aria di chi voleva vedere della violenza. Mi voltai per la seconda volta verso la sfinge, non avevo il coraggio di affrontarla, ma nemmeno volevo che lei mi uccidesse. Primo guadagnare tempo, secondo trovare un punto debole terzo vedere di sopravvivere. Provai in maniera diretta, quasi sicuro di riuscire a fare buona parte del punto uno. Mi avvicinai con lo scudo in mano senza mostrare aggressività o paura, anche se dentro di me ero solo impaurito. Avrei voluto fuggire ma dove? “Salve, siete voi la sfinge che devo affrontare! Forse dandole del voi, con rispetto…” Non si mosse non parlò, mi guardò con i suoi profondi occhi neri. D’aspetto quasi come la sfinge statua che conoscevo, soltanto che era ricoperta da una possente cotta di maglia e in alcuni punti da un’armatura a placche: una specie di elmo, sullo stile maschera di tutankamon le conferivano stile e bellezza. Il suo volto di donna era liscio e non presentava imperfezioni. Le sue due ali candide non si muovevano. “Dico siete voi la sfinge? Ma è immobile, meno male!” Ancora silenzio. Ero ad una trentina di metri. Aspettai cinque minuti, ma proprio cinque, guardai il tabellone segna tempo sotto la tribuna del faraone. Poi rivolto al faraone dissi: “Visto, non m’attacca sono innocente, posso uscire dall’arena!” “Senti, se la sfinge non uccide te, tu tenta di uccidere la sfinge e vediamo cosa succede!” “Perché?” “Perché si! Voglio vedere un combattimento all’ultimo sangue, per cui datevi da fare!” “Ma non voglio uccidere la sfinge. Anche perché è impossibile!” In quel momento sentii come un rumore metallico come di spade estratte dal fodero. Tutti guardarono dietro di me, io ero ancora a guardare il tabellone, mi voltai lentamente, giusto per guadagnare tempo. La sfinge aveva sfoderato gli artigli dalle sue zampe. “Riguardo a prima credo di si cioè al fatto che sia la sfinge che devo affrontare.” dissi rivolto alla sfinge e feci qualche passo indietro, per allontanarmi dalla creatura leggendaria. Quando vidi che mi stava per tirare una zampata mi abbassai e misi lo scudo davanti a me. Chiudendo anche gli occhi. Non sentendo niente alzai lo sguardo. Il mio scudo di metallo cadde a terra diviso in due parti. Ero di sasso. Arrivò un'altra zampata, istintivamente girai la testa di lato e mi piegai all’indietro. Mi mancò di pochi millimetri, come nei film... Il gelido spostamento d’aria mi fece riprendere: mi voltai e corsi più che potevo. Sentii il terreno vibrare, aveva spiccato un balzo. “Un balzo, autore, lei definisce balzo un volo di duecento metri?” protagonista impaurito. “Bè ma tentavo di sdrammatizzare la situazione.” autore.
“Grazie!” prot. “Bene riprendiamo dove eravamo.” aut.
Mi fermai scivolando sulla ghiaia dell’arena. “Un momento, per favore!” gridai alla sfinge, facendo anche cenno di aspettare. Tentai di rialzarmi e in quel momento sentii la voce della sfinge: “Tranquillo, ho tempo!” Era una voce femminile e comunicava attraverso il pensiero. “Non correvo così da quando facevo ginnastica a scuola... sono già stanco.” dissi con un po’ di fiatone. “Di già? Abbiamo appena iniziato il combattimento!” “Forse non te ne sei accorta ma non ho la tua stazza!” Stavolta non rispose. Mi arrivò un altro spostamento d’aria. “Scusa se ti ho dato del tu, ma mi restava più facile!” “Fa niente ti ho perdonato!” “Fa niente? Ho rischiato la vita! Anche se avrebbe, forse, già, potuto uccidermi! ” “Ti leggo la mente, non mi puoi nascondere i tuoi pensieri e ti do ragione!” “Perché mi stanchi prima di finirmi? Non sono forte come te, né volo!” “Altrimenti il divertimento dov’è?” “Ah già!” dissi e corsi via, verso la parte opposta dell’arena. “Non puoi sfuggirmi!” “Lo so!” “Fin dove vuoi farti rincorrere?” “E pensi che te lo dica? Che battuta per chi legge nel pensiero!” “Spiritoso, non volevi farla finita?” “Si, infatti... era giusto per fingere di poter fare qualcosa...” Un lieve mal di testa cominciò. “Senti, almeno non uccidermi con la tua potenza psichica! È sleale verso chi non ce l’ha!” “Un criminale che parla di slealtà! Questa è bella!” “Criminale? Ascolta, almeno te, non sono un criminale. Tu che leggi nel pensiero non sai che sono innocente?!” “Leggo il pensiero, non l’identità: le tue intezioni o il fatto che tu sia un criminale non lo potrò mai sapere con certezza.” “Allora leggi questo!” dissi e mi concentrai per pensare a tutta la mia avventura fino ad ora. Mi sedetti per concentrarmi meglio. Era strano ma avevo come la lontana impressione che la sfinge fosse leggermente incuriosità dal mio modo di fare di ‹comune mortale›... bhè poco comune e molto mortale . Scrivo in prima persona, ma talvolta, inoltro nel testo dei brevi momenti che non ho vissuto ma che mi piaceva inserire. Firmato l’autore.
La scena si sposta nella gabbia. Lessy e Vigor sono preoccupati per la sorte di Ale: le guardie per tranquillizzarli dicono che finora nessuno aveva resistito tanto alla sfinge. “Lo sta attaccando con la mente Lessy, dobbiamo fare qualcosa!” “Si, possiamo voltarci per non vedere la sua morte!” “Forse, ma seguiamo con attenzione lo scontro, magari scopriamo qualche debolezza nella sfinge!” “D’accordo!” La sfinge leggeva tutto ciò che pensavo, alla fine mi comunicò: “I tuoi pensieri sembrano sinceri,
mortale! Chiedo consiglio al faraone!” “Aspetta lui ce l’ha con me!” “Non ce l’ha con te, è solo adirato con quello che gli hanno combinato i ladri! Ci parlo io con lui, se veramente sei innocente non morirai!” Non dissi nulla aspettai che la sfinge comunicasse con il re egiziano. “Hai ragione non vuole saperne, vuole che uno di noi due muoia!” “Potremmo instaurare una farsa!” pensai felice che ci fosse una possibilità di salvarmi. “Oh, no! Tu muori per davvero, ma quando lo dirò io!” “Che bello!” esclamai con l’entusiasmo di uno che va a morire: “ Allora mi siedo su questa sabbia e non mi smuovo finche non potrò provare in maniera decente la mia innocenza, senza dover combattere in un arena! Forse dovrese riuscire a vedere che io sono innocente come i miei amici. Invece di stare a perdere tempo con me, se provaste a setacciare tutti i luoghi di questa metropoli trovereste i veri colpevoli!” “Quello che pensi ora è indiscutibilmente vero! Purtroppo devo ammettere che hai ragione, comune mortale. Parlerò di nuovo col faraone e stavolta ascolterà!” Poco dopo infatti il faraone gridò: “Sei libero, umano, hai la sfinge dalla tua!” “Potrei chiedervi una cosa?” intervenni. “Ma certo!” “Dove sono le sale di controllo per il monitoraggio? Forse riusciamo a beccare i veri ladri!” “Sono a un chilometro da qui!” disse il re: “Nella sala Monitor & Computer!” “Sali sulla mia groppa ti porterò là in un baleno!” mi comunicò la sfinge. “D’accordo! Puoi dire al faraone di raggiungerci là?” “Già detto!” La sfinge mi afferrò con un braccio e mi lanciò con dolcezza sulla groppa. Appena mi aggrappai alla pelliccia si alzò in volo, verso la sala. “Colpo di scena gente, vado a catturare i ladri!” gridai mentre si alzava in volo. Il pubblico emise un applauso. E alcune esclamazioni del tipo: “Era innocente, io lo sapevo!” si levarono. Il soffitto era parecchio alto e la grotta molto larga. Gli egizi avevano costruito qui la loro città, a pochi metri dall’arena e dalle prigioni c’erano le prime abitazioni. “Non credo hai miei occhi!” disse Vigor. “Neanch’io! Forse dovremmo metterci gli occhiali!” disse Lessy imitando le battute di Ale. Trasferiti tutti alla sala monitor & computer. “Ecco come ho intenzione di procedere!” iniziai a spiegare a tutti i presenti: faraone, consiglieri un drappello di guardie, la sfinge, i miei amici ancora in manette ma non più sorvegliati: “Punto primo visionare tutti video delle telecamere, disattivate nelle ultime ore. Punto secondo individuare i ladri, e terzo catturarli.” “Non è un piano fatto male!” esclamò il faraone sebbene mantenendo un po’ di diffidenza verso di me. “Comunque come avete fatti a scambiare noi che dovevamo essere vostri ospiti per dei ladri?” chiesi spiegazioni. “Ebbene sono alcuni tra i problemi che abbiamo. I monitor e i computer ci indicavano voi come possibili colpevoli e abbiamo arrestato voi...” “Ma come è possibile alterare ciò che si vede registrato nelle telecamere?” “Non lo sappiamo... e non sappiamo nemmeno l’origine di questi ‹piccoli› ma fastidiosi problemi.” poi aggiunse: “...è come se delle forze oscure agissero nell’atmosfera di questo luogo, alterando il continuum corretto degli eventi.”
“Spaventoso.” “Trovati capo, sono a circa 20 piani sopra di noi!” esclamò una guardia al faraone, riportandoci alla questione più urgente. Pochi minuti dopo scoprimmo che i ladri erano in una stanza vicino a dove eravamo noi prima della cattura. In quella stanza i tre dal volto mascherato avevano catturato Amon Ramen e l’altro e cercavano di chiedergli informazioni riguardo a come si usciva da sottoterra. “Non li prenderemo mai in tempo, prima che facciano del male a quelle due guardie! Potrebbero estorcergli le informazioni su come uscire da qui!” esclamò il faraone preoccupato. “Se non l’hanno già fatto!” dissi con serietà: “Sfinge, portami da loro e salviamo gli egizi!” “Non fare l’eroe, mortale, essi hanno mitra e pistole, magari granate.” esclamò il faraone insieme con la sfinge che mi diceva le stesse esatte parole nella mente: “La tua innocenza è già stata proclamata.” “Grazie di avermi frenato, mi avete suggerito un’idea per sistemare i ladri!” “Non tenerci sulle spine, parla!” gli disse il faraone. “Mi serve del gas soporifero e che il sistema di aerazione spinga il gas nella stanza dove si trovano i criminali, cosi dormiranno tutti!” “Efficace.” esclamarono il faraone e la sfinge “Ehi, quel orologio dice il ver?” “Si!” “Allora dobbiamo sbrigarci fra circa 6 ore io e gli altri dovremmo ripartire per la corsa...” “Ho già dato ordine di andare a mettere il gas nel sistema di aerazione.” “Sperando che siano ancora lì!” esclamai. “Giusto c’è anche quel problema!” “Allora faraone, io e la sfinge andiamo su a controllare.” proposi. “Stavolta ci sto!” Passarono due secondi poi il faraone disse: “Dategli un’armatura da arciere e l’arco di Oniride!” “L’arco di Oniride?” domandai perplesso mentre i soldati mi davano l’armatura da indossare. “È un’arma leggendaria” il re informò Ale: “solo alcuni tra i più valorosi del nostro popolo l’hanno potuto usare; lo prestiamo a te perché fermi quei ladri con le frecce della giustizia!” disse il re consegnandomi una faretra piena di strane frecce intarsiate. “Queste sono frecce speciali, le piume sono di fenice!” “Se tu sei fenice batti le mani!” “Le battute a dopo, ecco per te l’arco!” Un bellissimo arco che brillava d’oro mi venne consegnato: “Cosa fa di preciso?” chiesi mentre me ne stavo accorgendo. “Aumenta la vista a tuo piacimento, entro un certo limite di distanza! L’effetto, quando lascerai l’arco, potrà perdurare per un paio di giorni o tre, quando starà per finire sarà a tempi alterni, un po’ potrai vedere distante e un po’ no… ” Ma Lessy e Vigor non stavano ascoltando la conversazione, parlottavano tra loro… “Comodo!” esclamai. L’arco era ben lavorato e portava a altorilievo nel metallo delle scene di offerta alla dea Oniride fino all’impugnatura, che calzava bene con la mia mano. “Comunque sia... non è che sono una cima di tiro con l’arco...” “Non ti preoccuipare, basta che tu riesca perlomeno a scoccare una freccia...” “Oh quello si, forse , comunque spero di non averne veramente bisogno. ” Volete saperne di più?: una spiegazione su come è illuminata la città sotterranea degli egizi è stata sbloccata nei: ‹‹Contenuti Speciali di Questo Libro››
Do You Buss? 8.: La cattura dei ladri e il ritorno in pista Premessa: dopo l’avventuroso capitolo precedente i tre riescono a riprendere il viaggio per raggiungere il punto di partenza della gara entro 24 ore a partire dalle 6 di oggi. Ce la faranno? Arriveranno sani e salvi? La sfinge andrà con loro? Gli egiziani gli daranno una ricompensa? Bè tanto io lo so di già, ma per chi deve leggere… Sono domande a cui presto ci sarà una risposta. Ve lo premetto.
Dopo i preparativi Ale e la sfinge, cioè io (sempre per il discorso della prima persona) e la sfinge volammo seguendo gli scalini di pietra, come da istruzioni, fino in cima. Il gas era andato subito via appena aperta la porta della stanza, ma per sicurezza portavo un fazzoletto sul naso e sulla bocca, c’era la refurtiva (dei rotoli di pergamena) ma non c’erano i ladri. Refurtiva trovata criminali no. Se fossero riusciti a fuggire e a raccontare ciò che avevano visto quaggiù, al 90% li
avrebbero presi per pazzi. “Non ci sono sfinge! Che si fa?” “Ma c’è tutta la refurtiva guarda! E le due guardie sono addormentate e non sembrano aver ricevuto troppi maltrattamenti!” “Già! Dove pensi che siano i ladri ora?” chiesi parlando, stavolta. “Dietro di te ragazzo!” disse uno. “Non fare movimenti bruschi o tu e il tuo animale gigante morirete!” aggiunse l’altro. Erano alle nostre spalle. Con la coda dell’occhio vidi che erano mascherati. La sfinge era per metà dentro la stanza delle due guardie e non poteva girarsi, doveva fare retromarcia. Decisi di fidarmi del faraone... e forse anche di strafare un po’: incoccai due frecce nell’arco (fortunatamente le frecce e la corda dell’arco erano come ‘magici’). C’era un piccolo spazio tra la sfinge e la colonna della porta. “Resisti sfinge forse riesco a salvarci!” “Mi chiamo Skharia!” “Bel nome, io Alessandro!” dissi sbirciando con la mia supervista al di là della porta. “Senti ti volevo dire che non…” L’avevo visto fare solo in alcuni film di sparare due frecce insieme: e il suono delle frecce scoccate interruppe la creatura leggendaria. Non so come ma non avevo beccato i furfanti, non so come ma avevo centrato le canne delle corrispettive armi tappandole con le frecce. Il terzo che era dietro di loro era, per fortuna, disarmato. “Svelta fai retromarcia, girati e preparati a combattere!” Detto fatto. La sfinge si girò e catturò i criminali con una zampa sola, prima che essi potessero reagire. In seguito vennero presi e portati nelle prigioni (un po’ come Lessy, Vigor ed Ale). “Verranno giustiziati come avreste fatto con noi?” chiesi al faraone e alla sfinge. “Bhè... si!” “Dipende...” rispose la sfinge con molta più diplomazia. “Perdonate la mia critica ai vostri metodi di giustizia... ma non sarebbe meglio dargli un potente sonnifero o qualcosa che gli faccia dimenticare di essere stati qui?” “Bè, l’importante era recuperare la refurtiva (informazioni top secret), non la vita dei ladri...” “Cosa?! Liberare dei criminali?” “Bhè se non altro sarebbe meglio che finire in pasto ad una sfinge in un pubblico spettacolo...” Non so se riuscii veramente a far cambiare definitivamente questo loro modo ‘barbaro’ di fare giustizia, ma se non altro almeno questa volta salvai la vita a due criminali: “Questa volta, d’accordo.” annunciò il faraone (sospetto anche l’influenza da parte della sfinge. Secondo un nuovo pinao i ladri si sarebbero risvegliati nel deserto vicino alla città di Il Caro (importante città del deserto di Sara), senza ricordare niente degli egizi o altro. Scherzando e combatendo si erano fatte le tardi e mezzo, e ci trovavamo nel palazzo del faraone, la sfinge aveva aspettato fuori (anche per problemi di parcheggio). Il faraone ci lasciò partire, ma non prima di averci ringraziato calorosamente e porto le sue scuse: “Grazie di tutto ragazzi! Siete stati impagabili. E vi porgo le mie scuse per avervi portato in prigione!” “Addio ricompensa! Non che poi sia stato tanto male, ho conosciuto una creatura leggendaria e combattuto dei criminali.” “È vero, nonostante tu sia un ‹semplice mortale› sei stato per il nostro popolo di grande aiuto dimostrando coraggio e bontà. È con piacere che ho intenzione di dedicare una piazza della città a te,
Ale: così che si possa ricordare questa tua impresa.” “Niente di che…” e dicendo ciò e gesticolando involontariamente con la mano destra urtai un vaso che cadde a terra. Ancora non si ruppe. “Le ceneri di mio nonno!” esclamò il faraone. “Bè il vaso non si è ancora rotto, guardi il lato positivo!” finita la frase comparvero improvvise incrinature sul vaso e si ruppe. “Nooo!” una breve pausa, il re si inginocchiò vicino al vaso: “Animale, cos’hai fatto?” “È stato un incidente... un po’ di colla e andrà a posto... bè ciao, noi dovremmo andare, abbiamo anche Busso in doppia fila...” e invitai velocemente i miei amici a uscire dal palazzo del faraone. “Ti dedicherò soltanto un vicolo di periferia!” mi gridò dietro il faraone. Fuori dal palazzo c’era un folla come per dei divi del cinema. La sfinge era seduta a pochi metri dalle scale del palazzo, occupava più spazio lei che uno yatch. La luce delle lampade faceva risplendere la sua armatura. “Grazie di tutto amici!” inviò quel messaggio mentale a noi tre. “Abbiamo fatto del nostro meglio!” pensai in risposta. “Magari venite a trovarci qualche volta!” “Vedremo ciò che si può fare, siamo già in ritardo per la corsa. Informerete voi Bumbo di tutto vero?” “Certo, ci penserà il faraone!” Detto questo ero preoccupato sul fatto che il faraone avrebbe telefonato a Bumbo... Ci incamminammo verso l’ascensore riparato (si, ogni tanto accadono anche i miracoli) e, stavolta, non ci furono problemi. In cima incontrammo di nuovo Amon Ramen e Stimotehp che regolarmente avevano ripreso il turno. Avevano avuto anche l’incarico di accompagnarci all’autobus. Un forte battito d’ali ci avvertì che la sfinge ci aveva seguiti per un ultimo saluto. “Addio ragazzi!” ci inviò quel messaggio con un po’ di tristezza. “È solo un arrivederci, torneremo a trovarvi ( in ‹du you bùs 2› se troveremo un autore per scriverlo, parentesi scritta dall’autore inserita nel pensiero del protagonista. Firmato l’autore.)” pensammo per tranquillizzarla. Avevo intenzione di tornare davvero, ma soltanto quando avrei finito tutte le mie avventure; per concedermi una vacanza: la sfinge sembrò capirci e ci lasciò andare. Con un po’ tristezza e di incertezza per il futuro riprendemmo il viaggio in Busso. Lessy alla guida io a dormire ero più stanco che affamato e Vigor come assistente del guidatore. Mi risvegliai dopo 4 ore e mezzo a causa di alcuni scossoni; avevo molta fame, presi molto cibo dal frigo del Busso e mangiai. “Dum Dum Dum Dada Da-dum! È si conclude così, cari amici ascoltatori la canzone di Pinco Punk. State ascoltando Radio Malinconia, la prossima canzone andrà in onda dopo la consueta pubblicità e se ve la perdete la daremo in replica domani alle 22e30.” “Cosa, la canzone o la pubblicità?” domandai a Lessy, che aveva il comando dello stereo. Lo teneva come se fosse il suo tessoro, nonostante dovesse anche pensare a guidare il bus. Eravamo oramai a 13 ore di viaggio dalla meta, circa. “Non ti piace questa stazione eh?” “Se devo essere franco… non mi piace per niente!” “Purtroppo qui nel deserto di Sara si recepisce solo questa!” “E chi ha bisogno di recepire quando hai un computer portatile, un hard disk esterno da 500gb pieno di buone canzoni e delle casse bellissime e nuovissime?”
“D’accordo spengo la radio ma solo se hai tutto ciò che dici!” “Certo! È tutto nel grande zaino che ho portato!” “E i tuoi vestiti?” “Nell’altro grande zaino!” “Cosa due grandi zaini? Io all’aeroporto ne ho caricato solo uno, quello rosso!” “Che contiene il computer!” feci una breve pausa per riflettere: “Non mi dire che dovrò tenermi questi abiti per tutti i tre giorni della pista?” “Credo proprio di si!” Per un attimo rimasi scioccato. Ne avevo passate li sottoterra, con gli egizi che perdere un bagaglio mi sembrava una cosa impossibile. Sembrava. “Va bene, tanto ho fatto la doccia prima di partire, ed ho un po’di deodorante e di profumo. No, aspetta, erano insieme hai vestiti!” “Mi dispiace, su almeno metti la tua musica servirà a distrarti!” Montai tutta l’apparecchiatura e sparai i deep purple e un po’ di bon jovi a un decente volume: come bands piacquero anche a Lessy e a Vigor. “Comunque ragazzi appena incontreremo un villaggio ci fermeremo così comprerò un paio di abiti.” “Ma abbiamo poco tempo!” esclamò il gobbo. “Accelereremo dopo.” suggerì il lupo mannaro. “E dove speri di trovare un villaggio ora? È tutta diritta fino al punto di partenza della gara.” continuò Vigor. “Si trova si trova, non siamo mica nel deserto!” Gli altri ammutolirono per la sciocchezza che avevo detto (anche alcuni lettori e anche i critici): “Vabbè che guardi il lato positivo delle situazioni, ma mi sembra che adesso esageri.” “Si forse avete ragione, ma ditemi se quello laggiù non è un villaggio!” “Quale?” “Quello laggiù, forse, a circa 5 chilometri da qui, lo vedete? L’effetto dell’arco di Oniride continuava! Il faraone mi aveva avvertito che poteva durare dai 2 ai 3 giorni!” “Ha preso un colpo di sole! Vigor fai qualcosa!” “No, ragazzi, l’effetto dell’arco di oniride dura ancora e vedo distante.” “Vabbè ma dieci km mi sembrano troppi!” “Come troppi, l’aria è pulita e non ci sono dune...” “Sei diventato una specie di mostro anche te.” commentò Vigor e tutti scoppiammo a ridere. Arrivammo al villaggio circa 5 minuti dopo. Io avevo bisogno dei vestiti e Lessy ne approfittò per rifornire Busso di un po’ di benzina. Vigor avrebbe accompagnato me in modo che non mi cacciassi nei guai. Il lupo parcheggiò vicino al distributore: ‹‹1 litro 20 $››. “Bada che prezzi!” esclamò uscendo dal veicolo. “Bravo, te contratta noi andiamo a cercare un sarto.” Ci separammo. “Pura curiosità Ale, come sei riuscito a convincere la sfinge a risparmiarti?” “Le ho detto la verità e come sono capitato lì!” “Tu racconti tutto al primo che capita?” “No, alla prima ahahah! Insomma era una sfinge ed ero innocente, non avevo niente da temere! Cioè un po’ si, ma vabbè...” “Ti sei mai trovato in altre situazioni difficili?”
“Cos’è un interrogatorio?” domandai prima di rispondere. “Voglio solo sapere che tipo sei.” Osservò Vigor con aria un po’ da persona curiosa, un po’ da persona indagatrice, e un po’ da -non so cosa-. “Dopo tutto quello che ho fatto dubiti di me? Non dovrebbe essere il contrario?” “No, ma puoi rispondere alla mia domanda?” “Dai, non dista molto il negozio... resisti. Difficili quanto?” chiesi con più fatica e con l’aria di chi non ne può più. “Come quella che hai affrontato?” “No era la prima volta!” “Ti sei sempre trovato bene, giusto?” “Non sempre. Ho avuto difficoltà, certo, ma di molta minore entità!” “Qual è il tuo desiderio da esprimere, se vincerai?” Che due -...-. Basta domande, rispondo a questa poi basta: “Lo scoprirai, quando e se vinceremo.” “Hai pensato a lungo alla risposta devi essere un tipo che riflette eh?” “Lo vedi da te!” stavolta mi mascherai bene dietro questa frase. Vidi che Vigor si annotava la domande e le risposte su un taccuino, tipo intervista. “Sei anche un tipo…” “Guarda siamo arrivati!” esclamai interrompendolo: “ Enorme sollievo!” Non volevo altre domande, basta. Entrai velocemente nel negozio di sartoria: era un po’ isolato dal resto del villaggio, un edificio mezzo sepolto dalla sabbia. Il gobbo mi seguì lentamente. “Buongiorno!” dissi al negoziante. “Salve turisti, cosa vi porta in questo deprimente villaggio di periferia?” il commesso aveva tutta l’aria di quello che sta lì solo perché non ha niente di meglio da fare e non ha voglia di lavorare. “C’è solo un po’ di sabbia, ma niente di che!” cercai di tirargli su il morale. “Va bè, ma è deprimente! Quindi, cosa vi porta in questo deprimente villaggio di periferia?” “Personalmente sono venuto per comprare dei vestiti!” esclusi Vigor... tanto era lì fuori ad aspettarmi... “Come souvenir eh?” “Eh già... Non volevo rivelargli del bagaglio lasciato all’aereoporto.” “Mi dica quanti soldi ha da spendere e quanti articoli vuole.” “Le dico che ho sui 500 € da spendere, ma se spendessi molto meno sarebbe meglio.” “Non si preoccupi! Abbiamo un rapporto qualità/prezzo davvero eccezionale!” “Non ne dubito! In realtà si, ma sarebbe brutto che glielo dicessi! Mi mostri qualche camicia!” “Camicia?” l’uomo scoppio in una fragorosa risata: “Amico qui abbiamo tuniche, asciugamani, turbanti e qualche arazzo. Roba da Tuareg, dato che sono i principali visitatori di questo villaggio!” Osservai con attenzione le tuniche e gli arazzi: le tuniche erano tutte fatte bene e presentavano ciascuna dei motivi o dei disegni diversi. E mentre osservavo Vigor se n’era andato dicendomi di sfuggita: “Vado da Lessy, ci vediamo al bus.” “Belle, non c’è che dire, me ne dia una in quel modo e quella accanto!” indicai le due che mi piacevano di più. “Facendo un prezzaccio 110 € per tutte e due ed è fatta!” Io e Vigor stavamo uscendo dal negozio quando fui attratto da un arazzo esposto fuori (che prima mi era sfuggito) con l’immagine della sfinge chiara e colorata su sfondo nero. Intorno alcune didascalie in geroglifico e degli strani motivi; inoltre due stelline qua e là lo arricchivano un altro po’. Rivedendo la sfinge, che mi guardava con quei suoi occhioni neri chiesi: “Quanto viene quel arazzo?” “Quello con la sfinge?” il commesso fece una pausa, stupito: “Lo volevo quasi buttare via perché non piaceva a nessuno dei miei abituali clienti! Te lo do per 10 €!” Pagai e presi l’arazzo. Era soffice, doveva essere velluto. Un tappeto così costerebbe molto di più. Non c’era la marca: ne dietro, ne di fronte ne di lato. Il venditore mi aveva fatto lo scontrino solo degli altri
due articoli. Che fosse uno dei cosiddetti tappeti leggendari e maledetti? Tornati all’autobus, Lessy aveva fatto il pieno e che insieme al gobbo mi aspettava. Provai a chiedere a loro due cosa significavano i geroglifici sull’arazzo. “Un tappeto con la sfinge sopra? Ti ha proprio colpito, eh?” “Eh si Lessy, sono rimasto davvero colpito: il tappeto l’ho pagato solo 10 €. Finsi di essere stato attratto solo dall’aspetto consumistico del fatto che costava poco... in realtà l’avevo preso per la sfinge...” “Magari è maledetto!” intervenne Vigor serio e preoccupato. “Francamente, non me ne può fregare di meno...” “Le maledizioni sono pericolose.” “Prima traduco i geroglifici e poi maledizione o no me lo tengo. Mi ricorda la sfinge, e non credo nelle maledizioni.” “Buon per te allora!” disse Vigor: “Noi non vogliamo maledizioni a bordo del Busso che tu abbia pagato questa spedizione o no.” “Vigor forse drammatizzi un po’ troppo la faccenda.” Intervenne Lessy. “Bisogna solo decifrare questi geroglifici...” provai a rendere semplice il tutto ( era già da un po’ di tempo che avevo dei sospetti... che mano a mano van confermandosi. Credo che così come sono, forse, rimango leggermente antipatico a Vigor. Vorrei che l’autore, se non se ne fosse accorto, risolvesse la questione entro la fine del libro. Firmato il protagonista. )
Solo che non sapevo decifrare geroglifici... quasi come per magia i geroglifici erano mutati in testo comprensibile da me. Era un inscrizione che avvertiva che questo tappeto non possedeva nessuna maledizione, al momento. Interessante e utile, aveva chiarito ogni dubbio a proposito, e forse anche quelli degli altri “ Forse la sfinge degli egizi saprà come funziona di preciso!”. E così brutalmente si conclude questo capitolo. Volete saperne di più?: l’arazzo della sfinge e magia dei geroglifici. Breve spiegazione di come funziona il tappeto. E quando scrivo breve intendo BREVE. Ormai sapete il procedimento, andate nei ‹contenuti speciali di questo libro› e leggetevi il paragrafetto.
Do you buss? 9.: La gara, il tappeto e l’armadio. Premessa: simil titolo di un noto romanzo. La storia va così, Ale e i suoi amici sistemano il tappeto nell’armadio del Busso e iniziano la gara, finalmente. “Lei non mantiene le sue premesse autore, mo’ come si spiega sto fatto?” “Stavolta le premetto la verità.” “Si, tutte premesse e niente fatti, lei è uguale ai politici.” “Non c’entra la politica, speravo in qualcosa di originale.” “Male, molto male io ora le faccio causa!” “E per quali motivi?” “Per un motivo: usa il nome Skharia per una sfinge.” “Ebbene?” “Non mi piace... e con la scusa che è il mio secondo nome la denuncio se non mi dà il 90% dei guadagni fatti dalla vendita di questo libro.” “Senta Skharia è un nome, penso, da femmine, non per un maschio.” “Ha ragione, ma a costo della mia dignità, che vale poco, rovinerò la sua carriera.” “Ha mai sentito parlare di censura?” “Si, perché?” “Ora censurerò il resto della conversazione e della premessa.” “Ehi, ma che vuole fare con quel tavolo che tiene sospeso con due braccia sopra di lei?” Ebbene si, questo pezzo è censurato.
“Su Lessy metti in moto e schiaccia l’acceleratore.” “D’accordo!” Lessy ripartì sgommando col Busso. “Finisci le gomme, così!” disse Vigor serio. Finii di sistemare il tappeto nell’armadio, dopo averlo ripiegato per bene. “Sono progettate apposta per le sgommate e simili, dobbiamo fare una specie di rally!” “Si, ma non le consumare prima del tempo.” “Dai ragazzi, ancora a discutere? Qual è la questione?” intervenni io. “Gomme, Lessy è partito sgommando.”
“Lessy frena, vediamo se si sono consumate le gomme. Magari ci fermiamo per un p-stop ai box.” “Siamo troppo in ritardo per un p-stop.” “Sono le 17 e 15, dobbiamo essere là almeno per le 6 di domani e voi non avete bisogno di dormire, per cui...” “Guiderai tu Busso durante la gara!” mi disse Vigor: “Noi siamo i tuoi accompagnatori ma te la dovrai cavare da solo nella gara. “Cosa?” gridai come se fossi cascato dalle nuvole. “Se no, perché hai deciso di fare la gara?” “Già, perché? Ora che ci penso… Perché volevo correre con un Bus...” “E la storia del desiderio da esprimere?” “Ah si… bè, certo, anche quella.” ammisi. “Quindi mi pare anche giusto che guidi te.” disse Vigor. “Bè, ma voi siete infaticabili. Pensavo che avreste guidato anche nella gara...” “Bè, no. Da domani basta.” La conversazione continuò cercando di cambiare discorso. “Comunque a che pagina sei” esclamò Vigor: “di quei manuali?” “10...”dissi allungando il nome soffermandomi sulla ‹e› e sulla ‹i› finale di dieci, con un entusiasmo che rasentava quello di uno zombie. “Del secondo?” domandò ancora Vigor, sembrava stupito. “Del primo.” dissi alla stessa maniera di -vedi tre/due righe più su-. “Su visto che 10mila pagine non sono poi così tante?” “10... e basta!” Vigor non commentò, nemmeno Lessy: ci fu una lunga pausa di silenzio. Ripresi a parlare dopo una decina di minuti: “Allora, se per domani devo essere in forma, vado a schiacciare un pisolino, svegliatemi per cena.” “Contaci!” mi rispose a fatica Vigor. Per addormentarmi impiegai una quarantina buona di minuti, tra i chiacchiericci di Lessy e Vigor e i sobbalzi del veicolo. Mi svegliai che erano le 20 precise con Vigor che pronunciava a bassa voce il mio nome. Dopo aver chiesto l’ora, mi precipitai alla dispensa di Busso ( la quale è rimasta segreta ai lettori fino a questa pagina. Nota dell’autore. ) e ai fornelli per prepararmi un piatto di pastasciutte. “Ne volete anche voi ragazzi?” domandai. “Che prepari?” “Paste al pomodoro lievemente spruzzate col peperoncino. Anche perché non mangio «bene» da qualche giorno… anzi non ho mangiato affatto...” “Non sembra male, tu che ne pensi Vigor?” “Si, spero solo non sia come quel cibo che ci han dato gli egizi alle prigioni...” Lessy aveva parcheggiato a lato della strada: dovevamo essere a meno di 15km da Daiunacar. Il cielo, privo di nuvole, stellato e con 2/3 di luna faceva sembrare il deserto con le dune un posto bellissimo. Preparate le paste le servii in tavola: accendemmo la luce interna del bus e iniziammo a mangiare; le paste furono un successo per me e gli altri due ne richiesero porzioni finche non finirono del tutto. “Paste paste paste!” Vigor sembrava impazzito all’improvviso: “Preparane ancora, umano.” Lessy, tranquillo, calmo dopo aver mangiato il suo piatto di paste, si stupì della reazione di Vigor, e ammise: “Acc! È un piatto troppo buono...” disse il lupacchiotto mannaro. “Non mi ricordavo che le paste fossero così assuefacenti!” commentai preoccupato, poi Lessy
aggiunse: “...fa così solo quando mangia qualcosa di veramente buono. Un altro motivo per cui mangiamo di rado.” “Cosa?!” esclamai per ciò che mi aveva detto Lessy: un «cosa» più generico che un «cosa» di vera e propria esclamazione o domanda che fosse. “Si, va in uno status di pazzia semi-incontrollato altresì noto come furia!” Vigor saltò sul tavolo con la forchetta in mano: “Voglio ancora cibo! Voglio quelle prelibatezze!” In quel momento sentii degli scalpitii di cammello: dal finestrino di Busso vidi che si trattava di dieci predoni: “ Ci mancava solo questa... ma, forse ho una soluzione. Ascolta Vigor a te piacciono le paste, giusto?” “Giustissimo... paste paste paste!” “Te ne preparo ancora se fermi i banditi!” e indicai i predoni a pochi metri dal bus che si preparavano a circondarlo e ad assalirlo. Vigor si slanciò con un grido inumano verso i predoni, sfondando il finestrino: “Cosa ho fatto!” esclamai a bassa voce, ancora incredulo per Vigor. “Il resto tocca a noi, svelto Ale, cuciniamo altre paste!” suggerì Lessy. “È un ottima idea!” dissi preoccupato. Avevamo appena finito di preparare le paste che Vigor aveva messo in fuga i predoni, usciti malconci da quel incontro. Il gobbo dal finestrino sfondato saltò dentro e si butto a capofitto nel grande tegame di paste. “Quanto durerà?” ero preoccupato. “Finche dureranno le paste: se scoprirà che non ce ne sono più andrà in crisi d’astinenza... e dovremo aspettare che torni ‹cosciente›.” “Bah, scommetti che se racconterò questa avventura non ci crederà nessuno?” dissi così senza pensarci troppo, istintivamente. “Probabile. Adesso che si fa? Non possiamo cucinare tutte le provviste di pastasciutte!” commentò Lessy constatando che non ero un ‹mostro› come loro. “Per tre giorni posso anche non mangiare, forse… poi ci sarà qualche bar per la gara…” dissi sfoggiando una sicurezza e una fierezza (che in realtà, dentro di me, non avevo). Cucinammo tutte le paste e Vigor, incredibilmente le finì tutte: alcuni tegami anche senza pomodoro. “Autore ci pensa lei vero?” “A cosa?” l’autore finge di non sapere. “Al fatto che non debbo mangiare per tre giorni come minimo!” esclama il protagonista. “Siiiiiiih ceeeeertoooooo... ti mando gli ‹approvvigionamenti di emergenza›.” “Non siamo in un videogioco.” “E va bene... m’inventerò qualcosa...” autore sconfitto accetta la richiesta di cibo del protagonista.
Si fece tardi, molto tardi tra un tegame e l’altro. “Acc! Sono le tardi e mezza!” gridai riportando Lessy alla truce realtà. “Hai ragione: tu guida, io intratterrò Vigor per guadagnare tempo.” “Ottima idea.” così mi precipitai al volante del Busso, girai le chiavi inserii la marcia e partii alla massima velocità consentita dal mezzo. Mi accorsi, dopo poche centinaia di metri, che una ruota era sgonfia e l’autobus tendeva a sbandare verso destra: rallentai l’andatura, non c’era tempo per cambiare la gomma. “Come sarebbe a dire «forato»?” esclamò Lessy in difficoltà con Vigor. “Non lo so di preciso, la ruota davanti a destra è sgonfia! Non ne abbiamo una di scorta?” “Non so... dovrebbe essere scritto sul maunale.” “Come sarebbe a dire?”
“Sarebbe a dire che dovevi leggerti le 20mila pagine in 3 giorni.” “Ma anche no...” “Vabbè… non avevamo considerato che gli umani non leggono fino a 20mila pagine in 3 giorni, forse è anche errore nostro... Comunque ce la facciamo?” “Ma solo un po’...” e aggiunsi “Forza, ragazzi cercate di spostare verso sinistra il vostro peso!” manovrando a fatica. “Come se fosse facile!” mi rispose Lessy alle prese con Vigor, letteralmente. A pochi chilometri da Daiunacar se ne andò anche l’altra gomma davanti...: “ e meno male che doveva essere un bus progettato per una corsa nel deserto. Resistiamo per altri 2km.” “Figurati, è facilissimo resistere così!” fu la risposta in tono ironico di Lessy. Il vantaggio di quattro ruote motrici permetteva che quelle posteriori spingessero Busso. Erano le 5 e mezzo e avevamo percorso i chilometri a folle velocità anche con le gomme sgonfie. Chiesi aiuto ad un meccanico che era lì anche per tali evenienze “Mi dispiace ragazzi, ma non ce le ho due gomme per quelle ruote.” Dietro il meccanico che mi parlava vidi un carretto dalle enormi e possenti ruote di legno simili a quelle dei bus. “Si potrebbero attaccare quelle di quel carretto?” “È legno... non so se reggerà tutto il peso di un autobus. Comunque posso provarci, ma richiederà 40 minuti di tempo buoni buoni.” “D’accordo, l’esperto è lei. Noi intanto vuoteremo il carico superfluo dal bus.” “Allora procediamo!” ci incoraggiò il meccanico. Svuotammo il carico superfluo in dieci minuti... e nei rimanenti aiutammo il meccanico a ripararci il veicolo: finimmo entro i 40 minuti previsti dal meccanico. Nel frattempo erano arrivati tutti i concorrenti e si erano disposti sulla linea di partenza: c’era anche mio fratello che mi aveva salutato a distanza, visto che stavo riparando il bus (e che la partenza doveva avvenire fra meno di un minuto). “Vincerò per te fratellaccio!” mi disse e si sistemò col suo veicolo sulla linea. Fratellaccio lo dice perché mi chiama sempre con quel nome… mica per altro. “Ecco ragazzi, così dovrebbe reggere.” “Quanto le dobbiamo?” “Niente, niente. Becco già tanti soldi ospitando la corsa sulla mia terra… con gli sponsor di alcuni gareggianti famosi…” “Grazie.” “Di niente. Buona fortuna ragazzi.” Vigor era rimasto tutto il tempo legato e imbavagliato per la storia delle paste. Non faceva che lamentarsi, cioè mugugnare (aveva un fazzoletto sulla bocca). Lo sparo di inizio gara segnò la partenza di tutti i concorrenti meno che noi. Partimmo con due minuti di ritardo. Il primo giorno di gara si sarebbe svolto secondo un tracciato di gara di 700km (qualcosa di folle…), con un p-stop facoltativo verso mezzogiorno. Il resto del tempo, se avanzava era sprecato… ehm… impiegato tra dormire e rifocillarsi per il giorno dopo. Se per caso il veicolo non era in grado di reggere, il gareggiante era fuori. La gara finale avrebbe contato più di tutte; diciamo che i precedenti due giorni ci sarebbero serviti per prepararci alla gara finale. Non andavo molto veloce, e non potevamo, ma dopo un paio di chilometri
superai un paio di concorrenti: con una velocità media di 100km avremo impiegato circa 7 ore... se andava bene. Io guidavo mentre Lessy controllava Vigor. A mezzogiorno superai tutti i gareggianti, i quali si erano fermati ad una stazione di servizio allestita per l’occasione della gara. “Siamo in testa!” gridai a Lessy. “Ma per poco, sono appena usciti dall’autogrill e sembrano arrabbiati quelli.” Vidi dallo specchietto e riconobbi alcuni tra i più famosi partecipanti: il camionista, shadow, il dentista e lo sgommatore. Dietro di loro un tizio in nero, incappucciato, non mostrava il suo volto: risaltava quel figuro nero con il giallo-ocra del deserto. In mano teneva una specie di pallina da baseball. La buttava in aria e la riprendeva con la stessa mano. Dopo poco, come se si accorgesse che lo vedevo, piegandosi indietro e poi in avanti scagliò la pallina verso di noi. Era molto distante... era impossibile che ci raggiungesse da tale distanza. Dopo venti metri sentii un rumore di metallo che veniva lentamente sbriciolato. Era il metallo della parete di fondo, colpita dalla pallina. Non volevo crederci... “Cosa è successo?” chiesi a Lessy. “Penso che siamo stati colpiti da qualcosa, grande come una pallina da baseball che gira ad una velocità pazzesca. Sta fondendo un punto nella parete!” “Fai qualcosa.” In breve fummo raggiunti da tutti i gareggianti famosi. Dietro c’era una macchina tipo cadillac nera, coperta con dentro il tizio di prima. Sulla poltroncina accanto alla sua un muso di un drago, che di tanto in tanto veniva accarezzato dal padrone. “Lessy preparati ad attivare i razzi-missili speciali posteriori...” “Speciali?” “Si, dice che sono in grado di bloccare qualunque oggetto colpiscano per almeno 5 minuti. Era nelle poche pagine che ho letto...” “D’accordo ho capito...” disse il lupo mannaro e controllò le munizioni. “Quando è a portata... mira alle ruote della cadillac nera e fuoco a volontà.” “Agli ordini Ale, ma ti ricordo che abbiamo un solo missile.” mi rispose. “Già, è vero... abbiamo dovuto alleggerire il carico. Aspetta il momento buono per colpire.” lo avvertii. Lessy si apprestò a mirare, grazie ad un mini-schermo radar sulla parete di fondo, che faceva intravedere dove erano le macchine degli altri concorrenti. Guardando meglio, con lo specchietto retrovisore di Busso vidi che il drago accanto al tizio nella cadillac... era un vero drago ed era anche parecchio grande e che la cadillac era una specie di limousine. “Un drago in una limousine, povero animale!” Intanto la pallina da baseball durante il gli altri eventi aveva rallentato la sua potenza distruttiva, aveva smesso di girare ed era caduta a terra, ma non prima di piegare paurosamente un punto del diametro di 10cm nella parete metallica del bus. Firmato l’autore.
Lessy stava per fare fuoco quando il camionista arrivò da sinistra, si distrasse e aspettò ancora. Il camionista abbassò il finestrino e mi chiese in tono rozzo ma non troppo scorbutico: “Dove andate con codesto trabiccolo?” “A fare una gara… ma non credo per molto.” gli risposi guardando lo specchietto e non lui. “Bè io ho una corsa da vincere, prendi questo souvenir. Ti servirà quando perderai.”
Accelerò e sparì in una nuvola di polvere, ma non prima di avermi tirato addosso un pacchetto di fazzoletti: “ Almeno ha il senso dell’umorismo, ma poco. ” Non era tanto male il suo camion, non aveva il grande container che hanno quasi tutti i camion… solo la parte motrice e andava anche molto veloce. Era colorato di un viola scuro, simile al colore della vinaccia, la vernice era lucida e pulita, come se avesse da poco lavato il camion (e forse era così); infine alcune fiammate nere laterali, non troppo elaborate, davano un tocco di stile… In breve mi raggiunsero il dentista e shadow, rispettivamente da destra e da sinistra. Il dentista per primo mi salutò con un aria da pazzo e poi senza dire nulla attivò il suo otturatore di veicoli e si avvicinò a Busso. Come funziona l’otturatore di veicoli? Volete saperne di più? Guarda ne’: <>. E così creo un po’ di suspanse, poi… Firmato l’autore.
Il veicolo del dentista era come un’autoambulanza, ma poteva anche attivare dei bracci meccanici che si allungavano senza logica e si muovevano scoordinati... apparentemente erano più per spaventare che per altro… Non solo, aveva anche un vero e proprio arsenale: tanti gadget e armi assurde, che per fortuna in quel momento non usò, forse, voleva riservarli per la gara finale. Aveva anche altre armi, come l’otturatore di veicoli e l’attacco odontoiatrico che stava provando ad attuare su di noi... “Svelto Lessy, dimentica la cadillac e attiva le barriere di difesa laterale destra, un pulsante a caso tra quelli sulla parete...” “Sarà per caso quello con la scritta: «difesa laterale destra» in verde-giallo?” “Prova.” Il lupo mi obbedì e il dentista venne spinto ad una decina di metri da noi da una barriera invisibile, prima che potesse dire: “Su col molare.” Ritirò il suo attacco e continuò a correre ma alla giusta distanza da noi e ci superò all’inseguimento del camionista. Shadow venne da destra con la sua auto-ombra bassa, non lo vidi dapprima. Poi con lo specchietto e sentendo trapanare il metallo da sinistra… “Lessy, attiva le difese di sinistra!” “Mai un attimo di riposo eh?” “Che ti aspettavi? Siamo in una gara all’ultimo veicolo.” Respingemmo anche l’attacco di shadow. Ci dimenticammo della cadillac-limousine dato che aveva rallentato. Passarono i km e le ore: eravamo in mezzo alla gara ne ultimi ne primi. Il tizio, che chiamerò Darkman, non ci sorpassava ne si avvicinava a noi, era dietro: aspettava l’occasione buona per colpire. Dopo non molto si aprì il cofano e ne uscì uno di quei marchingegni che di solito nei film di fantascienza sparano laser; aveva anche quei cerchi e la punta rotonda dalla quale di solito parte il raggio… Partì un raggio laser: “ Strano!” pensai ironicamente. Girai il volante tutto a destra e il laser bruciò appena il metallo e la vernice. Con una manovra evasiva mi riportai in pista, ma la strada stava salendo leggermente su una duna, sarebbe stato difficile resistere ancora per molto… “Cos’’era?” mi gridò Lessy preoccupato per il raggio rosso brillante che aveva visto passare. “Forse del laser concentrato, roba da fantascienza. Se non ci stiamo attenti rischiamo di…” e stavolta mi buttai tutto sulla sinistra. Su due ruote riuscii a riportarmi in pista. “Lessy passami il tappeto con la sfinge, ho bisogno di conforto. Non so se resisterò ad un altro colpo.” “Allarme generale, sistemi automatici malfunzionanti al 85%! Raggiunto il 50% si auto-inseriranno i
sistemi manuali.” disse una voce dal bus: “Attualmente sono inseriti i comandi manuali. Per un supporto automatico premere uno e attendere la configurazione di sistema. Per un supporto semiautomatico premere due. Per…” “Lessy premi uno!” “La pulsantiera è sopra la tua testa e sono impegnato a cercare l’arazzo.” A causa degli scossoni tutto il bus era a soqquadro e l’armadio era in terra in mezzo al bus. “Ah... grazie.” dissi con entusiasmo e pigiai il bottone con la scritta 1. “Tasto uno premuto, attivazione configurazione del sistema computerizzato per aiuto al guidatore. Attendere.” Mezzo minuto dopo: “Sistema configurato. Attivazione autoriparazione veicolo: danni stimati 15%, riparabile 10%, tempo residuo 5 ore.” “L’avessimo saputo prima.” mi gridò un po’ arrabbiato Lessy. “Scusa, ma leggere 25000 pagine in tre, anzi, facciamo in un giorno, era impossibile. Lo sai anche te cosa è accaduto!?” “Già, sei per buona parte scusato.” “Ehi, Computer, puoi attivare una barriera anti-raggi laser?” “Elaborazione domanda in corso... risposta: abbiamo barriera del tipo anti-radar, anti-missili, antizanzare, anti-barriere, anti-bombe. Copertura richiesta, mancante.” “Attivale tutte e tutti i dispositivi di difesa. Qualcosa faranno, no?” “Attivazione tutte barriere e dispositivi di difesa. La velocità veicolo sarà ridotta del 90%, nei prossimi minuti, massima velocità consentita 10km/h. Velocità di autoriparazione ridotta, tempo stimato 10 ore.” L’improvviso rallentamento stupì tutti, per fortuna Darkman era distante e non ci raggiunse, altrimenti sai che tamponamento... Un altro raggio laser ben mirato superò tutte le barriere, sfondò la lamiera e distrusse il computer. “Danni pari al 75%, guida manuale inserita. Autoriparazione e computer disattivati, buona fortuna.” il bus riprese la consueta andatura sui 100km/h circa. L’improvvisa accelerata generò un po’ di dissenso tra Vigor e Lessy... che finalmente aveva: “Trovato! Ecco ti ho portato il tappeto.” “Grazie, ma ora siamo nei guai: ti ricordi quello che ti dicevo sul pulsante verde-viola dei missili?” dissi appendendo il tappeto al soffitto tramite alcune ‘mollette per panni’, accanto a me. “Si! Perché?” “Vai là e premilo! Se manca la limousine chi se ne importa, ci avremo almeno provato.” “Va bene!” Darkman era ancora dietro di noi e si teneva a circa cento metri, si preparava per un altro raggio laser… “Usa quel missile subito!” gridai guardando lo specchietto. Lessy si precipitò (letteralmente, perché inciampò nell’armadio sul pavimento, grazie anche ad un «leggerissimo» sobbalzo del bus...) al pulsante e lo schiacciò. Per un po’ il tempo andò a rallentatore. Vidi dallo specchietto il fumo del lancio del missile (uscito da una finta marmitta del Busso) che andava a due all’ora. Pure l’autobus andava a due all’ora. Pure il nostro avversario, pure io. Una musica solenne accompagnò il missile, per tutto il suo tragitto (6 minuti e qualcosa e la musica era una canzone del tipo -cavalcata delle valchirie-). Si schiantò contro il marchingegno del laser deviando in terra il raggio che stava sparando e lo distrusse, non proprio, lo danneggiò molto... non avrebbe sparato più raggi laser. Il tempo ritornò a scorrere normalmente e in breve il tizio ci sorpassò a più di duecento. I vetri oscurati e alcuni finestrini mancanti (finti) ci impedivano di vedere sia lui sia il drago. Forse se l’era presa perché gli avevamo impedito di distruggerci o forse progettava qualcosa di molto più crudele… I sobbalzi, causati dalla strada dissestata, avevano fatto cadere dei fili di rame, dei collegamenti elettrici
del computer sul tappeto, senza danneggiarlo: non avrei potuto riprendere il tappeto finche non avessi spento il motore… e non c’era tempo, lo lasciai lì, protetto. Stavamo dietro a Darkman... nonostante lui potesse non andava velocissimo, preferiva mantenersi cauto ed era nel mezzo alla gara. Finalmente Vigor ritornò in sé dalla crisi d’astinenza da pastasciutte e Lessy gli spiegò l’accaduto. “Come se la sta cavando Ale?” “Abbastanza bene, ha rischiato di ucciderci una volta, ma se la cava!” “Ma cos’è questo disordine?” Lessy gli spiegò del tizio in nero e delle mie manovre evasive. Ora la limousine davanti a noi quasi non si vedeva più, aveva accelerato parecchio. Ben presto trovammo i resti del camion del camionista che era stato colpito da un raggio laser, forse quello che noi avevamo schivato. Era lì a piangere il suo camion. Inchiodai: Lessy e Vigor sobbalzarono e s’innervosirono. “Soccorriamo il camionista ragazzi! Se sta qui nel deserto rischia di non farcela!” Gli domandai sull’accaduto e gli offrii un passaggio fino alla fine della prima tappa di gara! “Grazie ragazzo! È difficile trovare dei corridori così leali al giorno d’oggi!” Lessy e Vigor provarono a socializzare col nuovo arrivato, fu un po’ difficile dato che Lessy era un lupacchiotto mannaro e Vigor era gobbo, ma ci riuscirono. Spiegarono poi al camionista che loro erano dei veri mostri: lui scoppiò a ridere e forse è meglio così… infine iniziarono a chiacchierare dell’incidente e alcuni discorsi li udii anch’io. “E quindi d’improvviso ti sei ritrovato il motore fuso e un buco da parte a parte del camion?” “Si, non mi credete vero?” disse un po’ tra le lacrime il camionista. Al contrario del suo nome da duro non sembrava duro per niente. “Tieni ti serviranno!” intervenni lanciandogli il pacchetto di fazzoletti che mi aveva dato lui in precedenza. Ricambiò il lieve sorriso e si asciugò le lacrime con uno di quei fazzoletti. “Voi due siete al suo servizio?” chiese riferendosi a Lessy e Vigor. “Solo per la gara! Diciamo che siamo i suoi accompagnatori!” rispose per tutti e due Lessy. “Non so ancora come ringraziarvi!” disse rivolgendosi a noi e poi guardando verso di me stupito: “Ehi, ma quello è un arazzo con una sfinge! Sono rarissimi, e valgono parecchio! Come secondo lavoro, sono nel campo delle stoffe e affini, me ne intendo!” Vigor e Lessy ammutolirono per quella frase. Risposi: “L’ho avuto a un buon prezzo da uno che voleva sbarazzarsene a tutti i costi!” “Sarà stato uno che non se ne intende! È in vendita? Cioè, magari, non ora ma alla fine della gara!” “No, mi dispiace, ma ne devo fare un regalo! Se ne trovo un altro a poco prezzo però…” “Ne esistono solo 12 al mondo! Finora ne ho visti 2 coi miei viaggi per il mondo: so che almeno 5 sono ancora da rintracciare, mentre quelli recuperati sono nei musei o in qualche collezione privata! Uno l’hai recuperato te, gli altri…” “Interessante…” lo interruppi. “Già…” “Comunque, questo me lo tengo! Nel caso ne trovassi un altro allora sarei disposto a vendertelo…” “Ma così ci perderò un mare di soldi anche se dovessi avere il tappeto! Hai qualche altra idea?” “No, anche perché le farò un prezzaccio…” poi: “Ma mi permette una domanda?” Intanto il camionista si era avvicinato ed era di fianco a me: Lessy e Vigor erano seduti da prima su due delle poche sedie rimaste integre (3).
“Certo!” “Perché quei tappeti sono così preziosi, oltre che rari?” Con una mano sfiorò il tappeto della sfinge senza urtare i fili di rame, forse li aveva visti, per cui non lo avvisai del pericolo: l’uomo parlò così: “Il suo non è un materiale normale! Secondo le leggende è pelo di vere sfingi, ma dato che le sfingi non esistono (non ci sono prove sufficienti)… secondo altri è materiale alieno! La verità non la sanno nemmeno i ricercatori più esperti. Ecco perché sono così preziosi!” “Forte!” “Ogni uomo ha un prezzo, sig…” “Ale!” “Ogni uomo ha un prezzo, signor Ale! Mi dica il suo!” “Sono incorruttibile e non ho bisogno di soldi!” “Dicono tutti così! Ma poi alla fine cedono sempre!” “Non è vero!” affermai. Il camionista provò a toccare il tappeto per staccarlo e ricevette una piccola scossa elettrica, lo lasciò subito. “Attento!” aggiunsi. “Cosa diavolo è?” “Fili di rame collegati ad una presa e caduti, accidentalmente, sopra il tessuto…” “Non volevo mica rubarlo!” si giustificò lui fingendosi offeso. “Non avrei insinuato certo questo, in realtà si, ma non glielo dico…,…” guardai di sbieco il camionista: “… comunque è stato un evento accidentale, avevo appeso lì il tappeto e poi con un sobbalzo ci sono caduti sopra i fili…” smisi di guardare male il camionista (e mi concentrai sulla strada) che si stava massaggiando le dita: “…volendo, ora che mi ci fai pensare… si, può essere anche un ottimo sistema di antifurto!” “Sei più furbo di quanto sembri ragazzo! Dov’è la presa?” “Nel soffitto, lo vedi dove finisce il cavo nero no?” “Si, finisce nella parete metallica!” “Forte questo bus eh?!” mi finsi stupito anch’io, cavi elettrici… accidentali… “Posso distruggere la parete?” “Ma sei fuori!? Questo autobus ci serve per la gara!” “Sei incorruttibile, furbo e giudizioso! Chi sei, un mostro?” “Me stesso!” In 10 secondi il camionista parve riflettere e riprendere un po’ di senno e di serietà. “È sempre più difficile trovare persone come te, ragazzo…” Lo presi come un complimento, ci fu una breve pausa, poi anche il camionista si mise a sedere accanto ai due, con un’altra sedia. Ormai era quasi sera e mancavano 10km alla fine della prima tappa. Il pomeriggio gli altri lo avevano passato a chiacchierare e ora stavano preparando la cena per me e per il camionista, io ero stanco morto, avevo guidato tutto il giorno (anche se era facile, bastava andare a diritto). “Come? Voi non mangiate?” esclamò stupito l’uomo. “Ovvio siamo dei mostri!” lo informò Vigor. “State scherzando, lui non può essere un vero lupo mannaro e lei il gobbo di quel famoso castello in Transilvania!” “Transilvania Beach per l’esattezza!” “Ho capito, voi state ancora scherzando! Peggio per voi!”
“Era difficile convincere il camionista dell’esistenza dei mostri! D’altronde fu lo stesso anche per me la prima volta che li vidi!” Quando arrivammo, scoprimmo di essere quinti: primo era arrivato mio fratello (incredibile)! Secondo e terzo, rispettivamente il dentista e shadow. Quarto Darkman e poi noi, dopo qualche altro concorrente. L’altra decina di piloti dietro di noi arrivarono con circa dieci minuti di distanza l’uno dall’altro. Mangiammo e salutammo il camionista che andò subito, verso l’officina di quella sorta di avamposto. “Autore, la informo che lei è malato!” lettore preoccupato per ciò che legge. “Perché?” “Ha la decalomania!” “Cioè?” “10, 10, 10 tutti i numeri che scrive sono dieci! Si dia una calmata!” “Già è vero e non me ne ero accorto…” “Già, lei è malato e la decalomania banalizza tutto il suo libro!” “Sta scherzando?” “No!” “Come si guarisce da ciò?” “Ripeta con me, al 3… 1, 2, 3” e insieme al lettore: “Non esiste solo il «dieci» come numero!” “Ora provi da lei, ripetendolo come minimo 10 volte…”
C’erano tre locali in questo posto: un bagno attaccato al bar-ristorante per i gareggianti e un’officina. Un lampione rischiarava il parcheggio di tutti i veicoli. C’era anche la limousine nera, la macchina più lunga di tutte. Parcheggiammo più distante possibile dalla limousine, ma entro l’area apposita C’era la luna piena, a tratti coperta dalle nubi, e Lessy si trasformò in una sorta di peluche vivente… (per la cronaca, era un lupacchiotto mannaro). Entrammo nel locale ristorante, dentro c’erano tutti i concorrenti. Ognuno ad un tavolo da solo. Volevo salutare mio fratello e complimentarmi con lui per aver vinto la prima tappa: era seduto ad un tavolo da solo e stava bevendo una birra. Andai verso il tavolo di Lore seguito da Lessy trasformato nel peluche… e Vigor che si massaggiava le mani, inquieto. Tutte le persone si voltarono verso di noi, per vederci: ...accidenti, non avrei dovuto mettere gli occhiali da sole… (hanno stile, ma alle 21 e passa può sembrare strano…). Un forte silenzio cadde, ma continuai lentamente verso il tavolo di mio fratello: mi fermai d’un tratto perché non sentii più i passi dei miei amici. Ricambiai gli sguardi stupiti della gente e voltandomi verso loro due dissi: “Andiamo!” Non vidi tra di loro il camionista: forse era ancora in officina, forse si era già ritirato a dormire. “Io me ne andrei!” mi bisbigliò Vigor quando avevo appena ripreso a camminare: incurante del gobbo, salutai mio fratello. Lui ricambiò il saluto e mi invitò a sedere al tavolo con i miei amici: misi gli occhiali in tasca. Ci accomodammo e lui ordinò per sé una bottiglia di birra, pure i suoi nuovi amici. Mi stupì il fatto che ne chiesero una anche Vigor e Lessy. Sicuramente era per non destare sospetti. Tutti adesso fissavano me. Aspettavano che anch’io ordinassi una birra o un alcolico e invece ordinai un bicchiere d’acqua liscia. La cameriera di turno prese gli ordini e pochi secondi dopo tornò con le bevande. Le posò sul tavolo davanti a ciascuno di noi. La maggior parte dei presenti riprese a mangiare o le conversazioni interrotte. “Ancora non ti piace la birra?” mi disse mio fratello sicuro della risposta. “No, fratello! Per niente!” risposi dicendo la verità.
“Povero bambino prende ancora l’acqua! Magari se avesse avuto un hanno di meno avrebbe ordinato il biberon!” gridò il dentista. Era una persona dall’aspetto massiccio, robusto, grassoccio: scorbutico, rozzo e in cerca di risse. Indossava un camice bianco e dei jeans. I capelli da scienziato pazzo stonavano con la sua figura, non aveva stile. La barba rasata delle guance rosse e pure la fronte erano segno evidente che aveva bevuto un po’ troppo. Gli occhi neri, presentavano i capillari arrossati. Non gli risposi: non me ne fregava di quello che pensava di me una persona che era peggio di me. Ho una forte autostima io e un invincibile capacità di assorbire le offese a parole… ma solo a parole. Non avevo paura di un uomo più vecchio di me, ero solo a disagio che ce l’avesse con me, non gli avevo detto niente io, ed in gara ero stato leale. “Ehi dico a te ragazzino! Ti lasci accompagnare da una parrucca ambulante e da un gobbo? Certo che devi avere dei forti problemi! Capisco perché fai questa gara…” Stavolta aveva offeso anche i miei amici, ma anche loro non reagivano, fremevano, ma aspettavano che prima reagissi io. “Dico ci senti o sei sordo? Te le devo urlare in faccia queste cose?” si alzò in piedi e iniziò barcollando ad avvicinarsi a me, stavo bevendo. Stavo per dire qualcosa quando la mia vista si focalizzò sul riflesso nel bicchiere che a sua volta riflettendo in uno specchio posto sopra gli scaffali dietro il bancone del bar, mi fece vedere che dalla porta stile saloon western stava entrando una persona: vidi che dalla giacca gli spuntava un’arma, aveva un passamontagna ed era alto circa uno e settanta. “Grazie all’arco di Oniride!” Il dentista ubriaco fradicio era a tre passi da me. Non lo presi in considerazione, mi concentrai sul bandito e sul suo riflesso sul vetro… appena sentii cigolare le porte del saloon mi alzai di scatto, facendo cadere la sedia all’indietro, raccolsi il bicchiere dell’acqua vuoto, lo scagliai verso l’entrata ad altezza testa del ladro. Era vetro spesso, gli avrebbe fatto male, se non steso; grazie all’effetto sorpresa. Avevo dato al tiro la massima precisione e la massima potenza: il tempo rallentò quando partì il bicchiere dalla mia mano. Vidi le facce stupite di tutti presenti rivolte verso di me che seguivano la traiettoria del bicchiere. Il dentista si era leggermente spostato all’indietro per schivare il mio braccio. Barcollava all’indietro senza cadere. Il ladro stava lentamente entrando e con una mano stava estraendo l’arma che sembrava una mitragliatrice. Il mio tavolo era distante circa cinque metri dall’entrata e era nel mezzo tra una fila di tavoli vicino alla parete e una intorno al bancone: i banchi davanti alla traiettoria erano liberi. Solo un paio, accanto alla porta, erano occupati da alcuni concorrenti. Mio fratello, Lessy e Vigor, stupiti, stavano per alzarsi anche loro. Il bicchiere a metà del percorso aveva iniziato a ruotare su se stesso. Il fondo era rivolto in avanti: sembrava un enorme proiettile di vetro e, in effetti, lo era. Il tempo d’un tratto riprese il suo corso normale e prima che il ladro potesse dire una parola venne colpito alla guancia. La potenza del colpo, accelerato dal veloce ripristino del tempo normale, gli fece perdere l’equilibrio e batté la testa prima contro la sedia alla sua sinistra e poi contro il pavimento, trascinandosi dietro la sedia. Tutti erano stupiti. I primi che si avvicinarono al corpo svenuto dell’uomo esclamarono: “Questo è un ladro! L’ha steso con un bicchiere!” Il ladro venne poi catturato e provvisoriamente sistemato in uno sgabuzzino-cella. “Il ragazzo laggiù l’ha steso senza dargli il tempo di entrare! Deve avere dei riflessi mostruosi!” aggiunse un altro. “È un mago!” “Non si era mai visto niente del genere!” Pure il barista era stupito. In tutto il locale c’erano due persone che non mi acclamavano; Il tizio in nero
(Darkman) e il dentista. Mi accorsi con la coda dell’occhio che stava per colpirmi in testa con la caraffa di vetro. Gli bloccai in tempo il braccio e: “Questo non si fa! Io non ti ho offeso in nessun modo, perché vuoi colpirmi?” gli chiesi con serietà. Lessy e Vigor erano in piedi alle mie spalle pronti a darmi una mano. Pure mio fratello si era alzato e intimava l’uomo di lasciarmi stare. Non sentiva era troppo ubriaco: d’un tratto si addormentò lasciandosi cadere in avanti: doveva pesare più di cento chili. Prima di poter essere schiacciato dal peso improvviso Vigor e Lessy mi dettero una mano (letteralmente) e grazie a loro sistemammo il dentista su quattro sedie, come una specie di letto. Shadow si avvicinò a noi e si congratulò con me per i riflessi dimostrati. Era vestito con un giubbotto di pelle nero anni ’80 e dei jeans neri con una cintura nera. Al contrario di quanto mi aspettassi non portava borchie ne altri elementi da essere considerato un tipo eccessivamente dark. Il suo viso assomigliava al mio, in questo caso non indossava la maschera a becco di merlo che aveva nella gara e nella descrizione al capitolo 3, lui portava i capelli lunghi stile anni ’70 raccolti in una coda. Era leggermente diverso rispetto dalla descrizione del capitolo 3, e da come mi aspettavo. Lo stesso era valso per il camionista. L’autore mi dovrà delle spiegazioni. “Bè è per creare effetto sorpresa, suspanse, intreccio! Poi l’ho anche premesso nel terzo capitolo di eventuali disguidi!” autore. “Ha ragione! Riprendiamo il racconto! Ma badi che non va affatto bene!”
“Hai degli ottimi riflessi ragazzo! Sarai un ottimo rivale domani in gara, anche se il tuo veicolo è un po’ messo maluccio!” “Farò del mio meglio! Ma per il veicolo non posso fare molto a parte schivare i colpi degli avversari!” “Sei un avversario leale! Lo sarò anch’io con te, non sarò la tua ombra…” “Grazie Shadow!” Lo stile di shadow era quello appunto di restare all’ombra di un altro veicolo, per non fare vedere la sua auto mimetica e sorpassare al momento giusto e così via... “Chiamami «Chippo», che si pronuncia «cippo»! Per quale obbiettivo corri ragazzo?” “È un segreto! Lo saprai se vincerò!” “Rispetto la tua scelta! D’altronde anche il mio è un segreto!” e rise tra sé. Gli presentai i miei amici e mio fratello e ci salutammo: se ne andò verso l’uscita con una scia di silenzio. Si sentiva solo il rumore dei suoi stivaletti anni ’70. Molti altri concorrenti avevano seguito la conversazione… non mi guardavano più con l’aria stupita, forse qualcuno, ma di rispetto… Si era fatto tardi, circa mezzanotte, e dovevamo essere in forze, cioè dovevo. L’orario di partenza della seconda gara era fissato per mezzogiorno. Un tratto breve di soli 400km; passava attraverso gli insidiosi canyon di roccia del deserto di Sara e su alcune dune (2 o 3). Tornati da Busso trovammo la porta di mezzo rotta e buttata lì per terra: di corsa entrai per vedere se era tutto a posto e se il tappeto era ancora lì. Il tappeto c’era, ma non c’erano più gli oggetti di utilità e confort (dalle sedie alle varie cianfrusaglie sparse per il bus), né i 390€ che mi erano rimasti (nella valigia del computer portatile), né la valigia col computer portatile. Solo il volante, il tappeto e la carrozzeria. “Disastro!” esclamai. “Chi può aver fatto ciò?” domandarono in coro i due. “Chiunque fosse intenzionato!” “Orrore! Adesso che faremo?”
“Bè propongo di rimandare a domani le indagini! Dato che peggio di così, almeno per stanotte, penso non possa andare…” commentai leggermente abbattuto, ma ero decisamente troppo stanco per pensarci. “Quindi?” “Mi prendo il mio tappeto, poi andiamo a noleggiare una stanza con i soldi che sono rimasti nel mio portafogli!” Gli altri mi seguirono senza fiatare; eravamo irati e abbattuti per ciò che era successo a Busso. Rientrati nel ristorante vedemmo che se ne erano tutti e c’era solo il barista che stava ripulendo il locale insieme alla cameriera di prima; doveva essere sua figlia, data la forte somiglianza del loro viso, cioè alla figlia mancavano i baffi, ma per il resto… Chiesi con gentilezza se aveva delle stanze e quanto costavano, lui ci disse che ne erano avanzate giusto tre e che venivano 20 € a testa per notte, però, aggiunse che avendo salvato il locale dal ladro ci faceva lo sconto del 50%. Arrivavo giusto una 30ina di € e una manciatina di centesimi. Mi capitò la stanza numero 3: e quando entrai chiusi in quel appartamento a chiave. La camera era quadrangolare di 5metri per lato, circa. La finestra era sul lato opposto alla porta, vicino al letto. Entrando, sulla destra c’era un cassettone senza troppe decorazioni e con i cassetti vuoti. Sulla sinistra invece c’era il letto con un comodino vicino alla finestra, era all’incrocio dei due muri. Controllai lo stato di pulizia totale: niente polvere ne sudicio, ma un aspetto trasandato. Stanotte la luna era coperta a tratti da nubi, il resto del cielo era pieno di stelle. Mi sdraiai sul letto usando il tappeto come coperta aggiuntiva al lenzuolo, non faceva né caldo né freddo, però all’occorrenza preferisco una coperta in più che in meno. Mi addormentai con difficoltà quella sera; avevo la testa piena di informazioni ed eventi, anche dei giorni passati, che mi giravano vorticosamente nella mente. Mi ricordo soltanto che, nonostante tutto, feci un bel sogno… uno di quei sogni che non ti scorderai mai.
Ricorrezione dell’autore accertata fino al capitolo 9 e tre quarti.
Do you buss? 10.: Il sogno di Ale Premessa: “Ecco come inserire un sogno che non c’entra nulla in un libro sulle corse delle macchine!” lettore “Qualcosa non le va bene, caro lettore?” “Si il fatto che lei fa di un capitolo un sogno!” “Ho sognato il capitolo?” “Il contrario! Ma la domanda è perché?” “È per arricchire il racconto! E poi il sogno si lega un po’ con la fine del libro no?” “Si, il fatto è che non mi piacciono le divagazioni di fantasia su un libro già di per se di fantasia pura!” “Deve ammettere che però è originale?” “Come la storia al capitolo 4! Non c’entra con la trama originale del libro!” “È lei l’autore?” “No, sono uno dei tanti lettori che arrivati a questo punto non ne può più!” “Mi dispiace per lei!” “Cancelli il titolo e lo rimetta a nuovo! Non faccia fare ad Ale dei bei sogni! Io voglio azione, una storia concreta e scorrevole!” “Povero protagonista, avrà diritto a riposarsi no?”
“No!” “Ma ormai il titolo è quello, mi fa fatica cambiarlo!” “Salti direttamente al capitolo 11!” “È sicuro di riuscire a convincermi, stavolta?” “Ehi cosa vuole fare con quel lampadario?” “Nulla di male…” D’accordo cari lettori ecco una cosa veramente originale. Se uno vuole può leggere questo racconto del sogno di Ale, tanto è corto e ganzo (come tutta l’avventura, del resto). Se uno è faticone, pigro, o vuole semplicemente saltare questo capitolo… senza soffermarsi... Nota: è importante ricordare a causa di alcuni problemi tecnici ci scusiamo per il disagio, nostro. Se per caso al capitolo dopo si accusano disturbi nella lettura dovuti al non aver letto questo capitolo, si consiglia di tornare qui e leggerlo.
Nel mezzo del corso della notte, sognai di essere in un oscuro loco, ove solo l’alto cielo si vedea. Il cielo era d’un colore rosso intenso, con venature gialle e nere, mossi qualche passo, ma mi restò difficile camminare in quel mondo tenebroso. Gli alberi, i cespugli, la terra avevano un colore solo, il nero. Non vedevo i miei piedi, anzi ad essere sincero non mi vedevo proprio (come la visuale in prima persona di alcuni giochi per computer), ma sapete com’è nei sogni, no (tutto è leggermente o molto confuso)? Fatto sta che camminai arrancando nei pruni. Indossavo a mo’ di mantello il tappeto con la sfinge (che nel sogno appariva come un vero mantello). Qual era il mio obbiettivo? Ancora non lo sapevo. D’un tratto nel cielo vidi passare una specie di stella cadente che cadde a qualche chilometro da me, subito dopo, un’altra diretta nello stesso posto. In pochi secondi, come solo nei sogni si può fare, percorsi tutta la distanza e arrivai alla fine della foresta nera. Adesso c’era un mare di lava che mi separava da un isola con sopra una specie di piramide di quelle sullo stile maya, inca o atzeco. Pensai a cosa poter fare: provai a buttare nella lava dei rametti neri, essi galleggiavano per un po’ poi affondavano scricchiolando e bruciando. D’un tratto vidi un albero dietro di me, molto più alto rispetto agli altri; aveva legato al ramo più alto un cavo d’acciaio, sempre nero. Salii sull’albero e con qualcosa, mi lanciai aggrappato al filo, come in alcuni film d’azione. Arrivai preciso ad un altro albero sull’isoletta, e non rimaneva altro da fare che salire sui gradini della piramide. Giunto in cima, la struttura crollò su se stessa e mi risvegliai in quello che doveva essere il proseguimento del sogno. Avevo raggiunto il luogo delle stelle cadenti. Vidi da distanza, ero coperto da una fitta boscaglia, scura; al posto dei crateri c’erano due creature fantastiche, che guardavano verso di me. Una era la sfinge l’altro era un drago: La sfinge era uguale a quella che avevo incontrato dagli egizi, il drago, ricoperto di lucenti scaglie verdi, era per il muso uguale a quello che aveva Darkman, era grande quasi quanto la sfinge, ma un po’ più basso, di qualche cm. “Forse mi sono lasciato suggestionare un po’ troppo in questi ultimi giorni!” riuscii a pensare in uno stato di semi-coscienza. Una specie di attacco psichico mi ordinò di andare avanti, ma quando fui al cospetto delle due creature, non sapevo che cosa dire o fare. “Devi scegliere una creatura tra noi due!”
“Perché?” “Abbiamo deciso che uno di noi può darti una mano nella gara. ” “Senza chiedere niente in cambio?” “In cambio dovrai rinunciare all’amicizia di uno di noi! Chi di noi scegli?” “Non è che abbia molto senso, lasciatevelo dire.” “Un comune umano non può capire certe cose. ” “No, ma so che quando è troppo è troppo. Dov’è la via d’uscita da questo sogno?” “Non uscirai da questo sogno finche non scegli.” “Ecco la fregatura!” cercai di scappare correndo veloce. “Non ci sfuggirai, scegli uno di noi due! ” Corsi e corsi, ma dopo breve le piante nere mi avvolsero i polsi e le caviglie per bloccarmi. “È sleale tutto ciò. Slegatemi!” in realtà saranno state le coperte… Presto arrivarono sia il drago che la sfinge. Finche non sceglievo uno, tra i due sarebbe regnata la pace. Non aveva senso che scegliessi uno di loro... anche perche se il conflitto era fra loro, cosa c’entravo io?! Quindi... “Allora chi scegli?” “Scelgo che tra di voi rimanga la pace, per cui o vi scelgo entrambi o non vi scelgo! Sono stato bene prima di vedervi, lo sarò anche dopo! Cercherò di dimenticarvi…” “Ancora non vuoi capire? ” “Se tutti e due ci alleassimo con te saresti circondato da una serie di eventi positivi! Se rimaniamo distaccati da te, serie di eventi negativi!” “Non solo se non ci scegli, perderai la gara al 99,9%! Volendo fare una cosa equilibrata… ” “Permettete una domanda e un osservazione?” “Si!” mi risposero insieme. “Questo è solo un sogno?” “Dipende. Comunque la tua scelta influenzerà il tuo modo di comportarti in futuro.” “Che pizza! Per quanto riguarda l’osservazione: ma perché tutto ciò? Perché?” “Osservazione respinta!” “Comunque se io scelgo uno di voi, poi tra di voi, non ci sarà pace, giusto?” “Giusto.” “Se non vi scelgo mi farete perdere la gara, però fra di voi ci sarà la pace, giusto?” “Esatto.” “Scegliervi entrambi è impossibile. Non accettereste per il rischio di farmi diventare troppo potente...” “Già.” “Allora sapete la mia scelta! [Tanto: 1.) è solo un sogno e 2.) ne voglio uscire, 3.) l’autore vuole che faccia qualcosa per andare avanti…]” “Conoscendo gli umani sceglierai sicuramente uno di noi. ” “o di niente!” A quelle parole le due creature mi afferrarono per un braccio, uno da destra e uno da sinistra e dopo un breve tratto di volo mi lasciarono cadere nel vuoto, da un’altezza infinita. Dopo un po’ la sensazione di cadere era anche piacevole se ti ci abituavi. Non vedevo l’ora, nella realtà di toccare il pavimento. D’un tratto, mi passò accanto la sfinge e mi consegnò un foglio di carta con tante scritte sopra. “È l’attestato di ciò che hai scelto. Che tu possa essere felice avendo portato la pace a noi!” Anche se continuavo a cadere… Subito dopo anche il drago passò accanto a me. Mi consegnò uno scudo
fatto di scaglie di drago. “Questo scudo è quasi indistruttibile. Conservalo e ti proteggerà, pacificatore dei sogni! ” Non capii bene cosa accadde dopo. Continuai a cadere, questo è certo, non seppi bene per quanto; mi si chiusero gli occhi nel sogno e mi risvegliai nella realtà. Ero sul letto come se non fosse successo niente. Sul comodino alla mia sinistra c’era un foglio di carta con dei geroglifici, sembrava un foglio fresco di stampa, e per un attimo mi sembrò che i geroglifici brillassero di fuoco. Alla mia destra in terra c’era lo scudo del sogno. Ero stupito non credevo che dai sogni potessi avere qualcosa di materiale, a meno che non fosse stato un sogno, almeno non del tutto: inoltre non ci avevo capito molto in questo, forse neanche il lettore, ma era un sogno... Certo era che erano quasi le sei ed albeggiava. Fuori, sopra un altopiano vicino al ristorante c’era Darkman. Provai a focalizzare la vista, ma l’effetto dell’arco di Oniride era finito o non funzionava… Ci avrei riprovato più tardi. Vidi solo che agitava una mano e che d’un tratto in cielo comparve il suo drago. Sembrava nero, nella notte e da quella distanza. Non si accorsero che li guardavo, forse: dopo breve sparirono dietro la collina. Mi stiracchiai raccolsi il foglio mettendolo in una tasca sicura del tappeto che ormai era misteriosamente diventato un mantello (per maggiori dettagli leggi anche il prossimo capitolo) e lo scudo lo presi in mano, ma era diverso da come l’avevo visto nel sogno; era sempre fatto di scaglie, ma non sembravano tanto resistenti, e nemmeno tanto belle. “Mah, scudi a breve scadenza. Come questa battuta!”
Do You buss? 11.: Secondo giorno di gara. Premessa: vi siete persi una strana storia, se non avete letto il sogno di Ale. “Ha ragione l’autore, stavolta!” “Visto!?” “Il sogno è più corto di quanto mi aspettassi!” “Grazie!” “Ma appena Ale finisce la gara, finisce il libro oppure no?” “Dipende dai punti di vista! Poi si vedrà al momento! Non può chiedere di una cosa che accadrà fra qualche capitolo!” “È vero che <> era uno dei nani?” “Ma che domande mi fa?” “Per sapere, se era il nome di qualcuno, già usato per farle causa!” “Per mia fortuna no!” “<> non era il nome di uno dei moschettieri?” “È inutile, per questo libro non ho copiato nessun nome se non il mio!” “Ah-a! Grazie a questa scoperta lei si farà causa da solo e la perderà! La perderà…” Premetto.
Dopo aver raccolto l’equipaggiamento, andai allo specchio, sul cassettone ( ieri sera era sfuggito alla descrizione accurata della stanza. Firmato l’autore ). Indossavo il tappeto come un mantello perché lo era diventato: non so come di preciso, ma era così. Nella sinistra tenevo lo scudo tondo del diametro di 50cm circa. Sotto il mantello la solita camicia azzurrina in sintetico, e i jeans blu, appena sporchi di
terra qua e là. Ora che Busso era stato ripulito non avrei potuto cambiare abiti per altri due giorni... Acc!” Indossavo delle comode scarpe da ginnastica che erano un incrocio tra degli stivaletti e una scarpa bassa (un’innovazione nel mondo delle scarpe). Con la destra mi aggiustai un pochino i capelli e le sopracciglia. Disattivai gli allarmi che avevo piazzato ieri sera e mi precipitai nel corridoio per cercare un bagno, non lo vidi, scesi al pianterreno: il barista vedendomi conciato in quel modo mi chiese: “Cos’hai fatto stanotte?” “Ho dormito.” risposi con franchezza. “Mi devi spiegare come mai sei andato con un tappeto e sei tornato con uno strano scudo e un mantello simile al tappeto che avevi.” “Ho fatto compere in sogno e si sono materializzate. La precisa verità non la sapevo, ma l’avrei scoperta… ” “Non ci credo affatto. Io penso, invece, che tu sia un mago di quelli che non usa tanti trucchi.” Da un lato era brutto che non mi credesse, dall’altro mi faceva fatica raccontargli una storia fantastica, incredibile ( anche per me ) che non avrebbe ritenuto vera, per cui parlai cosi: “Può darsi.” “Lo sapevo io.” commentò serio. “Si sono già svegliati i miei amici?” “No, non ancora e neanche gli altri che avevano prenotato le stanze, sono solo le 8:00.” Trovai il bagno su indicazione del barista. Mancavano ancora 3:20 ore (circa) alla partenza. Cosa avrei fatto in quel lasso di tempo? Ci pensai un pochino poi decisi di andare nel Busso e salutai il barista che stava pulendo un bicchiere. Fuori c’era un mare di gente, tutti i gareggianti che guardavano in su. C’era pure la figlia del barista. Sopra le loro e anche la mia testa c’era il tizio in nero, Darkman, che volava sul suo drago compiendo strani cerchi in aria, come se stesse esibendosi. Tutti guardavano in su, nonostante il sole un po’ contro che dava, leggermente, noia alla vista: d’un tratto capii il suo scopo, accecare/distrarre la gente… almeno nei primi minuti di gara per essere in vantaggio. Non c’era mio fratello, doveva essere ancora a dormire. Mi diressi verso Busso, nonostante la folla ferma a guardare l’esibizionista. La situazione non era peggiorata da ieri sera: entrai e per curiosità provai a metterlo in moto: si accese senza problemi, però la benzina era quasi finita e rimanevano solo i pannelli solari, mimetizzati sul tetto, come risorsa energetica. Andai all’officina ma non trovai l’addetto, doveva essere in mezzo alla folla a vedere Darkman. “Acc! ” pensai e rientrai nel bar, ma era sparito anche il barista. Tutti lì fuori, nel parcheggio con gli occhi rivolti verso il drago e il sole. Ancora non volevo credere che la mia vista dovuta all’arco di Oniride fosse già finita… ma era finita. Presenterò un reclamo all’autore. Firmato il protagonista.
Andai a svegliare i miei amici, volevo consultarmi su come fermare Darkman: erano le 8:55, ma non sembravano entusiasti del risveglio. Appena furono coscienti e riuniti nel piano terra del bar, seduti ad un tavolo, gli raccontai dello strano sogno e di Darkman… “Perché non ci hai svegliato prima?” “Bravo! Adesso che hai intenzione di fare?” mi disse Vigor. “Aspettare le dodici.” “No, dico riguardo al fatto del mantello. Se ciò che dici è vero potresti essere diventato un aspirante
cavaliere.” “Un che di cosa?” “Una creatura benedetta dalla sfinge, si può chiamare anche cavaliere.” “Dov’è scritto?! Spiegatemi meglio.” Vgor mi disse: “Hai presente il tappeto? È un tappeto di sfinge di quelli veri... a quanto pare ti ha permesso di entrare in contatto con la sfinge degli egizi che ti ha benedetto...” “Suona strano, ma...” riflettei per un attimo: “non è che volessi diventare cavaliere...” “Le sfingi non giudicano in base a ciò che vorresti fare, ma in base a ciò che fai e come ti comporti veramente.” Lessy con tono lievemente scherzoso. “E adesso?” ero un po’ emozionato e preoccupato allo stesso tempo. “Sul libro delle sfingi che lessi si dice che si può diventare cavalieri anche in sogno.” esclamò Vigor. “E poi, perchè mi ha fatto cavaliere se nel sogno non ho scelto nessuno dei due?” “Strano, davvero strano. Forse c’è un'altra spiegazione.” “Ovvero?” “Ti sei accorto che il sogno ha dato dei frutti materiali, giusto?” “Già.” “Deve trattarsi di una maledizione lanciata da qualcuno per farti sognare brutti sogni.” “A quale scopo?” “Demoralizzarti. È un po’ come un gioco a livelli: ogni notte od ogni volta che dormirai aumenterà il livello di difficoltà finche tu non sconfiggerai il cattivo o lui sconfiggerà te. I premi materiali, come l’attestato di superamento prova e lo scudo sono premi che si materializzano se chi ha lanciato la sfida la perde.” “Scommetto che si tratta di Darkman! È lui che ha un drago e di conseguenza può avere uno scudo con le sue scaglie: stamani mi sono svegliato alle 6e45, l’ho visto dalla finestra, sull’altopiano in lontananza lui e il suo drago.” “Si, dev’essere lui.” mi disse Vigor serio. “Adesso dov’è Darkman?” ri-entrò in conversazione Lessy. “Era anche e soprattutto di questo che volevo parlarvi.” si giunse al punto: “È fuori ad accecare la concorrenza… che sarà cieca di rabbia quando scoprirà cosa gli è successo!” “Perché non lo fermi?” “Due validi motivi: primo sta agendo «legalmente», secondo non rientra nelle mie forze!” “In che senso?” Accompagnai Lessy e Vigor alla porta e ammisero con impotenza: “Purtroppo hai ragione!” “Che vi dicevo? È come se avesse ipnotizzato tutti!” “Per forza!” esclamò Vigor: “Sta ruotando a spirale come gli ipnotizzatori e con l’effetto del sole l’ipnosi aumenta di potenza. Se ad uno non gli interessa tale esibizione sfugge all’effetto, come chi è abbastanza sveglio da riconoscere la trappola ipnotica…” Mio fratello scese dal piano di sopra in quel momento. Non vedendo nessuno venne verso di noi: ci salutammo appena prima che andasse fuori: anche lui rimase incantato. I miei amici non ci fecero tanto caso… “Meno un altro!” esclamò Lessy. “Quello è mio fratello!” ribadii con enfasi. “Ah… Scusa.” “Fa niente! Finche si trattava di un paio di gareggianti… ma ora ha esagerato.” dissi con fierezza e serietà. Avevo bisogno degli occhiali da sole, ma c’era un problema, se vi ricordate della fine del capitolo 9. I
miei amici mi guardarono con stupore mentre cercavo su e giù per la stanza. Non trovai occhiali, ma trovai dei fondi di bottiglia di vetro scuro, del filo di ferro e delle tronchesi. “Cosa stai facendo?” mi domandò Vigor. “Costruisco un paio di occhiali da sole! Se volete, datemi pure una mano!” “D’accordo!” In neanche dieci minuti approntammo gli occhiali. Eravamo davvero ridicoli! Non vedevo bene a un palmo dal naso, tutto era distorto dal vetro. “Forse non è stata una buona idea, Ale!” “Già, forse!” Appena usciti dal ristorante, dopo aver sbattuto un po’ qua e là, individuai subito Darkman, sempre a ruotare ipnoticamente. Ci avvicinammo finche non fummo quasi sotto di lui. La scena era comica, grazie a quegli occhiali, io dicevo agli altri due di guardare in alto e loro guardavano a destra e a sinistra. Darkman si accorse di noi e con il drago scese in picchiata verso di me. Gli altri ancora guardavano a destra e a sinistra. Mi tolsi gli occhiali, per l’ombra del drago. Spinsi di lato i miei amici facendoli cadere e inginocchiandomi tentai di ripararmi con lo scudo. Il drago rimase perplesso a causa dello scudo e fermò la picchiata, deviando la traiettoria… Approfittai di quel lasso di tempo per ruzzolare di lato e rialzarmi. Il drago con una capriola a mezz’aria mi aveva anticipato e riuscii per miracolo a pararmi dagli artigli della sua zampa sinistra. Lo scudo si ruppe, come quando affrontai la sfinge, ma c’era una differenza: lui non era la sfinge. Il drago aveva ali, zampe, artigli, ma era più corazzato, rispetto alla sfinge… Sempre parlando rispetto alla sfinge era un po’ più piccolo. Il suo «desain» lo rendeva più agile, veloce e molto forte. Bastò il suo sguardo gelido a mettermi addosso un po’ di timore… Indietreggiai senza voltarmi, volevo tenere d’occhio il mio avversario, che per ora restava fermo, per dare tempo a Darkman che, intanto, aveva lanciato una magia ai miei amici; una specie di raggio nero era partito dalla sua mano e li aveva colpiti, mentre stavano venendo verso di me per darmi mano… Per qualche ragione, non lanciò magie anche me… Doveva essere una magia di bloccaggio, non potevano muoversi,solo parlare, respirare e tutte le altre azioni che si possono fare quando non si possono muovere le gambe: erano bloccate da un fascio di energia nera. “Attento, Ale, un drago è forte come sfinge!” mi gridò Vigor. Erano a pochi metri da me, Lessy e Vigor, indietreggiai ancora. Ci studiammo per un po’, Darkman il suo drago, ed io… Loro due da un lato io da l’altro… “Appena finisce la musica spara, cowboy!” lo stile western della scena era elevato. Commento del protagonista.
Mi ero fermato per aspettare una sua mossa, ad una giusta distanza: non avevo armi, mi sarei difeso alla meno peggio e col mantello nuovo… Istantaneamente il drago sparì e riapparse dietro di me. “Teletrasporto? Ma che…” Mi aspettavo una zampata e mi preparai, ma si fermò quando vide l’immagine della sfinge sul mio mantello, ma ancora non mi fidavo… Mi voltai aspettandomi un attacco che non arrivò; lui mosse leggermente la zampa a terra e mi buttai di lato inutilmente. Mi rialzai in fretta sporco di sabbia. “Così tu sei un cavaliere di sfingi? ” “Così sei tu il drago che stanotte mi era apparso in sogno?” il suo accento del pensiero era uguale identico. “In sogno stanotte!? Sei sicuro?! ” l’animale sembrò cadere dalle nuvole per ciò che gli avevo detto…
“Si, mi è apparso lei sig. Drago e la sfinge!” “Penso che dovresti parlare col mio padrone allora! ” Dopo poco Darkman scese dal drago e mi disse, tramite il pensiero: “Non credevo che un ragazzo, un mortale della tua età potesse essere un tipo da «superare» un sogno del genere!” Darkman era un tizio vestito in nero, con un cappuccio che non faceva vedere il volto, (sembrava che non ce l’avesse), aveva il colletto del mantello molto alto che arrivava a metà cappuccio, una sorta di aura nera circondava il mantello e la sua figura… Era spettrale. “Perché sei così… crudele?” andai subito al punto. “La tua accusa è infondata! Non faccio niente di male a esibirmi in pubblico… e neanche ad usare un raggio laser! A proposito, l’ho riparato!” “Ne sei sicuro? Io definirei la prima situazione ipnotizzazione di massa e non sarebbe neanche tanto crudele se non fosse per il fatto che, così facendo, un po’ si rovinano la vista e saranno disorientati nei primi minuti di gara! Per quanto riguarda il laser… è illegale in questa gara! C’è la possibilità di uccidere con un raggio di quella potenza!” Non me ne accorsi, però il drago stava seguendo la conversazione mentale: cioè io pensavo, loro leggevano. “E anche se così fosse? Non potrai fermare la mia ascesa al potere globale!” “Sai quanti geni malvagi l’hanno detto e non ce l’hanno fatta? Sei ancora in tempo per diventare buono!” “Le tue stupide chiacchiere da pacifista non salveranno ne te ne i tuoi amici ne il mondo!” “Sarò il tuo maggior rivale se credi di poter spuntare dal nulla e conquistare il mondo e renderlo tuo schiavo!” “Non mi fai paura ragazzino! Tu vuoi la pace, io il dominio! Drago, mangiatelo!” Sentite quelle parole mi prese un colpo e indietreggiai di nuovo dal drago che era a pochi passi da me. “Padrone, non posso! Ha la protezione della sfinge! Va contro alcuni principi dei draghi! ” In cuor mio ringraziai la sfinge. “Cosa sarà mai per te mangiare quel ragazzo? Io non temo nessuna sfinge e non dovresti temerle neanche te! E quanto a te ragazzino: se sopravvivi a quest’incontro, ci vedremo stanotte! Sarà il tuo ultimo sonno!” Detto questo si alzò una nube di sabbia, per pochi secondi. Quando la sabbia si calmò, lui non c’era più. Il mio orologio segnalava 11 minuti alle dodici, non so se aveva accelerato il tempo o se davvero era passato tutto quel tempo. La presa di energia nera, alle gambe dei miei amici finì e prima che mi raggiungessero gli gridai... “Ragazzi, voi prendete il bus e vincete questa gara! In qualunque modo legale, impedite che Darkman arrivi primo! Svegliate tutti gli altri gareggianti prima di partire! Mi occuperò del drago!” gridai. “Sei sicuro? Un drago è molto forte e te sei un mortale!” “Fate come ho detto, lui deve combattere me, non voi…” Loro mi obbedirono sebbene a malincuore. “Darkman? È così che chiami il mio padrone? ” “È un soprannome, dato che quello vero non lo so!” Pensieri brevi e diretti… “Come hai ricevuto la protezione della sfinge? ” “Non ne ho idea, mi sono addormentato con un tappeto e risvegliato con un mantello!” “Sai che il passo successivo è diventare cavaliere della sfinge? Però per diventarlo dovrai trovare una vera sfinge! ”
“Non lo sapevo! Almeno la prima parte!” “Che sogno ti ha fatto fare il mio padrone stanotte? ” “Giudica te!” gli dissi e lui mi lesse nella mente il sogno ancora vivido. Alla fine pronunciò queste parole, cioè le pensò. “Pesante il messaggio del sogno! Sei stato un grande a compiere quella scelta! Molti non l’avrebbero attuata! ” “Sono stato originale, vero?” pensai ironicamente… “Non originale sei stato buono e sei stato premiato! ” “Ho fatto quel che ho potuto!” dissi. Non mi andava di chiedergli cosa sarebbe successo se non avessi fatto quella scelta e lui non me lo rivelò. Mi ero stancato di parlare col pensiero. Erano le 12:30. Passò un minuto di silenzio poi parlai: “Hai intenzione di uccidermi ora?” “Secondo il mio padrone si e ci sto ancora riflettendo!” “Allora anche tu puoi parlare normalmente!” chiamalo <> aveva una voce profonda, calma, fredda, con un po’ di raucedine o effetto growl che metteva inquietudine (W l’autocritica). “Eh si, alcuni draghi ci riescono…” “Hai finito di riflettere?” chiesi dopo cinque minuti. “Hai fretta di morire per caso?” “No, è che fra poco sono le 14:00 e dovrei essere a guidare un bus da due ore!” “Se non posso ucciderti posso bloccarti finche non ho deciso!” “Ma andiamo al bar, almeno prendo qualcosa da bere!” “Birra, vino, cos’altro?” “Acqua!” Andammo verso il bar e dopo un po’ il drago volò su un altopiano. Mi disse che mi avrebbe tenuto d’occhio da lì se tentavo una qualche fuga. Entrai nel bar e ritrovai il barista e sua figlia intenti a pulire il locale. Avevano messo tutte le sedie sui tavoli. “Non sei andato con i tuoi amici?” “Ho un piccolo problema che mi impedisce di andarmene!” “Abbiamo visto il drago, il tizio nero e te che discutevate, poi il tizio se ne è andato…” “Lasciando me e il drago!” dissi per concludere tale riassunto degli eventi. “E quindi tu hai sconfitto il drago e ora non puoi tornare in pista?” esclamò stupito il barman. “No! Lui mi tiene prigioniero e mi sorveglia dagli altopiani nel caso tentassi la fuga!” “Non ti ha ucciso?” domandò -come poco fa- il barista. “Non poteva, ho il mantello della sfinge!” “Senti un po’, io delle storie di questi mostri non ne so nulla e vi consiglio di sparire prima che chiami la stampa e venga allarmato tutto il mondo, chiaro?” “Va bene! I mostri sono una realtà ma, per ora, e meglio che restino nascosti!” provai a tranquillizzare il barista. “Cosa sei tornato a fare nel bar?” “Prendere una bottiglia d’acqua e una di birra, ma non ho un soldo!” Se alcuni lettori si chiedono il perché di una bottiglia di birra se Ale non beve alcolici? In parte alcuni una risposta se la danno di già, ma per essere certi o per sapere, bisogna leggere ancora qualche riga…
“Tieni, tieni, te le do gratis ma sparite, per favore! Sparite te e quel drago da questa zona! Non ne voglio più sapere…” il barista era un po’ alterato. Era anche motivato a non volere mostri: sai che cattiva pubblicità… e non solo, magari avrebbero modificato il tracciato delle corse su sterrato e avrebbe dovuto traslocare... “D’accordo, grazie di tutto!” lo salutai e uscii di corsa dal locale. Ricambiò a fatica il saluto. Adesso volevo solo trovare un mezzo di trasporto per raggiungere la seconda tappa. Stavo allontanandomi dal villaggio con le due bottiglie in mano quando arrivò il drago da dietro, mi prese al volo e mi portò su un altopiano. Il brutto degli altopiani del deserto di Sara è che non sono come delle semplici colline… Sono dei pezzi di terreno rialzati con uno strapiombo di 50metri (minimo) tutto intorno, sono casuali e molto radi, a parte vicino al bar e agli altri edifici: lì sembrano una vera e propria montagnetta… Di media la superficie di questi altopiani si aggira intorno ai 30metri quadri (minimo). Ero rimasto a… Stavo allontanandomi dal villaggio con le due bottiglie in mano quando arrivò il drago da dietro, mi prese al volo e mi portò su un altopiano. Mi fece prendere un bello spavento. “Almeno potevi avvertirmi?” “Vuoi mettere l’effetto sorpresa?” “Già! Maledetto effetto sorpresa! A proposito ti ho portato un regalo dal bar!” “Cosa? Non dovevi…” “Non avevo altro da fare…” e gli detti la bottiglia di birra. “Bè grazie! Te invece ti sei preso veramente l’acqua? Quasi non ci credo!” “Purtroppo gli alcolici, per me, hanno un saporaccio!” “De gustibus non disputandum est!” “Sai anche il latino? Mi meraviglia che un drago come lei lavori per un padrone senza scrupoli!” “È una storia lunga ma cercherò di abbreviarla!” Mi misi comodo ad ascoltare la storia del drago. “Tanto tempo fa, una notte, mentre volavo inseguito da dei Mostracci…” “Chi sono i Mostracci?” lo interruppi io. “Sono una strana specie di mostri simili ai vampiri per aspetto, non succhiano il sangue ma fanno cose molto più crudeli!” “Vai pure avanti!” “Crudeli del tipo torture mentali che ti spingono a suicidarti e roba simile!” “Intendevo con la storia…” “Ah!” fece una pausa: “Dov’ero rimasto?” “A quando eri inseguito dai Mostracci!” “Ebbene, mi avevano intrappolato quando vennero bloccati da un fascio di energia blu-viola! Dopo poco apparve Darkman, che mi propose un patto… che purtroppo accettai! -Ti salvo la vita in cambio dei tuoi servigi- mi disse! Allora non era un mago malvagio come oggi… Col tempo la sua forza accrebbe e diventò spietato, sempre, alla ricerca di più potere!” “Puoi ribellarti!” “No…” “Perché?” “Non capiresti…” “Già, ma così, non so niente, e neanche i lettori…” “Quello tra me e Darkman, non fu un normale patto, ma una specie di vero e proprio contratto, che se uno di noi due non avesse rispettato avrebbe pagato con la morte!”
“Crudele!” “Abbastanza, Darkman voleva essere sicuro di non perdermi e sigillo il contratto con una maledizione e dei cristalli, che gli danno anche potere!” “Dove si trovano?” “Nel suo mondo! Una specie di dimensione parallela, da lui creata per accrescere il suo potere… Come ti sarai accorto, può fare magie, ma non di elevata potenza e deve ricaricarsi…” “Quindi stamani ha preferito bloccare i miei amici, che sono più forti di me, per farmi affrontare te…” “Esatto!” “Ma se può lanciare così poche magie, come mai è così potente?” “Quanti sono in grado di lanciare magie? I maghi sono rari, e lui è uno di questi, molto potente!” “Cosa credi che farà se vincerà?” “Otterrà la terra e lancerà la sua magia più potente… anche per questo non spreca gran parte dei suoi poteri!” “In cosa consiste?” “Fra un paio di giorni accadrà uno strano evento nella sua dimensione parallela, forse un sacrificio di qualcuno o qualcosa, che dovrebbe accrescere il potere delle pietre magiche che ha…” “Vai avanti!” “Il tempo nella dimensione parallela scorre diversamente dal nostro; due giorni nella dimensione parallela, qui contano come uno!” “E immagino che coinciderà con la fine della gara!” “Beccato! Userà tutti i suoi poteri per lanciare il <>, incantesimo di massimo livello per un mago, mai usato perché troppo potente e dispendioso di energie…” “Cosa fa di preciso?” “Prende il controllo della mente di tutte le creature non leggendarie, finche non viene annullato, ridurrà la terra ad un pianeta di suoi schiavi e le poche creature leggendarie rimaste, non so se poi potranno fermarlo…” “Spero che i miei amici lo impediscano…” Passo un po’ di tempo, io riflettendo e il drago scrutando l’orizzonte. “Belli i paesaggi così!” “Già, sono anche molto rilassanti!” “Hai un nome drago? Giusto così, per sapere!” “No, non ho un nome! Almeno non uno comprensibile per voi umani!” “Della serie 30 consonanti senza nemmeno una vocale, giusto?” mi espressi con tono ironico, aspettandomi una risata dal drago… “Come hai fatto ad indovinare?” Ero senza parole in quel momento. 30 consonanti. “Come fai con la carta d’identità?” “I draghi non hanno carte d’identità! Si riconoscono col pensiero!” “Allora sarà il caso che ti dia un soprannome!” “Fa pure!” “Ti va bene… fammi pensare…” guardai il cielo e mi balenò il mente il nome. Peccato già usato. Mi concentrai e provai a pensarne un altro: “Trovato ti chiamerò…” ancora un po’ di suspanse, per trovare il nome. Guardai in terra, a destra a sinistra niente che mi potesse ispirare. Guardai al drago, niente. Potevo dargli John ma era troppo banale. “Non ti sforzare troppo! Mi basta che mi chiami drago! Mica mi offendo!” “Va bene, ho capito, ti chiamerò provvisoriamente Skyrider!”
“Fa come vuoi!” Erano le 20:00 e sarebbe buio se non fosse per le stelle e la luna… “Non mi ricordavo mica di tutta questa escursione termica nel deserto!” osservai provando un brivido di freddo. “Dovevi procurarti un maglione, potevi chiedere ai tuoi amici di lasciartelo!” “Quale maglione? Il nostro veicolo è stato depredato da tutte le parti. Dentro era vuoto, oggi, se si eccettua il volante e la poltroncina di guida! Abbiamo le due ruote davanti che sono quelle di un carro da deserto! Comunque sono convinto che per quel autobus il peggio deve ancora venire!” commentai un po’ triste e arrabbiato, ripensando a ieri. “Mi dispiace, non lo sapevo! Chi pensi sia stato?” cerco di consolarmi con un tono più leggero il drago. “Chiunque con un piede di porco e/o intenzionato!” Una camicia sintetica e la canottiera non ti basteranno!” “Di questo puoi esserne certo! Mi è appena venuta un idea!” “Quale?” “Sputa un po’ di fuoco sugli arbusti secchi laggiù, nella valle! Ci accamperemo lì!” Ormai era chiaro che il drago si sarebbe limitato a trattenermi per tutta la gara. Ci spostammo e ci accampammo nella vallata dove c’erano un po’ di arbusti secchi e della legna secca. “Autore, permette una domanda?” “No!” “Come mai ci sono degli arbusti e dei tronchi secchi nel deserto di Sara?” “Non le permetto di farmi una domanda simile!” “No, come parodia del vero deserto, può anche andare, ma gli arbusti… e i tronchi…” “Senta, è un segreto, lo rivelerò solo a lei… Quei tronchi e quegli arbusti, servono per far sopravvivere il mio protagonista a quella fredda notte!” “Bè, però ci poteva pensare il drago ad Ale… tanto rimanevano Lessy e Vigor…” “Ma come si permette di dire certe cose? Su un mio protagonista poi… Vada via! E non riveli questo segreto a nessuno!” “Ci conti…” poco dopo: “EHI GENTE! DEVO DARVI UNA NOTIZIA <> SU DO YOU BUSS!” “Sono nei guai!” autore disperato.
Critiche o no, con una piccola fiammata il drago accese il fuoco. In breve la temperatura era, per me, più apprezzabile. Poco prima di addormentarmi il drago mi disse: “Stai attento, di là,… non ci posso venire… Nel prossimo capitolo sarai da solo!” mi disse serio richiamandomi ad avere prudenza in questo sonno. Secondo Darkman sarebbe stato l’ultimo… “Ho capito, starò attento!” risposi anch’io serio. Per una volta in questo libro comico, si è sviluppata una situazione più seria del solito.
Do you buss? 12.: Ale nel mondo dei sogni… di Darkman Premessa: troppe premesse!
“Autore ha superato il limite nel precedente capitolo!” “A quanto andavo?” “51 parole al minuto, il limite è 50… Ma non è questo il punto!” “E qual è? Questo <> ?” “Battuta indecente! Comunque il fatto è che per aver sviluppato una situazione più seria del solito le comporta una sanzione di servizio!” “Una sanzione di servizio?” “Si, di servizio, così tanto per fare! La multo per eccesso di parole al minuto e per la violazione dell’articolo 17 comma 13 paragrafo dal 13 al 17!” “Ma solo di una parola al minuto: non può farmi questo, rovinerebbe la mia fedina… E poi cosa prevedrebbe l’articolo 17?” “Semplicemente una multa salata per affronta o sviluppa argomenti più seri dello standard del libro!” “Mai sentito, davvero, mai…” “Bene, meglio così! Mi deve 10.000 €!” “Lei invece ha mai sentito parlare di fucile caricato a sale grosso?” “Perché mai mi pone una domanda del genere, a questo punto?” “Così per curiosità… pura curiosità!” “Ehi, ma io stavo scherzando riguardo alla multa! Lei è un uomo libero!” “Lo sarò ancora di più quando mi sarò liberato di lei!” “Non vorrà farlo davvero? Perché mi guarda con quegli strani occhi?” Per problemi di censura la premessa riprenderà dopo il seguente capitolo. Ci scusiamo per il forte disagio.
Prima o poi le ripareranno queste premesse… Mi ricordo che quello fu un sogno davvero strano, ma il suo messaggio era serio, ma non lo posso rivelare ora. Mi trovavo seduto a fare un quiz televisivo, così, non sapevo neanche perché... Ma sapete com’è nei sogni, no… (tutto è leggermente o molto confuso). Gli spalti vuoti, solo io e l’uomo del quiz (noto anche come quiz-man). Quiz-man, capelli neri, corti, giacca blu scuro, simile ad un mantello, sopra la camicia bianca. Aveva anche una cravatta rossa a quadri delimitati da linee arancioni. Il suo viso e altri dettagli non me li ricordo… Il premio massimo era 1 milione di euro circa. Che cosa avrei fatto con tutti quei soldi? Bo, non lo sapevo, ancora. Ma andiamo avanti con la storia: io volevo andare via da questo sogno e ci provai in tutti i modi, a partire da ore, finche… Passando all’argomento di questo capitolo: prima domanda 1000 €. “In che stato si trovava quando ha fatto il precedente sogno signor Ale? a). dormiva b). era sveglio c). bo d). stava dormendo e sognando allo stesso tempo. Allora trenta secondi a partire da ora!” “È difficile dirlo, era sera… stavo dormendo…” “Rifletta bene!” mi incitò quiz-man. “La c).!” “L’accendiamo?” Rullo di tamburi.
“La risposta è esatta! Andiamo avanti, le restano 6 domande, in un crescendo di difficoltà!” Ci fu una breve interruzione pubblicitaria. “Allora per 2000 € si ricorda cos’ha sognato la volta scorsa, come creature fantastiche? a). ha sognato un merlo e un piccione b). una capra c). bo d). una sfinge ed un drago I soliti trenta! Rifletta! Se non ne sa una può chiedere il 50 e 50 o il pubblico!” Era una domanda veramente difficile. Ricordare cos’avevo sognato l’ultima volta… “La c).!” “È sicuro? La accendiamo?” “Accenda, accenda!” Rullo di tamburi. “La risposta è esatta! Passiamo alla prossima!” breve pausa: “Per la posta di 5000 € quale tra questi nomi non è un animale? a). L’hughoeahfergsa psicomatlato b). Il piccione c). bo d). nessuna delle precedenti affermazioni non è un animale. Allora?” “Questa è facile! La c).!” “La accendiamo?” rullo di tamburi: “Ed è corretta! Ma la avverto da ora le faccio domande molto ma molto più difficili!” “Perché?” dissi ancora un po’ spaesato dal fatto che non perdevo e non uscivo ancora da questo sogno… “Non si accontenta di 5000 €? Bene proseguiamo! Per 10mila € Qual è la capitale del suo paese? a). Burnenze b). Cippanesi c). bo d). Vagdkosking?” “Cippanesi!” Rullo di tamburi. “Scusi, ma è proprio indispensabile il rullo di tamburi?” domandai. “Le da noia?” “Bè, se se ne potrebbe fare a…” “Allora è indispensabile!” m’interruppe il quiz-man con un accento più crudele e un bagliore di luce negli occhi. Non ribattei. “La risposta è corretta! Ora per 50mila € quale nome ha la sfinge degli egizi? a). Skharia b). bo c). Skyrider d). nessuno tra questi?” “Ah, questa la so! Skharia!” rullo di tamburi, più insistente. “Risposta esatta! Ora per 250mila euro cosa chiederà come desiderio se finisce e vince la gara nel deserto di Sara? a). ci deve ancora pensare b). ci ha pensato ma non lo vuole dire c). un bus nuovo
d). il dominio del mondo?” “b).!” rullo di tamburi. “Esatto! E ora la domanda che tutti stavano aspettando!” con un gesto e dei begli effetti speciali apparvero delle persone sugli spalti vuoti. Adesso erano pieni, ma quelle persone sembravano finte, di cartone: “Allora, per 1 milione di €! Si concentri e mi dica qual è il nome del suo gatto! a). Lucifero b). non ha un gatto c). non gli ha dato un nome tra questi o non gli ha dato un nome d). Crisilde?” “b).!” “È sicuro?” “Si!” rullo di tamburi. “Allora la risposta è esatta!” All’improvviso tutto cominciò a girare vorticosamente e mi ritrovai, dopo un salto nel nero, in un bosco, di notte. Nessun rumore che potesse spaventare, nessun pericolo nelle vicinanze, soltanto un bosco buio. Feci qualche passo sul sentiero battuto. Sulla schiena avevo il sacchetto con il milione di € che copriva il mio mantello con la sfinge: cari lettori, non chiedetemi perché ma era così, assegni non ne davano e banconote neppure… Ero vestito come nel sogno scorso. Camminai per parecchio finche non incontrai un ponte sopra un torrente nero: l’acqua era immobile, le piante e tutto, immobile, ecco il perché del silenzio. Attraversai il ponte senza voltarmi indietro: al di là c’era un lampione, emanava una tenue luce. Per terra appoggiato al lampione un cucciolo di drago, ferito ad un ala, aveva le scaglie argentee. Guardai a destra e a sinistra: vidi che il sentiero svoltava bruscamente verso sinistra e molto più avanti il sentiero s’inarcava su una collina e conduceva ad una città: da mezzo km sembrava ben sorvegliata, e leggermente sfarzosa: era circondata da alte mura, sui 5 metri che costeggiavano la collina. Mi avvicinai al draghetto, intanto che riflettevo su come aiutarlo. Dovevo trovare un veterinario, ma dove? Degli ululati di non si sa bene quale animale ruppero la monotonia del tempo fermo. Tutto riprese a scorrere, ci fu anche una ventata di vento che portava con se delle foglie nere (degli alberi neri)… tutto oscuro eccetto sotto il lampione e verso la città. Le fronde spoglie si agitavano al vento che aumentava d’intensità. Si stava avvicinando una tempesta; dovevo portare il draghetto (grande quanto me) almeno su una barella per la sua ala ferita. Il problema nei sogni è che non c’è mai quello che vuoi al momento giusto. Mi venne un idea: lasciare il sacco e perdere il milione e portare in braccio il draghetto (tanto era un sogno e non avrei combinato nulla con quelle monetine). Gli ululati inumani si fecero risentire, stavolta più da vicino. Mi infilai un paio (anche 3 o 4) di monete nella tasca interna del mantello, presi il draghetto (…con le braccia…, ma vi devo dire proprio tutto, eh? Immaginate.) che non pesava nulla in confronto al sacco, per fortuna. Dato che gli ululati, adesso, venivano dai cespugli neri intorno a me, presi a correre verso la città, al limite massimo consentito dalle mie gambe. Dei rami calarono improvvisi per ostacolarmi, mi gettai contro coprendo il draghetto col mantello e con la testa. La tasca delle monete si strappò ed esse caddero tintinnando. Gli ululati si sentirono sempre meno, man mano che mi avvicinavo alla città. A trecento metri dalla meta, vidi delle bestie nere spuntare dalla macchia, erano tipo dei cani, ma con tre teste e grandi quanto un lupo. “Animali!” gli gridai. Sentii un ringhiare ed uno scatto di fianco a me. Mi preparai all’impatto che non avvenne continuando a correre. Sentii un guaire e un uggiolare di dolore. La bestia era stata trafitta da una freccia di balestra: qualcuno sulle mura della città mi aveva visto.
“Corri! Presto straniero, mettiti in salvo!” mi incitò l’uomo sulle mura. Il portone della città, si aprì giusto in tempo per lasciarmi passare e chiudere fuori le bestie. Guaivano e graffiavano il legno. Non avevo più fiato in gola e caddi a terra semisvenuto in uno stato di incoscienza momentaneo: riuscii, prima di cadere, a depositare il draghetto accanto a me. Mi risvegliai in una stanza riccamente decorata: ero sdraiato su un letto a baldacchino di quelli dell’Ottocento, mi misi a sedere a fatica… Poco dopo nella stanza entrarono due guardie che scortavano il cosiddetto re della città. “La guardia che dalla torre ti ha visto dice che hai salvato un cucciolo di un drago rinunciando ad un sacco pieno di soldi! Strana scelta!” commentò il re, un tipo alto quanto me, vestito con un mantello rosso porpora e dei vestiti anch’essi porpora, l’aspetto dell’uomo del quiz. Sicuramente un servitore di Darkman, dato il suo accento malvagio e materialistico. “Come sta il draghetto?” domandai subito, ma dolorante. “Bene per il momento, ma non quanto te! Hai ferite dappertutto, mi domando come hai fatto a resistere così a lungo!” esclamò il re fingendo interesse..., quasi non gli piacesse che fossi vivo. Mi guardai e mi trovai fasciato sulle braccia e sulla gamba destra. Sulla pancia avevo un netto taglio orizzontale, superficiale. “Non mi ero accorto di essermi ridotto così, ma per me non è niente di grave, solo un paio di graffi!” Il re cambiò discorso e tornò al draghetto: “Perché ti sei dato tanta pena per salvare un draghetto? I draghi grandi distruggono villaggi e città. La guerra con loro è ancora aperta!” “Da quanto dura?” “Da più di 100 anni!” “Allora sarà il caso di farla finita!” “Non ne hai l’autorità!” mi disse in tono altero: “Chi sei cavaliere dal mantello di sfinge?” “Il mio nome è Alessandro, ma tutti mi chiamano Ale! Ho sempre sognato di dire una frase così!” gli risposi in tono fiero. “Il taglio sul petto te lo ha fatto il tuo caro draghetto!” “È giovane e inesperto, ma in futuro si comporterà bene!” “Perché non l’hai lasciato lì? I suoi genitori potevano benissimo soccorrerlo…” stava cercando scuse, una motivazione sbagliata del perché lo avessi salvato. Ma secondo me non c’è una motivazione sbagliata, se si salva qualcuno… “Ho aspettato un po’ di tempo… ma non arrivava nessuno, a parte quei mostri a tre teste!” “Sono Kagnacci: i servi fedeli del signore nero Bubbaroz! Siamo anche in guerra con lui… e lo sono anche i draghi…!” “Perché non lo affrontate insieme?” “È invincibile, per questo concentriamo la guerra contro i draghi! Quando non ci saranno più potremmo provare ad assaltare la fortezza del mago… dopo aver rinforzato le nostre truppe…” tentò di demoralizzarmi, con un tono che ammetteva paura verso quel tizio malvagio. “Nessuno è invincibile!” lo interruppi e non se la prese, non sapeva come continuare quel discorso. “Si dice sia un mago!” “Darkman, ti affronto nel tuo mondo…! Lo so, l’ho già affrontato una volta!” “E ti ha battuto, immagino?” “Grazie per la considerazione! Mi ha lanciato contro il suo drago ed è fuggito!” gli risposi severo. “E tu hai sconfitto quel drago?” “No, abbiamo fatto amicizia ma non si trova in questo mondo adesso!” “Mi dispiace!” “Fa niente! Da quel pomeriggio non rividi più il mago!” dissi per mettere un po’ di suspanse nel mio
racconto, non potevo certo dire la verità a questo tizio… “E ora sei deciso a vendicarti? Non è così?” “Vorrei impedirgli di fare altro male, diciamo così!” Il re rise e poi esclamò: “Da dove vieni straniero? Nessuno ti ha ma visto prima tra le città umane e penso nemmeno tra quelle dei draghi! Allora da dove vieni?” “Da un altro mondo! Sono stato spedito qui… da una forza misteriosa! In effetti non sapevo come ero potuto finire in una sorta di fantasy medievale, ma stavo ancora sognando?!” “Ci aiuterai a sconfiggere le forze del male?” intervenne una guardia del re. Il re con un gesto gli ordinò di tacere. “Dovete fare pace con i draghi, per sempre, e insieme sconfiggerete il cattivo!” risposi alla guardia, non al re. “Impossibile, siamo in guerra da così tanto tempo con i draghi che appena ci vedono ci sparano a vista!” gridò, irato. “Io non sono in guerra con i draghi!” “È vero, ma tu non puoi muoverti, le tue ferite…” finse di preoccuparsi per me. “Le mie ferite guariranno, ma non è questo il giorno… Altra frase che ho sempre sognato di dire!” mi alzai a fatica in piedi, ero in camiciola e pigiama. “C’è qualcosa che possiamo fare per voi, cavaliere?” domandò il re, mostrandosi più gentile di prima…, anche se forse avrei dovuto ringraziarlo, per avermi ospitato nel suo castello… ma non fidavo dopo quello che aveva detto. Una cosa era certa, se avesse voluto uccidermi o catturarmi, l’avrebbe già fatto. “Avrei bisogno di un bicchiere d’acqua e di sapere dove si trova la città dei draghi più vicina!” “Chiamerò i servi e i consiglieri… ma, riguardo alla città, non ti prometto niente!” Se ne andò e chiuse la porta dietro di sé. Rimasi solo nella stanza, vidi i miei abiti e il mantello della sfinge. Mi rivestii in fretta, ma con difficoltà, provando dolore per i lividi e le ferite. Mi affacciai alla finestra di quella stanza a contemplare l’alba. Ora gli alberi erano verdi, ed era un bel posto, oltre le mura della città, tante colline, boschi, sarebbe stato bello farci un pic-nic... La foresta oltre alcune colline si stagliava a perdita d’occhio e la luce del sole faceva risplendere la cima degli alberi. “Ma stavo ancora sognando?” “Cavaliere, le abbiamo portato il cibo richiesto!” “Avevo chiesto un bicchiere d’acqua e voi mi portate un vassoio e in più un bicchiere d’acqua?” “Non le va bene?” “No, anzi, va troppo bene! Troppo, per non essere sospetto! ” Mi avvicinai al bicchiere e alle pietanze. Gli schiavi erano pelle e ossa, si capiva da loro che questo re era tiranno e non uno magnanimo e generoso: nel medioevo, per quanto ne so, doveva essere una cosa normale… ma che schifo di tempo… Annusai l’acqua e odorai le pietanze, sembravano squisite e nutrienti: non avevo fame, e a guardare quei poveri schiavi mi passò anche la sete. “Mangiate voi queste pietanze per me!” “Sta scherzando, signore?” “No, dico sul serio! Gli schiavi sono una condizione sociale che non dovrebbe esistere…” Stupiti da quello che avevo detto mi ringraziarono e si misero a mangiare con gusto. In quel momento arrivò il re con i consiglieri: io ero voltato verso la finestra e gli schiavi nel mezzo della stanza. Si bloccarono improvvisamente quando arrivò il re. “La frusta prego!” disse irato a una delle due guardie.
“Non ce n’è bisogno!” gli gridai io continuando a guardare dalla finestra (così avevo stile e loro vedevano il mio mantello con la sfinge): “Gli ho ordinato così!” “Perché cavaliere fate sprecare il cibo dandolo in pasto agli schiavi?” Mi voltai. “Ah, è così che tratti i servi?” “Bè si, sono schiavi! Non persone!” gridò “Potresti essere più lungimirante! Migliore trattamento, migliore rendimento e non solo! Pensando ancora più in grande…” “Questo secondo il tuo pensiero cavaliere! Qui comando io!” mi interruppe in tono autoritario: “Credevo di farti un favore portandoti del cibo e tu lo fai mangiare agli schiavi!” parlò guardando verso di me, ma io non lo guardavo. Guardavo i corpi stecchiti degli schiavi! Ci doveva essere del veleno dentro il cibo. Alzai lo sguardo e commentai serio, come se spessi chi fosse il colpevole: “Un cibo, tra l’altro, non tanto sano!” Il re abbassò per un momento lo sguardo vide i corpi stecchiti degli schiavi, rimase un po’ stupito anche lui, poi aggiunse: “Farò controllare se qualcuno vi voleva cat… ehm paralizzare!” più preoccupato che stupito. Un consigliere si avvicinò, toccò il cibo, se lo mise poco sulla lingua ed esclamò: “Paralizzante! Resteranno privi di sensi per circa 24 ore!” “Allora, lasciando perdere l’attentato alla mia persona, quando parto per i draghi?” provai a cambiare discorso. “Anche subito! Ma avrai bisogno di uno speciale equipaggiamento!” intervenne un altro dei tre consiglieri. “Il cucciolo di drago viene con me!” dissi rivolto al re che mi guardò male e poi: “Cosa? Non se ne parla nemmeno, potremmo ricattare i draghi!” esclamò. “Se li ricatti, come speri poter ottenere la pace da loro?” “E tu come li combatterai, se non accetteranno la pace?” “Troverò un’altra soluzione solo se mi si presenterà il problema!” “Non ti darò quel draghetto, ne ora ne mai, anche se lo hai salvato!” mi gridò alzando il tono della voce che in quel momento sembrò quasi inumana… “Basta fingere, chi sei?” gli domandai serio, bluffando, per smascherarlo: secondo una mia idea poteva essere un agente di Darkman. “Come chi sono? Sono il re!” “Risposta sbagliata, riprova!” i consiglieri erano stupiti, ma restarono calmi, aspettando la risposta del re. “Sono il re…” esclamò a fatica, vide che io avevo un sorriso in faccia, quel mio sorriso come quello di chi sa già tutto sul conto dell’altro… “E va bene, basta, non so come ma mi hai scoperto, mortale!” disse queste parole con una voce falsata, malvagia, inumana e si trasformò in un mostro… I consiglieri e le guardie scapparono… No comment. Il mostro altri non era che un Mostraccio, uno di quelli di cui mi aveva parlato Skyrider… Ah già la sua descrizione, aspetto di uno scheletro zombie che volava grazie a due ali rosse (il mantello del re), era grande quanto me, ma faceva paura… “Bubbaroz ti vuole vivo e io non intendo deluderlo!” mi disse, con quella sua strana voce… “Come?” “Penso che ti convenga arrenderti, dato che per le tua ferite non sei in grado di combattere…” “Non riuscirai a demoralizzarmi, sei solo un Mostraccio!” “E tu un mortale, un comune mortale noi mostracci siamo molto più forti di te…” e provò con un suo attacco psichico o magico, non lo so, ma mi lanciò una sfera di energia verde verso la testa, mi parai col
mantello di sfinge che assorbi l’energia. “Non è possibile! Come a pararti da un attacco del genere con un mantello di sfinge? Non dovresti riuscire a vedere quando ti arriva…” il mostraccio sembrò preoccupato. “Invece, è così!” gli risposi sicuro di me. “Il mio padrone non ti faceva così forte… si è sbagliato!” esclamò, ma niente m’impedirà di portarti da lui!” Volò verso di me e schivai il primo attacco rotolando di lato, mi rialzai, ma lui era già su di me e mi preparai a difendermi. Provò a prendermi un paio di volte, ma respinsi le sue manacce scheletriche con un po’ di confù. Intanto erano ritornati i consiglieri e un drappello di balestrieri. Si erano messi sulla porta e si apprestarono a fare fuoco. A loro non fregava nulla, ne di me, ne del mostro, i consiglieri erano ancora scioccati e spaventati dal fatto che il loro re era diventato un mostro… Riuscii a spingere via il Mostraccio di qualche metro, si preparò ad un’altra carica, ma era troppo tardi. Mi coprii col mantello, un gesto istintivo, vedendo i balestrieri sulla porta che miravano verso di lui, che era davanti a me! “Fuoco!” gridò un consigliere. I balestrieri lasciarono partire i dardi, il mostro cadde a terra e gli altri proseguirono e si fermarono prima di colpire il mantello, a circa (5cm di distanza) come bloccati da un’aura di protezione, un’aura invisibile che emanava il mantello di sfinge… Poi dopo poco caddero a terra… Mitico mantello di sfinge da 10€, mi salva la vita in sogno. “È finita!” esclamai. “Scusa, se ti abbiamo sparato, ma il mostro…” “Vi faceva paura, lo so, ne ho avuta anch’io…” li interruppi. Per una volta sapevo cosa dire. Non commentarono ne risposero alla mia osservazione, annuirono in silenzio. “Non sappiamo come sia potuta accadere una simile tragedia, il nostro re era un Mostraccio al servizio di Darkman…” esclamò un altro consiglieri. “Voi, cavaliere dal mantello di sfinge siete un mago, forse potreste sconfiggere Darkman! “Bene allora esigo di partire subito alla volta di… di… qual è la città più vicina dei draghi?” “Dracovia! A solo mezza giornata di cavallo!” “Ho un piano! Preparate un drappello di balestrieri e tre carrozze, viaggeremo con quelle! Mettete il cucciolo di drago in una cesta soffice e sistematelo nella carrozza di mezzo!” “Tre carrozze? Ma è uno spreco, i draghi le bruceranno appena le vedranno!” “Non se vedono me!” dissi. “Chiarisci il piano, signore!” “Primo, mentre voi allestite le carrozze io parto al galoppo su un forte destriero, in solitario…” “E i balestrieri e le carrozze?” “Un momento! Punto secondo, i balestrieri equipaggiati anche con spade, per l’evenienza, faranno da scorta al cucciolo, due vicino al cocchiere, due dentro e uno di vedetta sul tetto, per ogni carrozza! Terzo, se io avrò successo vedrete sventolare sulla città un vessillo verde!” “E se fallite?” “Allora vedrete un vessillo nero! In quel caso tornate alla città, proteggete il cucciolo finche non diventerà grande e vi sarà d’aiuto per sconfiggere Darkman!” “Ma chi sarà il re dopo? E come faremo con i draghi?” “Dopo ci sarà una sorta di repubblica-monarchia! Il popolo eleggerà il suo re per una carica di durata di 2anni e un parlamento, sapete un po’ come funziona?” “Grosso modo si!”
“Per i draghi, tentate una strada diplomatica finche non giungete alla pace o all’alleanza, più si è, meglio è! L’unione fa la forza!” “Faremo il tuo volere nuovo re!” Mi misero una corona d’oro sulla testa: “Tutti i re ne hanno una, tienila!” Non che volessi una corona, comunque, non mi dava noia, era simile ad un cappello, ma più bella, la tenni in testa. “Tutto questo rigiro di parole per dire che mi tengo una corona, autore?” “È che non sapevo come esprimere l’indecisione tua!” “Io indeciso?!” “Si, se prendere la corona o no!” “Creativo! Non volevo che fosse considerato dai critici un errore che riguardava il lessico mofosintattico!” “Uhm…” protagonista pensieroso Più tardi. “Non va bene!” parere di un critico. “Non è un errore, è un rallentamento… Sono stati gli alieni a scrivere ciò, io non centro!” l’autore cerca una scusa decente per il misfatto. “L’essici è i’ problema! Torni alla storia!”
Partii dal retro della città a cavallo. Dopo un’ora di ininterrotto galoppo il povero animale era esausto e avevo raggiunto le pendici del monte sul quale era costruita la città dei draghi. Iniziai a scalare le rocce, non era poi tanto difficile. Un alone di fuoco circondava la città, le mura erano rosse. Il cielo sopra la città era su un rossoarancione-rosa chiaro. In breve fui avvistato da un drago di pattuglia che volteggiava sopra la grande collina, priva di alberi o ripari: solo rocce appuntite, un territorio impervio, apposta per i draghi. Sparì in fretta e riapparve con altri due draghi, come lui, ma più corazzati. Le loro armature che prevedevano anche una maschera da guerra incutevano timore. Mi catturarono e mi portarono nella prigione della città, c’era da immaginarselo… non protestai. In breve tempo alla cella arrivò il comandante di quel avamposto. “Umano, che ci fai qui? Perché porti un mantello di sfinge?” la sua voce era profonda e calma, ma severa. Era un drago con le scaglie dorate, un oro opaco, spento, forse a causa della guerra… Anche i soldati che lo scortavano avevano quel colore… Quasi tutti i draghi che vidi lì, in quella città collinare… qualcuno invece, aveva le scaglie verdi, altri più rari argentee, ma tutti sempre di colore opaco, come se fossero stati impolverati, ma non lo erano. Una cosa che mi stupiva, erano leggermente più piccoli di Skyrider questi draghi, (se per la sfinge ero 1/3 del palmo della zampa, per Skyrider ero 1/2, per loro ero 1/1, grosso modo, approssimato alle <>). “Sempre la solita domanda! Sono venuto qui per chiedere la pace tra gli umani e i draghi.” risposi come un soldato dinanzi al comandante. “Porti la corona di re Warbell, sei per caso suo figlio, non ti ho mai visto?” “No, non sono di questo mondo! La corona l’ho ricevuta perché ho sconfitto il precedente re, tiranno della città degli umani poco distante da qui!” “Appunto, la corona di Warbell! Cosa ti spinge a chiedere la pace?” “Il re era in realtà un Mostraccio di Bubbaroz, voglio sconfiggere Darkman e mi serve il vostro aiuto…” “Come posso fidarmi di te, del tuo popolo traditore?” disse sbuffandomi un cerchio di fumo sul viso. Sarà strano, ma mi fidavo più dei draghi che degli umani anch’io… Ero finito in una storia già iniziata
nella quale ci capivo poco, ma bastava… Darkman era il cattivo e aveva creato o conquistato questo mondo parallelo per i suoi loschi piani a costo di mettere in guerra tra loro le creature che già lo abitavano. E mentre i due litigavano, lui si fece potente… Si dev’essere andata più o meno così… “Appendete un vessillo verde sulla città! Arriverà un convoglio che porterà un cucciolo di drago ferito, l’ho salvato ieri notte dai Kagnacci! Sul convoglio ci saranno dei balestrieri! Magari, non spaventateli troppo… Gli detto di fermarsi in prossimità della città e aspettare il responso…” “Vedremo!” disse e se ne andò via dalla prigione. Francamente non avrei mai pensato che tutto questo fosse possibile in un sogno, dovrò chiedere dei chiarimenti all’autore. Firmato il protagonista. Passarono le ore e io me ne stavo nella mia spaziosa cella, sul fondo, vicino alla finestrina a sbarre nel muro. Tornò il comandante dei draghi, a grandi passi, con le sue possenti zampe. “D’accordo, umano, accettiamo la pace ma al primo segno di discordia…” “Ho capito! Comunque di me potete fidarvi!” forse lo interruppi senza accorgermene, involontariamente. “Sarai sottoposto ad una prova, dal tuo comportamento vedremo se dici la verità!” “Che genere di prova?” Nessuna risposta, la porta della cella si aprì e un drago soldato, di quelli con la maschera da guerra che gli copriva il muso, mi condusse in una specie di arena. Il re e il soldato mi dissero che non dovevo preoccuparmi troppo e che se mi comportavo in un certo modo potevo essere liberato e avrebbero appeso il vessillo verde. L’arena, mi ricordava, chissà perché, quella degli egizi, ma era molto più ellittica e più grande e lunga. I sogni a volte fanno rivivere esperienze passate distorcendole… Probabilmente avrei dovuto riaffrontare la sfinge, probabilmente… no . Ero in campo da mezzo minuto quando una porta al lato opposto al mio si aprì e ne uscì un drago. Era ricoperto di armatura qua e la, indossava a tratti una cotta di maglia, come una specie di drago gladiatore. Io non avevo armi, e nemmeno lui, però aveva l’armatura. “È un incontro impari!” gridai. Non ottenni risposta, ma mi vennero lanciati uno scudo ed un elmo. Era comunque uno scontro impari. Un drago è più forte di me. “Oh! Finalmente il protagonista, verrà battuto, almeno una volta!” un lettore. “Come si permette di invadere questo spazio? Non le bastano le premesse all’inizio dei capitoli?” l’autore. “Posso dire qualcosa a mia discolpa?” il protagonista. “No!” let. “Senta è il mio protagonista e fa quel che vuole!” aut. “Non può fare una lotta contro un drago in un’arena da gladiatori! Ci ha già affrontato la sfinge!” let. “Posso intervenire e chiarire la questione?” prot. “No!” let. “Aspetta, lasciamolo parlare!” aut. “Va bene…” let. “Perché non tornate tutti e due al vostro lavoro? Lei legga se vuole sapere se vengo sconfitto o no, e lei lo scriva!” prot.
Al drago bastavano gli artigli come arma, a me non sarebbe bastato un carro armato…
Eravamo al centro dell’arena distanti pochi metri l’uno dall’altro. Il drago mi fece la sua mossa speciale, teletrasporto più attacco alle spalle. All’improvviso una zampata da dietro mi lanciò a forte velocità contro il muro. Il mantello di sfinge non aveva funzionato come nella realtà. Volai per circa un centinaio di metri prima di sbattere contro il muro. Miracolosamente non mi ruppi nulla ma si formarono delle crepe nel muro, come nei cartoni animati e cascai a terra in uno stato di shock. Il drago corse a grandi passi verso di me. Mi rialzai, mi parai con lo scudo, stavolta si ruppe in tre parti: un classico, ero destinato a scudi scadenti. Forse se avessi avuto ancora lo scudo del drago di ieri, in sogno, magari, sarebbe servito a qualcosa! Forse. Una supposizione come un’altra, ma mi servivano i fatti! Schivai un paio di zampate che macinarono un pezzo di muro, grande quanto un automobile e rotolai prima di essere preso dal getto di fuoco! Continuai a ruzzolare di qua e di là schivando a caso colpi e non colpi… Non che fossi nel panico, ma stressato si. “Esigo un altro scudo!” gridai prima che il drago provasse a schiacciarmi con una zampa. Sarebbe stato doloroso, mi avrebbe fatto male se l’avessi presa in pieno…: infatti, mi spostai di lato, ma la contro-zampata mi lanciò contro il muro opposto. “Perché devo soffrire così?” Il drago si fermò tappandomi le vie d’uscita. Stavolta non mi assalì. Dagli spalti mi venne data una lancia, cioè uno stuzzicadenti per draghi; il manico era di 0,5cm di diametro (sul serio) ed era lunga 1,5metri. Senza riuscire a capire bene perché, feci in tempo a pararmi utilizzandola come se fosse un asta. Si spezzò dopo l’urto (strano…davvero…). Il drago si fermò di nuovo e mi lanciarono un arco e una faretra. “Dove volete arrivare?” gridai, mi ero davvero stufato di prenderne. Stavolta non mi voltai nemmeno a prendere l’arma e lasciai che cadesse in terra e le frecce si sparpagliassero intorno. Il drago aveva preso una distanza maggiore. Se tutti si aspettavano che decidessi di prendere l’arco, per essere umiliato ancora una volta, si sbagliavano di grosso. Mi misi con le braccia conserte a guardare il drago che correva verso di me. Forse secondo il copione avrei dovuto combattere contro il drago per dimostrare la mia fedeltà nella promessa di pace, che vincessi o perdessi (più probabile)… Mi appoggiai al muro, guardai il polso con l’orologio (che stranamente mi ero accorto di avere solo in quel momento del sogno): era a 12m da me. Sbadigliai come per dire che non me ne fregava del combattimento, vincita o perdita che fosse stata. Pure il drago si fermò (per mia fortuna). “Ebbene, come mai vi siete fermati? A te ti avevo dato anche le armi e le getti a terra! Ditemi come mai vi siete fermati!” “Comandante, l’umano sta fermo, non reagisce ai colpi, sbadiglia pure! Che sia troppo poco forte per lui?” disse ironicamente… ma non risi. “Come mai umano non combatti? In battaglia dovrai pure dimostrare il tuo valore!” “In battaglia, appunto, qui siamo in un arena… poi, secondariamente, per dei motivi validi non combatto ora!” “Sentiamoli!” “Primo, qualunque cosa faccia io, lui riesce a colpirmi dopo poco e volo sul muro! Secondo, un drago è troppo forte per me, si può teletrasportare, io no! Terzo, mi avete dato uno scudo scadente! Quarto non mi è mai piaciuto combattere i draghi (a me personalmente)! Quinto, mentre noi stiamo qui a combattere, Darkman potrebbe architettare chissà quale piano! Tutto questo escludendo i motivi più banali!” “Va bene! Hai superato la prova a modo tuo, giovane re umano…” “Che bello!” esclamai come un bambino.
Immediatamente venne fatta issare la bandiera. Le carrozze arrivarono passando dalla strada sull’altro lato della collina. Dopo le spiegazioni sul cucciolo trovato e discussioni sul da farsi, ringraziamenti vari… decidemmo di attuare un piano strategico per l’attacco alla roccaforte di Darkman.
Do you buss? 13.: La roccaforte malvagia del mondo dei sogni… ecc… Premessa: mai nella storia di questo libro fu dato un titolo così lungo ad un capitolo. “Originale la trovata del sogno per affrontare Darkman!” “Finalmente una volta è d’accordo con me!” “Solo perché mi ha offerto il gelato!” “Ah! E con quali soldi?” “Quelli che mi dovrà! Sa, la parcella del critico è salata!” “Vada a criticare qualcun altro, vada” “Ma...” “Vada” “” “Ho detto vada!”
Il piano era; intrufolarsi nella roccaforte, disattivare le pietre magiche nei sotterranei e catturare il mago privato dei suoi poteri… “E quindi io con un drappello di soldati vado sottoterra a disattivare quei sassi e voi distrarrete il mago dall’alto?” “Esatto!” “È geniale, partiamo subito!” “Come subito? Ci vuole la preparazione e gli uomini necessari!” “Meno siamo, meno destiamo sospetti… non si aspetterà di certo un attacco così da poca gente! Avremo dalla nostra l’effetto sorpresa…” “Si, forse avete ragione! Ci vuole mezzo giorno sostenuto. per raggiungere la fortezza, avviatevi! All’alba di domani, guardate in cielo verso est!” “Giusto! Li abbaglierete!” “No è il segnale per agire! Se ci siamo agite, se si mette male fuggite, se non ce la fate e venite catturati… buona fortuna, lo stesso vale per noi.” “Ah!” “Comunque state attenti il tragitto potrebbe essere disseminato di Kagnacci!” “Che fanno, a parte abbaiare, intendo?” dissi ironicamente… “Ti sbranano!” il drago tento di spezzare la mia ironia… “Carino!” non ci riuscì. Eravamo sulle carrozze da un giorno e finora nessuna traccia di quegli animali. Sul tetto delle carrozze i balestrieri stavano attenti e all’erta. Stavolta avevo uno di quegli scudi enormi, quasi triangolari, con la punta in basso e delle righe oblique come decorazione esterna; era abbastanza pesante, ma sarebbe servito a qualcosa? Avevo inoltre con me un arco e una spada. L’arco me l’avevano dato i draghi e mi ricordava tanto quello di Oniride. Mi avevano detto che era un regalo speciale del comandante. Il primo giorno pomeriggio, le sera, trascorsero senza intoppi. A turni ci davamo il cambio per la guardia e
dormimmo un po’ tutti… Quando mancavano ancora un paio d’ore all’alba, giungemmo in un tratto del sentiero circondato da dell’erba altissima che arrivava un metro sopra di noi sulle carrozze. Sentimmo gli ululati, l’erba alta impediva di vedere bene i Kagnacci, ma si poteva intravederli. Finora il passo era stato il nostro tipo di marcia, ma accelerammo fino al galoppo. Usciti dal sentiero erboso avremmo avuto una possibilità di salvarci, perché potevamo vedere meglio i bersagli. Un Kagnaccio spiccò un balzo da terra e si portò sul tetto della carrozza di fondo del gruppo. Il balestriere sul tetto fu pronto e il Kagnaccio volò via per la potenza del colpo ravvicinato. Un Kagnaccio stava per saltare sulla mia carrozza: avevo incoccato la freccia e mi preparai a lasciare il dardo. Il tempo andò a rallentatore, scoccai la freccia e mi misi in posizione di difesa, lentamente. Il tempo a rallentatore, è bello, si, però, quando sei in pericolo, se non è indispensabile, se ne potrebbe anche fare a meno. Firmato il protagonista. Il tempo riprese il suo corso e la freccia colpì di striscio l’animale che mi assaltò, nonostante la ferita. Mi parai con il braccio destro, con l’armatura. Barcollai indietro di poco. Il Kagnaccio tornò alla carica, mi spostai e cadde giù dalla carrozza. La velocità che avevano raggiunto le carrozze (stile diligenze, vagamente western, avevano il tetto di legno sottile ma robusto…) era molto elevata, alcuni cavalli si sganciarono, un sobbalzo fece saltare i ganci che li tenevano alla carrozza… I cavalli si salvarono ance dai Kagnacci, in quanto, il bersaglio eravamo noi. Se prima eravamo inginocchiati per non perdere l’equilibrio ora eravamo distesi, aggrappati al bordo. I Kagnacci rimasero indietro. Con la corsa e le forti scosse le carrozze una alla volta si ruppero, anche i cavalli rimasti si liberarono e corsero via impauriti. Arrivammo in fondo alla valle nella quale l’erba alta cedeva il posto a quella bassa e a qualche fiore di campo. Era un bel posto se non fosse per i Kagnacci. Venne l’alba. Le carrozze rallentarono e pian piano si fermarono, ma non prima di sobbalzi e scossoni che le avrebbero danneggiate in modo irreversibile… Un branco di circa una ventina di queste belve ci assaltò, vedendo le carrozze disfatte e noi fermi sopra. Davanti a noi il paesaggio cambiava notevolmente: non me ne ero accorto per i Kagnacci e la folle corsa. Le verdi pianure lasciavano il posto ad una terra scura, brulla e desolata. Due torri di roccia altissime a qualche chilometro da noi facevano da ingresso alla strada che vi passava in mezzo circondata da un mare di acqua. Le pareti intorno alla strada, a scogliera, dovevano essere alte sui 100m, più o meno come lo strapiombo alla fine della vallata. In alto ad est c’erano le nubi, non potevamo vedere se c’erano i draghi, ma lo potevamo immaginare, c’erano solo dei nuvoloni grigio scuro a est, in un punto preciso del cielo… I Kagnacci erano a pochi metri da noi, i balestrieri erano pronti ad un mio ordine. Prima che potessi dire la parola dell’attacco, come se aumentassero la velocità e quasi si teletrasportassero, saltarono in branco sulle carrozze e ci circondarono in pochi secondi. “Hai qualche idea capo?” “Non lo so! Sembra che per ora non vogliano attaccarci!”
“Che facciamo?” “Mettiamoci in difesa e prepariamoci ad un eventuale attacco! Logicamente!” Ci avevano costretti a stare tutti sulla stessa carrozza, quella di mezzo. Le sue ruote erano distrutte, il tetto ancora reggeva, più o meno la condizione delle altre due diligenze. L’attacco non arrivò, ma in compenso comparve Darkman o Bubbaroz che arrivo da una nuvola grigia nel cielo cavalcando un drago verde scuro, quasi nero... Scese in picchiata pronto a colpirci. “Saltate con tutta la forza che avete!” gridai. Così facendo sfondammo il tetto della carrozza già di per se indebolito dal nostro peso e da una crepa nel legno. I balestrieri puntarono le loro balestre e io l’arco, verso l’entrata: “Sparate ai Kagnacci se entrano… Cerchiamo di sopravvivere ragazzi!” Vidi dal finestrino, a sinistra, della carrozza che arrivavano altri Kagnacci. Non avevamo munizioni sufficienti e penso neanche la forza. Una specie di attacco psichico o magia lanciato da Darkman colpì me e i balestrieri: loro caddero svenuti o addormentati, non ricordo bene, io rimasi quasi impassibile, ma spaventato. Sentii la stanchezza che si espandeva dentro di me, volevo dormire, ma ce la feci a resistere, ancora per un po’. Tentai un azione evasiva, aprii la porta a destra dove non avevo visto ancora nessun Kagnaccio. Era la parte più vicina alla scogliera che provai a raggiungere, sparando a caso un paio di frecce durante la corsa. A metà strada venni catturato dal drago con le zampe; lui e Darkman mi portarono in una grande sala del palazzo. L’edificio non vidi bene dove si trovava, perché il mago volò sopra le nubi, e atterrò su una parte della struttura che spuntava dalle nubi e proseguiva ancora per molto. Mi addormentai improvvisamente e mi risvegliai più tardi (capita solo a me di addormentarmi nei sogni?). “Ma era davvero un sogno? ” continuavo a chiedermi di tanto in tanto… La sala suddivisa tre navate era enorme almeno 305m di lunghezza e 100 di larghezza (50 della navata centrale). La navata centrale più alta arrivava a 20m e quelle laterali sorrette da colonne a 10 e mezzo. Soltanto che, le colonne erano alte solo 3metri e da lì partivano degli archi che sorreggevano le strutture laterali. Dietro di me un grande portone enorme, perché ci passasse un drago, chiuso. Aveva anche le decorazioni gli intarsi e tutto il resto, anche due statue ai lati, come fermaporta ma lascio immaginare al lettore come possono essere… Un altro indizio, tutto è in pietra grigia scura (eccetto la navata centrale), la luce nella stanza arriva da delle vetrate poste sulla navata centrale, in alto e la pietra grigia più chiara della navata centrale illumina ancora di più l’ambiente. In ombra restano le zone più vicine alla parete delle navate laterali. Il soffitto realizzato con archi a sesto acuto… D’accordo, è più facile dire che sembra un incrocio tra una chiesa romanica e una gotica. In fondo alla sala c’era un trono, con sopra Darkman e a fianco il suo drago. Avevo i polsi legati da manette di ferro. Il trono era a circa 300metri da me, Darkman non parlava, mi fissava, senza volto ma mi fissava, pure il suo drago. “Così hai voluto sfidarmi eh ragazzino? Sappi che non tollero le sfide dei mocciosi come te!” “Che sfide?” “Tu, con le tue armate a sud ovest ed i draghi a nord est impedite il mio totale dominio!” “Totale dominio? Ma che divertimento avresti dopo?” “Dopo, catturerei tutti e come schivai vi farei lavorare per me! Mi diverto a essere cattivo!” e scoppiò in una fragorosa risata malefica. “Io preferisco essere buono invece! Dovresti smetterla con queste manie di grandezza!” “Io non prendo ordini da nessuno, specialmente nel mio mondo! Drago mangiatelo, ma conserva buona parte del suo sangue… servirà poi… Io ho una corsa da finire! Addio moccioso!”
“Cosa?” “Sta arrivando un esercito di draghi da est, mi preparerò ad accoglierli come si deve!” Come poteva aver scoperto i draghi? Possibile che durante il mio sonno avessi dormito per delle ore? Che giorno era? Che fine avevano fatto i balestrieri addormentati? Erano diventati schiavi di Darkman? A tutte queste domande, momentaneamente non c’era risposta, dovevo affrontare un drago, ed avevo le manette, ero veramente nei guai… Darkman si teletrasporto via mi lasciò ad affrontare il drago. Ma io questo combattimento, in parte l’avevo già vissuto, nell’arena (utile): primo: il drago si teletrasporterà dietro di me e mi tirerà una zampata all’altezza della metà della schiena. Piegando le braccia mi sarei liberato delle manette. Secondo: il drago avrebbe tentato una seconda zampata e sarei rotolato per terra per schivare il colpo. Terzo: ora ci provo per davvero. Secondo i miei calcoli era possibile che vista la sfinge sul mantello si bloccasse come nel pomeriggio, ma meglio non rischiare, questo poi è il mondo di Darkman… Feci qualche passo in avanti e il drago si teletrasportò, classico. Provai a fare la mossa del punto primo e mi liberai delle manette. Anche con la seconda riuscii. Mi rialzai ad un paio di metri dal drago per studiare la situazione. “Sei veloce umano! Quasi, quasi ti risparmio, oltretutto hai anche un mantello di sfinge! ” Corsi dietro una colonna, e come risposta pensai: “ Dici? È che ho già vissuto questo combattimento!” “E come finiva? ” mi domandò curioso. “In una parola: Pace!” Il drago corse verso la colonna e con una zampa la buttò giù. Non sembrava molto ragionevole… Approfittai dei cocci per rotolare di lato: senza potergli fare nulla, mentre mi allontanavo di soppiatto, mi prese con la coda e mi lanciò in alto contro il capitello della colonna accanto noi. “Ionico!” riuscii a gridare con lieve ironia, prima di sbattere sul capitello (che battuta! Mi feci male sul serio!). “Avevi detto che avevi già vissuto il combattimento o sbaglio? ” “Solo la prima parte!” pensai in mia difesa. Rimasi aggrappato al capitello per guadagnare tempo. “Evvai, ora il protagonista verrà sconfitto!” let. “Ma allora te tifi per Darkman!” aut. “No, però non mi sta bene che Ale vinca ogni volta!” “Bè molto spesso più che una vittoria colleziona un’amicizia o porta la pace! Poi fai te!” “Una bella causa per manie di protagonismo ci sta bene!” “Ma perché, sempre in queste situazioni? Non puoi aspettare l’inizio capitolo come sempre?” “Stavolta no…” ribadì il let. “Ehi, ma che vuole fare con quella macchina del tempo?” “La mando all’inizio del capitolo prossimo!!”
“Scendi e combatti, umano! Gli umani… tutti uguali…! ” “Ti piacerebbe! Ma sto tanto bene quassù! Comunque io sono diverso dagli altri umani…” ero abbracciato al capitello della colonna a tre metri d’altezza, a faccia in giù verso il drago. “Coloro che hanno un mantello di sfinge non hanno paura! ” “Appunto, comunque resto qui!” non sapevo cosa dire, il drago non commentò e si preparò ad abbattere la colonna, poteva farmi scendere con una fiammata, ma forse il mantello di sfinge mi avrebbe protetto. quando dalla tasca mi cadde un foglio. Era l’attestato del sogno scorso.
“È un attestato per me, non importa che lo leggi!” provai a dirgli, allungando la mano. Persi l’equilibrio e volai in terra da circa tre metri, disteso, <>. Il drago aveva preso il foglio e lo stava leggendo, da bravo curioso: mi ripresi, mi buttai in avanti per prendere il foglio che teneva nella zampa; lo alzò di poco e volai diritto senza prendere il foglio. Il pavimento liscio impedì di riprendermi subito. Scivolai in avanti… dopo quattro metri riuscii ad alzarmi. Il drago provò a distruggere quel foglio con una fiammata… Non credeva a quello che c’era scritto. La fiammata venne assorbita dai geroglifici che adesso risplendevano ancora più nitidi. Allora il drago provò a strappare quel foglio, ma era troppo resistente e si ferì leggermente la zampa sinistra con l’altra zampa. Alla fine dei sui falliti tentativi si girò verso di me: “ Ti darò una mano a sconfiggere Darkman! ” una lacrima gli scese sul muso, se l’asciugò subito dicendo che era un granello di polvere… Nell’attestato c’era scritto il sogno, come mi ero comportato e cosa era successo e il drago ne rimase molto colpito, perché non voleva crederci… Non poteva credere che un umano, per lui, un comune mortale avesse preferito la pace a qualunque altra cosa… “Perché?” dissi frastornato dalla botta dei tre metri e da quella in scivolata. Vedevo le stelline girare di qua e di là nella mia testa, ero di fuori. “Qui dice il sogno che hai fatto! Rinunciando alla tua scelta per la pace tra due amici, ti sei comportato ammirevolmente e ti aiuterò! Il mio padrone mi ha mentito sugli umani… ” “Perché?” dissi come prima. “Perché anche se ero malvagio, fino a poco fa, aver letto il tuo attestato mi ha cambiato! Anche perché riguarda un drago che assomiglia tanto a me! Ora capisco perché hai detto <> prima! Mi dispiace di aver provato ad ucciderti… ” “Perché?” ero in uno stato di shock misto a trauma da botta in testa. Il drago mi tirò una zampata che mi fece volare sulla colonna. Mi ripresi. “Ehi, ma cosa è successo?” “Eri in uno stato di shock e ti ho aiutato ad uscire! ” “Strano, non mi ero mai accorto di avere tre bernoccoli in fronte!” “Nemmeno io se ti può consolare! ” “Stavi dicendo qualcosa prima? Sentivo un brusio e basta, ero traumatizzato e tramortito!” “Nulla di che… ” Raccattai l’attestato e lo rimisi in tasca. “Ti darò una mano a sconfiggere Darkman! ” disse con un po’ di tristezza nella voce del pensiero. Passarono 7 secondi, poi, visto che nessuno di noi parlava… “Se mi vuoi aiutare andiamo a disattivare o distruggere le pietre magiche!” “Sono nei sotterranei! Sbrighiamoci prima che Darkman ritorni !” “D’accordo drago! Qual è la via più veloce per raggiungere i sotterranei?” “L’ascensore! Aggrappati alla mia zampa voliamo di là !” Raggiungemmo l’ascensore, grande, per ospitare almeno un drago… 80 e passa piani, più giù. Davanti alla porta alla quale si accedeva alle segrete e quindi alle pietre c’era un’imponente sfinge e una 50antina di Kagnacci. Eravamo in una grande caverna, dietro un enorme roccia, vicino all’ascensore… Dimensioni: 500m(lunghezza)x600m(larghezza)x120m(altezza). Caratteristiche particolari di questa caverna: nessuna a parte, spaziosa, pulita, con pochi ripari per chi
vuole nascondersi a riflettere sul da farsi. Ha delle stalattiti di roccia rade e un illuminazione enorme che viene da delle lampade poste sul soffitto. “È ben sorvegliato !” commentò il drago. “Hai avvertito la sfinge?” “No, prima sconfiggiamo i Kagnacci, poi l’avvertiamo !” “E se lei avverte noi?” “In quel caso tenteremo di spiegarle la verità! Ma è difficile, le sfingi di solito sono ferme nelle loro decisioni !” “Tu dici?” feci una pausa: “ Una volta ho conosciuto una sfinge, si chiamava Skharia!” Sentimmo un rumore tipo tremore della terra, i cani restarono fermi, sotto gli influssi psichici della sfinge che si voltò guardando verso di noi e pensò: “Come fai a sapere il mio nome umano?” “È una storia lunga!” “Leggete questo attestato di questo umano, o grande sfinge! ” pensò il drago con devozione, più che rispetto. “Indica che cosa ne devo fare di lui da parte di Darkman?” “Non proprio !” La sfinge mandò un Kagnaccio a prendere il foglio e lo lesse. “Capisco… Inoltre di voi mi posso veramente fidare, in barba a Darkman… Cosa siete venuti a fare qui?” Con un ordine mentale mandò via i Kagnacci. “Vorremmo distruggere le pietre magiche di Darkman!” La sfinge fece qualche passo in avanti e la porta si aprì: “Entra pure umano, però Dovrai andare solo… il drago ti aspetterà qui!” La porta era a posta per una persona e un drago o una sfinge non ci sarebbero passati. Indugiai un po’ sull’ingresso, aspettandomi un buona fortuna che non arrivò… ed entrai. Le porte si richiusero dietro di me. Era tutto buio in quella stanza. “Si può accendere un minimo di luce?” “Va bene umano!” una voce strana, dome quella di chi racconta tante bugie e non sa che pesci prendere… Una luce si accese. Più che una luce erano tutte le penne e le piume di una fenice, appollaiata su un trespolo enorme. La stanza era cilindrica come un nuraghe e le pareti erano costituite da pietre murate irregolarmente, volendo fornivano qualche appiglio per salire… dove? Dalla fenice? Come stanza era anche piuttosto alta anche se poco grande. “Salve!” dissi: “Vorrei andare a distruggere le pietre magiche!” indicai la porta chiusa di fronte a me. Avevo dimenticato il foglio con l’attestato dalla sfinge… ma magari non gliene sarebbe fregato nulla… “E pensi che ti lascerò passare senza neanche una minima prova?” “Spero di si! Ne ho già viste tante fino ad ora!” “A volte le risposte semplici sono le più sincere! Rispondi a questa domanda e ti aprirò una porta! ” Magicamente comparse una porta nel muro. “Attento a come rispondi, però! Una porta potrebbe toglierti la vita…” “Ora mi sento più tranquillo!” stavo pensando di andare a battere alla porta per farmi riaprire dalla sfinge quando la fenice parlò. “Ascolta umano cosa farai se distruggi quelle pietre?”
“Impedirò a Darkman di conquistare il mondo ed imporre la sua malvagità!” “Intendevo dopo! Prenderai il posto di Darkman?” “Perché?” “Perché chi distrugge le pietre ne prende il potere al posto del precedente cattivo! L’unico modo sarebbe distruggere le pietre due volte!” “Non lo sapevo!” mi mise un senso d’insicurezza ciò che disse la fenice con la sua strana voce. “Come prevedevo! Cosa farai allora?” “Distruggerò le pietre due, tre quattro volte e anche di più se necessario!” “Bene!” la fenice aprì una terza porta. “Tu non vieni a darmi una mano?” “Purtroppo devo sorvegliare questo ingresso! Finche Darkman non scioglierà queste catene!” Fece per volare, per farmi vedere l’enorme catena di uno strano materiale lucido e nero che imprigionava le gambe della fenice (assomigliava ad una gigantesca gallina, ma sapeva volare, parlare e aveva le ali di fuoco). “Non puoi provare a liberarti?” “No, ci vogliono le chiavi che porta sempre con sé, non è semplice…” “Ti libererò se mi riuscirà!” dissi. Darkman era proprio crudele. Entrai nella stanza successiva. Le porte si richiusero dietro di me, come in precedenza. Stavolta cos’avrei dovuto affrontare? Mi avvicinai all’altra porta al di là del pavimento che secondo i miei calcoli avrebbe dovuto condurre alle pietre. D’un tratto il pavimento tremò: feci un altro passo e vidi che iniziava a crollare. Mi voltai e mi buttai afferrando il leggero spessore che rimase tra pietre e muro. La stanza era circolare, cilindrica, il pavimento crollato era di sassi squadrati, simili a quelli usati in antichità per i muri a secco, ma più piccoli. In fondo non vedevo nulla, buio, ma avevo paura. Perché la fenice mi dovrebbe aver mentito? Forse avrei prima dovuto aiutare lei e poi distruggere le pietre? Ormai era tardi. Ero ancora appeso al breve muro che girava in cerchio intorno alla stanza. La porta che era davanti a me riconduceva alla fenice: mi avvicinai a fatica e allungando una mano provai a bussare: si aprì, mi tirai su e rientrai nella stanza velocemente, prima che la porta si richiudesse. Quella brutta esperienza non la dimenticherò mai (anche se era solo un sogno…o no?) “Non è capitato spesso di vedere ritornare vivi da quella stanza!” “Spiritosa!” “No, dico sul serio!” “Non mi dire…” feci una pausa: “È che avevo dimenticato di liberarti!” dissi serio. “Dici? Non volevi distruggere le pietre?” “E poi liberarti, certo… come no...! Ma un evento mi ha costretto a rivedere il programma!” Tra tutti i personaggi che avevo incontrato, la fenice mi stava quasi più antipatica di Darkman, perché si divertiva del dolore altrui e mentiva… Darkman se voleva ucciderti te lo diceva in faccia, questa fenice no! “Evento? A me è sembrato che fosse una stanza di quelle…” “Perché hai voluto uccidermi? Potevi dirmelo che prima di andare avanti che avrei dovuto liberarti!” “Eri troppo frettoloso, umano e poi non devi liberarmi…” “Non è vero! Ti avrei liberato dopo, in un modo o nell’altro…” “Va bene! Allora ti faccio un’altra domanda e ti mando in un’altra porta!” “Oh no! Adesso basta di domande e porte!” dissi, guardai la stanza cercando appigli nel muro per
raggiungere la fenice: “Ti libero e poi farai quello che ti pare, dopo che mi avrai aiutato!” “Non ti avvicinare, forse, dopo che mi avresti liberato ti mangerei!” “Così non mi aiuti!” mi aggrappai a due rocce nel muro e iniziai la scalata. “Guarda ti apro tutte le porte che vuoi! Ma non mi liberare! Non puoi farcela!” “Quanta pazienza mi ci vuole in certe situazioni!” ero <> alterato. Salii di un metro. “Su, scendi, così facendo non distruggerai mai le pietre!” Salii di un altro metro. “Col mio istinto di mangiare potrei ucciderti!” “Meglio, almeno dopo le distruggi te le pietre conoscendo la porta giusta!” se devo dire tutta la verità in quel momento ero <> più nervoso di poco fa. Salii a quota 4m. “Sei testardo, ragazzo!” Salii a quota 5metri. La fenice a quel punto mi venne incontro per quel poco che poteva allontanarsi dal trespolo. Disse di aggrapparmi alle piume del collo. In cima il trespolo sembrava un ponte. La fenice un’enorme merlo in gabbia dal manto rosso e di fuoco. Le catene erano collegate alla fine del trespolo, nel muro. C’era un’incavatura nella parete: un metro e una porticina. “A che serve?” “Da lì di tanto in tanto vengono a portarmi il cibo!” “Perché mi hai mentito, prima?” “Volevo sapere se mi salvavi perché eri veramente intenzionato a farlo oppure no e non solo! Ho il compito di tentare di impedire di salvarmi!” Aprii la porticina per vedere se mentiva ancora, c’era una stanza dove un mare di Kagnacci cuochi cucinavano pietanze. “Non ti mento più, ora!” “Sarà anche vero, ma non mi fido di chi mi ha mentito più di una volta, per scherzo o meno!” Mi avvicinai alle catene, e provai ad aprire il lucchetto con una forcina. Nei film spesso funzionava, forse anche nei sogni. Il lucchetto era gigantesco, la forcina in confronto era meno di uno stuzzicadenti. “Liberami e scappa il più velocemente possibile!” “Sono ad un’altezza di 10m dove vuoi che vada?” “Prendi la porticina!” “Ci sono i Kagnacci e dovrei rifare il giro per tornare qui! O la va o la spacca! Se mi mangi sappi che ti andrò di traverso!” “Che gentile! Moriamo tutti e due dopo!” “Meglio!” “Senti…” “Se tu sei fenice batti le mani! Ti ho liberato!” “Battuta scadente, ma data l’occasione va anche bene!” “Allora mi hai mentito ancora? Non mi mangi?” “Non posso mangiare chi mi salva la vita! Va contro i miei principi e i miei istinti!” “Accompagnami alla sala delle pietre!” pronunciai senza fare commenti molto negativi (sull’autore e soprattutto sulla fenice). Dopo una porta, quella giusta, attraversammo una stanza e ci ritrovammo in una sala circolare, scavata in della roccia, rosa chiaro. Luci ovunque emanate dalle pietre e non. “Distruggiamole!” dissi. “Va bene!”
Le pietre in realtà erano dei sassi di vetro colorati con delle luci interne… chissà se avevano davvero poteri magici, ma non me ne importava più di tanto… Riuscimmo a distruggere tutte le pietre. Dalla distruzione dell’ultima si formò un buco nero che mi risucchiò: non seppi bene cosa successe in seguito in quello strano mondo dei sogni… Forse perché non successe più niente in quel mondo, per me… Mi risvegliai nella realtà.
Do You buss? 14.: L’ultimo giorno di gara. Premessa: finito il sogno, Ale ha un brusco risveglio, ma si sente riposato. Si trova lividi ovunque come se l’avventura l’avesse vissuta davvero (anche un leggero taglietto sulla pancia, ma ormai crostato e quasi cicatrizzato). “Senta non può scrivere il capitolo nella premessa!” “Solo due righe!” “Ha ragione, ma prima che peggiori…” Siamo verso la fine del libro nel caso nessuno se ne fosse accorto. Il prossimo capitolo sarà l’esordio! O era il contrario che dovevo scrivere?
Mi risvegliai che ero pieno di lividi: erano le 8 di mattina. Sapevo che la terza gara si sarebbe svolta a partire dalle 12. Skyrider era sveglio e mi osservava stupito. Aveva letto il mio sogno, mi disse: “Ti accompagnerò!” “Davvero?” “Certo! Ho deciso che in barba al contratto che vige tre me e lui ti aiuterò, anche perché hai distrutto le pietre…”
“Grazie! Perché tanta improvvisa gentilezza?” “Ho letto il tuo sogno!” “E quindi?” “In quel sogno avresti potuto morire! Guarda i tuoi lividi, sono reali, eppure corrispondono esattamente al sogno!” Guardai la pancia, c’era un taglietto orizzontale, che aveva fatto la crosta. “Il mio padrone ha esagerato e questa volta non ti ha nemmeno dato il premio per la vittoria!” “Invece si: il tuo aiuto! E questa penna di fenice, che non so a cosa serva!” dissi guardando nella taschina della camicia… “Serve per invocare l’aiuto di una fenice, per un tempo limitato!” “Allora sbrighiamoci! Dobbiamo recuperare il giorno di ieri!” “Per un drago non è un problema!” “Grazie, ma per me si!” “Sali a bordo che voliamo!” “Non tanto in alto e non troppo veloce!” “Sta tranquillo!” In breve sorvolammo il tracciato. “Spiegami meglio il fatto che in quel sogno potevo morire?” “Sei stato trasportato in un’altra realtà col sogno: il mio padrone l’ha sfruttata per i suoi loschi piani e per diventare più forte! Hai presente il mondo parallelo di cui ti parlavo… è quello! ” “Acc !” “Se uno sogna, va bene, ma se uno in sogno viene trasportato in una dimensione parallela... può anche morire… ” “Che consolazione!” “Tanto ora sei qui !” Raggiungemmo i miei amici che, ancora stavano dormendo in Busso. Li svegliai bruscamente, erano le 10 e qualcosa. Avevano parcheggiato appena dopo il traguardo a 500m dal ristorante della seconda tappa. Come mi videro si congratularono con per essere sopravvissuto sia al sogno che al drago e ci furono le dovute spiegazioni sulla gara e sul fatto che l’animale, ora, stava dalla mia parte. Loro erano arrivati secondi: primo Darkman, terzo shadow, quarto mio fratello, quinto lo sgommatore. A seguire gli altri. Dissero che Busso aveva fuso il motore alla fine della gara, che non c’era un officina e che avremmo perso la gara. Erano le 11:30 e ognuno di noi stava pensando una soluzione. Sentimmo un grido; era Skyrider sotto l’effetto della magia di Darkman. Venne rimpicciolito alle dimensioni di una lucertola e chiuso in un barattolo. Darkman era fuori del bus e prima che potesse andarsene lo rincorsi e gli sbarrai la strada: i miei amici invece tenevano d’occhi le vie di fuga laterali. Teneva in mano il barattolo con il drago. “Spostati ragazzino o subirai la stessa sorte!” disse, parlando, ma con una voce inumana, con una specie di effetto growl. “Lascia stare il drago! La sfida è fra di noi!” frase stile western. “Ancora non hai capito?” Togliti di mezzo. “No!”
“Peggio per te!” borbottò frasi incomprensibili e un pallone di fuoco, stile quelli da calcio partì dal suo braccio teso. Feci per pararmi dalla palla, con il mantello ma una barriera invisibile la fermò prima. Era la penna della fenice che aveva annullato la magia: si era attivata automaticamente: dietro di me comparse una fenice quasi invisibile, come per proteggermi. Darkman capì che quella battaglia l’avrebbe persa! La fenice forniva protezione dalle magie. Lasciò cadere il barattolo non prima di aver fatto comparire un sasso appuntito in terra... Poi si tele-trasportò nella sua auto. Mi buttai verso il contenitore prima che colpisse la pietra. Nella sua traiettoria c’era una pietra molto appuntita: Darkman voleva ucciderlo, ma lo salvai: presi il barattolo al volo e rotolai su me stesso per dare più stile alla scena, poi appoggiai il drago in terra sulla sabbia, di fronte alla fenice... Detti a Vigor il vaso. “Fenice, puoi annullare le magie di Darkman?” La fenice non parlò si butto sul barattolo attraversandolo da parte a parte e sparì, come se fosse stata uno spirito. Pochi secondi dopo il drago riacquistò le sue sembianze e ritornò alle dimensioni di prima. “Mi hai salvato! Grazie!” “Ne valeva la penna!” Data l’occasione una risata scappò a tutti. “Ripariamo il motore!” mi ripresi e li incoraggiai. “Impossibile! Non siamo meccanici ed è tardi!” commentò il drago. “Ha ragione Ale, non abbiamo tempo!” intervenne Lessy “Dobbiamo partire subito! Sono le 12:00!” Si decise che il drago avrebbe spinto Busso, dopo che fosse stato alleggerito di tutte le cose inutili rimaste: il motore fuso, le pareti e il soffitto in metallo del bus, il volante, la poltroncina d’autista e tutti i vari cavi e oggetti meccanici che stavano vicino al motore. Erano rimaste le ruote il piano dove c’erano le sedie e la parete di fondo. Sarebbe pesato sui duecento chili, con noi sopra un po’ di più, un drago l’avrebbe spinto facilmente. Partimmo da ultimi, il drago spingeva, ma comunque non andava tanto forte. Dopo tre o quattrocento metri a 5km/h, Lessy e Vigor di loro spontanea volontà si gettarono di sotto! “Ci vedremo al traguardo!” disse Lessy. “Così siete più leggeri!” gridò Vigor. Rimasi stupito dalla loro reazione e vedendo che loro mi salutavano tranquillamente, li salutai anch’io con la mano: “Ci vediamo dopo!” La gara era iniziata da poco ma vedemmo già un paio di relitti colpiti dal laser fermi ai bordi della strada. Non erano dei concorrenti famosi, ma era ingiusto che finisse così, per molti. Io e il drago ci fermammo per vedere la situazione, non c’era niente da fare, avrebbero dovuto continuare a piedi. Gli dissi che poco più indietro c’erano i miei amici e che, magari, gli avrebbero dato una mano. Ci ringraziarono, erano un po’ stupiti dal mio tentativo di veicolo e dal drago che avevano visto con Darkman; mi chiesero spiegazioni e in risposta gli dissi solo che non voleva più stare con il cattivo. “Sei un leale concorrente! Vinci questa gara anche in nome nostro, qualunque sia il tuo desiderio!” Ripartimmo. La velocità massima era di 50km/h. “Skyrider, dobbiamo ancora alleggerire i resti del Bus!” “No, ce la faccio, ma con questa sabbia, anche in mezzo alla carreggiata, affonda ogni poco!” “Appunto! Ce la fai a tagliare in due il metallo, qui?” “Vuoi dividere il bus a metà?!” “Certo, dopo diventerà una specie di carro e tu lo trainerai! Sarà molto più leggero! Davanti ha anche le
ruote di legno!” Busso era veramente ridotto male: di autobus non aveva più niente, sembrava un carretto da demolire: infatti… Il mio piano funzionò e riacquistammo velocità. Ci portammo tra i primi, ma non prima di aver trovato i resti di altre vetture: anche il dentista era finito fuori pista, ma da sé. Davanti a noi rimanevano oltre ai 400km del tracciato, lo sgommatore, shadow, Darkman e mio fratello. Incredibile che mio fratello fosse sempre in testa, eppure era così, dovevamo arrivare prima di lui. Lo sgommatore vide che tentavamo il sorpasso, ma accelerò e ci fece mangiare una nuvola di polvere. Il suo veicolo era simile ad una ferrari da rally; è assurdo ma è così, era una macchina più alta di una ferrari, quasi quanto un fuoristrada, ma aveva la fisionomia di una ferrari. Comunque quel veicolo era studiato apposta per sgommate e alzare tanta polvere… Il drago fu per poco disorientato e quasi finimmo fuori pista. “Non abbiamo qualcosa per andare ancora più veloci?” “Non penso! Poi io mi sto stancando!” “Di già? Abbiamo fatto solo 150km e ne rimangono 350!” “Prova te a trainare un carretto con uno sopra e ad andare ad 80km/h!” “Hai ragione! Purtroppo le regole parlano chiaro! Uno deve avere almeno un veicolo per compiere la gara e/o un mezzo trainato da un qualunque tipo di creatura! Non sono accettati veicoli volanti!” “Non ti preoccupare il volante non c’è!” Risi: “Eh già, l’abbiamo tolto!” “Abbiamo? Hai fatto fare tutto a me!” “Era per generalizzare! Lo so che è merito tuo!” “Ma i lettori no!” “Comunque sei sicuro di aver letto bene il depliant della gara?” “Perché?” “Mi sembra che i veicoli volanti si possono utilizzare se non superano una certa velocità…” “Forse…” non ne ero sicuro: “Teniamo come ultima risorsa questa idea!” “Ehi, drago, ho ancora un’altra idea per andare più veloce, accosta!” “Va bene!” Anche se ormai eravamo ultimi, non me ne importava. Spiegai a drago l’idea. Tagliammo a forma di tavola da surf la lamiera rimasta, saldammo un palo con una specie di manubrio alla tavola. Stavolta, era un veicolo veramente leggero. Con una corda il drago avrebbe trainato la tavola. Prima, ho parlato in prima persona plurale anche se ha fatto tutto il drago. Cosa avrei fatto senza di lui, a parte perdere la gara? “Siamo stati bravi!” “Hai la brutta abitudine di parlare al plurale! Dovresti smetterla!” “Se non ti piace correggo subito! Sei stato bravo!” “Ecco!” In questo modo raggiungemmo una velocità che era quasi il doppio di quella con il carretto. Vedemmo lo sgommatore fermo a un lato della strada, un raggio laser gli aveva forato la vettura da parte a parte. In breve raggiungemmo la testa della corsa. Shadow era terzo, Darkman secondo e mio fratello doveva essere in testa, non si vedeva. Per quanto mi sforzassi, la mia vista era tornata normale, l’effetto dell’arco di Oniride era
completamente esaurito: era finito già da un paio di capitoli, ma io ci speravo ancora. Firmato il protagonista. Vedemmo Shadow che con una mossa evasiva tentò di superare Darkman. Ci riuscì, ma dopo poco sentimmo un rumore secco. Shadow era fermo a lato della strada, ma quello che dicevano su di lui a quanto pare era vero: bevve una specie di pozione e si trasformò in un merlo. Ormai non potevo stupirmi, ne avevo viste... Comunque nella sua forma di merlo andava meno veloce di noi. Mancavano circa 200km, c’era ancora molto tempo prima della fine. Skyrider era veramente stanco, vidi che ansimava e gli consigliai di fermarsi. “Ma così perderai la gara e il tuo desiderio!” “Non posso… compromettere la vita altrui per un desiderio… fermati!” non sapevo cosa dire, non volevo rivelare il mio desiderio ora… Il drago si fermò: “Compromettere la vita altrui? È un desiderio personale o lo puoi rivelare ora?” Eravamo fermi in mezzo al deserto, non c’era nessuno, ne a destra ne a sinistra. Eravamo in mezzo alla sabbia, ma il sole stranamente, anche se il cielo era sereno non faceva caldo. Una sorta di barriera invisibile proteggeva la zona dal caldo soffocante tipico del deserto e me ne accorsi in quel momento: tirava un vento leggero. “Il mio primo desiderio sarebbe stato quello di avere dieci desideri da esprimere!” …ma ne fui costretto. “Astuto! Poi cos’avresti chiesto?” “Come primo desiderio… avrei chiesto la pace nel mondo!” Il vento smise di tirare. E si iniziò a sentire il caldo. “Bello…! Perché per un desiderio così grande non vuoi compromettere la vita altrui?” Non sapevo cosa rispondere ma riuscii a dire: “Non tutti la vogliono!” “Già… Comunque non pensi che questa storia del desiderio sia una trovata pubblicitaria?” “Anche se lo fosse… è bello crederci! Poi si vedrà al traguardo!” “Andiamo, mi sono riposato abbastanza!” non sembrava tanto sincero… “Sei sicuro?” domandai un po’ preoccupato per il drago. “Teoricamente si!” “Praticamente?” “Al 70%!” “Bè, allora, un altro paio di km li faremo di certo!” Poi, sentimmo il calore del deserto, come se il campo di forza fosse finito… Nonostante tutto il caldo del deserto era meglio della temperatura climatizzata… Tornati in pista, ci sentimmo come carichi di una nuova energia: il p-stop ci aveva rinvigorito. Entrammo nel <> che impediva al calore di entrare e subito fummo colti subito dalla stanchezza: era Darkman la causa di tutto. Doveva aver attivato un campo di forza che impediva al calore di entrare e provocava stanchezza nei suoi avversari… Più ci avvicinavamo alla sua vettura più eravamo stanchi. “Lanciami sulla vettura, cercherò di disattivare la magia di Darkman!” pensai assonnato. “È pericoloso ed entrambi siamo stanchi! ” Quelle furono le ultime parole che udii prima di addormentarmi. Caddi all’indietro ruzzolando giù dalla duna, per fortuna il drago volava basso... Skyrider si accorse di me e mi venne incontro, ma ero addormentato.
Do you buss? 16.: Lotta finale. Premessa: “A-ah! Stavolta l’ho beccata in un grosso errore di conteggio!” “Dice, lettore?” “Esattamente!” “E quale sarebbe l’errore?” “Il fatto che il capitolo precedente è il 14 e questo è il 16! Dov’è il 15?” “È solo questione dei punti di vista! Per me il 16 viene dopo il 14 e il 15 viene quando gli pare!” “La matematica non è un opinione!” “Ha ragione! Ammetto di avere sbagliato e correggo!”
Do you buss? 15.: Lotta finale. Premessa: “Lei è un autore incensurato!” “Perché?” “Non può pubblicare un libro con le correzioni sopra!” “Non mi sembra un’ottima idea per censurarle! E così, inoltre aggiungo qualche pagina a questo libro!” “Non lo fa già con le premesse?” “Bè… anche…” “A-ah! Ammette che senza le premesse questo libro non varrebbe niente?” “No! Assolutamente no!” “Allora cosa ammette?” “” “Non sa cosa dire eh? È senza parole per ciò che le ho detto? Mi sta ascoltando? Perché è si è addormentato?” “Per pietà, facciamo cominciare questo capitolo!” “È tutto ciò che ha da dire? No sa, perché… e poi…” “Mamma mia quanto è logorroico!”
Mi risvegliai che ero nel deserto, simile a quello che avevo lasciato. Mi trovavo in piedi, bardato come un cavaliere, senza cavallo e col mantello di sfinge che svolazzava al vento. Intorno a me, si trovavano delle pareti di sabbia, che sembravano ferme, ma che lentamente giravano: era uno spazio cilindrico… D’un tratto arriva la limousine di Darkman da dietro la duna, lui scende sbattendo la portiera. “Mi hai dato del filo da torcere ragazzino, ma ora è giunta la tua fine! Ti impedirò di arrivare in fondo alla gara e chiedere il tuo desiderio!” “Non le piacciono i <> eh?”
“Non è il momento di scherzare! Ora dovrai affrontare me, da solo!” “Nel campo della cattiveria? No grazie, sei imbattibile!” che battute e proprio quando affronto un cattivo. “AucoinExtBol!” Era una formula magica che fece apparire una specie di chimera, non un sogno, ma una specie di quel animale mitologico. Non era più grande di un cane lupo, ma incuteva comunque timore. “E così mi affronterai con la magia? Non ti pare di essere sleale dato che io non sono un mago?” “Appunto! ModernNo.25!” Delle manette di ghiaccio, pesanti mi inchiodarono le braccia ad una parete invisibile. “Non sei il solito cattivo che sfida con onore l’avversario eh?” “Indovinato! Sono uno a cui piace far soffrire! Chimera, rosicchiagli le gambe!” “Non lo fare animale! Non preferiresti una scatola di croccantini?” dissi alla chimera che si avvicinava lentamente. Non ottenni risposta ne cenni. “Le chimere sono insensibili alla corruzione, come te!” “Grazie del complimento! Ma vuoi uccidermi o torturarmi?” “Entrambe le cose… finche ho tempo! Mi hai distrutto le pietre, io ora distruggo te…” La chimera stava allungando il suo muso verso la mia caviglia. Aveva i denti pieni di bava, reagii, piegai il piede all’improvviso la feci arretrare senza colpirla. È in queste parti che comprendo la convenienza di avere una controfigura. Purtroppo io non ce l’ho! Firmato (per l’ennesima volta) il protagonista.
Il mago fece sparire la chimera e trasformò l’aria in una lancia appuntita con degli strani disegni sopra. Voleva infilzarmi. “Così non ti fai rosicchiare le caviglie eh? Bene, morirai con più dolore!” Le manette non si allentavano, erano magiche. Il mago si avvicinò a piccoli passi verso di me con l’asta in mano. Sul muro di sabbia improvvisamente si formarono delle crepe. Il mago se ne accorse e accelerò il passò. Le crepe cedettero e vidi Skyrider che aveva aperto un varco e lanciò un getto di fuoco contro il mago che si parò con l’asta. Con la mano destra lanciò la lancia verso di me e con la sinistra lanciò una magia al drago. L’asta miracolosamente mi mancò e si conficcò a pochi cm dal mio braccio destro. Scossi con tutte le mie forze le catene che si allentarono senza rompersi. Era una tortura, ne ero certo: quanto avrei potuto resistere? “Basta!” gridai con tutte le mie forze: “Sono stufo!”. Le catene si allungarono ancora, ma non ero libero. Il mago era impegnato con il drago, la sua magia verso di me si stava leggermente indebolendo… Un forte scossone mi riportò attaccato al muro invisibile. Ero nel mondo dei sogni (o no?), tutto era possibile, forse, ma il drago non avrebbe resistito ancora a lungo ed io dovevo liberarmi: avevo bisogno di un altro aiuto. Provai a dire la formula del mago al contrario, niente. Mi balenò un idea: “ Ultrasuoni!” Forse con gli ultrasuoni sarei riuscito ad interrompere la magia e a liberarmi: il problema era procurarsi gli strumenti, l’autore mi disse che non era possibile, abbandonai l’idea. Mi balenò un altro pensiero, fingermi rilassato e vedere se le manette scomparivano o si allentavano. Quella tattica funzionò e riuscii a liberarmi dalle manette usando la psicologia inversa. Provai colpire il mago ma attraversai il suo mantello come se fosse un fantasma. Con lo spostamento d’aria di uno schiaffo mi mandò a sbattere sul muro di sabbia e continuò a combattere contro il drago. Mitico, era un fantasma, c’era solo un modo per sconfiggerlo: ma quale?
“Un paletto di frassino?” “No, ritenta!” “Una pallottola d’argento?” “No!” “D’oro!” “Non ci siamo!” “Metterlo davanti ad uno specchio?” “Al massimo scappava via dal non vedersi la sua faccia!” “Una collana d’agli?” “Aggiungi il basilico e, forse, facciamo il pesto!” “Allora cosa, autore, cosa?” “Tanto per l’originalità una partita a scacchi!” “Mitico! Ma senza magia vero?” “Bè il mago cattivo essendo cattivo ha un paio di mosse speciali, ma te la puoi cavare con gli scacchi, sei bravo!” “Sono bravo, ma non ho mai affrontato nessuno all’infuori di mio fratello!” “Vincevi sempre, no?” “Spesso… ma: -no comment-!” feci una pausa: “E poi perché una partita a scacchi?” “Te l’ho detto, per l’originalità! Magari, preferivi una partita alla play, ma non mi sembra il caso!” “Va bene, ho capito! Improvviso!”
“Ehi mago, perché non facciamo una leale partita a scacchi?” dissi rialzandomi dalla botta contro il muro di sabbia. Il mago accettò e fece comparire una scacchiera. Con una magia immobilizzò il drago. Incredibile… “Nessuno mi ha mai chiesto di fare partite a scacchi! Ho sempre vinto! Acconsento per dimostrarti che sono imbattibile, poi morirai! Considerala una tortura!” Ora si spiega… Gli scacchi, come pezzi rappresentavano tutti quelli che mi avevano aiutato in questa gara. Le pedine erano suddivise, quattro con la faccia di Lessy e quattro con la faccia di Vigor. I cavalli erano due fenici, le torri due sfingi, gli alfieri, due draghi, la regina era Busso e il re ero io, indossava anche una miniatura del mantello di sfinge. Mentre i pezzi di Darkman erano; lui il re, circondato da un’aura malvagia, la sua regina era rappresentata come il suo desiderio di dominio del mondo, le pedine erano limousine nere. I cavalli erano dei draghi, gli alfieri i Kagnacci. Le sue torri erano due Mostracci. La partita nel primo tempo scorse lenta. C’era una netta situazione di stallo quindi il mago fece la prima mossa speciale. Mi distrusse la torre senza che io potessi fare niente, ed era protetta da tre pedine. Non era giusto che fosse sleale anche negli scacchi, basai il mio gioco sulla difesa: poi mi feci strada con un gioco aperto, con i cavalli e gli alfieri. Lui invece muoveva la regina e aveva spostato i pedoni a gioco chiuso. Arroccai il re e lui mi fece la seconda mossa speciale (che teoricamente doveva essere l’ultima), mi uccise la regina sacrificando un cavallo che era ancora nella stalla e la mia regina era ancora nelle retrovie. Con una presa en passant lo fregai e mi portai in vantaggio di una pedina. “Complimenti umano, mi hai mangiato una pedina! Ma hai ancora da recuperare una torre e una regina!” e scoppiò in una risata malefica. Eravamo ancora a metà partita, era ancora tutto da decidere, ma ero in netto svantaggio. Facendomi lentamente strada con tutti i pezzi, contando su una sorta di gioco di squadra e sul mordi e fuggi, riuscii a recuperare la torre. La partita scorreva lenta, piano piano, proteggendo il cavallo (tutto parlando in termini semi-tecnici) e attirandolo in trappola con una mossa
(che non mi ero reso conto di aver fatto) riuscii a fargli la fatidica mossa che, con un animale, si può fare una volta sola nella partita. Doveva scegliere, re o regina. Recuperai così anche la regina. Ma le difficoltà erano solo all’inizio con una magia mi uccise tre pedine senza che potessi intervenire e passò il turno. “Acc, fai così schifo a scacchi che devi usare la magia per battermi?” commentai ironicamente. “Attento ai tuoi insulti moccioso! Potresti pentirtene!” Spostai l’alfiere, il cavallo e la torre (quelli rimasti), nei tre turni successivi, in difesa, aspettando un attacco. Con una magia sacrificò tutte le sue pedine e mi uccise tutti i miei pezzi d’attacco. Ero rimasto col re, protetto da tre pedine e una avanti di due caselle nella colonna c. “Ma così al prossimo turno hai già vinto, slealmente ma hai vinto!” dissi deluso dal comportamento del cattivo. Vidi che aveva la torre in una colonna libera e il suo alfiere nero che stava pronto ad una mia fuga. Il suo altro cavallo invece era ancora nella stalla. Il turno stava a me, spostai in avanti la pedina di uno per lasciare una breve fuga al re. “Non ti ho ancora finito e mi hai dato del filo da torcere! Comunque se ti vuoi arrendere…” “Mai! Ho fatto quello che ho potuto! Ma con uno sleale è impossibile, vado avanti!” Spostò la torre a fare scacco, in risposta spostai il re tra le due pedine e mi venne un’idea geniale, il problema era attuarla. Ero solo con il re, giusto? Giusto, quindi lui doveva chiudermi il re per vincere, giusto? Giusto, ma se fosse finita in parità? Come, se lui era in vantaggio di tre pezzi ed era furbo? Dovevo preparargli una trappola con i fiocchi per farmi bloccare il re senza chiudermelo. Quasi impossibile, ma dopo aver schivato un altro paio di scacchi al re, lui evocò di nuovo in campo la sua regina (dal nulla, perché gli andava così). Stava a me, spostai il re a destra sperando che cascasse nella mia ultima pedina esca rimasta. La bramosia di potere e di vittoria fece il resto: non si accorse di sbagliare e incredibilmente la partita finì in parità. “Come ho potuto pareggiare? Ho sempre vinto!” disse cadendo dalla sedia (che aveva evocato) in ginocchio davanti alla scacchiera. Mi alzai dalla sedia: “Sei troppo attratto dal potere! Prima o poi esso sarà la tua rovina!” “Menzogne! Solo menzogne! Il potere mi permetterà di dominare su tutto!” “Non su di me!” gli dissi serio puntandogli l’indice contro. “No, con te pareggerò, ma non sarai certo te a fermarmi! Devo ammettere che sei stato un degno avversario! Ti risparmio la vita!” Non so, ma avevo come il presentimento che qualcosa fosse cambiato in lui. C’era un tono più triste nella sua voce... Tutto svanì e mi risvegliai disteso nella duna, Skyrider era sopra di me e mi fissava come se avesse visto un fantasma “Che c’è?” “Ma allora mio padrone ha fallito nel tentativo di ucciderti?” “No, abbiamo pareggiato!” “Ho visto il tuo sogno! Ho capito che ora Darkman non è più tanto crudele, la sua sconfitta a scacchi lo ha cambiato… per ora…” “Incredibile come una partita a scacchi ti possa cambiare la vita!” esclamai con rinnovata allegria. “Già!” “Andiamo, la gara ci aspetta!” esclamai. Mi sistemò sul collo e disse di tenermi forte. “A cosa? Hai solo scaglie e spunzoni!”
“Appunto!” Con un balzo si lanciò in aria e spiccò il volo. Mi ressi forte alle scaglie. Con un battito d’ali, accelerò ancora di più, stavo per volare via, ma riuscii a tenermi con le mani. “Rilassati, sto andando piano !” “Sono, calmo! Calmissimo!” gridai dentro di me avevo un po’ di paura e le braccia che erano paralizzate, attaccate alle scaglie. In breve superammo la macchina di Darkman che aprì il finestrino e ci salutò con una mano. Non era il Darkman che mi ricordavo. E adesso, se non c’era più il cattivo chi avrei sconfitto? Mio fratello? No me ne importava più di tanto della gara… il vero cattivo era stato sconfitto… meglio così.
Do you buss? 16.: ……………………………… Premessa: “Perché manca il titolo e ci sono i puntini?” “Così uno ci mette il titolo che gli pare!” “Geniale! Ma qual era il titolo originale?” “Epilogo!” “Originale, davvero originale, perché ha messo i puntini allora?” “Ero indeciso anche tra la fine, Ale reload, la maledizione di Busso 1, l’era del bus, Ale perde, Ale vince, morale , e tanti altri, ma penso di aver reso l’idea!” “Capisco, così fa scegliere al lettore eh?” “Certo, il titolo che vuole!” “Bene allora quello!” “No, quello no, è un titolo censurato!” “Ma a me piace! Lo metta o… la minaccio!” “Lo faccio solo perché minaccia di minacciarmi!”
Do you buss? 17.: I wanna Buss for all the people who need a ½ of trasport. Premessa: “Visto bello il titolone in inglese che trasuda originalità?” lettore: “Anche se non è corretto fa la sua figura!” “No comment!” autore. “Pensi che se fosse un film alla fine ci sarebbe anche la canzone che fa così!!” “E lei si considera un lettore?” “Ex-lettore! Dopo questo libro, dico basta!”
Era incredibile quel gesto di Darkman. Che la partita l’avesse cambiato? Avevo dei dubbi, ma il suo comportamento li smentiva. Sganciò dall’auto l’apparecchiatura per sparare col laser e la lasciò dietro di sé, certamente era più veloce, ma mai quanto un drago… ehi, ma era il suo drago, ora che ci penso… Mancavano circa 50km alla fine della gara, mio fratello era davanti a noi. Filava come una scheggia, il suo veicolo era leggerissimo e potenziato per prestazioni di corsa. Mi domandavo come una carrozzina a pannelli solari potesse raggiungere velocità simili, quando vidi che dietro aveva un reattore come quelli degli aerei capii. “Guarda mio fratello! Ha un reattore, sarà difficile competere con quello!” “Sciocchezze, tu non hai visto niente di quello che può fare un drago !” “Per favore non accelerare! Resisto per miracolo a questa velocità! Sono calmo! Calmissimo!” ri-gridai dentro di me. “Solo di un paio di km/h !” “Va bene!” ripresi seriamente la calma Difficile era capire per me che un paio di km/h per un drago corrispondevano a circa una ventina. Si mise a girare vorticosamente su se stesso, come una montagna russa, formando una schermatura invisibile che impediva a mio fratello vederci: in qualunque caso, quando saremmo arrivati, la gente della giuria e gli spettatori all’arrivo non dovevano vederci… Il drago accelerò di tanto e in breve tempo; sembrava il teletrasporto. Lore era al mio fianco, indossava degli occhialini da pilota di aeroplani e non si accorse di me, indossava le cuffie e forse stava ascoltando qualche bella canzone rock degli ’80. Mancavano 15km. “Ce la faremo?” chiesi a Skyrider. “Probabilmente, escludendo la possibilità di un controvento eccessivo, e/o eventi nefasti a nostro sfavore, con la minima probabilità di dubbio, approssimata allo 0,1%.. .”
“Arriva al dunque !” interruppi i calcoli ad alta voce del drago. “Dovremmo arrivare in netta parità !” “Secondo le probabilità, è improbabile ottenere due risultati uguali!” “Dici? Se lui va a 300,1km/h e noi andiamo a 300,2km/h, e noi siamo di pochi cm, anche meno, indietro, dovremmo convergere al traguardo con la stessa velocità !” “Bo! Probabilmente sarà come dici te, ma mi sembra che lui stia accelerando!” “Già, adesso dovrò ri-calcolare ogni cosa !” “Senti, vabbè che vuoi dimostrarmi di essere un drago a matematica, ma non mi sembra il caso!” “Sarebbe un bel gesto di generosità far vincere tuo fratello, no ?” “E il mio desiderio?” “Bè, potresti dire a tuo fratello che come desiderio abbia più desideri e che una parte di essi vada a te !” “Sei un genio! Dobbiamo avvertirlo! Comunica mentalmente con lui!” “Non posso, ha le cuffie !” “Acc! Attiriamo la sua attenzione!” “Ma se va veloce quanto noi e gli stiamo di lato? Io non ce la faccio più ad accelerare !” “Un bel problema!” “Eh già !” 3km. 2km. 1km, il motore di Lore saltò e lo fece volare via in aria. “Dobbiamo salvarlo, drago, è mio fratello! Sterza!” “Potremmo richiederne un altro dai tuoi desideri!” commentò scherzando il drago, mentre si buttò sulla destra in picchiata !” Recuperammo mio fratello, incolume. Era stupito dal drago, dal fatto che gli avevo salvato la vita e che non avevo più il bus… “Senti Brother, ti spiego alla fine della gara, mancano 500m!” “Ti piace vincere facile?” “No!”
Infatti in quei 500m ci raggiunse Darkman. 400m, Darkman era di lato a noi e non ce la faceva Skyrider a sostenere la giusta velocità: si era stancato. A 300m Darkman ci superò di poco e correva ancora. Mio fratello si lanciò dal drago, indossava uno zaino paracadute. “Ci vediamo al traguardo, fratellaccio! Buona fortuna!” “D’accordo fratello!” Riacquistammo presto dei metri preziosi. 200m eravamo al pari di Darkman. Il drago era molto stanco ma poteva resistere per 200m? “Non ce la faccio Ale! ” “Non puoi abbandonarmi a 200m dal traguardo!” “Vinci anche per me! ” detto questo si abbassò in avanti improvvisamente, lasciandomi a mezz’aria, poi con la coda mi spinse in avanti con tutta la forza che aveva (in pratica aveva fatto una sorta rovesciata per lanciarmi sul traguardo). Aveva calcolato l’angolazione e la giusta potenza con precisione inumana, difatti era un drago. Atterrai sul tendone della tenda della giuria della gara che doveva assegnare la coppa. Anche Darkman era arrivato, ma prima o dopo di me? Visionarono l’arrivo alle telecamere poste lì vicino: tagliavamo il traguardo insieme, anche se distanti.
La giuria mi fece alcune domande sulla gara e sul perché volavo. Mi inventai che avevo una funzione catapulta invisibile del mio veicolo e non mostrarono sospetti, gli dissi anche che il veicolo si era autodistrutto usando la funzione catapulta… Quelli della commissione ci chiesero, a me e a Darkman, di raccontare a voce un po’ tutta la gara. L’excattivo parlò con una voce più umana stavolta, si era anche tolto il cappuccio. Si vedeva una testa di un uomo abbastanza in là con gli anni, felice: tutti e due nel racconto tralasciammo le parti sognate e quelle poco credibili… Mentre parlavamo arrivarono mio fratello e il drago che per non farsi vedere dalle persone volteggiava sfruttando correnti ascensionali, in alto, tra le nuvole bianche sopra di noi e spesso si nascondeva. Si fecero le 20:00 circa: ma il cielo era ancora stranamente chiaro niente cielo stellato ancora… La nostra conversazione con la giuria continuò… Il drago, durante la lunga conversazione, aveva recuperato gli altri concorrenti e li aveva portati al traguardo. Il mantello di sfinge incuriosì i giudici e mi fecero domande anche su quello. Disfeci tutte le loro congetture e domande preparate a proposito dando una risposta breve e precisa che non tollerava obiezioni: “L’ho comprato come souvenir in uno sperduto villaggio del deserto! Non mi ricordo il nome del villaggio! Non c’era un cartello!” Quando tutti furono presenti e noi finimmo la conversazione erano le 22:00circa. “Cari concorrenti, dopo un attento esame delle registrazioni siamo giunti alla conclusione che: i due concorrenti che hanno tagliato insieme il traguardo, facciano un leale pari o dispari per decidere a chi sarà assegnato il premio e potrà realizzare un suo desiderio (materiale)!” Ero molto preoccupato: Darkman se avesse vinto avrebbe chiesto il potere su tutto o no? Era veramente cambiato dalla partita a scacchi o stava fingendo? C’era solo un modo per saperlo. Darkman si avvicinò a me; eravamo entrambi vicini al tavolo della giuria, ma agli opposti. “Congratulazioni a entrambi comunque, che vinca il migliore!” “Dispari è per me!” disse Darkman. Al tre della giuria buttammo ciascuno la sua mano al centro e guardammo. “Tre, no quattro! Pari! il vincitore è il signor Alessandro!”. Darkman mi aveva fatto vincere: aveva, con i suoi poteri, modificato il campo visivo dei giudici, momentaneamente; in realtà avrebbe vinto lui… era veramente cambiato… Mentre mi veniva consegnata la coppa, che recava una targhetta col mio nome che attestava la mia vincita, Darkman sparì tra la folla. Lo vidi che si stava allontanando verso il deserto seguito da Skyrider, entrambi a velocità innaturale. Corsi per raggiungerli sebbene la folla mi trattenesse per festeggiarmi. Riuscii comunque a sfuggire ai fan e a gridare: “Torno subito! Aspettatemi per un numero indefinito di secondi!” Correndo raggiunsi Darkman e Skyrider già distanti almeno 900m. La folla non mi seguì, ma mi aspettò come avevo chiesto. Portavo la coppa con me. “Skyrider, aspetta!” provai a pensare… I due si voltarono, il drago scese e atterrò sulla sabbia vicino a me: “Non vi avevo ancora salutato e ringraziato! Ve ne andate così?” “Si! Hai vinto, hai quello che hai sempre desiderato!” “Questa coppa va a voi ragazzi, non a me!” Consegnai la coppa nelle possenti zampe del drago.
“Tu sei un ragazzo speciale Alessandro! Grazie di avermi cambiato: ero così accecato dalla voglia di potere che non mi sono accorto che stavo perdendo ciò a cui tenevo di più e non solo…” si riferiva al drago e a qualcos’altro: “Ho ancora tanti torti da riparare e mi rimangono meno anni per farlo, sono un mago, ma non vivo in eterno… Skyrider, come lo hai chiamato, mi darà una mano! Un giorno chissà, ci incontreremo di nuovo, magari, in DO YOU BUSS 2… se troveremo un autore per farlo…” “Uffa! Odio gli addii così! Non ci doveva essere un lieto fine in questa storia?” esclamai “Non ti preoccupare, di tanto in tanto ti verremo a trovare!” “Ma non sapete dove abito, o forse, dove abiterò!” “Non credi che un mago e un drago insieme possano sapere questo ed altro?” “Bè, certo!” “Ora va, esprimi il tuo desiderio, ma non lo sprecare! Comunque ricorda, ogni desiderio espresso e realizzato ha un prezzo da pagare!” “Che genere di prezzi?” “Non hai letto la frase accanto a <> sul depliant?” “No, era a caratteri microscopici!” “Allora ti faccio un esempio: se chiedi una cadillac ti costerà 1.000.000.000€!” “Non è conveniente! Spero che facciano i saldi, allora!” I due risero poi Darkman che rivelò di chiamarsi John parlò così: “Se chiederai un desiderio più grande delle tue risorse esso non verrà realizzato!” “Ma che razza di fregatura eh?” “Purtroppo è proprio una fregatura! Anche trovata pubblicitaria, ma principalmente una fregatura, era scritto anche a caratteri microscopici…” “Volevo chiedere di avere una decina di desideri!” “Astuto! Io non ci avrei provato, buona fortuna ragazzo!” mi salutarono, si voltarono e ripresero il cammino. “Mi devi ancora una partita a scacchi in modo leale!” gli gridai dietro, ma non riuscirono a sentirmi, erano già troppo distanti. Ero un decisamente triste, per la partenza del drago e di Darkman in versione buona: avevano stile, quei due figuri nella notte, che si allontanavano nel deserto… Tornai dalla giuria, tutti erano a chiacchierare fra di loro: tornai e mi chiesero che fine avesse fatto la coppa: “L’ho data ad un amico: se la meritava!” “La scelta è tua, ragazzo!” Mi condussero nella tenda dove incontrai l’organizzatore di tutta la corsa. Sembrava uno di quei gangster usciti dai film anni ’70, tipetto basso col sigaro in bocca. Mi spiegò che avendo vinto la gara avevo diritto al mio desiderio. “Chiedo, allora, di avere una decina di desideri da esprimere!” “Troppo comodo! Il desiderio è uno non più di uno!” mi rispose l’uomo, seduto su una poltrona. Sembrava alterato da ciò che avevo chiesto… o forse era una persona nervosa per suo carattere… “Si, lo so, ma…” “Niente ma, ragazzo! Cosa vuoi, soldi, fama…” “La pace nel mondo!” “Senti, come te lo devo spiegare che puoi realizzare solo desideri materiali, seguiti da una lauta spesa? Non hai letto il depliant? Altrimenti come ci guadagniamo? Non sono un mago, la pace nel mondo verrà solo con l’impegno di ognuno, di noi, non per un desiderio espresso dopo una gara di veicoli! Hai qualcos’altro da chiedere?” Lo guardai perplesso: il suo modo di parlare così materialistico e superficiale mi dava noia e mi metteva a disagio. Sarebbe stato, davvero, troppo bello che fosse così semplice portare la pace nel mondo… Mi ripeté la domanda e mi svegliai: “No, fate esprimere il mio desiderio a mio fratello!”
Detto ciò uscii dalla tenda dell’organizzatore della gara. “Se questo è ciò che vuoi!” Andai fuori con i giudici che chiamarono mio fratello. Ero demoralizzato; avevo bisogno di qualcosa che mi tirasse su: mio fratello chiese di fare una festa in mio onore, ma quella sera non avevo voglia di festeggiare. Tutti si divertirono in quel party improvvisato, pure Lessy e Vigor per un po’: la musica c’era, il rinfresco c’era… Mio fratello si avvicinò a me: “Ale, non te la devi prendere, oggi finisce un’avventura e si festeggia, domani se ne inizierà un’altra!” Seppe tirarmi un po’ su con quella frase: è bello avere un fratello che ti consola quando ti senti giù (anche se quella era filosofia da 4€). Lessy e Vigor seguirono la conversazione a distanza. “Grazie Ratello, ma stasera mi sento un po’ giù!” <> è il mio modo di chiamare mio fratello, risparmio la <> ed è originale. “Raccontami la storia, com’è che t’eri procurato un drago?” chiese in tono curioso, ma un tono che voleva anche tirarmi su di morale… Quel ultima frase aveva risvegliato in me il buon umore… “È una storia lunga, può durare delle ore!” “Perché non ne fai un libro?” “Naaaah!” La canzone I wanna Buss for all the people who need a ½ of trasport era sparata a quasi tutto volume, però io, Lore, Lessy e Vigor la sentivamo poco, eravamo in disparte: andava bene come sottofondo. Avevo preso a raccontare la storia con, talvolta, qualche intervento anche da parte di Lessy e Vigor, non mi fermai fino alla fine: mio fratello era un buon ascoltatore.
Do you buss? 18.: Per non avere 17 capitoli. Premessa: “È commovente! Buuhuuu!” “Aspetti la storia ha ancora un piccolo seguito!” “Dice sul serio?” “Certo!” “Svelerà il mistero del perché il titolo non c’entra niente con la storia?” “No!!” “Buuhuuu, non è giusto! Allora cosa?” “Il titolo c’entra poco, ma suona bene! Comunque il seguito parla di Ale!” “Meno mAle!” “Odio certe battute sui miei protagonisti! Perché non prova a scrivere un libro lei? Vedremo se dopo saprà resistere a tutte le mie critiche!”
“Allora le faccio causa per aver dichiarato una storia a lieto fine che invece è drammatica!” “Ma non è drammatica! Racchiude un po’ di mistero, di suspanse, ma non è drammatica, e poi la fine deve ancora arrivare!” “Il titolo fa schifo…” “Vada!” “La sua calligrafia a macchina fa schifo…” “Vada, ho detto!” “Lei fa schifo…” “Vada da uno psicanalista!!”
Era mezzogiorno, Lessy, Vigor, Lore ed io eravamo ancora lì a chiacchierare su delle sedie di plastica che avevamo trovato lì per caso… I giudici avevano sbaraccato tutto, gli altri concorrenti se ne erano andati con loro. Il tipetto basso venne prelevato da un elicottero privato. C’era solo il deserto all’orizzonte. Dune, sabbia, cielo sereno. “Che si fa ora?” chiese mio fratello. Non avevamo veicoli, tutti si erano dimenticati di noi. Alzai lo sguardo di nuovo davanti a me sperando di vedere qualcosa di diverso. C’erano le dune, una particolare duna con sopra un carro egizio trainato da cammelli, il cielo sereno… “Frena, autore, frena! Abbiamo ciò che ci serve!” protagonista. “Non mi pareva nemmeno di averlo scritto!” autore sbadato.
Ebbene si, erano gli egizi. Sul carro che si avvicinava c’erano Bumbo e il faraone, ai lati altri due carretti trainati da cammelli. Il vampiro ci disse che era venuto a salvarci, appena saputo dell’avventura dagli egizi, voleva verificare di persona. Purtroppo i voli per il deserto di Sara erano stati cancellati come per magia ed era venuto il prima possibile e il radar per vedere Busso col satellite non funzionava… Il faraone ci salutò e noi ricambiammo il saluto. Bumbo era vestito in giacca e cravatta, da uomo d’affari, non sembrava neanche il vampiro che diceva di essere a parte per: i suoi capelli neri lisciati con la lacca ai lati della testa e sempre quel viso pallido, bianco e i canini. Passarono altre due ore a fare un sunto di tutta la storia a Bumbo e al faraone. “E poi alla fine avete vinto e tutto si è risolto per il meglio, no?” commentò il vampiro. “Già!” annuii. In quel momento avrei anche voluto rivedere anche Skharia… per la questione del mantello… Ci invitarono a salire sui carri per portarci all’aeroporto. Quando le guardie mi dettero una mano per salire si accorsero del mantello della sfinge, lo indossavo ancora. “Per mille faraone! Ha un mantello di sfinge!” Il faraone e tutti si voltarono verso di me aspettando che dicessi qualcosa. “È un souvenir, me lo tolgo se non va bene!” “Non si può togliere! La sfinge ti ha scelto!”. “Storie era un tappeto, e ora è un mantello!” provai a toglierlo senza successo. “Visto? Solo la sfinge ha il potere di annullarlo, se tu non vuoi essere un iniziato cavaliere!” “Skharia è qui?” domandai. “Non proprio qui… è a qualche metro sopra di noi, tra le nubi!” “E non è venuta quaggiù a salutarci?” “Prova a chiamarla!” “Skharia?”
Scese giù in picchiata riconoscendo il mio pensiero. Dopo le dovute presentazioni e spiegazioni a mio fratello e a Skharia riprendemmo il nostro viaggio. Lessy, Vigor, Bumbo e mio fratello verso l’aeroporto: io verso il covo degli egizi. Ci salutammo e promisi che sarei tornato a trovarli un domani. Ci salutammo senza troppo rammarico… Il faraone durante il tragitto mi spiegò che avevo tradotto male alcuni geroglifici del mantello e che alcune scritte erano diverse e altre addirittura non c’erano. Comunque, a parer mio, il cavaliere, descritto al capitolo… uno precedente, anche se tradotto su due piedi… restava sempre quella figura idealizzata, raggiunta solo da poche persone (che sono da ammirare)… Difficile sarebbe stato rispettare tutte quelle regole, ma feci un salto di gioia e il tempo si fermò mentre ero in aria (per un momento) quando seppi che mi aspettavano ancora un sacco di avventure... Io e la sfinge lasciammo la compagnia prima di raggiungere la città egizia; dopo aver salutato il faraone e gli altri, volammo in alto e lontano, tra le nubi verso una meta, or ora, ignota. “Dove stiamo andando?” “Al campo di addestramento reclute, per te!” “È necessario?” “Si, dato che sei la prima recluta dopo qualche secolo, mortale…” Adesso ci sarebbe stata bene una di quelle canzoni che ci sono di solito alla fine dei film, che ti danno energia e suppongono un continuo del film… Tipo… go my way dei krokus! Avevo bisogno di avventure e questo mondo parallelo fantastico, popolato da mostri, criminali, geni malvagi e maghi crudeli, tanti altri, nascosti tra gli umani, le offriva. Insieme alla sfinge vissi tante altre avventure e mi comportai in molteplici occasioni, come se stessi recitando un copione, ma queste sono altre avventure… (e a questo punto ci starebbero bene i titoli di coda, commenti finali, con in sottofondo I wanna Buss for all the people who need a ½ of trasport).
Do you Buss is now complete. Thank you for read this book. Bye. Premessa: “Originale! Al posto di the end o fine!” “Eh si!” “Ma finisce davvero do you buss?” “Do you buss in se per se finisce… si!” “Pensa di farne una serie?” “Bo! Per ora questo, domani chissà! Potrei benissimo iniziare una storia tutta nuova e fregare, originalmente, con tutto il dovuto rispetto, tutti!” “E i ringraziamenti? L’indice? Dove sono? Le dediche?” “Calma una cosa alla volta! L’indice è in ciascuna delle mie mani e i ringraziamenti arrivano (anche le dediche)!”
Do you Buss? Ringraziamenti e dedica finale. Premessa: è stata abolita questa premessa. Cause di forza maggiore.
Devo dire che il mio saluto va un po’ a tutti, chi più chi meno che hanno contribuito alla realizzazione del libro. Non metto nomi, loro chi sono, lo sanno, e li lascio nell’anonimato (potrebbero citarmi per la privacy).
Un grazie va anche all’editore che ha avuto il coraggio di pubblicare questo libro, dopo le dovute correzioni richieste. Un grazie va a Lessy, Vigor, Simba, Skharia e a tutti gli altri personaggi, da me inventati, che hanno animato il racconto con situazioni, comiche a situazioni un po’ più serie. In fondo questo libro è dedicato, in particolare, a chi, come me, crede nei lieto fine e nell’immortale spirito d’avventura che abbiamo fin dall’infanzia. È dedicato a chi come me, ha avuto il coraggio di scrivere la sua avventura inventata: se c’è una cosa che ho imparato è che se vuoi un libro che ti piaccia, ti coinvolga, ti prenda, secondo le tue idee, te lo devi scrivere; d’altronde cosa si può fare con un po’ d’immaginazione e un pizzico di fantasia? (e in un mondo parallelo?) Ringrazio mio fratello, che mi ha detto solo: “Qui, qui e qui! Ri-correggi!” …ringrazio…
Do you Buss? Contenuti Speciali di Questo Libro Premessa: per i lettori che hanno voglia di leggere anche ciò che è scritto, qui, per i lettori che hanno voglia di leggere anche ciò che è scritto, qui, i lettori che hanno voglia di leggere anche ciò che è scritto, qui,
per i lettori che hanno voglia di leggere anche ciò che è scritto, qui, niente!
Breve descrizione di Lessy, di Vigor, me e Bumbo {ammetto che nel testo sono stato scarsino di descrizioni per dare prevalenza all’azione e al dialogo, lo ammetto solo qui, senno il tizio delle
per
premesse mi fa una parte… e il brutto è che avrebbe ragione lui… una tantum}:| Tralasciando lo smiley che è venuto fuori con la parentesi graffa i 2 punti e la sbarra (tutto ciò per ‘volete saperne di più?’del capitolo 2): Vigor, gobbo, basso, brutto, con un naso che è del tipo -strega cattiva dei cartoni animati- quattro aggettivi un aspetto di una persona. Comunque è affidabile, disponibile, responsabile, tre aggettivi un carattere. Fisicamente è molto forte (in barba al suo aspetto). Una persona che a conoscerla smentisce i pregiudizi che si fanno su di essa. Vigor ha una visone della vita neutrale (ma davvero importa a qualcuno una descrizione?)… Lavora come <> sig. Bumbo, è vestito quasi sempre da agente segreto, come Ale lo ha visto per la prima volta, con occhiali neri... Durante l’avventura e la corsa è vestito in quel modo, fatta eccezione per gli occhiali neri. Tratti & curiosità: essendo un mostro, perché… bè ve lo dirò un’altra volta, comunque lui necessariamente non: mangia, dorme, muore come tutte le persone normali. Classe: mostro di primo livello. Cos’è di preciso? Fra un po’ lo saprete… Lessy, alto poco più di Ale, molto più guardabile di Vigor, un tipo di aspetto nordico, biondo. No comment, è simile al fratello di Ale, ma ha i capelli lisci e di solito indossa magliette monocolor con jeans per bene. Come è il fratello di Ale vi chiedete? Alto poco più di Ale, molto più guardabile di Vigor, un tipo di aspetto nordico, biondo riccio, con i capelli raccolti in una piccola coda o con una passata (non sono tanti lunghi), non indossa quasi mai monocolor e jeans per bene. Lavora per il sig. Bumbo come bodygard di giorno o quando è richiesto da Bumbo, di notte invece fa la guardia all’ufficio direzione dei B.U.S.S.. Gli piacciono, oltre ai croccantini per cani, la musica, quasi qualsiasi genere a parte quella Ita: con eccezione per qualche gruppo… Tratti & curiosità: quando di notte c’è la luna piena, essendo un lupacchiotto mannaro si trasforma e diventa come… bè ecco una foto in bianco e nero (gradazioni di grigio). Comunque lui, come Vigor, necessariamente non: mangia, dorme, muore come tutte le persone normali. Classe: mostro di secondo livello, lupo mannaro. Altri tratti sui personaggi si potranno scoprire al capitolo 3 o nel corso della storia, tratti semplici, che talvolta sono eccezioni alle descrizioni. “E così, di punto in bianco chiude le descrizioni?” “Non voglio rovinare questo libro, di punto in bianco!” “Ma non ce ne sono altre nel libro a parte quelle al capitolo 3 che fanno schifo!” “Ma si è visto allo specchio?” “Acc, no! É un particolare che non avevo considerato…”
Me, anche se la mia descrizione è parzialmente presente al capitolo 3 di questo libro, dirò qualcosa di più qui… Ale è un ragazzo appena di 18enne che appena presa la patente decide di partecipare ad una gara di veicoli. Veste specialmente camicie con dei jeans lunghi con grandi tasche. Ah, già, voi lettori vi starete chiedendo perché decide di fare una corsa sullo sterrato, bè risponderò dicendovi che vuole provare a realizzare un suo sogno. Tratti & Curiosità: mi piacciono i capelli anni settanta sullo stile deep purple, e nella gara li porterò così. Classe: persona folle, simpatica, esaltata
Bumbo, alto, dark, assomiglia a Ozzy Osbourne e ad Alice Cooper. Un’affarista, quasi senza scrupoli, lo dimostra il prezzo che ha chiesto ad Ale per un bus. Lavora come direttore dell’azienda B.U.S.S. da parecchio tempo… da quando è stata creata… Tratti & curiosità: lui è un vampiro, un mostro di alto livello, necessariamente non: mangia, dorme, muore come tutte le persone normali. Talvolta, si trasforma da persona normale con canini pronunciati a vero e proprio vampiro… Almeno così dice Lessy. Sembra anche che possa leggere i pensieri attraverso gli occhi, non proprio tutti i pensieri, quelli che ti passano in quel momento… Classe: mostro di decimo livello, vampiro. Antico codice sui bus: (riguardo al ‘volete saperne di più?’ al capitolo 5). Ecco a voi i primi fondamenti. Primo: gli autobus sono veicoli, o mezzi in grado di trasportare le persone! Secondo: gli autobus devono essere mezzi di trasporto sicuri e affidabili per tutti coloro in possesso di biglietto o abbonamento. Terzo: gli autobus sono frutto dello studio di chi ha voluto che questi veicoli non siano impiegati come arma e/o per arrecare in un qualunque modo danno alle persone, in particolar modo ai clienti. Quarto: se ogni autista e/o lavoratori per gli autobus memorizzeranno questo codice sarà (ogni autista e/o lavoratore) premiato, principalmente moralmente. Si vabbè dovevo inventarmi qualcosa di assurdo. Firmato l’autore.
Quinto: le persone che si comportano male (esempio: atti vandalici alla carrozzeria…) verso un autobus rischiano la pena dell’investimento (da parte del bus), e non ci guadagneranno niente. Gira voce che questo fondamento sia stato revisionato. Sesto: è consentito ascoltare musica su un autobus. Settimo: tratta un autobus con rispetto, e lui non si guasterà quasi mai ( aspetta e spera). Ottavo: ciò che lega l’autobus ad una persona, maggiormente al guidatore, è qualcosa di mistico, a volte inscindibile. Nono e ultimo: è bene informare la gente sul compito importante degli autobus che è quello di servire e proteggere. Egizi e illluminazione sotterranea {sai com’è... è per mettere un titolo}: (riguardo al ‘volete saperne di più?’ capitolo 7). Sarà una spiegazione breve e concisa: in pratica in molti dei piani e dei luoghi che non ho citato della metropoli sotterranea sono presenti delle centrali elettriche che sfruttano l’acqua di fiumi sotterranei per produrre energia elettrica. Con l’energia elettrica è possibile illuminare tutta la metropoli sotterrana. Altre zone utilizzano invece i muschi fosforescenti... supportati comunque da torcie elettriche o meno. Arazzo della sfinge e magia dei geroglifici {no}: (riguardo al ‘volete saperne di più?’ del capitolo 8 Quel arazzo era un portentoso artefatto magico, realizzato in vero pelo di sfinge. Le sue capacità magiche sono descritte nei geroglifici che cambiano posizione. In pratica una forma di scrittura antica e magica capace di cambiare significato... a seconda di come, chi o cosa la leggeva. Leggende narrano che un tappeto di sfinge potesse aver racchiuso dentro di se fino ad un intero libro...
In pratica Ale, il protagonista, ha letto solo la prima parte del tappeto di sfinge... ci sono ancora molte chiavi di lettura che spiegano persino come fare per diventare ‘benedetti dalla sfinge’. Insomma... non so che altro aggiungere... L’otturatore di veicoli, come funziona e perché, e in più l’attacco odontoiatrico {contenuto veramente speciale}: (riguardo al volete saperne di più al capitolo 9). L’otturatore di veicoli funziona come una specie di cavatappi meccanico. Avete presente quei bracci che girano a caso? Uno di loro è l’otturatore di veicoli. Quando il dentista è vicino alla ‹preda› un paio di metri, l’otturatore inizia a tagliare la lamiera della macchina per scoperchiarla, anche se non è decappottabile. È facile immaginare che poi il braccio giri su se stesso cambiando (perché l’attacco non è finito) il cavatappi meccanico con una mano meccanica che ti afferra e ti butta fuori dal tuo veicolo… No comment. L’attacco odontoiatrico è in questo attacco che si vede la potenza da transformer del veicolo di Magnex. Questo attacco si può usare solo due volte in gara, dato che danneggia parzialmente anche il suo veicolo (dalla potenza). Tutti i bracci meccanici si lanciano verso il veicolo bersaglio TAPpandolo. No, non è il termine esatto: più meno la forza propulsiva con cui i bracci si lanciano sul veicolo bersaglio fa si che: la leggera auto ambulanza del dentista si ribalti sopra il veicolo bersaglio, nel frattempo i bracci meccanici avevano forato il tetto dell’auto bersaglio. Non è finita, passa un secondo perché poi i bracci si trasformino in lame e taglino a metà, orizzontalmente un veicolo: poi, dopo questo, prima di ritornare in pista il dentista sgancia le piccole mine smalto su 4 ruote del veicolo. Come ritorna in pista? Dopo aver fatto tutto questo i bracci danno una spinta inversa, appoggiandosi su veicolo rimasto…
Do you Buss?
Trama.
Tanto tempo fa, in una galassia lontana lontana… “Do you buss?” È una storia che parla di un ragazzo che vuole fare una corsa di autoveicoli nel deserto di Sara. Chi è Sara e perché il suo nome è dato ad un deserto non importa a nessuno! Il perché leggetelo… Durante la sua avventura, il protagonista, conoscerà tanti amici, personaggi, creature fantastiche che proveranno, a farvi ridere, ma non è detto, seguendo una storia di fondo… Attratto dalla possibilità di esprimere un desiderio, alla fine di questa gara su sterrato, Ale (il protagonista) si metterà alla guida di Busso scortato da Lessy e Vigor, il suo comportamento rigorosamente filo-pacifista lo porterà a vivere eventi originali in questo mondo fantastico… Buona fortuna se acquistate questo libro, in bocca al lupo se avete intenzione di leggerlo… ma quello che voglio dire al lettore, in poche parole, è buona lettura…
Autore:
Alessandro Salani