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NOVITÀ Convenzione dell'Ulss4 con la Cassa previdenziale È operativa la nuova convenzione tra Ulss 4 e Cadiprof, Cassa di Assistenza Sanitaria Integrativa degli Studi Professionali, che garantisce un pacchetto di accertamenti clinici e diagnostici agli iscritti. L'accordo, valido fino al 30 giugno 2017, è stato firmato nei giorni scorsi al distretto socio-sanitario Boldrini da Daniela Carraro, direttore generale dell'Ulss 4, e da Gaetano Stella, presidente di Cadiprof che nel 2014 contava 4.290 iscritti residenti nella provincia di Vicenza, di cui 846 nel territorio dell'Ulss 4. La serie di accertamenti comprenderà alcune analisi ed esami come: check up di base per donna e uomo, prevenzione del rischio cardiovascolare, visita ginecologica con ecografia, Pap Test, ecografia mammaria, ecocardiogramma, ecodoppler, gastroscopia, colonscopia e altri esami. Un'iniziativa che risponde alle precise indicazioni dell'amministrazione regionale, la quale ha invitato le aziende sanitarie a prevedere un sistema di accertamenti medici a pagamento per cittadini dipendenti, i cui costi sono interamente a carico della rispettiva cassa di assistenza Cadiprof. «A.D.I.
CADIPROF
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La Corte dei conti fotografa la débàcle dello strumento che incrocia spese e redditi dichiarati Redditometro, controlli dimezzati Nel 2014 solo limila verifiche (-49%) Entrate sotto le attese
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La Corte dei conti certifica il tramonto del redditometro Le verifiche del fisco incrociando le spese sostenute con i redditi dichiarati (gli «accertamenti sintetici») sono
state l'anno scorso poco più di limila un dato che segna un crollo verticale sia rispetto al 2013 (-48,5%) sia rispetto al 2011 (-694%) E anche le entrate sono sotto le attese Mobili e Parente >• pagina 16 con un'analisi di Mauro Meazza
Lotta all'evasione. La Corte dei conti, nel rendiconto generale dello Stato, certifica utilizzo e risultati dello strumento «sintetico» L'ANALISI Redditometro, controlli dimezzati Nel 2014 accertamenti a quota 11.091 contro 21.535 nel 2013 - Gettito sotto le attese Marco Mobili Giovanni Parente ROMA Da arma letale a residuato bellico per stanare gli evasori. A certificarlo è la Corte dei conti nell'ultimo rendiconto generale dello Stato. I giudici contabili hanno messo in fila i numeri di controlli e risultati finanziari. Il tanto declamato (e tribolato) redditometro ne esce decisamente ridimensionato. Le verifiche del fisco incrociando le spese sostenute con i redditi dichiarati (in gergo tecnico si chiamano « accertamenti sintetici») sono state l'anno scorso poco più di limila. Un dato che segna un crollo verticale sia rispetto al 2013 (-48,5%) sia rispetto al 2O11 (-69,4%). Da un lato, si spiega, ha pesato il debutto molto complicato del nuovo redditometro: previsto da una legge di fine maggio 2O1O, attuato da un decreto di fine 2O12, è diventato operativo solo lo scorso anno a causa della necessità di tutelare adeguatamente il trattamento dei dati personali dei contribuenti messi sotto osservazione, come ha fatto notare il garante della Privacy. Dall'altro, le priorità nella lotta all'evasione sono diventate altre: puntare molto di più sulla compliance e sfruttare quindi le nuove opportunità del ravvedimento operoso «lungo» previsto dall'ultima legge di Stabilità. Non a caso, alcunidei dati presenti in Anagrafe tributaria posti alla base della misurazione della ricchezza effettiva vengono ora «condivisi» con i
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contribuenti per consentire loro di adeguarsi spontaneamente. Nello spirito dell'operazio
ne «Accertamento cambia verso» voluta da Governo e amministrazione finanziaria, tra le righe del bilancio 2014 delle Entrate si legge che per l'anno in corso «l'Agenzia utilizzerà con la massima attenzione i diversi strumenti di ricostruzione presuntiva del reddito». In sostanza, il fisco chiede ai suoi uffici di tenere conto della «capacità diretta di selezione delle strutture operative in relazione alla platea di contribuenti presenti nel proprio territorio, nonché della disponibilità di nuovi elementi informativi negli applicativi informatici». E quindi il redditometro sarà (o almeno dovrebbe essere) attivato solo in casi limite, ossia «nei confronti di coloro che presentano scostamenti significativi (oltre il 20%, ndr) tra reddito dichiarato e capacità di spesa manifestata». Del resto, anche la fotografia scattata dalla Corte dei conti lascia pochi margini per intravedere uno scenario differente. Detto dei numeri sui controlli in calo, l'immediata conseguenza è rappresentata dagli incassi che languono, tanto che tra risultati attesi e quelli effettivamente raggiunti il gap è abissale. Pur entrando nello specifico della distinzione tra vecchio e nuovo redditometro, i giudici contabili contestualizzano le entrate da controlli sulle partite Iva, detto in altri termini professionisti e piccoli
imprenditori: «Gli 8.678 accertamenti effettuati nel 2011, alla data del 31 dicembre 2014 hanno dato luogo a entrate per 188 milioni - scrive la Corte - ossia un quarto dei risultati attesi dopo le modifiche Infatti, il provvedimento che ha previsto il restyling del redditometro aveva anche preventivato performance di incassi: 741,2 milioni di euro nel 2O11,708,8 nel 2012 e 814,7 nel 2013. A questo va aggiunto che il decreto anticrisi dell'estate 2008 «aveva previsto - come ricordano i giudici contabili maggiori entrate, pur non iscritte in bilancio, attribuibili agli effetti di un piano straordinario di controlli finalizzati all'accertamento sintetico, per 170 milioni per il 2009,290 milioni per il 2010 e 520 milioni per il 2011». Va però precisato che l'agenzia delle Entrate quantifica in 230 milioni la maggiore imposta accertata da tutti i controlli 2014 con il redditometro (mentre per il 2013 la Corte dei conti certifica una maggiore imposta accertata per 359 milioni). Naturalmente bisognerà aspettare per capire quante di queste contestazioni si tradurranno in incassi, perché il contribuente potrebbe scegliere la strada di ridefinire la pretesa (ad esempio con l'adesione) o andare in contenzioso, passando in questo caso obbligatoriamente prima dalla mediazione per importi fino a 2omila euro (si veda il servizio in pagina).
IL PROGRAMMA L'impiego sarà limitato in presenza di scostamenti significativi, oltre i 120%, tra reddito dichiarato e capacità di spesa manifestata
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H BILANCIO PEI CONTROLLI P Vecchio redditometro Periodi d'imposta fino al2008 Nuovo redditometro Periodi d'imposta dal 2009 I risultati H BILANCIO PEI CONTROLLI P Vecchio redditometro Periodi d'imposta fino al2008 Nuovo redditometro Periodi d'imposta dal 2009 I CONTRIBUENTI CONTROLLATI Accertamenti sintetici su autonomi o persone fisiche titolari di reddito d'impresa % sul totale H BILANCIO PEI CONTROLLI P Vecchio redditometro Periodi d'imposta fino al2008 Nuovo redditometro Periodi d'imposta dal 20 26,3% 9 I C I RISULTATI In milioni di euro741,2 • EffettiviV 1 risultati finanziarii conseguiti* NTRIBUENTI CONTROLLATI Accertamenti sintetici su autonomi o persone fisiche titolari 814,7 di re 708,8 dito _Le aspettative Maggior gettito atteso dall'aggiornamento del redditometro d'impresa % sul totale H BILANCIO PEI CONTROLLI P Vecchio redditometro Pe 188 iod 165 d'63 im r nau a 4 febbraio 2015 **il DI 112/2008 aveva previsto maggiori entrate (pur non iscritte in bilancio) per il 2011 pari _a 520 milioni come effetto di un piano straordinario di contmlU fmaUzzat* all'accertamento sintetico osta fino al2008 Nuovo redditometro Periodi d'imposta dal 20 26,3% 9 I C I RISULTATI In milioni di euro741,2 • EffettiviV 1 risultati finanziarii conseguiti* NTRIBUENTI CONTROLLATI Accertamenti sintetici su autonomi o per ©RIPRODUZIONERISERVATA Fonte elaborazioni su dati Corte dei conti one fisiche titolari 814,7 di re 708,8 dito _Le aspettative Maggior get
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Lotta all'evasione. La Corte dei conti, nel rendiconto generale dello Stato, certifica utilizzo e risultati dello strumento «sintetico» L'ANALISI
Mauro Meazza Un cambio di strategia per scelta e per necessità
accertamento meno rapace e più duttile rispetto alle esigenze dei contribuenti in difetto. Il che, però, ci riporta alla cattiva stella di cui si diceva all'inizio. Il redditometro nato tra il 2O1O e il 2O12 doveva sostituire quello disegnato vent'anni prima, nel 1992, per offrire un approccio più completo e flessibile ai controlli. Rispetto al predecessore del 1992, contemporaneo dei 740 lunari e della trasmissione ancora cartacea degli allegati alle dichiarazioni, quello del ventunesimo secolo aveva promesso di essere più "scientifico" e meno ancorato a
migliore utilizzo: l'anagrafedei conti correnti, andata a regime solo quest'anno, i limiti al contante e gli obblighi di pagamenti tracciabili, il ricorso sempre più massiccio alle comunicazioni telematiche possono offrire oggi visioni più precise e penetranti per far emergere le difformità tra quanto si dichiara e come si vive. Per di più, il redditometro nella versione 2.0, quella attualmente in uso (o in disuso), oltre a essere finito subito nel mirino dei giudici, non solo tributari, ha anche la necessità di un prolungato contraddittorio con il contribuente prima di arrivare auna composizione del contrasto. Insomma, prima di arrivare a un qualche incasso per l'Erario. Così inquadrato, non sorprende allora più di tanto il diminuito interesse per lo strumento. Risulta, se non più efficace, perlomeno più conveniente quanto a sforzi degli uffici il ricorso ad altri strumenti per stimolare la "fedeltà fiscale". Le recentissime modifiche a tempi e modalità del ravvedimento operoso, offrendo più soluzioni e concedendo più tempo per chiudere le contestazioni, vanno ugualmente in questa dirczione. E si coniuga bene con l'immagine di una politica di
quotidiano quali gli elettrodomestici, il riscaldamento, l'arredo. Ma proprio sull'utilizzo poco comprensibile di algoritmi e sulle voci "ordinarie" di spesa, che in origine si volevano desumere dalle medie Istat, il nuovo redditometro ha trovato i primi inciampi: finito sotto le censure dei giudici e del Garante della Privacy, ha effettivamente debuttato in versione alleggerita («soft», sintetizzava II Sole 24 Ore del maggio 2013), specie per la parte che riguarda l'attribuzione di spese soltanto presunte da medie statistiche. Seppure ridimensionato, il FALSA PARTENZA II meccanismo dei controlli immaginato nel 2010 ha mostrato da subito limiti applicativi
Redditometro •II redditometro è uno strumento antievasione per accertare i redditi dei contribuenti persone fisiche. Nel nuovo redditometro è prevista una soglia di tolleranza del 20% (per il vecchio era il 25%) tra tenore di vita ricostruito dal fìsco in base alle spese sostenute e redditi dichiarati ma anche Forse era nato sotto una cattiva il contraddittorio stella, forse è stato superato obbligatorio tra ufficio e come è capitato dall'avanzata delle tecnologie. Per quanto la contribuente prima prima ragione non sia da dell'accertamento. In escludere - ne diremo più oltre- presunzioni non più attuali. realtà gli uffici delle il declino del redditometro L'elenco che conteneva Entrate procedono anche a come strumento principe cavalli da corsa, roulotte e un secondo confronto se dell'accertamento e soprattutto riserve di caccia si è così come spauracchio supremo le spiegazioni fornite sono declinato su un ventaglio dell'amministrazione nei risultate poco convincenti molto più ampio, includendo confronti dei contribuenti, si prima di arrivare alla spese per attività sportive, deve più probabilmente alla proposta di accerta mento soggiorni di studio all'estero maggiore disponibilità di dati e con adesione. e anche spese di tipo più alla possibilità di un loro
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crisi economica e non più solo crisi economica e non più solo finanziaria) e l'impianto è stato concluso nel 2012, dopo l'autunno drammatico dello spread e del passaggio al governo tecnico, allora vien da pensare che davvero non poteva essere uno strumento fortunato. ©RIPRODUZIONE RISERVATA
nuovo redditometro si è però visto attribuire, già dal 2013, una capacità di gettito di oltre 800 milioni. Obiettivo notevole, per un tipo di controlli che l'agenzia delle Entrate aveva da subito indicato in 35mila, ossia uno 0,5% dei controlli eseguiti ogni anno. E se infine consideriamo che le basi normative della riforma del redditometro sono state poste nel 2010 (anno già di
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Delega fiscale. Verso l'approvazione definitiva del decreto che estende il filtro obbligatorio alle liti sulle contestazioni degli enti territoriali su Ici, Imu eTarsu
ROMA La nuova mediazione tributaria mette nel mirino 78mila liti e puntaa ridurre del4O% le cause tributane m ingresso nelle Commissioni di primo grado. È l'effetto potenziale calcolato sui dati 2014 dell'allargamento dell'istituto anche agli enti impositon diversi dall'agenzia delle Entrate previste dal decreto attuativo della delega fiscale su interpelli e contenzioso, che ha ricevuto i pareri delle commissioni Finanze di Camera e Senato e si prepara a ritornare m Consiglio dei ministri dopo la pausa estiva per un secondo esame. La mediazione tributaria si applica ora solo alle liti contro atti delle Entrate fino a 2omila euro. Con la modifica m arrivo, invece, diventerà un filtro obbligatorio al ricorso anche perle contestazioni che non arrivano dall'Agenzia. È il caso, primo fra tutti, degli enti locali, dove le liti fino a 3mila euro rappresentano il 75% del totale. Molto spesso è la casa l'oggetto del contendere, o meglio le imposte sugli immobili: daH'Ici all'Imu, senza dimenticare Tarsu e Tia sui rifiuti. Ecco perché è proprio su questo fronte che si gioca il maggior effetto «decongestionante» delle controversie m ingresso nelle Commissioni di primo grado.
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La mediazione si estende ai tributi locali
L'IMPATTO II meccanismo dovrebbe ridurre del40% le cause che finiscono nelle Commissioni tributarie di primo grado
D'altronde i numeri parlano chiaro. Sulle 78mila nuove cause potenzialmente mediabih avviate dai contribuenti italiani l'anno scorso, oltre quattro su dieci hanno riguardano imposte gestite da Comuni o altri enti territoriali. Nel "bacino" della mediazione allargata non rientreranno solo i ricorsi fino a 2omila euro contro gli enti diversi dalle Entrate ma anche le liti di valore indeterminabile m ambito catastale: si tratta di tutte quelle cause relative al classamento o all'attnbuzione della rendita che
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finora non rientravano nell'ambito applicativo del reclamo/ mediazione. L'altra grande novità è l'estensione anche a Equitalia e agli altri agenti della riscossione. Naturalmente si tratta di soggetti che non hanno la disponibihtà del tributo, quindi la procedura varrà soltanto nei casi, ad esempio, di vizi propn delle cartelle di pagamento emesse o impugnazione di fermi di beni mobili registrati o di ipoteche. Anche m queste circostanze, pertanto, si lascia spazio all'autotutela per l'annullamento parziale o totale dell'atto di riscossione (o collegato) emesso. Come anticipato, l'effetto complessivo a livello potenziale della mediazione allargata riguarda circa il43% di tutto il nuovo contenzioso in ingresso. Ma l'esperienza delle Entrate insegna che l'indice di mediazione è molto variegato sul territorio (si va dal 67,8% di Trento al 41,5% in Calabria, con una media nazionale del 53,9%) e riflette una diversa propensione a far pace e a evitare il contenzioso. Comunque l'ampliamento della mediazione voluto dal Governo con l'attuazione della delega resta una vera e propria scommessa, su cui la stessa relazione illustrativa al provvedimento sottolinea la necessità di organizzare le strutture per il pieno successo dell'operazione taglia-liti. Se è vero che mancano un organo terzo (perché non è mai stato previsto dalle norme), le Entrate hanno una "divisione" ad hoc che si occupa di esaminare gli atti reclamati ed è diversa da quella deputata ad emettere gli atti di accertamento. Per gli altri enti, invece, il debutto della mediazione fino a 2omila euro rischia di diventare un onere aggiuntivo nell'organizzazione interna. La norma dello schema di Digs volutamente lascia ampi spazi gestionali per la futura trattazione dei reclami ma nulla dispone sulla concreta operatività, soprattutto se si pensa, per esempio, ai Comuni di piccole o micro-dimensiom. Dove, oltre all'
aspetto logistico edel personale chiamato a trattare le istanze di mediazione, c'è la questione «
181.768 II potenziale Tantesono le liti che potrebbero passare dall'estensione della mediazione. La maggior parte riguarderebbe gli enti territoriali 78.133 II quadro Le nuove liti Nel 2014 le nuove liti avviate in Commissione tributaria provincialesono state quasi 182mila. Di queste 127mila riguardano contenziosi di valore inferiore a 20mila euro 53,9% L'indice di mediazione Su quasi 98mila istanze di mediazione, poco più di 45mila non hanno sortito effetti e sono finiti in Ctp 20mila II valore della lite Resta confermato che la mediazione costituisce il filtro per gli atti di accertamento fino a20milaeuro
morale» legata alla stretta contiguità tra l'ufficio che accerta ed emette l'atto impositivo rispetto a quello che sarà poi tenuto a riesaminarlo e nel caso ad annullarlo in tutto o m parte. Potrebbe anche non finire qui. A chiedere un ulteriore allargamento del perimetro della mediazione è stata la commissione Finanze del Senato che, tra le osservazioni del parere positivo allo schema di decreto legislativo, auspica un innalzamento della soglia: da 2omila a 5omila euro. Una richiesta che, considerati i problemi organizzativi dei piccoli enti, riguarderebbe una mole di cause tale da creare difficoltà gestionah anche a strutture organizzate come quella delle Entrate. M.Mo. G.Par. © RIPRODUZIONERISERVATA
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FISCO&DIRITTI Liti e cause, l'effetto della sospensione
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FISCO&DIRITTI »• pagine23 PROCESSI Sospensione feriale breve, gli effetti su liti e cause ILLUSTRAZIONI DI SANDRA FRANCHINO
FISCO & DIRITTI La pausa «ridotta» dei termini processuali
Fare i conti con la sospensione I tempi per l'esecuzione di atti conseguenti a notifiche ricevute ad agosto ora scattano dal
comunque compiuta attività giurisdizionale durante la sospensione feriale? L'appello è valido? In questo caso, come ci si regola con la sospensione dei termini F.C.-VENEZIA
In una causa civile, la sospensione feriale, che da quest'anno è ridotta a un solo mese, 1-31 agosto, interrompe la decorrenza dei t er mini per il compimento degli atti processuali, che riprende alla fine del periodo di sospensione. Ho ricevuto la notifica di un atto d'appello l'8 agosto scorso. Che cosa accade se viene
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di Daniele Ciuti 1 termine processuale indivi\ duailperiododitempoentroil quale o dopo il quale si può o deve compiere una determinata attività processuale, ovvero il lasso temporale perla validità di un atto processuale. I termini sono legali, stabiliti dalla legge, o giudiziali, fissati dal giudice; in una distinzione funzionale possono essere dilatori, ordinatori o perentori. Quest'ultima è la categoria che riveste maggior rilievo sotto il
feriale 1° settembre
profilo giuridico, poiché allo spirare del termine perentorio è ricollegata la decadenza dalla possibilità di compiere l'atto, cioè la perdita, o estinzione o giuridica impossibilità di esercitare validamente una facoltà processuale. I termini perentori sono improrogabili (articolo 153, Codice di procedura civile). I termini ordinatori hanno lo scopo di regolare le sequenze del processo, l'inosservanza tuttavia non determina decadenza o estinzione. I termini dilatori invece segnano il momento successivamente al quale può essere compiuta una determinata attività processuale. Il computodei termini è disciplinato dall'articolo 155 del codice di rito. La sospensione feriale In questo impianto codicistico si inserisce la disciplina sulla
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sospensione feriale dei termini, regolata dalla legge 7 ottobre 1969 n. 742, recentemente novellata. L'articolo i disponeva che «il decorso dei termini processuali per le giurisdizio
ni ordinarie e amministrative è sospeso di dirittodah° agostoali5settembre e riprende a decorrere La decorrenza del termine per il compimento di una determinata attività processuale si interrompe durante il periodo della sospensione e riprende a decorrere alla fine di questa; il tempo eventualmente trascorso prima della sospensione si somma con quello che ricomincia a trascorrere dopo. La sospensione quindi non riguarda solo i termini in scadenza in tale periodo, ma anche quelli che scadono successivamente (Cassazione, 3 marzo 2004 n. 4297): se il termine inizia a decorrere durante la sospensione, l'inizio effettivo è differito alla fine di questa. La sospensione è finalizzata a realizzare un periodo di stasi nell'attività processuale, in coincidenza della pausa estiva e del periodo feriale dei magistrati e degli altri operatori di giustizia, affinchè non restino gravati dalle scadenze, che altrimenti renderebbero difficoltoso (se non impossibile) il distacco dal lavoro. A sfatare tabù e pregiudizi, secondo i quali gli uffici giudiziari "chiudono" durante il periodo di sospensione feriale dei termini, si precisa che i tribunali non interrompono mai la propria attività. Peraltro, se nel periodo cosiddetto feriale, è sospesa la decorrenza dei termini, e quindi impedito che si verifichino le conseguenze negative connesse alla scadenza di questi, nullavietacheunapartepossa compiere attività giurisdizionale e processuale: ad esempio, la notifica di un appello in pieno agosto. In questo caso, è come seil gravame venisse proposto alla scadenza del periodo feriale e i termini relativi agli incombenti processuali successivi che conseguono ( ad esempio, per la costituzione del convenuto o per l'iscrizione della causa a ruolo) inizieranno a decorrere dalla fine del periodo di sospensione. I casi di esclusione Ciò chiarito, e a conferma che è sospesa solo l'attività giudiziaria ordinaria, la legge prevede e disciplina i casi di esclusione dalla sospensione feriale dei termini. In materia civile (articoli 364, Iegge742/i909), i procedimenti in materia di lavoro e previdenza, i procedimenti elencati nell'articolo 92 dell'ordinamento giudiziario (Rd 30 gennaio 1941 n. 12); i procedimenti in materia di alimenti; cautelari; per l'adozione dei
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provvedimenti in materia di amministrazione di sostegno, interdizione e inabilitazione; per l'adozione di ordini di protezione contro gli abusi familiari; di sfratto; di opposizione all'esecuzione, dichiarazione e revoca di fallimenti. Inoltre, il giudice può dichiarare l'urgenza delle cause la cui
termini prevista per la giurisdizione ordinaria, in quanto il processo amministrativo è compiutamente regolato dal Codice, con una previsione specifica anche per la sospensione feriale. In ogni caso, anche il Codice conferma l'esclusione della sospensione feriale al procedimento cautelare (articolo ritardata trattazionepotrebbearrecare 54 comma3). ©RIPRODUZIONE grave pregiudizio alle parti. In RISERVATA materia amministrativa, la sospensione è esclusa per i procedimenti di inibitoria dell'esecuzione del provvedimento impugnato (articolo 5, legge 742/1969). La riduzione della sospensione Con il decreto legge 12 settembre 2014 n. 132, il termine di sospensione feriale è stato inizialmente ridotto a ventisei giorni, dal 6 al 31 agosto; in sede di conversione, nella legge io novembre 2014 n. 162, l'articolo 16,comma lha modificato l'articolo i della legge 742/1969 e definitivamente fissato, a decorrere dall'anno 2015, il periodo di sospensione in 31 giorni, coincidenti con l'intero mese di agosto, dal i al 31 del mese. Restano invariate le cause di esclusione previste dalla legge. Il processo amministrativo Un discorso a parte merita il processo amministrativo davanti ai Tar e al Consiglio di Stato. La sospensioneferialedei termini, equiparata ai procedimenti ordinari dalla legge 742/1969, è divenuta poi oggetto di una disposizione specifica del Codice del processo amministrativo (emanato con DI 2 luglio 2O1O n. 104): l'articolo 54 comma 2 riporta testualmente che «i termini processuali sono sospesi dal 1° agosto al 15 settembre di ogni anno». Sospensione appunto coincidente con quella prevista nel processo civile, sino all'abbreviazione introdotta dalla legge 162/2014, cne tuttavia tace sul processo amministrativo, limitandosi alla modifica dell'articolo i della legge 742/1969 per quanto riguarda il periodo, ma omettendo qualsiasi specifica sull'ambito di applicazione. Ne deriva un conflitto fra norme che dispongono due periodi di sospensione diversi per il processo amministrativo. In merito, alcuni ritengono prevalga la norma successiva (articolo 16 della legge 162/2014) che avrebbe tacitamente abrogato il comma 2 dell'articolo 54 del Codice e, quindi, la sospensione sarebbe anche per il processo amministrativo limitata al solo mese di agosto. Altri, invece, sostengono l'effetto abrogativo dell'articolo 54, comma 2, sulla disposizione della legge 742/1969 nell'estensione al processo amministrativo della sospensione feriale dei
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In pillole LA SOSPENSIONE NEL PROCESSO CIVILE La legge 10 novembre 2014 n. 162, di conversione delDll32/2014,hamodificatol'articololdella legge 742/1969eridotto,adecorreredall'anno 2015,il periodo di sospensioneferialedei termini, prima fissatoin 46 giorni 1° agosto/15 settembre,a31giorni,dall°al31 agosto. Duranteil periododisospensione, la decorrenza LE CAUSE DI ESCLUSIONE Restano valide le cause di esclusione già previste dagli articoli 3 e 4della legge 742/1969 e dall'articolo 92 dell'ordinamento giudiziario: i procedimenti in materia di lavoro e previdenza; per alimenti; cautelari; relativi ai provvedimenti in materia di amministrazione di sostegno, interdizione e inabilitazione; per l'adozione di ordini di LA RIMESSIONE IN TERMINI Anche se non riguarda direttamente la sospensione feriale dei termini processuali, l'istituto della rimessione in termini, previsto dall'articolo 153, comma 2, del Codice di procedura civile, incide comunque sotto un profilo generale sulla disciplina dei termini perentori: la parte che è incorsa in LA SOSPENSIONE NEL RITO AMMINISTRATIVO LA SOSPENSIONE NEL PROCESSO PENALE La sospensione feriale prevista dall'articolo 1, legge 742/1969, riguardava anche la giurisdizione amministrativa. Il Codice del processoamministrativo.neldisciplinare compiutamentei procedimenti amministrativi, ha comunque confermatoil periodo di sospensione feriale 1° agosto/15 settembre La legge 742/69si applica anche al processo penale, perequale le cause di esclusione, articoli 2 e 2bis, riguardano i procedimenti con imputati sottoposti a custodia cautelare, se l'imputato o il difensore rinunciano alla sospensione; leindagini preliminari nei reati di criminalità organizzata; le cause con imputati detenuti, o reati che possono prescriversi o II ricorso avverso l'ipoteca esattoriale non è riconducibile all'opposizione all'esecuzione e quindi si avvale della sospensione feriale dei termini (Cassazione 30 gennaio 2012 n.1295). Sono escluse dalla sospensione feriale dei termini le controversie individuali di lavoro, ma non i giudizi regolati dal rito del lavoro, poiché la norma (articolo 3, legge 742/1969)si riferiscealla natura della causa LA GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA E PENALE Nelprocessoamministrativo,sisottraealla sospensionesolol'inddentecautelare, ma noni termini di notifica e deposito del ricorso introduttivoedognisuccessivoterminefinalizzato alla trattazionedel merito, periqualitrova applicazione lasospensione(TarSicilia, Palermo 24ottobre2011n.l869).Allecontroversiein materia di pubblicoimpiegoche rientrano pro-
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e non al rito da cui essa è disciplinata (Cassazione 22 dicembre 2011 n. 28291). Iltermine annuale per proporre l'impugnazione si computa con lo spirare del giorno corrispondente a quello del mese iniziale, al quale -se interferisce con il periodo di sospensione feriale devono aggiungersi 46 giorni (nd r: oggi 31; Cassazione 13 marzo 2015 n. 15851). presentano carattere d'urgenza; i procedimenti per l'applicazione di misure di prevenzione se sia stata provvisoriamente disposta una misura personale o interdittiva o il sequestro di beni, se vi è rinuncia esplicita alla sospensione o dichiarazione di urgenza; nell'incidente probatorio per l'assunzione di prove non l'inviabili. (articolo 54, comma 2). La riduzione del periodo a 31 giorni introdotta dall'annoin corso confligge con la norma del Codice del processo amministrativo, suscitando questioni di prevalenza della legge speciale o della disposizione temporalmente successiva (si veda articolo a lato). decadenza per lo spirare del termine può dimostrare al giudice di non avere potuto esercitare tempestivamente la propria potestà processuale per cause non imputabili, o per caso fortuito o forza maggiore. Il giudice, se ritiene fondati gli impedimenti, concede la rimessione in termini con ordinanza. protezione contro gli abusi familiari; di sfratto; di opposizione all'esecuzione; dichiarazione e revoca di fallimenti. Il giudice inoltre può dichiarare con decreto l'urgenza della causa, quando opina che il differimento causato dalla sospensione possa recare grave pregiudizio alle parti. dei termini legali perii compimento delle attività processualisiinterrompee riprendea decorrereallafinedel perìodo. La sospensione, oltre i termini in scadenza duranteil periodo, riguarda ancheiterminiin scadenza successivamente, che vengono differiti diBlgiorni. temporenellagiurisdizioneamrnim' strativaè applicabile la sospensioneferialedei termini (ConsigliogiustiziaamministrativaSidlia, 13 ottobre 2011 n. 674). Nel processo penale, lo svolgimentodel processo con rito direttissimo rendeinapplicabile la sospensioneferialedei termim'.ancheinassenza di espressa rinuncia (Cassazionepenale20aprile2011n.l9982).
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I CASI DI ESCLUSIONE Nessuna «vacanza» è prevista peri procedimenti in materia di lavoro, alimenti, cautelari, abusi familiari, sfratto, opposizione all'esecuzione I RECLAMI-MEDIAZIONE La sospensione si applica anche ai procedimenti amministrativi per liti tributarie fino a 20mila euro
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Commissione tributaria. Atti in scadenza Per il ricorso fiscale i giorni diventano 91
Vorrei sapere se, ai fini della sospensione feriale, che da quest'anno è stata accorciata a a 31 giorni, è corretto ritenere che anche i termini per proporre appello alla Commissione tributaria provinciale, che scadono in agosto, possono beneficiare dell'allungamento dai 60 giorni ordinar! ai 91 (60 + 31) per effetto della pausa feriale. B.N.-NISCEMI cliSalvinaMorinaeToninoMorina 1 contenzioso tributario ha chiuso per ferie nel mese di agosto. Da quest'anno, infatti, è più breve il tempo della sospensione feriale. Il periodo di sospensione, prima previsto dal 1° agosto al 15 settembre, in totale 46 giorni, dal 2015 è stabilito dal 1° al 31 agosto (articolo 16, decreto legge 12 settembre 2014, n. 132). Nel periodo 1° agosto/31 agosto, il decorso dei termini relativi alle giurisdizioni ordinarie e amministrative è sospeso anche per le giurisdizioni tributarie. La regola generale della sospensione è che sono sospesi i termini processuali, mentre quelli sostanziali, relativi cioè ai rapporti tra privati, non subiscono alcuna sospensione. Beneficiano, ad esempio, della sospensione feriale i termini per proporre ricorso alla Commissione tributaria provinciale o regionale. Questo significa che il ricorso alla Commissione tributaria provinciale deve essere proposto a pena di inammissibilità entro 60 giorni dalla notificazione dell'atto impugnato. Se
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questo termine scade tra il 1° e il 31 agosto, il ricorrente ha altri 31 giorni, quindi i 60 giorni iniziali diventano novantuno. La stessa sospensione di 31 giorni scatta se il termine di 30 giorni per la costituzione del ricorrente scade tra il 1° e il 31 agosto. Il termine di 60 giorni previsto per la costituzione in giudizio del resistente può scadere in questo periodo o può comprendere questo periodo. In entrambi i casi, si aggiungono i 31 della sospensione. La sospensione feriale si applica anche in relazione ai termini per impugnare una
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NORME& TRIBUTI È possibile da mercoledì 26 agosto l'invio delle domande per accedere agli sgravi contributivi sui premi di produttività corrisposti dai datori di lavoro nel corso del 2014. Con il messaggio
5302/2015 emanato dall'Inps nei giorni scorsi, è arrivato l'ultimo tassello mancante per la procedura. A disposizione, dopo i tagli decisi nei mesi scorsi, restano 391 milioni di euro. » pagina 22
****! ^^MM^^^M LAVORO j ì^~ T i. Bonus produttività:
Agevolazioni. Le istruzioni per le domande relative alle retribuzioni pagate nel 2014 Le regole per gli sconti Istanze al via per gli sgravi sui premi di produttività Invio da mercoledì sul sito Inps - Disponibili 391 milioni
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LAVORO
PAGINA A CURA DI Alessandro Rota Porta \ < ' Da mercoledì prossimo, 26 agosto, è possibile inviare le domande per accedere ai 391 milioni di euro stanziati per finanziare - quest'anno - gli sgravi contributivi sulle retribuzioni incentivanti derivanti dalla contrattazionedisecondolivello e corrisposte nel 2014. La circolare Inps 128 dello scorso 26 giugno ha chiarito le regole applicabili per le richieste da presentare nel 2015 e il messaggio 4974/2015 ha rilasciato la procedura sperimentale per la trasmissione delle stesse, che si è chiusa il 31 luglio. Infine, il messaggio 5302/2015 del 12 agosto scorso da il via libera all'inoltro effettivo delle istanze, possibile dal 26 agosto al 24 settembre attraverso l'applicativo «Sgravi contrattazione II livello 2014» presente sul sito Inps. L'accesso al bonus Lo sblocco del bonus per quest'anno è avvenuto grazie al decreto interministeriale
LavoroEconomia dell'8 aprile 2015, che ha fissato all'i,6o% della retribuzione contrattuale annua (corrisposta al lavoratore e imponibile ai fini contributivi, comprensiva della retribuzione variabile interessata allo sgravio) il limite degli emolumenti di secondo livello assoggettabili alla riduzione contributiva. Per il 2013 il tetto era stato stabilito nella misura del 2,25 per cento. Lo sgravio consiste nel 25% dell'aliquota dovuta dai datori di lavoro mentre riguarda l'in
primo luogo, le somme interessate al beneficio e previste dagli accordi collettivi di secondo livello dovevano essere collegate a parametri di produttività e di competitivita. O Le erogazioni sono suscettibili dello sgravio se hanno come obiettivo il raggiungimento di risultati rilevanti per il miglioramento della competitivita aziendale: ad esempio, i premi che scattano al conseguimento di determinate soglie di fattura
to, quelli agganciati a una diminuzione degli scarti di produzione, e così via. o Un tera contribuzione a carico del altro requisito necessario per lavoratore, senza perdita di copertura pensionistica. Bisogna poter produrre l'istanza consiste comunque precisare che il limite nel deposito presso la Dirczione contributivo agevolabile in capo territoriale del lavoro degli al datore deve essere considerato accordi aziendali o territoriali istitutivi dei salari di secondo al netto di eventuali riduzioni livello: il deposito deve essere contributive per assunzioni avvenuto entro il 29 giugno agevolate o di altre misure 2015, altrimenti la domanda non compensative spettanti. Per è presentabile. Con riferimento trovarsi pronti all'invio delle domande, è opportuno verificare alle intese territoriali, se non risulta possibile la rilevazione di il rispetto delle condizioni individuate dal Dm autorizzativo indicatori a livello aziendale, i criteri di corresponsione da e indicate dall'Inps con la adottare saranno legati circolare 128/2015: in
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agli andamenti delle imprese del settore sul territorio. Le imprese di somministrazione, per accedere allo sgravio, devono invece fare riferimento alla contrattazione di secondo livello sottoscritta dall'impresa utilizzatrice o dalle organizzazioni a cui essa aderisce. e Per accedere all'agevolazione, oltre alle condizioni descritte, è altresì necessario che l'im-
presa rispetti i requisiti previsti dalla legge 296/2006 (sulla regolarità contributiva) e abbia corrisposto ai dipendenti trattamenti economici non inferiori a quanto stabilito dalla contrattazione collettiva. La ripartizione dei fondi Tutte le domande trasmesse, secondo le condizioni previste, saranno ammesse al beneficio (che andrà recuperato attraverso le denunce Uniemens) e l'Inps ne darà comunicazione entro 60 giorni dal termine ultimo per la presentazione. Se le risorse disponibili non fossero sufficienti a coprire la concessione dello sgravio nella misura richiesta dalle aziende, l'istituto provvedere a riproporzionare gli importi. I fondi destinati allo sgravio, come anticipato sopra e come ricorda anche la circolare Inps 128/2015, sono stati notevolmente ridotti negli anni. La legge 92/2012 aveva collegato la concessione dei benefici contributivi riferiti alle erogazioni di produttività ai criteri regolatori della legge 247/2007, rendendo strutturale la dotazione di risorse nell'ammontare di 650 milioni di euro annui. In realtà, diversi "prelievi" operati a vario titolo per rimpinguare altre dotazioni (da ultimo è intervenuta la legge 190/2014, articolo i, comma 313, che ha previsto una riduzione delle risorse di 208 milioni per il 2015) hanno via via eroso la quota assegnata portandola, appunto, per quest'anno a 391 milioni di euro. ©RIPRODUZIONE RISERVATA
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Ilcalcolo dello sgravio contributivo per un'azienda industriale con oltre 50 dipendenti. Si considera un premio di risultato di 1.500 euro erogato, nel 2014, a un impiegato. La retribuzione annua lavoratore edi 26mila euro (comprensiva del premio) L'esempio Ilcalcolo dello sgravio contributivo per un'azienda industriale con oltre 50 dipendenti. Si considera un premio di risultato di 1.500 euro erogato, nel 2014, a un impiegato. La retribuzione annua lavoratore edi 26mila euro (comprensiva del premio)
I limiti Lo sgravio è entro l'l,60% della retribuzione contrattuale annua di ogni lavoratore (comprese le somme incentivanti interessate allo sgravio). C'è lo sgravio massimo di 25 punti dell'aliquota perii datore di lavoro, al netto di eventuali agevolazioni contributive sulle assunzioni, delle misure LA MISURA I contratti e la finalità degli incentivi Sono ammesse allo sgravio le erogazioni previste dai contratti collettivi aziendali e territoriali o di Le somme devono essere legate a incrementi di I PREMI AMMESSI AL BONUS produttività, qualità, redditività, innovazione ed I PREMI AMMESSI efficienza organizzativa, oltre che collegate ai risultati riferiti all'andamento economico o agli utili dell'impresa o a ogni altro elemento rilevante perii miglioramento della competitivita aziendale (basta unosolodei parametri) ella competitivita aziendale (basta ogni altro elemento rilevante perii all'andamento economico o agli utili organizzativa, oltre che collegate ai itività, innovazione ed I PREMI AMMESSI AL BONUS I contratti e la finalità degli incentivi Sono ammesse allo sgravio le erogazioni previste dai contratti collettivi aziendali e territoriali o di nti di I PREMI AMMESSI AL BONUSqualità, redditività, innovazione ed I PREMI AMMESSII efficienza organizzativa, oltre che collegate aii risultati riferiti all'andamento economico o agli utilii dell'impresa o a ogni altro elemento rilevante periii miglioramento della competitivita aziendale (bastaa unosolodei parametri) II deposito È obbligatorio il deposito dell'accordo presso la Dti (q uest'anno doveva avvenire eniro il 29 giugno) La ripartizione 1391 milioni a disposizione saranno assegnati perii 62,5% alla contrattazione aziendale e per il37,5% a quella territoriale. In caso di mancato utilizzo dell'intera percentuale destinata a ciascuna delle due tipologie, la quota residua è assegnata all'altra fattispecie arametri) ella competitivita aziendale (basta ogni altro elemento rilevante perii all'andamento economico o agli utili organizzativa, oltre che collegate ai itività, innovazione ed I PREMI AMMESSI AL BONUS I contratti e la finalità degli incentivi Sono ammesse allo sgravio le erogazioni previste dai contratti collettivi aziendali e territoriali o di nti di I PREMI AMMESSI AL BONUSqualità, reddi LA MISURA I limiti Lo sgravio è entro l'l,60% della retribuzione contrattuale annua di ogni lavoratore (comprese le somme incentivanti interessate allo sgravio). C'è lo sgravio massimo di 25 punti dell'aliquota perii datore di lavoro, al netto di eventuali agevolazioni contributive sulle assunzioni, delle misure compensative previste dall'attuale legislazione e, per l'agricoltura, degli sconti periterritori montarne svantaggiati. Lo sgravio è totale per la quota a carico del lavoratore In caso di risorse insufficienti Gliincentivi sono riproporzionati tra i datori ammessi tività, innovazione ed I PREMI AMMESSII efficienza organizzativa, oltre che collegate aii risultati riferiti all'andamento economico o agli utilii dell'impresa o a ogni altro elemento rilevante periii miglioramento della competitivita aziendale (bastaa unosolodei GLI STEP PER L'INCENTIVO parametri) II deposito È La domanda In vio telematico dell'istanza all'Inps, anche se riferita a lavoratori iscritti ad altri enti previdenziali La risposta Entro 60 giorni dalla scadenza del termine di presentazione delle domande, l'Inps comunica alle aziende l'ammissione al beneficio e l'eventuale obbligatorio il deposito dell'accordo presso la Dti (q uest'anno doveva avvenire eniro il 29 giugno) La ripartizione 1391 milioni a disposizione saranno assegnati perii 62,5% alla contrattazione aziendale e per il37,5% a quella territoriale. In caso di mancato utilizzo dell'rideterminazione dello stesso. L'importo dello sgravio in capo all'azienda e al lavoratore sarà poi recuperato, con le codifiche necessarie, attraverso ilflusso Uniemens. L'importo del beneficio spettante al lavoratore (pari alla contribuzione trattenuta, nel 2014, nelcedolinodelmesein cui è stato corrisposto l'emolumento incentivante) sarà restituito attraverso il Lui intera percentuale destinata a ciascuna delle due tipologie, la quota residua è assegnata all'altra fattispecie arametri) ella competitivita aziendale (basta ogni altro elemento rilevante perii all'andamento economico o agli utili organizzativa, oltre che collegate ai itività, innovazione ed I PREMI AMMESSI AL BONUS I contratti e la finalità degli incentivi Sono amm I CASI PARTICOLARI sse allo sgravio l Gli altri requisiti La fruizione dell'incentivo è subordinata al rispetto delle condizioni di regolarità contributiva e della parte economica dei contratti collettivi, previste dall'articolo 1, comma 1175, della legge 296/2006. Il datore di lavoro - se non ha già provveduto per accedere ad altri benefici - deve presentare alla Dti la dichiarazione di responsabilità sull'inesistenza di provvedimenti amministrativi e giurisdizionali definitivi, in ordine alla commissione di determinate violazioni erogazioni previste dai contratti collettivi aziendali e territoriali o di nti di I PREMI AMMESSI AL BONUSqualità, reddi LA MISURA I limiti Lo sgravio è entro l'l,60% della retribuzione contrattuale annua di ogni lavoratore (comprese le somme incentivanti interessate allo sgravio). C'è lo sgravio massimo di 25 punti dell'aliquota perii datore di lavoro, al netto di eventuali agevolazioni contributive sulle assunzioni, delle misure compensative previste dall'attuale legislazione e, per l'agric Cessazioni e operazioni straordinarie • II beneficio spetta anche alle aziende che - nei rispetto dei requisiti sopra descritti - abbiano successivamente sospeso o cessato l'attività • In caso di operazioni societarie che abbiano comportato l'estinzione del soggetto preesistente (ad esempio fusione), l'istanza dovrà essere presentata dalsoggetto subentrante • Nell'ipotesi di indebita fruizione del beneficio, i datori di lavoro saranno tenuti al versamento dei contributi dovuti oltre al pagamento delle sanzioni civili ltura, degli sconti periterritori montarne svantaggiati. Lo sgravio è totale per la quota a carico del lavoratore In caso di risorse insufficienti Gliincentivi sono riproporzionati tra i datori ammessi tività, innovazione ed I PREMI AMMESSII efficienza organizzativa, oltre che collegate aii risultati riferiti all'andamento economico o agli utilii dell'impresa o a ogni altro elemento rilevante periii miglioramento della competitivita aziendale (bastaa unosolodei GLI STEP PER L'INCENTIVO parametri) II deposito È La dom
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PROFESSIONI Negli Albi continua il calo degli accessi Antonello Cherchi e Valeria Uva > pagina 6 Negli Albi continua il calo degli accessi Antonello Cherchi e Valeria Uva > pagina 6 LA RIDUZIONE DEGLI ABILITATI 2013 RISPETTO ALL'ANNO PRECEDENTE Negli Albi continua il calo degli accessi Antonello Cherchi e
Negli Albi si stringono le maglie dell'accesso In dieci anni abilitati in calo del 33% ma anche gli esami di Stato perdono appeal (-ISmila candidati) Antonello Cherchi Valeria Uva
2004 74.194 - 66,5% 2012 54.406 - 58,4% 2013 49.627 - 51,8 Abilitati Uomini ! Donne Categorie Confronto tra i candidati e gli abilitati all'esame di Stato per gli anni 2004, 2012 e 2013 II trend Confronto tra i candidati e gli abilitati all'esame di Stato per gli anni 2004, 2012 e 2013 Categorie Abilitati Uomini ! Donne 49.627 - 51,8 2013 Totale candidati Confronto tra i 95.719 candid AbilitatiAbilitati var %var % 2013/122013/04 ti e gli abilitati all'esame di Stato per gl 54.406 - 58,4% 2012 93.224 -8,8 i anni 2004, 201 74.194 - 66,5% 2004 571-72,0% I 793 2013444 W\ 533 - 70,5% I 756 2012 400 3,|S| 1.429 - 70,7% 2 e 2013 Categorie Abilitati Uomini ! Donne 49.627 51,8 2013 Totale candidati Confronto t 111.588 a i 95.-33,1 719 c +7,1 ndid 2020 Abil-60,0 itati 2004947 v » 4$ 4.894 - 54,5% I8.973 bilitati var %var % 2013/122013/04 ti e gli abilitati 3.922 - 49,6% all'esame di 7.914 Stato +24,8 per g 7.655 - 55,2% 2004 54.406 - 58,4% 2 13.862 12 93.-36,1 224 3847 1.756 - 64,8% -8,8 i anni 20 2.708 4, 20 2004 74.194 - 66,5% 2012 54.406 - 58,4% 2013 49.627 - 51,8 Abilitati Uomini ! Donne Categorie Confronto tra i candidati e gli abilitati all'esame di Stato per gli anni 2004, 2012 e 2013 II trend Totale candidati 95.719 AbilitatiAbilitati var %var % 2013/122013/04 93.224 -8,8 571-72,0% I 793 2013444 W\ 533 - 70,5% I 756 2012 400 3,|S| 1.429 - 70,7% 111.588-33,1 +7,1 2020-60,0 2004947 v » 4$ 4.894 - 54,5% I8.973 3.922 - 49,6% 7.914 +24,8 7.655 - 55,2% 2004 13.862-36,1 3847 1.756 - 64,8% 2.708 74.194 - 66,5% 2004 571-72,0% I 793 2013444 W\ 533 - 70,5% I 756 2012 400 3,|S| 1.429 - 70,7% 2 e 2013 Categorie Abilitati Uomini ! Donne 49.627 - 51,8 2013 Totale candidati Confronto t 111.588 a i 95.-33,1 719 c +7,1 ndid 2020 Abil-60,0 itati 2004947 v » 4$ 4.894 - 54,5% I8.973 bilitati var %var % 2013/122013/04 ti e gli abilitati 3.922 - 49,6% all'esame di 7.914 Stato +24,8 per g 7.655 - 55,2% 2004 54.406 - 58,4% 2 13.862 12 93.-36,1 224 3847 1.756 - 64,8% -8,8 i anni 20 2.708 4
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Professioni LE TENDENZE La selezione I percorsi troppo teorici pesano sull'alto numero di «bocciature» La selezione I percorsi troppo teorici pesano sull'alto numero di «bocciature» II dettaglio Ancora attrattivi commercialisti e farmacisti La crisi allontana architetti e ingegneri La selezione I percorsi troppo teorici pesano sull'alto numero di «bocciature» II dettaglio Ancora a
dei candidati rispetto all'anno precedente: 95mila contro i 93mila del 2012. Nel complesso, dunque, il numero di chi accede all'Albo non sale. E però vero che è possibile solo un confronto parziale, perché il dato sugli avvocati- riferito è incompleto, in quanto ancora privo dei risultati di sei Corti d'appello. Ma la tendenza - in base alla fotografia scattata dall'Ufficio statistica del Miur sembra quella di una diminuzione generalizzata degli iscritti agli Albi. Con i dovuti distinguo: sul decennio perdono quasi tutti, con percentuali significative per igeologi e gli agronomi (rispettivamente un calo del 76% e del 60%), una diminuzione vistosa anche per le professioni tecniche degli ingegneri e architetti (con segni meno rispettivamente del 40% e del 36%), dei chimici (-53%) e degli odontoiatri (-41%). Tengono, invece, gli assistenti sociali (+14,8%), i biologi (+6,8%), i farmacisti (+5,4%) e, con percentuali più contenute, gli psicologi (+0,3%). Per Andrea Mascherili, presidente del Consiglio nazionale forense, il calo dei praticanti (2013 a parte) e degliabilitati è anche il risultato di un modo di affacciarsi
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alla professione legale: «I praticanti - spiega - spesso affrontano l'esame di Stato un po' al buio, insieme ad altri concorsi: quello di magistrato, di notaio, le selezioni per il pubblico impiego. La scelta della professione di avvocato diventa, pertanto, residuale. Si tratterebbe, invece, di renderla più consapevole attraverso un percorso specifico già all'università.
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401 - 77,1%I 520 2012201 ^ ^iüöftj \ 203 2013 1 581. 459 - 79,0% 2012677 2.996 - 93,6% 20136 978 - 90,6% \ 203 2013 1 581. 459 - 79,0% 2012677 2.996 - 93,6% 2013683 3.088 - 87,3% 3.199-84,4% 2004 15.661 - 45,2% 2012 10.032-30.8%i 2013 5.396-15,1% 35.794 35.794 2013 10.032-30.8%i 32.572 35.79-46,2 4 201 2012 15.661 - 45,2% 34.634 3 10.-65,5 032-3 2004 3.199-84,4% I 3.789, 0.8%i 32.572 2013683 3.088 - 87,3% 2012677 2.996 - 93,6% 677 2.996 - J £Ì02 35. 1 581. 2013 203 \ 401 - 77,1%I 520 77 2.996 - 93,6% 20136 978 - 90,6% ..11079 13 5.39 1.031-42,8%I________2.407_ ljff.-34;0%.,,,,J_________ -15,1% 35.794 35.794 2013 10.032-30.8%i 32.572 35.79 nd 46 1.396-33,8% 2 4 201 201 4.130 15. 2004 61 -3.612 - 46,8% 45,2% 34.634 7.723 3 10 20131892 ' Ilio1] 3.262 L45,9%^ _ J[ 2012 -65,5 032-3 2004 3.199-84,4% I 3.789, 0.8%i 32.5 7.114 2 201 +10,7 683 3 1757 3.914 - 47,4% 088 - 87,3% 20126 8.258 7 2.9 20042206 4.592 - 96,8% 6 - 93,6% 677 2.996 -20131278 4.547 : 96,4%^ 2012 J£Ì02 35. 1 581. 2013 f743 203 1363 4.355 - 97,1% \ 401 - 77,1%I 2004 52 1234 77
Stiamo lavorando in questo senso con i ministeri della Giustizia e dell'Istruzione». Per Gerardo Longobardi, alla guida dell'Ordine dei commercialisti, una certa selezione all'ingresso (in media uno su due non hapassatol'esame)«èfisiologica, perché l'esame si articola su campi molto vasti». In ogni caso l'Ordine continua a veder aumentare i propri iscritti: «Nel 2015 siamo oltre i nomila, con un incremento dell'i% - aggiunge Longobardi - e le donne superano il 30%». Anche i consulenti del lavoro
stanno intervenendo sull'accesso: «Stiamo investendo - afferma Marina Calderone, presidente dell'Ordine - sui giovani e sui percorsi d'ingresso. Assieme all'ente di previdenza stiamo attuando iniziative di sostegno al praticantato e stipulando convenzioni con gli atenei, per rendere l'accesso rapido, garantendo comunque alti livelli di preparazione». La formazione universitaria troppo teorica, del resto, è il primo ostacolo per molti laureati in fase di abilitazione. Tra questi gli architetti, che in dieci anni hanno perso il 36% degli abilitati: « Siamo una delle poche professioni per le quali il tirocinio non è ancora obbligatorio, nonostante noi lo chiediamo a gran voce» spiega il presidente del Consiglio nazionale, Leopoldo Freyrie. La mancanza del numero programmato,« maanchelapossibilità di accedere alla laurea in servizio sociale da percorsi troppo distanti» sono secondo Silvana Mordeglia, presidente dell'Ordine assistenti sociali - tra le ragioni che hanno fatto aumentare il numero dei «bocciati» in questa categoria, che al contrario vanta nel decennio un boom di aspiranti, «concentrato però soprattutto negli anni più lontani, quando ancora il settore pubblico garantiva sbocchi». Per molti la perdita di attratività inizia sempre prima. Come per gli architetti,falcidiati dal blocco dell'edilizia: «Quest'anno per la prima volta - sottolinea Freyrie le iscrizioni ai test d'ingresso per architettura sono dimezzate rispetto all'anno scorso». © RIPRODUZIONERISERVATA
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202-48,f% 415 2013 135 ,é^ 286 - 56,7% I 504 2012 184 $t)a] 840-^64,2%^^^^^ 2004-29,4 -29,4 1.308 -29,4-76,0 1.30 591 -2
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* I dati degli abilitati si riferiscono al 2012 (dati parziali), 2011 e 2003 - ** Dati 2013,2010 e 2006 - Nota Nelle professioni che h prevedono, sono compresi i laureati iunior - La categoria degli ingegneri comprende gli ingegneri, gli ingegneri civili e ambientali, quelli dell'informazione, quelli industriali Per avvocati e consulenti del lavoro non è disponibile la distinzione tra uomini e donne Fonte Elaborazione IISole240re del Lunedì su dati Ufficio Statistica del Miur
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2013556 933-99,9%_____ 2012 882 - 99,4% 6.712 - 97,6% 2004 18.274 - 89,8% 7942 20137707 10.996 - 84,3% 2012 . I 13-770 10.826-84,8% . I 13-770 20137707 10.996 - 84,3% 4,8% I 13.037 . I 13-1,5 -770 7942 18.274 - 89,8% 20.349 2013-40,8 7707 2004 14850 10.99 6.712 - 97,6% 6.875 6 - 8 882 - 99,4% 1887 4,3% 2013556 933-99,9%_____ 2012 605 4, 934 % I 1.495 - 98,7% 13.037 . I 2004 13 987 1,5 4.567 - 72,6% -770 7942 18 6.293 274 -2013 89, 5.169-77,6% % 20.349 4.555 79,7% 2013-40,8 770 I 5.714, 2004 14850 1 928-95,9% .99 6.712 2013284 { 996-98,0% 2012 97,6% 6.875 6 - 8 882 - 99,4 1.290-98,4% 1887 4,3% 1.016 20135 2004 6 93 512 \ -99,9
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-"-" ^*- -.»-»»^ ^ <+~.^m,*-m. T ^«^«»applicano * j I * *IO Hlf^CCQ 1 CTO TI r? A t^AT* Oli CCTTCITTIuit^a ihuuize per gu sgravi^ prova Rota Porta » pagina 22Florentin - pagina 23 DIRITTO Così i giudici applicano -"-" ^*- -.»-»»^ ^ <+~.^m,*-m. T ^«^«»applicano * j I * *IO Hlf^CCQ 1 CTO TI r? A t^AT* Oli CCTTCITTIuit^a ihuuize per gu sgravi^ prova Rota Porta » pagina 22Florentin - pagina 23
Diritto penale. Le possibilità di utilizzo dell'istituto dopo lo stop arrivato dalla Corte di cassazione sull'applicazione parziale La domanda. Le linee guida della magistratura Messa alla prova a maglie strette Spetta al giudice valutare i «meriti» dell'imputato e le chance di reinserimento sociale ACURADI Fabio Florentin Tra i più discussi profili applicativi della messa alla prova (articolo 404-bis del Codice di procedura penale e ió8-bis del Codice penale) c'è la possibilità di una sua applicazione "parziale", limitata cioè ad alcune imputazioni. La fattispecie, non espressamente disciplinata dalla legge, può ricorrere nella pratica in due ipotesi: • quella del soggetto nei cui confronti sono mosse plurime contestazioni, delle quali solo alcune relative a fatti-reato compresi nell'ambito operativo dell'articolo ió8-bis del Codice penale; • quella dell'imputato di reati tutti rientranti nella previsione dell'istituto di probation che, tuttavia, formuli istanza di messa alla prova soltanto per alcuni di essi. Reati non previsti dall68-bis Una prima giurisprudenza di merito si era indirizzata in senso favorevole all'ammissibilità della messa alla prova parziale (si veda il box a lato). Tale orientamento è stato, tuttavia, recentemente sconfessato da un arresto di legittimità, che si è invece espresso in senso negativo (sentenza 14112/2015). La pronuncia della Suprema corte concerne il caso di due imputati ammessi dal Cup al rito abbreviato ma non alla messa alla prova, che pure avevano ritualmente chiesto al giudice ma che da quest'ultimo non aveva applicato (pur ritenendo ammissibile - in conformità al prevalente indirizzo della giurisprudenza di merito - l'istanza di messa alla prova parziale) ravvisando, nel caso concreto un contrasto con l'articolo 18, comma i, prima parte del Codice di procedura penale, che preclu de la separazione dei processi qualora la riunione dei medesimi sia valutata dal giudice assolutamente necessaria per l'accertamento dei fatti. Nel caso di specie, l'accertamento del reato associative contestato si fondava, infatti, su una serie di fatti autonomamente integranti reato, che non consentivano una valutazione separata. Lo stop della Cassazione La Corte di vertice ha confermato, anzitutto, l'esigenza della valutazione preliminare di compatibilita dell'istanza di messa alla prova parziale con le esigenze di cui all'articolo 18 del Codice, ma ha anche negato in radice l'am REATI PLURIMI La Suprema corte ha escluso dal beneficio i casi di più imputazioni quando non tutti i delitti rientrano nell'elenco contenuto nel 168-bis missibilità di un'applicazione parziale del beneficio alternativo al processo. Le argomentazioni utilizzate dalla Cassazione hanno una particolare pregnanza, richiamandosi direttamente al principio della finalizzazione rieducativa della pena sancito dall'articolo 27, comma 3 della Costituzione. Precisamente, la Corte rileva che l'ipotesi in cui a un soggetto siano contestate plurime imputazioni, appare «appare stridente con la struttura del sistema e (...) con gli stessi presupposti dell'istituto che possa avvenire una "parziale" risocializzazione del soggetto interessato», data la «visione unitaria e complessiva della prospettiva di risocializzazione del soggetto che potrà realizzarsi at traverso la messa alla prova previa sospensione dell'intero "procedimento" ma solo quando ciò sia possibile in relazione a tutti i reati in contestazione». Corollario della pronuncia è la conferma del potere-dovere del giudice di valutazione discrezionale dell'istanza formulata dall'interessato sotto il duplice profilo delle esigenze processuali e della "meritevolezza" dell'imputato con riferimento alle possibilità effettive di recupero sociale del medesimo, il quale non è pertanto-titolarediundirittoassoluto di accesso alla misura. Reati compresi nel 168-bis La Cassazione sembra implicitamente chiudere la porta alla possibilità di concessione parziale della messa alla prova anche nel caso di reati tutti non ostativi, mentre pare lasciare spazio alla possibilità di messa alla prova "cumulativa" del beneficio quando si tratti di fattireato tutti ricompresi nell'elencazione dell'articolo ió8-bis del Codice penale. La decisione suscita, peraltro, dubbi di compatibilita costituzionale, nella parte in cui - in assenza di specifici divieti di legge - introduce un'ipotesi di preclusione assoluta all'accesso al beneficio, laddove appare invece coerente con la ratio dell'istituto e con la Costituzione riservare al giudice di merito la possibilità di valutare in concreto, anche nelle ipotesi di accesso parziale al beneficio, le chance di risocializzazione del soggetto, in base ai parametri dell'articolo 133 del Codice penale. PRODUZIONE RISERVATA O IN ESCLUSIVA PER GLI ABBONATI Le sentenze commentate m pagina www.quotidianodiritto.ilsole24ore.com
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IL PATTEGGIAMENTO Non è applicabile la sospensione del processo con messa alla prova dell'imputato, qualora quest'ultimo sia chiamato a rispondere - allo stesso tempo e nello stesso procedimento - di reati peri quali non sia possibile l'accesso al beneficio unitamente ad altri peri quali ciò sia invece possibile, poiché non appare coerente con la finalizzazione rieducativa dell'istituto ipotizzare una "parziale" risocializzazione del soggetto interessato. La stessa formulazione dell'articolo 168-bis del L'ALT DELLA CASSAZIONE La giurisprudenza L'ALT DELLA CASSAZIONE Non è applicabile la sospensione del processo con messa alla prova dell'imputato, qualora quest'ultimo sia chiamato a rispondere - allo stesso tempo e nello stesso procedimento - di reati peri quali non sia possibile l'accesso al beneficio unitamente ad altri peri quali ciò sia invece possibile, poiché non appare coerente con la finalizzazione rieducativa dell'istituto ipotizzare una "parziale" risocializzazione del soggetto interessato. La stessa formulazione dell'articolo 168-bis del IL PATTEGGIAMENTO È ammissibile la separazione dei procedimenti ai fini della sospensione con messa alla prova dell'imputato per alcuni soltanto dei reati oggetto di contestazione nell'ambito di uno stesso procedimento che riguardi reati puniti con pena edittale fino a quattro anni di reclusione e reati che superano il detto limite, esclusi dalla operatività della messa alla prova. A tal fine, non può essere opposto il diverso orientamento assunto dalla giurisprudenza in tema di patteggiamento parziale, attesa la prevalente finalità di recupero sociale L'ALT DELLA CASSAZIONE Non è applicabile la sospensione del processo con messa alla prova dell'imputato, qualora quest'ultimo sia chiamato a rispondere - allo stesso tempo e nello stesso procedimento di reati peri quali non sia possibile l'accesso al beneficio unitamente ad altri peri quali ciò sia invece possibile, poiché non appare coerente con la finalizzazione rieducativa dell'istituto ipotizzare una "parziale" risocializzazione del soggetto interessato. La stessa formulazione dell'articolo 168-bis del IL PATTEGGIAMENTO È amm PLURALITÀ DI CONTESTAZIONI ssibile la separazione dei È ammissibile la messa alla prova dell'imputato anche nel caso in cui gli siano mosse più contestazioni per reati tutti non ostativi alla concessione del beneficio, non potendosi interpretare in malam partem la locuzione «per più di una volta» come se significasse «per più reati»; poiché tale lettura si porrebbe in contrasto con la finalità deflativa dell'istituto e la finalità di risocializzazione dell'imputato. procedimenti ai fini della sospensione con messa alla prova dell'imputato per alcuni soltanto dei reati oggetto di contestazione nell'ambito di uno stesso procedimento che riguardi reati puniti con pena edittale fino a quattro anni di reclusione e reati che superano il detto limite, esclusi dalla operatività della messa alla prova. A tal fine, non può essere opposto il diverso orientamento assunto dalla giurispru Codice penale, infatti, non ha fatto direttamente riferimento ai reati quanto piuttosto ai «procedimenti per reati...» così lasciando intendere una visione unitaria e complessiva della prospettiva di risocializzazione del soggetto che potrà realizzarsi attraverso la messa alla prova previa sospensione dell'intero "procedimento" ma solo quando ciò sia possibile in relazione a tutti i reati in contestazione Cassazione penale, sezionell, sentenza dell'8 aprile 2015, n. 14112 enza in tema di patteggiamento parziale, attesa la prevalente finalità di recupero sociale L'ALT DELLA CASSAZIONE Non è applicabile la sospensione del processo con messa alla prova dell'imputato, qualora quest'ultimo sia chiamato a rispondere - allo stesso tempo e nello stesso procedimento - di reati peri quali non sia possibile l'accesso al beneficio unitamente ad altri peri quali ciò sia invece possibile, poiché non appare coerente con la finalizzazione rieducativa de dell'istituto di cui all'articolo 168-bis del Codice di procedura penale e le conseguenze paradossali che si avrebbero nel caso in cui, negata la messa alla prova per i reati non ostativi solo perché oggetto di contestazione cumulativa con imputazioni ostative, il soggetto fosse poi assolto da queste ultime e condannato per i primi, anche se per tali ipotesi delittuose avrebbe avuto diritto a richiedere la sospensione del processo Tribunale di Torino, ordinanza del 21 maggio 2014 l'istituto ipotizzare una "parziale" risocializzazione del soggetto interessato. La stessa formulazione dell'articolo 168-bis del IL PATTEGGIAMENTO È amm PLURALITÀ DI CONTESTAZIONI ssibile la separazione dei È ammissibile la messa alla prova dell'imputato anche nel caso in cui gli siano mosse più contestazioni per reati tutti non ostativi alla concessione del beneficio, non potendosi interpretare in malam partem la locuzione «per più di una volta» come se significasse «per più r Tale possibilità di messa alla prova "cumulativa" sarebbe ammissibile anche in caso di riconoscimento della continuazione tra i reati contestati. Peraltro, la pluralità di contestazioni a carico dell'imputato è un dato che il giudice deve valutare ai fini della prognosi in ordine al futuro comportamento della persona e all'astensione di quest'ultima dal commettere ulteriori reati. Tribunale di Milano, ordinanza 28 aprile 2015 ati»; poiché tale lettura si porrebbe in contrasto con la finalità deflativa dell'istituto e la finalità di risocializzazione dell'imputato. procedimenti ai fini della sospensione con messa alla prova dell'imputato per alcuni soltanto dei reati oggetto di contestazione nell'ambito di uno stesso procedimento che riguardi reati puniti con pena edittale fino a quattro anni di reclusione e reati che superano il detto limite, escl
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Istanza respinta senza il programma di recupero Diritto penale. Le possibilità di utilizzo dell'istituto dopo lo stop arrivato dalla Corte di cassazione sull'applicazione parziale La domanda. Le linee guida della magistratura Istanza respinta senza il programma di recupero La formulazione della domanda di sospensione del processo e messa alla prova è un passaggio particolarmente delicato per l'interessato, la cui istanza rischia di incorrere in preclusioni e inammissibilità suscettibili di compromettere il buon esito della procedura, ponendo il soggetto di fronte all'alea del processo e all'eventuale condanna da scontare nelle forme ordinarie. In un contesto giuridico-normativo tuttora gravido di incertezze applicative, particolarmente preziose si rivelano le indicazioni elaborate da alcuni importanti uffici giudiziari - in particolare Milano e Napoli -che offrono alcuni utili chiarimenti relativi alle formalità di presentazione dell'istanza La domanda deve, anzitutto, rispettare i requisiti di legge, sia sotto il profilo formale (articolo 404-bis del Codice di procedura penale)chesostanziale(articolo i68-bis del Codice penale). Vanno inoltre rispettati i termini di decadenza, ai quali va fatta particolare attenzione poiché variano a secondo che la richiesta sia formulata al Gip, al Cup, al giudice del dibattimento o del giudizio direttissimo. Per le domande proposte nel corso delle indagini preliminari, vanno anche osservati i termini e le modalità indicate nell'articolo 404-ter del Codice di procedura penale. È invece sempre obbligatorio allegare un programma di trattamento elaborato di concerto con gli assistenti sociali (Uepe) o la richiesta di tale programma. In quest'ultimo caso, l'interessato dovrà presentare alla cancelleria del giudice - a pena di inammissibilità - insieme con la domanda di messa alla prova, copia della richiesta all'Uepe con la prova del deposito. La Istanza respinta senza il programma di recupero La formulazione della domanda di sospensione del processo e messa alla prova è un passaggio particolarmente delicato per l'interessato, la cui istanza rischia di incorrere in preclusioni e inammissibilità suscettibili di compromettere il buon esito della procedura, ponendo il soggetto di fronte all'alea del processo e all'eventuale condanna da scontare nelle forme ordinarie. In un contesto giuridico-normativo tuttora gravido di incertezze applicative, particolarmente preziose si rivelano le indicazioni elaborate da alcuni importanti uffici giudiziari - in particolare Milano e Napoli -che offrono alcuni utili chiarimenti relativi alle formalità di presentazione dell'istanza La domanda deve, anzitutto, rispettare i requisiti di legge, sia sotto il profilo formale (articolo 404-bis del Codice di procedura penale)chesostanziale(articolo i68-bis del Codice penale). Vanno inoltre rispettati i termini di decadenza, ai quali va fatta particolare attenzione poiché variano a secondo che la richiesta sia formulata al Gip, al Cup, al giudice del dibattimento o del giudizio direttissimo. Per le domande proposte nel corso delle indagini preliminari, vanno anche osservati i termini e le modalità indicate nell'articolo 404-ter del Codice di procedura penale. È invece sempre obbligatorio allegare un programma di trattamento elaborato di concerto con gli assistenti sociali (Uepe) o la richiesta di tale programma. In quest'ultimo caso, l'interessato dovrà presentare alla cancelleria del giudice - a pena di inammissibilità - insieme con la domanda di messa alla prova, copia della prassi è orientata a che il giudice, valutata l'ammissibilità dell'istanza, conceda un breve rinvio per la messa a punto del programma di trattamento. In questo spazio di tempo è da ritenere che la prescrizione resti sospesa (articolo 159 comma i, n. 3 del Codice penale). Da questa prassi sono esclusi i casi in cui si procede con rito direttissimo i cui tempi stretti non permettono la produzione del programma o dell'attestazione della presentazione della domanda. In tal caso, le indicazioni operativecontenutenelleguidelines della magistratura sono per la concessione di un breve rinvio che consentaall'imputato di presentare la domanda all'Uepe e di un rinvio successivo che permetta agli assistenti di elaborare il programma di trattamento. Il giudice valuteràaltresi i profili relativi alla misura cautelare (ovviamente non compatibile con la messa alla prova). Tra le ipotesi di inammissibilità, si segnalano i casi di assoluta carenza dei requisiti di legge (ad esempio per superamento dei limiti di pena, per la sussistenza di una declaratoria di delinquenza qualificata, etc.) o il mancato rispetto dei termini di decadenza previsti dall'articolo 464^5 del Codicediprocedurapenale(cuivaassimilata l'ipotesi di reiterazione di istanza già respinta, che supera quindi il limite di cui all'articolo4Ó4-quater comma 9 del Codice procedura penale). Se la domanda è affetta da vizi formali (ad esempio poiché proposta da difensore non munito di procura speciale; o formulata dall'imputato lacui sottoscrizione non sia autenticata), la parte può riproporre l'istanza prima della dichiarazione di apertura del dibattimento. richiesta all'Uepe con la prova del deposito. La Istanza respinta senza il programma di recupero La formulazione della domanda di sospensione del processo e messa alla prova è un passaggio particolarmente delicato per l'interessato, la cui istanza rischia di incorrere in preclusioni e inammissibilità suscettibili di compromettere il buon esito della procedura, ponendo il soggetto di fronte all'alea del processo e all'eventuale condanna da scontare nelle forme ordinarie. In un contesto giuridico-normativo tuttora gravido di incertezze applicative, particolarmente preziose si rivelano le indicazioni elaborate da alcuni importanti uffici giudiziari - in particolare Milano e Napoli -che offrono alcuni utili chiarimenti relativi alle formalità di presentazione dell'istanza La domanda deve, anzitutto, rispettare i requisiti di legge, sia sotto il profilo formale (articolo 404-bis del Codice di procedura penale)chesostanziale(articolo i68-bis del Codice penale). Vanno inoltre rispettati i termini di decadenza, ai quali va fatta particolare attenzione poiché variano a secondo che la richiesta sia formulata al Gip, al Cup, al giudice del dibattimento o del giudizio direttissimo. Per le domande proposte nel corso delle indagini preliminari, vanno anche osservati i termini e le modalità indicate nell'articolo 404-ter del Codice di procedura penale. È invece sempre obbligatorio allegare un programma di trattamento elaborato di concerto con gli assistenti sociali (Uepe) o la richiesta di tale programma. In quest'ultimo caso, l'interessato dovrà presentare alla cancelleria del giudice - a pena di inammissibilità -©RIPRODUZIONE RISERVA TA insieme con la domanda
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Società di comodo, più difficile dribblare il reddito minimo Non operative. L'impresa deve dimostrare che è impossibile arrivare al fatturato richiesto Società di comodo, più difficile dribblare il reddito minimo Andrea Barison Una società di comodo non può evitare l'attribuzione del redditominimo, quando il contribuente non è in grado di dimostrare che sul mercato è impossibile realizzare dei canoni di affitto il cui importo sia almeno pari a quello necessario per raggiungere il livello minimo diricaviprevisto dalla normativa sulle società non operative. Ad affermarlo è la sentenza 51/2/2015 della Commissione tributaria di secondo grado di Trento (presidente e relatore Pascucci). La vicenda scaturisce dall'avviso di accertamento emesso nei confronti di una società di locazione immobiliare relativamente al periodo di imposta 2006. L'amministrazione finanziaria, in applicazione dell'articolo 30, commai, della legge 724/i994sulle società di comodo, ridetermina il reddito dichiarato dalla contribuenteelevandolodaunaperdita Società di comodo, più difficile dribblare il reddito minimo Andrea Barison Una società di comodo non può evitare l'attribuzione del redditominimo, quando il contribuente non è in grado di dimostrare che sul mercato è impossibile realizzare dei canoni di affitto il cui importo sia almeno pari a quello necessario per raggiungere il livello minimo diricaviprevisto dalla normativa sulle società non operative. Ad affermarlo è la sentenza 51/2/2015 della Commissione tributaria di secondo grado di Trento (presidente e relatore Pascucci). La vicenda scaturisce dall'avviso di accertamento emesso nei confronti di una società di locazione immobiliare relativamente al periodo di imposta 2006. L'amministrazione finanziaria, in applicazione dell'articolo 30, commai, della legge 724/i994sulle società di comodo, ridetermina di circa 46mila euro a un reddito di circa 9omila euro. Prima che il fisco provvedesse all'emissione dell'avviso la società aveva presentato, con esito negativo, istanza di disapplicazione della normativa sulle società di comodo. Anche la procedura di accertamento con adesione, intentata dalla società, si era chiusa negativamente. La contribuente ricorre allora in primo grado sostenendo l'impossibilità di conseguire i ricavi minimi normativamente previsti in quanto il contratto di locazione con il quale aveva dato in affitto il ristorantebar scontava la stagionalità dell'attività esercitata e la posizione periferica del locale, che aveva costretto i precedenti locatari a cessare anticipatamente l'attività. La Ctp di primo grado accoglie il ricorso ritenendo che le specifiche condizioni oggettive e soggettive giustifichino l'impossibi il reddito dichiarato dalla contribuenteelevandolodaunaperdita Società di comodo, più difficile dribblare il reddito minimo Andrea Barison Una società di comodo non può evitare l'attribuzione del redditominimo, quando il contribuente non è in grado di dimostrare che sul mercato è impossibile realizzare dei canoni di affitto il cui importo sia almeno pari a quello necessario per raggiungere il livello minimo diricaviprevisto dalla normativa sulle società non operative. Ad affermarlo è la sentenza 51/2/2015 della Commissione tributaria di secondo grado di Trento (presidente e relatore Pascucci). La vicenda scaturisce dall'avviso di accertamento emesso nei confronti di una società di locazione immobiliare relativamente al periodo di imposta 2006. L'amministrazione finanziaria, in applicazione dell'articolo 30, commai, della legge 724/i9 lità di conseguire i ricavi minimi previsti per le società di comodo. L'amministrazione finanziaria presenta appello. I giudici di secondo grado accolgono l'appello e confermano l'accertamento. La commissione, innanzitutto, rileva che ai fini della disapplicazione della disciplina sulle società non operative è necessaria la sussistenza di situazioni oggettive che rendano impossibile il conseguimento dei ricavi e dei redditi minimi previsti dalla legge. Nel caso specifico si tratta di una società che ha stipulato un contratto di locazione che prevede canoni assolutamente inadeguati rispetto a quelli di mercato frutto, quindi, di una scelta meramente soggettiva dell'imprenditore e che, come tale, non può essere utilizzata per la disapplicazionedellanormativasullesocietà di comodo. Quand'anche, proseguono i giudici, si volessero analizzare le 4sulle società di comodo, ridetermina di circa 46mila euro a un reddito di circa 9omila euro. Prima che il fisco provvedesse all'emissione dell'avviso la società aveva presentato, con esito negativo, istanza di disapplicazione della normativa sulle società di comodo. Anche la procedura di accertamento con adesione, intentata dalla società, si era chiusa negativamente. La contribuente ricorre allora in primo grado sostenendo l'impossibilità di conseguire i ricavi minimi normativamente previsti in quanto il contratto di locazione con il quale aveva dato in affitto il ristorante-bar scontava la stagionalità dell'attività esercitata e la posizione periferica del locale, che aveva costretto i precedenti locatari a cessare anticipatamente l'attività. La Ctp di primo grado accoglie il ricorso ritenendo che le specifiche condizioni oggettive e sog ragioni che avrebbero indotto la società alla stipula di un tale contratto di affitto si dovrebbe pur sempre evidenziare che l'eccepita stagionalitàèunacaratteristica di moltissimi esercizi operanti nel settore turistico del comprensorio delle Dolomiti, senza che per questo possa essere posta a fondamento della disapplicazione della normativa. L'imprenditore della zona turistica sa in partenzache la sua attivitàè puramente stagionale. Quanto all'asserita perifericità, infine, l'immobile si collocata un comprensorio dedito naturalmente al turismo. Nel momento, quindi, in cui non sono intervenute situazioni oggettive tali darendere impossibile il conseguimento dei ricavi minimi, non possono essere contestati i valori determinati presuntivamente dall'ufficio applicando specifici parametri previsti dalla normativa. Del resto la contribuente non ha dato prova dell'impossibilità di conseguire nel mercato canoni di affitto pari almeno a quelli necessari per raggiungere iî livello minimo di redditività previsto dalla normativa sulle società non operative. ettive giustifichino l'impossibi il reddito dichiarato dalla contribuenteelevandolodaunaperdita Società di comodo, più difficile dribblare il reddito minimo Andrea Barison Una società di comodo non può evitare l'attribuzione del redditominimo, quando il contribuente non è in grado di dimostrare che sul mercato è impossibile realizzare dei canoni di affitto il cui importo sia almeno pari a quello necessario per raggiungere il livello minimo diricaviprevisto dalla normativa sulle società non operative. Ad affermarlo è la sentenza 51/2/2015 della Commissione tributaria di secondo grado di Trento (presidente e relatore Pascucci). La vicenda scaturisce dall'avviso di accertamento emesso nei confronti di una società di locazione immobiliare relativamente al periodo di imposta 2006. L'amministrazione finanziaria, in applicazione dell'articolo 30, commai, della legge 724/i9 lità di conseguire i ricavi minimi previsti per le società di comodo. L'amministrazione finanziaria presenta appello. I giudici di secondo grado accolgono l'appello e confermano l'acc ©RIPRODUZIONE RISERVA TA rtamento. La commissione
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Accertamento. Illegittimo l'allungamento dei termini se la notizia di reato relativa al 2007 è stata inviata alla Procura nel 2014 No al raddoppio con denuncia dopo il quarto anno
Rosanna Acierno È illegittimo l'utilizzo da parte del fisco del raddoppio dei termini laddove la notizia di reato sia stata inoltrata all'autorità giudiziaria tardivamente, cioè oltre il 31 dicembre del quarto anno successivo in cui è stata presentata la dichiarazione dei redditi. Inoltre, non può ritenersi fondata la presunzione di inesistenza delle operazioni se gli accertatori si limitano solo a contestare la genericità della descrizione nelle fatture dei servizi resi. Infine, non è corretto il comportamento dell'ufficio che, a fronte di un pre
chiedeva l'annullamento dell'atto impositivo, la società adiva la Ctp di Milano per chiedere il riconoscimento delle proprie ragioni. Secondo la tesi del contribuente, infatti, l'accertamento era stato emesso per un anno di imposta (2007) già decaduto, ma riaperto strumentalmente
solo a seguito della denuncia della presunta notifia criminis all'autorità giudiziaria inoltrata nel 2014. L'ufficio, dal canto suo, resisteva, producendo la copia fotostatica della trasmissione di notizia di reato allaprocuradellaRepubblica e affermando che il raddoppio sunto utilizzo di fatture dei termini opera oggettivamente inesistenti, si automaticamente in tutti i casi limiti a contestare solo l'Iva, e di obbligo di denuncia penale non anche l'Iresel'Irap. Sono all'autorità giudiziaria per i queste le principali conclusioni cui è giunta la Ctp di Milano con reati previsti dal Digs 74/2000. la sentenza 5389/40/2015 Accogliendoilricorsodellasociet (presidente Fugaggi, relatore à, i giudici lombardi hanno Chiametti), allineandosi alla innanzitutto precisato che non disciplina a regime prevista dal Digs 128/2015. La pronuncia trae origine da un avviso di accertamento e un atto di contestazione sanzioni relativi all'anno di imposta 2007, emessi nei confronti di una società a responsabilità limitata, con cui venivano rispettivamente contestate maggiore Iva e sanzioni per la registrazione di fatture afferenti operazioni oggettivamente inesistenti. In seguito al diniego da parte dell'ufficio dell'istanzadireclamomediazione con cui si
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contestazione dell'ufficio circa la ge
nericità della descrizione delle operazioni, la società ricorrente ha prodotto idonea documentazione da cui si evince inequivocabilmente che l'operazione è realmente avvenuta, trattandosi di normali forniture di servizi di consulenza tecnico-commerciale e di posa di un impianto di areazione forzata regolarmente fatturati, pagati e registrati in contabilità. Infine, il collegio giudicante ha precisato che l'operato dell'ufficio non può, in ogni caso, essere considerato corretto poiché, a fronte di presunte fatture oggettivamente inesistenti, la contestazione ha riguardato soltanto l'Iva e non anche le imposte dirette. ©RIPRODUZIONE RISERVATA
spetta il raddoppio dei termini nel caso in cui l'atto di accertamento sia stato emesso a termini già scaduti. È necessario, infatti, che la denuncia venga inoltrata alla Procura entro il 31 dicembre del quarto anno successivo in cui è stata presentata la dichiarazione dei redditi. Nel caso di specie, dunque, la decadenza del potere di accertamento è avvenuta il 31 dicembre 2012, perché i fatti contestati riguardavano il periodo di imposta 2007. Inoltre, secondo la Ctp, a fronte di un'imprecisata
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Imposte indirette. La maturazione resta sospesa Richiesta incompleta: interessi in stand-by sui rimborsi Iva Ferruccio Bogetti Gianni Rota Non maturano per l'imprenditore gli interessi sul rimborso Iva per i giorni compresi tra la data di richiesta di ulteriori documenti da partedelPufficioper il completamento dell'istruttoria e la data della loro consegna, se avvenuta dopo più di 15 giorni. Così la Gtr Lombardia 2440/1/2015 (presidente Pizzo, relatore Missaglia) in sede di rinvio dalla Cassazione. Una società di leasing presenta congiuntamente alla polizza fideiussoria due istanze per rimborsi Iva di importo consistente nel 2OOO e nel 2001 per gli anni 199962000. Perii 1999, l'amministrazione il28aprile2OO3richiedeun'integrazione della documentazione, consegnata poi dalla società il successivo 12 giugno. Per il 2OOO segue analoga richiesta il 19 settembre 2003 assolta dal contribuente il 16 ottobre. L'amministrazione rimborsa quindi l'Iva e gli interessi, ma per la società non tutti i giorni tra la data di presentazione dell'istanza e quella del rimborso sono inclusi nel conteggio. Da qui il ricorso sul silenzio-rifiuto. Per l'ufficio, infatti, la contribuente ha consegnato in ambedue i casi la documentazione integrativa oltre i 15 giorni e quindi non le spettano gli interessi per i giorni tra la data della richiesta dell'integrazione e quella della relativa consegna. Il ricorso viene accolto in Ctp e alla società sono riconosciuti gli interessi. L'amministrazione, però, va in appello e vince: per la Gtr non spettano gli interessi sui rimborsi Iva dal 28 aprile al 12 giugno 2003 (per il rimborso del 1999) e dal 19 settembre al 16 ottobre 2003 (per il rim Ferruccio Bogetti Gianni Rota Non maturano per l'imprenditore gli interessi sul rimborso Iva per i giorni compresi tra la data di richiesta di ulteriori documenti da partedelPufficioper il completamento dell'istruttoria e la data della loro consegna, se avvenuta dopo più di 15 giorni. Così la Gtr Lombardia 2440/1/2015 (presidente Pizzo, relatore Missaglia) in sede di rinvio dalla Cassazione. Una società di leasing presenta congiuntamente alla polizza fideiussoria due istanze per rimborsi Iva di importo consistente nel 2OOO e nel 2001 per gli anni 199962000. Perii 1999, l'amministrazione il28aprile2OO3richiedeun'integrazione della documentazione, consegnata poi dalla società il successivo 12 giugno. Per il 2OOO segue analoga richiesta il 19 settembre 2003 assolta dal contribuente il 16 ottobre. L'amministrazione rimborsa quindi l'Iva e gli interessi, ma per la società non tutti i giorni tra la data di presentazione dell'istanza e quella del rimborso sono inclusi nel conteggio. Da qui il ricorso sul silenzio-rifiuto. Per l'ufficio, infatti, la contribuente ha consegnato in ambedue i casi la documentazione integrativa oltre i 15 giorni e quindi non le spettano gli interessi per i giorni tra la data della richiesta dell'integrazione e quella della relativa consegna. Il ricorso viene accolto in Ctp e alla società sono riconosciuti gli interessi. L'amministrazione, però, va in appello e vince: per la Gtr non spettano gli interessi sui rimborsi Iva dal 28 aprile al 12 giugno 2003 (per il rimborso del 1999) e dal 19 settembre al 16 ottobre 2003 (per il rim borso del 2000). Da qui partono due ricorsi in Cassazione. La società perché non si è vista riconoscere gli interessi per quei due periodi. L'amministrazione perché sostiene di doverli pagare dalla data iniziale di decorrenza degli interessi sui rimborsi - novantesimo giorno successivo a quello di presentazione delle dichiarazioni - al giorno precedente la ricezione da parte della contri- Ferruccio Bogetti Gianni Rota Non maturano per l'imprenditore gli interessi sul rimborso Iva per i giorni compresi tra la data di richiesta di ulteriori documenti da partedelPufficioper il completamento dell'istruttoria e la data della loro consegna, se avvenuta dopo più di 15 giorni. Così la Gtr Lombardia 2440/1/2015 (presidente Pizzo, relatore Missaglia) in sede di rinvio dalla Cassazio PER EVITARE IL BLOCCO II contribuente deve consegnare entro 15 giorni i documenti integrativi richiesti dall'ufficio e. Una società di leasing presenta congiuntamente alla polizza fideiussoria due istanze per rimborsi Iva di importo buente delle richieste integrative della documentazione. Ma la Cassazione da ragione all'amministrazione e cassa con rinvio la sentenza. La causa viene riassunta dalla contribuente, con la Gtr che conferma il principio espresso dalla Cassazione: • la mancata maturazione degli interessi, una volta superato il termine massimo di 15 giorni imposto dalla legge per la consegna dei documenti richiesti (compresi quelli integrativi) riguarda l'intero intervallo tra la data della richiesta di documenti suppelementari e la data di consegna da parte del contribuente; • non è ipotizzacela stasi dell'attivitàamministrativaperfatto imputabile al contribuente e l'ufficio non ha pertanto alcun obbligo di corrispondere interessi su somme che è impossibilitata a liquidare per fatto altrui. consistente nel 2OOO e nel 2001 per gli anni 199962000. Perii 1999, l'amministrazione il28aprile2OO3richiedeun'integrazione della documentazione, consegnata poi dalla società il successivo 12 giugno. Per il 2OOO segue analoga richiesta il 19 settembre 2003 assolta dal contribuente il 16 ottobre. L'amministrazione rimborsa quindi l'Iva e gli interessi, ma per la società non tutti i giorni tra la data di presentazione dell'istanza e quella del rimborso sono inclusi nel conteggio. Da qui il ricorso sul silenzio-rifiuto. Per l'ufficio, infatti, la contribuente ha consegnato in ambedue i casi la documentazione integrativa oltre i 15 giorni e quindi non le spettano gli interessi per i giorni tra la data della richiesta dell'integrazione e quella della relativa consegna. Il rico ©RIPRODUZIONE RISERVATA so viene accolto in Ctp
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Operazioni straordinarie. Dopo le sentenze delle Cassazione i casi risolti L'incognita dei debiti su conferimenti, fusioni e scissioni
L'acquirente di ramo d'azienda non paga gli oneri di gestione generale PAGINAACURADI Paolo Meneghetti Le operazioni straordinarie richiedono un'attenta verifica preliminare sui debiti verso il fisco(enonsolo). Lasocietàrisultante da fusioni, scissioni, trasformazioni o cessioni e conferimenti d'azienda non deve limitarsi a conoscere gli eventuali debiti per passività fiscali della società dante causa, ma deve interessarsi a tutta la situazione debitoria che potrebbe esserle trasferita. In questo senso, le operazioni straordinarie non sono tutte uguali e ve ne sono alcune che tutelano maggiormente la società risultante: • in prima battuta, si può dire che la scissione comporta il trasferimento della responsabilità • seppur a certe condizioni - su tutte le società beneficiane; • nella cessione e nel conferimento di azienda, invece, la società avente causa potrebbe essere estranea alle posizioni debitorie della dante causa, o perlomeno verso alcune di esse; • nella cessione di ramo di azienda, infine, le passività che compaiono nei libri contabili obbligatori possono diventare passività dell'acquirente poiché l'articolo 2560 del Codice civile prevede la responsabilità solidale di quest'ultimo con
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il cedente, con riferimento, appunto, a quelle passività. Più precisamente l'articolo 2560, nel comma 2, afferma che l'acquirente risponde in solido dei debiti (presenti nei libri contabili) riferendosi a quelli che riguardano l'azienda ( o il ramo) trasferito. I debiti del «ramo» d'azienda Nella dizione letterale della norma, non si prevede una responsabilità generale e solidale per tutti i debiti di chi cede un ramo d'azienda, alla mera condizione che compaiano nei libri contabili, bensì una responsabilità limitata ai debiti afferenti il ramo d'azienda trasferito. Ora può risultare non agevole separare con precisione i debiti di un ramo d'azienda rispetto a quelli di un altro ramo, ma per talune posizioni debitorie questa separazione è evidente ed indiscutibile. Va inoltre ricordato che per pacifica interpretaziune dottrinale l'articolo 2560 del Codice civile si applica anche nel conferimento di ramo d'azienda, che, a questi fini, risulta essere assimilato a una cessione non monetizzata nella quale al posto del denaro il conferente riceve una partecipazione. Su questo tema si è espressa la Cassazione (sentenza 13319 del 30 giugno 2015) confermando questa tesi e aggiungendo che l'acquirente conferìtario di ramo di azienda non solo non risponde dei debiti afferenti ad altri rami d'azienda non trasferiti, ma nemmeno risponde pro quota dei debiti relativi alla gestione
complessiva dell'azienda. Si tratta di una tesi giurisprudenziale molto importante, che marca una centrale differenza tra conferimento di ramo di azienda e scissione dello stesso ramo, con riferimento alla responsabilità della società avente causa. In particolare: O nella scissione societaria i debiti relati vi ad altri rami d'azienda non trasferiti alla beneficiaria possono gravare su di essa a norma dell'articolo 25o6-quater, ultimo comma, fermo restando il limite del patrimonio netto effettivo ricevuto dalla stessa beneficiaria; ©nel conferimento di ramo d'azienda, la conferitaria non può essere aggredita per debiti che non si riferiscono al ramo di azienda ricevuto, e per i quali risponde solo la società conferitaria alla quale quel ramo di azienda è stato attribuito. Solidarietà sulle imposte La sentenza della Cassazione, pur importante, non tocca tuttavia l'aspetto tributario, cioè le passività di carattere fiscale. Per queste ultime vige l'articolo 14 del Digs 472/1997, secondo il quale Pacquirente/conferitario è responsabile in solido con il cedente/ conferente per il pagamento dell'imposta e delle sanzioni riferibili alle violazioni commesse nell'anno in cui è avvenuta la cessione e nei due precedenti, nonché per quelle già irrogate e contestate nel medesimo periodo anche se riferite a violazioni commesse in epoca anteriore. ©RIPRODUZIONE RISERVATA
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Uno degli aspetti centrali nell'esecuzione delle operazioni straordinarie è verificare quali sono le responsabilità che gravano sulle società aventi causa per le obbligazioni sia tributarie che civili contrattedalladantecausa. In questa dirczione si sono recentemente pronunciate due sentenze della Cassazione: analizziamo le diverse situazioni. • Subentro nei debiti fiscali nelle operazioni di trasformazione e fusione. In entrambi i casi vi èun subentro totale nelle obbligazioni contratte dalla società prima dell'operazione. Nella trasformazione non si può nemmeno parlare di subentro dato che l'operazione è assimilata a un semplice mutamento di ragione sociale. Nella fusione vi è sì un subentro ma il carattere di successione universale (artico
questa operazione il patrimonio dell'ente si separa ed è intuitivo pensare che anche la responsabilità per tributi e sanzioni vada separata con qualche criterio ragionevole. In questo senso va analizzato il disposto civilistico della responsabilità che troviamo nell'articolo 25o6-quater del Codice civile, ultimo comma. Combinando il disposto di questa ultima norma con quello dell'articolo 25o6-bis del Codice civile risulta che ciascuna società risultante dalla scissione è responsabile dei debiti attribuiti tramite il progetto di scissione, senza alcun limite se non quelli derivanti dalla tipologia civilistica della beneficiaria. Invece per le passività non attribuite alla beneficiaria (e quindi rimaste in capo alla scissa o attribuite ad altre beneficiane), si genera sì una responsabilità sussidiaria, ma che opera nel limite del valore effettivo del patrimonio attribuito alla stessa beneficiaria. Così, se alla beneficiaria è stato attribuito un patrimonio effettivo di 100 (attività meno passività al valore corrente senza tener conto dei beni non autonomamente trasferibili), il debito di 200 restato in capo alla scissa potrà essere chiesto alla beneficiaria ma solo entro 100. A questo punto, però, va analizzata la norma tributaria degli articoli 173, comma 13, del Tuir (con riguardo alle imposte e sanzioni) e articolo 15, comma 2 del Digs472/1997 (con riguardo alle sole sanzioni) in cui emerge una responsabilità solidale per le passività tributarie della società scissa che grava su tutte le beneficiane senza alcun limite. L'ap
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I profili fiscali. Doppio binano per le passività civilistiche e quelle riguardanti imposte e sanzioni II fìsco bussa anche dopo la divisione
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parente contraddizione tra la norma civilistica e quella fiscale è stata risolta dalla sentenza della Cassazione 13059 del 24 giugno 2015, nonostante l'iter discordante davanti a Ctp e Gtr che lasciava intendere un certo spazio di opinabilità sulla questione. La tesi della Suprema corte è che per le obbligazioni tributarie non ci sono limiti alla responsabilità delle società risultantidallascissione,sia in termini di imposta sia in termini di sanzioni, e tale assunto è un'eccezione rispetto alla regola civilistica dove sussiste una responsabilità per le passività non attribuite, limitata al patrimonio netto effettivo ricevuto. La responsabilità sulle obbligazioni fiscali che grava sulle beneficiarie (e ovviamente sulla scissa nella scissione parziale) si estende anche a Iva e Irap, almeno secondo la Gtr Lazio, 549/1/2014. © RIPRÛDUZIÛNERISERVATA
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LA FUSIONE LA SCISSIONE La società Alfa Srl ha eseguito nel2014 una scissione trasferendo alla beneficiaria Beta Spa un ramo d'azienda con valore effettivo di lOOmila euro. Ad Alfa è rimasto un debito verso un fornitore di 250mila euro per il quale quest'ultimo esegue atti di riscossione a danno di Beta Spa. È una procedura corretta Labeneficiariadiuna scissione risponde non solo delle passività che le sono state attribuite nel progetto, ma anche di quelle che non le sono state attribuite, pur nel limite del patrimonio netto effettivo ricevuto. Quindi il massimo importo richiedibile a Beta è lOOmila euro, mentre per il resto l'unico soggetto aggredirle rimane la scissa La società Alfa Srl ha eseguito nel2014 una scissione trasferendo alla beneficiaria Beta Spa un ramo d'azienda con valore effettivo di lOOmila euro. Ad Alfa è rimasto un debito verso un fornitore di 250mila euro per il quale quest'ultimo esegue atti di riscossione a danno di Beta Spa. È una procedura corretta Labeneficiariadiuna scissione risponde non solo delle passività che le sono state attribuite nel progetto, ma anche di quelle che non le sono state attribuite, pur nel limite del patrimonio netto effettivo ricevuto. Quindi il massimo importo richiedibile a Beta è lOOmila euro, mentre per il resto l'unico soggetto aggredirle rimane la scissa LA FUSIONE La società Beta Spa ha incorporato le società Gamma Srl e Delta Srl. Queste società presentano debiti per canoni di locazione non pagati per lOOmila euro. Il valore dei patrimoni netti ricevuti a seguito dell'incorporazione è di SOmila euro complessivi. Il debito viene trasferito all'incorporante Beta Lafusioneèunattodi successione universale quindi il soggetto risultantea operazione compiuta rispondedituttiidebitiche erano presenti nei soggetti incorporati, senzaalcun limite, se non quelli derivanti dalla tipologia societaria dell'incorporante: in questo caso Beta risponde quindi per lOOmila euro La società Alfa Srl ha eseguito nel2014 una scissione trasferendo alla beneficiaria Beta Spa un ramo d'azienda con valore effettivo di lOOmila euro. Ad Alfa è rimasto un debito verso un fornitore di 250mila euro per il quale quest'ultimo esegue atti di riscossione a danno di Beta Spa. È una procedura corretta Labeneficiariadiuna scissione risponde non solo delle passività che le sono state attribuite nel progetto, ma anche di quelle che non le sono state attribuite, pur nel limite del patrimonio netto effettivo ricevuto. Quindi il massimo importo richiedibile a Beta è lOOmila euro, mentre per il La società Rossi Srl non ha versato imposte dirette per SOmila euro. In un secondo tempo la società esegue una scissione con cui trasferisce a Bianchi Srl un ramo d'azienda per un valore effettivo di SOmila euro. L'Erario potrà riscuotere dalla beneficiaria il proprio credito per intero o con limiti e, in caso affermativo, quali I limiti nella responsabilità sulle passività della scissa che la norma civile riconosce alla beneficiaria non valgono in ambito tributario, settore nel quale la responsabilità solidale della beneficiariaètotalee priva di alcun tetto massimo sia per quanto riguarda l'imposta, sia per quel che concerne le sanzioni: Bianchi risponde per SOmila euro resto l'unico soggetto aggredirle rimane la scissa LA FUSIONE La società Beta Spa ha incorporato le società Gamma Srl e Delta Srl. Queste società presentano debiti per canoni di locazione non pagati per lOOmila euro. Il valore dei patrimoni netti ricevuti a seguito dell'incorporazione è di SOmila euro complessivi. Il debito viene trasferito all'incorporante Beta Lafusioneèunattodi successione universale quindi il soggetto risultantea operazione compiuta rispondedituttiidebitiche erano presenti nei soggetti incorporati, senzaalcun limite, se non quelli derivanti dalla tipologia societaria dell'incorporante: in questo caso Beta risponde quindi per lOOmila euro La società
La società Bianchi Srldetiene due rami d'azienda: uno commerciale e uno artigianale. Con un conferimento d'azienda il ramo artigianale viene conferito alla società Neri Spa. Per i debiti non fiscali del ramo commerciale restato in capo a Bianchi Srl, vi sono possibili rischi di responsabilità in capo a Neri Spa La risposta è negativa. Il soggetto conferitario risponde dei debiti iscritti nei libri contabili del conferente, ma solo per quelli relativi al ramo di azienda trasferito, mentre per debiti afferenti il ramo non conferito risponde solo il soggetto che li ha originariamente contratti, cioè Bianchi Srl Delta Selesegueil conferimento di un ramo di azienda a favore di Gamma Sel. Delta non ha versato Ires per l'importo di lOOmila euro, somma emersa da un accertamento eseguito nell'anno precedente il conferimento. Periale somma l'Erario può aggredire anche la conferitaria Sì. La conferitaria di ramo di azienda risponde dei debiti tributali per imposte e sanzioni derivanti da accertamenti notificati alla conferente nel biennio antecedente il conferimento. Inoltre risponde dei debiti fiscali derivanti da violazioni commesse nello stesso periodo non ancora accertate al momento del conferimento Delta Selesegueil conferimento di un ramo di azienda a favore di Gamma Sel. Delta non ha versato Ires per l'importo di lOOmila euro, somma emersa da un accertamento eseguito nell'anno precedente il conferimento. Periale somma l'Erario può aggredire anche la conferitaria Sì. La conferitaria di ramo di azienda risponde dei debiti tributali per imposte e sanzioni derivanti da accertamenti notificati alla conferente nel biennio antecedente il conferimento. Inoltre risponde dei debiti fiscali derivanti da violazioni commesse nello stesso periodo non ancora accertate al momento del conferimento
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Fisco/1 - L'Iva evasa può rientrare nel circolo virtuoso rivalsadetrazione. E l'effetto delle norme introdotte nel 2012
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L'effetto delle norme introdotte nel 2012 per chiudere la procedura d'infrazione europea Iva evasa, semaforo verde alla rivalsa post accertamento
Pagine a cura DI FRANCO RICCA Anche l'Iva evasa può rientrare nel circolo virtuoso « rivalsa-detrazione» e tornare neutra: se si definisce l'accertamento dell'amministrazione finanziaria, l'imposta pagata al fisco può essere ribaltata sul cliente, che a sua volta, in presenza dei requisiti sostanziali, può esercitare la detrazione, neutralizzando il prelievo tributario. È l'effetto delle disposizioni sulla rivalsa post accertamento, che il governo Monti ha introdotto nel 2012, ribaltando la situazione preesistente, allo scopo di chiudere una procedura d'infrazione che la Commissione europea aveva avviato contro l'Italia per la presunta incompatibilità della norma originaria. Dal divieto al diritto di rivalersi dell'Iva accertata. Nella versione precedente, l'art. 60, ultimo comma, del dpr n. 633/72 stabiliva che il contribuente non aveva diritto di rivalersi dell'imposta o della maggiore imposta pagata in conseguenza dell'accertamento o della rettifica nei confronti dei cessionari dei beni o dei committenti dei servizi. Per l'effetto, l'imposta sulle cessioni di beni e sulle prestazioni di servizi imponibili accertate dall'amministrazione finanziaria restava in carico al fornitore che, non avendola a suo tempo addebitata ai cessionari o committenti, non poteva più esercitare la rivalsa dopo il provvedimento del fisco. Poiché la preclusione posta dalla legge riguardava l'imposta pagata in conseguenza di accertamento o rettifica, la rivalsa era da ritenersi ammissibile, prima della notifica del provvedimento accertativo, anche a seguito di processo verbale di constatazione; in tal senso il documento conclusivo della riunione dei capi degli ispettorati compartimentali delle a suo tempo non addebitata».
tasse e imposte indirette sugli affari dell'll, 12 e 13 dicembre 1986, sebbene vi sia stato successivamente un ripensamento dell'amministrazione. La relazione governativa sullo schema del decreto istitutivo dell'Iva spiegava che la preclusione normativa «oltre che da intenti sanzionatori è suggerita da valutazioni pratiche, data l'impossibilità e, comunque, l'inopportunità di porre le premesse legislative per una riapertura dei rapporti contrattuali allo scopo di recuperare, a posteriori, l'imposta Nella stessa dirczione la sentenza della Corte di cassazione n. 12882 del 26 maggio 2010, secondo cui l'esigenza di ga-
rantire la stabilità dei rapporti giuridici prevale rispetto al principio di neutralità dell'Iva. La situazione è stata ribaltata dall'art. 93 del di n. 1/2012, che ha sostituito il comma 6 delì'art. 60 del dpr 633/72 prevedendo che «il contribuente ha diritto di rivalersi dell'imposta o della maggiore imposta relativa ad avvisi di accertamento o rettifica nei confronti dei cessionari dei beni o dei committenti dei servizi soltanto a seguito del pagamento dell'imposta o della maggiore imposta, delle sanzioni e degli interessi. In tal caso, il cessionario o il committente può esercitare il diritto alla detrazione, al più tardi, con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui ha corrisposto l'imposta o la maggiore imposta addebitata in via di rivalsa e alle condizioni esistenti al momento di effettuazione della originaria operazione». La norma non prende in considerazione i fatti oggetto di accertamento, sicché la rivalsa postuma dell'imposta deve ritenersi ammessa, per esempio, sia in relazione a operazioni originariamente non fatturate oppure documentate da fatture infedeli, sia in relazione ad operazioni imponibili
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indebitamente qualificate esenti. È tuttavia indispensabile, come precisato nella circolare n. 35/13 delle Entrate, che l'imposta sia riferibile a specifiche operazioni effettuate nei confronti di determinati cessionari o committenti, non potendo altrimenti ammettersi la rivalsa (per esempio, in dipendenza di un accertamento che abbia ricostruito induttivamente il giro d'affari, senza identifica
re una specifica operazione e la controparte). Le ragioni della rivoluzione. Con la radicale modifica del precetto normativo si è inteso chiudere la procedura di infrazione n. 2011/4081, avviata dalla Commissione Ue, che aveva preso mi mira la disposizione, ritenendola non conforme ai principi di neutralità e proporzionalità. L'intervento ha quindi ripristinato il principio di neutralità dell'imposta, con il quale la disposizione che poneva in capo al cedente/ prestatore l'onere del tributo era in conflitto. Se l'evidenza di tale conflitto era indiscutibile, non altrettanto pare di poter dire del suo presunto contrasto con il diritto Ue. In materia, non vi è alcuna disposizione nella direttiva Iva (2006/112/ Ce), sicché la questione riguarda i principi del sistema e non il diritto positivo. Il compito di interpretare il diritto comunitario spetta alla Corte di giustizia Ue e non alla Commissione europea, le cui tesi, peraltro, non sempre sono state giudicate fondate dalla Corte. Dalla giurisprudenza dei giudici di Lussemburgo si ricava più di una indicazione che induce a dubitare della fondatezza delle censure dell'esecutivo dell'Ue e della necessità della modifica legislativa. Dalla giurisprudenza emerge anzitutto che il principio di neutralità, pur essendo un fondamento del sistema dell'Iva, non è assoluto e inderogabile. Nella sentenza 7/12/10, C-285/09, in relazione al caso di un'impresa che
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aveva effettuato cessioni intracomunitarie intestando le fatture a soggetti diversi dai reali cessionari, la corte ha statuito che, in una situazione di quest» tipo, lo stato membro di origine può (e talora deve) rifiutare di esentare dall'Iva tale cessione e pretendere pertanto l'imposta dal fornitore, senza che ciò comporti violazione dei principi di neutralità e di legittimo affidamento. La corte ha spiegato che questi principi «non possono essere validamente invocati da un soggetto passivo che abbia partecipato intenzionalmente a una frode fiscale mettendo a repentaglio il funzionamento del sistema comune Iva». In proposito, va ricordata anche la sentenza 18 dicembre 2014, cause riunite C-131/13, C-163/13 e C-164/13, dalla quale si evince che gli stati membri possono contestare ai soggetti passivi tutti i diritti previsti a loro favore dalla normativa sull'Iva (fra i quali esenzione, detrazione, rimborso), indipendentemente dall'esistenza di una specifica disposizione, qualora risulti che questi diritti siano invocati dal soggetto passivo in relazione a un'operazione del cui carattere fraudolento egli era o avrebbe dovuto essere a conoscenza facendo uso della ragionevole diligenza. Su queste basi, avrebbe potuto sostenersi che lo «strappo» al principio di neutralità, determinato dalla preclusione della rivalsa dell'imposta accertata posta dalla norma nazionale, si giustificasse con l'obiettivo di contrastare le frodi e l'evasione fiscale. In questa prospettiva, quindi, la preclusione avrebbe potuto mantenuta nei casi di frode o evasione (per esempio, operazioni «in nero»). Vi è un'altra pronuncia, successiva all'intervento del legislatore,
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(art. 60, u.c., dpr 633/72 e circolare AE n. 35/2013) II soggetto passivo ha diritto di rivalersi sul cessionario/committente dell'Iva accertata dal fisco solo a seguito del pagamento dell'imposta, delle sanzioni e degli interessi. La disposizione presuppone la definizione dell'accertamento, anche mediante gli istituti deflativi (es. adesione all'accertamento, agli inviti al contraddittorio, ai processi verbali). Per l'imposta pagata a titolo provvisorio, il diritto di rivalsa può essere esercitato all'atto della definizione del giudizio. In caso definizione con pagamento rateale, il diritto alla rivalsa potrà essere esercitato in relazione al pagamento delle singole rate. Ai fini della rivalsa, il soggetto passivo deve emettere nei confronti della controparte una fattura o una nota di variazione, da annotare solo per memoria nel registro lva. Il cessionario/committente al quale sia stata addebitata la rivalsa dell'Iva accertata può esercitare la detrazione, se spettante, entro la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui ha corrisposto l'imposta al fornitore, registrando il documento ricevuto.
oppure se dovesse essere scorporata da tale prezzo considerandolo comprensivo dell'imposta. Al riguardo, la Corte ha dichiarato che «quando un contratto di compravendita è stipulato senza alcuna menzione riguardo all'Iva, nel caso in cui il fornitore, secondo il diritto nazionale, non possa recuperare presso l'acquirente l'Iva successivamente riscossa dall'amministrazione tributaria, la presa in considerazione del prezzo complessivo, senza detrazione dell'Iva, come base sulla quale applicare l'Iva, comporterebbe che l'Iva graverebbe su tale fornitore e, pertanto, contrasterebbe con il principio secondo cui l'Iva è un'imposta sul consumo che deve essere sopportata dal consumatore finale». Secondo la Corte, l'adozione dell'una o dell'altra fra le soluzioni alternative dipende dalla circostanza che la legge nazionale riconosca o meno al che induce a ritenere che la norma fornitore il diritto di rivalersi sul nazionale non fosse incompatibile cliente dell'Iva pagata al fisco; con l'ordinamento comunitario. sembra lecito desumerne che il Nella sentenza 7 novembre 2013, diritto comunitario non impone il cause riunite C-249/12 e C-250/12, riconoscimento di tale diritto. Da la Corte si è occupata di una ultimo, la sentenza 23/4/15, questione sulla determinazione C-111/14, che secondo taluni della base imponibile in sede di avrebbe statuito l'obbligo per gli accertamento dell'ufficio. stati membri di riconoscere ai Nell'ambito di una controversia soggetti passivi il diritto di scaturita da un accertamento con il rivalersi dell'Iva pagata in seguito quale il fisco aveva recuperato a all'accertamento, non si esprime tassazione, ritenendole effettuate affatto in tali termini, ma al nell'esercizio dell'impresa, alcune contrario conferma l'insussistenza cessioni di beni immobili che i di un siffatto obbligo: la corte, venditori avevano invece infatti, ha statuito che se la considerato effettuate nell'ambito normativa nazionale non consente della sfera privata, era stato chiesto al soggetto passivo di rivalersi alla Corte se l'Iva da riscuotere dell'Iva pagata a dovesse essere calcolata aggiungendola al prezzo di vendita pattuito,
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seguito dell'accertamento definitivo dell'amministrazione finanziaria, nel caso in cui la stessa imposta sia stata riscossa dall'amministrazione anche presso il destinatario, negare al soggetto passivo il diritto al rimborso non è legittimo perché comporterebbe la doppia riscossione del tributo.
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Conta la solvibilità del cliente LU applicazione della * disposizione che riconosce al fornitore il diritto di rivalersi dell'Iva pagata a seguito di accertamento del fisco presenta diversi aspetti problematici. In primo luogo, la concreta possibilità per il fornitore di conseguire l'imposta dipende, ovviamente, dall'esistenza e dalla solvibilità del cliente. Può ben accadere che, nel momento in cui sorgono i presupposti per l'esercizio del diritto, il destinatario della rivalsa non sia più esistente (si pensi ad una persona fisica deceduta senza eredi, oppure a una persona giuridica estinta), oppure che sia insolvente. In secondo luogo, può accadere che il cessionario/ committente contesti il diritto del fornitore, ritenendolo non fondato: eventualità, questa, piuttosto probabile qualora il cessionario/committente non possa, a sua volta, esercitare
II commitente deve registrare il documento emesso dal fornitore In presenza dei presupposti sostanziali del diritto alla detrazione, per poter esercitare tale diritto il cessionario/committente deve registrare ai sensi dell'art. 25 del dpr 633/72 il documento emesso dal fornitore (fattura o nota di variazione), il quale deve contenere, oltre agli elementi dell'art. 21, dpr 633/72, gli estremi identificativi dell'accertamento che costituisce titolo della rivalsa. Si deve sottolineare che il diritto di detrazione del destinatario della rivalsa post accertamento è subordinato al pagamento dell'imposta al fornitore. Questa previsione è stata da più parti criticata in ragione del fatto che, ordinariamente, il pagamento dell'imposta al fornitore non è necessario ai flni dell'esercizio della detrazione, che ha infatti per oggetto l'imposta «dovuta» o «assolta». Ciò premesso, nella circolare n. 35/2013 l'Agenzia delle entrate ha escluso che il cessionario/committente, ai flni della detrazione, debba acquisire la prova che il fornitore abbia pagato al fisco l'Iva accertata. Osserva infatti l'agenzia che la norma «non prevede particolari oneri a carico del committente/cessionario in ordine al riscontro dell'avvenuto versamento all'erario dell'imposta oggetto dell'accertamento, pertanto questi è tenuto solo all'osservanza degli ordinari doveri di diligenza e cautela in ordine alla verifica della correttezza e regolarità della fattura (o della nota di variazione in aumento) emessa dal cedente/ prestatore». Nella stessa circolare, l'Agenzia ha precisato, confermando la prassi precedente, che il diritto di detrazione compete anche in relazione all'imposta o maggiore imposta sulle importazioni pagata dal soggetto passivo in sede di definizione dell'accertamento da parte degli uffici dell'agenzia delle dogane. La circolare, inoltre, chiarisce che, in considerazione di quanto previsto dall'ari. 60, ultimo comma, il diritto potrà essere esercitato, al più tardi, con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui l'importatore ha provveduto al pagamento dell'imposta, delle sanzioni e degli interessi, superando così la risoluzione 21 agosto 2007, n. 228, secondo la quale il termine biennale decorreva il diritto alla detrazione dell'imposta pretesa dal fornitore. invece dal momento di effettuazione dell'operazione originaria. Occorre Quest'ultimo, in tal caso, potrà infine evidenziare che, secondo la norma, la detrazione va esercitata alle intraprendere un'azione legale stesse condizioni che esistevano al momento di effettuazione davanti al giudice ordinario e dell'operazione originaria (più esattamente, si dovrebbe fare riferimento al sperare in un esito favorevole momento in cui l'imposta è divenuta esigibile, in armonia con il principio della lite, niente affatto scontato. dell'art. 19, comma 1). Esemplificando, il cessionario/committente che nel Il giudice, infatti, potrebbe 2015 riceve la fattura con l'addebito dell'Iva per un'operazione del 2010, accogliere le ragioni del resistente, ritenendo per esempio emessa dal fornitore ai sensi dell'art. 60, ultimo comma, al fine di stabilire l'entità dell'imposta detraibile dovrà fare riferimento alla propria situazione che l'imposta accertata del 2010; pertanto, se in detto anno aveva un pro rata del 60%, potrà dall'ufficio non era dovuta per detrarre in questa misura l'imposta addebitatagli, mentre se si avvaleva di insussistenza della sottostante un regime speciale senza diritto a detrazione non potrà detrarre nulla, operazione, oppure per indipendentemente dal regime adottato nell'anno in cui subisce la rivalsa. l'applicabilità di un trattamento di non imponibilità o di esenzione dal tributo. Viene in evidenza, inoltre, un'incongruenza sistematica che meriterebbe un intervento correttivo. La questione sorge in relazione ai termini di decadenza del diritto alla detrazione da parte del cessionario/ committente. Com'è noto, l'art. 19, comma 1, del dpr 633/72 stabilisce che il diritto sorge nel momento in cui l'imposta
diviene esigibile e va esercitato, al più tardi, con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello nel quale è sorto. Pertanto, se il cessionario/ committente riceve la fattura relativa all'operazione dopo il decorso del suddetto termine, non può detrarre
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l'imposta per l'intervenuta decadenza del diritto. La situazione cambia, però, se la fattura ultratardiva è stata emessa dal fornitore in seguito alla definizione dell'accertamento dell'ufficio, al fine di esercitare la rivalsa postuma ai sensi dell'ultimo comma dell'ari. 60. La disposizione, infatti, prevede che il destinatario della rivalsa post accertamento possa esercitare il diritto alla detrazione a partire dal momento in cui ha corrisposto l'
imposta al fornitore e fino alla dichiarazione del secondo anno successivo, ma alle condizioni che esistevano
al momento di effettuazione dell'operazione originaria. In sostanza, l'attivazione della rivalsa postuma ai sensi delle disposizioni in esame ridefinisce l'ambito temporale per l'esercizio della detrazione da parte del destinatario e può, quindi, comportare non soltanto l'allungamento di tale arco temporale, ma addirittura l'effetto, un po' bizzarro, di riportare in vita il diritto
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già decaduto per decorso del termine dell'ari. 19, comma 1. Riassumendo, in caso di fatturazione ultra-tardiva «spontanea», magari nel quadro di una regolarizzazione posta in essere dal fornitore in base alle disposizioni sul ravvedimento operoso, il destinatario non potrà esercitare il diritto alla detrazione dell'imposta addebitatagli se è spirato il termine dell'ari. 19, comma 1; se invece la fattura ultra-tardiva è emessa dal fornitore a seguito della de
Chiarimenti caso per caso dall'Agenzia delle entrate Nella circolare n. 35/2013 l'Agenzia delle entrate ha dato risposta anche ad alcune questioni particolari. Vediamo quelle di più comune interesse. Imposta pagata a seguito di «splafonamento». L'esportatore abituale al quale sia stata contestata l'effettuazione di acquisti in sospensione d'imposta in misura eccedente rispetto al plafond disponibile, potrà esercitare il diritto alla detrazione, al più tardi, con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui ha provveduto al pagamento dell'imposta, della maggiore imposta, delle sanzioni e degli interessi, a prescindere quindi dall'anno di effettuazione delle operazioni. A tal fine, occorre predisporre un documento, al quale dovranno essere allegati l'atto di accertamento e l'attestato di versamento, da registrare ai sensi dell'ari. 25, dal quale devono risultare l'ammontare dell'imposta pagata e gli estremi identiflcativi dell'accertamento. Omessa inversione contabile. Confermando le indicazioni della risoluzione n. 56/2009, emanata a seguito della sentenza della Corte di giustizia Ue dell'8 maggio 2008, C-95/07 e C-96/07, la circolare chiarisce che nel caso in cui sia stata constatata la violazione del finizione di un accertamento, regime dell'inversione contabile che comporti, in quella sede, anche dopo molti anni dall'operazione, a conclusione l'assolvimento del tributo da parte dei contribuenti, deve essere di un lungo contenzioso con il contestualmente riconosciuto il diritto alla detrazione della stessa imposta; pertanto, il contribuente non sarà tenuto a versare alcun ammontare a titolo fisco, il diritto alla detrazione di imposta qualora sia riconosciuta la spettanza integrale della detrazione. potrà essere esercitato. È evidente che la rimodulazione Soggetti che applicano il pro rata. Può verificarsi che l'imposta relativa alle dei termini per l'esercizio della operazioni imponibili accertate dall'ufficio si renda concretamente dovuta detrazione prevista dall'ultimo per un importo inferiore, per effetto dell'incremento del pro rata e del comma dell'ari. 60, dpr 633/72, conseguente riconoscimento di una maggiore detrazione sugli acquisti. L'Agenzia ha chiarito che, in tale ipotesi, l'ammontare dell'imposta che può mira a incentivare la definizione degli accertamenti formare oggetto di rivalsa non sarà limitato al minore importo dell'imposta effettivamente pagata in dipendenza dell'accertamento, ma comprenderà Iva, rimuovendo il possibile ostacolo della decadenza di cui anche la quota di debito estinta per compensazione con la maggiore detrazione sugli acquisti. Coincidenza tra fornitore e cliente. Nel particolare all'art. 19, comma 1. Ciò non toglie che, a nostro parere, si è caso in cui, per esempio a seguito di fusione societaria, il fornitore avente diritto alla rivalsa pagata a seguito di accertamento coincide con il introdotta nel sistema un'incongruenza che dovrebbe destinatario della rivalsa, in quanto l'imposta accertata dall'ufficio si riferisce ad un'operazione che era stata effettuata tra la società incorporante essere in qualche modo e la società incorporata, l'esercizio della rivalsa è tecnicamente impossibile corretta, sembrando per effetto della riunione dei due soggetti a seguito della fusione. In tale irragionevole, oltre che in contrasto con gli obiettivi di tax ipotesi, l'incorporante che ha provveduto al pagamento dell'Iva accertata può comunque esercitare la detrazione dell'imposta versata all'erario ai compliance perseguiti espressamente dalla legge di sensi dell'ultimo comma dell'ari. 60, entro la dichiarazione del secondo stabilità 2015, il vantaggio anno successivo a quello del pagamento. accordato alla definizione dell'accertamento rispetto alla regolarizzazione spontanea della violazione.
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Mediazione- Poker di strumenti per sfoltire il contenzioso. Le indicazioni della giurisprudenza a due anni dalla riforma Di Rogo da pag. 6
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Le diverse strade per i litiganti e le indicazioni dei giudici a due anni dalla legge 98/13 Mediazione, poker di strumenti per prevenire il contenzioso
Pagine a cura DI GIANFRANCO Di RACO Sono passati quasi due anni dal ritorno della mediazione obbligatoria, dopo che la legge n. 98/2013 ha convertit» con una serie di modificazioni il e.d. decreto del Fare (di n. 69/2013), con cui il governo, allora presieduto da Enrico Letta, ha fornito risposta ai problemi sorti a seguito della dichiarazione di illegittimità costituzionale dell'ari. 5 del digs n. 28/2010 per eccesso di delega. Vediamo allora di ricordare i principali aspetti di questa sorta di miniriforma dell'istituto della mediazione e, soprattutto, di vedere come la stessa è stata applicata dai giudici di merit», attraverso una carrellata dei principali provvedimenti emessi negli ultimi 24 mesi. Le differenti forme di mediazione. Sotto il comune ombrello dell'istituto della mediazione è possibile individuare varie forme di questo particolare strumento di Adr (acronimo di Alternative dispute resolution). In primo luogo esiste la figura generale della mediazione, nella sua classica forma « volontaria», alla quale le parti in lite possono ricorrere in qualsiasi moment». Superando le logiche awersariali tipiche del processo, i litiganti si concentrano non più sull'attribuzione di torti e ragioni, ma sul ventaglio delle possibili soluzioni accettabili da entrambi che possano chiudere con soddisfazione la controversia insorta. L'accordo conciliativo nasce generalmente dalla libera volontà delle parti di sedersi attorno a un tavolo delle trattative, avendo al proprio fianco un soggetto terzo imparziale il cui ruolo è principalmente di tipo compositivo. Accanto alla mediazione volontaria si pone la e.d. mezzo di pubblicità ecc.).
mediazione «obbligatoria», introdotta dal legislatore con fini deflativi del contenzioso. Lart. 5 del digs n. 28/10 ha previsto la mediazione come condizione di procedibilità per numerose tipologie di controversie (diritti reali, locazione, comodato, condominio, divisione e successioni ereditarie, patti di famiglia, affitto di aziende, controversie assicurative, bancarie e finanziarie, responsabilità medica e sanitaria e da diffamazione a mezzo stampa o con altro Le parti in lite sono messe nelle condizioni di confrontarsi liberamente sui fatti controversi e in ogni moment» dell'incontro possono abbandonare le trattative e rivolgersi all'autorità giudiziaria (anche se in questa sede può tenersi conto a
vario titolo del comportamento dalle stesse osservato durante la procedura di mediazione). Il digs n. 28/10 ha poi introdotto la figura della e.d. mediazione «delegata», ipotesi che si verifica allorché sia lo stesso giudice, dunque all'interno di un processo già pendente, a invitare le parti a recarsi presso un organismo di mediazione. In questo caso, sulla in base alla legge di conversione del «decreto del fare», che ha specificato come l'esperimento della mediazione sia condizione di procedibilità del relativo processo, ci si trova di fronte a una nuova forma di mediazione obbligatoria, per quanto ordinata da un giudice (e per materie diverse da quelle di cui all'art. 5 digs n. 28/10. Infine, ulteriore forma per così dire obbligatoria di mediazione si ha nel caso in cui siano il contratto, lo statuto o l'atto costitutivo di un ente a prevederla come necessaria. In quest» caso la fonte dell'obbligo è contrattuale, tuttavia
la parte possa eccepire in giudizio il mancato rispetto di tale clausola contrattuale da parte dell'altro contraente e che il giudice debba quindi disporre il rinvio della causa a un organismo di mediazione iscritto nel predetto registro tenuto dal ministero della giustizia. Il ruolo dell'avvocato. Nell'impianto originario della mediazione, obbligatoria e non, la figura dell'avvocato era del tutto opzionale. Anzi, la mediazione veniva presentata come alternativa al processo e agli avvocati, in qualche modo indicati allo stesso tempo come causa ed effetto della crisi della giustizia civile. Posta così la questione, non ci si può certo stupire del fatto che l'avvocatura italiana avesse subito alzato le barricate contro quello che era sembrato a tutti gli effetti un attacco diretto al ceto forense. Il rapporto di collaborazione con gli avvocati andava quindi
necessariamente e prontamente ricostituito. Con il e.d. decreto del Fare, e ancora di più con la sua legge di conversione, si è però andati oltre, conducendo a una serie di conseguenze applicative censurabili alle quali la giurisprudenza di merito sta cercando di porre un freno con decisioni che, a loro volta, andranno meglio valutate dal punto di vista della corrispondenza al dettato normativo. Ma vediamo prima di tutto quale è il ruolo dell'avvocato in mediazione. Quest'ultimo può sicuramente svolgere un ruolo utile in almeno in tre diversi momenti: • nella preparazione dell'incontro di mediazione; • nell'assistenza alla parte nel corso dell'incontro di mediazione; • e, soprattutto, nella stesura dell'accordo di conciliazione. Nella fase propedeutica alla mediazione il legale dovrà aiutare il proprio cliente a preparare l'incontro con la
detto obbligo è stato in qualche modo rafforzato dal predetto digs in quanto si prevede che
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controparte e a valutare quelle che sono le migliori e le peggiori alternative (giuridiche, tecniche e commerciali) al raggiungimento di un eventuale accordo di conciliazione. Nel corso degli incontri il legale deve invece fare un passo indietro rispetto al classico modello awersariale e confrontarsi con una nuova modalità di approccio: se, infatti, in sede giudiziale l'avvocato ha la figura del giudice come unico referente del processo di comunicazione, in mediazione il suo ruolo è più articolato e complesso, dovendo convincere della bontà delle proprie tesi sia il proprio cliente, sia la controparte sia il mediatore. Occorre poi gestire l'emotività del proprio assistito, il che non significa necessariamente limitarla, bensì mantenerla su binari accettabili per le funzionalità del procedimento e coerenti con la strategia negoziale che si è individuata. Da ultimo l'avvocato potrà, riappropriandosi del suo ruolo di consulente giuridico, aiutare le parti a tradurre l'accordo raggiunto nel corso della mediazione in un test» giuridicamente strutturato che abbia una sua tenuta. La stesura dell'accordo potrà essere contestuale alla sessione di mediazione oppure potrà essere rimandata a una fase successiva tra i soli legali, che affronteranno tra di loro gli eventuali problemi tecnici rimasti sul tavolo. La presenza obbligatoria del legale in mediazione ha condotto quasi subito a un fenomeno censurabile: le parti hanno cominciato a disertare gli incontri di mediazione, delegando alla partecipazione i propri legali, esattamente come avviene in giudizio. Evidente come ciò sia assolutamente negativo per la mediazione, perché in tal modo si viene a perdere il protagonista della procedura. La situazione è stata poi ulteriormente aggravata da un'altra decisione del legislatore delegato, ovvero quella di far precedere la mediazione vera e propria da un incontro preliminare di contenuto meramente informativo, incontro oggi generalmente utilizzato solo al fine di precostituirsi al costo più basso possibile il lasciapassare per il giudizio, ovvero il verbale negativo di mediazione. Parte della giurisprudenza di merit» ha reagito a questa vera e propria fuga dalla mediazione sia indicando come obbligatoria la presenza delle parti in mediazione accanto a quella dei propri legali
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sia giudicando non soddisfatta la condizione di procedibilità di cui all'art. 5 del digs 28/10 in tutti i casi nei quali i litiganti si siano fermati al mero incontro informativo. Ï ì. I procedimenti nei quali la mediazione —>• Procedimenti per ingiunzione, inclusa l'opposizione,fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della prowisoria esecuzione (da questo momento in avanti, quindi, se si tratta di una materia sottoposta a mediazione obbligatoria, il giudice dovrà disporre in modo da spingere le parti a effettuare il tentativo, nel termine minimo di tre mesi, prima dell'ulteriore prosecuzione del processo) —> Procedimenti per convalida di licenza o di sfratto, fino al mutamento del rito di cui all'articolo 667 cpc —>• Procedimenti possessori, fino alla pronuncia dei prowedimenti di cui all'articolo 703, terzo comma, cpc —> Procedimenti di opposizione o incidentali di cognizione relativi all'esecuzione forzata —>• Procedimenti in camera di consiglio —>• Nell'azione civile esercitata nel processo penale —> Procedimenti di consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite di cui all'art. 696-bis cpc * pur trattandosi delle materie di cui all'art 5, digs 28/2010 I procedimenti nei quali la mediazione Ï ì. Come scegliere l'organismo di mediazione I procedimenti nei quali la mediazione Scelta vincolata dell'organismo di mediazione, che deve per forza avere sede (o una delle sedi) nel luogo in cni si trova il giudice territorialmente competente per la relativa controversia. Una modifica importante per U sistema, n vecchio art. 4 del digs n. 28/10 prevedeva la massima libertà per i privati di scegliere l'organismo di mediazione che preferissero, tra quelli iscritti nel registro ministeriale, senza fare riferimento a criteri processuali, quale ad esempio quello della competenza per luogo. Del resto sarebbe stato davvero ben strano se, una volta introdotta una procedura del tutto informale a cni le parti potevano partecipare senza il Ï ì. Come scegliere l'organismo di mediazione I procedimenti nei quali la mediazione Scelta vincolata dell'organismo di mediazione, che deve per forza avere sede (o una delle sedi) nel luogo in cni si trova il giudice territorialmente competente per la relativa controversia. Una modifica importante per U sistema, n vecchio art. 4 del digs n. 28/10 prevedeva la massima libertà per i privati di scegliere l'organismo di mediazione che preferissero, tra quelli iscritti nel registro ministeriale, senza fare riferimento a criteri processuali, quale ad esempio quello della competenza per luogo. Del resto sarebbe stato davvero ben strano se, una volta necessario (per quanto consigliabile) patrocinio di un legale, fossero state richieste particolari conoscenze tecniche già solo per l'individuazione dell'organismo al quale rivolgersi, obbligando il privato a risolvere problematiche specifiche dei procedimenti giurisdizionali. Un'altra ragione che aveva probabilmente indotto il legislatore delegato a evitare il criterio della competenza territoriale era stato poi il rischio che la diffusione sul territorio degli organismi non si rivelasse così capillare da rendere sempre possibile garantire al privato la presenza in loco di nn ente autorizzato a erogare il servizio di mediazione. introdotta una procedura del tutto informale a cni le parti potevano partecipare senza il Ï ì. Come scegliere l'organismo di mediazione I procedimenti nei quali la mediazione Scelta vincolata dell'organismo di mediazione, che deve per forza avere sede (o una delle sedi) nel luogo in cni si trova il giudice territorialmente competente per la relativa controversia. Una modifica importante per U sistema, n vecchio art. 4 del digs n. 28/10 prevedeva la massima libertà per i privati di scegliere l'organismo di mediazione che preferissero, tra quelli iscritti nel registro ministeriale, senza fare riferimento a criteri processuali,
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Efficacia diretta all'accordo Con la presenza degli avvocati in mediazione si è aperta una sorta di corsia preferenziale per l'attribuzione dell'efficacia esecutiva agli accordi di conciliazione. A seguito della miniriforma della mediazione basta, infatti, la sottoscrizione di questi ultimi per attribuire ex lege efficacia di titolo ese cutivo all'accordo di conciliazione, senza la necessità di ricorrere al più lungo e costoso procedimento di omologazione dinanzi al presidente del tribunale. Per comprendere l'importanza della questione, occorre partire dalla considerazione che questo tipo di accordi, di per sé, hanno natura essenzialmente contrattuale.
In via generale, in caso di inadempimento della controparte, il creditore avrebbe quindi come unica possibilità quella di rivolgersi all'autorità giudiziaria per far accertare tale inadempimento e ottenere un provvedimento con il quale procedere in via esecutiva contro il debitore. Il digs 28/2010 aveva quindi previsto la possibi lità che l'accordo raggiunto in sede di mediazione acquistasse efficacia esecutiva a seguito di una procedura di exequatur (e.d. omologazione) da svolgersi presso il tribunale civile competente per luogo in relazione alla sede dell'organismo di conciliazione al quale le parti si fossero affidate, previo accertamento della conformità dell'accor-
do alle norme imperative e all'ordine pubblico. La novità introdotta dal e.d. decreto del fare è stata quindi quella di attribuire direttamente per legge efficacia esecutiva all'accordo di conciliazione che sia stato sottoscritto anche dai legali che assistono le parti, di fatto evitando la predetta appendice giudiziale. ——— ©Riproduzione riservata——U
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I principi enunciati dalla giurisprudenza più recente 1. LA MEDIAZIONE ATTRAE LE DOMANDE ACCESSORIE Le domande connesse a una questione sottoposta a mediazione obbligatoria, anche se di per sé non soggette a detta condizione di procedibilità, vanno preferibilmente trattate nell'ambito della procedura conciliativa relativa alla domanda principale. Nella specie un soggetto aveva agito in giudizio per sentire condannare il convenuto al ripristino dei luoghi relativi a una area in comproprietà, oltre al risarcimento dei danni non patrimoniali. Sebbene soltanto per la prima domanda vi fosse l'obbligo della mediazione, trattandosi di una questione afferente diritti reali, il giudice ha ritenuto di dover estendere la procedura di mediazione anche alla richiesta dei danni non patrimoniali, giacché l'eventuale trattazione separata della lite avrebbe potuto compromettere le prospettive di conciliazione (Tribunale di Verona, ordinanza 25/6/2015). Più in generale è stato ritenuto che in mediazione possano essere affrontate tutte le questioni che siano utili all'individuazione di un accordo tra i litiganti. La mediazione è infatti una procedura informale e, come tale, non è necessario che il suo oggetto sia rigorosamente determinato al pari di un giudizio civile ordinario, tanto che il mediatore ben potrebbe proporre alle parti di estendere il negoziato sia a questioni diverse dall'oggetto del futuro ipotetico giudizio sia tra soggetti non necessariamente coincidenti con le parti processuali (Tribunale di Pavia, ordinanze 19 gennaio 2015). 2. ALLA MEDIAZIONE DEVONO SEMPRE ESSERE PRESENTI PERSONALMENTE LE PARTI II tentativo di mediazione non può considerarsi una mera formalità da assolversi con la sola partecipazione dei difensori all'incontro preliminare (anche se muniti di procura a transigere e conciliare), essendo necessaria la partecipazione personale delle parti in lite già al primo incontro di mediazione, di mero contenuto informativo (Tribunale di Pavia, ordinanze 17 giugno 2015, 26 maggio 205, 13 aprile 2015, 9 marzo 2015 e 2 febbraio 2015; Tribunale di Vasto, sentenza 9 marzo 2015; Tribunale di Roma, ordinanza 30 giugno 2014; Tribunale di Bologna, 5 giugno 2014). In altre decisioni la stessa fattispecie è stata invece ritenuta presupposto sufficiente per l'applicazione della sanzione del pagamento di una somma pari al contributo unificato dovuto per la causa in questione, senza incidere sulla procedibilità del giudizio (Tribunale di Bologna, ordinanza 16 ottobre 2014 e 11 novembre 2014; Tribunale di Cassino, ordinanza 8 ottobre 2014). Secondo un'altra decisione, la mediazione è effettiva e, dunque, la condizione di procedibilità si intende realmente superata, solo allorquando le parti proseguano oltre il primo incontro informativo e siano presenti personalmente all'incontro con i rispettivi awocati (Tribunale di Roma, ordinanza del 19 febbraio 2015). 3. IDENTIFICATA NEL VERBALE DI MEDIAZIONE LA PARTE CHE NON HA COLLABORATO ALLA RIUSCITA DELLA MEDIAZIONE Ai fini della regolamentazione delle spese processuali del giudizio è necessario comprendere quale delle parti non ha effettivamente partecipato alla mediazione e impedito la possibilità di giungere a un accordo. Pertanto il mediatore deve verbalizzare quale, tra le parti che abbiano partecipato all'incontro, abbia dichiarato di non voler proseguire nella mediazione oltre l'incontro preliminare (Tribunale di Pavia, ordinanza del 30 marzo 2015). In caso di opposizione a decreto ingiuntivo, una volta tenutasi la prima udienza di comparizione, spetta comunque all'opponente (attore in senso sostanziale) awiare la mediazione obbligatoria nei termini fissati dal giudice dell'opposizione, pena l'improcedibilità del relativo giudizio e la conferma del decreto ingiuntivo opposto (Tribunale di Noia, sentenza 24 febbraio 2015).
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4. LE PARTI NON POSSONO LIMITARSI ALLA PARTECIPAZIONE AL SOLO INCONTRO INFORMATIVO Per l'effettività procedibilità della domanda in giudizio le parti non devono limitarsi a partecipare al primo incontro informativo ma devono anche esperire effettivamente l'intero procedimento di mediazione (giudice di pace di Monza, ordinanza 28 gennaio 2015). In altre decisioni questa conclusione è stata applicata al (solo) caso della mediazione e.d. delegata (Tribunale di Firenze, ordinanze 19 marzo 2015 e 17 marzo 2014; Tribunale di Pavia, ordinanza 10 febbraio 2015; Tribunale di Siracusa, ordinanza 23 gennaio 2015; Tribunale di Monza, 20 ottobre 2014; Tribunale di Rimini, ordinanza 16 luglio 2014). Inoltre la mancata comparizione personale di entrambe le parti senza giustificato motivo all'incontro di mediazione può condurre addirittura a una mediazione bis, non essendo altrimenti possibile ritenere superata la condizione di procedibilità. Nella specie il giudice ha quindi rinviato nuovamente i litiganti dinanzi a un organismo di mediazione, evidenziando loro che il tentativo di mediazione deve essere effettivo e non meramente formale (Tribunale di Palermo, ordinanza del 17 marzo 2015). 5. È PRODUCIBILE IN GIUDIZIO LA CONSULENZA TECNICA SVOLTA NEL CORSO DELLA MEDIAZIONE È ammissibile la produzione in giudizio della consulenza tecnica svolta nel corso della procedura di mediazione, anche se una delle parti non presti il proprio consenso. Nella specie si trattava di una controversia relativa a un presunto errore professionale di un medico. Il paziente danneggiato, all'esito negativo della mediazione, aveva agito in giudizio producendo proprio la perizia redatta nel corso della mediazione. Al deposito di tale documento si era naturalmente opposta la controparte, deducendo la violazione degli artt. 9 e 10 del digs n. 28/2010, non avendo prestato il proprio consenso al deposito in giudizio dell'elaborato peritale. Il giudice ha però dichiarato ammissibile la documentazione prodotta, statuendo, in un'ottica di contemperamento tra l'esigenza di riservatezza e quella di economia processuale, che le dichiarazioni coperte dalla riservatezza sono solo quelle delle parti e che l'attività del consulente in mediazione «si estrinseca, ed esaurisce, nella motivata esposizione dei risultati dei suoi accertamenti tecnico-specialistici». Da ciò conseguirebbe il fatto che l'elaborato peritale ben può essere utilizzato dal giudice pertrarre argomenti e elementi utili a formare il proprio convincimento motivazionale, anche ai fini della proposta ai sensi dell'ari. 185-bis cpc (Tribunale di Roma, ordinanza del 17 marzo 2014). 6. ACCORDI OMOLOGATI SOLO SE RISULTANO CHIARE LE RAGIONI DEL CONTENDERE Per ottenere l'omologazione dell'accordo di conciliazione da parte dell'autorità giudiziaria, necessaria per ottenere l'esecutività del medesimo in mancanza della sottoscrizione dei legali delle parti, occorre che il giudice possa esercitare un effettivo controllo sulla conformità delle pattuizioni all'ordine pubblico e alle norme imperative. Nella specie l'accordo scaturito da un procedimento di mediazione volontaria, nel quale le parti si erano presentate dal mediatore senza l'assistenza degli awocati, veniva sottoposto al presidente del tribunale per ottenere l'omologazione. Il giudice, tuttavia, non potendo verificare la conformità dell'accordo all'ordine pubblico e alle norme imperative per il suo carattere estremamente succinto, rigettava l'istanza, in quanto non era in tal modo possibile conoscere il titolo sottostante all'accordo (Tribunale di Firenze, decreto 2 luglio 2015). È stato poi ritenuto che, nel silenzio della legge, sia sufficiente il solo decreto di omologa per intraprendere la procedura esecutiva, senza che sia necessario far apporre sul decreto stesso la formula esecutiva (Tribunale di Avezzano, ordinanza del 29 ottobre 2014).
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Contabilità - Trasparenza, consolidato, tonnage tax: ultimo check in Unico per l'esercizio delle opzioni nila-Cornaggia a pag. 21
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Quest'anno occorre prestare attenzione alle nuove modalità per la scelta dei regimi Trasparenza e consolidato, è Fora delle opzioni in Unico
Pagine a cura DI NORBERTO VlLLA E FRANCO CORNAGGIA Ultimo check per le opzioni in Unico. La scelta per il regime di trasparenza e per il consolidato da quest'anno devono essere espresse nel modello unico senza più dover ricorrere a moduli e tempistiche differenziate. E lo stesso discorso vale anche per la tonnage tax e per il regime opzionale Irap. Il tutto come conseguenza dell'ari. 16 del digs 175/2014 titolato «Razionalizzazione comunicazioni dell'esercizio di opzione» che ha eliminato l'obbligo di inviare apposita comunicazione per perfezionare il regime opzionale prescelto, riunendo nella dichiarazione dei redditi la sua comunicazione. Come espressamente chiarito dalla circolare n. 3I/E del 30 dicembre 2014, le nuove regole in tema di adempimenti per l'esercizio dell'opzione (ai sensi del comma 5 dell'ari. 16 del decreto legislativo 175) si applicano a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 e pertanto nel modello Unico 2015 troveranno al loro prima applicazione. Nel prossimo mese di settembre, quindi, occorrerà in sede di invio dei modelli unici considerare le seguenti situazioni. Trasparenza. In prece-
Così le comunicazioni del consolidato Società che accedono al consolidato o lo rinnovano a decorrere dal periodo d'imposta 2015 Società che interrompono il consolidato per una delle cause legislativamente previste Società che accedono al consolidato o lo rinnovano a decorrere dal periodo d'imposta 2015 Società che interrompono il consolidato per una delle cause legislativamente previste L'opzione sarà esercitata con il modello Unico SG 2015 della società consolidante, da presentare entro il 30 settembre 2015 Presentazione in via telematica da parte della consolidante, entra 30 giorni, del modello "Comunicazione relativa al regime di tassazione del consolidato nazionale" Società che accedono al consolidato o lo rinnovano a decorrere dal periodo d'imposta 2015 Società che interrompono il consolidato per una delle cause legislativamente previste L'opzione sarà esercitata con il modello Unico SG 2015 della società consolidante, da presentare entro il 30 set
d'imposta a decorrere dal quale si intende esercitare l'opzione». Le modifiche introdotte (come sostenuto dalla circolare 31/E del 2014) in forza del richiamo contenuto nell'116 del Tuir all'art. 115, trovano applicazione anche in riferimento all'esercizio dell'opzione per la trasparenza fiscale delle società a ristretta base proprietaria. Ciò comporta che nel caso si voglia entrare nel regime di trasparenza dal 2015 sarà nel modello Unico in parten
za che l'opzione deve essere esercitata. Consolidato nazionale. Le modalità di esercizio dell'opzione son contenute nell'ari. 119 del Tuir. Grazie all'opzione, si determina un unico reddito in capo alla società o ente controllante corrispondente alla somma algebrica dei redditi complessivi netti dei soggetti aderenti e, conseguentemente, di un'unica imposta sul reddito delle società denza, l'art. 155 del Tuir al comma del gruppo stesso. L'opzione, in 4 prescriveva che l'opzione fosse precedenza, doveva essere esercitata entro il primo degli esercitata con apposita esercizi sociali di efficacia comunicazione da inviare entro il dell'opzione. Dopo l'innovazione, sedicesimo giorno del sesto mese l'opzione, irrevocabile per tre successivo alla chiusura del periodo d'imposta precedente al esercizi sociali della società partecipata ed esercitata da tutte le primo esercizio cui si riferisce l'esercizio dell'opzione stessa (il società, è comunicata riferimento è nel dm 9 giugno all'Amministrazione finanziaria 2004) ma con «con la dichiarazione presentata nel periodo
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decorrenza dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014,
l'esercizio congiunto dell'opzione deve essere comunicato all'Agenzia delle entrate con la dichiarazione presentata nel periodo d'imposta a decorrere dal quale si intende esercitare l'opzione. La circolare 31/E ha chiarito che la modifica riguarda sia l'esercizio dell'opzione che il suo rinnovo e anche l'ipotesi di allargamento dei soggetti facenti parte del consolidato (con l'ingresso, ad esempio, di una o più nuove società). Al contrario si deve continuare come previsto per il passato per gli altri eventi connessi al consolidato fiscale: la comunicazione dell'interruzione della tassazione di gruppo, la comunicazione per l'importo delle perdite residue attribuito a ciascun soggetto in caso di mancato rinnovo dell'opzione. Per queste ipotesi è ancora necessaria una separata comunicazione da inviare en
tro 30 giorni decorrenti dal verificarsi dell'evento. Tonnage tax. Le modalità di esercizio dell'opzione per la tonnage tax, prima dell'intervento del digs sulle semplificazioni, prevedevano che l'opzione dovesse essere esercitata (il riferimento normativo era l'art. 155, comma 1, del Tuir) Pag.
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entro tre mesi dall'inizio del periodo d'imposta a partire dal quale si intendeva fruire della stessa con le modalità di cui al decreto del 23 giugno 2005. Dopo la modifica invece i soggetti saranno al regime della tonnage tax se comunicano l'opzione all'Agenzia delle entrate con la dichiarazione presentata nel periodo d'imposta a decorrere dal quale si intende esercitare l'opzione. Pur non mancando qualche perplessità, che sarà esaminata e risolta negli altri articoli in pagina, la nuova versione delle modalità dell'esercizio delle opzioni si presenta di più semplice applicazione (termini e modelli da utilizzare sono identici). L'unica attenzione è probabilmente da prestare proprio quest'anno essendo il primo periodo in cui le novità sono in vigore e quindi i nuovi termini non rappresentano ancora un abitudine per i contribuenti e i loro consulenti.
Dal 2015 nuove regole in vigore anche per FIrap Anche per l'Irap nuove regole ormai in vigore e in attesa dello sbarco su Unico. Il digs sulle semplificazioni ha innovato anche le regole in tema di opzioni Irap ovvero di quella prevista dall'art. 5-bis del digs n. 446/97 che consente alle società di persone e agli imprenditori individuali, in contabilità ordinaria, di optare per la determinazione della base imponibile secondo le modalità proprie delle società di capitali e degli enti commerciali. In precedenza si prevedeva che l'opzione dovesse essere comunicata entro 60 giorni dall'inizio del periodo d'imposta per il quale la si esercita. Ora si cambia: l'opzione infatti dal 2015 deve essere comunicata con la dichiarazione Irap presentata nel periodo d'imposta a decorrere dal quale viene esercitata. La circolare 60/E del 2008 affermava infatti che il regime Irap naturale dei soggetti Irpef è quello risultante dall'applicazione delle disposizioni contenute nell'articolo 5-bis del decreto Irap. Ma per i soggetti in contabilità ordinaria, il comma 2 dell'articolo prevede la possibilità di abbandonare tale regime e di optare per il calcolo della base imponibile Irap secondo le modalità dettate dall'articolo 5 dello stesso decreto Irap per i soggetti Ires. Inoltre: • ai fini della possibilità di esercitare l'opzione in questione, a nulla rileva la circostanza che i soggetti Irpef adottino il regime di contabilità ordinaria per scelta; • l'opzione è irrevocabile per tre periodi d'imposta, al termine dei quali si intende tacitamente rinnovata per un altro triennio; • in caso di revoca dell'opzione precedentemente comunicata, il valore della produzione netta va determinato secondo le regole del comma 1 dell'articolo 5-bis del decreto Irap per almeno un triennio, al termine del quale la revoca si intende tacitamente rinnovata per un altro triennio, salvo opzione per la determinazione del valore della produzione netta secondo le modalità stabilite dall'articolo 5 del medesimo decreto.
Start-up, nel dubbio meglio tener conto delle vecchie norme Ancora al buio le opzioni per le start-up. Le innovazioni non hanno tenuto conto di alcuni effetti delle stesse. Il caso è quelle delle società costituitesi nel corso del 2015 (con primo periodo d'imposta in chiusura il 31/12/2015) e cioè nel primo periodo d'imposta in cui sono entrate in vigore le novità. Si ipotizzi il caso di Alfa costituita nel 2015 che sia intenzionata a optare per il regime di trasparenza fiscale. Non vi è alcuna norma infatti che preclude tale possibilità nel primo anno di attività. Seguendo il testo della norma attuale Alfa dovrebbe esercitare tale opzione «con la dichiarazione presentata nel periodo d'imposta a decorrere dal quale si intende esercitare l'opzione». Il problema è evidente: nel 2015 Alfa non deve presentare alcune e pertanto sembrerebbe preclusa alla stessa la possibilità di optare per la trasparenza già dal 2015. Siccome tale tesi non può esser accettata (non vi sono limitazioni di sorta nelle norme in tema di trasparenza) occorre trovare una soluzione alternativa. Fino ad oggi, nonostante il problema sia ben noto, l'amministrazione finanziaria non ha fornito alcuna delucidazione. Il comportamento più prudente si ritiene sia quello di far rivivere in tali situazioni le vecchie regole. Cioè tali soggetti potrebbero tornare ad applicare le regole previgenti e quindi l'opzione in base ai vecchi canali e modalità entro il primo degli esercizi sociali di efficacia dell'opzione (e quindi nell'esempio entro il 31/12/2015). Si spera in ogni caso che prima o poi giungano istruzioni per tali ipotesi e che le stesse comportino una sanatoria generalizzata considerando che non vi è in tale ipotesi alcuna irregolarità o dimenticanza dei contribuenti ma unicamente un errore da parte del legislatore.
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Una chance per i ritardatari Sanatoria possibile per i ritardatari. Il mancato esercizio dell'opzione può essere sanato grazie all'istituto della remissione in bonis. L'art. 2, comma 1 del di 16/2012 prevede che «la fruizione di benefici di natura fiscale o l'accesso a regimi fiscali opzionali, subordinati all'obbligo di preventiva comunicazione ovvero ad altro adempimento di natura formale non tempestivamente eseguiti, non è preclusa, sempre che la violazione non sia stata constatata o non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento delle quali l'autore dell'inadempimento abbia avuto formale conoscenza, laddove il contribuente: a) abbia i requisiti sostanziali richiesti dalle norme di riferimento; b) effettui la comunicazione ovvero esegua l'adempimento richiesto entro il termine di presentazione della prima dichiarazione utile; e) versi contestualmente l'importo pari alla misura minima della sanzione stabilita dall'ari. 11, comma 1, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, secondo le modalità stabilite dall'ari. 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni, esclusa la compensazione ivi prevista». Tale istituto può esser un'ancora di salvezza anche nel caso di mancato esercizio di un'opzione come quelle considerate negli articoli della pagina precedente. Ciò risulta esplicito anche da quanto affermato dalla circolare 38/E del 2012 che, richiamando la relazione illustrativa al decreto, individua tra le fattispecie alle quali l'istituto della
Quando la remissione in bonis è possibile La violazione non è stata constatata o non sono iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento delle quali l'autore dell'inadempimento ha avuto formale conoscenza II contribuente ha i requisiti sostanziali richiesti dalle norme di riferimento II contribuente effettua la comunicazione owero esegua l'adempimento richiesto entro il termine di presentazione della prima dichiarazione utile II contribuente versa contestualmente l'importo pari alla misura minima della sanzione stabilita in € 258 (esclusa la compensazione) La violazione non è stata constatata o non sono iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento delle quali l'autore dell'inadempimento ha avuto formale conoscenza II contribuente ha i requisiti sostanziali richiesti dalle norme di riferimento II contribuente effettua la comunicazione owero esegua l'adempimento richiesto entro il termine di presentazione della prima dichiarazione utile II contribuente versa contestualmente l'importo pari alla misura minima della sanzione stabilita in € 258 (esclusa la compensazione) Tuir e decreto ministeriale 23 aprile 2004); - il consolidato fiscale (articoli da 117 a 129 del Tuir e decreto ministeriale 9 giugno 2004). Per meglio specificare, con riguardo al regime della trasparenza la circolare ha prima ribadito (vedi anche circolare n. 47/E del 18 giugno 2008) che l'invio entro i termini della comunicazione di avvio del regime è «condizione essenziale» per l'ammissione ai relativi benefici, essendo a tal fine irrilevanti eventuali comportamenti concludenti tenuti dal contribuente, ma ha poi aperto le porte alla sanatoria: «beneficiando della remissione in bonis, il man
La validità della sanatoria interviene nel rispetto delle altre condizioni: comportamento concludente e pagamento della sanzione
dicembre 2011. Avvalendosi della remissione in bonis, il mancato invio del suddetto modello può essere sanato presentando lo stesso entro il 1° ottobre 2012 (termine che, come chiarito al successivo paragrafo 1.4, è fissato, in sede di prima applicazione della norma, al 31 dicembre Riaggiornando l'esempio in base alle nuove regole in tema di opzioni si ottiene: se una società con esercizio coincidente con l'anno solare
intende esercitare l'opzione per il triennio 2015-2017, l'opzione deve essere contenuta nel modello Unico inviato a settembre 2015. In caso di dimenticanza, avvalendosi della remissione in bonis, la mancata opzione può essere sanata ripresentando lo stesso entro il 30 settembre 2016. In assenza di nuove istru
zioni e considerando la necessità che l'opzione sia esercitata nel cato esercizio dell'opzione è modello Unico la sanatoria sanabile inviando il modello entro (come già sopra riferito) il termine di presentazione della interverrà materialmente dichiarazione dei redditi (Unico) mediante l'invio di un nuovo che scade successivamente al modello Unico. Considerazioni termine per l'esercizio dell'opzione, di identico tenore si ritengono versando contestualmente la valide anche per le altre opzioni. sanzione di 258 euro. Così, ad È chiaro che la validità della remissione in bonis risulta esempio, se una società con sanatoria interviene solo nel applicabile: - il regime di esercizio coincidente con l'anno rispetto delle altre condizioni. In tassazione per trasparenza solare intendeva esercitare nell'ambito delle società di capitali l'opzione per il triennio 2011-2013, particolare il comportamento (articolo 115 e seguente del concludente ed il pagamento il modello doveva essere della presentato entro il 31
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sanzione. Infatti condizione generale di applicabilità della remissione in bonis è che il contribuente «versi contestualmente l'importo pari alla misura minima della sanzione stabilita dall'ari. 11, comma 1, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471» senza possibilità di accedere alla compensazione di cui all'art. 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241. Sul punto la circolare n. 38/E del 2012 ha affermato che «ai fini del perfezionamento dell'istituto in esame,... contestualmente alla presentazione tardiva della comunicazione o all'adempimento tardivo occorre versare la sanzione in misura pari a 258 euro, ossia l'importo minimo previsto dall'ari. 11, comma 1, del digs n. 471/1997. Detta sanzione: - deve essere versata tramite modello F24, ai sensi dell'ari. 17 del digs n. 241/1997, senza possibilità di effettuare la compensazione con crediti eventualmente disponibili; - non può essere oggetto di ravvedimento ai sensi dell'ari. 13 del digs n. 472/1997, dal momento che la sanzione rappresenta l'onere da assolvere per aver diritto al riconoscimento dei benefici concessi dalla norma in esame».
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Errori materiali, nuovo invio con le correzioni Correzioni sempre possibili per gli errori materiali ma con l'invio di una nuova dichiarazione. Con la risoluzione n. 142/E del 21 giugno 2007 l'Agenzia delle entrate ha considerato l'ipotesi di una erronea comunicazione di opzione in cui era stato indicato un socio non più presente nella compagine sociale. L'Agenzia ha prima ricordato che l'esercizio dell'opzione per la trasparenza fiscale deve essere effettuato, oltre che dalla società partecipata, anche dai soci mediante l'invio alla società partecipata di una raccomandata con ricevuta di ritorno contenente la volontà di optare per il regime in parola (e ciò è ancora oggi valido nonostante il cambio di regole). Con riguardo al caso di specie, l'Agenzia aveva risolto favorevolmente al contribuente sostenendo che qualora alla data di invio della comunicazione telematica con cui la società manifesta la volontà di optare, i soci abbiano preventivamente adempiuto l'obbligo di formalizzare la loro opzione per il regime in parola mediante l'invio alla società di apposite raccomandate con ricevuta di ritorno, l'opzione della società per l'accesso alla trasparenza deve considerarsi valida. Tale soluzione era stata individuata anche perché le procedure telematiche non consentono l'invio di un'opzione «correttiva» della precedente e quindi si consigliava al contribuente di comunicare l'errore commesso all'ufficio dell'Agenzia delle entrate competente in base al proprio domicilio fiscale. Tale soluzione oggi lascia qualche dubbio. Infatti nel caso di erronea compilazione del modello di opzione (contenuto in unico) il contribuente ha a disposizione i canali telematici per una sua correzione e pertanto tale precedente presa di posizione dell'Agenzia delle entrate deve intendersi superata. Remissione in bonis anche per il consolidato Anche per il consolidato via libera per la remissioni in bonis. Anche in questo caso, riprendendo l'esempio contenuto nella circolare 38/E del 2012, è possibile esemplificare una sanatoria considerando le nuove regole. Si ipotizzi il caso di una società con periodo d'imposta coincidente con l'anno solare relative. La stessa è intenzionata a esercitare l'opzione per il consolidato per il triennio 2015-2017. La stessa deve essere contenuta nel modello Unico 2015 da inviare telematicamente entro il prossimo 30 settembre. Per una dimenticanza l'opzione non è indicata nell'apposito quadro del modello unico. Avvalendosi della remissione in bonis il mancato esercizio dell'opzione è sanabile inviando (nuovamente) il suddetto modello entro il 30 settembre 2016. Un dubbio che può sorgere riguarda il caso dell'eventuale omessa presentazione del modello unico. Cioè il caso in cui il modello 2015 non sia inviato. In tal caso a fronte dell'omissione la possibilità di avvalersi della remissione in bonis con riguardo al solo esercizio dell'opzione presenta delle criticità. L'omissione intervenuta parrebbe infatti bloccare ogni e qualsiasi ulteriore invio del modello (o meglio ogni validità di eventuali invii dei modelli oltre il termine massimo).
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[Impresa/1 - Reti {d'impresa, professiojnisti out. Accesso al i contratto solo previa costituzione di Stp e iscrizione al Registro imprese Pagamici a pag. 13
La posizione dell'Agenzia delle entrate in assenza di disposizioni ad hoc sulla materia Reti d'impresa, professioni out Accesso al contratto solo se è stata costituita una Stp Pagina a cura DI BRUNO PAGAMICI Reti d'impresa vietate ai professionisti. A meno che non siano iscritti al registro delle imprese e quindi abbiano costituito una Stp (anche come società uni personale o società di persone). È questa la posizione assunta dall'Agenzia delle entrate a seguito di un interpello presentato dal Consiglio nazionale degli architetti pianificatori, paesaggisti e conservatori. Con il parere n. 954-50/2015 dello scorso 23 luglio 2015, l'amministrazione finanziaria ha tuttavia aggiunto che è auspicabile un pronto intervento del legislatore per estendere ai professionisti la possibilità di aderire a pieno titolo al contratto di rete. L'interpello. Per risolvere il problema dell'accesso dei professionisti alle reti d'impresa, aspetto non previsto dalla disposizioni di legge e tuttavia non espressamente vietato, è stato formulato da parte del Consiglio nazionale specifico interpello alla Agenzia delle entrate. L'istanza è stata formulata con lo scopo di sapere se, in assenza di una esclusione esplicita di liberi professionisti iscritti ad albi professionali o comunque costituiti in forma associata per l'esercizio in comune della propria attività, con le forme di società di persone e/o di società di capitali, tra i soggetti che sottoscrivono o aderiscono a un contratto di rete, sia applicabile anche a un architetto la normativa sulle reti di impresa. In passato l'Agenzia delle entrate ha impropriamente negato tale possibilità, dimenticando, secondo il Consiglio nazionale, che per il diritto comunitario e italiano, i professionisti sono pmi e che sussiste l'obbligo di osservare le sentenze interpretative
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della Corte di giustizia delle Comunità europee Ue per tutte le autorità degli stati membri, dal momento in cui tale sentenze hanno efficacia vincolante. A fronte di tale interpello, l'Agenzia delle entrate stavolta ha risposto specificando che: - possono partecipare alle reti di impresa i professionisti iscritti al registro delle imprese (e quindi tutti i professionisti che hanno costituito una Stp (società tra professionisti), anche come società unipersonale o come società di persone); - è comunque necessario un intervento normativo per estendere ai professionisti la possibilità di sottoscrivere il contratto di rete. L'iscrizione al registro imprese. L'ufficio del registro delle imprese della Camera di commercio di Crotone ha rivolto un quesito al ministero dello sviluppo economico (n. 50217 del 9 aprile 2015), che per analogia può essere applicabile al caso dei professionisti. La Cciaa ha in particolare chiesto se un soggetto, iscritto solo al Rea (una fondazione), possa partecipare ed essere impresa di riferimento di un contratto di rete. Secondo il ministero «il richiamo normativo al registro delle imprese e alle relative sezioni ha fatto escludere la iscrizione del contratto di rete nella posizione di un'associazione. Ciò in ragione anche del fatto che l'associazione, che è iscritta nel Rea, non è impresa nel momento in cui l'attività economica si esplica in via meramente sussidiaria e complementare rispetto all'attività principale (di tipo, ovviamente, non economico) svolta dall'associazione stessa. Se così non fosse, l'associazione sarebbe infatti impresa, in quanto tale da iscrivere nella competente sezione del registro delle imprese».
In sostanza il legislatore ha richiesto il duplice requisito della natura imprenditoriale del partecipante al contratto sia sotto il profilo sostanziale che formale. Sotto il primo profilo infatti devono ricorrere tutti gli elementi definenti la fattispecie di cui all'art. 2082 C.C., esercitati in via assolutamente prevalente. Ma tale condizione se è necessaria,
non è sufficiente, nel senso che ad essa deve aggiungersi l'ulteriore criterio della evidenza formale dell'impresa, consistente nella iscrizione nel registro delle imprese (sezione ordinaria o speciale). Tale necessario binomio è chiarito dall'ari. 3, comma 4-ter, di 5/2009: «Con il contratto di rete più imprenditori perseguono lo scopo di accrescere, individualmente e collettivamente, la propria capacità innovativa e la propria competitivita sul mercato» e al comma 3-quater afferma: «II contratto di rete è soggetto a iscrizione nella sezione del registro delle imprese presso cui è iscritto ciascun partecipante». Pertanto è solo il binomio impresa in senso formale e in senso sostanziale che perfeziona la fattispecie rilevante ai fini della nascita e iscrizione della rete di imprese. In conclusione, un soggetto iscritto solamente nel Rea non può partecipare a un contratto di rete d'impresa, non avendo la natura di impresa in senso sostanziale e non avendo una propria posizione in seno al registro delle imprese né in sezione ordinaria, né in sezione speciale. n contratto di rete. L'istituto del contratto di rete di imprese è stato introdotto nell'ordinamento dal legislatore nel 2009 (di n. 5 del 10 febbraio 2009 convertit» in legge n. 33 del 9 aprile 2009) e successivamente modificato con vari interventi che ne hanno dato la fisionomia attuale: «Con il
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contratto di rete più imprenditori perseguono lo scopo di accrescere, individualmente e collettivamente, la propria capacità innovativa e la propria competitivita sul mercato e a tal fine si obbligano sulla base di un programma comune di rete a collaborare in forme e in ambiti predeterminati attinenti all'esercizio delle proprie imprese ovvero a scambiarsi informazioni o prestazioni di natura industriale, commerciale, tecnica o tecnologica ovvero ancora ad esercitare in comune una o più attività rientranti nell'oggetto della propria impresa». La disciplina civilistica del contratto di rete è stata modificata prima dell'ari. 45 del di 22 giugno 2012, n. 83 (decreto sviluppo), convertit» dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, e poi dall'ari. 36 del di 18 ottobre 2012, n. 179 (decreto sviluppobis), convertit» dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221. Con il di 179/2012, il legislatore ha precisato che il contratto di rete, anche qualora preveda l'organo comune e il fondo patrimoniale, «non è dotato di soggettività giuridica, salva la facoltà di acquisto della stessa». La norma rende pertanto opzionale l'acquisto della soggettività, stabilendo che la rete, anche se il contratto che la istituisce prevede la costituzione di un organo comune e di un fondo patrimoniale, non costituisce un soggetto giuridico distinto dalle imprese partecipanti, ma ha la possibilità di diventarlo, mediante l'iscrizione nella sezione ordinaria del registro imprese nella cui circoscrizione è stabilita la sua sede. Per quanto riguarda le tipologie di contratto di rete si possono individuare due diverse forme giuridiche: «Rete soggetto» con l'acquisizione della soggettività giuridica autonoma e «rete contratto» che non da luogo a un soggetto giuridico autonomo e distinto dalle imprese contraenti.
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li contratto dì rete La disciplina civilistica del contratto di rete li contratto dì rete ScopoCon il contratto di rete più imprenditori perseguono lo scopo di del contrattoaccrescere, individualmente e collettivamente, la propria capa di retecita innovativa e la propria competitivita sul mercato L'opzione per la soggettività II di 179/2012 ha reso opzionale l'acquisto della soggettività. Quindi anche se il contratto che istituisce la rete prevede la costituzione di un organo comune e di un fondo patrimoniale, la stessa non rappresenta un soggetto giuridico distinto dalle imprese partecipanti, ma ha la possibilità di diventarlo, mediante l'iscrizione nella sezione ordinaria del registro imprese Le tipologie di contratto di rete • «rete soggetto»: contratto stipulato tra imprese dotato di fondo patrimoniale e di organo comune che acquista soggettività giuridica autonoma iscrivendosi alla sezione ordinaria del registro imprese; • «rete contratto»: contratto stipulato tra imprese per condividere uno o più obiettivi e un programma comune, ma senza dar luogo a un soggetto giuridico autonomo e distinto dalle imprese contraenti (anche con fondo patrimoniale comune e un organo comune). È soggetto ad iscrizione nel registro imprese nella posizione di ciascuna impresa partecipante atto pubblico con intervento del notaio che redige l'atto; • scrittura privata autenticata con intervento del notaio solo per l'autenticazione delle firme di tutti gli imprenditori partecipanti; atto firmato digitalmente, a norma degli artt. 24 o 25 del Codice dell'Amministrazione digitale da ciascun imprenditore o legale rappresentante del le imprese aderenti etrasmessoal registro imprese attraverso il modello standard approvato Elementi obbligatori: nome o ragione sociale di ogni partecipante, indicazione degli obiettivi strategici con i modi concordati per la misurazione dell'avanzamento degli stessi, definizione del programma di rete, durata del contratto, modalità di adesione di altri soggetti, Contenuti regole per l'assunzione delle decisioni dei partecipanti. del contratto Elementi facoltativi: di rete• fondo patrimoniale comune; nomina di un organo comune incaricato di gestire l'esecuzione del contratto; clausole facoltative di recesso anticipato dal contratto e le condizioni per: l'esercizio del relativo diritto; modificabilità a maggioranza del programma di rete li contratto dì rete ScopoCon il contratto di rete più imprenditori perseguono lo scopo di del contrattoaccrescere, individualmente e collettivamente, la propria capa di retecita innovativa e la propria competitivita sul mercato L'opzione per la soggettività II di 179/2012 ha reso opzionale l'acquisto della soggettività. Quindi anche se il contratto che istituisce la rete prevede la costituzione di un organo comune e di un fondo patrimoniale, la stessa non rappresenta un soggetto giuridico distinto dalle imprese partecipanti, ma ha la possibilità di diventarlo, mediante l'iscrizione nella sezione ordinaria del registro imprese Le tipologie di contratto di rete • «rete soggetto»: contratto stipulato tra imprese dotato di fondo patrimoniale e di organo comune che acquista soggettività giuridica autonoma iscrivendosi alla sezione ordinaria del registro imprese; • «rete contratto»: contratto stipulato tra imprese per condividere uno o più obiettivi e un programma comune, ma senza dar luogo a un soggetto giuridico autonomo e distinto dalle imprese contraenti (anche con fondo patrimoniale comune e un organo comune). È soggetto ad iscrizione nel registro imprese nella posizione di ciascuna impresa partecipante atto pubblico con intervento del notaio che redige l'atto; • scrittura privata autenticata con intervento del notaio solo per l'autenticazione delle firme di tutti gli imprenditori partecipanti; atto firmato digitalmente, a norma degli artt. 24 o 25 del Codice dell'Amministrazione digitale da ciascun imprenditore o legale rappresentante del le imprese aderenti etrasmessoal registro imprese attraverso il modello standard approvato Elementi obbligatori: nome o ragione sociale di ogni partecipante, indicazione degli obiettivi strategici con i modi concordati per la misurazione dell'avanzamento degli stessi, definizione del programma di rete, durata del contratto, modalità di adesione di altri soggetti, Contenuti regole per l'assunzione delle decisioni dei partecipanti. del contratto Elementi facoltativi: di rete• fondo patrimoniale comune; nomina di un organo comune incaricato di gestire l'esecuzione del contratto; clausole facoltative di recesso anticipato dal contratto e le condizioni per: l'esercizio del relativo diritto; modificabilità a maggioranza Come stipulare il contratto di rete del programma di rete li contratto
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Professionisü - In caso di fallimento dello studio, per la liquidazione del tfr e delle ultime retribuzioni può intervenire il fondo di garanzia Inps drioli a pag. 19
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/ chiarimenti e le istruzioni operative dell'istituto previdenziale nel messaggio 4968/15 Studi, interviene il fondo Inps In caso di fallimento garantisce la liquidazione del Tfr DI DANIELE GIRIGLI Sì all'intervento del fondo di garanzia Inps in caso di «fallimento» dello studio professionale. Il fondo, infatti, può intervenire a garanzia della liquidazione del Tfr e delle ultime retribuzioni dei lavoratori dipendenti nella nuova ipotesi di procedura concorsuale, cosiddetta « liquidazione del patrimonio», cui sono soggette le persone fisiche non imprese (professionisti e altri lavoratori autonomi). A precisarlo è stato lo stesso Inps nel messaggio n. 4968/2015, con cui ha dettato inoltre le relative istruzioni operative. La «liquidazione del patrimonio». La novità scaturisce dalla legge n. 3/2012 che, all'art. 14-ter, ha introdotto un nuovo tipo di procedura concorsuale: «la liquidazione del patrimonio». Possono accedere a questo tipo di procedura i debitori non assoggettabili alle ordinarie procedure concorsuali disciplinate dalla cosiddetta legge fallimentare (il regio decreto n. 267 del 16 marzo 1942); quindi sono interessati, a titolo esemplificativo: • persone fisiche che non svolgono attività di impresa (professionisti e altri lavoratori autonomi), • imprenditori commerciali sotto la soglia di cui all'art. 1 della predetta legge fallimentare. Tale articolo (Imprese soggette al fallimento e al concordato preventivo) stabilisce, in particolare, che sono soggetti alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo gli imprenditori che esercitano un'attività commerciale, esclusi gli enti pubblici con eccezione di quelli che dimostrino il possesso congiunto dei seguenti requisiti: a) aver avuto, nei tre esercizi antecedenti la data di deposito della istanza di
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fallimento o dall'inizio dell'attività se di durata inferiore, un attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo non superiore a euro 300 mila; b) aver realizzato, in qualunque modo risulti, nei tre esercizi antecedenti la data di deposito dell'istanza di fallimento o dall'inizio dell'attività se di durata inferiore, ricavi lordi per un ammontare complessivo annuo non superiore a euro 200 mila; e) avere un ammontare di debiti anche non scaduti non superiore a euro 500 mila. • imprenditori agricoli, start-up innovative (art. 25 decreto legge n. 179/2012) a condizione che, nei cinque anni precedenti la richiesta di apertura della procedura, non abbiano fatto ricorso a procedimenti di composizione della crisi da sovraindebitamento previsti dal capo II della stessa legge n. 3/2012 (accordo del debitore, piano del consumatore e liquidazione del patrimonio). Il presupposto oggettivo per l'apertura della procedura è il sovraindebitamento, consistente in una «situazione di perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio prontamente liquidabile per farvi fronte, che determina la rilevante difficoltà ad adempiere le proprie obbligazioni, ovvero la definitiva incapacità di adempierle regolarmente» (art. 6, comma 2 della legge n. 3/2012). La liquidazione riguarda tutti i beni del debitore, compresi quelli sopravvenuti nei quattro anni successivi alla domanda di liquidazione a eccezione di: a) crediti impignorabili ai sensi dell'ari. 545 del codice di procedura civile; b) i crediti aventi carattere alimentare e di mantenimento, gli stipendi, pensioni, salari e ciò che il debitore guadagna con la sua attività, nei limiti di quanto occorra al mantenimento suo e della sua
famiglia indicati dal giudice; e) i frutti derivanti dall'usufrutto legale sui beni dei figli, i beni costituiti in fondo patrimoniale e dei frutti di essi, salvo quanto disposto dall'ari. 170 del codice civile; d) le cose che non possono essere pignorate per disposizione di legge (art. 14-ter, comma 6, della legge n. 3/2012). Il procedimento si apre su istanza dello stesso debitore, salvo i casi di conversione della procedura di composizione della crisi in procedura di liquidazione del patrimonio (art. 14-quater della legge n. 3/2012) ed è disposto con decreto del giudice, con il quale viene anche nominato il liquidatore; detto decreto è equiparato all'atto di pignoramento. Il liquidatore, verificato l'elenco dei creditori, comunica agli stessi le modalità e i termini per la presentazione della domanda di partecipazione alla liquidazione. Il liquidatore quindi, esaminate le domande, redige un progetto di stato passivo e lo trasmette agli interessati assegnando un termine di 15 giorni per far pervenire le loro osservazioni. In assenza di osservazioni, approva 10 stato passivo. In presenza di contestazioni, se le ritiene fondate, predispone un nuovo progetto di stato passivo e lo comunica nuovamente ai creditori, se invece le ritiene non condivisibili, rimette gli atti al giudice che provvede alla formazione dello stato passivo. La procedura viene chiusa con decreto del giudice dopo che è stato completato il programma di liquidazione, in ogni caso non prima del termine di quattro anni dal deposito della domanda di apertura della procedura stessa. Intervento del fondo di garanzia. La liquidazione del patrimonio appena vista, secondo l'Inps ha molte affinità con il fallimento e con la
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liquidazione coatta amministrativa ad eccezione del fatto che essa (procedura) può essere aperta soltanto nei confronti di datori di lavoro non soggetti alla legge fallimentare. Tutto ciò determina, di conseguenza, che nel caso di liquidazione del patrimonio 11 fondo di garanzia Inps può
intervenire alle condizioni previste dall'ari. 2, comma 5 della legge n. 297/1982. Tale disposizione prevede che «qualora il datore di lavoro, non soggetto alle disposizioni del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, non adempia, in caso di risoluzione del rapporto di lavoro, alla corresponsione del trattamento dovuto o vi adempia in misura parziale, il lavoratore o i suoi aventi diritto possono chiedere al fondo il pagamento del trattamento di fine rapporto, sempreché, a seguito dell'esperimento dell'esecuzione forzata per la realizzazione del credito relativo a detto trattamento, le garanzie patrimoniali siano risultate in tutto o in parte insufficienti». I requisiti richiesti. I requisiti per accedere alle prestazioni del fondo di garanzia, in caso di datore di lavoro non assoggettabile a procedura concorsuale, sono pertanto: • la cessazione del rapporto di lavoro subordinato; • la dimostrazione che il datore di lavoro non è assoggettabile alle procedure concorsuali di cui al rd n. 267/1942 (fallimento, amministrazione controllata e liquidazione coatta amministrativa); • l'insufficienza delle garanzie patrimoniali del datore di lavoro; • l'esistenza del credito per Tfr e ultime tre mensilità di retribuzione rimasto insoluto. Per quanto riguarda il requisito della cessazione del rapporto di lavoro, che deve essere sempre verificato con le dichiarazioni presenti in UniLav (si veda tabella). I requisiti della non appli
cabilità al datore di lavoro delle procedure concorsuali previste dalla legge fallimentare e dell'insufficienza delle garanzie patrimoniali sono dimostrati mediante l'adozione da parte del tribunale del decreto di apertura della procedura di liquidazione del patrimonio che, come già detto, è equiparato a un atto di pignoramento. Il requisito dell'accertamento dell'esistenza del
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La cessazione del rapporto dì lavoro II fondo di garanzia opera indipendentemente dalla causa che ha determinato la cessazione del rapporto (dimissioni, licenziamento, scadenza nei contratti a tempo determinato, ecc.) Casi di trasferimento d'azienda = se il datore di lavoro insolvente è il cedente, il fondo Inps non è tenuto a intervenire perché il Tfr deve essere corrisposto per l'intero dal cessionario; in caso di fallimento del cessionario, al contrario, il fondo Inps è tenuto a corrispondere tutto il Tfr maturato Casi di vendita di aziende poste in fallimento, amministrazione straordinaria, concordato preventivo con cessione dei beni o liquidazione coatta amministrativa = il fondo Inps eroga il Tfr maturato dai lavoratori alle dipendenze del cedente sino alla data del trasferimento, salvo che l'accordo sindacale preliminare al trasferimento non abbia previsto, quale condizione di miglior favore, l'accollo del Tfr da parte dell'acquirente Fruizione di cigs da parte dei lavoratori = ciò presuppone la continuazione (reale e non fittizia) del rapporto di lavoro con l'impresa fallita fino al termine di concessione della cassa integrazione. Di conseguenza l'intervento del fondo Inps, relativamente alla quota del Tfr maturata prima della cigs (con esclusione della quota riferibile alla cigs) può essere richiesto al termine del periodo di fruizione della cassa integrazione, purché intervenga una causa di risoluzione del rapporto (licenziamento o dimissioni) credito nella procedura di liquidazione del patrimonio viene ottemperato con l'ammissione del credito stesso nello stato passivo del datore di lavoro anche se non è stato precedentemente accertato in giudizio (e ciò diversamente da quanto avviene nelle altre ipotesi di intervento del fondo di garanzia, ai sensi dell'ari. 2, comma 5, della legge n. 297/1982). Per questa ragione, i lavoratori dipendenti da datori di lavoro per i quali è stata aperta la procedura di liquidazione, potranno presentare domanda di intervento del Fondo di garanzia solo dopo il deposito dello stato passivo definitivo. Quindi, in assenza di osservazioni, la domanda potrà essere presentata dopo che il liquidatore abbia definitivamente approvato lo stato passivo da lui stesso redatto; oppure, nel caso in cui, a seguito di contestazioni non sanabili, gli atti siano stati rimessi al giudice, la domanda potrà essere presentata in seguito al decreto del giudice che approva lo stato passivo; se è stato proposto reclamo contro il decreto, la domanda dovrà essere presentata dopo la relativa decisione. I termini di prescrizione della domanda di intervento del Fondo, potendo quest» tipo di procedura essere equiparata ad un pignoramento positivo, si intendono sospesi per la durata della liquidazione e decorrono nuovamente dalla data del decreto di chiusura della procedura.
La documentazione. Alla domanda devono essere allegati i seguenti documenti: • copia del decreto del tribunale che dichiara aperta la procedura di liquidazione ex art. 14-ter della legge n. 3/2012; • copia autentica dello Stato passivo definitivo redatto dal liquidatore o dal giudice incaricato; • modello SR52 compilato dal liquidatore nominato dal tribunale; • copia del decreto di chiusura della procedura (se ricorre il caso); • copia autentica dei provvedimenti di riparto delle somme ricavate dalla liquidazione (se ricorre il caso).
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In una circolare di Assonime al setaccio novità e criticità del decreti del 26 giugno Dichiarazione, sanzioni ridotte Omissione: sconto del 50% se si rispetta la data successiva Pagina a cura DI SANDRO CERATO a presentazione della dichiarazione oltre il termine previsto dalla legge sarà soggetta alla sanzione ridotta alla metà (dal 60% al 120% delle imposte dovute e non dal 120% al se la stessa sarà inviata entro il termine di presentazione di quella relativa all'anno successivo, e comunque entro l'inizio di un'attività di controllo da parte dell'Amministrazione finanziaria. Tuttavia, a fronte di della nuova opportunità di «tamponare» la ritardata presentazione della dichiarazione, rimarrà sanabile tramite ravvedimento operoso solo entro 90 giorni dal relativo termine di presentazione. E' questa una delle più rilevanti criticità evidenziata da Assonime nella circolare n. 25 del 3 agosto scorso in cui l'associazione illustra le principali novità normative contenute negli schemi di decreti legislativi del 26 giugno 2015 attuativi della delega fiscale (legge n. 23/2014). Fecalizzando l'attenzione sulle modifiche apportate al sistema sanzionatorio amministrativo, ed in particolare all'art. 1 del digs n. 471/97, Assonime individua alcuni aspetti critici. Il primo aspetto oggetto di analisi riguarda le modifiche introdotte in materia di omessa dichiarazione, per la quale è stato previsto che la sanzione si ridotta alla metà (dal 60% al 120% delle imposte dovute) qualora la dichiarazione stessa sia presentata prima della data di scadenza della dichiarazione relativa al periodo d'imposta successivo. Sul punto, Assonime rileva che a seguito della descritta modifica non è chiara la distinzione tra dichiarazione valida (tra cui è compresa la dichiarazione presentata entro 90 giorni dal termine di scadenza) e dichiarazione omessa, per la quale come si è detto è ora applicabile una sanzione ridotta del 50% se il contribuente presenta la dichiarazione entro il termine previsto per la dichiarazione successiva. Il dubbio sorge in quanto non è stata modificata la disposizione dell'art. 2,
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comma 7, del dpr n. 322/98, secondo cui sono considerate valide le dichiarazioni presentate entro 90 giorni dal termine, mentre quelle presentate successivamente sono a tutti gli effetti omesse. Secondo Assonime, sarebbe quindi più logico e semplice stabilire che le dichiarazioni omesse (o meglio presentate oltre il termine di legge) siano ancora valide e regolarizzabili con il ravvedimento operoso, riducendo proporzionalmente la sanzione in funzione del ritardo nella presentazione della stessa. Tuttavia, nemmeno le disposizioni dell'art. 13 del digs n. 472/97 dedicate al ravvedimento operoso saranno oggetto di modifica ad opera dello schema di decreto. Per quanto riguarda l'infedele dichiarazione, lo schema di
decreto prevede una modifica a favore del contribuente della misura della sanzione, che viene ridotta dall'attuale soglia variabile dal 100% al 200% alla nuova soglia dal 90% al 180%. Inoltre, è previsto che: - la sanzione ordinaria è aumentata della metà (e quindi dal 135% al 270%) se la violazione ha natura frodatoria, in quanto il contribuente ha utilizzato documentazione falsa, operazioni inesistenti, artifici, raggiri ecc.; - la sanzione ordinaria è ridotta di un terzo (e quindi dal 60% al 120%) per le violazioni prive di connotati fraudolenti
e di scarsa rilevanza. Si tratta in particolare di violazioni di ammontare inferiore al 3% dell'imposta e, comunque, entro il limite di 30 mila euro; - la sanzione è in misura fissa di euro 250 per le ipotesi in cui l'infedeltà non sia « definitiva», in quanto derivante da meri errori di imputazione temporale di elementi positivi e negativi, ovvero in tutti i casi in cui è stata anticipata la tassazione di componenti positivi o posticipata la deduzione di componenti negativi. In tutte queste ipotesi, non essendovi alcun danno all'Erario, è quindi prevista la sanzione in misura fissa. In merito alle descritte modifiche, Assonime osserva in primo luogo che, relativamente ai
casi in cui i componenti positivi abbiano concorso a formare il reddit» in un periodo d'imposta precedente rispetto a quello di competenza, ovvero quelli negativi siano stati dedotti in un esercizio successivo, la Relazione governativa allo schema di decreto ritiene sussistente il danno erariale (con conseguente inapplicabilità della sanzione fissa) anche quando l'anticipata tassazione del provento avvenga in un esercizio in perdita in luogo di quello di competenza che sarebbe stato in utile. In tale ipotesi, quindi, troverebbe applicazione la sanzione proporzionale e non quella fissa, circostanza che secondo Assonime non sarebbe del tutto comprensibile in un contesto normativo in cui opera il riporto illimitato delle perdite fiscali. Per quanto concerne l'ipotesi in cui invece vi sia un danno all'Erario (anticipata deduzione di costi o differimento la previsione della riduzione di 1/3 della sanzione (dal 90 al 60%) richiede la condizione secondo cui il componente positivo differito abbia già concorso alla formazione del reddit» nell'annualità in cui interviene l'attività di accertamento o in una precedente. Secondo Assonime, la condizione descritta appare eccessiva in quanto l'ufficio non può sapere se ed in quale eventuale successivo esercizio il contribuente abbia ritenuto erroneamente di dover imputare i proventi di competenza del periodo d'imposta oggetto dell'attività di controllo. A supporto delle proprie considerazioni, Assonime osserva inoltre che anche questa fattispecie sanzionatoria dovrebbe essere meglio coordinata con il «nuovo» ravvedimento operoso che consente di regolarizzare con sanzioni ridotte eventuali violazioni anche durante l'attività di controllo da parte dell'Amministrazine finanziaria.
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Perdite utilizzabili in sede d'accertamento Sanzione dal 60% al 120% dell'imposta se presentata prima della scadenza della dichiarazione successiva Sanzione dal 90% al 180% dell'imposta (aumentata della metà se la violazione ha natura frodatoria, e ridotta di un terzo se le violazioni sono di scarsa rilevanza) In sede di accertamento sono utilizzabile le perdite del periodo d'imposta e quelle pregresse a scomputo dei maggiori componenti positivi o dei minori costi deducibili Utilizzo perdite Infedele dichiarazione Omessa presentazione dichiarazione Le principali novità Omessa presentazione dichiarazione Infedele dichiarazione Utilizzo perdite Sanzione dal 60% al 120% dell'imposta se presentata prima della scadenza della dichiarazione successiva Sanzione dal 90% al 180% dell'imposta (aumentata della metà se la violazione ha natura frodatoria, e ridotta di un terzo se le violazioni sono di scarsa rilevanza) In sede di accertamento sono utilizzabile le perdite del periodo d'imposta e quelle pregresse a scomputo dei maggiori componenti positivi o dei minori costi deducibili Perdite utilizzabili in sede d'accertamento I maggiori proventi accertati e i minori costi deducibili possono essere compensati sia con le perdite maturate nel periodo d'imposta oggetto di accertamento, sia con quelle maturate in periodi d'imposta precedenti. È quanto emerge dalla lettura dell'art. 25 dello schema di decreto sulla revisione delle sanzioni, con la conseguenza che la sanzione andrà commisurata solamente all'imposta relativa al reddito che residua dopo l'utilizzo delle perdite. Va osservato che tale modifica non riguarda l'art. 1 del digs n. 471/97 in materia di infedele dichiarazione, bensì l'art. 42 del dpr n. 600/73, cui è stato aggiunto il nuovo comma 2bis, tenuto conto che il computo delle perdite richiede un'attività suppletiva di controllo e verifica da parte degli Uffici. Novità non mancano anche in tema di obblighi di sostituto d'imposta, per il quale il nuovo art. 2, comma 4-ter, del digs n. 471/97, come osservato da Assonime, intende premiare la trasparenza e la collaborazione delle imprese che operano con l'estero. In particolare, è previsto che per i soggetti che hanno Omessa presentazione dichiarazione Infedele dichiarazione Utilizzo perdite Sanzione dal 60% al 120% dell'imposta se presentata prima della scadenza della dichiarazione successiva Sanzione dal 90% al 180% dell'imposta (aumentata della metà se la violazione ha natura frodatoria, e ridotta di un terzo se le violazioni sono di scarsa rilevanza) In sede di accertamento sono utilizzabile le perdite del periodo d'imposta e quelle pregresse a scomputo dei maggiori componenti positivi o dei minori costi deducibili Perdite utilizzabili in sede d'accertamento I maggiori proventi accertati e i minori costi deducibili possono essere compensati sia con le perdite maturate nel periodo d'imposta oggetto di accertamento, sia con quelle maturate in periodi d'imposta precedenti. È quanto emerge dalla lettura dell'art. 25 dello schema di decreto sulla revisione delle sanzioni, con la conseguenza che la sanzione andrà commisurata solamente all'imposta relativa al reddito che residua dopo l'utilizzo delle perdite. Va osservato che tale modifica non riguarda l'art. 1 del predisposto l'idonea documentazione dei prezzi di trasferimento (master file e country file) viene esclusa l'applicazione delle sanzioni in caso di rettifica dei prezzi trasferimento da cui derivi la mancata esecuzione delle ritenute. In materia di Iva, oltre alle riduzioni delle sanzioni per l'infedele dichiarazione, al pari di quanto già previsto per le imposte sui redditi, si rivedono le sanzioni relative all'inosservanza degli obblighi di fatturazione e registrazione delle operazioni imponibili. In particolare, si prevede la sostituzione della sanzione proporzionale con quella fissa nell'ipotesi in cui il ritardo nell'adempimento non abbia inciso sulla corretta liquidazione del tributo, mentre in caso di omesso versamento la sanzione è ridotta al 10% per adeguarla alla nuova misura prevista per l'infedele dichiarazione. Da segnalare, infine, la riduzione al 30% (in precedenza la misura era dal 100 al 200%) della sanzione nell'ipotesi di eccedenza Iva chiesta a rimborso in assenza dei presupposti di cui all'art. 30 del dpr 633/72. digs n. 471/97 in materia di infedele dichiarazione, bensì l'art. 42 del dpr n. 600/73, cui è stato aggiunto il nuovo comma 2-bis, tenuto conto che il computo delle perdite richiede un'attività suppletiva di controllo e verifica da parte degli Uffici. Novità non mancano anche in tema di obblighi di sostituto d'imposta, per il quale il nuovo art. 2, comma 4-ter, del digs n. 471/97, come osservato da Assonime, intende premiare la trasparenza e la collaborazione delle imprese che operano con l'estero. In particolare, è previsto che per i soggetti che hanno Omessa presentazione dichiarazione Infedele dichiarazione Utilizzo perdite Sanzione dal 60% al 120% dell'imposta se presentata prima della scadenza della dichiarazione successiva Sanzione dal 90% al 180% dell'imposta (aumentata della metà se la violazione ha natura frodatoria, e ridotta di un terzo se le violazioni sono di scarsa rilevanza) In sede di accertamento sono utilizzabile le perdite del periodo d'imposta e quelle pregresse a scomputo dei maggiori componenti positivi o de
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Tutele crescenti: una comunicazione per interrompere il contratto e una per la conciliazione Licenziamento con doppia Co Durante il periodo di prova basta invece un solo invio Pagina a cura DI CARLA DE LELLIS Per comunicare il licenziamento di un lavoratore assunto a «tutele crescenti» sono necessarie due «Co». La prima per l'interruzione del rapporto di lavoro; la seconda per l'eventuale offerta di conciliazione che il datore di lavoro può fare al dipendente per farlo desistere da eventuale contenzioso sul licenziamento. Tuttavia, se l'offerta non è fatta o se la risoluzione del rapporto è avvenuta durante il periodo di prova, la seconda «Co» può essere evitata. Quando è dovuta, l'ulteriore «Co» va trasmessa con il modello «Unilav_conciliazione» entro 65 giorni da quando c'è stato lo stop del rapporto di lavoro. Per l'omissione, la sanzione va da 100 a 500 euro. Il contratto a «tutele crescenti». La seconda «Co» è scaturita dal digs n. 23/2015 (riforma del Jobs Act), che ha disciplinato il e.d. contratto «tutele crescenti». Si tratta del contrattotipo-di-assunzione, ossia del contratto a tempo indeterminato che, per principio di legge, è la forma «comune» di rapporto di lavoro. Il termine «tutele crescenti» deriva dal fatto che a tale contratto di lavoro a tempo indeterminato si applica una disciplina che promuove nel tempo le tutele sui licenziamenti illegittimi, allontanandosi completamente dalle ferree regole dell'ari. 18 della legge n. 300/1970 (statuto dei lavoratori). La nuova disciplina è in vigore dal 7 marzo e si applica: a) ai lavoratori che vengono assunti a tempo indeterminato, con esclusione dei dirigenti; b) ai lavoratori che trasformano un rapporto a termine a tempo indeterminato; e) agli apprendisti il cui
Quando fare la «Co» dell'offerta di conciliazione Come fare la «Co» dell'offerta di conciliazione II modello da utilizzare La nuova comunicazione Quando fare la «Co» dell'offerta di conciliazione Come fare la «Co» dell'offerta di conciliazione II modello da utilizzare I termini La sanzione Quando fare la «Co» È dovuta: • se il datore di lavoro propone conciliazione al lavoratore NON è dovuta: • se il rapporto si risolve durante il periodo di prova II datore di lavoro: • può provvedervi direttamente; • per il tramite degli intermediar! abilitati (consulenti ecc.) Per effettuare la comunicazione dell'offerta di conciliazione va utilizzato il modello «Unilav_Conciliazione», disponibile online sul sito cliclavoro del ministero del lavoro La comunicazione dell'offerta di conciliazione, se dovuta, va fatta entro 65 giorni dalla cessazione del rapporto di lavoro In caso di omissione, la sanzione è fissata nell'importo da 100 a 500 euro per lavoratore interessato dell'offerta di conciliazione Come fare la «Co» dell'offerta di conciliazione II modello da utilizzare I termini La sanzione Quando fare la «Co» È dovuta: • se il datore di lavoro propone conciliazione al lavoratore NON è dovuta: • se il rapporto si risolve durante il periodo di prova II datore di lavoro: • può provvedervi direttamente; • per il tramite degli intermediar! abilitati (consulenti ecc.) Per effettuare la comunicazione dell'offerta di conciliazione va utilizzato il modello «Unilav_Conciliazione», disponibile online sul sito cliclavoro del ministero del lavoro La comunicazione dell'offerta di conciliazione, se dovuta, va fatta entro 65 gi partire dalla data del
superamento). La vecchia disciplina delle tutele per i licenziamenti illegittimi permane parallelamente solo a favore dei lavoratori assunti prima del 7 marzo (citato art. 18 e della legge n. 604/1966). La conciliazione stragiudiziale. La disciplina delle tutele crescenti, tra l'altro, ha introdotto un nuovo istituto di conciliazione per la risoluzione stragiudi-
ziale delle controversie sui licenziamenti illegittimi, da svolgersi in una sede assistita (direzioni territoriali del lavoro) o presso le commissioni di certificazione. Il nuovo istituto, in particolare, opera nei casi di licenziamento di lavoratori assunti con tutele crescenti e consente al datore di lavoro di offrire al lavoratore, entro i termini d'impugnazione stragiudiziale del l'importo pari a una mensilità di retribuzione per anno di lavoro, con un minimo di due e un massimo di 18 mensilità. L'accettazione dell'offerta da parte del rapporto di lavoro viene lavoratore (l'importo, esente da stabilizzato a tempo indeterminato; imposte e contributi, è erogato d) ai lavoratori già assunti alla data mediante assegno circolare) del 7 marzo 2015, determina la rinuncia all'impugnazione del quando l'azienda supera la soglia licenziamento, anche se
già proposta. Il monitoraggio. La se conda «Co» serve al monitoraggio del nuovo istituto dell'offerta conciliativa. Mentre la prima (la «Co» di cessazione, tramite il modello Unilav_Cess) va fatta entro cinque giorni dalla fine del rapporto, la seconda tramite il nuovo modello Unilav_Conciliazione va fatta entro 65 giorni dalla cessazione del rapporto. Dal 1° giugno 2015. L'applicazione telematica per fare la nuova comunicazione è disponibile, online, sul portale web cliclavoro (www. cliclavoro.gov.it) del ministero del lavoro, dal 1° giugno 2015. Per fare la nuova «Co» è necessario premunirsi della «Co» di cessazione in quanto occorre inserire il relativo codice di comunicazione rilasciato in sede di trasmissione della prima «Co» (appunto la prima «Co»
relativa alla cessazione del rapporto di lavoro). Il codice deve essere indicato, ha spiegato il ministero del lavoro, perché serve ad agganciare le due «Co». Una volta inserito tale codice, il sistema propone i dati già trasmessi con l'Unilav_Cess richiedendo, pertanto, di completare
di 15 dipendenti (a
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la compilazione del modulo con questi ulteriori campi: • data di proposta dell'offerta di conciliazione; • esito (Sì/No) dell'offerta (Sì/No a seconda se il lavoratore ha accettato o meno l'offerta). In caso l'esito sia «Sì», il sistema richiede ancora di indicare la sede di conciliazione presso cui è stata effettuata l'offerta, l'importo offerto e l'esito del procedimento. Quando e come fare la comunicazione. La co
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municazione «Co» relativa all'offerta di conciliazione: 1)è dovuta solo nei casi in cui il datore di lavoro propone la conciliazione al lavoratore (se non fa la proposta, quindi, non deve farla); 2)è dovuta anche dalle agenzie per il lavoro nel caso di risoluzione del rapporto di L'applicazione telematica per fare la nuova comunicazione è disponibile online sul portale web cliclavoro del ministero del lavoro dal 1° giugno 2015
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Assunti dal 7 marzo 2015, ecco cosa cambia Ecco che cosa cambia nelle varie ipotesi di licenziamento per gli assunti dal 7 marzo 2015. In caso di licenziamento discriminatorio, nullo o orale, il regime della reintegrazione nel posto di lavoro e del risarcimento del danno è riservato ai casi di illegittimità particolarmente gravi individuate dalla legge (ad esempio licenziamento della lavoratrice madre oppure a causa di matrimonio) che rendono il licenziamento nullo, ai licenziamenti intimati oralmente e ai casi in cui il giudice accerta una carenza nella giustificazione di licenziamento legato alla disabilità fisica o psichica del lavoratore. Licenziamento per giustificato motivo oggettivo/soggettivo e giusta causa: nei casi di accertata illegittimità, è previsto un indennizzo economico onnicomprensivo legato
all'anzianità di servizio e non soggetto a contribuzione previdenziale. In tali ipotesi, il giudice dichiara estinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento di un'indennità, non soggetta a contribuzione previdenziale, d'importo pari a due mensilità dell'ultima retribuzione utile per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a 4 e non superiore a 24 mensilità. Rispetto a tale tipo di tutela sussistono le seguenti eccezioni: - se il lavoro; 3)non va effettuata quando il rapporto di lavoro si fatto materiale alla base del licenziamento per giustificato motivo risolve durante il periodo di prova. Chi può fare la «Co». In soggettivo e per giusta causa risulta insussistente, si applica il regime delle maniera del tutto analoga a reintegrazione sul posto di lavoro e il quanto previsto per le altre pagamento di un'indennità risarcitoria comunicazioni inerenti il commi rapporto di lavoro, i datori di lavoro possono effettuare anche surata all'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del Tfr dal la nuova «Co» dell'offerta di giorno del licenziamento fino a quello conciliazione direttamente o della reintegrazione. La misura per il tramite dei soggetti dell'indennità non può essere in ogni abilitati, così individuati dalla normativa vigente, vale a dire: caso superiore a dodici mensilità; qualora l'illegittimità sia determinata da a) consulenti del lavoro; b) difetto di motivazione o da vizi avvocati e procuratori legali; procedurali, il giudice dichiara dottori commercialisti; ragionieri e periti commerciali; comunque estinto il rapporto alla data del licenziamento e l'indennità erogata e) servizi istituiti dalle non può essere inferiore a un minimo di associazioni di categorie delle due e superiore a un massimo di 12 imprese artigiane e delle pmi; mensilità, variabili in base all'anzianità d) associazioni di categoria aziendale. La nuova disciplina si applica delle imprese agricole; e) sua alle piccole imprese con meno di 15 associazioni di categoria dei datori di lavoro; f) agenzia per dipendenti, sia alle organizzazioni di tendenza. Nel caso delle piccole imprese il lavoro; g) consorzi e gruppi gli importi indennitari sono dimezzati e di imprese. possono arrivare fino a un massimo di sei mensilità.
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DEONTOLOGIA/2 Una condotta adeguata pure dai legali stabiliti Costa a pag Vili
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AFFOCATI/Le sezioni unite della Corte di cassazione hanno dissipato ogni dubbio La deontologia non ha confini Condotta in sintonia col codice anche per gli stabiliti DI ANGELO COSTA 11 fatto che un cittadino dell'Unione europea al fine di acquisire il titolo di avvocato con successiva iscrizione alla sezione speciale dell'Albo degli avvocati stabiliti, si rechi in uno Stato membro ed eserciti poi la professione nel suo Stato di origine, non esclude una eventuale verifica per stabilire se, attraverso tale percorso, sia stata perseguita in modo corretto la finalità di esercitare tale professione. Lo hanno affermato i giudici delle sezioni unite della Corte di cassazione con la sentenza n. 15694 dello scorso 27 luglio. Nel caso sottoposto all'attenzione dei giudici di Piazza Cavour un abogado iscritto all'ordine degli Abogados in Spagna chiedeva l'iscrizione all'albo degli avvocati stabiliti presso il Coa (Consiglio dell'ordine degli avvocati), e autocertificava l'assenza di carichi
legge n. 247/2012). Avverso tale pronuncia, il professionista proponeva ricorso, depositando contestualmente istanza di sospensione dell'esecutorietà della decisione impugnata, sostenendo che il Coa sarebbe sprovvisto di ogni potere in ordine alla iscrizione nella sezione speciale degli Avvocati stabiliti e rilevando che le vicende considerate dal Coa per revocare l'iscrizione erano relative a periodi precedenti alla iscrizione e quindi irrilevanti a fini disciplinari. Il ricorrente si è limitato ad invocare la preclusione di ogni valutazione, da parte del Coa, in ordine alla sussistenza dei requisiti di onorabilità ai fini della iscrizione all'Albo degli avvocati stabiliti, e secondo gli Ermellini tale condotta appare strettamente finalizzata alla decisione sulla istanza cautelare, sintomatica dell'esistenza di un abuso dei diritto. ———©Riproduzione riservata——U
pendenti e di sentenze di condanna. Però, la Procura della repubblica dichiarava la pendenza di procedimenti penali nei suoi confronti, e anche di una sentenza comportante la cancellazione emessa nei confronti del medesimo
dal Coa e pertanto, veniva revocata l'iscrizione dell'avvocato alla sezione speciale dell'albo degli avvocati stabiliti. A questo punto l'abogado proponeva ricorso al Cnf, che lo rigettava sul presupposto che la richiesta di iscrizione all'albo degli avvocati stabiliti non faceva venire meno la necessità che il professionista fosse in possesso del requisito della condotta specchiatissima e illibata prescritta dall'ordinamento forense (condotta irreprensibile ai sensi della
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Senza il titolo abilitante salta la concessione
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È legittimo il doveroso diniego della concessione in sanatoria di opere eseguite senza titolo abilitante, qualora le stesse non risultino conformi tanto alla normativa urbanistica vigente al momento della loro realizzazione quanto a quella vigente al momento della domanda di sanatoria. Lo hanno ribadito i giudici della seconda sezione del Tar Lombardia con la sentenza n. 1900 dello scorso 13 agosto. Secondo i giudici amministrativi milanesi, anche in aderenza a un ormai consolidato orientamento che tra spunto sia dalla Corte costituzionale che dal Consiglio di stato, solo il legislatore statale (con preclusione non solo per il potere giurisdizionale, ma anche per il legislatore regionale: Corte cost., 29 maggio 2013, n. 101) ha la facoltà di prevedere i casi in cui può essere rilasciato un titolo edilizio in sanatoria (avente pertanto risulta coerente il divieto legale di rilasciare una concessione (o il permesso) in sanatoria, anche nel caso in cui dopo la commissione dell'abuso vi sia una modifica favorevole dello strumento urbanistico (si veda: Cons, stato, sez. V, 27 maggio 2014, n. 2755). È possibile rinvenire la ragionevolezza di tale divieto dall'esigenza, presa in considerazione dalla legge, di sfuggire alla situazione in cui il potere di pianificazione possa essere strumentalizzato al fine di rendere lecito ex post (e non punibile) ciò che risulta illecito (e punibile) nonché è possibile cogliere una finalità dissuasiva dall'intenzione di commettere abusi, «poiché chi costruisce sine titillo è consapevole di essere tenuto alla demolizione, anche in presenza di una sopraggiunta modificazione favorevole dello strumento urbanistico». Inoltre, secondo i giudici lombardi, nel caso in cui un'istanza di sanatoria vada a prevedere la realizzazione di ulteriori interventi per rendere l'opera conforme alle norme vigenti, sarà evidente una sorta di insussistenza del requisito della conformità al momento della richiesta di rilascio del titolo in sanatoria. Pertanto, un eventuale provvedimento di sanatoria che prevedesse l'esecuzione di tali ulteriori lavori sarebbe quindi illegittimo, poiché l'articolo 36 del dpr n. 380 del 2001 non consente spazi interpretativi, nel senso che la concessione in sanatoria è ammessa soltanto entro i limiti delineati dal legislatore, senza alcuna possibilità di estensione discrezionale da parte della p.a. Angelo Costa
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Come individuare l'operazione per applicare correttamente Viva di FRANCO RICCA 1. La distinzione fra cessione e prestazione e il trattamento delle operazioni complesse L'individuazione della natura dell'operazione è molto importante per la corretta applicazione dell'Iva. Il sistema, infatti, pur attraendo a imposizione le cessioni di beni e le prestazioni di servizi, talora prevede una disciplina differente, sotto molteplici aspetti, per l'una e l'altra categoria di operazioni: per esempio, ai fini della localizzazione territoriale, del momento impositivo, dell'aliquota d'imposta, delle modalità di applicazione (rivalsa o inversione contabile). Si ricorda che, ai sensi della direttiva 2006/1127 Ce del 28 novembre 2006, costituisce «cessione di beni» il trasferimento del potere di disporre di un bene materiale come proprietario, mentre si considera «prestazione di servizi» ogni operazione che non costituisce una cessione di beni. In dettaglio, le pertinenti disposizioni sono contenute negli articoli da 14 a 19 (cessioni di beni) e da 24 a 29 (prestazioni di servizi) della direttiva. Nell'economia moderna, dove gli schemi delle transazioni sono sempre più complessi e in continua evoluzione, l'identificazione dell'operazione non è sempre agevole. Alle difficoltà oggettive si aggiungono quelle derivanti dal non perfetto allineamento della normativa interna, che attinge ampiamente all'ordinamento del diritto civile nazionale, rispetto a quella comunitaria, che si basa invece su nozioni proprie e dovrebbe sempre prevalere, non soltanto nei rapporti transnazionali, ma anche nelle operazioni totalmente interne. Per esempio, sebbene l'art. 3, primo comma, del dpr 633/72 classifichi fra le prestazioni di servizi quelle dipendenti da contratti d'appalto, non si può dubitare che se l'oggetto del negozio giuridico, in ultima analisi, non è l'esecuzione di un «facere», ma il trasferimento della proprietà di un bene, l'operazione dovrà essere catalogata tra le cessioni e non tra le prestazioni di servizi. Sorge quindi la necessità di capire come muoversi, in concreto, per distinguere le cessioni di beni dalle prestazioni di servizi e come procedere in presenza di un'operazione composita, che contiene cioè elementi dell'una e dell'altra categoria; una siffatta operazione, inoltre, pone l'interrogativo se debba applicarsi un trattamento unitario, oppure se occorra scindere e qualificare in modo distinto e autonomo i vari elementi che la costituiscono. La giurisprudenza domestica e l'amministrazione finanziaria si sono occupate spesso di questioni concernenti la qualificazione dell'operazione. Nell'ottica della presenta analisi, basta ricordare, a titolo esemplificativo, la posizione ministeriale in merito alla
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distinzione fra appalto (prestazione di servizi) e vendita (cessione di beni). Con risoluzione n. 360009 del 5 luglio 1976, rispondendo al quesito di una società che riteneva di potersi basare sulle indicazioni della legge n. 771 del 1941 in materia di imposta di registro sugli appalti, l'amministrazione, dopo avere dichiarato inapplicabili le disposizioni di tale legge, ha ritenuto invece opportuno uniformarsi alla giurisprudenza della Corte di cassazione, che con sentenza n. 3517 del 28 ottobre 1958 ha stabilito che oggetto del contratto di appalto è il risultato di un «facere» (anche se comprensivo di un «dare»), che può concretarsi così nel compimento di un servizio che l'appaltatore assume verso il committente, dietro corrispettivo, mentre oggetto del contratto di vendita può consistere sia in un «dare» che in una obbligazione di «dare» e di «fare». Sulla base di tali precisazioni, il ministero ha espresso l'avviso che, ai fini dell'applicazione dei benefici fiscali (allora) previsti dall'art. 79 del dpr 633/72, gli elementi caratterizzanti il contratto di appalto devono essere ricercati sulla prevalenza del «fare» sul «dare»; in particolare, come chiarito ulteriormente dalla Corte con sentenza n. 1114 del 17 aprile 1970, «deve desumersi dalle clausole contrattuali se la volontà delle parti ha voluto dare maggior rilievo al trasferimento di un bene o al processo produttivo di esso». In applicazione di questi criteri, è stato dichiarato, con nota n. 501629 del 10 ottobre 1975, che sono da considerare contratti di vendita (e non di appalto) i contratti concernenti la fornitura, ed eventualmente anche la posa in opera, di impianti di riscaldamento, condizionamento d'aria, lavanderia, cucina, infissi, pavimenti, etc., qualora l'assuntore dei lavori sia lo stesso fabbricante o chi fa abituale commercio dei prodotti e materiali sopra menzionati (invero, questa specificazione soggettiva, che sembra prospettare una diversa soluzione nel caso in cui la fornitura e posa sia curata da un soggetto diverso dal fabbricante o commerciante, per esempio un artigiano, non pare compatibile con il principio della oggettività della valutazione, oltre che con il principio di neutralità sotto il profilo della parità di trattamento). Tuttavia, nel caso particolare che le clausole contrattuali obbligassero l'assuntore degli indicati lavori a realizzare un «quid novi» rispetto alla normale serie produttiva, deve ritenersi prevalente l'obbligazione di «facere», in quanto si configurano gli elementi peculiari del contratto di appalto e, precisamente, l'«intuitus personae» e l'assunzione del rischio economico da parte dell'appaltatore (Cassazione, 17 febbraio 1958, n. 507). In precedenza, nella risoluzione n. 503351 del 12 marzo 1974, rispondendo ad un quesito diretto a conoscere se ai corrispettivi relativi alle cessioni di case prefabbricate in legno, effettuate da imprese costruttrici ed aventi le caratteristiche di cui all'art. 13 della legge n. 408/1949, l'Iva si rendesse applicabile con l'aliquota ridotta, il ministero ha osservato che per rispondere correttamente occorre anzitutto distinguere il caso in cui il committente acquista i pezzi della casa prefabbricata e li fa montare e met tere in opera dalla stessa impresa che li produce o da terzi, da quello in cui il committente affida ad un'impresa la costruzione di una casa, da effettuare con i pezzi fabbricati dall'impresa stessa. Nella prima ipotesi, poiché il contratto ha per oggetto il semplice acquisto dei singoli pezzi e poiché tali pezzi costituiscono l'oggetto della ordinaria produzione dell'impresa che li fabbrica, secondo il ministero, il negozio giuridico si qualifica come una compravendita, alla quale non è applicabile l'aliquota ridotta. Nella seconda ipotesi, invece, l'impresa assume l'obbligo di consegnare la casa costruita e completa, sia pure con i pezzi da essa prodotti, e, pertanto, l'Iva è dovuta con l'aliquota ridotta. Più di recente, poi, con risoluzione n. 25/E del 6 marzo 2015, in relazione alle operazioni poste in essere da imprese artigiane che, sulla base di contratti di appalto commissionati dagli utenti finali, producono infissi su misura per poi installarli, l'agenzia delle entrate ha dichiarato che tali operazioni sembrano riconducibili al contratto di cessione con posa in opera, dove l'obbligazione di dare (cessione) prevale su quella di fare (prestazioni di servizi). Lo scopo dell'impresa artigiana è, infatti, quello di produrre infissi in serie con caratteristiche standardizzate, seppur tenendo conto di semplici variazioni di misura in relazione alle specifiche esigenze di ogni singolo cliente, e di cederli con posa accessoria. In materia, comunque, il punto di riferimento principale è costituito dalla giurisprudenza della Corte di giustizia Ue, interprete qualificato della normativa dell'Iva armonizzata, alla quale devono obbligatoriamente uniformarsi le amministrazioni e i giudici dei singoli stati membri. La Corte ha trattato più volte questioni concernenti la qualificazione delle operazioni, elaborando i criteri generali al riguardo e fornendo dimostrazioni in ordine alla loro applicazione alle fattispecie concrete. 2.1 criteri generali elaborati dalla Corte di giustizia La Corte, in via preliminare, osserva che la corretta qualificazione dell'operazione riveste una particolare importanza ai fini dell'Iva sotto molteplici aspetti, e riconosce che la varietà delle operazioni commerciali non consente di fornire una risposta esaustiva sul modo di esaminare correttamente la questione, validamente applicabile in tutti i casi. La valutazione delle operazioni complesse II problema della qualificazione si pone più spesso nelle operazioni complesse, composte cioè di molteplici elementi, riguardo alle quali entrano in gioco due esigenze di segno opposto: • da un lato, ciascuna operazione deve essere considerata di regola come autonoma e indipendente; • dall'altro, l'operazione costituita da un unico servizio sotto il profilo economico non deve essere artificialmente divisa in più parti per non alterare il funzionamento del sistema dell'Iva. Ciò posto, occorre individuare gli elementi caratteristici dell'operazione per stabilire se il soggetto passivo fornisca al consumatore, considerato come
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consumatore medio, più prestazioni principali distinte o un'unica prestazione. Si configura un'operazione unica, in particolare, nel caso in cui uno o più elementi devono essere considerati nel senso che costituiscono l'operazione principale, mentre uno o alcuni elementi devono essere considerati come una o più operazioni accessorie cui si applica la stessa disciplina tributaria dell'operazione principale. In merito al requisito della accessorietà, un'operazione deve essere considerata accessoria all'operazione principale quando non costituisce per la clientela un fine a sé stante, bensì il mezzo per fruire nelle migliori condizioni del servizio principale offerto dal prestatore. Oltre all'ipotesi dell'accessorietà, vi può essere una prestazione unica anche in altre circostanze: quando due o più elementi o atti forniti dal soggetto passivo al consumatore, considerato come consumatore medio, sono a tal punto strettamente connessi da formare, oggettivamente, una sola prestazione economica indissociabile la cui scomposizione avrebbe carattere artificiale. Non riveste invece importanza decisiva il fatto che sia stato pattuito e fatturato un prezzo unico. Vero è che quando un soggetto fornisce ai suoi clienti un'operazione composta da più elementi dietro versamento di un prezzo unico, questa circostanza può militare a favore dell'unicità dell'operazione. Tuttavia, nonostante il prezzo unico, se dalle altre circostanze di fatto emergesse che i clienti intendono acquistare due operazioni distinte, occorrerebbe isolare le parti del prezzo unico relative alle due operazioni, per assoggettarle al corrispondente trattamento loro proprio; a questo scopo, si deve adottare il sistema di calcolo o di valutazione il più semplice possibile. Del resto, se fosse decisiva, per determinare la portata dell'operazione, la circostanza che il fornitore abbia fatturato un prezzo unico oppure prezzi distinti, la qualificazione dell'operazione non dipenderebbe più dagli elementi oggettivi sopra evidenziati, bensì dalla mera discrezionalità del fornitore. Cessione di beni o prestazione di servizi Quanto a determinare se l'operazione unica debba qualificarsi cessione o prestazione, occorre ricordare che si considera «cessione di bene» il trasferimento del potere di disporre di un bene materiale come proprietario. La nozione di cessione di un bene, peraltro, non si riferisce al trasferimento di proprietà nelle forme previste dal diritto nazionale vigente, ma comprende qualsiasi operazione di trasferimento di un bene materiale effettuata da una parte che autorizza l'altra parte a disporre di fatto di tale bene come se ne fosse il proprietario. La finalità della direttiva potrebbe, infatti, risultare compromessa qualora la constatazione della sussistenza di una cessione di beni, che è una delle operazioni imponibili, fosse soggetta alla realizzazione di condizioni che variano a seconda del diritto civile dello stato membro interessato. Per accertare se un'operazione configuri una cessione di beni o una prestazione di servizi, occorre prendere in considerazione tutte le circostanze in cui essa si svolge, così da rinvenirne gli elementi caratteristici. In relazione alla specifica questione dell'operazione costituita dalla fornitura di un bene specificamente adattato alle esigenze dell'acquirente, la Corte, nel ribadire che occorre individuare gli elementi predominanti, ha precisato che, oltre all'importanza della prestazione al fine di adattare il bene alle esigenze dell'acquirente, sono elementi pertinenti anche la portata, la durata e il costo di detti adattamenti. Con riguardo a un caso di fornitura di un bene con posa in opera, la Corte ha poi precisato che occorre stabilire se la posa costituisca semplice elemento accessorio alla fornitura, oppure se essa richieda procedimenti tecnicamente complessi e l'impiego di apparecchiature specializzate, conoscenze specifiche, tali da rendere la prestazione non solo indissociabile dalla fornitura del bene, ma anche indispensabile all'impiego e allo sfruttamento successivi di tale bene. La circostanza che la fornitura di un bene sia accompagnata dall'installazione non osta, in linea di principio, a che l'operazione sia qualificabile come cessione. Un bene materiale, infatti, può essere installato o montato, con o senza collaudo da parte del fornitore o per suo conto, senza che l'operazione perda necessariamente la sua qualifica di cessione di un bene. In secondo luogo, non vi sono distinzioni tra le modalità di installazione, per cui l'incorporazione al suolo di un bene mobile non deve necessariamente rientrare nella nozione di «lavori immobiliari». Occorre inoltre considerare il rapporto tra il prezzo del bene e quello dei servizi, che rappresenta un indice obiettivo di cui si può tener conto nel qualificare l'operazione; tuttavia, il costo del materiale e dei lavori non deve, da solo, assumere un'importanza decisiva. Per qualificare l'operazione, occorre quindi esaminare anche l'importanza della prestazione di servizi rispetto alla fornitura del bene. Nel caso della posa in opera, anche se tale prestazione presenta una complessità e richiede mezzi rilevanti, non ne consegue tuttavia che la prestazione di servizi abbia un carattere prevalente sulla cessione del bene; in particolare, ciò deve escludersi se risulta che i lavori si limitano alla posa in opera del bene e non hanno lo scopo o il risultato di alterare la natura del bene stesso e neppure quello di adattarlo ai bisogni specifici del cliente. Nel capitolo che segue, si propone una rassegna delle soluzioni alle quali la Corte è pervenuta applicando le indicazioni generali di cui sopra ad alcune fattispecie concrete. 3. Casi e soluzioni 3.1 Ristorazione Nella oramai lontana sentenza 2 giugno 1996, C-231/94, la Corte ha affrontato la questione se le operazioni di ristorazione costituiscano cessioni di beni o prestazioni di servizi. Va rammentato, in proposito, che la normativa nazionale classifica in modo esplicito tra le prestazioni di servizi «le somministrazioni di alimenti e bevande» (art. 3, secondo
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comma, n. 4, dpr n. 633/72); naturalmente, in tale contesto, con la locuzione «somministrazione», non si è inteso fare riferimento all'omonimo negozio giuridico tipico di cui all'art. 1655 c.c. Prendendo in esame le caratteristiche delle operazioni, la Corte ha osservato che la fornitura di bevande e di pasti preparati, pronti al consumo immediato, è il risultato di una serie di servizi che va dalla cottura dei cibi alla loro consegna materiale su un sostegno, e che si accompagna alla predisposizione in favore del cliente di un'infrastnittura comprendente tanto una sala di ristoro con annessi (guardaroba ecc.) quanto gli arredi e le stoviglie. Vi possono essere persone che provvedono ad apparecchiare i tavoli, a consigliare il cliente e a fornirgli spiegazioni sulle vivande o sulle bevande proposte, a servire a tavola tali prodotti e, infine, a sparecchiare dopo il consumo. L'attività di ristorazione, pertanto, è caratterizzata da una serie di elementi e di atti, dei quali la cessione di cibi è soltanto una parte e nel cui ambito predominano ampiamente i servizi, sicché, ha concluso la Corte, deve essere considerata come prestazione di servizi. Diverso è il caso di un'operazione avente ad oggetto alimenti da asportare, non accompagnata da servizi volti a rendere più piacevole il consumo in loco in un ambiente adeguato. 3.2 Somministrazione di bevande Nella sentenza 10 marzo 2005, C-491/03, la Corte si è occupata di una questione, in materia di accise, che richiedeva la previa qualificazione come cessione di beni oppure come prestazione di servizi dell'attività di somministrazione di bevande alcoliche per il consumo immediato all'interno di un ristorante. La Commissione europea, basandosi sulle indicazioni della precedente sentenza del 1996 sulla ristorazione, riportata al punto 3.1, sosteneva che, diversamente da quella fattispecie, nel caso della vendita di bevande alcoliche in caffè, saloni da tè e ristoranti, l'incidenza dei servizi forniti dal barista o dal ristoratore fosse secondaria nel contesto dell'intera transazione commerciale. Tali servizi consisterebbero, essenzialmente, nel presentare la bevanda al cliente in un recipiente adeguato e nella forma appropriata, sicché, contrariamente alla somministrazione di pasti preparati, dove il prezzo è determinato essenzialmente dal costo della prestazione di servizi, nel caso della vendita di bevande il prezzo d'acquisto del prodotto sarebbe la voce preminente. Al riguardo, la Corte ha osservato che poiché la commercializzazione di un bene è sempre accompagnata da una seppur minima prestazione di servizi, come la presentazione dei prodotti in ripiani, l'emissione di una fattura ecc., per valutare la rilevanza della prestazione di servizi nel contesto di una transazione complessa, che comporta altresì la cessione di un bene, devono essere presi in considerazione solamente i servizi diversi da quelli che necessariamente accompagnano la commercializzazione di un bene, al fine di individuare quale sia l'elemento pre dominante della transazione. Ciò premesso, la somministrazione ai clienti di bevande alcoliche nell'ambito di un'attività di ristorazione è accompagnata da una serie di servizi diversi dalle operazioni necessariamente connesse alla commercializzazione di siffatti prodotti: mettere a disposizione un'infrastnittura che comporta una sala dedicata alla ristorazione, con mobili e pertinenze (guardaroba, toilette ecc.), dare consigli e spiegazioni ai clienti relativamente alle bevande servite, presentarle in un recipiente adeguato, servirle in tavola e, infine, di liberare i tavoli e di pulire dopo il consumo. La Corte ha quindi concluso che la somministrazione di bevande alcoliche nell'ambito di un'attività di ristorazione è caratterizzata da un insieme di elementi e di atti dei quali la cessione del bene, in quanto tale, rappresenta una semplice componente, mentre vi predominano i servizi. 3.3 Catering e vendita di cibi Più di recente, nella sentenza 10/3/2011, C-497/09, la Corte ha affrontato talune questioni che miravano a sapere se le varie attività di fornitura di vivande o di pasti preparati pronti per il consumo immediato, oggetto di quattro distinti procedimenti che la Corte ha riunito e deciso con la citata sentenza, costituissero cessioni di beni oppure prestazioni di servizi e quale fosse l'incidenza che gli elementi accessori di prestazione di servizi potessero avere al riguardo. La Corte ha osservato che, nei vari casi in esame, esiste una combinazione consistente nella cessione di uno o più beni e nella fornitura di diversi elementi di prestazione di servizi, operazione che i giudici remittenti considerano comunque unica. Al riguardo, per quanto concerne le prestazioni rientranti nell'ambito di un'attività di catering, l'esistenza di una prestazione unica non dipende dalla circostanza che l'impresa rediga una sola fattura indicante l'insieme degli elementi o che al contrario rediga una fattura separata per la vendita dei pasti cucinati. L'elemento predominante deve essere determinato basandosi sul punto di vista del consumatore medio e tenendo conto, nel contesto di una valutazione di insieme, dell'importanza qualitativa e non semplicemente quantitativa degli elementi di prestazione di servizi rispetto a quelli rientranti in una cessione di beni. In proposito, poiché la commercializzazione di un bene è sempre accompagnata da una anche minima prestazione di servizi, come la presentazione dei prodotti negli scaffali o l'emissione di una fattura, per valutare la rilevanza della prestazione di servizi nel contesto di una transazione complessa, che comporta altresì la cessione di un bene, debbono essere presi in considerazione solamente i servizi diversi da quelli che necessariamente accompagnano la commercializzazione di tale bene. Più in particolare, l'operazione di ristorazione è caratterizzata da una serie di elementi e di atti, dei quali la cessione di cibi è soltanto una parte e nel cui ambito predominano ampiamente i servizi, sicché va considerata come prestazione di servizi.
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Diverso è, come già osservato nella sentenza del 1996, il caso di un'operazione avente ad oggetto alimenti da asportare non accompagnata da servizi volti a rendere più piacevole il consumo in loco in un ambiente adeguato. Vendite di prodotti alimentari preparati nei chioschi In due dei casi in esame, le attività consistevano nella vendita, in veicoli o in chioschi di ristorazione, di salsicce, di patate fritte e di altri alimenti pronti per essere immediatamente consumati caldi. La fornitura di siffatti prodotti presuppone la loro cottura o il loro riscaldamento, il che costituisce un servizio che deve essere preso in considerazione nell'ambito della valutazione globale dell'operazione di cui trattasi ai fini della sua qualificazione come cessione di beni o prestazione di servizi. Poiché però la preparazione del prodotto finale caldo si limita, essenzialmente, ad azioni sommarie e standardizzate che quasi sempre non avvengono su ordinazione di un particolare cliente, ma in modo costante o regolare, in funzione della domanda in generale prevedibile, essa non costituisce l'elemento preponderante dell'operazione e non può, di per sé, conferire il carattere di prestazione di servizi a siffatta operazione. Peraltro, per quanto riguarda elementi di prestazione di servizi caratteristici delle operazioni di ristorazione già individuati nella precedente sentenza, nei casi di specie non vi è personale di servizio, non vi è effettiva consulenza ai clienti, non vi è un servizio propriamente detto, consistente, tra l'altro, nella trasmissione delle ordinazioni alla cucina, nella ulteriore presentazione dei piatti e nel relativo servizio al tavolo ai clienti, non vi sono locali chiusi e climatizzati, specificamente dedicati al consumo degli alimenti forniti, non vi è guardaroba né toilette, non vi sono essenzialmente né stoviglie, né mobili, né coperti da apparecchiare. Gli elementi di prestazione di servizi consistono solo nell'esistenza di infrastrutture rudimentali, cioè semplici banchi per il consumo, senza alcuna possibilità di sedersi, che consentono a un numero limitato di clienti il consumo in loco all'aperto. Siffatte rudimentali infrastrutture presuppongono solo un intervento trascurabile da parte dell'uomo. In tali circostanze, i detti elementi costituiscono solo prestazioni accessorie minime e non sono tali da modificare il carattere predominante dell'operazione principale, cioè quello di una cessione. Vendite di popcorn nei cinema Le stesse conclusioni valgono per l'attività di vendita di popcorn e di «tortilla chips» nei foyer dei cinema, oggetto di uno dei procedimenti. La preparazione di detti prodotti in involucri costituisce parte integrante della vendita e non un'operazione da questa indipendente. Inoltre, sia la preparazione come pure la conservazione degli alimenti a una certa temperatura vengono effettuate in modo regolare e non in funzione della domanda di un cliente particolare. La messa a disposizione di mobili (tavolini di appoggio, sgabelli, sedie e panche), poi, oltre al fatto che non esiste in tutti i cinema, è, in linea genera le, indipendente dalla vendita dei suddetti prodotti, e i luoghi così attrezzati hanno parimenti la funzione di fungere da sala di attesa o da punto di incontro. Il consumo viene peraltro effettuato, in pratica, nelle sale cinematografiche. A tal fine, le poltroncine di talune sale sono attrezzate con porta-bicchieri, che hanno pure lo scopo di garantire la pulizia del locale. La semplice presenza di tale mobilio destinato, in modo non esclusivo, a facilitare eventualmente il consumo di siffatti alimenti, non può considerarsi un elemento idoneo a conferire all'operazione nel suo insieme la qualificazione di prestazione di servizi. L'elemento preponderante delle operazioni di cui trattasi, considerate nella loro globalità, è dunque costituito dalla cessione di vivande o di pasti pronti per il consumo immediato, poiché la loro preparazione sommaria e standardizzata è intrinsecamente ad essi collegata, e poiché la messa a disposizione di infrastrutture rudimentali che consentono la consumazione in loco a un numero limitato di clienti, riveste solo carattere puramente accessorio e secondario. La circostanza che i clienti utilizzino o meno le dette rudimentali infrastrutture è priva di pertinenza poiché, non costituendo la consumazione immediata in loco una caratteristica essenziale dell'operazione di cui trattasi, non può determinarne la natura. Attività di catering In merito alle attività di catering, la sentenza evidenzia innanzitutto che, nello svolgimento di tali attività possono essere previste più combinazioni di operazioni che vanno dalla mera preparazione e consegna di pasti pronti alla prestazione completa, comprensiva, inoltre, della messa a disposizione di stoviglie, di mobilio (tavolini e sedie), della presentazione dei pasti, della decorazione, della messa a disposizione di personale incaricato del servizio e di consigli per la composizione del menu e, se del caso, della scelta delle bevande. Dal momento che si tratta di una prestazione unica, la qualificazione dell'operazione come cessione di beni o prestazione di servizi dipenderà dall'insieme delle circostanze di fatto, considerando, dal punto di vista del consumatore, gli elementi qualitativamente preponderanti. Per quanto riguarda pasti forniti a domicilio da un operatore di catering, si deve rilevare che, a differenza dei pasti venduti negli stand, nei chioschi-bar mobili e nei cinema, essi non sono in generale il risultato di una semplice preparazione standardizzata, ma contengono una componente di prestazioni di servizi nettamente più importante e richiedono un lavoro e un know-how superiori. La qualità dei piatti pronti, la creatività nonché la presentazione sono in questo caso elementi che rivestono per il cliente quasi sempre importanza determinante. Frequentemente, al cliente viene offerta non solo la possibilità di comporre il suo menu, ma anche quella di fare realizzare piatti individuali su sua domanda. Tale dimensione di servizio trova peraltro una traduzione sul piano terminologico in quanto, nel linguaggio corrente, si parla in genere di «servizio catering», nonché di piatti su «ordinazione» piutto-
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sto che «acquistati» da tin operatore di catering. I pasti vengono successivamente consegnati in recipienti caldi chiusi o riscaldati in loco. E altresì essenziale per il cliente che tale fornitura di pasti avvenga in un momento preciso da lui fissato. Peraltro, le prestazioni di un operatore di catering possono comprendere elementi che consentono il consumo come la fornitura di stoviglie, di coperti, ovvero di mobili. Tali elementi, a differenza della semplice messa a disposizione di una rudimentale infrastnittura nei casi di stand o di chioschi-bar mobili e di cinema, presuppongono inoltre un certo intervento dell'uomo per portare, ritirare e, se del caso, pulire il materiale. Si deve pertanto ritenere che, salvo i casi in cui l'operatore di catering si limiti a consegnare pasti standardizzati senza alcun altro elemento di servizio supplementare o quando altre particolari circostanze dimostrino che la fornitura di vivande rappresenta l'elemento predominante dell'operazione, le attività dell'operatore di catering costituiscono prestazioni di servizi. A margine della sentenza della Corte, va ricordato che per la qualificazione delle attività di catering sono state introdotte precise definizioni con l'art. 6 del regolamento n. 282/2011 del 15 marzo 2011. Tale articolo, infatti, precisa che i servizi di ristorazione e catering consistono nella fornitura di cibi e/o bevande, preparati o non preparati, destinati al consumo umano, accompagnata da servizi di supporto sufficienti da permetterne il consumo immediato. La fornitura di cibi o bevande o di entrambi costituisce solo una componente dell'insieme in cui i servizi prevalgono ampiamente. Nel caso della ristorazione, tali servizi sono prestati nei locali del prestatore, mentre nel caso del catering sono prestati in locali diversi da quelli del prestatore. Lo stesso articolo precisa inoltre che non si considera servizio di ristorazione o di catering la fornitura di cibi preparati o non preparati o di bevande o di entrambi, con o senza trasporto, non accompagnata da altri servizi di supporto; in tal caso, quindi, l'operazione si deve qualificare come cessione di beni, rispetto alla quale l'eventuale sevizio di trasporto è meramente accessorio. 3.4 Cessione e adattamento di software La questione esaminata nella sentenza 27 ottobre 2005, C-41/04, mirava a chiarire se la fornitura di un programma standard elaborato e commercializzato da un fornitore e registrato su un supporto, e il successivo adattamento, a opera del fornitore, di tale programma alle esigenze specifiche dell'acquirente, dietro pagamento di prezzi separati, dovessero essere considerati due operazioni distinte o un'unica operazione e se, in quest'ultimo caso, l'unica operazione dovesse essere qualificata come cessione di beni o come prestazione di servizi. Dopo avere richiamato i criterii utili alla soluzione della questione, illustrati nel precedente paragrafo 2, la Corte ha osservato che finalità dell'operazione era quella di fornire al cliente un programma informatico funzionale specificamente adattato alle sue esigenze, sicché non si può ritenere, senza scadere nell'artificio, che il cliente abbia acquistato presso 10 stesso fornitore, dapprima, un programma preesistente che, allo stato di fatto, non presentava tuttavia alcuna utilità per la sua attività economica, e solo in un secondo tempo gli adattamenti occorrenti a conferire siffatta utilità al detto programma. La circostanza, messa in luce nella questione, che siano stati previsti contrattualmente prezzi distinti per la fornitura del programma standard, da un lato, e per l'adeguamento, dall'altro, non è in sé determinante. Siffatta circostanza non è, infatti, idonea a incidere sullo stretto nesso oggettivo riguardo a tale cessione e tale adattamento né sulla loro appartenenza ad un'unica operazione economica. Ne consegue che la fornitura del programma e 11 suo adattamento costituiscono, in linea di principio, un'unica operazione ai fini dell'Iva. Per qualificare tale operazione come prestazione di servizi, occorre individuarne gli elementi predominanti. Oltre all'importanza degli adattamenti del programma standard al fine di renderlo utile per le attività professionali esercitate dall'acquirente, anche la portata, la durata e il costo dei detti adattamenti costituiscono elementi pertinenti in proposito. In base a tali diversi criteri, sussiste un'unica prestazione di servizi, in quanto essi portano a ritenere che, lungi dal presentare un carattere minore o accessorio, gli adattamenti rivestano carattere predominante in ragione della loro importanza decisiva ai fini di consentire all'acquirente di utilizzare il programma adeguato alle sue esigenze specifiche. Tenuto conto di tutti questi elementi, la Corte ha quindi concluso che: • nel caso in cui due o più elementi o atti forniti da un soggetto passivo a un consumatore, considerato come consumatore medio, siano a tal punto strettamente connessi da formare, oggettivamente, sotto il profilo economico, un insieme la cui scomposizione avrebbe carattere artificiale, il complesso di tali elementi o di tali atti costituisce un'unica operazione ai fini dell'Iva; • ciò vale nel caso di un'operazione con la quale un soggetto passivo fornisca a un consumatore un programma standard in precedenza elaborato e commercializzato, registrato su un supporto, nonché il successivo adattamento di tale programma alle esigenze specifiche dell'acquirente, anche dietro pagamento di prezzi separati; • tale operazione unica deve essere qualificata come «prestazione di servizi» laddove risulti che l'adattamento considerato non sia di portata minore né accessoria, ma rivesta invece carattere predominante; questa ipotesi ricorre, in particolare, allorché, alla luce di elementi quali la sua ampiezza, il suo costo e la sua durata, tale adattamento rivesta un'importanza decisiva al fine di consentire l'uso di un programma su misura da parte dell'acquirente. 3.5 Fornitura e posa in opera di cavi per telecomunicazioni La questione esaminata nella sentenza 29 marzo 2007, C-111/05, mirava a chiarire se un'operazione
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di fornitura e di posa in opera di un cavo a fibre ottiche, che collega due stati membri e che è collocato in parte al di fuori del territorio della Comunità, nella quale il prezzo del cavo vero e proprio rappresenta una parte chiaramente preponderante dei costi totali, debba essere considerata come una cessione di beni. In via preliminare, osserva la Corte, occorre stabilire se, dal punto di vista dell'Iva, la fornitura e la posa in opera di un cavo, nelle circostanze esposte dal giudice del rinvio, debbano essere trattate come due operazioni imponibili distinte o come un'unica operazione composita, costituita da più elementi. Nella fattispecie, il contratto riguarda la cessione, dopo il completamento dell'installazione e la realizzazione di collaudi, di un cavo posto in opera e in grado di funzionare. Ne deriva che, da un lato, tutti gli elementi che compongono l'operazione di cui trattasi nella causa principale appaiono necessari alla sua realizzazione e che, dall'altro, essi sono strettamente connessi. Pertanto, non si può, senza scivolare nell'artificio, ritenere che il cliente acquisti inizialmente il cavo a fibre ottiche e, in seguito, dallo stesso fornitore, le prestazioni di servizi riguardanti la posa in opera dello stesso. Di conseguenza, la fornitura e la posa in opera di un cavo, nelle circostanze esposte dal giudice del rinvio, devono essere considerate come costituenti un'unica operazione ai fini dell'Iva. Per stabilire se tale unica operazione debba essere qualificata come cessione di beni o di prestazioni di servizi, occorre individuarne gli elementi predominanti Nella fattispecie, risulta che la posa in opera del cavo di cui alla causa principale richiede la realizzazione di procedimenti tecnicamente complessi, esige l'impiego di apparecchiature specializzate, necessita di conoscenze specifiche e, in un'operazione di tale portata, appare non solo indissociabile dalla fornitura del bene ma anche indispensabile all'impiego e allo sfruttamento successivi di tale bene. Ne consegue che la posa in opera di tale cavo non costituisce un mero elemento accessorio della fornitura. Tuttavia, si deve ancora stabilire, alla luce degli elementi che caratterizzano l'operazione di cui trattasi nella causa principale, se per qualificare l'operazione come cessione di beni oppure come prestazione di servizi debba prevalere la fornitura del cavo o la posa in opera di esso. A tale riguardo, occorre ricordare che si considera «cessione di bene» il trasferimento del potere di disporre di un bene materiale come proprietario. Secondo la giurisprudenza della Corte, dal testo di tale disposizione risulta che la nozione di cessione di un bene non si riferisce al trasferimento di proprietà nelle forme previste dal diritto nazionale vigente, bensì comprende qualsiasi operazione di trasferimento di un bene materiale effettuata da una parte che autorizza l'altra parte a disporre di fatto di tale bene come se ne fosse il proprietario. La finalità della direttiva potrebbe risultare compromessa qualora la constatazione della sussistenza di una cessione di beni, che è una delle tre operazioni imponibili, fosse soggetta alla realizzazione di condizioni che variano a seconda del diritto civile dello stato membro interessato. Dagli elementi forniti dal giudice del rinvio risulta che il contratto previsto riguarda un bene materiale, e cioè un cavo a fibre ottiche, acquistato e installato dal fornitore, e che, in seguito ai collaudi effettuati da quest'ultimo, è destinato ad essere trasferito al cliente, che potrà disporre di tale cavo come proprietario. La circostanza che la fornitura di tale cavo sia accompagnata dall'installazione non osta, in linea di principio, a che l'operazione rientri tra le cessioni di beni. Infatti, in primo luogo, risulta dall'art. 8, n. 1, lett. a), della sesta direttiva (ora artt. 31 e 32 della direttiva 112 del 2006) che un bene materiale può essere installato o montato, con o senza collaudo da parte del fornitore o per suo conto, senza che l'operazione perda necessariamente la sua qualifica di «cessione di un bene». In secondo luogo, tale disposizione non distingue tra le modalità di installazione, per cui l'incorporazione al suolo di un bene mobile non deve necessariamente rientrare nella nozione di « lavori immobiliari». Dalla decisione di rinvio risulta altresì che se la posa in opera del cavo di cui trattasi nella causa principale avviene in circostanze normali, il fatturato che il fornitore ricava dall'operazione è costituito, per la maggior parte, dal costo del cavo vero e proprio e del materiale residuo, che rappresenta dall'80 all'85% dell'importo totale di tale operazione, mentre se le condizioni sono sfavorevoli, per esempio a causa delle asperità del terreno, dello stato dei fondali marini, della necessità di allungare il cavo o dello scatenarsi di tempeste, la percentuale del costo del materiale rispetto al costo totale diminuisce. A tale riguardo, se è vero che il rapporto tra il prezzo del bene e quello dei servizi è un dato obiettivo che rappresenta un indice di cui si può tener conto nel qualificare l'operazione, è altrettanto vero che il costo del materiale e dei lavori non deve, da solo, assumere un'importanza decisiva. Per qualificare l'operazione prevista, occorre quindi esaminare anche l'importanza della prestazione di servizi rispetto alla fornitura del cavo. A tale proposito, anche se è indispensabile che il cavo sia istallato per poter essere utilizzato e anche se, a causa della distanza e dell'asperità del terreno, l'incorporazione del cavo al suolo presenta una notevole complessità e richiede mezzi rilevanti, non ne consegue tuttavia che la prestazione di servizi abbia un carattere prevalente sulla cessione del bene. Infatti, dalla descrizione delle clausole del contratto contenuta nella decisione di rinvio risulta che i lavori che dovevano essere compiuti dal fornitore si limitano alla posa in opera del cavo di cui trattasi nella causa principale e non hanno lo scopo o il risultato di alterare la natura del detto cavo e neppure quello di adattarlo ai bisogni specifici del cliente . In considerazione di tutti questi elementi, occorre risolvere la questione nel senso che un'operazione che riguarda la fornitura e la posa in opera di un
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cavo a fibre ottiche che collega due stati membri ed è collocato in parte fuori dal territorio della Comunità deve essere considerata come una cessione di beni, quando risulta che, in seguito ai collaudi eseguiti dal fornitore, il cavo sarà trasferito al cliente, che potrà disporne come proprietario, che il prezzo del cavo vero e proprio rappresenta una parte chiaramente preponderante del costo totale della detta operazione, e che i servizi del fornitore si limitano alla posa in opera del cavo, senza alterarne la natura e senza adattarlo alle esigenze specifiche del cliente. 3.6 Attività di reprografia La questione sollevata nel procedimento C-88/09 mirava a chiarire i criteri che consentono di stabilire se, ai fini dell'Iva, un'attività di reprografia debba essere considerata cessione di beni o prestazione di servizi. Nella sentenza dell'll febbraio 2010, dopo avere ricordato le definizioni di cessioni di beni e di prestazioni di servizi e i criteri individuati per stabilire l'oggetto dell'operazione, la Corte ha osservato che, nella fattispecie occorre accertare se, alla luce degli elementi caratteristici dell'operazione di cui trattasi, chi svolge un'attività di reprografia fornisca al cliente, considerato come consumatore medio, più prestazioni principali distinte o un'unica prestazione. L'oggetto economico dell'attività di reprografia di cui trattasi nella causa principale consiste nella riproduzione di un documento originale fornito dal cliente in un numero di esemplari più o meno elevato. In particolare, come risulta dagli atti, tale attività di reprografia non si limita alla riproduzione pura e semplice dei documenti originali, ma è accompagnata anche dalla scelta e dalla programmazione delle fotocopiatrici, nonché da lavori di assemblaggio, di rilegatura dei documenti e di riordino delle copie. Tutti gli elementi che compongono l'operazione risultano pertanto necessari ai fini dell'attività di reprografia e strettamente collegati tra loro. Per stabilire se un'unica operazione composita, come quella oggetto della causa principale, debba essere qualificata come cessione di beni o prestazione di servizi, occorre individuarne gli elementi predominanti. Al riguardo, una prestazione deve essere considerata accessoria ad una prestazione principale quando essa non costituisce per la clientela un fine a sé stante, bensì il mezzo per fruire nelle migliori condizioni del servizio principale offerto dal prestatore. Nelle circostanze di cui alla causa principale non si può contestare che il fine a sé stante dell'attività del reprografo risieda nella messa a disposizione della sua clientela delle copie dell'originale da essa anteriormente fornite, mentre le operazioni di assemblaggio e di riordino preventivo rispetto alla consegna delle copie costituiscono soltanto un mezzo di cui il reprografo può avvalersi affinchè la clientela possa fruire della sua prestazione nelle migliori condizioni. Detta attività da luogo, dunque, ad un'unica operazione economica indissociabile, la cui suddivisione risulterebbe artificiosa. Ciò considerato, occorre ricordare che un'attività, per essere qualificata come cessione di beni, deve rispondere ai criteri fissati all'art. 14 della direttiva 112 del 2006. Da una parte, quindi, tale attività deve avere ad oggetto un bene materiale. Nella causa principale, l'attività di reprografia sembra avere esattamente per oggetto la produzione di copie su un supporto come la carta. Dall'altra, secondo la medesima disposizione, il trasferimento del potere di disporre di un bene materiale come proprietario deve essere la conseguenza della sua cessione. Nella fattispecie, la consegna delle copie da parte del reprografo al cliente che le ha ordinate corrisponde al trasferimento del potere di disporne come proprietario, ai sensi dell'art. 5, n. 1, della sesta direttiva. Detto trasferimento riguarda, per l'esattezza, i supporti, ossia i fogli di carta su cui la riproduzione è stata effettuata, supporti di cui dispone il reprografo prima che la consegna al cliente venga effettuata. Infatti, dato che il cliente non è stato mai privo del potere di disporre del contenuto immateriale delle copie che risulta dall'originale che egli stesso fornisce, l'operazione conclusa con il reprografo riguarda esclusivamente i supporti che consentono la consegna delle copie. Di fatto, il prezzo fatturato dal reprografo per le copie realizzate è determinato tenendo conto non del valore intellettuale connesso all'originale, bensì delle caratteristiche tecniche delle copie da realizzare nonché del numero di esemplari ordinati. Risulta, pertanto, che nelle circostanze della causa principale l'attività di reprografia, come descritta dall'ordinanza di rinvio, corrisponda alle caratteristiche di una cessione di beni. Occorre, tuttavia, sottolineare che la qualificazione quale cessione di beni o prestazione di servizi di un'attività di reprografia come quella di cui trattasi nella causa principale deve tenere conto di tutte le circostanze in cui tale attività viene esercitata. In particolare, l'attività del reprografo può non limitarsi alla semplice riproduzione di un originale, ma accompagnarsi a diverse prestazioni di servizi complementari come la consulenza e l'adattamento, la modifica e l'alterazione dell'originale in funzione dei desideri del cliente, ai fini della produzione di copie che differiscono più o meno sensibilmente dal documento originale da esso inizialmente fornito. In tali circostanze, e alla luce dell'unicità della complessa operazione di reprografia, spetta al giudice del rinvio verificare se tali prestazioni, in funzione dell'importanza che rivestono per il cliente, dell'ampiezza del trattamento del documento originale fornito dal cliente, del tempo che l'esecuzione delle prestazioni richiede e della parte del costo totale che esse rappresentano, siano idonee ad essere considerate operazioni che, lungi dall'essere minori o accessorie, rivestano un carattere predominante rispetto alla cessione dei documenti riprodotti, in modo da costituire, al di là di tale semplice riproduzione, un fine a sé stante per il destinatario delle prestazioni. Occorre, conscguentemente, risolvere la questio-
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ne proposta dichiarando che l'attività di reprografia risponde alle caratteristiche di una cessione di beni laddove si limiti ad una semplice operazione di riproduzione di documenti su supporti, mentre il potere di disporre di questi ultimi viene trasferito dal reprografo al cliente che ha ordinato le copie dell'originale. Tale attività deve invece essere qualificata come «prestazione di servizi» quando risulta che essa si accompagna a prestazioni di servizi complementari idonee, alla luce dell'importanza che rivestono per il destinatario, del tempo che la loro esecuzione richiede, del trattamento di cui i documenti originali necessitano e della parte del costo totale che tali prestazioni di servizi rappresentano, a rivestire carattere predominante rispetto all'operazione di cessione dei beni, in modo tale da costituire un fine a sé stante per il loro destinatario. 3.7 Servizio di parcheggio veicolo e trasporto del passeggero Nell'ordinanza del 19 gennaio 2012, C-117/11, la Corte ha dichiarato che il servizio di parcheggio dell'autovettura nei pressi dell'aeroporto, accompagnato dal trasferimento del viaggiatore al terminal, dietro pagamento di un corrispettivo unico commisurato alla durata della sosta, costituisce una unica prestazione complessa agli effetti dell'Iva, nella quale è predominante la messa a disposizione del parcheggio. Il procedimento era stato promosso dai giudici del Regno Unito in relazione ad una controversia scaturita dalla domanda con la quale due società avevano chiesto il rimborso dell'Iva che avevano corrisposto, a loro avviso indebitamente, su servizi di trasporto di persone che avrebbero dovuto considerarsi esenti. Le società gestiscono diversi parcheggi situati nei pressi di vari aeroporti nazionali, in aree recintate e sottoposte a sorveglianza continua. I clienti consegnano l'autovettura ad un addetto, che provvede a parcheggiarla, e vengono poi accompagnati, con mezzi delle società, al terminal; al ritorno, vengono prelevati dal terminal con gli stessi mezzi e riportati nel parcheggio, dove ritirano l'auto pagando un corrispettivo calcolato in base alla tariffa giornaliera per la durata della sosta, comprensivo del trasferimento al terminal e indipendente dal numero dei viaggiatori. Fino al 2006 le società avevano pagato l'Iva, ma poi erano prevenute alla convinzione che le prestazioni di trasporto non dovessero assoggettarsi all'imposta, per cui chiedevano il rimborso dell'imposta. L'amministrazione respingeva però le richieste, sostenendo che i servizi di parcheggio e di trasporto costituivano un'unica prestazione di servizi imponibile. Ne scaturiva una controversia che il giudice nazionale decideva di sospendere per chiedere lumi sull'interpretazione della direttiva Iva alla Corte di giustizia. La Corte, nella citata ordinanza, ha ricordato in primo luogo i principi statuiti in materia, e cioè che ai fini Iva ciascuna prestazione deve essere considerata di regola come autonoma e indipendente; tuttavia, una transazione unica dal punto di vista economico non deve essere artificiosamente divisa. In determinate circostanze, inoltre, i vari servizi formalmente distinti, che potrebbero essere resi autonomamente e quindi dare origine, separatamente, ad imposizione o esenzione, devono essere considerati come un'unica operazione quando non sono indipendenti. Ciò si verifica quando uno o più elementi devono essere considerati come la prestazione principale, mentre altri devono essere considerati accessori, sottoposti come tali alla stessa disciplina della prestazione principale. In particolare, una prestazione deve essere considerata accessoria quando non costituisce per la clientela un fine a se stante, ma un mezzo per fruire nelle migliori condizioni del servizio principale reso dal prestatore. Vi è un'unica prestazione anche quando due o più elementi sono strettamente connessi da formare, oggettivamente, una sola prestazione economica indissociabile. Venendo alla fattispecie, è vero, scrive la Corte, che le due prestazioni possono essere fornite separatamente; questo però è tipico delle prestazioni composite. Dalle circostanze emerge che i servizi di parcheggio e di trasporto forniti dalle società costituiscono per i clienti una prestazione unica, nella quale l'elemento parcheggio è predominante, come dimostra anche la modalità di quantificazione del corrispettivo. Il servizio di trasporto è solo la conseguenza inevitabile del fatto che il parcheggio si trova ad una certa distanza dall'aeroporto e viene reso dalle società in modo da poter competere, nonostante la distanza, con il parcheggio interno all'aeroporto. 3.8 Gestione patrimoniale Nella sentenza 19 luglio 2012, C-44/11, la Corte ha dichiarato che l'attività di gestione di portafoglio individuale costituisce una prestazione complessa che non comprende solo il servizio di negoziazione di titoli dell'investitore, di per sé esente dall'imposta, ma anche servizi di analisi e custodia del patrimonio inscindibili dal primo e non riconducibili nell'alveo dell'esenzione. Tale attività, pertanto, è imponibile. Nel procedimento, promosso nell'ambito di una controversia che oppone la Deutsche bank e il fisco tedesco, la Corte era chiamata a decidere se l'esenzione prevista, nell'ordinamento comunitario, dall'art. 135 della direttiva Iva, che riguarda, tra l'altro, le operazioni, compresa la negoziazione ma eccettuate la custodia e la gestione, relative ad azioni, quote sociali, obbligazioni e altri titoli, a esclusione dei titoli rappresentativi di merci e dei diritti o titoli assimilati a beni immobili, nonché la gestione di fondi comuni d'investimento, potesse applicarsi all'attività di gestione di portafoglio individuale, che si compone di vari elementi. Dovendo in primo luogo accertare la portata dell'operazione, ossia se si tratti di più servizi distinti oppure di un'unica prestazione e se, in tale seconda ipotesi, possa identificarsi una prestazione principale alla quale fare riferimento per l'individuazione del regime Iva, la Corte ha ricordato che si è in presenza di una prestazione unica anche
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quando due o più elementi o atti forniti dal soggetto passivo al consumatore medio sono così strettamente connessi da formare, oggettivamente, una sola prestazione indissociabile, la cui scomposizione avrebbe carattere artificiale. Queste caratteristiche sussistono nel caso dell'attività di gestione di portafoglio, nella quale si combinano una prestazione di analisi e di custodia del patrimonio del cliente investitore e una prestazione di acquisto e di vendita di titoli. Anche se i due elementi possono essere forniti separatamente, l'investitore medio, nell'ambito di una prestazione di gestione di portafoglio quale quella in esame, intende acquistare proprio la combinazione dei due elementi i quali, pertanto, sono non soltanto inscindibili, ma sullo stesso piano, in quanto indispensabili entrambi per la realizzazione della prestazione complessa. Stabilito quindi che l'attività di gestione di portafoglio è un'unica operazione economica complessa, la Corte ha affrontato poi la questione se tale operazione sia riconducibile nella norma di esenzione sopra richiamata. In proposito, ha escluso anzitutto che l'attività possa essere qualificata come « gestione di fondi comuni d'investimento», nozione che si riferisce all'investimento collettivo dei capitali raccolti presso il pubblico gestiti in proprio nome e per proprio conto dalla società, mentre la gestione di portafoglio riguarda gli attivi di una singola persona, che resta proprietaria dei titoli acquistati dal gestore. Quanto all'esenzione prevista per le operazioni relative alle azioni e agli altri titoli, la Corte ricorda che tale nozione si riferisce alle operazioni che possono creare, modificare o estinguere i diritti e gli obblighi delle parti relativi a titoli. Questo accade nell'attività di negoziazione, che però è solo uno degli elementi della gestione di portafoglio; l'altro, come detto, è costituito dalle prestazioni di analisi e di custodia del patrimonio del cliente investitore, elemento non presenta le caratteristiche di cui sopra. Di conseguenza, alla luce del principio di interpretazione restrittiva delle esenzioni, l'attività in esame non può, nel suo complesso, rientrare tra le operazioni esenti dall'Iva. A seguito della sentenza in esame, nell'ordinamento nazionale è stato modificato l'art. 10, n. 4), del dpr 633/72, al fine di escludere dall'esenzione ivi prevista per le operazioni finanziarie, a decorrere dal 1° gennaio 2013, il servizio di gestione individuale di portafogli. 3.9 Locazione di immobile e servizi accèssori Nella sentenza 27 settembre 2012, causa C-392/11, la Corte ha dichiarato che un contratto di locazione di immobili che preveda anche la fornitura al locatario di acqua, energia elettrica, copertura assicurativa, servizi condominiali, può configurarsi ai fini Iva come un'unica operazione, avente ad oggetto la locazione del bene e seguire, quindi, il regime proprio della prestazione principale, se in tal senso depone l'insieme delle circostanze. Pertanto, se la locazione è esente dall'imposta, lo stesso trattamento si applica ai corrispettivi specificamente addebitati per gli altri servizi forniti. La questione era stata sollevata in relazione al trattamento Iva applicabile ad un contratto di locazione di uffici che prevedeva, quale corrispettivo, tre distinti canoni relativi: • all'occupazione dei locali; • alla quota parte dei costi di assicurazione dell'immobile; • alle prestazioni di servizi che, per contratto, venivano obbligatoriamente fornite dal locatore, e consistenti nella fornitura di acqua e del riscaldamento, nelle riparazioni di strutture e di macchinarii dell'immobile (ascensori), nella pulizia delle parti comuni e nel portierato. Il contratto prevedeva espressamente che, in caso di mancato pagamento delle tre tipologie di canoni, il locatore potesse risolvere il rapporto. Alla Corte era stato chiesto di chiarire se, in tali circostanze, la normativa comunitaria debba interpretarsi nel senso che la locazione dell'immobile e le prestazioni di servizi collegati costituiscono una prestazione unica, interamente esente dall'Iva, oppure diverse prestazioni indipendenti, da assoggettare al regime Iva proprio di ciascuna di esse. Nella sentenza, la Corte ribadisce anzitutto che nel sistema dell'Iva ciascuna prestazione deve essere normalmente considerata distinta e indipendente. Tuttavia, quando un'operazione comprende più elementi, si pone la questione se debba essere considerata unitariamente oppure costituita da diverse prestazioni distinte e indipendenti. Una prestazione deve essere considerata unica quando due o più elementi che la compongono sono così strettamente collegati da formare, oggettivamente, un'unica prestazione economica indissociabile, la cui scomposizione avrebbe carattere artificiale, nonché nell'ipotesi in cui una o più prestazioni costituiscano la prestazione principale, mentre l'altra o le altre prestazioni hanno carattere accessorio. Una prestazione è accessoria quando non costituisce per la clientela un fine a sé stante, bensì il mezzo per fruire al meglio del servizio principale offerto dal prestatore. Nell'effettuare l'analisi, il giudice nazionale deve prendere in considerazione l'insieme delle circostanze. Ciò premesso, al fine di fornire elementi utili di valutazione, la Corte ha osservato che, nella fattispecie, il contratto di locazione prevede, oltre all'affitto dei locali, un certo numero di prestazioni di servizi dal locatore, in cambio di specifici canoni, il mancato pagamento dei quali può portare alla risoluzione del contratto. Per stabilire se si tratta di una prestazione unica, un indizio importante è il contenuto del contratto, che, nella fattispecie, riguarda non solo il diritto di occupare i locali, ma anche le altre prestazioni, designando così una prestazione unica tra il locatore e il locatario. Servizi collegati quali quelli in esame possono oggettivamente costituire una prestazione unica, perché non rappresentano un fine a sé stante per il locatario, ma costituiscono piuttosto il mezzo per fruire, nelle migliori condizioni, della prestazione principale, cioè della locazione dell'immobile. Il fatto che tali servizi non rientrano necessaria-
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mente nella locazione immobiliare non esclude che possano costituire prestazioni ad essa accessorie o indissociabili. L'avvenuta inclusione dei servizi nel contratto di locazione, inoltre, milita a favore dell'esistenza di una prestazione unica, anche se tale elemento non può essere di per sé determinante: un collegamento artificioso con la prestazione principale, infatti, non sarebbe idoneo a qualificare una operazione unica. Nella fattispecie, però, tale collegamento non pare artificioso, in quanto i sevizi erogati dal fornitore non costituiscono uno scopo a se stante per il locatario. 3.10 Fornitura al locatario di un immobile di beni e servizi collegati Nella sentenza 16 aprile 2015, causa C-42/14, la Corte ha dichiarato che i beni e servizi collegati all'uso dell'immobile, quali energia elettrica, acqua, riscaldamento, rimozione rifiuti, forniti dal locatore al conduttore, sono in via di principio operazioni distinte rispetto alla locazione, da assoggettare autonomamente all'Iva. Tuttavia, occorre verificare caso per caso le circostanze concrete, potendo anche ravvisarsi un'unica operazione con la messa a disposizione dell'immobile; questa ipotesi ricorre, per esempio, «nella locazione di uffici chiavi in mano, pronti ad entrare in funzione con la fornitura delle utenze... e nella locazione di beni immobili per periodi brevi... offerta con tali prestazioni senza che queste ultime ne possano essere separate.» Le questioni erano state sollevate dai giudici polacchi in relazione ad una controversia fiscale riguardante una società incaricata della gestione degli immobili statali, che nell'ambito della locazione dei beni procedeva a rifatturare ai locatarii, come da contratto, i costi della fornitura delle utenze acquistate a proprio nome, quali l'elettricità, il riscaldamento e l'acqua, nonché il servizio di raccolta dei rifiuti, con applicazione delle diverse aliquote Iva previste. Al riguardo, i giudici hanno chiesto alla Corte di chiarire se la direttiva Iva debba essere interpretata nel senso che, in tale ipotesi, si configura una cessione, effettuata dal locatore, di energia elettrica e di riscaldamento, di acqua, nonché la prestazione di servizi di raccolta dei rifiuti, a favore del conduttore e, in caso positivo, se le somme addebitate al locatore concorrano alla base imponibile del servizio di locazione o si tratti di operazioni distinte e autonome. Sulla prima questione, la Corte ha osservato che nella fattispecie, a differenza di altri casi sottoposti al proprio giudizio, la fornitura di elettricità, di riscaldamento e di acqua, nonché la raccolta dei rifiuti, cui provvedano operatori terzi a favore del conduttore che utilizza direttamente tali beni e servizi, devono essere considerate prestate dal locatore che abbia concluso i contratti con i fornitori e si limita a trasferirne i costi al conduttore. Quanto alla questione se ricorrano più operazioni distinte oppure un'unica operazione, la Corte ricorda che ai fini Iva ciascuna prestazione deve essere normalmente considerata distinta e indipendente. Tuttavia, più prestazioni formalmente distinte, che potrebbero essere fornite separatamente e dar così luogo, separatamente, a imposizione o a esenzione, devono essere considerate come un'unica operazione quando non sono indipendenti, in quanto i vari elementi sono strettamente connessi da formare, oggettivamente, una sola prestazione economica indissociabile, o in quanto si configura una operazione principale, rispetto alla quale le altre hanno carattere accessorio. Per stabilire quale ipotesi ricorra, occorre individuare gli elementi caratteristici dell'operazione, tenendo conto di tutte le circostanze. In primo luogo, se il conduttore può scegliere il prestatore del servizio o le modalità di utilizzo dei beni o servizi, in particolare se può decidere dei propri consumi, verificabili attraverso contatori individuali e fatturati in tale misura, le prestazioni relative a questi beni o servizi possono, in linea di principio, essere considerate distinte dalla locazione, indipendentemente dal fatto che il mancato pagamento consenta al locatore di risolvere il contratto. In secondo luogo, se l'immobile offerto in locazione appare obiettivamente, dal punto di vista economico, formare un tutt'uno con le prestazioni che lo accompagnano, queste ultime possono essere considerate costitutive di una prestazione unica con la locazione. Ciò può accadere, in particolare, nella locazione di uffici chiavi in mano, pronti ad entrare in funzione con la fornitura delle utenze e di talune altre prestazioni, e nella locazione di beni immobili per periodi brevi, in particolare per le vacanze o per ragioni professionali, offerta con tali prestazioni senza che queste ultime ne possano essere separate. Ciò a maggior ragione quando il locatore, a sua volta, non ha la facoltà di scegliere liberamente e indipendentemente da altri locatori, i prestatori e le modalità di utilizzo dei beni o servizi che accompagnano la locazione, come nel caso dei servizi condominiali. 3.11 Leasing veicolo e copertura assicurativa Non si configura un'unica operazione nel caso della locazione finanziaria di un veicolo, accompagnata dalla fornitura della copertura assicurativa sul bene stesso, acquistata dal locatore presso una compagnia di assicurazione. Secondo la sentenza del 17 gennaio 2013, causa C-224/11, in questo caso il locatore non fornisce all'utilizzatore un unico servizio complesso, ma due distinti servizi. Dopo avere richiamato i criteri per stabilire la portata dell'operazione, nel caso specifico la Corte ha osservato che, in linea di principio, un contratto di leasing e la fornitura di un'assicurazione relativa al bene che ne forma oggetto non possono essere considerati così strettamente connessi da costituire un'operazione unica; considerare separatamente tali prestazioni non costituisce, di per sé, una scomposizione artificiosa. Né si può dire che il servizio assicurativo sia accessorio alla locazione del bene: posto, infatti, che una prestazione
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è considerata accessoria ad una principale quando costituisce per la clientela non un fine in sé, ma il mezzo per fruire nelle migliori condizioni del servizio principale offerto dal prestatore, la copertura assicurativa costituisce per l'utilizzatore un fine in sé e non il mezzo per fruire del servizio nelle migliori condizioni. Pertanto, la fornitura dell'assicurazione relativa a un bene oggetto di leasing e la prestazione di servizi consistente nel leasing stesso devono essere considerate, in linea di principio, come prestazioni di servizi distinte e indipendenti. È comunque compito del giudice nazionale stabilire se, in base alle circostanze concrete, le operazioni siano oppure no connesse tra loro a tal punto da dover essere considerate come una prestazione unica. In merito al trattamento da applicare alla copertura assicurativa nell'ipotesi in cui le due prestazioni dovessero essere considerate prestazioni distinte, la Corte ha osservato che il principio di neutralità non permette che beni o prestazioni di servizi simili, che si trovano quindi in concorrenza fra loro, siano trattati in modo diverso ai fini dell'Iva. Pertanto, le prestazioni di assicurazione relative al bene oggetto del leasing, il cui proprietario rimane il concedente, non possono essere trattate diversamente a seconda che siano fornite direttamente all'utilizzatore da una compagnia di assicurazione oppure che quest'ultimo ottenga la copertura assicurativa per il tramite del concedente, il quale la ottenga presso un assicuratore, fatturandone a sua volta all'utilizzatore il costo per lo stesso importo. Questo ragionamento, puntualizza però la Corte, vale solo se il concedente fattura all'utilizzatore il costo esatto dell'assicurazione, e non se l'importo fatturato all'utilizzatore è superiore a quello fatturato al concedente dall'assicuratore. Invero, tale ultima affermazione meriterebbe di essere chiarita con qualche spiegazione che la sentenza non concede, atteso che, come statuito altrove dalla Corte (sentenza 14 luglio 2011, C-464/10), una determinata prestazione di servizi non muta la propria natura nel caso in cui formi oggetto di trasferimento dal mandante al mandatario o dal mandatario al mandante, in esecuzione di un mandato senza rappresentanza. 3.12 II leasing come cessione di beni Nella sentenza 2 luglio 2015, causa C-209/14, la Corte ha dichiarato che qualora un contratto di leasing immobiliare preveda il trasferimento di proprietà al conduttore alla scadenza, oppure che il conduttore disponga delle caratteristiche essenziali della proprietà del bene, in quanto gli venga trasferita la maggior parte dei rischi e benefici inerenti alla proprietà e la somma delle rate, interessi inclusi, sia praticamente identica al valore venale del bene, l'operazione deve essere equiparata, ai fini Iva, a un acquisto di un bene di investimento. La questione sollevata dai giudici nazionali, così come riformulata dalla Corte, mirava a stabilire se gli articoli 2, paragrafo 1,14 e 24, paragrafo 1, della direttiva 2006/112/Ce debbano essere interpretati nel senso che una prestazione di leasing come quella di cui trattasi nel procedimento principale costituisce un'operazione di cessione di beni o una prestazione di servizi ai sensi di tali disposizioni. Dopo avere richiamato il contenuto delle disposizioni di riferimento, la Corte ha osservato che il contratto di locazione semplice deve essere distinto dal contratto di leasing finanziario, essendo quest'ultimo caratterizzato dal trasferimento al conduttore della maggior parte dei rischi e benefici inerenti alla proprietà legale. Il fatto che un trasferimento di proprietà sia previsto al termine del contratto, oppure il fatto che la somma delle rate, interessi inclusi, sia praticamente identica al valore venale del bene costituiscono, individualmente o congiuntamente, criterii che consentono di determinare se un contratto possa essere qualificato come contratto di leasing finanziario. Inoltre, la nozione di cessione di beni non si riferisce al trasferimento di proprietà nelle forme previste dal diritto nazionale, ma è una nozione propria del diritto comunitario che comprende qualsiasi operazione di trasferimento di un bene materiale effettuata da una parte che autorizza l'altra parte a disporre di fatto di tale bene come se ne fosse il proprietario. Posto ciò, nell'ipotesi in cui il contratto di leasing relativo a un immobile preveda (I) o il trasferimento di proprietà al conduttore alla scadenza di tale contratto, (II) o che il conduttore disponga delle caratteristiche essenziali della proprietà di detto immobile, segnatamente che gli venga trasferita la maggior parte dei rischi e benefici inerenti alla proprietà legale di quest'ultimo e che la somma delle rate, interessi inclusi, sia praticamente identica al valore venale del bene, l'operazione deve essere equiparata a un'operazione di acquisto di un bene di investimento. Va osservato che analoga statuizione era stata resa dalla Corte, in relazione ad un contratto di leasing di un veicolo, con la sentenza 16 febbraio 2012, C-118/11. Nell'occasione, la Corte ha riconosciuto preliminarmente che la locazione di un autoveicolo, non consistendo in una cessione di beni, in linea di principio deve essere qualificata come prestazione di servizi agli effetti dell'Iva. Tuttavia, la locazione in base a contratto di leasing può presentare caratteristiche equiparabili all'acquisto del bene, anche al di fuori della previsione dell'art. 14, par. 2, lett. b) della direttiva Iva, che qualifica espressamente come «cessione» la consegna materiale di un bene in forza di un contratto che prevede la locazione di tale bene per un determinato periodo, accompagnata dalla clausola secondo cui la proprietà è normalmente acquisita al più tardi all'atto del pagamento dell'ultima rata. Infatti, anche se nel leasing non si verifica necessariamente l'acquisto del bene, avendo il locatore la mera facoltà di riscatto, lo Ias 17 distingue il contratto di locazione semplice da quello di leasing, il quale è caratterizzato dal trasferimento al locatario della maggior parte dei rischi e benefici inerenti alla proprietà legale. Pertanto, posto che la nozione di cessione di beni non si riferisce al trasferimento della proprietà nelle forme del diritto nazionale, la Corte conclu-
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de che qualora il contratto di leasing preveda o il trasferimento di proprietà del bene al locatario alla scadenza, oppure che il locatario disponga delle caratteristiche essenziali della proprietà del bene, ossia che gli venga trasferita la maggior parte dei rischi e benefici inerenti alla proprietà legale e che la somma delle rate, interessi inclusi, sia praticamente identica al valore venale del bene, l'operazione deve essere equiparata all'acquisto di un bene di investimento. La questione in esame è molto delicata e meriterebbe un chiarimento definitivo e generale, stanti le rilevanti conseguenze che possono derivare dalla qualificazione di un'operazione del genere come cessione di beni, anziché come prestazione di servizi (qual è ritenuto il contratto di locazione finanziaria). Peraltro la stessa Corte, in altra occasione, seppure in un differente contesto, nulla ha eccepito in ordine alla qualificazione come prestazione di servizi di un contratto di locazione finanziaria, pronunciandosi per l'inesistenza di una situazione abusiva in relazione ad un caso di «aggiramento» dell'imposizione Iva, in un'operazione transfrontaliera, causato proprio dalla differente qualificazione della locazione finanziaria da parte di due stati membri diversi: come cessione di beni in un paese e come prestazione di servizi nell'altro (cfr. la sentenza C-277/09 del 22 dicembre 2010). 3.13 Gestione complesso polivalente Nella sentenza 21 febbraio 2013, C-18/12, la Corte ha dichiarato che il complesso polivalente gestito da un ente pubblico che, a fronte di un unico biglietto d'ingresso, mette a disposizione, oltre agli impianti per la pratica sportiva, strutture ricreative, fornisce un'unica prestazione complessa che può fruire dell'esenzione dall'Iva. Le questioni, concernenti l'interpretazione dell'art. 132, paragrafo 1, lettera m), della direttiva Iva, secondo cui gli stati membri esentano dall'imposta «talune prestazioni di servizi strettamente connesse con la pratica dello sport o dell'educazione fisica, fornite da organismi senza fini di lucro alle persone che esercitano lo sport o l'educazione fisica», erano state sollevate dai giudici della repubblica Ceca. La controversia verteva sul trattamento delle prestazioni consistenti nella messa a disposizione da parte del comune, dietro pagamento di un biglietto d'ingresso, di un parco acquatico dotato di una piscina suddivisa in varie corsie e provvista di trampolini, di una vasca da gioco per bambini, di gommoni acquatici, di una vasca per idromassaggi, di una piscina-fiume naturale, di un campo da beach volley, di spazi per ping-pong, nonché di attrezzature sportive offerte in noleggio. In particolare, i giudici chiedevano alla Corte di giustizia di chiarire se attività sportive non organizzate, non sistematiche e ricreative, che possono essere svolte con tali modalità nel complesso di una piscina all'aperto, quali nuoto ricreativo, giochi a fini ricreativi ecc., possano essere considerate pratica dello sport o dell'educazione fisica ai sensi della disposizione della direttiva sopra richiamata e se, in caso affermativo, la fornitura a titolo oneroso dell'ac cesso a un complesso come quello descritto, che offra ai visitatori la possibilità di praticare attività sportive, nonché altri tipi di ricreazione e di distensione, debba essere considerata quale servizio strettamente connesso con la pratica dello sport o dell'educazione fisica e, quindi, esente dall'Iva, qualora tali servizi siano resi da un organismo senza fini di lucro. Nella sentenza, la Corte ha osservato che la disposizione in esame mira a favorire, attraverso l'esenzione dall'Iva, lo sport e l'educazione fisica in generale, e non solo alcune pratiche sportive. Inoltre non è necessario che l'attività sportiva sia praticata ad un determinato livello, purché non si tratti di attività svolte in un contesto puramente distensivo e ricreativo. La prima questione va quindi risolta nel senso che attività sportive non organizzate, non sistematiche e non finalizzate alla partecipazione a competizioni sportive, possono essere considerate pratica sportiva ai fini Iva. Sulla seconda questione, che mirava ad accertare se nel caso di specie si tratti di un'unica prestazione complessa, la Corte ha osservato che il fatto che l'unico tipo di biglietto d'ingresso al parco acquatico da accesso a tutte le installazioni, a prescindere da quella effettivamente utilizzata, dalle modalità e dalla durata del suo utilizzo durante il periodo di validità del biglietto medesimo, costituisce un indizio importante dell'esistenza di un'unica prestazione indissociabile. L'elemento predominante di tale prestazione complessa potrebbe essere qualificabile come prestazione di servizi strettamente connessa con la pratica sportiva; questa valutazione spetta però al giudice nazionale, che dovrà basarsi su tutte le circostanze oggettive. 3.14 Affitto di uno stadio La questione posta nel procedimento pregiudiziale C-55/14 mirava a chiarire se la concessione a titolo oneroso della disponibilità di uno stadio di calcio sulla base di un contratto che riservi taluni diritti e prerogative al proprietario e preveda la prestazione, da parte di quest'ultimo, di una serie di servizi, segnatamente servizi di manutenzione, di pulizia e di messa a norma, rappresentanti l'80% del corrispettivo contrattualmente previsto, fosse qualificabile come «locazione di beni immobili» ai sensi dell'art. 13 della sesta direttiva, che esenta dall'Iva tale operazione. Nella sentenza del 22 gennaio 2015, la Corte ha osservato anzitutto che l'elemento decisivo è la natura oggettiva dell'operazione, a prescindere dalla qualificazione che le parti ne danno, e che si ha locazione di un bene immobile, ai sensi della disposizione in esame, quando il proprietario di un bene immobile abbia ceduto al locatario, in cambio di un canone e per una durata convenuta, il diritto di occupare tale bene e di escluderne altre persone. Per quanto riguarda la qualificazione dell'utilizzazione di impianti sportivi, poi, la Corte ricorda di avere già rilevato che le prestazioni connesse alla pratica dello sport e dell'educazione fisica devono, per quanto possibile, essere considerate nel loro complesso. La locazione di un terreno da golf, per esempio, implica non solo la messa a disposizione
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passiva di un terreno, ma anche un gran numero di attività commerciali, quali la supervisione, la gestione e l'assistenza costante da parte del prestatore nonché la messa a disposizione di altri impianti, sicché la locazione del campo non costituisce, in assenza di circostanze del tutto particolari, la prestazione principale. Vero è che le circostanze del procedimento principale sono diverse, poiché in primo luogo si parla di un'utilizzazione collettiva degli impianti da parte di una squadra e non di un accesso individuale dei giocatori; inoltre, tale utilizzazione è ripetuta e prolungata nel tempo e, in linea di principio, esclusiva nei giorni convenuti; in terzo luogo, le funzioni e le prerogative della società locatrice sembrano, in parte, necessitate da esigenze inerenti alla gestione, a fini locativi, di impianti sportivi idonei ad accogliere un largo ventaglio di formazioni e di persone. Nondimeno, non emergono circostanze del tutto particolari che consentano di ritenere che l'utilizzazione del campo di calcio costituisca la prestazione preponderante dell'operazione, caratterizzandola quale locazione di un bene immobile. Nelle circostanze del caso, sembra trattarsi della prestazione di un servizio più complesso di accesso agli impianti sportivi, ove la locatrice si occupa della supervisione, della gestione, della manutenzione e della pulizia degli impianti medesimi. La supervisione, con il controllo degli accessi, implica una presenza permanente e un ruolo attivo della locatrice, diversamente da quanto avviene nella mera locazione di immobili. I vari servizi di gestione, di manutenzione e di pulizia, poi, sembrano essere, per la maggior parte, effettivamente necessari per garantire che gli impianti in questione siano idonei all'utilizzazione cui sono destinati, vale a dire per manifestazioni sportive. Si deve quindi ritenere che gli impianti sportivi necessari a tal fine vengano messi a disposizione della locataria, grazie ai servizi di manutenzione e di messa a norma proposti, in uno stato tale da garantire la loro utilizzazione ai fini convenuti e che l'accesso agli impianti medesimi a tale precipuo scopo costituisca la prestazione caratteristica dell'operazione oggetto del procedimento principale. Anche il valore economico dei vari servizi prestati, che rappresentano l'80% del corrispettivo contrattualmente previsto, costituisce un indizio per qualificare un'operazione oggetto del procedimento principale complessivamente quale prestazione di servizi anziché quale locazione di beni immobili. Per quanto attiene, infine, alla durata del godimento del bene, che costituisce un elemento essenziale del contratto di locazione, la Corte ha già precisato che, per quanto attiene a un campo da golf, tale durata può essere limitata; d'altro canto, tale godimento non può, in linea di principio, avere carattere solamente occasionale e temporaneo. Alla luce delle circostanze della causa principale, la durata del godimento specificata nel contratto di messa a disposizione verte su un massimo di 18 giornate calcistiche, durata che, a priori, non è trascurabile. Occorre però valutare se, alla luce di tutte le circostanze, non occorra piuttosto qualificare il godimento convenuto come occasionale e temporaneo, cosa che costituirebbe un indizio ulteriore per ritenere che l'operazione oggetto del procedimento principale debba essere complessivamente qualificata come prestazione di servizi anziché come locazione di un bene immobile. La Corte ha quindi concluso che l'art. 13, parte B, lettera b), della sesta direttiva, deve essere interpretato nel senso che la concessione, a titolo oneroso, della disponibilità di uno stadio di calcio sulla base di un contratto che riservi taluni diritti e prerogative al proprietario e preveda la prestazione, da parte di quest'ultimo, di una serie di servizi, segnatamente di servizi di manutenzione, di pulizia e di messa a norma che rappresentino l'80% del corrispettivo contrattualmente previsto, non costituisce, in linea di principio, una «locazione di beni immobili»; spetta comunque al giudice del rinvio procedere a tale valutazione.
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La vendita di popcorn, «tortilla chips» ecc. nei cinema si caratterizza per la cessione di vivande o di pasti pronti per il consumo immediato, poiché la loro preparazione sommaria e standardizzata è intrinsecamente ad essi collegata e poiché la messa a disposizione di infrastrutture rudimentali per il consumo in loco riveste carattere puramente accessorio e secondario. Lo stesso vale per la vendita in veicoli o in chioschi di ristorazione di salsicce, di patate fritte e di altri alimenti pronti per essere immediatamente consumati caldi. Le attività dell'operatore di catering costituiscono prestazioni di servizi, salvo i casi in cui l'operatore si limiti a consegnare pasti standardizzati senza alcun altro elemento di servizio supplementare, oppure quando altre particolari circostanze dimostrino che la fornitura di vivande rappresenta l'elemento predominante dell'operazione. La somministrazione di bevande alcoliche nell'ambito di un'attività di ristorazione è caratterizzata da un insieme di elementi e di atti dei quali la cessione del bene rappresenta una semplice componente, mentre predominano i servizi. L'attività di ristorazione è caratterizzata da una serie di elementi e di atti, dei quali la cessione di cibi è soltanto una parte e nel cui ambito predominano ampiamente i servizi, sicché, ha concluso la Corte, deve essere considerata come prestazione di servizi. Vendita di alimenti nei cinema e nei chioschi (sentenza 10/3/2011, C-497/09) Attività di catering (sentenza 10/3/2011, C-497/09) Somministrazione di bevande (sentenza 10 marzo 2005, C-491/03) Ristorazione (sentenza 2 giugno 1996, C-231/94) NATURA DELL'OPERAZIONE: SINTESI DELLE QUESTIONI RISOLTE liCÛMKÏNBmDimREX'flPE^ NATURA DELL'OPERAZIONE: SINTESI DELLE QUESTIONI RISOLTE Ristorazione (sentenza 2 giugno 1996, C-231/94) Somministrazione di bevande (sentenza 10 marzo 2005, C-491/03) Attività di catering (sentenza 10/3/2011, C-497/09) Vendita di alimenti nei cinema e nei chioschi (sentenza 10/3/2011, C-497/09) Fornitura di software adattato (sentenza 27 ottobre 2005, C-41/04) NATURA DELL'OPERAZIONE: SINTESI DELLE QUESTIONI RISOLTE Ristoraz Fornitura e posa di cavo sottomarino (sentenza 29 marzo 2007, C-111/05) one (sentenza 2 giugno 1996, C-231/94) Somministrazione di bevande (se Riproduzione di documenti (sentenzall febbraio 2010, C-88/09) tenza 10 marzo 2005, C-491/03) Attività di catering (sentenz Parcheggio auto e trasporto passeggeri (ordinanza 19 gennaio 2012, C-117/11) 10/3/2011, C-497/09) Vendita di alimenti nei cinema e nei chioschi (senten L'attività di ristorazione è caratterizzata da una serie di elementi e di atti, dei quali la cessione di cibi è soltanto una parte e nel cui ambito predominano ampiamente i servizi, sicché, ha concluso la Corte, deve essere considerata come prestazione di servizi. La somministrazione di bevande alcoliche nell'ambito di un'attività di ristorazione è caratterizzata da un insieme di elementi e di atti dei quali la cessione del bene rappresenta una semplice componente, mentre predominano i servizi. Le attività dell'operatore di catering costituiscono prestazioni di servizi, salvo i casi in cui l'operatore si limiti a consegnare pasti standardizzati senza alcun altro elemento di servizio supplementare, oppure quando altre particolari circostanze dimostrino che la fornitura di vivande rappresenta l'elemento predominante dell'operazione. La vendita di popcorn, «tortilla chips» ecc. nei cinema si caratterizza per la cessione di vivande o di pasti pronti per il consumo immediato, poiché la loro preparazione sommaria e standardizzata è intrinsecamente ad essi collegata e poiché la messa a disposizione di infrastrutture rudimentali per il consumo in loco riveste carattere puramente accessorio e secondario. Lo stesso vale per la vendita in veicoli o in chioschi di ristorazione di salsicce, di patate fritte e di altri alimenti pronti per essere immediatamente consumati caldi. La fornitura di un software adattato alle esigenze del cliente deve essere qualificata come prestazione di servizi laddove risulti che l'adattamento non sia di portata minore né accessoria, ma rivesta invece carattere predominante. za 10/3/2011, C-497/09) Fornitura di software adattato (sentenza 27 ottobre 2005, C-41/04) NATURA DELL'OPERAZIONE: SINTESI DELLE QUESTIONI RISOLTE Ristoraz Fornitura e posa di cavo sottomarino (sentenza 29 marzo 2007, C-111/05) o L'operazione di fornitura e posa in opera di un cavo a fibre ottiche che collega due stati membri deve essere considerata come una cessione di beni quando risulta che, dopo il collaudo, il cavo sarà trasferito al cliente, che il prezzo del cavo vero e proprio rappresenta una parte preponderante del costo totale e che i servizi del fornitore si limitano alla posa in opera, senza alterare la natura del cavo e senza adattarlo alle esigenze specifiche del cliente. e (sentenza 2 giugno 1996, C-231/94) Somministrazione di bevande (se Riproduzione di documenti (sentenzall febbraio 2010, C-88/09) tenza 10 marzo 2005, C-491/03) Attività di catering (sentenz Parcheggio auto e trasporto passeggeri (ordinanza 19 gennaio 2012, C-117/11) 10/3/2011, C-497/09) Vendita di alimenti nei cinema e nei chioschi (senten L'attività di ristorazione è caratterizzata da una serie di elementi e di atti, dei quali la cessione di cibi è solt L'attività di reprografia risponde alle caratteristiche di una cessione di beni laddove si limiti ad una semplice operazione di riproduzione di documenti su supporti, mentre il potere di disporre di questi ultimi viene trasferito dal reprografo al cliente che ha ordinato le copie dell'originale. nto una parte e nel cui ambito predominano ampiamente i servizi, sicché, ha concluso la Corte, deve essere considerata come prestazione di servizi. La somministrazione di bevande alcoliche nell'ambito di un'attività di ristorazione è caratterizzata da un insieme di elementi e di atti dei quali I servizi di parcheggio di autoveicoli e di trasporto dei clienti presso il terminal dell'aeroporto, forniti dalle società, costituiscono per i clienti una prestazione unica, nella quale l'elemento parcheggio è predominante. la cessione del bene rappresenta una semplice componente, mentre predominano i servizi. Le attività dell'operatore di catering costituiscono prestazioni di servizi, salvo i casi in cui l'operatore si limiti a consegnare pas
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I beni e servizi collegati all'uso dell'immobile, quali energia elettrica, acqua, riscaldamento, rimozione rifiuti, forniti dal locatore al conduttore, sono in via di principio operazioni distinte rispetto alla locazione, da assoggettare autonomamente all'Iva. In determinate circostanze, potrebbe tuttavia ravvisarsi un'unica operazione con la messa a disposizione dell'immobile; questa ipotesi ricorre, per esempio, nella locazione di uffici chiavi in mano, pronti ad entrare in funzione con la fornitura delle utenze e nella locazione di beni immobili per periodi brevi offerta con tali prestazioni senza che queste ultime ne possano essere separate. Il contratto di locazione di immobili che preveda anche la fornitura al locatario di acqua, energia elettrica, copertura assicurativa, servizi condominiali può configurarsi ai fini lva come un'unica operazione, avente ad oggetto la locazione del bene se in tal senso depone l'insieme delle circostanze. L'attività di gestione di portafoglio individuale costituisce una prestazione complessa che non comprende solo il servizio di negoziazione di titoli dell'investitore, di per sé esente dall'imposta, ma anche servizi di analisi e custodia del patrimonio inscindibili dal primo e non riconducibili nell'alveo dell'esenzione. Tale attività è pertanto imponibile. Locazione di immobili e fornitura di altri servizi (sentenza 16 aprile 2015, causa C-42/14) Locazione di immobili e servizi accessor! (sentenza 27 settembre 2012, C-392/11) Gestione di investimenti (sentenza 19 luglio 2012, C-44/11) liCÛMKÏNBmDimREX'flPE^ Gestione di investimenti (sentenza 19 luglio 2012, C-44/11) Locazione di immobili e servizi accessor! (sentenza 27 settembre 2012, C-392/11) Locazione di immobili e fornitura di altri servizi (sentenza 16 aprile 2015, causa C-42/14) Leasing auto e assicurazione (sentenza 17 gennaio 2013, C-224/11) Gestione di investimenti (sentenza 19 luglio 2012, C-44/11) Loc Natura del leasing (sentenza 2 luglio 2015, C-209/14) zione di immobili e servizi accessor! (sentenza 27 se Gestione complesso sportivo (sentenza 21 febbraio 2013, C-18/12) tembre 2012, C-392/11) Locazione di immobili e fornitura di alt Concessione dell'uso di uno stadio (sentenza del 22 gennaio 2015, C-55/14) i servizi (sentenza 16 aprile 2015, causa C-42/14) Leasing auto e assicura L'attività di gestione di portafoglio individuale costituisce una prestazione complessa che non comprende solo il servizio di negoziazione di titoli dell'investitore, di per sé esente dall'imposta, ma anche servizi di analisi e custodia del patrimonio inscindibili dal primo e non riconducibili nell'alveo dell'esenzione. Tale attività è pertanto imponibile. Il contratto di locazione di immobili che preveda anche la fornitura al locatario di acqua, energia elettrica, copertura assicurativa, servizi condominiali può configurarsi ai fini lva come un'unica operazione, avente ad oggetto la locazione del bene se in tal senso depone l'insieme delle circostanze. I beni e servizi collegati all'uso dell'immobile, quali energia elettrica, acqua, riscaldamento, rimozione rifiuti, forniti dal locatore al conduttore, sono in via di principio operazioni distinte rispetto alla locazione, da assoggettare autonomamente all'Iva. In determinate circostanze, potrebbe tuttavia ravvisarsi un'unica operazione con la messa a disposizione dell'immobile; questa ipotesi ricorre, per esempio, nella locazione di uffici chiavi in mano, pronti ad entrare in funzione con la fornitura delle utenze e nella locazione di beni immobili per periodi brevi offerta con tali prestazioni senza che queste ultime ne possano essere separate. La locazione finanziaria di un veicolo, accompagnata dalla fornitura della copertura assicurativa acquistata dal locatore presso una compagnia di assicurazione, costituisce due servizi distinti. zione (sentenza 17 gennaio 2013, C-224/11) Gestione di investimenti (sentenza 19 luglio 2012, C-44/11) Loc Natura del leasing (sentenza 2 luglio 2015, C-209/14) zione di immobili e servizi acc Se il contratto di leasing prevede il trasferimento della proprietà del bene al conduttore alla scadenza, oppure che il conduttore disponga delle caratteristiche essenziali della proprietà, in quanto gli venga trasferita la maggior parte dei rischi e benefici ad essa inerenti e la somma delle rate, interessi inclusi, sia praticamente identica al valore venale del bene, l'operazione deve essere equiparata a un acquisto di un bene di investimento. ssor! (sentenza 27 se Gestione complesso sportivo (sentenza 21 febbraio 2013, C-18/12) tembre 2012, C-392/11) Locazione di immobili e fornitura di alt Concessione dell'uso di uno stadio (sentenza del 22 gennaio 2015, C-55/14) i servizi (sentenza 16 aprile 2015, causa C-42/14) Leasing auto e assicura L'attività di gestione di portafoglio individuale costituisce una prestazione complessa che non comprende solo il servizio di negoziazione di titol L'ente pubblico che gestisce un complesso polivalente e, a fronte di un unico biglietto d'ingresso, mette a disposizione, oltre agli impianti per la pratica sportiva, strutture ricreative, fornisce un'unica prestazione complessa che può fruire dell'esenzione. dell'investitore, di per sé esente dall'imposta, ma anche servizi di analisi e custodia del patrimonio inscindibili dal primo e non riconducibili nell'alveo dell'esenzione. Tale attività è pertanto imponibile. Il contratto di locazione di immobili che preve La concessione della disponibilità di uno stadio di calcio sulla base di un contratto che riservi taluni diritti e prerogative al proprietario e preveda la prestazione, da parte di quest'ultimo, di una serie di servizi di manutenzione, di pulizia e di messa a norma che rappresentino l'80% del corrispettivo, non costituisce, in linea di principio, una locazione di beni immobili. a anche la fornitura al locatario di acqua, energia elettrica, copertura assicurativa, servizi condominiali può configurarsi ai fini lva come un'unica operazione, avente ad oggetto la locazione del bene se in tal senso depone l'insieme delle circostanze. I beni e servizi collegati all'uso dell'immobile, quali energia elettrica, acqua, riscaldamento, rimozione rifiuti, forniti
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Elezioni del consiglio Ordine degli architetti, oggi l'ultimo giorno Alle 12 scadono i termini per le candidature TRENTO Ultimo giorno per le candidature alle elezioni dell'Ordine degli architetti. I termini scadono oggi alle 12. Potrebbero esserci delle sorprese rispetto alla «calma» dei giorni scorsi sugli eventuali sfidanti di Alessandro Franceschini, l'unico aspirante presidente uscito allo scoperto. Si vedrà quindi se ci saranno cordate alternative. Riguardo alle elezioni, la prima votazione si svolgerà sabato 29 agosto dalle io alle 18 e il lunedì successivo con lo stesso orario. Affinchè la prima tornata sia ritenuta valida dovranno votare la metà degli aventi diritto, vale a dire 569 iscritti, n quorum scende a 285 nel corso della seconda votazione, che si svolgerà nei primi quattro giorni di settembre. Per la terza e ultima votazione i seggi apriranno dal 5 al io settembre. Gli iscritti all'Ordine sono chiamati ad eleggere gli undici componenti del nuovo Consiglio che, a loro volta, nomineranno al loro interno il presidente che prenderà il posto di Alberto Winterle. Uscente Alberto Winterle lascia la presidenza II consiglio eleggera il suo successore (foto Rens/; © RIPRODUZIONE RISERVATA
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Cassazione Incentivi all'esodo con Irpef agevolata II dipendente ha diritto al rimborso Irpef sulle somme percepite come incentivo alle dimissioni anche se gli accordi aziendali non prevedevano una finestra temporale per l'adesione al piano. Lo ha stabilito la Sesta civile della Cassazione (sentenza 17060/15 depositata il 20 agosto) respingendo il ricorso dell'agenzia delle Entrate contro un dipendente regionale del Piemonte. Ojiesti si era rivolto alla commissioni tributarie locali - ottenendo ragione in entrambi i gradi - per ottenere il rimborso del 50% delPlrpef trattenuta alla fonte, considerato il diritto scaturente dall'aver aderito a un piano di incentivi all'esodo. Sebbene si trattasse di un accordo individuale, e tra l'altro successivo all'abrogazione dell'articolo 19 bis comma 4 del Dpr 917/86 ( avvenuta con la legge 223/2006) il contribuente sosteneva di aver diritto al regime transitorio. Diritto contestato dall'Agenzia, che ha presentato ricorso di legittimità, ma riconosciuto dalla Cassazione. I giudici, pur muovendo dalla inammissibilità del ricorso stesso, hanno però sottolineato «per esigenze nomofilattiche» che, per quanto la deroga transitoria sia eccezionale e richieda un'interpretazione strettissima, ciò non autorizza la riduzione del suo campo applicativo « mediante l'inserimento di limiti non previsti dalla legge», quale appunto una finestra temporale per l'adesione al piano aziendale di incentivi. A.Gal. PRODUZIONE RISERVATA
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Le opzioni per la manovra che sale versoi 30 miliardi Cottarelli: 3-5 miliardi dalla sanità Pensioni, uscita anticipata con mix penalità e prestito
v Traleipotesiallostudiodelgoverno in pensionistico per consentire il nella sanità possibili risparmi vista della manovra c'è un mix pensionamentoapartiredalsessantadue ulterioritrai3edi5miliardi assegno ridotto-prestito simoannodietàL'excommissario
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Rogali,BartoloniePesole» paginas
Si parte dalla proposta Boeri A settembre il quadro delle «compatibilita» Uscita possibile da 62 o 63 anni di età anagrafìca Le vie della ripresa LE MISURE DELLA LEGGE DI STABILITÀ Si parte dalla proposta Boeri A settembre il quadro delle «compatibilita» Uscita possibile da 62 o 63 anni di età anagrafìca Manovra verso i 30 miliardi Caccia alle risorse per lo stop alla Tasi prima casa e il taglio dei contributi sui nuovi assunti Si parte dalla proposta Boeri A settembre il quadro delle «compatibilita» Uscita possibile da 62 o 63 anni di età anagrafìca
Pensione in antìcipo con penalità e prestito Piano flessibilità nella manovra: l'ipotesi del mix per integrare la riduzione annua del 3% dell'assegno Marco Rogari ROMA La manovra 2016 è un cantiere aperto. Anche perché al varo mancano ancora quasi due mesi. Diversi sono i nodi da sciogliere. A cominciare dall'entità della manovra stessa, dall'individuazione delle risorse per la proroga della decontribuzioni sui nuovi assunti e per la cancellazione della Tasi sulla prima casa annunciata dal premier insieme allo stop all'Imu agricola e a alla "tassa" sugli imbullonati. Non ultimo è quello delle pensioni con le correzioni della legge Fornero. Come è noto l'obiettivo di Palazzo Ghigi è di introdurre con la legge di stabilità maggiore flessibilità in uscita ma con un'operazione che non impatti troppo sui conti pubblici anche per evitare tensioni con la Ue per la quale i risparmi della Fornero sono un punto fermo nel programma di sostenibilità dei conti italiani. Di qui l'esigenza di un intervento che nel breve periodo non si allontani dal miliardo di maggior spesa previdenziale da recuperare poi automaticamente negli anni successivi. E tra levarie ipotesi sul tappeto ce n'è una, valutata con attenzione, che prevede un mix tra assegno ridotto e prestito pensionistico per consentire il pensionamento a partire dal sessantaduesimo anno di età anagrafìca. Anche se la soglia di accesso ai pensionamenti ridotti alla fine potrebbe essere collocata a quota 63 anni di età. La riduzione del trattamento sarebbe sempre più alta per ogni anno di anticipo in più partendo da un "taglio" del 3% ma il lavoratore avrebbe la
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possibilità di integrare il trattamento utilizzando il "prestito" in una versione leggermente corretta rispetto a quella studiata a suo tempo dal ex ministro Enrico Giovannini. Per calibrare la riduzione dell'assegno resta sul tavolo l'opzione inserita nella proposta consegnata a Palazzo Ghigi
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155 LE USCITE DELLO STATO PER PENSIONI IN % SUL PIL A POLITICHE INVARIATE 160 STIMA DELLA SPESA PUBBLICA PER PRESTAZIONI SOCIALI A POLITICHE INVARIATE (In milioni di €) Il «peso» della previdenza STIMA DELLA SPESA PUBBLICA PER PRESTAZIONI SOCIALI A POLITICHE INVARIATE (In milioni di €) LE USCITE DELLO STATO PER PENSIONI IN % SUL PIL A POLITICHE INVARIATE 160 155 135 ST 2010 2015 2020 2025 2030 2035 2040 2045 2050 2055 2060 IL COSTO DEI TRATTAMENTI INPS MA DELLA SPESA PUBBLICA PER PRESTAZIONI SOCIALI A POLITICHE INVARIATE (In milioni di €) LE USCITE DEL Spesa pensionistica lorda. Anni 2013-2014. In milioni di euro Spesa previdenziale O STATO PER PENSIONI IN % SUL PIL A POLITICHE INVARIATE 160 155 135 ST 2010 2 Spesa assistenziale 15 2020 2025 Spesa pensionistica complessiva 2030 2035 2040 2045 2050 12013 205 • 2014 241.973 243.403 2060 IL COSTO DEI TR 25.165 26.175 267.138 269.578 TTAMENTI INPS MA DELLA SPESA * Include anche le pensioni dei dipendenti pubblici (ex Inpdap) e dei lavoratori dello spettacolo e sport professionistico (ex Enpals) e la spesa per l'erogazione di indennità di accompagnamento agli invalidi civiliFonti: Def 2015, Inps PUBBLICA PER PRESTAZIONI SOCIALI A POLITICHE INVARIATE (In milioni di €) LE USCITE DEL Spesa pensionistica lorda. Anni 2013-2014. In milioni di euro Spesa previdenziale O STATO PER PENSIONI IN % SUL PIL A POLITICHE INVARIATE 160 155 1
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Domenica 23/08/2015
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II colloquio. «La legge Fornero non va cambiata, ma va superata la sua rigidità. Le priorità della manovra restano lo stop alle clausole, il taglio delle tasse e la decontribuzione»
Baretta: con la flessibilità vantaggi per lavoratori e imprese
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ROMA «La flessibilità in uscita per le pensioni produce indubbiamente vantaggi sociali ma anche vantaggi economici». Non ha dubbi Pier Paolo Baretta, sottosegretario all'Economia e firmatario insieme a Cesare Damiano di una proposta di legge che consente il ritiro a partire da 62 anni di età a almeno 35 anni di contributi con una penalizzazione del 2% per ogni anno di anticipo fino a un massimo dell'8 percento. Dare la possibilità ai lavoratori di uscire anticipatamente anche se con un assegno penalizzato consentirebbe di alimentare «un mix generazionale favorendo l'accesso al lavoro di giovani e
Sottosegretarìo. Pier Paolo Baretta insormontabile. «Anzitutto i calcoli finora fatti sulla base delle diverse proposte, ultimo della serie quello collegato alla proposta del presidente dell'Inps, Tito Boeri, scontano un'uscita contemporanea nel primo anno di tutti i soggetti potenzialmente interessati.
Ma questo è praticamente impossibile», sostiene il sottosegretario. Che poi fa notare che andrebbero calcolati i risparmi indotti come quello riconducibile agli esodati: «Questo problema è esploso nel giro di due anni e mezzo e per affrontarlo sono state utilizzate risorse per oltre u miliardi. Con la flessibilità il problema sarebbe stato di dimensioni molto più contenute. Per non parlare del ricorso alla questo non può che essere accolto Gig. Con il ricorso all'uscita anticipata seppure con assegni con favore dall'intera industria», dice Baretta. Che sottolinea: «Non ridotti l'uso di questo strumento si si tratta di cambiare laregola della ridurrebbe automaticamente». legge Fornero, ma lo spostamento Resta il problema di assegni che dalla sera alla mattina dell'asticella potrebbero rivelarsi troppo contenuti. «Questo sistema può da 60 a 66 anni ha creato una essere acrigidità che va superata». E, aggiunge il sottosegretario, «visto che chi vuole restare al lavoro fino © RIPRODUZIONE RISERVATA a 70 anni ha diritto a una rivalutazione del trattamento, perché non consentire a chi vuole uscire prima, anche per motivi familiari o personali, di poterlo fare ovviamente accettando una riduzione dell'assegno. Naturalmente si tratta di calcolare la penalizzazione in modo equilibrato». La strada che intende imbocca re il Governo sembra quella di un "taglio" dell'assegno più consistente del 2% annuo. «È in atto una discussione e si prenderà una corretta decisione tenendo conto anche dei costi che ci sono
comunque solo nel breve periodo visto che nel medio periodo la afferma Baretta. Che è convinto che quello dei costi nell'immediato sia tutt'altro che un ostacolo
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L'ANALISI Dino Pesole
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Mini-riforma possibile, ma laverapartìta è con Bruxelles Visto da Bruxelles, un nuovo intervento sul fronte della previdenza all'insegna della flessibilità in uscita è possibile, ma con diversi caveat. Poiché le riforme messe in campo finora puntano a stabilizzare a regime una spesa che assorbe il 15% del Pil, ogni nuova misura dovrà essere pienamente compensata, con effetti sostanzialmente neutri per i conti pubblici. Va in sostanza garantito integralmente il piano di risparmi a regime previsto dalla legge Monti-Fornero del dicembre 2011: circa 80 miliardi entro il 2020, somma cui vanno sottratti i 12 miliardi impegnati per salvaguardare lyomila esodati, e che comprende anche i 18 miliardi a regime che derivano dal blocco biennale delle indicizzazioni 2012-2013 Per Ie pensioni superiori a tre volte il minimo Inps. Cifra aggiornata in base alla spesa impegnata dal governo (2,1 miliardi nel 2015) per la restituzione una tantum di parte del mancato adeguamento a 3,7 milioni di pensionati, che passerà a 500 milioni l'anno dal 2016. Il nuovo, se pur contenuto, intervento allo studio del governo per la prossima legge di stabilità in tema di pensioni andrà dunque inserito nel pacchetto di richieste da prospettare in settembre a Bruxelles. Il via libera preventivo è condizione essenziale, poiché la tenuta dei conti previdenziali è uno dei principali "fattori rilevanti" sui quali il monitoraggio da parte della Commissione Ue è costante, tanto da essere inserito in gran parte dei documenti ufficiali indirizzati al nostro paese con specifico riferimento alla sostenibilità nel medio periodo del debito pubblico. Stando alle più recenti stime, pur con gli interventi previsti dalla legge
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Fornero, la spesa previdenziale è prevista in crescita del 2,7% nel 2019, contro l'incremento decisamente più contenuto (1,2%) del resto della spesa corrente. Materia da maneggiare con molta attenzione, dunque. La stessa decisione assunta dal Governo per far fronte agli effetti della sentenza della Consulta (oltre 18 miliardi qualora la si fosse applicata integralmente) è maturata dopo una preventiva consultazione con Bruxelles. Il disco verde annunciato il 20 maggio è stato motivato dalla constatazione che il
dispositivo del relativo decreto non comportava alcuna modifica del deficit per l'anno in corso. Nessuna obiezione alla copertura, garantita in gran parte dall'ex "tesoretto" di 1,6 miliardi ritagliato nelle pieghe dei conti con il Documento di economia e finanza di aprile. Ora si replica, e spetterà in primis al ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan convincere l'esecutivo comunitario che i primi passi in dirczione della nuova flessibilità in uscita non impatteranno sui conti pubblici. Partita che si intreccia con i margini ulteriori di flessibilità che il Governo si accinge a prospettare a Bruxelles, in particolare per quel che riguarda la clausola sugli investimenti. Stando al quadro tendenziale, il deficit del 2016 si sarebbe attestato all'i,4% del Pil. A maggio la Commissione europea ha
variazioni del ciclo
economico e della una tantum) potrà limitarsi allo 0,1% del Pil. Ma soprattutto (e qui entra direttamente in
EFFETTI NEUTRI SUI CONTI Per poter intervenire andrà garantito il piano di risparmi a regime previsti dalla legge Fornero gioco la variabile decisiva della spesa previdenziale) va rispettata la "regola del debito". In caso contrario, si creerebbero le premesse per l'apertura di una procedura di infrazione, che farebbe venir meno tutte le clausole di flessibilità (già accordate o in itinere)e ogni ulteriore margine di azione previsto dal cosiddetto braccio preventivo del Patto di stabilità. © RIPRODUZIONERISERVATA
II piano Monti-Fornero • A regime la riforma delle pensioni varata con la legge Fornero del dicembre 2011 garantisce circa 80 miliardi di risparmi entro il 2020, somma cui vanno sottratti i 12 miliardi impegnati per salvaguardare I/ Ornila esodati L'intervento allo studio • Poiché le riforme messe in campo finora puntano a stabilizzare a regime una spesa che assorbe il 15% del Pil, ogni nuova misura dovrà essere pienamente compensata, con effetti sostanzialmente neutri per i conti pubblici
autorizzato l'applicazione della clausola di flessibilità sulle riforme, consentendo in tal modo al Governo di riformulare il target programmatico del deficit elevando l'asticella all'1,8 per cento. Di conseguenza nel prossimo anno la riduzione del deficit strutturale (calcolato al netto delle
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II memorandum ai raggi X. Tra settembre e ottobre il Paese si è impegnato ad approvare diverse misure in vista della prima revisione dell'intesa
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Tasse e pensioni, gli impegni improrogabili di Atene Michele Pignatelli Per capire la portata delle inquietudini deileadereuropeiela posta in gioco della fase di incertezza politica aperta dalle dimissioni di Tsipras, occorre scorrere il memorandum di intesa per il terzo bailoutsiglato tra Atenee icreditori. Nel documento, poco meno di trenta pagine, sono indicate le prime misure a cui gli aiuti sono condizionati. E alcune di queste dovrebbero essere attuate entro ottobre, la scadenza fissata finora senza una data precisa - per la prima revisione del memorandum. Sul fronte della politica fiscale e di bilancio, la Grecia si è impe
speso per la lotta all'evasione fiscale e alla frode, a ottobre ad attuare una revisione verso l'alto delle aliquote contributive dei meno abbienti (dall'i! al 15% per i redditi sotto i I2mila euro, dal 33 al 35% per quelli superiori), nonché a eliminare una serie di privilegi per alcune categorie: gli agricoltori e gli armatori. Per quanto riguarda i primi, dovrebbe prima di tutto essere ristretto il criterio con cui se ne ottiene il riconoscimento (oggi, per godere degli ampi benefici fiscali, molti si fanno passare per agricoltori solo perché vivono in aree rurali); quindi dovrebbero essere eliminate le aliquote di
gnata per esempio a varare in ottobre unamanovrabis per il 2015, una bozza del budget 2016 e la strategia fiscale di medio termine (2016-2019) Per rispettare gli impegni sul fronte dell'avanzo primario presi con i creditori (deficit dello 0,25% quest'anno, quindi surplus dello 0,5,1,75 e 3,5% negli anni successivi). Do-LE AZIONI PRIORITARIE Nel documento concordato con i creditori il governo si impegnava a varare in ottobre una manovra-bis per centrare i target di bilancio
favore sul reddito e le agevolazioni sul carburante. Quanto agli armatori, è previsto già a ottobre un aumento della tassa sul tonnellaggio; in programma anche l'eliminazione di sistemi impositivi speciali per il settore marittimo. A ottobre il governo dovrebbe anche fissare gli importi dell'Enfia, la famigerata tassa unificata (cioè non modulata sul reddito) sulla proprietà che Syriza avrebbe voluto abolire e sostituire È in agenda poi, per lo stesso mese, un'altra delle azioni prioritarie di cui si è molto parlato durante i negoziati, ossia la ridu
zione permanente del tetto alle spese militari: di 100 milioni quest'anno, di altri 400 nel 2016. cumenti - si legge nel Settembre è poi il mese entro cui memorandum - che dovranno la Grecia si era impegnato ad essere supportati da una serie approvare la legislazione di riforme strutturali. Tra secondaria per rendere queste, innanzi tutto una pienamente operativo il seconda tranche di misure in Consiglio di bilancio, organismo campo pensionistico, che indipendente con il compito di implementino le riforme orientare in senso virtuoso le previdenziali del 2O1O e del azioni del governo in manteria di 2012 (soprattutto perciò che conti pubblici. Ed entro ottobre concerne i fondi pensionistici)e Atene aveva promesso - ancora compensino gli effetti di una sul fronte della lotta all'evasione sentenza che ha azzerato, un piano completo per giudicandoli incostituzionali, promuovere e facilitare i alcuni tagli alle pensioni pagamenti elettronici. Un menù previsti dall'ultima riforma. Sul dunque piuttosto ricco. Resta da vedere seungoverno ad interim o fronte delle tasse, Atene si è appena insediato riuscirà a impegnata ad adottare già a settembre le leggi rimaste in so rispettare le scadenze. ©RIPRODUZIONE RISERVA TA
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L'ANALISI Raffaele Lungarella Raffaele Lungarella II tesoretto delle pensioni attutìsce la caduta La crisi ha modificato (e sta modificando) la geografia del reddito, almeno di quello che non sfugge al fisco. Forse in misura meno accentuata di quanto si potrebbe credere, se si considera la disparità di forza e robustezza con cui le strutture produttive e l'economia delle diverse zone del Paese sono state in grado di resistere alla caduta della produzione e dell'occupazione. Una ragione può essere individuata anche nell'elevato peso delle pensioni (in tutte le Regioni italiane incidono per una quota intorno a un terzo del reddito complessivo). È questa una prima conclusione a cui si arriva aggregando a livello provinciale le informazioni contenute nelle dichiarazioni Irpef, elaborate a livello comunale dal dipartimento delle Finanze del ministero dell'Economia. Sono stati confrontati i dati relativi all'anno d'imposta 2008 (che ha segnato l'avvio della crisi e che è anche il primo per il quale sono disponibili queste statistiche) e al 2013, raccolti con le ultime dichiarazioni dei redditi presentate nel 2014. Se si osservano i valori correnti, si vede che in cinque anni il reddito arretra solo in tre Province, anche se la crescita è stata
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medi sono cresciuti in misura sufficiente da consentire, a chi li ha incassati, di acquistare nel 2013 più beni e servizi di quanti potesse ottenerne nel 2008: ovunque la variazione a valore costante 2014 è stata negativa. Tra qualche anno si avrà a disposizione una serie storica, con anno d'inizio 2012, che permetterà di indagare anche a livello comunale la distribuzione del reddito per tipologia: pensioni, lavoro dipendente, da lavoro autonomo, da partecipazione e così via. Per ora bisogna accontentarsi di farlo a livello regionale, considerando solo i redditi da pensione, da salari e stipendi e l'insieme degli altri redditi. Soprattutto nelle aree del Paese che già prima del 2008 avevano un'economia debole, se la crisi ha eroso la capacità di spesa delle famiglie meno di quanto ci si potesse aspettare è stato unicamente per l'argine costituito dagli assegni pagati dall'Inps e dagli altri enti previdenziali. Con la sola eccezione del Molise, dove nel 2013 è stato dichiarato un reddito a valore corrente inferiore a quello del 2008 e l'Abruzzo dove le variazioni di tutte le componenti del reddito hanno un segno più, in tutte le altre Regioni del Sud l'aumento del reddito da pensione ha più che compensato la riduzione delle restanti componenti, soprattutto di quella dei redditi da lavoro dipendente e simili, che pesa di più sul totale. Anche Umbria e Marche, senza il reddito dei pensionati, avrebbero fatto segnare una variazione negativa del loro reddito complessivo, e perfino in qualche Regione del Nord il suo aumento ha dato una mano. In fin dei conti, sia pure con sfumature diverse, le pensioni stanno aiutando le famiglie a passare questa diffusamente modesta, soprattutto nelle province meridionali. Ma se si lunga nottata. PRODUZIONE tiene conto dell'inflazione il RISERVATA rapporto si
rovescia: a parte le eccezioni di Belluno, Bolzano e L'Aquila,
in nessuna provincia i redditi
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di Luigi Guiso IL PUNTO In questa rubrica ho sostenuto che i sistemi pensionistici vanno riformati sporadicamente, quando il loro disegno non è più coerente con la loro sostenibilità. La stabilità è la condizione affinchè i risparmiatori possano pianificare per la vecchiaia e non trovarsi a corto di risorse perché contavano su un sistema che consideravano stabile ma che così non era, ad esempio l'indicizzazione all'inflazione. Il meccanismo va riformato con decisione poi va tenuto fermo e non aggredito con continui ripensamenti.il nostro sistema è stato riformato in modo sostanziale nel 1994: la riforma consisteva di due blocchi: una rivisitazione del sistema pubblico per passare a pensioni
basate sui contributi versati (contributivo) con una transizione graduale per dare
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tempo alle generazioni più anziane di adattarsi al nuovo sistema. È stato ritoccato diverse volte, da ultimo con la riforma Fornero. Il secondo blocco (o pilastro) era la previdenza complementare, fondi pensione per i lavoratori più giovani soggetti al nuovo regime meno generoso. Il primo pezzo della riforma è stato attuato, il secondo è finora fallito: la previdenza complementare copre solo una fetta minoritaria dei lavoratori, i fondi pensione sono troppi, troppo piccoli e mal gestiti; i fondi pensione offerti dagli intermediari finanziari sono troppo costosi e buona parte dei sussidi fiscali vengono catturati da banche e assicurazioni. Pensate, un fondo offerto da Vanguard - uno dei giganti americani dei fondi pensione privati - costa circa 20 centesimi di punto percentuale all'anno. Quasi tutto il rendimento viene passato al risparmiatore, che viene informato in modo esaustivo e semplice e guidato nelle scelte. Se in Italia si acquista un fondo pensione prima ancora di aver maturato interessi l'intermediario trattiene il 5% delle contribuzioni e buona parte del rendimento va al gestore non al risparmiatore. Piuttosto che martoriare la componente pubblica meglio quindi dedicarsi a far funzionare la previdenza complementare. Axa Professor of Household Finance © RIPRODUZIONE RISERVATA
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L'INTERVISTA CON CAMUSSO «Andare prima in pensione per creare posti di lavoro» di Antonella Baccaro ) isogna cambiare la legge ) Fornero. Abbiamo avanzato con Cisl e Uil proposte, a partire dall'età pensionabile, così da creare spazi occupazionali per i giovani», n segretario della Cgil Susanna Camusso, in un'intervista al Corriere, incalza il governo sulla previdenza. L'idea del ministro Poletti non la convince: «Proporre che si vada in pensione prima ma decurtando l'assegno significa non sapere di che redditi si dispone in Italia e quali pensioni si preparano per il futuro». Quanto all'abolizione della Tasi: «Resti su seconde case e immobili di pregio», a pagi na 9
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Camusso: «Ridurre l'età pensionabile E niente sconti sulle seconde case» La leader della Cgil: sulla contrattazione non serve una legge, bastano le intese di Antonella Baccaro
Che autunno sarà, segretario? Non mi dica caldo. «Mi auguro di essere smentita, ma sul piano dell'occupazione l'autunno rischia di portare delle brutte sorprese, penso che il ciclo delle ristrutturazioni non sia finito e che ci siano settori in grossa Come pensate di affrontare il tema «Da un lato bisogna intervenire con la contrattazione dall'altro bisogna cambiare la legge Fornero. Abbiamo avanzato insieme a Cisl e Uil proposte, a partire dall'età pensionabile, così da creare spazi occupazionali per i giovani».
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L'idea di anticipare il pensionamento a Palazzo Chigi c'è. «I titoli sono giusti, lo svolgimento è sbagliato. Proporre che si vada in pensione prima ma decurtando l'assegno significa non sapere di che redditi si dispone in Italia e quali pensioni si preparano per il futuro». Il governo per questo ipotizza un reddito minimo per gli over 55 e misure per il contrasto alla povertà. «Bisogna contrastare la povertà ma non dando qualche soldo e lavandosi la coscienza. Serve un percorso d'inclusione, abbiamo avuto incontri con Poletti sulle proposte sull'alleanza per la povertà ma
abbiamo visto un taglio diverso nelle ipotesi di Palazzo Chigi». Spieghi la vostra proposta. «Andare in pensione a 67 anni non va bene e per certi lavori, come l'edilizia o i trasporti, è impossibile. Serve un meccanismo di flessibilità che però non penalizzi i trattamenti». La riforma Fornero ha garantito all'Italia di stabilizzare i conti pubblici. Pensa che in Europa ci verrebbe consentito di rivederla «Questo è il problema. Abbiamo già scambiato la flessibilità in Europa con le pensioni e i diritti dei lavoratori, a partire dall'articolo 18. Andiamo Il ribasso dell'età
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pensionabile se non si autofinanzia diventa un'ulteriore spesa pubblica. Dove trova i soldi «E allora faccio una domanda brutale: dobbiamo per forza togliere la tassa sulla casa? E poi, non possiamo ridefinire una progressività fiscale e fare
3.190.229 500-999,99 Fino a 499,99 500-999,99 1.000-1.499,99 500-999,99 1. 1500-1.999,99 00-1.499,99 2.000-2.999,99 500-999,99 1. 3.000-4.999,99 1500-1.999,99 5.000-9.999,99 00-1.499,99 2 10.000 e più 000-2.999,99 TOTALE 500-99 3.190.229 2.264.614 9,99 1. 3 1.762.941 000-4.999 I 515.339 99 1500-1 i 165.689 999,99 5. 8.536 00-9. 23.322.278 99,99 00-1 33,7 499, 32,4 9 2 13,7 10.0 9,7 0 e 7,6 più 2,2 000 0,7 2.9 100 9,9 Fonte: Inps-Istat TOTALE 500-99 3. numeri della previdenza Pensioni per classe di importo mensile (a n no 2013) Fino a 499,99 una vera lotta all'evasione 500-999,99 1.000-1.499,99 1500-1.999,99 2.000-2.999,99 incentivando, ad esempio, la moneta elettronica?». E la Tasi 3.000-4.999,99 5.000-9.999,99 10.000 e più TOTALE 3.190.229 sulla prima casa «Togliamola a 2.264.614 1.762.941 I 515.339 i 165.689 8.536 23.322.278 33,7 chi ha solo una casa, ma a chi 32,4 13,7 9,7 7,6 2,2 0,7 100 Fonte: Inps-Istat 90.229 2.264.614 ne ha più d'una o ha immobili 9,99 1. 3 1.762.941 000-4.999 I 515.339 99 1500-1 i 165.689 999,99 5. 8.536 00-9. 23.322.278 99,99 00-1 33,7 499, 32,4 9 2 di pregio, no. E poi non capisco questo piano triennale 13,7 10.0 9,7 0 e 7,6 più 2,2 000 0,7 2.9 100 9,9 Fonte: Inps-Istat TOTALE 500-99 3. numeri della previdenza Pensioni per classe di di Renzi, perché a regime importo mensile (a n no 2013) Fino a 499,9 dobbiamo rimanere con due sole aliquote Irpef? È iniquo». No, se ci sono esenzioni e deduzioni. «La nostra Costituzione postula un sistema progressivo che due aliquote non potranno mai soddisfare». Sempre sul fisco, come giudica gli effetti della Dirig aziende ex inpdai 49.92 57.51 Giornalisti 75.69 Pensione media 2013 Notai Categorie di lavoratori decontribuzione in vigore «Il Gli importi medi delle pensioni per categoria di lavoratori Categorie di lavoratori Notai Pensione media difetto di quella misura è che 2013 75.69 Dipendenti enti locali 18.811 Categorie di lavoratori Notai Pe Giornalisti 57.51 Ex poste (I non è stata collegata post) nsione media 2013 17.84 I 75.69 Dirig aziende ex inpdai 49.92 Lavoratori spettacolo 15.851 all'occupazione aggiuntiva. Se Dipendenti enti locali 18.8 Fondo Volo 1 Categor 46.95 e di Geometri lavorato 14,77 I i Nota Commercialisti Pe Giornalis 35.37 i 57 Dipendenti privati (Fpld) 12.191 51 Ex poste (I post) nsione fosse prorogata, e andrebbe fatto, bisognerebbe modificarla media Avvocati 2013 17. 27.89 4 I Artigiani 75.69 Di 11,061 ig azi Lavoratori telefonici 25.87 nde ex inpdai 49.92 Lavoratori Commercianti spettacolo 10,15 I 15. Ragionieri 51 Dipende Ingegneri, Architetti in questo modo». Intanto c'è Dipendenti statali Ex ferrovie dello Stato 21.47 Lavoratori trasporti 21,13 ti enti locali 18.8 Fondo Volo 1 stata una stabilizzazione. Categor 46.95 e di Geometri lavorato 14,77 I i Nota Commercial Consulenti lavoro sti Pe Giornali Medici «Diciamo che c'è una 35.37 Agricoli Cdcm i 57 Dipende 7,58 ti p Farmacisti ivati (Fpl 6.07 j ) 12 Veterinär! 191 51 Ex 5,881 precarizzazione della stabilità. poste Gli importi medi delle pensioni per categoria di lavoratori Categorie di lavoratori Notai Pensione Vedremo tra qualche anno gli media 2013 75.69 Dipendenti enti locali 18.811 Giornalisti 57.51 Ex poste (I post) 17.84 I Dirig aziende ex inpdai 49.92 Lavoratori spettacolo 15.851 Fondo Volo 46.95 Geometri 14,77 I Commercialisti 35.37 effetti dell'aver cancellato privati (Fpld) 12.191 Avvocati 27.89 Artigiani 11,061 Lavoratori telefonici 25.87 l'articolo 18 in nome del nuovo Dipendenti Commercianti 10,15 I Ragionieri Ingegneri, Architetti Dipendenti statali Ex ferrovie dello Stato 21.47 contratto». Il consulente di Lavoratori trasporti 21,13 Consulenti lavoro Medici Agricoli Cdcm 7,58 Farmacisti 6.07 j Veterinär! Palazzo Chigi, Tommaso 5,881 (I post) nsione media Avvocati 2013 17. 27.89 4 I Artigiani 75.69 Di 11,061 ig azi Lavoratori telefonici 25.87 nde ex inpdai 49.92 Lavoratori Commercianti spettacolo 10,15 I 15. Ragionieri 51 Nannicini, propone di stabilizzare la decontribuzione Dipende Ingegneri, Architetti Dipendenti statali Ex ferrovie dello Stato 21.47 Lavoratori trasporti 21,13 ti enti locali 18.8 Fondo Volo 1 Categor 46.95 e di Geometri lavorato 14,77 I i Nota Commercial Consulenti spostando una parte dei lavoro sti Pe Giornali Medici 35.37 Agricoli Cdcm i 57 Dipende 7,58 ti p Farmacisti ivati (Fpl 6.07 j ) 12 contributi del lavoratore in Veterinär! 191 51 Ex 5,881 poste Gli importi medi delle pensioni per categoria di lavo busta paga o in un fondo pensione. «Il che equivale a contrattazione potenziando di meno». A cosa si riferisce mettere le quella aziendale. Il governo «Il contratto nazionale di potrebbe procedere anche con lavoro è strumento di una legge. ardita che il regolazione positiva della governo interven concorrenza. L'assenza di mani nelle tasche dei lavoratori. regole e di controlli e Capisco che è un'idea a costo l'ossessione per la riduzione ga a pie pari su un tema che è zero per lo Stato, ma per dei salari e dei diritti favorisce terreno delle parti sociali. alleggerire il costo del lavoro il lavoro nero, il caporalato e Diverso è che dia universalità oggi creiamo un grande debito che carichiamo sulle generazioni a quello che hanno già definito forme di schiavismo. Il lavoro future, che si ritroveranno senza le parti sociali, con gli accordi va pagato». Dal rinnovo del pubblico impiego. Cosa si pensione». Non se si mettono sulla rappresentanza e le aspetta «Le cifre che vedo questi soldi in un fondo regole per l'approvazione dei circolare non sono tali da dare pensione. «Le ricordo che contratti già siglate con le risposte ai lavoratori dopo questo è il governo che ha controparti». Ma c'è una previsto la portabilità dei fondi sette anni di blocco. Durante i mediazione tra non avere un di previdenza e l'aumento della quali peraltro si sono fatti tagli contratto nazionale e averne tassazione su quella feroci e non riusciti, come la uno derogabile «Nell'intesa complementare». A proposito che abbiamo con Confindustria riforma delle province, senza d'impresa. C'è l'idea di mettere mai pensare a migliorare la c'è già la possibilità in mano alla qualità della pubblica situazioni particolari di fare intese che modificano in parte amministrazione». Ma esiste un'interlocuzione con questo le regole. Tanto basta. A me governo sembra che di regole ce ne vogliano di più, non
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«E un'araba fenice. Ci sono le pensioni e impegni di confronto presi da i diritti dei Poletti sulle pensioni, da lavoratori Martina, da Madia. Ma vorrei fosse chiaro che questa interlocuzione deve incrociarsi con la manovra dalla quale ci aspettiamo che si punti sugli investimenti per la crescita». Concorda con Renzi. «Sì, ma lui scambia investimenti per flessibilità. L'anno scorso l'oggetto dello scambio erano i nostri diritti. Con quali risultati? Uno zero virgola». Dove vuole arrivare «Se c'è un merito della vicenda greca è quello di aver posto in discussione le regole europee a partire da quella del debito che ora è tema del dibattito». Lei crede ancora in questa Europa «L'Europa rischia di essere una grande delusione degli europeisti, come la Cgil, se non esce da questa logica rigorista». Parla come Salvini. «Tutt'altro. Salvini vuole uscire dall'euro, noi siamo lontanissimi dai valori e dalle proposte della Lega». Anche lei pensa che sia il momento di tornare a votare «È prerogativa del Parlamento deciderlo. Io faccio altro. Ciò che mi preoccupa è l'alta percentuale di astensione. La politica dovrebbe interrogarsi. O no?». © RIPRODUZIONE RISERVATA
Leader Susanna Camusso, 60 anni, è il segretario generale della Cgil. È la prima donna, nella storia del sindacato, a ricoprire il ruolo di leader
99 Andare in pensione a 67 anni non va bene e per certi lavori, come l'edilizia o i trasporti, è impossibile 99 In passato abbiamo scambiato la possibilità di stare in Europa con
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L'ECONOMIA Taglio ai contributi il piano per incentivare le nuove assunzioni VALENTINA CONTE A PAGINA 28
Taglio di 6 punti ai contributi di lavoratori e aziende per incentivare le assunzioni II governo studia la nuova formula del provvedimento prooccupazione Misura a costo zero per lo Stato, ma pensione intaccata per i dipendenti ROMA II piano per sostituire gli sgravi sul lavoro, in scadenza a fine anno, c'è. Altrettanto conveniente per le aziende. E soprattutto strutturale. Il governo vuole cioè sigillare con un 'per sempre' gli sconti offerti a chi assume con le regole del Jobs Act tramite contratto a tutele crescenti, dunque con un tempo indeterminato privo di articolo 18. Sottraendo così le strategie aziendali allo strazio di veder riconfermato o meno, di anno in anno, il bonus nella legge di Stabilità. Qua! è il piano? Tagliare di sei punti il cuneo contributivo, tre punti a carico del datore e tre del lavoratore. Semplice e permanente. E soprattutto, questa la sorpresa, gratis. Senza oneri per lo Stato, se non quelli transitori per tamponare le esigenze di cassa Gli sgravi in vigore attualmente scadranno alla fine dell'anno VALENTINA CONTE LA MANOVRA delTInps, magari nei primi due o tre anni della riforma. Poiché qui si parla di contributi previdenziali, non coprire oggi con
come accade con il bonus in vigore e come sempre è avvenuto per tutti gli sgravi sul lavoro del passato, dal Giovannini al Letta - significa avere pensioni più povere domani. Ecco perché nel piano del governo al lavoratore sarebbe lasciata l'opzione di investire i suoi tre punti in meno nei fondi pensione integrativi. O di incamerarli in busta paga, ma tassati. Fermo restando, che il taglio degli altri tre punti (quelli a carico del datore ) si tradurrebbe in una decurtazione secca dell'assegno futuro, senza se e senza ma. Assegno previdenziale, tra l'altro, calcolato per intero con il metodo contributivo. E
dunque, viste le carriere precarie dominanti, già di per sé ridotto all'osso. Semplificando, per farsi assumere (senza articolo 18) il giovane dovrebbe rinunciare a un pezzo di pensione futura e pa-
LA RIPRESA Con la conferma delle decontribuzioni a sostegno delle aziende che assumono, il governe intende rafforzare la ripresa economica del Paese, facendo leva inoltre sul dispiegamento del Jobs Act
in un editoriale apparso martedì scorso, scrive che «si potrebbe anche pensare di sostituire la decontribuzione sui nuovi assunti con un taglio strutturale del cuneo contributivo, senza fiscalizzarne i costi e incentivan do i lavoratori a investirne una parte nella previdenza complementare». Questo passaggio dal primo al secondo pilastro previdenziale, «avrebbe sì costi (di cassa) nel breve periodo, ma ridurrebbe il debito
garci sopra pure l'Irpef. Irrealistico? L'ideatore del piano, l'economista bocconiano Tommaso Nannicini, consigliere del premier, supervisore e in gran parte autore del Jobs Act, lo ritiene ragionevole e fattibile, «se c'è volontà e credibilità poli tica». Dalle colonne dell'Unità, TEMI PREVIDENZIALI
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previdenziale implicito nel lungo pe L'ESECUTIVO II premier Renzi insieme ai ministri dell'Economia e del Lavoro L'operazione
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riodo». Tradotto: meno liquidità per l'Inps oggi, ma pensioni ridotte domani. Dunque risparmi. Strategia win-win, vincono tutti? Abbiamo chiesto alla Uil Servizio politiche territoriali di fare qualche calcolo. L'operazione intanto varrebbe circa 800 milioni per il 2016, 2 miliardi nel 2017 e 3,2 miliardi per U 2018. In totale, 6 miliardi nel triennio (orizzonte di programmazione della legge di Stabilità). Contro i 12 miliardi dell'attuale sconto che però ha solo Al piano sta lavorando il consulente del premier Renzi, Tommaso Nannicini quattro mesi di vita residua. Le aziende che assumono entro il prossimo 31 dicembre pagano zero contributi previdenziali per tre anni (con un tetto annuo di 8.060 euro ad assunto), ma questi contributi sono colmati alTInps dallo Stato, dunque nessun impatto sulle pensioni. Con il nuovo piano, lo sgravio è meno generoso - sei punti in meno anziché il 33% ma caricato per intero sul lavoratore e la sua pensione. Non solo. Se il dipendente trattiene il bonus in busta paga, questo viene tassato. Con entrate per lo Stato pari a circa 189 milioni di Irpef il primo anno, 400 milioni nel secondo, 5 89 milioni nel terzo (nell'ipotesi che nessun lavoratore versi ai fondi, la cui tassazione è stata tra l'altro inasprita proprio dal governo Renzi,
dall'll,5%al20%).Dunquel'erario non spende e ci guadagna. E i 6 miliardi di costi virtuali per lo Stato si trasformano in 6 miliardi di tagli reali alle pensioni dei neo-assunti (se mai le vedranno). Ragionando in termini di busta paga, chi guadagna 25 mila euro lordi l'anno (dunque 1.923 netti al mese), se non opta per i fondi, potrebbe contare su 43 euro netti in più al mese (63 lordi), 512 euro netti extra all'anno. Ma attenzione, potrebbe rischiare di perdere l'altro bonus, quello da 80 euro, visto che si trova nella fascia al limite, superata la quale quel
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varrebbe sei miliardi nel triennio contro i dodici dell'attuale sconto
Ipotesi di riduzione del cuneo contributivo Reddito annuo Reddito mensile Contributi previdenziali Contributi previdenziali imponibile fiscale 12.000 15.000 18.000 20.000 22.000 25.000 35.000 imponibile fiscale 923 1.153 1.385 1.538 1.692 1.923 2.625 Totale ipotesi riduzione cuneo contributivo mensile Da dividere a mela tra azienda e lavoratore 176 Ipotesi di riduzione del cuneo contributivo: i vantaggi per i lavoratori nel caso si sceglie l'opzione busta paga Vantaggi mensili in euro Fonte elaborazione Uil Servizio Politiche Territoriali
bonus si perde. In totale, il taglio del suo cuneo contributivo sarebbe pari a 1.500 euro all'anno ( 126 al mese ), sommando la riduzione dal 33 al 30% dei contributi a carico dell'azienda con l'altra dal 9,19 al 6,19% di quelli a suo carico. Di questi 1.500 euro, la metà e dunque 750 euro potrebbero andare nei fondi pensione. Altrimenti trattenuti nello stipendio, laddove però si ridurrebbero a 512 euro. La scelta per il dipendente sarebbe dunque questa:
accontentarsi di 43 euro in più al mese o metterne 63 nella previdenza complementare (sapendo di averne persi altrettanti). E avere, particolare non trascurabile, un lavoro. ©RIPRODUZIONE RISERVATA
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IL CASO/1 »ATI »IE 25 »I ALL'AMI» Sommerso, 2 milioni di posti ROSARIA AMATO ROMA. Oltre due milioni di lavoratori in nero, un'economia sommersa che vale quasi 42 miliardi euro l'anno con un'evasione complessiva di 25 miliardi tra imposte e contributi. La Fondazione studi dei Consulenti del lavoro ha fatto un po' di calcoli su dati Inps, Inail e ministero del Lavoro (basandosi su una ipotetica retribuzione giornaliera di 86,80 per 241 giornate l'anno, un dato certo in molti casi lontanissimo dalla realtà) e il mancato gettito corrisponde all'I,5% del prodotto interno lordo, si osserva il presidente Rosario De Luca. In media, su «ogni tre imprese ispezionate, si trova una persona impiegata, ma non registrata». Anche secondo uno studio dell'Istat i lavoratori in nero in Italia sono poco meno del 10% degli occupati ( che in totale sono circa 2,2 milioni al momen ROSARIA AMATO ROMA. Oltre due milioni di lavoratori in nero, un'economia sommersa che vale quasi 42 miliardi euro l'anno con un'evasione complessiva di 25 miliardi tra imposte e contributi. La Fondazione studi dei Consulenti del lavoro ha fatto un po' di calcoli su dati Inps, Inail e ministero del Lavoro (basandosi su una ipotetica retribuzione giornaliera di 86,80 per 241 giornate l'anno, un dato certo in molti casi lontanissimo dalla realtà) e il mancato gettito corrisponde all'I,5% del prodotto interno lordo, si osserva il presidente Rosario De Luca. In media, su «ogni tre imprese ispezionate, si trova una persona impiegata, ma non registrata». Anche secondo uno studio dell'Istat i lavoratori in nero in Italia sono poco meno del 10% degli occupati ( che in totale sono circa 2,2 milioni al momen to), ma il tasso è più alto per le donne (si arriva all'11% contro il 9% degli uomini), e gli stranieri, con una situazione più grave per chi arriva dai Paesi dell'Unione Europea. Conta anche il livello d'istruzione: per chi si è limitato a finire la scuola primaria si sfiora il 20%, ma comunque anche chi si è fermato al diploma di scuola media superiore il tasso è più alto della media, ail' 11,1 %. Il settore con il tasso più alto non è l'agricoltura, al centro del dibattito sul caporalato e sulle morti nei campi in Puglia, anche se il 21,6% dei lavoratori del settore è irregolare. In testa c'è invece il lavoro domestico, quasi al 30%, seguito dalle attività ricreative e di intrattenimento ( 25,8%). In nero anche il 16,1% di cuochi e camerieri, e il 12,8% dei muratori. Le concentrazioni maggiori di lavoratori irregolari si riscontrano in Calabria e in Campania, con un tasso superiore al 19%, mentre in Sicilia si arriva comunque al 15%. ROSARIA AMATO ROMA. Oltre due milioni di lavoratori in nero, un'economia sommersa che vale quasi 42 miliardi euro l'anno con un'evasione complessiva di 25 miliardi tra imposte e contributi. La Fondazione studi dei Consulenti del lavoro ha fatto un po' di calcoli su dati Inps, Inail e ministero del Lavoro (basandosi su una ipotetica retribuzione giornaliera di 86,80 per 241 giornate l'anno, un dato certo in molti casi lontanissimo dalla realtà) e il mancato gettito corrisponde all'I,5% del prodotto interno lordo, si osserva il presidente Rosario De Luca. In media, su «ogni tre imprese ispezionate, si trova una persona impiegata, ma non registrata». Anche secondo uno studio dell'Istat i lavoratori in nero in Italia sono poco meno del 10% degli occupati ( che in totale sono circa 2,2 milioni al momen to), ma il tasso è più alto per le donne (si arriva all'11% contro il 9% degli uomini), e gli stranieri, con una situazione più grave per chi ©RIPRODUZIONE RISERVATA arriva dai Paesi dell'U
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SPENDING REVIEW Immobili pubblici, tagli per 500 milioni Marco Rogan' > pagina 7 II
Le vie della ripresa VERSO LA LEGGE DI STABILITÀ II piano spending Gutgeld: siamo al lavoro per riportare efficienza in tutti i settori, sanità compresa Gli spazi utilizzati dallo Stato Uno dei gruppi di lavoro di Cottarelli ha stimato la consistenza in 79,2 milioni di metri quadri
Tagli, dagli immobili 500 milioni Palazzo Ghigi e Agenzia del demanio al lavoro - Nel mirino affittì, utenze e pulizie Marco Rogari ROMA Almeno 300 milioni di risparmi nel 2016, forse anche 500. Che però dovrebbero lievitare sensibilmente a partire dall'anno successivo anche per effetto dell'attuazione della riforma Pa che prevede la realizzazione di un Ufficio unico territoriale del Governo in cui inglobare varie strutture: dalle Ragionerie territoriali fino agli uffici "periferici" del lavoro. Il piano di razionalizzazione degli immobili pubblici sta assumendo una fisionomia sempre più definita sulla base degli input che arrivano da Palazzo Ghigi, dal ministero dell'Economia e in particolare dall'Agenzia del demanio. Nel mirino ci sono soprattutto gli affitti, le utenze e le pulizie. Ogni anno lo Stato spende in locazioni passive per immobili destinati a uso uffici 1-1,2 miliardi. Ma la spesa effettivamente aggreditele non supera un terzo di quella di quella complessiva (3-400 milioni), anche perché alcune locazioni sono di fatto di lungaduratacome ad esempio quelle collegate al Fip, il Fondo immobili pubblici nel quale lo Stato ha ceduto negli anni scorsi una parte delle strutture ad uso governativo. Per ridurre i costi con il piano spending, al quale sta lavorando il commissario Yoram Gutgeld insieme a Roberto Perotti, l'idea di fondo è di concentrare in un unico edificio una serie diversificata di uffici. Un esempio emblematico in questo senso è quello in atto a Chieti dove una caserma dismessa è in via di trasformazione con l'obiettivo di diventare un polo multifunzionale della Pa dove troveranno posto l'arma dei Carabinieri, la sede territoriale della Ragioneria dello Stato, quella dei Monopoli, L'Agenzia delle entrate e altri enti pubblici. Un progetto che dovrebbe essere replicato su scala nazionale facendo leva sulle misure della riforma Pa, approvata dal Parlamento prima della pausa ACCORPAMELO UFFICI Anche per effetto della riforma Pa nel nuovo Ufficio territoriale unico sa ranno assorbite molte strutture periferiche dello Stato Spendingreview • Èiltermineinglesecheindicala revisione della spesa pubblica. Un processo diretto a migliorare l'efficienza e l'efficacia della macchina pubblica nella gestione delle risorse economiche, attraverso l'analisi e la valutazione sistematiche delle strutture organizzative, delle procedure di decisione e attuazione, dei singoli atti all'interno dei programmi, dei risultati. Migliorando al tempo stesso la qualità dei servizi estiva, che prevedono la nascita degli Uffici territoriali del Governo in cui assorbire le Prefetture e altre strutture territoriali. L'attuazione di questo piano consentirebbe di ridurre sensibilmente oltre alle spese per gli affitti anche i costi legati alle utenze e ad altre voci accessorie come le pulizie. I margini per eliminare sprechi appaiono insomma ampi. Uno dei gruppi di lavoro attivati lo scorso anno dall'allora commissario alla spending Carlo Cottarelli avevano stimato in 79,2 milioni di metri quadrati la consistenza complessiva dello spazio in immobili utilizzato dalle amministrazioni dello Stato per i loro fini istituzionali. "Un'area" vastissima, il 20% della quale assorbita da locazioni passive e nel complesso occupata per circa 42,5 milioni di metri quadri da immobili utilizzati dal ministero della Difesa. Lo stesso Cottarelli, ora all'Fmi, ha ribadito che «il costo della politica inteso come onere complessivo degli organi costituzionali e delle amministrazioni locali non supera i 5 miliardi sui circa 740 di spesa pubblica primaria (al netto degli interessi)». Un massa di spesa che è ora sotto la lente di Gutgeld. Che ieri ha tenuto a precisare che sulla sanità «quest'anno c'è stato solo il mancato aumento di fondi. Non parliamo di tagli». Quanto alle nuove misure da inserire nella manovra Gutgeld ha sottolineato: «Siamo al lavoro per riportare efficienza in tutti i settori, sanità compresa». ©RIPRODUZIONERISERVATA
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Le amministrazioni dello Stato utilizzano a fini istituzionali immobili per una consistenza lorda complessiva di 79,2 milioni di metri quadri. Di questi circa l'81% edi proprietà (64,3 mln di mq) mentre il 19% (14,9 mln) è in locazione passiva MQ IN LOCAZIONE G LI SPAZI Affitti «passivi» nel mirino 14,9 milioni LA SPESA La spesa dello Stato per le locazioni passive edi oltre 1,2 miliardi. Escluso il ministero della Difesa che da solo utilizza i due terzi delle superfici di proprietà (circa 42,6 mln di mq) le altre amministrazioni utilizzano perii 40% immobili di terzi COSTI PER LO STATO miliardi II piano del Governo per tagliare la spesa sulle locazioni passive punta a un risparmio di 300 milioni nel 2016, forse anche 500. Cifra che dovrebbe aumentare dall'anno successivo per effetto dell'attuazione della riforma Pa RISPARMI POSSIBILI 500 milioni II patrimonio immobiliare pubblico Unità immobiliari della Paperamministrazioneproprietaria al 31 dicembre 2012 Nota-per ministeri eamministrazioni centrali si tiene contodeglnmmobili gestiti dall'Agenzia del Demanio Fonte-Mes DipartimentodelTesoro
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LE MISURE PER LA CRESCITA Bonus lavori in casa e mobili, ipotesi proroga e ampliamento Bonus lavori in casa e mobili, ipotesi proroga e ampliamento Giorgio Santilli" pagina 4 Bonus lavori in casa e mob
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Le proposte del ministro II titolare delle Infrastrutture: 65% anche agli Iacp e sgravio mobili a chi va in affitto Le vie della ripresa LE MISURE PER L'EDILIZIA Le proposte del ministro II titolare delle Infrastrutture: 65% anche agli Iacp e sgravio mobili a chi va in affitto Le imprese Per l'Ance incentivi alla riqualificazione urbana FederlegnoArredo: via il tetto di lOmila euro Le proposte del ministro II titolare delle Infrastrutture: 65% anche agli Iacp e sgravio mobili a chi va
Bonus lavori e mobili, ipotesi ampliamento Nella legge di stabilità la proroga dell'incentivo fiscale al 2016 - Delrio: strumento che va esteso gerà con gli incontri sulla legge di stabilità ai massimi livelli di governo: da una parte, l'estensione dei crediti di imposta (e in particolare di quello sul risparmio energetico) anche agli alloggi popolari pubblici finora esclusi dai benefici; dall'altra l'ammissione al bonus fiscale per l'acquisto di mobili anche a chi va in affitto. «Se la vediamo dallaparte del cittadino e in particolare di una giovane coppia che vuole mettere su casa e famiglia - dice il ministro suona quasi come una beffa che possa utilizzare lo sconto solo chi è proprietario di un'abitazio-ROMA v < Per ora non sono arrivate dentro il governo obiezioni alla riconferma nel 2016 degli sgravi Irpef del 50% e del 65% per chi effettua lavori di ristrutturazione in casa o di efficientamento energetico e per chi acquista i mobili per la propria abitazione: nessuna obiezione dalla task force sulla spending review guidata da Yoram Gutgeld, che pure vuole recuperare 1,1-1,3 m'~ liardi dalle tax expenditure ma non "punta" gli incentivi all'edilizia, nessuna obiezione neanche dal ministero dell'Economia che dovrà tener conto degli effetti di cassa per alcunecentinaiadimilionima condivide una valutazione positiva sullo strumento. Certo è che chi si è intestato nel governo la battaglia sui bonus fiscali per l'edilizia è il ministro delle Infrastrutture, Graziano Delrio, che ha già posto la doppia questione della proroga degli strumenti nel 2016 e dell'allargamento della platea dei beneficiari. «Se lo strumento ha funzionato e ha portato buoni risultati in termini di politica economica per la crescita e anche per le casse dello Stato, sarebbe sbagliato non utilizzarlo al meglio», ha detto il ministro delle Infrastrutture nell'intervista al Sole 24 Ore del 20 agosto. Due, in particolare, sono le ipotesi di rafforzamento dei bonus e di allargamento della platea dei beneficiari che Delrio è pronto a presentare formalmente quando si strin gerà con gli incontri sulla legge di stabilità ai massimi livelli di governo: da una parte, l'estensione dei crediti di imposta (e in particolare di quello sul risparmio energetico) anche agli alloggi popolari pubblici finora esclusi dai benefici; dall'altra l'ammissione al bonus fiscale per l'acquisto di mobili anche a chi va in affitto. «Se la vediamo dallaparte del cittadino e in particolare di una giovane coppia che vuole mettere su casa e famiglia - dice il ministro - suona quasi come una beffa che possa utilizzare lo sconto solo chi è proprietario di un'abitazio-Credito d'imposta gerà con gli inc • Con il termine di credito d'imposta si definisce qualsiasi credito che il contribuente vanta nei confronti delle casse dell'erario dello Stato. Qualora si verificasse questa situazione, questo tipo di credito può essere utilizzato per andare a compensare eventuali debiti, come pure per il pagamento delle imposte dovute e infine, quando ciò risulta ammesso dalla casistica, se ne può richiedere anche il rimborso. ntri sulla legge di stabilità ai massimi livelli di governo: da una parte, l'estensione dei crediti di imposta (e in particolare di quello sul risparmio energetico) anche agli alloggi popolari pubblici finora esclusi dai benefici; dall'altra l'ammissione al bonus fiscale per l'acquisto di mobili anche a chi va in affitto. «Se la vediamo dallaparte del cittadino e in particolare di una giovane coppia che vuole met ne perché nella gran parte dei casi un giovane che ha più bisogno di essere sostenuto comincerà il suo percorso andando in affitto». Si apre insomma una partita che riguarda il tema dell'utilizzo degli sgravi Irpef sempre più in termini di strumenti utili a rafforzare la crescita. Delrio è ottimista, convinto di essere in sintonia anche con il premier Matteo Renzi. Il presidente della commissione Ambiente della Camera, Ermete Realacci, che da tempo difende lo strumento ed è sulla stessa lunghezza d'onda del ministro delle Infrastrutture, va anche oltre e immagina che il 65% per il risparmio energetico possa essere la prima pietra di una politica nazionale di efficientamento energetico degli edifici pubblici, con effetti di spending review che sarebbero rilevanti anche sulla bolletta energetica. La conferma e l'ampliamento dei bonus è una posizione sostenuta anche dalle imprese. Se i costruttori dell'Ance vedono con favore l'estensione degli strumenti fiscali dalla scala micro a quella macro (e in particolare alle operazioni di riqualificazione urbana), venerdì il presidente d i FederlegnoArredo, Roberto Snaidero, ha chiesto di alzare il tetto di lomila euro per la spesa agevolabile nell'acquisto di mobili. G.Sa. ere su casa e famiglia - dice il ministro - suona quasi come una beffa che possa utilizzare lo sconto solo chi è proprietario di un'abitazio-Credito d'imposta gerà con gli inc • Con il termine di credito d'imposta si definisce qualsiasi credito che il contribuente vanta nei confronti delle casse dell'erario dello Stato. Qualora si verificasse questa situazione, questo tipo di credito può essere utilizzato per andare a compensare eventuali debiti, come pure per il pagamento delle imposte dovute e infine, quando ciò risulta ammesso dalla casistica, se ne può richiedere anche il rimborso. ntri sulla legge di stabilità ai massimi livelli di governo: da una parte, l'estensione dei crediti di imposta (e in particolare di quello sul risparmio energetico) anche agli alloggi popolari pubblici finora esclusi dai benefici; dall'altra l'ammissione al bonus fiscale per l'acquisto di mobili anche a chi va in affitto. «Se la vediamo dallaparte del cittadino e in particolare di una giovane coppia che vuole met ne perché nella gran parte dei casi un giovane che ha più bisogno di essere sostenuto comincerà il suo percorso andando in affitto». Si apre insomma una partita che riguarda il tema dell'utilizzo degli sgravi Irpef sempr ©RIPRODUZIONE RISERVATA più in termini di stru
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Totale investimenti attivati Gli investimenti e l'occupazione veicolati dai bonus ristrutturazione (50%) e riqualificazione energetica (65%) L'ANDAMENTO Il volano degli sconti Irpef Gli investimenti e l'occupazione veicolati dai bonus ristrutturazione (50%) e riqualificazione energetica (65%) L'ANDAMENTO Totale investimenti attivati 98 00 02 04 06 08 10 12 14 Gli investimenti e l'occupazione veicolati dai bon 98 00 02 04 06 08 10 12 14 s ristrutturazione (50%) e riqualificazione GLI EFFETTI DI VECCHI E NUOVI INCENTIVI • Totale investimenti attivati (in mln €)Occupati diretti « Occupati totali diretti + indotto energetica (65%) L'ANDAMENTO Totale investimenti attivati 98 00 02 04 06 08 10 12 14 Gli investimenti e l'occupaz 107.9651.610.167 7.712 115.012 75.622 1.128.889 25.207 1.073.446 i 76.675 752.593 one veicolati dai bon 98 00 02 04 06 08 10 12 14 s ristrutturazione (50%) e riqualificazione GLI EFFETTI DI VECCHI E NUOVI INCENTIVI • Totale investimenti attivati (in mln €)Occupati diretti « Occupati 376.296 totali 250.864 diretti Fonte: elaborazioni e stime CRESME + indotto energetica (65%) L'ANDAM
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L'elaborazione del Sole 24 Ore sui dati fiscali: imponibili giù in quasi tutte le province La crisi taglia i redditi: ecco chi ha perso di più Male Sud e isole, ma anche a Roma e Milano cali oltre il 4% Le province del Sud e delle Isole sono quelle in cui lacrisihacolpito più duramente i redditi, stando agli importi dichiarati al fisco dal 2008 al 2014 (anno d'imposta 2013). Il Le province in cui il reddito complessivo dichiarato è diminuito di più bia: -6,7% a valori costanti. Tra le aree più in difficoltà anche Roma Milano e diverse olbia Prato Barletta Palermo Carbonia Crotone Roma Foggia Caserta Catania province della Lombardia, tutte con ridu- TempioAT"r^a Iglesias zioni degli introiti dichiarati superiori al 4 percentO.NellostesSOarcodÌtempO,SÌSOno 16.829 19.767 14.471 17.571 16.338 13.663 24.355 14.579 15.917 16.546 persi più di 85omila contribuenti ed è diminuita la quota di reddito che fa capo a chi dichiara più di 75mila euro. La riduzione dei redditi, oltre alle famiglie, interessa anche il Governo, che nelle prossime settimane dovrà delineare la legge di stabilità per il 2016: in questo senso, l'aumento dei contratti a tempo indeterminato, la ripresa del Pil e la riduzione delle ore di cassa integrazione potrebbero avere effetti positivi sulle basi imponibili. cassa integrazione potrebbero avere effetti positivi sulle basi imponibili. L'elaborazione del Sole 24 Ore sui dati fiscali: imponibili giù in quasi tutte le province La crisi taglia i redditi: ecco chi ha perso di più Male Sud e isole, ma anche a Roma e Milano cali oltre il 4% -57 "5,5 "5,4 cassa integrazione p-4,9 -4,8 -4,8 -4,7 -4,7 otrebbero avere effetti positivi sul A 7
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II confronto L'analisi su base provinciale degli importi comunicati alle Entrate tra il 2008 e il 2014 Dichiarazioni fiscali I CONTI DELLE FAMIGLIE II confronto L'analisi su base provinciale degli importi comunicati alle Entrate tra il 2008 e il 2014 «Carovita» e non solo Perdita di potere d'acquisto per effetto dell'inflazione e dei blocchi agli aumenti II confronto L'analisi su base provinciale degli importi comunicati alle Entrate tra il 2008 e il 2014 «
Sui redditi degli italiani la scure della crisi Cali superiori al 6% a Prato e Olbia, oltre il 4% a Roma, Milano e in altre province lombarde Cristiano Dell'Oste Tra le aree che hanno sofferto di più la crisi ci sono il Sud e le Isole, ma anche Roma e diverse Province dellaLombardia: da Milano a Como, da Bergamo a Lecco e Monza-Brianza. Tutte zone in cui il reddito medio dichiarato al fisco nel 2014 risulta di oltre il 4% più basso rispetto ai livelli di cinque anni prima, considerando gli effetti dell'inflazione. I dati delle Finanze per gli anni d'imposta 2008-2013 ~ aggregati su base provinciale dal Sole 24 Ore del Lunedì - permettono di ricostruire l'andamento dei guadagni delle famiglie attraverso gli
Olbia-Tempio (-6,67%). Sono numeri che contengono insélecauseeglieffettidellacrisi. Da un lato, si capisce bene da dove sia partita la stagnazione della domanda interna, con la spesa media mensile delle famiglie diminuita del 6,7% tra il 2008 e il 2013 secondo l'Istat. Dall'altro, si intravede la difficoltà delle aziende che non hanno potuto sfruttare lo sbocco dell'export, perché oltre alle province lombarde - ci sono anche altre aree produttive storiche come Bologna, Reggio Emilia, Padova e Treviso. Del resto, basta pensare che il 56% dei redditi dichiarati al fisco tensità del calo: soltanto in una arriva dai lavoratori dipendenti e manciata di casi fortunati la importi indicati nel modello Unico, nel 730 e nel Cud da oltre contrazione è sotto l'i%, mentre in il 35% dai pensionati per capire 40 milioni di contribuenti italiani. quasi metà delle Province i redditi quanto possano aver pesato sul sono diminuiti più del 3%, fino alle dato generale le ore di cassa Certamente, i numeri ufficiali punte di Prato (-6,07%) e non conteggiano l'evasione
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fiscale, ma regalano comunque un punto di vista inedito. Il primo dato che salta all'occhio è l'impoverimento generale. Se si ragiona a parità di potere d'acquisto, si vede che su oltre 100 Province - considerando per omogeneità di confronto anche ce ne sono soltanto tre in cui il reddito dichiarato è cresciuto: Belluno, Bolzano e L'Aquila (dove il dato, però, potrebbe segnalare un recupero dopo l'annus horribils del terremoto del 2009, più che una vera crescita). Il secondo aspetto da non trascurare è l'in-
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integrazione, la mobilità e i licenziamenti. Anzi, c'è quasi da stupirsi che il calo medio del reddito a livello nazionale - sia stato "
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12,9% II reddito dichiarato dai «ricchi» All'1,9% di italiani oltre i 75mila euro fa capo il 12,9% del reddito solo" del 3,27%, mentre nello stesso periodo l'Italia ha perso 9 punti di Pil. Ma qui ad attenuare l'impatto della crisi hanno contribuito le pensioni e gli stipendi del settore pubblico. In gioco, comunque, non ci sono solo i conti delle famiglie, ma anche quelli dello Stato. Negli ultimi cinque anni i contribuenti che dichiarano un «Reddito complessivo» maggiore di zero sono diminuiti di oltre 85omila, e il totale dei redditi - che pure in termini nominali è cresciuto di 27 miliardi - a valori costanti è calato di 47 miliardi. E non è difficile accorgersi che il blocco degli adeguamenti contrattuali nel pubblico impiego è servito (anche) a fare in modo che lo Stato potesse pagare gli stipendi con la moneta "di ieri", ignorando almeno in parte la riduzione della base imponibile reale. Ecco perché, guardando alla legge di stabilità per il 2016 su cui diversi esponenti del Governo hanno già iniziato a ragionare pubblicamente, diventano decisivi gli ultimi indicatori economici. Pensiamo al Pil in crescita nel secondo trimestre (+0,2%), ma soprattutto al crollo delle ore di cassa integrazione a luglio (-26,9% su base annua) e alle Ó5omila assunzioni stabili con la decontribuzione, che nell'obiettivo indicato dall'Esecutivo dovrebbero diventare un milione entro fine anno: da qui potrebbe partire una "ripresina" anche dei redditi dichiarati al fisco. Un elementoche,sesarà accompagnato dall'emersione dell'evasione, renderà un po' meno complicata la prossima manovra. ©RIPRODUZIONE RISERVATA
CONGIUNTURA
Le differenze. A Crotone e Vibo gli importi medi minori In difficoltà anche il club degli «over 75mila euro» Anche il club dei contribuenti che dichiarano più di 75mila euro all'anno ha sentito gli effetti della crisi. Se è vero che la percentuale di ricchi è rimasta quasi invariata intorno alFi.9%, il club ha perso i5mila "iscritti" ed è sceso a 77omila contribuenti. Inoltre, il reddito complessivo che fa capo a questi soggetti è passato dal 13,27% al 12,97% del totale. D'altra parte, questi numeri vanno letti tenendo presenti le differenze territoriali nella concentrazione e nella distribuzione dei redditi. A Milano i contribuenti con introiti oltre i 75mila euro annui sono il 4% e dichiarano un quarto dei redditi provinciali, mentre nel Medio Campidano non arrivano allo 0,5% come incidenza e al 3% come importi dichiarati. Un altro elemento da non trascurare è il divario tra i redditi medi dichiarati. La provincia di Milano guida anche questa classifica, con oltre 27mila euro di media an- Anche il club dei contribuenti che dichiarano più di 75mila euro all'anno ha sentito gli effetti della crisi. Se è vero che la percentuale di ricchi è rimasta quasi invariata intorno alFi.9%, il club ha perso i5mila "iscritti" ed è sceso a 77omila contribuenti. Inoltre, il reddito complessivo che fa capo a questi soggetti è passato dal 13,27% al 12,97% del totale. D'altra parte, questi numeri vanno letti tenendo presenti le differenze territoriali nella concentrazione e nella distribuzione dei redditi. A Milano i contribuenti con introiti oltre i 75mila euro annui sono il 4% e dichiarano un quarto dei redditi provinciali, mentre nel Medio Campidano non arrivano allo 0,5% come incidenza e al 3% come importi dichiarati. Un altro elemento da non trascurare è il divario tra i redditi medi dichiarati. La provincia di Milano guida anche questa classifica, con oltre 27mila euro di media an-nua, seguita da Roma e Bologna, a pari merito a 24.355 euroMa più di questi primati - che dipersénonsonounanovità-va misurata la distanzarispetto alle province povere: i contribuenti di Crotone e Vibo Valentia, in fondo allagraduatoria, arrivano appena a metà degli importi dichiarati dai milanesi. E per quanto il dato di certe aree del Sud possa essere "sporcato" da una maggiore incidenza del sommerso e attutilo da un minor costo della vita, differenze così marcate sembrano confermare la necessità di un intervento di riequilibrio a favore delle famiglie povere, come quello annunciato nelle scorse settimane dal Governo. Anche se va osservato che i redditi dichiarati nel 2014 non conteggiano ancora l'effetto di riequilibrio del "bonus Irpef da 80 euro, che potrebbe aver sfumato alcune differenze. C.D.O. Anche il club dei contribuenti che dichiarano più di 75mila euro all'anno ha sentito gli effetti della crisi. Se è vero che la percentuale di ricchi è rimasta quasi invariata intorno alFi.9%, il club ha perso i5mila "iscritti" ed è sceso a 77omila contribuenti. Inoltre, il reddito complessivo che fa capo a questi soggetti è passato dal 13,27% al 12,97% del totale. D'altra parte, questi numeri vanno letti tenendo presenti le differenze territoriali nella concentrazione e nella distribuzione dei redditi. A Milano i contribuenti con introiti oltre i 75mila euro annui sono il 4% e dichiarano un quarto dei redditi provinciali, mentre nel Medio Campidano non arrivano allo 0,5% come incidenza e al 3% come importi dichiarati. Un altro elemento da non trascurare è il divario tra i redditi medi dichiarati. La © RIPRODUZIONE RISERVATA provincia di Milano guid
Reddito complessivo •II reddito complessivo è la somma delle diverse categorie di reddito ottenute da un contribuente in un certo anno d'imposta (redditi di lavoro dipendente, di lavoro autonomo, Diversamente dal reddito imponibile, è considerato al lordo degli oneri deducibili, compresa la deduzione Irpef sull'abitazione non conteggia neppure le detrazioni. Nelle statistiche ufficiali delle Finanze è riportato sia al lordo che al netto dei redditi sottoposti alla cedolare secca sugli affitti. •II reddito complessivo è la somma delle diverse categorie di reddito ottenute da un contribuente in un certo anno d'imposta (redditi di lavoro dipendente, di lavoro autonomo, Diversamente dal reddito imponibile, è considerato al lordo degli oneri deducibili, compresa la deduzione Irpef sull'abitazione non conteggia neppure le detrazioni. Nelle statistiche ufficiali delle Finanze è riportato sia al lordo che al netto dei redditi sottoposti alla cedolare secca sugli affitti.
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Lunedì Lunedì 24/08/2015 24/08/2015
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CAMPOBASSO CARBONIA IGLESIAS 0.93%0.62% MEDIA ITALIA 1,92% Per ogni provincia è indicato il reddito complessivo dichiarato dai contribuenti nel 2014 (anno d'imposta 2013), con la variazione % in termini reali rispetto al 2008.1 dati sono stati ricostruiti aggregando i redditi su base comunale. Per ogni provincia è indicata anche la percentuale di contribuenti con un reddito oltre i 75mila euro e la variazione % del numero di contribuenti rispetto al 2008 I numeri Contribuenti 20082013 41.041.337 40,m,792 Variazione 2013/2008 Reddito dichiarato Miliardi di euro rivalutati al 2013 20082013 858,9 ___Variazione 201372008 ___ _-5,5%T _ -5,5%TMEDIO MEDIOCAMPIDANQMESSINA CAMPIDANQMESSINA0,38%—1,06% 0,38%—1,06%MONZA MONZABRIANZA BRIANZA2,72% 2,72%MANTOVA MANTOVA— —1,71% 1,71%MASSA MASSACARRAR CARRAR1.42% 1.42% OGLIASTRAOLBIA TEMPIO 0.43%1.31% PERUGIAPESARO URBINO PESCARA 1,54%1,40% 1,51% RAVENNA REGGIO CALABRIA REGGIO EMILIA L69%0,85% 1,93% RIETI 1,08% RIMINI 1,51% ROMA 3,49% ROVIGO 1,09% SALERNO 1,08% SASSARI 1,26% 2,53% T 4,83% T 2,26% T 2,85% T +0,81% A +0,69% A 3,62% T 1,41% T 3,31% T SAVONA 1,87% 20.734-1,39% 20.734 -1,39%3,54% 3,54%TT_2,79%T _2,79%T_2,87% _2,87%TT__19.610-1,50% 19.610 -1,50%_2,41% _2,41%TT___2,51% _2,51%T T __ __ _3,74% _3,74% T _T •I _ •I 3,58% 3,58% T _4,24% T _4,24% T +1,55% T +1,55% AA _ _2,85% _ _2,85% T .TTRIESTE . TRIESTE 2,22% 2,22% 22.737-0,62% 22.737 -0,62% UDINE UDINE 1,74% 1,74% 20.663-1,76% 20.663 -1,76% 5,87% 5,87% T VENEZIA T VENEZIA 1,84% 1,84% VERBANO C. O. 1,45% VERCELtl 1,43% 20.480-1,35% 20.480 -1,35%VIBO VIBOVALENTIA VALENTIA0,56% 0,56%13.765-0,83% 13.765 -0,83%VICENZA VICENZA1,79% 1,79%21.246-1,79% 21.246 -1,79%1,71% 1,71%T TFonte Fonte elaborazioni su dati Finanze CAMPOBASSO CARBONIA IGLESIAS 0.93%0.62% MEDIA ITALIA 1,92% Per ogni provincia è indicato il reddito complessivo dichiarato dai contribuenti nel 2014 (anno d'imposta 2013), con la variazione % in termini reali rispetto al 2008.1 dati sono stati ricostruiti aggregando i redditi su base comunale. Per ogni provincia è indicata anche la percentuale di contribuenti con un reddito oltre i 75mila euro e la variazione % del numero di contribuenti rispetto al 2008 I numeri Contribuenti 20082013 41.041.337 40,m,792 Variazione 2013/2008 Reddito dichiarato Miliardi di euro rivalutati al 2013 20082013 858,9 ___Variazione 201372008 ___ _-5,5%T _ -5,5%TMEDIO MEDIOCAMPIDANQMESSINA CAMPIDANQMESSINA0,38%—1,06% 0,38%—1,06%MONZA MONZABRIANZA BRIANZA2,72% 2,72% MANTOVA — 1,71% MASSA CARRAR 1.42% OGLIASTRAOLBIA TEMPIO 0.43%1.31% PERUGIAPESARO URBINO PESCARA 1,54%1,40% 1,51% RAVENNA REGGIO CALABRIA REGGIO EMILIA L69%0,85% 1,93% RIETI 1,08% RIMINI 1,51% ROMA 3,49% ROVIGO 1,09% SALERNO 1,08% SASSARI 1,26% 2,53% T 4,83% T 2,26% T 2,85% T +0,81% A +0,69% A 3,62% T 1,41% T 3,31% T SAVONA 1,87% 20.734-1,39% 20.734 -1,39%3,54% 3,54%TT_2,79%T _2,79%T _2,87% T _ 19.610-1,50% 19.610 -1,50%_2,41% _2,41%TT___2,51% _2,51%TT__ ___3,74% _3,74%TT__•I•I3,58% 3,58%TT_4,24% _4,24%TT+1,55% +1,55%AA___2,85% _2,85%TT..TRIESTE TRIESTE2,22% 2,22%22.737-0,62% 22.737 -0,62%UDINE UDINE1,74% 1,74% 20.663 -1,76%5,87% 20.663-1,76% 5,87%TTVENEZIA VENEZIA1,84% 1,84%VERBANO VERBANOC. C.O. O.1,45% 1,45%VERCELtl VERCELtl1,43% 1,43%20.480-1,35% 20.480 -1,35%VIBO VIBOVALENTIA VALENTIA0,56% 0,56%13.765-0,83% 13.765 -0,83%VICENZA VICENZA 1,79% 21.246-1,79% 21.246 -1,79%1,71% 1,71%TTFonte Fonteelaborazioni elaborazionisu sudati datiFinanze FinanzeCAMPOBASSO CAMPOBASSOCARBONIA CARBONIAIGLESIAS IGLESIAS0.93%0.62% 0.93%0.62%MEDIA MEDIAITALIA ITALIA1,92% 1,92%Per Perogni ogni provincia è indicato il reddito complessivo dichiarato dai contribuenti nel 2014 (anno d'imposta 2013), con la variazione % in termini reali rispetto al 2008.1 dati sono stati ricostruiti aggregando i redditi su base comunale. Per ogni provincia è indicata anche la percentuale di contribuenti con un reddito oltre i 75mila euro e la variazione % del numero di contribuenti rispetto al 2008 I numeri Contribuenti Per ogni provincia 20082013 è indicato 41.041.337 il reddito 40,m,792 complessivo Variazione dichiarato 2013/2008 dai contribuenti Reddito dichiarato nel 2014 (anno d'imposta Miliardi di euro rivalutati 2013), conalla2013 variazione 20082013 % in858,9 termini ___Variazione reali rispetto201372008 al 2008.1 dati ___sono _-5,5%T stati MEDIO ricostruitiCAMPIDANQMESSINA aggregando i redditi su base 0,38%—1,06% comunale. Per MONZA ogni provincia è indicata anche BRIANZA 2,72% la MANTOVA percentuale di—contribuenti 1,71% MASSA con un CARRAR reddito oltre 1.42% i 75mila OGLIASTRAOLBIA euro e la variazione TEMPIO % del 0.43%1.31% numero di contribuenti PERUGIAPESARO rispetto al 2008 URBINO MEDIA PESCARA ITALIA 1,92% Contribuenti 1,54%1,40% 1,51% 20082013 RAVENNA 41.041.337 REGGIO40,m,792 CALABRIA Variazione REGGIO 2013/2008 EMILIA Per L69%0,85% ogni provincia 1,93%è RIETI indicato1,08% il reddito RIMINI complessivo 1,51% ROMA dichiarato 3,49% Reddito ROVIGO dichiarato 1,09% Miliardi di euro SALERNO 1,08% rivalutati SASSARI al 2013 1,26% 20082013 2,53% T858,9 4,83% ___Variazione T 2,26% T 2,85% 201372008 T +0,81% ___ _A-5,5%T +0,69%dai A 3,62% contribuenti T 1,41% nel T2014 3,31% (anno T SAVONA d'imposta 1,87% 2013), 20.734-1,39% con la variazione % in termini 3,54% T _2,79%T reali rispetto _2,87%alT2008.1 _ 19.610-1,50% d CAMPOBASSO _2,41% TCARBONIA _ _2,51% T __ IGLESIAS _3,74% T0.93%0.62% _ •I 3,58% TMEDIO _4,24%CAMPIDANQMESSINA T +1,55% A _ _2,85% T .0,38%—1,06% TRIESTE 2,22% ati sono stati ricostruiti aggrega 22.737-0,62% UDINE MONZA 1,74%BRIANZA 20.663-1,76% 2,72% 5,87% do i redditi T VENEZIA su bas 1,84% MANTOVA VERBANO — 1,71% C. O. comunale. 1,45% VERCELtl Per MASSA 1,43% CARRAR 20.480-1,35% 1.42% ogni VIBO provincia VALENTIA è i 0,56% OGLIASTRAOLBIA 13.765-0,83% VICENZA TEMPIO 1,79%0.43%1.31% 21.246-1,79% dicata 1,71% anche T Fonte la percentuale elaborazioni di csuPERUGIAPESARO dati Finanze CAMPOBASSO URBINO PESCARA CARBONIA 1,54%1,40% IGLESIAS1,51% 0.93%0.62% ntribuenti MEDIA con un reddito oltre ITALIA 1,92% i 75mila Per ogni europrovincia e la variazione è indicato % del il reddito numerocomplessivo di RAVENNA dichiarato REGGIO dai CALABRIA contribuenti nel REGGIO 2014 (anno EMILIA d'imposta L69%0,85% 2013), 1,93% con la variazione contribuenti %rispetto in termini al 2008rispetto reali MEDIAalITALIA 2008.1 dati 1,92% sono Contribuenti stati ricostruiti 20082013 aggregando 41.041.337 i redditi RIETI su base 1,08% comunale. 40,m,792 PerRIMINI ogni provincia 1,51% Variazione è indicata anche 2 ROMA la percentuale 3,49% 13/2008 di contribuenti P ROVIGO con un 1,09% roltre reddito ogniiprovi 75mila SALERNO euro e la variazione 1,08% cia % è indicat del numero SASSARI di contribuenti 1,26% il reddito rispettocal2,53% 2008 T I numeri mplessiContribuenti 4,83% T o dichi 20082013 2,26%41.041.337 T rato Re 2,85% 40,m,792 T dito Variazione di +0,81% A hiarato +0,69% 2013/2008 Reddito A Miliardi dichiarato 3,62% Miliardi T di euro di euro 1,41% rivalutati T rivalut al 2013 3,31% 20082013 T ti al 2858,9 SAVONA ___Variazione 1,87% 13 201372008 20082013 20.734 ___ _-5,5%T -1,39%MEDIO 858,9 ___Vari CAMPIDANQMESSINA 3,54% T zione 2 _2,79%T 1372008 0,38%—1,06% MONZA _2,87%BRIANZA T _ ___ _ 2,72% -5,5 19.610 MANTOVA -1,50% _2,41% — 1,71% T MASSA _ T dai contribuenti CARRAR 1.42% nel 2 _2,51% OGLIASTRAOLBIA T __ _3,74% T TEMPIO _ 14 (anno0.43%1.31% d'imposta 2013), •I co 3,58% T la var _4,24% T azione PERUGIAPESARO URBINO % +1,55% PESCARA A _ _2,85% 1,54%1,40% T . in termini 1,51% reali RAVENNA rispetto a TRIESTE REGGIO CALABRIA 2,22% 2008.1REGGIO d CAM 22.737 EMILIA -0,62% L69%0,85% OBASSO 1,93% C UDINE RIETI 1,74% 1,08% RBONIA1,51% RIMINI IGLEROMA 20.663 3,49% -1,76%ROVIGO IAS 0.93%0.62 1,09% 5,87% SALERNO T MEDIO 1,08%VENEZIA SASSARI1,84% 1,26%CAMPIDANQMESS 2,53% T 4,83% T 2,26% VERBANO T 2,85%C. T O. +0,81% 1,45%ANA +0,69% 0,38%—1,06% A 3,62% Tati 1,41% VERCELtl T 3,31% T SAVONA 1,43% sono1,87% stati ric 20.734-1,39% 20.480 -1,35% 3,54% struiti T _2,79%T aggre VIBO _2,87% VALENTIA T _ 19.610-1,50% 0,56% a MONZA _2,41% T BRIANZA _ _2,51%2,7 T __ 13.765 _3,74% -0,83% T _ •I%3,58% do i reddit T _4,24% VICENZA T +1,55% A 1,79% _ _2,85% su bas T . TRIESTE MANTO 21.246 2,22% -1,79% 22.737-0,62% A — 1,71% UDINE co 1,74% 1,71% 20.663-1,76% T unale. Fonte5,87% elaborazioni T VENEZIA su dati 1,84% FinanzeVERBANO Per MASSA C.CARRAR O. 1,45% 1.42% VERCELtl ogni 1,43% provin CAMPOBASSO 20.480-1,35% VIBO CARBONIA VALENTIA IGLESIAS 0,56% 13.765-0,83% 0.93%0.62% MEDIA VICENZA ITALIA 1,79%1,92% 21.246-1,79% Per ogni 1,71% provincia T Fonte è indicato elaborazioni il reddito sucomplessivo dati Finanzedichiarato dai contribuenti nel 2014 (anno d'imposta 2013), con la variazione % in termini reali rispetto al 2008.1 dati sono stati ricostruiti aggregando i redditi su base comunale. Per ogni provincia è indicata anche la percentuale di contribuenti con un reddito oltre i 75mila euro e la variazione % del numero di contribuenti rispetto al 2008 I numeri Contribuenti 20082013 41.041.337 40,m,792 Variazione 2013/2008 Reddito dichiarato Miliardi di euro rivalutati al 2013 20082013 858,9 ___Variazione 201372008 ___ _ -5,5%T MEDIO CAMPIDANQMESSINA 0,38%—1,06% MONZA BRIANZA 2,72% MANTOVA — 1,71% MASSA CARRAR 1.42% OGLIASTRAOLBIA TEMPIO 0.43%1.31% PERUGIAPESARO URBINO PESCARA 1,54%1,40% 1,51% RAVENNA REGGIO CALABRIA REGGIO EMILIA L69%0,85% 1,93% RIETI 1,08% RIMINI 1,51% ROMA 3,49% ROVIGO 1,09% SALERNO 1,08% SASSARI 1,26% 2,53% T 4,83% T 2,26% T 2,85% T +0,81% A +0,69% A 3,62% T 1,41% T 3,31% T SAVONA 1,87% 20.734 -1,39% 3,54% T _2,79%T _2,87% T _ 19.610 -1,50% _2,41% T _ _2,51% T __ _3,74% T _ •I 3,58% T _4,24% T +1,55% A _ _2,85% T . TRIESTE 2,22% 22.737 -0,62% UDINE 1,74% 20.663 -1,76% 5,87% T VENEZIA 1,84% VERBANO C. O. 1,45% VERCELtl 1,43% 20.480 -1,35% VIBO VALENTIA 0,56% 13.765 -0,83% VICENZA 1,79% 21.246 -1,79% 1,71% T Fonte elaborazioni su dati Finanze ia è i OGLIASTRAOLBIA TEMPIO 0.43%1.31% dicata anche la percentuale di c PERUGIAPESARO URBINO PESCARA 1,54%1,40% 1,51% ntribuenti con un reddito oltre i 75mila euro e la variazione % del numero di RAVENNA REGGIO CALABRIA REGGIO EMILIA L69% 0,85% 1,93% contribuenti rispetto al 2008 MEDIA ITALIA 1,92% Contribuenti 20082013 41.041.337 RIETI 1,08% 40,m,792 RIMINI 1,51% Variazione 2 ROMA 3,49% 13/2008 P ROVIGO 1,09% r ogni provi SALERNO 1,08% cia è indicat SASSARI 1,26% il reddito c 2,53% T mplessi 4,83% T o dichi 2,26% T rato Re 2,85% T dito di +0,81% A hiarato +0,69% A Miliardi 3,62% T di euro 1,41% T rivalut 3,31% T ti al 2 SAVONA 1,87% 13 20082013 20.734 -1,39% 858,9 ___Vari 3,54% T zione 2 _2,79%T 1372008 _2,87% T _ ___ _ -5,5 19.610 -1,50% _2,41% T _ T dai contribuenti nel 2 _2,51% T __ _3,74% T _ 14 (anno d'imposta 2013), •I co 3,58% T la var _4,24% T azione % +1,55% A _ _2,85% T . in termini reali rispetto a TRIESTE 2,22% 2008.1 d CAM 22.737 -0,62% OBASSO C UDINE 1,74% RBONIA IGLE 20.663 -1,76% IAS 0.93%0.62 5,87% T MEDIO VENEZIA 1,84% CAMPIDANQMESS VERBANO C. O. 1,45% NA 0,38%—1,06% ati VERCELtl 1,43% sono stati ric 20.480 -1,35% struiti aggre VIBO VALENTIA 0,56% a MONZA BRIANZA 2,7 13.765 -0,83% % do i reddit VICENZA 1,79% su bas MANTO 21.246 -1,79% A — 1,71% co 1,71% T unale. Fonte elaborazioni su dati Finanze Per MASSA CARRAR 1.42% ogni provin CAMPO CAMPOBASSO CARBONIA IGLESIAS 0.93%0.62% MEDIA ITALIA 1,92% Per ogni provincia è indicato il reddito complessivo dichiarato dai contribuenti nel 2014 (anno d'imposta 2013), con la variazione % in termini reali rispetto al 2008.1 dati sono stati ricostruiti aggregando i redditi su base comunale. Per ogni provincia è indicata anche la percentuale di contribuenti con un reddito oltre i 75mila euro e la variazione % del numero di contribuenti rispetto al 2008 I numeri Contribuenti 20082013 41.041.337 40,m,792 Variazione 2013/2008 Reddito dichiarato Miliardi di euro rivalutati al 2013 20082013 858,9 ___Variazione 201372008 ___ _ -5,5%T MEDIO CAMPIDANQMESSINA 0,38%—1,06% MONZA BRIANZA 2,72% MANTOVA — 1,71% MASSA CARRAR 1.42% OGLIASTRAOLBIA TEMPIO 0.43%1.31% PERUGIAPESARO URBINO PESCARA 1,54%1,40% 1,51% RAVENNA REGGIO CALABRIA REGGIO EMILIA L69%0,85% 1,93% RIETI 1,08% RIMINI 1,51% ROMA 3,49% ROVIGO 1,09% SALERNO 1,08% SASSARI 1,26% 2,53% T 4,83% T 2,26% T 2,85% T +0,81% A +0,69% A 3,62% T 1,41% T 3,31% T SAVONA 1,87% 20.734 -1,39% 3,54% T _2,79%T _2,87% T _ 19.610 -1,50% _2,41% T _ _2,51% T __ _3,74% T _ •I 3,58% T _4,24% T +1,55% A _ _2,85% T . TRIESTE 2,22% 22.737 -0,62% UDINE 1,74% 20.663 -1,76% 5,87% T VENEZIA 1,84% VERBANO C. 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Per ogni provincia è indicata anche la percentuale di contribuenti con un reddito oltre i 75mila euro e la variazione % del numero di contribuenti rispetto al 2008 I numeri Contribuenti 20082013 41.041.337 40,m,792 Variazione 2013/2008 Reddito dichiarato Miliardi di euro rivalutati al 2013 20082013 858,9 ___Variazione 201372008 ___ _ -5,5%T MEDIO CAMPIDANQMESSINA 0,38%—1,06% MONZA BRIANZA 2,72% MANTOVA — 1,71% MASSA CARRAR 1.42% OGLIASTRAOLBIA TEMPIO 0.43%1.31% PERUGIAPESARO URBINO PESCARA 1,54%1,40% 1,51% RAVENNA REGGIO CALABRIA REGGIO EMILIA L69%0,85% 1,93% RIETI 1,08% RIMINI 1,51% ROMA 3,49% ROVIGO 1,09% SALERNO 1,08% SASSARI 1,26% 2,53% T 4,83% T 2,26% T 2,85% T +0,81% A +0,69% A 3,62% T 1,41% T 3,31% T SAVONA 1,87% 20.734 -1,39% 3,54% T _2,79%T _2,87% T _ 19.610 -1,50% _2,41% T _ _2,51% T __ _3,74% T _ •I 3,58% T _4,24% T +1,55% A _ _2,85% T . TRIESTE 2,22% 22.737 -0,62% UDINE 1,74% 20.663 -1,76% 5,87% T VENEZIA 1,84% VERBANO C. 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II Tesoro: «Le Regioni paghino i debiti» II ministero conferma il problema dei forti disavanzi e awerte: se ne facciano carico i governatori Rischio di un buco fino a 20 miliardi per l'uso distorto dei finanziamenti. Si apre un caso Province
Tagli alla spesa degli enti territoriali Peso cumulato, dal 2008 al 2015, delle manovre di bilancio sugli enti territoriali CONTRIBUTO TOTALE Regioni ordinarie PATTO DI STABILITÀ 12,9 Regioni statuto speciale Province Comuni TOTALE Dati m miliardi di euro 79,7 TAGLIO TRASFERIMENTI 40,1 TAGLI ALLA SANITÀ TAGLI ALLAS 17,5 Fonte: Corte dei conti d'Arco
ROMA «Una soluzione non è stata ancora individuata, ma sarà tale da non mettere a rischio il pagamento dei debiti arretrati, e soprattutto deve essere chiaro fin da ora che non ci sarà alcun impatto sui conti pubblici». Il ministero dell'Economia conferma che il problema dei fortissimi disavanzi che stanno emergendo nei bilanci di alcune Regioni per l'uso distorto dei fondi concessi dal governo per il pagamento dei debiti arretrati, « esiste, è all'attenzione della Ragioneria e deve essere approfondito», ma anche che dovranno essere le stesse Regioni a farsene carico. Come è successo con il Piemonte, dove il governatore è stato nominato anche commissario per il pagamento dei debiti, ed è stato costretto ad alzare le tasse locali per far fronte ad un buco nel bilancio 2013 di oltre 2 miliardi di euro. La soluzione che cerca il governo, spiega il ministero, è una « soluzione contabile» che permetta di gestire il buco che si sta materializzando. Forse anche una legge per spalmare il debito su più anni, ma non un intervento a carico dello Stato. La cifra della manovra di bilancio del 2016, cui sta lavorando il
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miliardo, poi 2 nel 2016 e 3 nel 2017, per un taglio complessivo dei fondi del 50%. Troppo forte dice la Corte dei conti, visto che le funzioni delle Province, e il gioni. Dopo la sentenza della loro personale, non sono stati Consulta, che ha dichiarato ancora trasferiti. E il governo, incostituzionale il bilancio del Piemonte, rischiano già di dover invece di risparmiare, rischia di doverci mettere soldi. M. Sen. © fronteggiare un disavanzo aggiuntivo stimato tra i 9 e i 20 RIPRODUZIONE RISERVATA miliardi di euro, n problema riguarda molti governatori, ma Bocciatura • I non tutti. La Toscana ieri si è fondi per i chiamata fuori. È a posto anche debiti della la Lombardia, ma il governatore Pubblica Roberto Maroni non fatica ad amministrazio ammettere che «anche alla luce ne sarebbero della sentenza della Con stati usati dalle Regioni per la spesa corrente. sulta sul bilancio del Piemonte, le Ne deriverebbe Regioni sono in grossa difficoltà. I un buco da 20 tagli annunciati le penalizzeranno. miliardi se, Sono preoccupato perché quando dopo la si tratta di tagli e non si premia il bocciatura della merito, i soldi vengono a prenderli Consulta del in Lombardia» che ha già avuto il bilancio del benestare ai bilanci 2013 e 2014. Piemonte Rischierebbero invece il Lazio, (luglio), si per cifre importanti, ed altre allargasse a Regioni, non solo nel Sud. A tutte le Regioni destare preoccupazioni non sono solo le Regioni. I tagli immaginati • «Le Regioni sono in grossa sulle Province so difficoltà - ha detto Roberto Maroni, Lombardia no a forte rischio. Dal 2010 le risorse hanno subito una sforbiciata di 3,7 miliardi. Nel 2015 dovrebbero dare ancora un
Tesoro, non cambia. Bisognerà trovare almeno 25 miliardi, e non è escluso che una parte dei tagli ricada proprio sulle Re
governatore della noi siamo virtuosi. Per risparmiare bisogna applicare i costi standard. Purtroppo temo che i I governo farà i soliti tagli lineari»
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Tasse sulla casa pvemo diviso su come tagliare Fassino propone di lasciare tutto l'incasso di Imu e Tasi ai Comuni Morando: da recuperare 4 miliardi su 40 dell'intera riforma fiscale in quattro anni VALENTINA CONTE ROMA. Abolire la Tasi sulla prima casa Ma proprio a tutti, abitazioni modeste e magioni di lusso? L'annuncio di Renzi, un mese fa, durante l'assemblea del Pd all'Expo, comincia a mostrare le prime crepe. Non solo nel partito del premier, ma anche nella compagine di governo, seppur per motivi diversi. L'operazione costa quasi 4 miliardi e mezzo, compresa l'abolizione dell'Irmi agricola e di quella sugli impianti imbullonati. In molti si chiedono ora se sia equo e se ne valga la pena, vista la difficoltà nel reperire coperture strutturali, indispensabili a compensare i Comuni. La minoranza del partito è apertamente contraria. Ma dubbi si affacciano anche nelle stanze del ministero dell'Economia Roberto Speranza, minoranza pd, nella sua "controproposta sulle tasse" di Ferragosto vorrebbe una franchigia molto alta, modello Prodi 2007, «in modo da esentare la grandissima parte degli immobili e prevedere una leggera progressione per i patrimoni immobiliari
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veramente consistenti». Suggerisce pure di rendere detraibile il mutuo per le famiglie dall'imponibile e deducibile il prelievo per le imprese. Lorenza Bonaccorsi, segreteria nazionale Pd, gli oppone il muro renziano delle cifre: «I 76 mila immobili di lusso accatastati Al, A8 e A9 che pagano ancora la vecchia Imu sulla prima casa valgono appena 90 milioni di euro di gettito sui 3,5 miliardi complessivi della Tasi». Enrico Zanetti, sottosegretario all'Economia (Scelta Civica), è però contrario all'abolizione erga omnes. E non tanto per ragioni di equità fiscale. «Se riduciamo il gettito Tasi a 2,2 miliardi invece di azzerarlo, con il miliardo e duecento milioni che risparmiamo possiamo rendere deducibile al 100% l'Imu degli immobili strumentali dal reddito di impresa, oggi lo è al 20%. Oltre ad azzerare la Tasi sulla prima casa per il 50% delle famiglie e a ridurla a qualche decina di euro per un altro 25%». «Al momento non abbiamo
3.781 8.007 19.487 23.616 Tasi Imu statale lci/ Imu comunale Le tasse sulla casa on miiiom di euro) Tasi Imu statale lci/ Imu comunale 25.240 Tasi 23.616 iiSiiis Imu sta 19.487 8.007 3.781 3.824 tale 15.609 • 15.706 • 16.809 lci/ Imu comunale 25.240 20/2 Tas 20/3 23 20/4 616
previsto differenze», ammette Enrico Morando, viceministro pd dell'Economia. «Ma a quelli che polemizzano ricordo che stiamo parlando di un taglio di 4 miliardi su 40», il totale della rivoluzione fiscale di Renzi in quattro anni. «Rispetteremo gli impegni annunciati dal premier», si allinea Pier Paolo Baretta, sottosegretario pd all'Economia. «E non vedo rischi con Bruxelles», che però potrebbe
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LE TASSE NAZIONALI Nel totale delle entrate tributa rie incassate dali' amministrazione centrale il 60% è riconducibile all'lrpef(161,4 miliardi), il mai avuto un effetto significativo resto all'Iva (97,1 miliardi) sui bilanci familiari né sulle eall'lres(31 miliardi) compravendite», osserva Luca L'ANNUNCIO II premier Dondi, responsabile settore Matteo Renzi ha immobiliare di Nomisma. «Meglio annunciato a metà luglio destinare i 3,5 miliardi della Tasi a l'eliminazione della tassa sulla prima casa dal misure con maggiore potenziale. prossimo anno. Ha anche Ma se si deve abolire, allora lo si promesso di intervenire su faccia per tutti, visto che è quasi Ires elrapdal2017 LE impossibile trovare una quadratura TASSE LOCALI A livello locale le imposte più in termini di equità». Il punto è il stima la Cgia, catasto vetusto con rendite che non pesanti, sono l'Irap (30,4 miliardi fotografano la realtà. Ma la riforma di gettito), l'Imu/Tasi (21,1 è stata rimandata E nulla fa ), l'addizionale Irpef (10,9) supporre che arrivi in autunno. Così e l'addizionale comunale come la local tax, la tassa unica lo Irpef (4,4 miliardi)
ritenere la misura né prioritaria né in grado di rilanciare l'economia. «L'abolizione della tassa sulla prima casa non ha
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Domenica 23/08/2015
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LORETO ILS, .a cat m Itt A rjf (KM H «u D UUASO I ' !\'i (>( in VI ID. LODOVICO I in f«/cmf ctm i l'i vanta J t(H 41 i»!,w < •* rt * \l\tl (, 435635 P.2A VETRA/VIA TORÌNO: TKllOHtL. v MI«, 'ttliitaaaae »tcrt«» iittjcotUTtn i<« i*»».) \ ! AD. LORET •> 10('-Hll JSH L MORO agtu itt. ìVKMÌK AD LORETO 2&V tfttf pianti atta ^
cale, annunciata e per ora accantonata Infine, i Comuni. La Tasi è fonte primaria di gettito. Come tamponare la falla? «Una soluzione è lasciare tutta la Tasi e l'Imu ai Comuni», suggerisce Piero Fassino, presidente Anci. Oggi metà dell'Irmi sulle seconde case e quella sui capannoni, hotel, negozi va allo Stato. L'altra soluzione sarebbe l'allentamento del patto di stabilità interno. Infine, maggiori trasferimenti dal centro alla periferia Ma qui i soldi vanno trovati sul serio. ««PRODUZIONE RISERVATA
IL PIANO il governo dovrà decidere come intervenire sulla tassazione per gli immobili. Il principale problema è il recupero dei gettito che verrebbe a mancare con l'eliminazione delle imposte sulla prima casa
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Previsti interventi anche su Ile troppe società partecipate e sugli stipendi dei dirigenti pubblici Sanità, sconti fiscali, ministeri n piano dei 10 miliardi di tagli Pronto il documento-chiave della legge di stabilità. Ora la parola a Renzi
mm* È pronto il piano del governo che prevede dieci miliardi di tagli. Quattro le voci della manovra: sanità, acquisti di beni e servizi, agevolazioni fiscali e ministeri. Allo studio anche interventi sulle troppe società partecipate e sugli stipendi dei dirigenti pubblici.
Ecco il piano dei tagli Tre miliardi dalla sanità "Nuovi tetti agli stipendi Verso la riduzione degli incarichi nelle società dei Comuni
ALESSANDRO tARBERA ROMA
Se c'è qualcosa che può convincere l'Europa a dare a Renzi quel che Renzi chiede, è una robusta dose di credibilità. La richiesta inoltrata a Bruxelles di un nuovo margine di deficit da cinque miliardi di euro non è da poco, ma non è da poco nemmeno l'entità dei tagli
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promessi nel 2016. Negli ultimi vent'anni non c'è governo che abbia deciso dieci miliardi di minori spese in un solo anno. Non Berlusconi, non Dini, Prodi, Monti o Letta. Se si esclude la manovra dell'anno scorso, in parte finanziata con tagli già previsti da precedenti decreti, una Finanziaria così carica di tagli - allora si superò i venti - non si vedeva dai
tempi di Giuliano Amato, ed era il 1992. Ecco perché il dossier affidato agli economisti Yoram Gutgeld e Roberto Perotti è la madre di tutte le battaglie. Il premier deve passare da una strada stretta: da un lato non può permettersi scelte troppo impopolari e perdere altro consenso, dall'altra deve evitare passi falsi con l'Europa. Le carte sono sul
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suo tavolo, a settembre lo attendono decisioni difficili. La manovra Le grandi voci della manovra saranno quattro: sanità, acquisti di beni e servizi, agevolazioni fiscali, ministeri. Nel 2016 la sanità dovrebbe contribuire con altri tre miliardi, oltre a quelli già previsti per quest'anno. In realtà si tratta della riduzione della «spesa tendenziale», ovvero di quanto il governo aveva pianificato di concedere in più l'anno prossimo. «In rapporto alla ricchezza prodotta negli ultimi venti-trent'anni il costo della sanità è aumentato meno che in Inghilterra, Francia e Stati Uniti», dice l'ex commissario Cottarelli. Quel che in Italia viaggia troppo velocemente è la spesa per beni e servizi, la montagna prodotta da oltre trentamila soggetti pubblici. C'è la volontà di ridurre le stazioni appaltanti a poco più di trenta, ma la strada è a dir poco lunga. Da quella voce l'anno prossimo si ipotizza di risparmiare 3,5 miliardi. Poi ci sono i due capitoli politicamente più scivolosi: i tagli ai ministeri e alle agevolazioni fiscali, entrambi cifrati fra 1,5 e 2 miliardi. La lista degli sconti fiscali da tagliare con più decisione somiglia a quella della Grecia di Tsipras: agricoltura, pesca, armatori, autotrasporto. Trasporti e partecipate Dicevamo che sarà il premier, alla fine, a decidere cosa tagliare e cosa no. Così come dovrà essere Renzi a decidere il destino di altri due dossier, quelli sul trasporto pubblico locale e sulle società partecipate da Stato ed enti locali. Più che di tagli, qui si tratta di riforme che nell'arco di tre anni potrebbero dare senza scossoni risparmi da almeno un miliardo ciascuna. Ma in entrambi i casi si tratta di voci che interessano la potente lobby dei Comuni i quali dovranno fare già i conti con la promessa abolizione della tassa sulla prima casa. La riduzione delle partecipate ricorre in ogni manovra, finora
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Domenica 23/08/2015
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Mario Calabresi
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La manovra L'ipotesi allo studio dei tecnici di Palazzo Ghigi 110 miliardi I tagli____ Di cui •3 miliardi di risparmi sulla sanita • 3,5 miliardi sull'acquisto di beni e servizi •1,5-2 miliardi di risparmi sulle agevolazioni fiscali • 1,5-2 miliardi dai tagli ai ministeri 5 miliardi La flessibilità che il governo spera di ottenere dali'Ue m applicazione della clausola per gli investimenti 4 miliardi Minore spesa per gli interessi sul debito pubblico e aumento previsto del gettito fiscale ____________6 miliardi j La flessibilità garantita dalla conferma della clausola per le riforme - LA STAMPA senza risultati apprezzabili. È stato difficile persino mapparle, e stabilire quante fossero. La sovrapposizione di norme ha salvato la faccia ad alcuni, ma ha creato più danni di quanti non ne abbia risolti. Un punto però a Palazzo Ghigi è chiaro: con un po' di buona volontà il governo ha gli strumenti per costringere i Comuni a tagliare parecchi sprechi. Basterebbe ad esempio una legge che ponga fine al malcostume di istituire per ogni società pubblica un organo interno di vigilanza e un collegio sindacale: nell'ipotesi più prudente si tratta di ventimila poltrone che si potrebbero cancellare in una notte. O ancora il vizio di aprire una società
italiani è del 22 per cento, il più basso d'Europa: su cento posti a disposizione, viaggiano 22 persone. E il motivo per cui accade è semplice: le convenzioni vengono firmate sulla base del chilometraggio, non della quantità di passeggeri portati a bordo. Il governo partirà da qui. Twitter ©alexbarbera
per qualunque servizio comunale «in house». A che serve una controllata per la gestione dei cimiteri se non a distribuire gettoni ai consiglieri amici degli amici? Di società così ne esistono 1200. Il tetto agli stipendi C'è poi il tema degli stipendi, perché nonostante il tetto da 240.000 euro imposto da Renzi ai dipendenti pubblici in senso stretto, fra ministeri, Regioni, Comuni, Aziende sanitarie ci sono migliaia di dirigenti che continuano a guadagnare cifre a cinque zeri, anche in società molto piccole. Al Tesoro esiste un tetto per fasce che tiene conto delle dimensioni della controllata, ma si tratta dell'unico dicastero in cui la norma è stata varata ed applicata. Infine i trasporti: al tema si appassionò Pallora ministro Passera, ma durò troppo poco. Un documento dell'autorità per i Trasporti dice che il coefficiente di riempimento di bus e treni
1200 società Sono le imprese in house interamente controllate dai Comuni che possono essere chiuse con una norma di legge 20.000 poltrone Sono le cariche inutili frutto della duplicazione fra collegi sindacali e organi di vigilanza
I risparmi I bilanci della sanita dovranno essere tagliati di tre miliardi. La stretta si aggiunge a quella gia prevista quest'anno
22 per cento La quantità di passeggeri trasportati sui mezzi pubblici è la più bassa d'Europa
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