DiPoVimercatese ANNO XIV - NUMERO 1
MARZO 2004
UNA VITA DA MEDIANO Primissimi anni ‘60, Vimercate. Ho 15 anni ed una sconfinata passione per il gioco più bello del mondo: il calcio. Non avevo ancora l’età per fare i campionati così la domenica mi limitavo a seguire con grande entusiasmo la 1° squadra dell’U.S. Vimercatese allora allenata dal mitico Edy Gratton (ex-giocatore del Milan e della Nazionale Italiana) cercando di rendermi utile in tutti i modi. Ricordo ancora, come se fossero oggi, le parole di Mister Gratton “... Pirolino, porta dentro le borse dal pullman al campo...” allorché, in trasferta, la squadra si apprestava ad entrare nel campo sportivo degli avversari di turno. La stagione 1961/62 è quella dell’esordio nella prima squadra dell’U.S. Vimercatese. Sono gli anni: dello storico massaggiatore-consigliere Pasquale Terzoli, detto “Candegina” a cui andrebbero assegnate non una, ma due o tre medaglie per tutto ciò che ha dato, proposto e fatto con la sua presenza costante e l’impegno profuso in quegli anni; del Direttore Sportivo Felice Vertemara e dell’allora allenatore della squadra juniores Fausto Scaccabarozzi. Facendo un passo indietro, come fare a non menzionare le Finali Nazionali del Campionato Juniores a cui abbiamo partecipato a Pescara, meta raggiunta con quel pulmino “striscicato”... Così come dal Mister di allora (Fausto Scaccabarozzi ndr.), anche da tutti quelli che ho avuto la fortuna di incontrare durante la mia carriera professionistica ho sempre cercato di apprendere ciò che di buono mi potevano insegnare, ciò che mi mancava per diventare un calciatore completo sempre nel rispetto assoluto per il lavoro altrui. D’altra parte il minimo che si possa fare quando una società mette lì allenatori del calibro di Cattaneo (Como), Benin (Atalanta), Corsini, Eriberto e Rosati (tanto per fare qualche nome fra i più illustri!) è seguire i loro insegnamenti e le loro raccomandazioni perché con la presunzione non si va da nessuna parte. Finché la squadra segue i consigli del mister è tutto ok, ma se in quindici ti remano contro è deleterio. Il calcio infatti è uno sport collettivo, se fai parte di una squadra non puoi fare quello che vuoi, esistono delle regole non scritte a cui bisogna attenersi, dei valori di vita che si hanno o non si hanno come il rispetto (per sé stessi, verso i compagni di squadra, l’allenatore ed i dirigenti tutti). Non puoi fare il “bastian cuntrari” a tutti i costi, altrimenti esistono sport singoli come il golf, il tennis ecc. ecc. All’età di 18 anni passo alla Primavera del Como in Serie C. Il passaggio nel mondo dei semiprofessionisti non mi crea alcun trauma particolare anche perché dopo un solo anno l’esperienza lariana viene interrotta dalla chiamata alle armi: vado a fare il soldato a Bolzano! Gioco in prestito per un anno al Bolzano, società che partecipa al Campionato di 4° Serie (l’attuale Categoria Eccellenza) stagione in cui ci siamo tolti la bella soddisfazione di vincere il campionato. Ho vent’anni, è ora di decidere cosa fare della mia vita! Faccio il calciatore e ritorno al Como? Oppure vado a fare il tintore? o piuttosto a tirare la lima? Le qualità ci sono e non si discutono, il gioco mi piace, si prova! Sicuramente l’incoscienza dei 20 anni mi ha aiutato, ma un ruolo importante l’ha rivestito Papà Umberto,
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grande appassionato di calcio ed ex-giocatore del Vimercate a cavallo degli anni venti e trenta, “C...o se devi tentare!!!”. Così ebbe inizio la mia carriera professionistica e di girovago della penisola italiana: Como, Reggina, Atalanta (quadriennio con 2 anni di serie B, una promozione nella massima serie e 2 anni di Serie A, l’olimpo del calcio!), Pescara, Parma, Modena e chiusura a Pergoletto (poi rinominato Pergocrema) in Serie C1/C2. Dopo un campionato vinto a Como, il trauma del trasferimento a Reggio Calabria in Serie B per motivi di bilancio della piccola società lariana. Ai tempi, non c’erano i procuratori e non era indispensabile l’assenso del giocatore al trasferimento. Morale della favola: 1396 Km di treno! Mi ritrovo in braghe di tela, e ci impiego un paio di mesi per capire l’andazzo! Mi colpisce un particolare: invece delle pesche ci sono i fichi d’india! Non sono avvezzo! Aveva forse ragione Mamma Costanza quando mi disse: “Ma te sé mat ad andà a giugà al balun? Te pichen! Fin a Reggio Calabria, med de fà a vegnì a cà?”. Siamo alla fine degli anni ‘60, e ben presto divento beniamino della tifoseria amaranto. Se qualcuno degli avversari in campo faceva il furbo, dalla tribuna di Reggio Calabria si sentiva urlare: “Pirola, pensaci tu!”. Tra i compagni di squadra Nedo Sonetti (ex- allenatore di Lecce, Torino e più recentemente Ancona in Serie A) ed un giovanissimo Barone Causio (ai tempi denominato “la Foca”) proveniente dalla trafila delle giovanili della Juventus per farsi le ossa in provincia. La stagione agonistica 1969/70 segna un bollino importante per la mia carriera: dopo la gavetta delle serie inferiori (4a, C, B), finalmente arrivo in Serie A con le mie gambe dopo gli spareggi di Bologna contro Bari e Catanzaro. Dopo la vittoria per 1-0 contro il Catanzaro, la sfida decisiva è contro i galletti baresi. Il Dall’Ara vede sugli spalti 25.000 baresi “tutt biancheross” e due bergamaschi tornati poi in pullman causa macchine sfondate. La partita fu sospesa a 15 minuti dalla fine ed il 2-0 sul campo fu assegnato a tavolino: era Serie A! Fu come toccare il cielo con un dito! A Bergamo, conosco nuovi compagni di squadra; calciatori ma soprattutto uomini del calibro di Vavassori, Moro, Bianchi (che allenerà poi il Napoli scudettato di Maradona) ed i giovanissimi Mondonico (ex allenatore di Torino, Atalanta, oggi alla Fiorentina in Serie B) e G. Scirea. (passato dopo un anno di A alla Juventus per 15 anni di strepitosa carriera). Vedere quest’ultimo (vai Tano, vai Tano!) alzare la Coppa del Mondo nel 1982 in Spagna, è stata una soddisfazione immensa. Un ragazzo ed una persona eccezionale, alla cui maturazione come giocatore e uomo penso di aver, seppur minimamente, partecipato con i miei consigli da “chioccia” all’allora ragazzino proveniente dalla Primavera. L’impatto con la Serie A è stato una goduria. Più spettatori c’erano, più mi esaltavo. Ne ho visti tanti di compagni di squadra che fino al giovedì in allenamento erano dei fenomeni, e poi la domenica se la facevano sotto: le difficoltà o ti esaltano o ti bloccano le gambe! Tu sei bravo, ma non basta! Devi dimostrarlo ogni domenica! Gol pochi ma buoni (in Serie A, ahimé, solo in Coppa Italia!), 6-7 a stagione in Serie B, non di fino ma che contavano ai fini del risultato: “Qualche castagna da fuori area l’ho tirata!” Giocando da centrocampista interditore (uomo di fatica alla Gattuso, tanto per intenderci!) non è sempre facile arrivare lucidi sotto porta! ...ma comunque non è sintomo di poca qualità. La soddisfazione di due campionati consecutivi nella massima serie deriva dal fatto di esserci, di essere presenti in quelle quattro partite che disputi contro quelle lì (Juventus, Milan, inter, Roma ndr.). Alla fine ti rimangono in mente le partite con le grandi! Un 1-0 o un 2-1 alla fine saltava sempre fuori al Meazza contro le serpentine di Mazzola o gli assist di Rivera, ma la soddisfazione di averli messi in difficoltà era tanta dopo avercela messa tutta per fare la propria parte. Dopo un’umiliante sconfitta patita contro il Milan per 9-3 (decisamente la più penalizzante!), il Paron Nereo Rocco dichiarava ai giornalisti parlando del sottoscritto: “Non se mica mal quel bocia (ragazzino) lì!”. Alla fine, dei quattro anni di Bergamo mi rimane il rimpianto ed il rammarico maggiore. A quei tempi, gli altri decidevano per te dove andare ed anche se le offerte per rimanere in A non mi mancavano, il Presidente Bortolotti mi convinse a rimanere dopo la retrocessione in B assicurandomi che avrebbe allestito una squadra per risalire. Delle esperienze in Emilia (Parma e Modena), mi rimangono tra l’altro ottimi ricordi culinari: “i tortellini erano proprio buoni!”. Con il quadriennio di Crema si chiude la prima fase, quella giocata, dei miei quarant’anni di marciapiede verde... Un saluto a tutti, Gianni (tratto dall’intervista di E.Cantù a G.Pirola)
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PLAY-OFF PER NON ESSERE UN BLUFF... Il distacco dai cugini dell’Ac è siberiano ma possiamo dare ancora un senso alla stagione, tra qualche delusione di troppo abbiamo anche grandi certezze cui aggrapparci... E ad un Amati mister della prima squadra e della scuola calcio chiediamo di condurci in meta!
E’ raggelante, nel mentre in cui scriviamo, il -22 che ci divide dall’Ac Vimercate. Ad onor del vero, sono tanti i meriti dei ‘cuginetti’ capofila (giù il cappello ad una squadra che sfoggia un’impressionante continuità nei risultati, qualità e sostanza) pronti a brindare alla Prima categoria, ma altrettanti i demeriti di una Dipo partita col piglio di stare tra le grandi (ovvero correre in un testa a testa per il primo posto) ma sgonfiatasi presto, o meglio mai decollata, a tuttora bella incompiuta. Eppure la classifica non ci boccia, nel senso che siamo in piena corsa per l’obiettivo minimo che ci rimane, i play-off; quasi doppiati dall’Ac ma ancora a portata di... meta, e questa la dice lunga di un girone e di un livello tecnico che anno dopo anno si livellano verso il basso. Ma veniamo a noi, al nostro piccolo mondo biancoarancio, tante aspettative e ancora troppi pochi fatti. Un film già visto in passato. Sandro Amati non ha fatto il miracolo di risolvere i mali ‘oscuri’ di una squadra che nulla ha da invidiare alle altre, le potenzialità ci sono tutte, l’organico era già buono nella stagione precedente e, forse, l’errore è stato proprio quello di stravolgerlo, rosa allargata, troppo ampia. E così è spesso successo che il lavoro sul campo, settimanale, non raccogliesse abbastanza la domenica; tanti complimenti, bel gioco, una squadra che in campo ci sa stare (ma che spesso sbaglia in misura esponenziale) ma punti pochini. Sicuramente meno dei previsti. Solo dopo la batosta post-derby (3-0 e tutti a casa) ci siamo illusi di essere usciti dal tunnel (4 vittorie consecutive), in realtà siamo ben presto tornati alla nostra normalità, ovvero alla nostra discontinuità, una partita bella e una brutta. Insoluto il problema caratteriale, non siamo abbastanza forti di testa, e forse crediamo meno in noi stessi di quanto gli altri credano in noi. Ci è mancato il botto, il passo convinto, ci manca il leader, i veterani non hanno fatto la differenza (speriamo nel pieno recupero di Gigi Andreoni per il rush finale) e ai giovani manca sempre qualcosa. Eppure siamo qua a dire che Leo Colombo è bravissimo, che ha due piedini d’oro e una gran tecnica, che Gaviraghi se accettasse di giocare da libero avrebbe risolto i suoi e i nostri problemi (veloce, c’è nel colpo di testa, esce bene palla al piede), che Viola si è confermato una perfetta macchina da gol... ma la vera sorpresa per il nostro mister è stato, è, Marco Levati, che ha ripreso a giocare dopo qualche anno d’inattività ma che ha mantenuto quei colpi che in Dipo hanno fatto storia... Ne è passato di tempo ma il ‘golden boy’ di
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allora è rimasto integro, stessa faccia da bravo ragazzo, tocco vellutato, fantasia, uno che ti piace o non ti piace. Così epidermicamente. Giocatore che ha testa, ed ai nostri livelli è fondamentale. Ma visto che siamo convinti assertori che esista altro oltre la corteccia del risultato, vogliamo spendere due righe sul nostro mister, giustamente o ingiustamente criticato non sta a noi dire, ma sicuramente poco conosciuto come personaggio di calcio. Perché forse, non tutti sanno che questo ragazzo del ‘59, che ha toccato il primo pallone a 17 anni, ha alle spalle un fior fior di curriculum, dalla primissima esperienza a Missaglia in 1ma categoria, fino a salire sempre più su, in Promozione, serie D, Interregionale, C2, passando tra le maglie di Saronno, Leffe, Seregno, Oggiono, giusto per menzionare le più blasonate. 4 campionati vinti (con la ciliegina della promozione dall’Interregionale alla C2 con il Leffe) per un giocatore di allora che potremmo accostare allo Zambrotta di oggi: centrocampista di fascia, ambidestro, inesauribile su e giù sugli esterni, quantità e due piedi eccezionali, forte di testa a dispetto del fisico, e grande disciplina (1 sola squalifica in tutta la carriera. Ahimè Sandrino, questo aplomb britannico l’hai un po’ smarrito sulla panca vimercatese!!). E nella sua vetrinetta fanno bella mostra anche un paio di foto storiche, compagni famosi, leggi Beppe Signori in quel di Leffe e Moreno Torricelli in quel di Oggiono. L’Amati allenatore ha qualche anno di... meno, prime squadre a Missaglia, Lomagna, Robbiate, qualche amarezza nel sacco, il desiderio di rivincita qui in Dipo, forse più accompagnato dalla ricerca di un ambiente dove poter lavorare, serenamente. Lui è uno di quelli che ama insegnare, istruire, e in questo suo codice genetico che gli attribuisce calma serafica e santa pazienza ci sono i perché di un Amati impegnato anche nella scuola calcio. Per sua stessa ammissione, lavorare con i piccoli è più impegnativo, le ore che passi sul campo le sudi, ma dà una grande soddisfazione. Ci era già passato con gli Esordienti del Giussano (campionato vinto) e stessa categoria ad Oggiono. Per i bilanci della stagione c’è ancora tempo, noi speriamo di aver chiuso i... saldi, e di aver smesso di regalare punti a destra e a sinistra, non servirà arrivare nei play-off, non ci accontentiamo, servirà vincerli e dare un deciso colpo di spugna al nostro arancio scolorito. Forza ragazzi, una volta per tutte tiriamolo fuori questo carattere, da qui in poi non ci saranno più prove d’appello, se vogliamo dire di aver fatto qualcosa di buono dobbiamo cominciare adesso.
Nico
DI.PO. una squadra in rimonta Il girone G di Seconda Categoria è ormai giunto alla sua terza giornata di ritorno. Al comando troviamo la protagonista indiscussa del campionato: l’Ac Vimercate, con le sue sedici vittorie in diciotto partite, si conferma la vera squadra da battere in vista del rush finale. Staccato di otto punti troviamo l’Inzago, unica formazione in grado di battere la squadra di mister Carotti e in serie positiva da sette giornate. Marciano bene anche il Valentino Mazzola, in terza posizione e la neopromossa Bussero, in quarta. La Di.Po. si trova ora al quinto posto dopo aver chiuso il girone d’andata in netta rimonta: quattro vittorie nelle ultime cinque partite, segnando ben venti gol. Memorabili le vittorie contro Pessano (6-3) e Carugate 87 (6-1) in cui la squadra di Amati, non solo ha dato spettacolo, ma ha mostrato anche un grandissimo affiatamento e spirito di gruppo. Il giocatore simbolo di questa squadra in rimonta è stato sicuramente Manuel Viola: per lui ora sono sedici gol. La Di.Po., trascinata dal suo bomber di razza, ha ora il secondo miglior attacco del campionato, ma ha raccolto nelle ultime tre giornate di ritorno soltanto due punti. C’è da dire però che il calendario è favorevole ai biancoverdi, che hanno già incontrato due delle quattro squadre al vertice (Valentino Mazzola e Bussero). Inseguono l’ambito quinto posto che da quest’anno vale i play-off, l’Oratorio Calvenzano staccato di due lunghezze, Asperiam, Cavenago, Pagazzanese, Pro Lurano e Solivanese, tutte a cinque lunghezze di distanza. La zona dei play-out vede invece interessate Badalasco, Pessano e Fonas, che faranno di tutto per non retrocedere in Terza Categoria. Chiude il girone molto più staccato, il Carugate 87, che ha ottenuto finora solo un pareggio e due vittorie. Fabio Pasinelli In piedi da sinistra: Ronchi C., Gianni A., Viola M., Gaviraghi A., Galimberti D., Levati M., Villa A., Tresoldi P., Stevanella G., Bandini G., Formis D., All.Amati A., Molino A., Crea M., Colombo L., Porcheddu P., Andreoni L., Misani L., Carzaniga M., Magni M., Califano R. Assenti in foto: Caironi R., Penati M;, Caforio C., Dossi M.
GIOVANISSIMI 90..... .....la parola alle MAMME Tutto è cominciato nell’ormai lontano 1996, avevano solo 6 anni, indossavano pantaloncini e magliette più grandi di almeno una taglia, in mezzo ad un campo di calcio immenso, sembravano tanti piccoli “ridolini”, ma erano i nostri figli e a noi sembravano bellissimi. Già da allora avevano un numeroso gruppo di genitori ad incitarli e sostenerli e col passare degli anni, nulla o quasi e cambiato. Il lato più simpatico di questa tifoseria è che sono le mamme le più accanite sostenitrici. Col passare dei giorni, dei mesi, degli anni, ci siamo affezionate al gioco del calcio, li abbiamo seguiti nei vari campionati e tornei, sotto piogge torrenziali, bufere di vento, freddo gelido, caldo torrido, ma non abbiamo mai mollato. Li abbiamo sempre difesi davanti ai papà brontoloni, pronti a criticarli per la partita appena finita, noi invece sempre pronte a rincuorarli per il loro impegno e la fatica sostenuta. Grazie ai nostri figli, noi mamme siamo diventate un gruppo, non solo di tifose, ma si sono formate amicizie, sono nati sentimenti di stima e di affetto. Grazie ragazzi, è per merito vostro che anche noi siamo diventate una squadra, dove i risultati finali sono, la compagnia, lo scambio di opinioni, le pizzate, le gite: possiamo dire di essere cresciute con voi, ragazzi del 90, vincendo anche noi la nostra partita; la partita delle cose semplici, della vera amicizia. Infatti in questa squadra fanno parte anche genitori di ragazzi che oggi hanno preso strade diverse, strade che tuttavia si incrociano tutte le volte che si vuole passare una giornata all’insegna dell’amicizia, del divertimento, dell’allegria. Nel 1996 quasi non ci si conosceva, oggi siamo una grande famiglia, dove mamme, papà, allenatore (un idolo per noi mamme, perché lo riteniamo una guida e un esempio per i nostri figli) accompagnatori e ........ tutti quanti hanno dato il loro contributo alla crescita ed alla buona riuscita di questo grande quadro familiare. Le mamme tifose
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GIOVANISSIMI 1989: L Amicizia E’ ricominciata l’ennesima stagione agonistica per il gruppo degli ‘89: categoria Giovanissimi. Già hanno assaporato nello scorso anno il passaggio di categoria e di conseguenza l’approccio con il gioco del calcio competitivo. Inizialmente l’organico era composto dai: Mario, Riccardo, Marco (il capitano), Andrea L., Claudio, Umberto, Luca, Marco R., Mauro e Marco (il vice-capitano). Questo gruppo è legato da una serie di anni di calcio vissuti fianco a fianco, fin dalla Scuola di Calcio: nella sua quasi totalità, si è formato quando avevano sei anni e l’amicizia si è fatta forte. Ora fanno parte anche i: Carmine, Andrea L., Daniele, Fabio (che forza !!!) Simone, Filippo e Giangiacomo (“Giangi” per i compagni), quindi si è avvalorato di nuovi amici che hanno contribuito a raggiungere una rosa accettabile per affrontare il cammino agonistico. Alla guida è stato chiamato Alessandro che ha sottoposto all’attenzione dei ragazzi le regole comportamentali (dentro e fuori dal campo, prima, durante e dopo la partita) le quali andranno poi rispettate ed applicate, presentato gli obiettivi e spiegato in che modo raggiungerli. L’ingresso di questi personaggi è stato certamente un segnale positivo, infondendo loro entusiasmo, nuovi stimoli e soprattutto la voglia e la capacità di stare insieme; si è creato un gruppo affiatato e leale tant’è che di amicizia negli spogliatoi se ne respira tanta. Lo spogliatoio è un luogo affascinante, coinvolgente e “magico”: è il luogo dove sfogano le loro arrabbiature per una partita persa o la loro felicità per una vinta o ancora, scambi di idee per una partita che poteva essere vinta ma che è finita con un pareggio; quello che succede nello spogliatoio è quasi sempre un fatto privato, un affare tutto loro e che raramente viene riportato al di fuori. Probabilmente piacerebbe anche ai genitori essere presente in quel caos di tute, scarpe, accappatoi e quant’altro disordinatamente buttano in giro, per capire perché dopo le partite prima di rivederli passano anche le “doppie mezz’ore”. Che dire a questo punto della stagione ? Primo, ringranziarli perché hanno scelto di continuare a fare dello Sport. Considerando che quest’anno, per loro, l’impegno si è fatto decisamente più gravoso, non è poca cosa. Infatti devono fare i conti con la scuola che significa la 1a “superiore”: nuovo ambiente, nuovi professori, nuovi compagni, nuove materie ed anche più studio, più impegno, l’inserire lo studio con gli allenamenti, l’accontentare la mamma ed il papà che non la smettono mai con le raccomandazioni e gli incoraggiamenti. Secondo, invitarli a non demordere, ad essere tenaci e costanti negli allenamenti come nelle partite, non per vincere ad ogni costo, ma per sentirsi appagati degli sforzi compiuti, per mettere in pratica in partita tutto ciò che si è provato in allenamento e per confrontarsi con gli avversari, con assoluta correttezza. Terzo, che si convincano che il miglioramento è doveroso verso se stessi ma anche verso i compagni, poiché ognuno conta sulla collaborazione reciproca, fondamentale nei giochi collettivi. Vi ricordiamo che la squadra Giovanissimi disputa gli incontri casalinghi di campionato la domenica mattina alle ore 09,30 presso l’impianto di Via Lodovica a Oreno: una ghiotta occasione (... Bruno Pizzul). Infine concludiamo con gli auguri al nostro compagno Marco Rappazzo che ha ripreso l’attività agonistica, a lungo assente a causa di una seria frattura: si allena e gioca con la solita serenità che lo contraddistingue.
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PULCINI 94/ 95 In piedi da sinistra: Elia M;, Ammollo A., Sarchese L., Piazza S. (all.), Sanvito D., Ammollo S.,Titaro M., Rovati S. Accosciati da sinistra: Passoni G., Pizzocaro D., Pirola ., Satta S. Assenti in foto: Calabr S., Cancellara M., Miscischia P.F.
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PULCINI 93/ 94: i temerari Quando ripenso ai luoghi comuni e ai “detti” popolari che mio nonno mi racconta, non posso restare indifferente di fronte a quelli che dipingono la gioventù d’oggi come poco incline ai giochi in cortile e all’aria aperta, ma sempre più attratta dalle quattro mura domestiche che offrono divertimenti a basso costo di fatica. Playstation, computer, Pay TV e altro ancora, rappresentano un ostacolo per i bambini di oggi, che trovandosi di fronte alla scelta di stare a casa, comodamente sdraiati a divertirsi, o uscire, sfidando le intemperie del rigido freddo brianzolo, spesso optano per una decisione comoda e dettata dalla pigrizia. Conosco diciassette ragazzini (ho constatato che si arrabbiano se chiamati bambini) che cercano di distruggere i luoghi comuni e di sfatare le credenze della gente, ritrovandosi, ogni Lunedì e Venerdì, sui campi gelati e spesso infangati, pronti ad apprendere tutto quello che noi allenatori cerchiamo di spiegare loro, con l’unico fine di divertirsi insieme; è cosi che vedo i ragazzi dei pulcini ‘93/’94, come dei temerari, che dimostrano d’essere pieni di vita, di voglia di correre e di fare “casino” (...lo so che non si dovrebbe dire, ma penso che sia il termine più azzeccato)! Mi ricordo che circa cinque mesi fa ho fatto il primo allenamento con loro, ero terrorizzato, ma grazie alla loro gioia e alla loro “voglia di fare”, ho capito che il mio compito di educatore-allenatore sarebbe stato più semplice perché ho capito con che tipo ragazzi dovevo lavorare, e poco contano i risultati delle partite (solo una sconfitta, due pareggi e tutte vittorie nel girone d’andata), quando ci si trova di fronte ad un gruppo cosi bello. Ora (Gennaio ndr.) ci aspetta la prova più difficile: il passaggio (tanto atteso) dal campionato a sette giocatori a quello a nove; sono sicuro che insieme alla loro voglia di giocare, alla disponibilità dei dirigenti e dei genitori e alla pazienza di noi allenatori, riusciremo ad ottenere ottimi risultati sul piano del gioco, dell’amicizia e... perché no, potremmo anche essere gratificati da qualche partita. Tutto è pronto. L’arbitro fischia. Inizia la partita e ci si tuffa in una nuova esperienza.
Ettore Galbussera
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ESORDIENTI
92
Siamo arrivati a metà campionato e la mia squadra (ESORDIENTI ‘92) ne ha fatta di strada, in tutti i sensi; in primo luogo per il gioco perché non siamo cresciuti solo in altezza, peso (per molti sempre “sovra”), ma soprattutto siamo migliorati sul campo e molti dicono che è bello venire e vederci. In secondo luogo, siamo capitati in un girone di società un po’ lontane da Vimercate, ma non ci dispiace molto in verità, anzi, con i viaggi più lunghi c’è tempo per divertirsi in macchina dove non mancano mai figurine, barzellette, risate e chiacchiere. Eh sì... le chiacchiere, ne sa qualcosa il nostro allenatore che certe sere torna a casa dall’allenamento con il mal di testa perché per due ore ci sente ridere e scherzare tutti e sedici! Certe volte deve avere proprio un gran pazienza il nostro allenatore e per questo si merita un bel: Grazie Mister! Ma vediamo adesso com’è andato il campionato fino ad oggi: è il primo anno che giochiamo a 11 e nelle prime partite c’era da ridere perché capitava di essere o tutti in attacco o tutti in difesa ed a pensarci bene abbiamo preso anche parecchi gol, ma noi ci divertiamo sempre, (forse il Mister un po’ meno!) e comunque vada la partita per noi sabato pomeriggio è sempre una festa. Poi però le cose sono decisamente migliorate e anche se il risultato non conta, quando si vince il divertimento è ancora maggiore. Ma il momento più bello della settimana per me non è la partita, che mette sempre un po’ di agitazione, ma è l’allenamento, perché durante l’allenamento si corre, si gioca, si fanno esercizi, si palleggia, si tira in porta e si fa la partitella finale dove nessuno vuole perdere e tutti ci impegniamo al massimo, anche dopo... nel prendere un po’ in giro gli sconfitti, ma senza cattiveria s’intende! Comunque finirà il campionato, mi auguro che la mia squadra continui con questo spirito sportivo che accomuna calcio e divertimento, e un appello a tutti i ragazzi di Vimercate della nostra età (1992): se vi piace giocare a calcio, venite a giocare nella nostra squadra! Non è mai troppo tardi ed il divertimento è assicurato!
Un giocatore
LA RELAZIONE ALLENATORE-ATLETA Riguardo a questo importante argomento, mi pare opportuno avvalermi del contributo scritto del Prof. Bearzi, allenatore ed insegnate di Educazione Fisica, per esprimere un indirizzo fondamentale di guida per i tecnici nell’approccio con i propri ragazzi. E’ ormai risaputo che lo sport riveste notevole influenza nello sviluppo del giovane e contribuisce a formare il fisico, la personalità e le abitudini sociali. La pratica sportiva è un mezzo per sviluppare caratteristiche positive come la capacità di affrontare e superare difficoltà, la consapevolezza delle proprie possibilità, l’autonomia, la motivazione, il successo, la capacità di collaborare con gli altri. Queste potenzialità dello sport non si realizzano però automaticamente, in quanto lo stesso può dare origine ad altrettante influenze negative qualora le figure adulte, genitori-tecnici-dirigenti, che organizzano e gestiscono lo sport giovanile, non spingano verso una direzione positiva e rendano lo sport di fatto educativo. Siamo tutti concordi nell’evidenziare che l’esperienza sportiva dei giovani atleti sia influenzata fortemente dall’allenatore ed in particolare nel suo modo di porsi nei rapporti con i ragazzi, determinante per il livello di stress competitivo che i ragazzi possono vivere nell’attività agonistica. Nel concetto di stress è insita la diatriba tra agonismo e non agonismo. Chi è favorevole allo sport competitivo afferma che le gare offrono l’occasione agli atleti di imparare a gestire lo stress; chi è contrario ritiene che la competizione è in sé un fattore di stress eccessivo, capace di ridurre piacere, desiderio e divertimento. Con i giovani, in particolare con i bambini, l’allenatore influenza notevolmente il modo in cui viene percepito il livello di capacità personale come pure l’importanza del risultato, della gara, della partita. E’ l’allenatore, infatti, che esprime valutazioni sulle prestazioni, sui livelli di apprendimento, sulla crescita tecnica. Assieme ai genitori, inoltre, è l’allenatore che, in prossimità di una competizione può caricare il ragazzo di aspettative, esagerando i toni sull’importanza del risultato della gara. Il comportamento dell’allenatore è significativo anche per quanto riguarda le motivazioni alla partecipazione e all’abbandono. Il suo atteggiamento è decisivo per mantenere vivo nei ragazzi l’entusiasmo verso la pratica e per favorire l’acquisizione e lo sviluppo di competenze e abilità. Da una ricerca su ragazzi della fascia 10-14 anni è risultato in particolare che per il ragazzo l’allenatore dovrebbe: 1. arrabbiarsi e urlare di meno durante le gare; 2. dare importanza anche al divertimento e non solo al risultato o alla vittoria; 3. incoraggiare e sostenere l’atleta in caso di errore. Ciò non significa che l’allenatore deve
spersonalizzarsi, rinunciare al suo modo d’essere o perdere l’entusiasmo per ciò che fa, ma deve solo dominare meglio certe situazioni e deve quindi crescere non solo nella tecnica specifica ma anche da un punto di vista pedagogico e didattico, proprio perché le sue competenze tecniche possano meglio attecchire qualora supportate da strategie di tipo motivazionale, il tutto per rendere la pratica sportiva un’esperienza gratificante ed eliminare, o almeno ridurre, le cause di abbandono precoce.
Giro di boa o giro di vite? Questo articolo ha toni un po’ amareggiati e obiettivamente credo che passerà sotto inquisizione e sotto censura, ma è scritto per i ragazzi e per fargli sapere che hanno ancora molto da imparare da tutti quelli che li circondano e che li hanno visti diventare grandi, prima di poter salire in cattedra. Abbiamo lasciato l’andata del campionato con un 4° posto, ora ricominciamo dopo la pausa invernale il ritorno. La squadra può dare e fare molto di più di quanto non abbia fatto fin ora e prova ne è la grande partita con la capolista imbattuta, vinta con il fervore e la passione giusta. Peccato che la voglia di giocare per vincere non tutte le volte che si scende in campo c’è e questo ha fatto si che alcune partite del girone di andata si perdessero non per meriti degli avversari, ma per mancanza di concentrazione, disattenzione e spesso anche poca voglia di darsi da fare. Il girone di ritorno parte con alcune partite che sulla carta sembrerebbero di facile portata, per cui punti che andrebbero nel carnet e vittorie che renderebbero i ragazzi più fiduciosi delle loro capacità. E’ certo un peccato vedere comunque che qualcuno nella squadra si dia da fare e giochi con passione, testa e ovviamente piedi e qualcun’altro che forse questa passione l’ha dimenticata e gioca solo perché l’impegno annuale è stato preso e bisogna portarlo a termine; almeno in questo c’è serietà. La scusante che viene ormai ripetuta da forse troppo tempo “i ragazzi sono in crescita, hanno tante cose per la testa, bisogna capirli”, credo che ormai sia da abbandonare, anzi mi permetterei di dire che è ora che prendano un po’ più seriamente alcune scelte. Nessuno li obbliga, ma la disciplina sportiva, qualunque essa sia, ha delle regole, certo anche divertimento, amicizia, comunione di interessi ma quando si scende in campo per un allenamento, questo deve essere fatto come l’allenatore chiede, non sempre si può fare di testa propria, chiacchierare oppure rimanere indietro per defilarsi dall’esercizio. Questi sono comportamenti che non portano certo ad una preparazione atletica e ad una preparazione tecnica, che poi viene richiesta durante la partita. Al mattino della domenica, quando si deve giocare e durante la partita, si vedono e si sentono i risultati di un allenamento non ben fatto, tant’è che qualcuno a metà partita, incomincia ad avvisare dicendo: “non ho fiato e non c’e la faccio più”, qualcun altro, facendo finta di non capire il motivo, ha da dire e borbotta perché non parte subito giocando il primo tempo, qualcun’altro ancora ha sempre male da qualche parte; per non parlare dello spogliatoio dove si sente la richiesta della maglia con il numero che più piace, questo stupisce perché ormai sono grandi a sufficienza per sapere che a ruolo corrisponde numero, oppure si polemizza e non si ascolta l’allenatore, facendo di testa propria, sul tipo di scarpe che consiglia, per poi ritrovarsi che i 13 tacchetti sul campo gelato e duro fanno cadere in continuazione, si polemizza anche sulla richiesta di presentarsi in campo ordinati e possibilmente con le scarpe da calcio pulite.
E’ giusto che allora si cominci a guardare chi si allena seriamente e chi lo fa per la compagnia. E’ giusto quindi, che nella possibilità, scendano in campo chi la passione di giocare a pallone la sente ancora e con umiltà ascolti chi di calcio, forse, qualcosa in più capisce. Sicuramente questo articolo darà fastidio ad alcuni ragazzi della squadra, e se questo sarà l’effetto vorrà dire, aver colpito nel segno. Dalla vostra squadra vogliamo molto di più, avete le capacità per affrontare le compagini del vostro girone e che sono alla vostra portata, dovete lasciare a casa i capricci, gli individualismi e fare molto di più gioco di squadra, non addossare colpe se qualcosa va storto perché tutti ne siete responsabili, chi gioca in campo e chi rimane in panchina. Datevi da fare ragazzi, siete diventati grandi e ogni impegno va preso con serietà e responsabilità, è una regola importante che vi seguirà nella vita di tutti i giorni e che vi permetterà di stare bene con voi stessi e con il mondo intero. E’ la prima volta che scrivo con toni più severi e non sdolcinati come ho sempre fatto, ma mi pareva giusto che i ragazzi, spero leggano, che non sempre si parla bene di loro, ma ben inteso, non per mancanza d’affetto, non sarebbe possibile, li ho visti crescere e non è retorica, ma è la voglia di vederli un po’ più sicuri di se stessi, un po’ più coerenti in quello che fanno e che dicono. Ragazzi, “tutti insieme” e questo insieme vuol dire tante cose, potete arrivare più lontano. ***** CARO/A ARTICOLISTA, NON SOLO NON ABBIAMO NESSUNA INTENZIONE DI CENSURARE L’ARTICOLO MA CONDIVIDENDO TONI E CONTENUTI CI COMPLIMENTIAMO PER LA DIMOSTRAZIONE “D’ATTACCAMENTO” AI NOSTRI RAGAZZI E CI SENTIAMO DI RIBADIRE “TUTTI INSIEME POSSIAMO ARRIVARE PIÙ LONTANO”. LA SOCIETÀ
APPARTAMENTI UFFICI NEGOZI
GIOVANISSIMI
90
La sosta invernale, al termine del girone d’andata, è sempre una buona occasione per fare il punto della situazione. Quest’anno il responso è senz’altro positivo: i nostri giovanissimi ‘90 sono terzi in classifica, alle spalle della coppia Pro Lissone - Casati Arcore, uniche due squadre che sono state in grado di batterci. In tredici partite la squadra ha inanellato ben 10 vittorie ed un pareggio (oltre alle 2 sconfitte citate prima). Questa serie di risultati positivi è senz’altro frutto di un’intensa preparazione atletica, nonché di una maggior adattabilità a nuovi ruoli in campo. Insomma, a parte un paio di mezze partite “in bambola”, ce la siamo giocata con tutte le avversarie, qualche volta assistiti anche da un pizzico di fortuna (che non guasta mai). Il contributo maggiore all’arricchimento tecnico-agonistico della squadra lo hanno dato i ragazzi stessi, con la loro assidua presenza agli allenamenti e con la loro volontà nel recepire gli insegnamenti del “Mister” e dei suoi collaboratori. I risultati positivi e le buone prestazioni hanno naturalmente surriscaldato il gruppo dei tifoni-genitori, sempre presenti sugli spalti ad applaudire e incitare i nostri giovani. Tutto ciò non deve naturalmente farci dimenticare l’aspetto umano dei nostri ragazzi, poiché ogni loro esperienza di oggi sarà preziosa nel proseguio della loro vita di domani. Per questo motivo spero che la società Di.Po. insieme ai ragazzi e genitori, continui quest’avventura il più a lungo possibile, consentendoci di gioire nello stare insieme e di vivere tante altre esperienze ed emozioni, valori senza prezzo e..... senza età. Briado
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