Dicembre 2007
N. 90
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2 SOMMARIO SOMMARIO
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L’AUGURIO DELLA MADRE: 1867… Un Natale di fraternità
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IL SOGNO DEL SALERIO: la nuova sede, i nuovi arrivi
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IL CARISMA DELLA RIPARAZIONE OGGI: OGGI: risonanze di alcuni partecipanti
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ANTONIO ROSMINI BEATO
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IL DISAGIO ADOLESCENZIALE (2° parte)
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IN CORDATA CON... ...Il ...Il MYANMAR: MYANMAR: Sguardo sull’oggi Un viaggio di cinque giorni a Forte dei Marmi
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...IL ...IL BRASILE: BRASILE: Una recente conferenza dell’America Latina
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...SPECIALE ...SPECIALE PAPUA: PAPUA: Papua Nuova Guinea, “questa sconosciuta”
inserto
... L’ITALIA: L’ITALIA: Somma Vesuviana: Una Casa che profuma d’amore
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E c’è chi non crede ai miracoli - testimonianza
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Istituto Sacro Cuore: il convitto universitario
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San Donà di Piave: Conclusione del 50’ del C.F.P
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Busto Arsizio: 20 maggio 2007, un incontro unico!!!
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Festa della Prima colazione tradizionale
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Viggiù: quando il canto si fa preghiera
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San Vittore: Dal carcere fiorisce la vita
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… e nasce la poesia...
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RICORDIAMO I NOSTRI DEFUNTI
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REGINA SINE LABE ORIGINALI CONCEPTA
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ADORAZIONE COMUNITARIA
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ISTITUTO SUORE DELLA RIPARAZIONE Indirizzo: Via Padre
Carlo Salerio, 53 - 20151 MILANO
Tel. 02.38007314 - Fax 02.3086070 - ee-mail:
[email protected]. GRUPPO
REDAZIONALE:
Madre Vittoria Papa - Augusta Negri - Tilde Longhi - Maria Beretta Beretta
RECAPITI DI IN CORDATA: Manuale: “IN CORDATA” Casa Generalizia - Milano Via Padre Carlo Salerio ,53 E-mail: “IN CORDATA”
[email protected] [email protected] IN COPERTINA: NELLA NATURA IL RIFLESSO DI GESÙ, LUCE DEL MONDO: Particolare della Val Fex
[La seguente stampa è ad uso interno]
1867: Un Natale di fraternità Era l’anno 1867 quando Padre Carlo Salerio, nostro Fondatore, così si esprimeva: “La signora Marovich è dispostissima a venire qui come l’ultima delle novizie, sebbene possa esser Maestra a tutte. E’ anima fornita di tali e tante virtù di cui può dirsi che la minore, che in lei traspare è una profondissima umiltà. Qual tesoro non è pel nostro Istituto, quale Sorella acquistate. Basterebbe quasi questo solo motivo a farci benedire Iddio del pensiero che le ha ispirato!”(*) Il 17 dicembre la comunità di Casa Generalizia si raccoglieva in Chiesa per cantare, con le sorelle provenienti da Venezia, l’Ecce quam bonum e quam jucundum abitare fratres in unum e dire grazie al Signore “che ha così mirabilmente condotto l’unione delle due Case” (**). Ecco perché nel processo in corso a Roma per la beatificazione di Madre Anna Maria Marovich - manca solo un segno dal cielo, un miracolo, che stiamo chiedendo con fiduciosa preghiera – è stato affermato che la Serva di Dio “emerge nella chiesa come splendida figura esemplare, sia per i fedeli come per la Vita consacrata. Il suo messaggio, fondato sulla sua vita e sul suo insegnamento, è di grande attualità, specialmente per gli Istituti Religiosi che stanno percorrendo un itinerario di unione o fusione con altri, data la scarsità delle Vocazioni” . (***) In un tempo di trasformazioni, di fusioni, di aggregazioni e disgregazioni, realtà tutte che portano con sé disagi, sofferenze personali, familiari, comunitarie, cambiamenti di stile di vita, che richiedono grande accettazione delle nuove realtà, pensare che a una creatura è stato possibile vivere serenamente questi momenti, ci incoraggia a ben sperare. Qual è il segreto? L’umiltà! Ossia la coscienza, la consapevolezza e l’accettazione del nostro essere creature finite, limitate, ma che hanno riposto la fiducia piena nel Signore a cui tutto è possibile, ogni pianificazione, ogni abbassamento, perfino diventare uno di noi. In un determinato momento della storia, “il Verbo si è fatto carne ed é venuto ad abitare in mezzo a noi” .(Gv 1,14) “Da quel momento Dio ha cominciato ad amare con cuore di uomo. Un cuore vero, capace di pulsare in modo intenso, tenero, appassionato. Noi oggi sostiamo in adorante preghiera davanti a quel cuore, nel quale il Verbo eterno ha voluto fare direttamente l’esperienza della nostra mise-
Dipinto di Anna Maria Marovich
ria”.(****) e noi in Lui possiamo fare quello della nostra grandezza, della vera fraternità. A Maria, che ci ha donato Gesù, la luce vera del mondo, chiedo per ogni lettore, quale dono natalizio, di insegnarci a conoscere ed amare il Signore, “perché possiamo anche noi diventare capaci di vero amore ed essere sorgenti di acqua viva in mezzo a un mondo assetato”.(*****) E’ un augurio particolare per quanti stiamo progredendo nella conoscenza del carisma della “riparazione” e gustando la scoperta delle meraviglie che il Signore opera in alcune sue creature, che portano il nome di Padre Carlo Salerio, Madre Maria Carolina Orsenigo e Madre Anna Maria Marovich.
Buon Natale e sereno Anno Nuovo a tutti in spirito di vera fraternità, all’interno delle nostre famiglie, delle comunità cristiane e religiose, aperti alla solidarietà più vera con i fratelli soli o provati da sofferenze di vario genere. Il Signore nel Nuovo Anno e sempre “ci benedica con la luce del Suo Volto”. Aff. ma Madre Maria
(* ) Radunanza Generale, 11 novembre 1867 (**) Quaderno 15 A.S.R. Milano, R 3 (***) Piergiorgio S. Nesti Arc.- Lettera alla Superiora Generale - Vaticano 25 ottobre 2007 (****) Giovanni Paolo II, 28 giugno1984 (*****) Benedetto XVI, Deus Caritas est
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Il sogno del Salerio - La nuova sede, i nuovi arrivi -
Nel 1860 l’Istituto poteva già dirsi avviato. Le ragazze affidate dalla Questura erano ormai un buon gruppo e nuove Sorelle si affiancavano alle prime. Madre Orsenigo, seguiva le aspiranti a questa nuova Famiglia Religiosa consacrata alla riparazione come rivela la seguente lettera: “Cara Angiolina, futura mia compagna e figlia, sii coraggiosa e forte, ora è il momento di dare prova al Signore di tua fedeltà, prega tanto e il Signore non mancherà di venirti in aiuto, quello che ti raccomando è che procuri di lasciare le opere di carità che fai a qualche altra così che non abbiano a smettere… lasci il Padre e la Madre non per uno sposo terreno, ma per il Tuo Sposo Celeste. Egli ti vuole e tu devi essere pronta a lasciare tutto per LUI”. (Madre Carolina O.)
La provvidenza che, come dice Lacordaire in un suo scritto, si alza sempre prima del sorgere del sole, dava grandi segni di benevolenza attraverso gesti di grande generosità soprattutto da parte di altre Congregazioni. Atteggiamenti che dimostravano, fin da allora, grande apertura e spirito di vera comunione tra diverse realtà di spiritualità e di servizio, ma comunque tutte tese alla Gloria di Dio e ai Fratelli.
Era tempo per il Salerio, di affrontare un’altra impresa nel mosaico del suo sogno: la stesura delle Regole. La vita di S. Vincenzo de’ Paoli, che sentiva come protettore, e la lettura di Regole di Ordini antichi e moderni furono oggetto, in quel periodo, di profonde meditazioni, alle quali facevano eco il confronto e la verifica con Madre Orsenigo affidandole, insieme alle prime Sorelle ”come nuovo esperimento della nostra Regola, la quale se ancora non è sanzionata ed approvata si è perché meglio la si studii ed esperimenti nelle singole sue parti”. (Prima Radunanaza Generale dell’11 giugno 1866)
Interiorità e dedizione a tutta prova, erano gli elementi portanti dell’edificio della Riparazione che Padre Salerio e Madre Orsenigo andavano via via progettando. Passati da Porta Romana a Porta Vercellina – Corso Magenta – (gli ambienti erano ormai diventati insufficienti per il numero delle ospiti) si ampliarono anche le attività che erano non solo nei desideri dei Fondatori, ma anche suggerite dalle circostanze. Si iniziò l’Oratorio Femminile, i Catechismi parrocchiali. Fu in quel periodo che si poté attuare uno dei
Corso Magenta: il carro del lattaio
Cortile d’ingresso
punti della Regola che più stavano a cuore al Salerio: l’Adorazione Perpetua. “Grande e solenne, caro e gradito impegno affidato alle Suore di questo Istituto come Riparatrici delle offese che si fanno ogni giorno a Gesù e al tempo stesso sorgente di ineffabili consolazioni e mezzo validissimo per procurare la propria e l’altrui santificazione, è l’Adorazione perpetua a Gesù nel Sacramento del Suo amore”. (art. 133 Direttorio)
Nella nuova Casa, la Cappella ebbe la sua centralità. La posa della prima pietra e la benedizione poi, furono momenti solennissimi e grande fu la partecipazione di molti Sacerdoti diocesani che condividevano, nella preghiera e nell’interesse pastorale, i primi passi dell’incipiente Istituzione. Per il clero milanese, in particolare, erano tempi difficili che esigevano profondo equilibrio e coraggio per rimanere nella fedeltà alla Chiesa e alle sue scelte. Ad incoraggiamento e stimolo per noi, si legge che il temperamento positivo e attivo del Salerio non era facile all’abbattimento, al contrario dal clima burrascoso che lo attorniava traeva impulso all’azione di Riparazione caritativa sul piano spiritualeapologetico, morale-umano. Padre Carlo Salerio, mentre da una parte teneva importanti conferenze apologetiche in difesa della Chiesa, dall’altra era sempre più impressionato dal degrado che dilagava in città e traeva impulso per l’azione riparatrice delle
sue suore. “Il vivere corrotto è nemico della fede”, “Bisogna adattarsi ai tempi”, “la Riparatrice deve avere un’anima sensibilissima per i mali della Chiesa e del Vicario di Cristo: un cuore compassionevole per le miserie delle anime, ad imitazione del suo Divin Sposo”, “mettiamo impegno in tutte le opere che l’Istituto intraprende per la gloria di Dio”… (Dagli scritti e conferenze di Padre Salerio)
Padre Landoni e Don Verri, particolarmente dediti alle opere di rendenzione morale e sociale, avevano sempre persone da inviare all’amico Padre Salerio e fu proprio Don Verri a mandargli una ragazza di colore, che dopo le necessarie ricerche e una adeguata preparazione ricevette il Battesimo, nella Chiesetta di Nazareth che per qualche ora era diventata Cappella di missione, con grande soddisfazione del Salerio che tanto amava quel “cosmopolitismo”. Apertura e universalità a tutta prova: due aspetti che contraddistinguono l’azione apostolica della Vita Consacrata ieri come oggi. Ogni giorno si viene a contatto e conoscenza di realtà e aree di bisogno che coinvolgono vicini e lontani, poveri moralmente, materialmente, culturalmente e socialmente. La Riparazione che il Salerio proponeva ed esigeva dalle Riparatrici, nella preghiera e nel servizio, doveva essere risposta ad ognuna di queste imploranti voci. a cura di Madre Augusta Negri
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Il carisma della riparazione oggi - risonanze di alcuni partecipanti agli incontri In preparazione al 150° di Fondazione, l’Istituto S uore della Riparazione ha programmato una serie di incontri per far conoscere e diffondere il proprio carisma. Il primo di questi incontri è avvenuto il 29 settembre u.s., anniversario della morte di Padre Carlo Salerio, Servo di Dio e Fondatore dell’Istituto. Un successivo incontro si è realizzato il 17 novembre; altri sono in programma per il prossimo anno. La Dott.ssa Francesca Consolini, postulatrice della Causa di Beatificazione di Padre Carlo Salerio, ha presentato nei due incontri, la figura spirituale e l’attività missionaria ed apostolica del Fondatore, mentre Mons. Dott. Ennio Apeciti, responsabile delle Cause dei Santi, ha collocato la testimonianza del Salerio all’interno della fiorente Chiesa dell’Ottocento. Nel secondo incontro il Prof. Don Claudio Stercal, Preside dell’Istituto Superiore di Scienze religiose dell’Italia Settentrionale, ha sviluppato il tema: “Il senso della Riparazione oggi”. Di seguito riportiamo le testimonianze di alcuni partecipanti ai due incontri.
Risonanze al convegno del 29 settembre
Provato nel fisico da una salute cagionevole, Padre Salerio non volle mai fermarsi ed interrompere il suo operato. Per noi ragazze è stato bello scoprire che il frutto di una vita dedicata a Dio, ai poveri e diseredati è stata l’istituzione della Congregazione delle Suore della Riparazione, grazie a cui l’opera missionaria di Padre Carlo Salerio continua a vivere.
Lo scorso 29 settembre si è celebrato, nella Casa Generalizia, l’inizio dell’anno saleriano. Alcune di noi ragazze, ospiti del convitto Sacro Cuore di Milano, abbiamo partecipato all’incontro mosse dalla curiosità di conoscere la persona di Padre Carlo Salerio. Uomo dal carattere forte, irruente, innovatore, fortemente orientato all’azione e nello stesso tempo Sacerdote dalla profonda vita spirituale, portato alla contemplazione e alla preghiera. Da un lato, guidato dall’amore di Dio, Padre Salerio dedicò la sua vita all’evangelizzazione, alle opere missionarie mettendosi al servizio dei più bisognosi, specie le giovani donne emarginate, sfruttate e maltrattate. Dall’altro, manifestò una spiccata esigenza di riparare con la preghiera e con atti di carità i peccati degli uomini e le offese fatte a Dio.
Conoscere il carisma delle Suore, tra cui viviamo, e la figura innovativa del loro fondatore è stato per noi spunto di riflessione e di meditazione. Anche noi siamo giovani donne con proprie problematiche che spesso ci abbattono e ci imprigionano nello sconforto. Potremmo trarre insegnamento dal motto delle Suore della Riparazione e dalla vita di Padre Salerio. Affidandoci all’amore di Dio Padre e supportate dalla preghiera dovremmo cercare di maturare la forza interiore per non mollare mai e la capacità di accettare con maturità e consapevolezza quanto la vita ci presenta. Dovremmo cercare di sviluppare la dovuta disponibilità, riguardo e sensibilità verso il nostro prossimo, perché “Nell’amore sta la Redenzione”. Anna Ferrara (Convittrice Ist. Sacro Cuore)
Ho partecipato quasi per caso all’incontro in occasione della celebrazione di Padre Carlo Salerio, invitata dalla Madre Superiora dell’Istituto Addolorata di Varese, frequentato dalla mia bambina. E’ stato un incontro veramente formativo per quanto mi riguarda; quasi non conoscevo la figura di Padre Salerio e mi sono trovata davanti un personaggio affascinante ed attuale, in grado di far tornare in mente quali siano le reali sfide della Missione. Un notevole impatto hanno avuto su di me anche le descrizioni dell’operato delle suore italiane accanto a lui, un gruppo unito, impegnato con coraggio e determinazione a favore delle giovani in difficoltà e che ha raggiunto opere importanti forse proprio grazie all’esperienza di Padre Salerio come Missionario tra popolazioni molto “arretrate”, rientrato in Italia, in seguito a gravi motivi di salute. Situazione, che con mio grande stupore, non ha fermato Padre Salerio, ma lo ha visto maggiormente determinato a portare a termine progetti sociali davvero importanti, sempre supportato dalle sue suore.
E’ stato un incontro molto interessante dal punto di vista della conoscenza umana e spirituale di Padre Carlo Salerio. Le relazioni, esposte con molta chiarezza ed ampiamente documentate, ci hanno presentato in modo globale la figura di un uomo, un missionario, un patriota, un fondatore. Mi ha colpito la sua capacità di saper far convivere “l’uomo e il sacerdote”; il “non perdere tempo”, “dare sempre il massimo”… Brillante esempio per noi volontari. La sua era una carità attiva, rivolta specialmente all’attenzione dei più bisognosi, abbandonati, disprezzati. Anche noi col nostro modo di rapportarci con loro dovremmo contribuire affinché ognuno trovi nel Signore la sua dignità. Antonia (Volontaria Ist. Addolorata - Varese)
E’ stata sicuramente un’esperienza estremamente positiva, che vale la pena di continuare con nuovi approfondimenti. Con simpatia. Paola (mamma Ist.. Addolorata - Varese)
Risonanze al convegno del 17 novembre
Ho partecipato con vivo interesse lo scorso 17 novembre all’incontro organizzato dall’Istituto, ed avente come obiettivo la ricerca di un senso da conferire al carisma della Riparazione nell’ambito del nostro tempo e della nostra società. Coordinati dalla discreta e puntuale moderazione del Dott. Ciccarelli, si sono susseguiti gli interventi della Dott.ssa Francesca Consolini e del Prof. Don Claudio Stercal. Esaustiva, come di consueto, la Postulatrice della causa di beatificazione di Padre Carlo Salerio ha delineato la vita e l’opera missionaria del Fondatore sottolineandone il forte istinto di dedizione e donazione al prossimo. Nonostante la salute estremamente cagionevole, la giovinezza e la sana incoscienza, Padre Carlo ha saputo, creare un’opera missionaria che ancor oggi cerca incessantemente di alleviare sofferenze e riparare tutto ciò che l’egoismo dell’uomo distrugge.
Un egoismo che Gesù, nell’estremo atto d’amore verso l’uomo, in punto di morte sulla croce, ha rifiutato di condividere, come ha sapientemente ricordato Don Stercal. Il Cristo non ha ascoltato la folla che lo chiamava a dimostrare la Sua divinità; ha finto di non ascoltare gli insulti, ha proseguito nel progetto di salvezza intrapreso ed ha promesso il Paradiso al ladrone pentito. Un intervento, quello di Don Stercal, particolarmente illuminato, capace di entrare nelle coscienze e nei cuori dei presenti; capace di mostrare come la spinta verso il prossimo, la carica altruistica e non lo sterile ripiegamento egoistico siano la strategia vincente per qualsiasi società. Non un freddo calcolo opportunistico, ma la razionale consapevolezza del fatto che l’Amore, comunque, vince su tutti e su tutto. Andrea Natoli - Insegn. Ist. Maria Immacolata – Busto Arsizio
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L’incontro a cui ho partecipato è stato molto interessante e piacevole, ciò che è stato detto riguardo alla missione che ognuno di noi dovrebbe fare l’ho sentito molto vicino e non perché c’è bisogno di fare opere grandi o perché voglio andare lontano ad aiutare chi ha bisogno, ma perché facendo volontariato in una casa-famiglia ci sono ragazze minorenni che hanno bisogno di ricevere del bene perché non l’hanno mai conosciuto. Pina Del Vecchio - volontaria civile Casa-famiglia di Somma Vesuviana
L’incontro di sabato pomeriggio, ha riportato all'attenzione la memoria di Padre Carlo Salerio fondatore della Casa Nazareth delle Suore della Riparazione. Sono riaffiorati gli avvenimenti vissuti dal fondatore nel contesto della sua epoca storica, le sue scelte di vita importanti. La Dott.ssa Consolini che ha illustrato in modo sapiente il vissuto del Padre, ha anche posto in evidenza come egli volesse la qualità di coscienza e di comportamento per essere missionari; di quello che oggi continua come Pontifico Istituto Missioni Estere. Quindi l'intenzione della Dott.ssa è quella di abbinare alle doti naturali del singolo individuo, quelle totalmente spirituali della chiamata, in umiltà al servizio del prossimo, per rendere più accettabile questo passaggio terreno. Nella seconda parte dell' incontro, con il sacerdote Don Claudio, si è voluto evidenziare anche il rapporto dei giovani anche con la società tramite il filtro della famiglia. E' emerso grazie alla sua grande esperienza, sia di vita che di insegnamento, quale sia la coscienza di queste generazioni. Una coscienza fragile ben poco attenta ai problemi veri che riguardano l'umanità, chiusa molto spesso nel proprio io, dove l'apparire trionfa sull’essere. La famiglia ha le sue "brave" responsabilità. La famiglia intesa come madre e padre deve essere sempre da modello per i propri figli, non tanto nel dire o parlare, quanto nel portare esempi silenziosi, e quindi fare. Abbiamo avuto la fortuna nelle ultime decadi di goderci la presenza di Papa Giovanni Paolo II, un vero comunicatore e motivatore di folle giovanili, che ha risvegliato le coscienze sopite, dando forze e energie nuove. Ha lasciato una traccia su cui si deve continuare, traccia alla quale Papa Benedetto XVI sta già operando, in maniera e modi differenti, andando direi quasi alle radici delle coscienze e dei cuori. Questi sono i miei pensieri che si sono sprigionati dopo l'incontro di sabato pomeriggio. Candiani Emanuela, Istituto Maria Immacolata - Busto Arsizio, Parrocchia San Giovanni
Antonio Rosmini beato - un maestro amato dal Salerio -
Condividiamo
la gioia delle Suore Rosminiane (Suore della Provvidenza) e dei Padri dell’Istituto della Carità o Rosminiani, inoltre facciamo nostra la festa della Diocesi di Novara per la proclamazione di Beato di quel suo figlio di adozione che fu Antonio Rosmini.
Fondatore di due Istituti religiosi tutti dediti alla carità, filosofo, teologo, autore di più di cento opere, amato, ammirato e poi discusso, fortemente contestato e sottilmente e volgarmente calunniato, condannato dalla Chiesa per due sue operette e, soprattutto, santo, Rosmini fu profeta troppo di avanguardia per quel secolo risorgimentale pieno di sussulti, di dispute accese, di contrasti che non risparmiarono neppure il Papa Pio IX. IL PENSIERO DI UMBERTO COLOMBO (U. Colombo: docente all’Università Cattolica del Sacro Cuore; specialista in studi manzoniani; amico e collaboratore del nostro Istituto) Tra gli appunti di Don Umberto Colombo trovati dopo la sua morte prematura, troviamo una pagina sul Rosmini e il Manzoni, tra cui leggiamo: “Ora tra i nomi di profeti celebrati quando non temiamo alcun pericolo perché già pagato, a nome nostro, dalle avanguardie, sta quello di Rosmini. E più che giustamente”. Le vicende poco liete del Rosmini in filosofia, in politica, in teologia sono note, sia pur approssimativamente e soprattutto nelle conclusioni esterne (molto meno invece, si conosce il sacrificio dell’imposto silenzio, accolto con magnifico “sì”. Forse sono ancora meno note le riletture attuali, pacate e meditate, che ripropongono molte pagine, un tempo lette con scandalo e irritazione, in una dimensione di attualità: non solo, ma quel che parve un atto di ribellione – penso al volume “Delle cinque piaghe della Santa Chiesa – oggi è letto come un atto d’amore”(…) Adesso, cessata la rissa che aveva vietato di conoscere veramente l’anima suggerente pagine e gesti, si deve rileggere questa vita racchiusa nel noto trinomio, detto appena prima di incontrarsi a tu per tu con Dio: “Adorare, tacere, godere”: preziosa eredità.
Per noi, Suore della Riparazione, il ricordo di Antonio Rosmini richiama quello del nostro Padre Fondatore. Siamo grate alla completezza e al rigore storico di Padre Tragella che ci riferisce nel suo libro “Carlo Salerio” – dell’incontro di Reina e Salerio con Pio IX, di quello cioè che l’Autore definisce “Intermezzo rosminiano del Papa”. INTERMEZZO ROSMINIANO DEL PAPA Siamo nell’anno 1851. La delegazione dell’appena nato Istituto Missioni Estere, composta da Reina e Carlo Salerio, ottiene udienza da Pio IX. Lo scopo è quello di ottenere da Roma l’approvazione per l’ardua e lontanissima missione in Oceania. Il Papa, in quella occasione non si dichiara propenso, sia per le enormi difficoltà dell’impresa, sia per l’ancora non conoscenza del nuovo Istituto. Invece, trovandosi di fronte a sacerdoti venuti da Milano, il Papa, con una sorprendente digressione, si lasciò andare a confidenze e a richiesta di informazioni. Improvvisamente, qui è il Salerio che scrive, “sortì con queste parole: ‘Voi poi in Lombardia avete un’altra piaga, Rosmini e non Rosmini’…”. E ancora il Salerio: “proseguì, il Papa, mostrandosi indignato del modo vile, basso, triviale, senza segno di carità, con cui si assale un uomo degno di tanto rispetto”. E ancora, queste le precise parole del Papa: “Conosco il buon Rosmini, che mi tenne tanta compagnia a Gaeta; è un uomo dottissimo, obbedientissimo, esemplarissimo e, con un panegirico diviso in questi tre punti si può andar avanti fin che si vuole. Ma come dicevo a Gaeta a lui medesimo, ha delle espressioni equivoche per i tempi moderni, in cui la moltitudine corre già di se stessa così a precipizio, nell’interpretazione dell’opinione dei dotti…”. Il colloquio confidenziale continuò. “Su questo argomento e sulla indiscussa benevolenza del Papa per Rosmini, i nostri giovani poterono allora recare a Milano, ai compagni e a tutta la Diocesi una parola di serenità e di pace…” (Tragella). In seguito e fino al Concilio Vaticano II un lungo silenzio cadde su questo nostro Beato. “Forse – come tutte le opere grandi di Dio – anche Rosmini aveva bisogno di silenzio: di quel silenzio che s’aggira attorno al bene come la buccia intorno al frutto che matura”. (U. Colombo) a cura di A.V. Papa
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Il disagio adolescenziale - seconda parte -
L a nostra società riserva grande attenzione agli
adolescenti e vuole porre in essere condizioni di vita che permettano un sereno percorso di crescita: quando il disagio adolescenziale - nonostante un’adeguata azione di prevenzione - si manifesta, si sente impegnata a rimuoverne le cause. Vi sono molte leggi a tutela degli adolescenti; le politiche sociali - a livello locale e nazionale - perseguono l’obiettivo della conoscenza della reale condizione adolescenziale al fine di prevenire e rimuovere le cause del disagio; innumerevoli servizi e istituzioni operano concretamente a favore degli adolescenti, impegnando molti operatori ed ingenti risorse e utilizzando modalità di aiuto ampiamente differenziate. Nella consapevolezza che la famiglia ha compiti essenziali e insostituibili, sono messi in atto innanzitutto interventi che consentono all’adolescente di restare nel proprio nucleo: tali interventi possono essere economici - sussidi che consentono di provvedere a quanto necessario per vivere - e/o di sostegno pedagogico. Per aiutare la famiglia nei suoi compiti educativi si può fare ricorso a una molteplicità di progetti. Vi è la possibilità che un educatore professionale segua il singolo adolescente nello studio - generalmente nella sua stessa abitazione o presso la scuola - e condivida le attività effettuate nel tempo libero - accompagnandolo, ad esempio, in piscina o al cinema - secondo quanto previsto nel progetto educativo; l’adolescente può essere inserito in gruppi, nei quali, oltre a svolgere normali attività scolastiche o ricreative, viene riservata un’attenzione particolare alla dimensione educativa; vi sono anche strutture (semiconvitti) che accolgono l’adolescente per gran parte della giornata, consentendo l’apprendimento in un ambiente particolarmente qualificato sul piano pedagogico.
I vari progetti non vengono messi in atto - come facilmente comprensibile - in modo indifferenziato, ma sono realizzati solo in quanto costituiscono, per la valutazione di operatori professionali, adeguata risposta alle specifiche problematiche di ogni singola situazione. Il disagio adolescenziale è sempre radicato - e ne è a sua volta causa - nella problematicità delle relazioni interne al nucleo: la famiglia è pertanto aiutata - da psicologi, psichiatri, neuropsichiatri infantili -a riscoprire la significatività dei propri legami e a ricostituire positive dinamiche relazionali mediante colloqui di sostegno, terapie individuali, interventi di mediazione familiare, attuati tramite incontri, guidati da specialisti, cui partecipano tutti i componenti del nucleo. Alla dimensione relazionale, per altro, è data particolare attenzione da tutti gli operatori che seguono l’adolescente; l’inserimento in gruppi di studio o di attività libere ha anche il fine di permettere all’adolescente di vivere relazioni positive, che lo aiutino a crescere. I risultati positivi che si possono conseguire per l’attuazione dei diversi progetti sono fortemente compromessi se la famiglia non collabora con gli operatori: la collaborazione della famiglia è essenziale anche quando - per molteplici e gravi problematiche - è necessario allontanare l’adolescente dal suo nucleo e inserirlo in un altro nucleo (la famiglia affidataria) affinché vi possa fare una serena esperienza di vita. L’adolescente rientrerà nella propria famiglia - con la quale solitamente mantiene rapporti costanti appena questa sarà in grado di riaccoglierlo. Quando è impossibile realizzare l’affido familiare, l’adolescente verrà inserito - egualmente per il
tempo strettamente necessario - in una comunità educativa. Quando la famiglia non collabora per la risoluzione delle difficoltà dell’adolescente, interviene il Tribunale per i Minorenni: i giudici - conosciuta adeguatamente la situazione, anche attraverso audizioni delle stesse figure genitoriali, - prendono decisioni che rivestono carattere di obbligatorietà - a tutela del “minore“ (termine con cui ci si riferisce all’adolescente nel sistema giudiziario), a volte anche stabilendo i percorsi di aiuto che devono essere seguiti. Lo stesso tribunale per i minorenni stabilisce che un adolescente che non ha mai avuto una famiglia - o che ne è stato privato per eventi particolarmente traumatici - sia inserito- con carattere di definitività - in un nucleo familiare, cioè nella famiglia adottiva: lo stesso termine (ad, verso; opto, scelgo) sta ad indicare il cammino che i nuovi genitori vogliono fare per arrivare ad accogliere l’adolescente - considerato nella sua individualità irripetibile ed essere per lui/lei terreno in cui mettere le radici dell’esistenza, nonostante le ferite e i lutti sofferti. Nelle situazioni in cui non si può attuare un proget-
scente. Tale considerazione è a base anche dello stesso processo penale cui è sottoposto l’adolescente che ha commesso reati: tutto quanto disposto dalla “legge” nelle varie fasi del procedimento viene infatti applicato “in modo adeguato alla personalità e alle esigenze del minore“ e, in particolare, si può ricordare che, nel comminare la pena, il giudice cerca di non interrompere i percorsi educativi in atto e può prescrivere progetti di studio o di lavoro che siano utili alla maturazione personale dell’adolescente. Il processo penale costituisce pertanto un percorso che, se responsabilmente seguito, consente al minore di impegnare tutte le sue potenzialità per provare a se stesso, prima che ai magistrati che devono giudicarlo, di avere superato le difficoltà che l’avevano portato a comportamenti devianti e di essere in grado di inserirsi positivamente nella società. Affinché questi risultati possano essere raggiunti, è però indispensabile - quando gli adolescenti vivono in realtà a forte degrado socio-ambientale che vengano messi in atto anche interventi di risanamento del territorio, che sono infatti previsti da varie leggi e realizzati con una molteplicità di iniziative. Anche il disagio vissuto dagli adolescenti per la loro condizione di immigrati, per la sua diffusione e rilevanza, viene preso in considerazione a livello legislativo e a livello politico, perseguendo l’obiettivo dell’inclusione sociale: tale indirizzo si realizza mediante l’attuazione di iniziative estremamente differenziate - corsi di alfabetizzazione, supporti scolastici, interventi di mediazione familiare - che consentono un positivo inserimento nella realtà sociale, perché danno la possibilità all’adolescente di ritrovare la propria serenità.
to di adozione, si fa nuovamente ricorso alla comunità educativa.
Carla Cagnaroni Ass. Sociale della Casa di Nazareth
Tutti gli interventi sono condotti considerando costantemente la personalità in divenire dell’adole-
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Myanmar: sguardo sull’oggi Seguiamo con trepidazione e particolare partecipazione le notizie che ci arrivano, e a volte ”filtrano” dal Myanmar. Birmania, Myanmar: una terra bella con il suo territorio vasto, dove i fiumi scorrono e a volte irrompono; abitata da gente per lo più molto povera, ma fiera, laboriosa, attiva, aperta al sacro e ai veri valori. Una terra ingiustamente sfruttata, prima dai colonizzatori, poi da altre potenze e dai coltivatori di oppio, e ora, da decenni, dominata dallo strapotere militare. I Cristiani in Myanmar numericamente sono una minoranza. I Cattolici sono una presenza viva, vivace, attiva, generosa. La Chiesa comprende 14 Diocesi, gestite tutte da Vescovi e Sacerdoti del Paese e formano una comunità stimata tra 600.000 e 800.000 fedeli, provenienti da varie etnie. Il Buddismo è predominante in Myanmar ed è praticato da circa l’85% della popolazione. Abbiamo visto in TV monaci buddisti sfilare per le vie di alcune delle principali città in segno di protesta contro il potere governativo, subendo una violenta repressione, che è lontana dall’essere
finita. Come spiegano le fonti di informazione, “la spiritualità buddista vissuta nei Monasteri, oltre che un ruolo religioso, è anche un pilastro della struttura sociale del paese in quanto si interessa di educazione e assistenza, ponendosi spesso come alternativa alle strutture governative”. Quanto alla religione buddista, sappiamo che Budda non parlò di Dio, ma insegnò agli uomini le vie per giungere alla pace e alla vera felicità. Prendiamo ad esempio uno degli insegnamenti di Budda: “Se qualcuno mi farà un torto, gli darò la protezione del mio amore generoso; quanto maggior male mi viene da lui, tanto maggior bene gli verrà da me; la fragranza della bontà viene sempre verso di me, e l’aria nociva del male va verso di lui. In nessun caso l’odio cessa con l’odio; l’odio cessa con l’amore”. Noi, che abbiamo la fede nell’onnipotenza di Dio, abbiamo il grande mezzo della preghiera e abbiamo l’insegnamento di Gesù, che ci esorta ad essere, là dove siamo, operatori di pace e fratellanza disinteressata, e questo certamente potrà migliorare noi stessi e il mondo. A. V. Papa
Comunità presenti in Myanmar Suddivise per Diocesi Taungngu •St. Joseph •St. Anthony •Htinikone •Leiktho Takone •Kawbachan •Thamodaung •Pwekone •Metheleho •Momblo •Bicikone •Yado •ChinYu •Htithasaw •Bawide •Pradon •Pyinmana Phekhon •Myathakone •St. Teresa •Thauk Ye Khat •Kuntha •Mobye •Santa Maria •Hwari •Han O
Taunggyi •Seminary •St. Anne •Kalaw •Yasauk
Loikaw •St. Matthew •Doungankha St. Joseph’s Home Divine Providence Catechistate •Hoya •Dorokho •Dolasaw •Ghekaw •Prusoe •Maphrawsci •Shadaw •Doumyalay •Musoe •Nanataw
Lashio •Guardian Angels •Namtu Yangon Kyaing Tong •Home Aged •Div. Redeemer •Loikham •Panghkan •Mj.Seminary •Kat Pha •Muse •St. Clare •Kut Kai •Divine Mercy Mandalay •Tang Yan •Than Win •Mong Ji
Forte dei Marmi: un viaggio di cinque giorni più grande davanti a Lui. Chi compie la Sua Volontà espressa nella Parola di Dio, nel magistero della Chiesa, nelle nostre Costituzioni, nelle indicazioni dei Superiori. • L’importanza della vita comunitaria • L’invito a vivere bene il presente • L’imitazione della fedeltà di Maria nelle difficoltà. • La differenza fra voto e consultazione in ordine all’e-
lezione o nomina dell’autorità: criteri usati nella vita religiosa. Abbiamo anche fatto una piccola esperienza votando la sorella che avrebbe dovuto gestire la casa in quella settimana e pianificando insieme tutto, dalla risposta alle esigenze quotidiane fino ad un momento di notorietà.
Questa estate dal 22 al 26 agosto, a Forte dei Marmi abbiamo fatto una straordinaria e gioiosa esperienza con la nostra Reverenda Madre Generale. Senza dubbio è stata un’occasione che il Signore ci ha offerto, un’opportunità che lo Spirito Santo ci aveva preparato: il primo meeting di tutte noi sorelle birmane, presenti in Italia con la Reverenda Madre. Sebbene siano stati solo cinque giorni abbiamo ricevuto molte indicazioni importanti per la nostra vita religiosa e comunitaria.
Il Comune di Forte dei Marmi - con nostra sorpresa e meraviglia - ha voluto dedicare alle sorelle birmane presenti (ben 14) il tradizionale concerto all’interno delle celebrazioni in onore di S. Ermete, il patrono della città, e ha offerto una medaglia a ricordo. Noi abbiamo manifestato la nostra riconoscenza accompagnando la Santa Messa solenne con canti birmani.
Il tema generale del nostro incontro è stato: costruire una comunità nuova, alternativa e il nostro obiettivo: unire e coordinare culture diverse così da poter camminare insieme, vivere insieme e lavorare insieme per il nostro bene e per quello dei nostri fratelli. La Rev.da Madre ha condiviso generosamente i suoi talenti con noi e noi le nostre esperienze. E’ stato bello e piacevole. Ogni giorno abbiamo messo in evidenza tematiche diverse: • Il nostro essere donne, persone consacrate,
riparatrici. La sequela di Gesù. • I voti, in particolare quello di obbedienza, sul
modello di Maria. • Note di educazione liturgica, il silenzio. • L’esperienza dell’interculturalità. • La vicenda di Rut, come modello di rinuncia di
sé e della propria terra. • Il criterio che Dio ci offre per valutare chi sia il il
Abbiamo terminato i nostri lavori con un incontro di verifica durante il quale siamo state invitate ad esprimere i sentimenti che portavamo in cuore dopo queste giornate. L’ultima sera abbiamo animato festosamente scenograficamente i contenuti appresi, ringraziando il Signore per questa opportunità, la Rev.da Madre per aver organizzato e condiviso con noi le giornate, Madre Anna Maria per le attenzioni e cure avute nei nostri confronti e Madre Cristina per il suo gentile e sempre discreto aiuto. Ringraziamo tutte le Madri e Sorelle per la preghiera e il sacrificio con cui hanno accompagnato il “nostro meeting”. Noi del meeting
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14 Brasile: una recente conferenza dell’America latina É sempre una ricchezza
comunicare anche agli altri quello che ci fa crescere, che fa bene lungo il percorso della nostra vita, per questo, anche se sono passati dei mesi ho pensato di trasmettere qualche notizia sulla V Conferenza dell’America latina, avvenuta in questa terra, dal 13 al 31 maggio di quest’anno, aperta con la venuta del Papa Benedetto XVI in Brasile. Di particolare importanza è stato il suo discorso introduttivo all’apertura della Conferenza Generale. Un discorso che è un programma di cui terranno conto i Vescovi, presbiteri, missionari, fedeli cattolici perché ha toccato i temi della fede, della famiglia, dei giovani, del clero e dei religiosi.
La Conferenza é una riunione originale del Continente, differente dal Concilio o dai Sinodi regionali, perché tratta maggiormente di argomenti pastorali. I membri della Conferenza partecipavano alla celebrazione eucaristica quotidiana con i fedeli pellegrini, percependo la loro grande pietà semplice e fervorosa... La religiosità popolare, soprattutto la pietà mariana, finì di essere un tema teorico per diventare esperienza per i Vescovi. Le varie pastorali, gli organismi eclesiastici, le CEBS crearono un Forum per gli eventi e prepararono “romarie” pellegrinaggi, cartelloni, fascie, circoli biblici, e costruirono per tutto questo la “TENDA DOS MARTIRES’, MARTIRES tenda semplice, povera, su terra battuta, con cotonina di plastico bianco, tutto per ricordare l’impegno della Chiesa dei Poveri. La tenda divenne lo spazio di celebrazioni, di momenti di mistica, di dibattito e di riflessione, di gruppi di preghiera, di accoglienza nello spirito di comunione con la 5ª Conferenza. Vescovi che là si fermavano per celebrare con le persone di fuori, che tutti i giorni stavano là. E’ stata una testimonianza e un modo di sentirci Chiesa di Gesù. Il 19 si ebbe qualcosa di commovente: un grande pellegrinaggio, a piedi, partendo a mezzanotte, da una cittadina a 10 chilometri da Aparecida, per arrivare al santuario per le otto, accompagnato solamente dalla luce di candele. Durante il percorso si fecero cinque tappe per riflettere su ognuna delle cinque conferenze. Si chiuse il pellegrinaggio con la celebrazione eucaristica facendo memoria dei Martiri dell’America Latina, tra i quali il Vescovo Dom Oscar Romero. L’UNIONE CON L’UMILTÀ È SEMPRE UNA FORZA GRANDE CHE CI VIENE DAL SIGNORE PER CAMMINARE NELLA GIUSTA DIREZIONE. Sor. Lina D.V.
MAIS UMA CONFERÊNCIA NA AMÉRICA LATINA
È
bom que também os nossos irmãos de outros mundos saibam alguma noticia sobre a V Conferência da América Latina que se realizou na nossa terra de 13 a 31 de maio, deste ano, aberta com a vinda do Papa Bento XVI no Brasil. . A Conferência é uma reunião original do Continente, diferente de concílios ou sínodos regionais, porque versa sobre pastoral. Participavam da celebração eucarística diária na basílica com os fiéis peregrinos, percebendo-lhes assim a piedade simples e fervorosa. A religiosidade popular deixou de ser tema teórico para tornar-se experiência dos bispos, especialmente a piedade mariana. As pastorais sociais, os organismos eclesiásticos, as CEBs criaram um fórum para eventos e preparam romarias, cartazes círculos bíblicos e construíram para tudo isso a “Tenda dos Mártires”. Tenda simples, pobre, de terreno de chão batido, armada de lona branca, tudo para recordar o compromisso da luta da Igreja dos Pobres. A Tenda tornou-se o espaço de celebrações, de momento de mística, de debate e reflexão, de grupo de oração, de acolhida em espírito de comunhão com a 5ª Conferência. Bispos lá estiveram e celebraram com as pessoas de fora, que todos os dias estavam lá. No dia 19 houve algo impressionante: uma peregrinação de fiéis, em romaria, partiu de uma cidade há Km.10 de Aparecida, a meia noite para cegar as 8hs. no Santuário. Com velas acesa, fizeram cinco paradas e refletiram sobre cada uma das cinco conferências. Encerrou-se com a Missa, fazendo a memória dos Mártires da América Latina, entre os quais D. Oscar Romero.
Il luogo non poteva essere piú appropriato ai margini dell’Autostrada, all’entrata della capitale della Fede o Aparecida do Norte, come preferiscono chiamarla i devoti: Nossa senhora Aparecida, la Madre Negra, su terra battuta, lontano dal centro della cittá. Bambini e ragazzi volentieri vi andavano a pregare.
CELEBRAÇÃO ENCARNADA Nesta sexta-feira, dia 25, a missa foi presidida por um padre chileno e concelebrada por um brasileiro e um holandês. O grupo não passava de 70 pessoas. Não havia violão nem qualquer outro instrumento ou coral. Ou melhor, havia, sim, um coral composto de dez crianças, cada uma portando como instrumento uma latinha de refrigerante com pedras. Esse era o único instrumento que dava ritmo às músicas entoadas por uma animadora das CEBs. O repertório, todo ele composto por Zé Vicente, cantava a esperança e o sonho de quem crê na vitória do ressuscitado. Ao contrário dos grandes templos, ali todos sentiam a Tenda como sua casa. Sem cordas nem seguranças para barrar-lhes o acesso aonde quer que fossem, todos podiam se aproximar do altar e andar livremente para o encontro e o abraço fraterno antes da missa, sem a formalidade da acolhida tão presente em muitas igrejas.
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Somma Vesuviana: - una Casa che profuma d’amore -
Ci sono momenti nella vita che non si possono e non si devono dimenticare, momenti speciali ed il 16 settembre è stato uno di questi. La nostra Superiora Madre Roberta ha ideato ed organizzato, dopo ben 16 anni di vita della Casa, un progetto davvero splendido, una sorta di rimpatriata per tutte le ospiti che nel passato e nel presente hanno vissuto e vivono l’esperienza comunitaria proprio in quella gradevole provincia di Napoli. In Casa Famiglia sin dalle prime luci dell’alba si respirava un’atmosfera di serenità e di pace. Le ore che scorrevano erano sancite dall’arrivo delle Madri che si sono alternate nel passato e di parecchie ragazze che sono passate. Il vecchio e il nuovo si è fuso in un intreccio armonico. Dopo un iniziale momento di benvenuto in Comunità ci siamo recati tutti nella Chiesa di “Santa Maria di Costantinopoli” dove è stata celebrata una Messa solenne e dove Madre Roberta ha pronunciato poche ma significative parole alle ospiti convenute. La comunità parrocchiale, si è unita con calore attorno alle Madri e così è avvenuto anche nel pomeriggio quando spontaneamente è accorsa in Casa per dire il suo “grazie” e il suo
“arrivederci” a chi non si potrà mai dimenticare. Dopo la Santa Messa, siamo andati tutti al ristorante e in quella circostanza le nostre attuali ragazze si sono confrontate con quelle del passato, i loro occhi si sono incrociati e all’improvviso si sono riconosciuti, accorgendosi di condividere qualcosa che nemmeno il tempo o la distanza potranno scalfire: il desiderio del riscatto! Uno dei momenti più emozionanti della giornata è stata la lettura di una testimonianza, scritta da una ex ragazza, dedicata alla pioniera della Comunità: la dolce e indimenticabile Madre Piera, la prima Madre Superiora giunta a Somma Vesuviana ben 21 anni fa. Quelle parole, recitate da Madre Roberta, con appassionata enfasi, hanno toccato i cuori di tutti. Chi non aveva avuto l’onore di conoscere Madre Piera, nel sentire quanto aveva fatto per la Comunità e per le ragazze, ha iniziato a stimarla e a rammaricarsi di non averla potuta conoscere. Mai si potrà dimenticare Madre Piera che ha fatto tanto per la nascita della Casa Famiglia ed ha lasciato un ricordo indelebile con la sua dolcezza di Madre e la sua purezza di cuore. Al pomeriggio, terminato il pranzo siamo tornati
tutti nella nostra “Casa” e lì le nostre attuali ragazze ci hanno deliziato con dei balli davvero spettacolari. La vera sorpresa del pomeriggio è stato l’arrivo dei volontari che nel passato e nel presente hanno donato il loro tempo e il loro cuore alla Comunità. Ad adornare il lungo viale c’erano dei cartelloni con delle foto di ieri e di oggi e con dei titoli speciali: “gli amici della casa”, “le nostre Superiore”, “eventi speciali”, “gruppi e momenti di festa”, “le nostre estati”. Era bello vedere le ragazze cercarsi sul cartellone e indicare, ricordare, gioire nel rivedersi bambine, nel rivedere le loro compagne di avventura, i loro volontari, le loro Suore.
tovoce da una nostra ex ragazza, con la voce spezzata dall’emozione: “Vorrei tornare indietro per poter restare ancora a lungo qui. Se si potessero mettere indietro le lancette dell’orologio, non me ne andrei più perché questa è casa mia”. Queste parole sono eloquenti abbastanza per mostrare quanto la Casa Famiglia abbia dato amore e calore, abbia asciugato una lacrima in un momento triste, abbia dato un abbraccio in un momento di sconforto, abbia regalato un sorriso in un momento di tristezza. La Casa Famiglia “Cuore Immacolato di Maria” è un’oasi di felicità. Chiunque sia stato in quel posto, che sia per breve o tanto tempo, non può dimenticarne il calore.
Una confidenza, al termine della meravigliosa giornata emblematicamente racchiude l’essenza della Casa Famiglia stessa, una confidenza fattami sot-
Michela Cagliendo
Le sorelle della prima comunità con la Superiora Generale ed il Parroco
A
Madre Piera
Ripenso allo sguardo condottiero, al sorriso di un contadino, alle mani rugose, eppur mai stanche, che continuano
a metter su mattoni ed io, argilla morbida, tra le tue mani, ora più di prima, dal tuo tepore mi lascio modellare. Assunta S.
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18 C’è chi non crede ai miracoli... Nessuna parola, per quanto ricercata, nessuna frase, per quanto elaborata, darà il senso della sua grandezza! E’ per questo che scrivo e basta, senza ricerca di stile, senza pensarci troppo su… semplicemente scrivo! Ecco forse una parola fatta per lei: semplicemente. Non amava le cose elaborate… quando indugiavo troppo mi diceva “Fallo e basta”. Ed erano semplici le sue parole… semplici e penetranti. I suoi racconti sull’Africa… doveva amare tanto quei luoghi! Ne parlava con infinità di particolari e noi ad ascoltare, come si ascolta a 15 anni una storia d’amore. Perché, ora lo so, è di Amore che si trattava.
In seguito è passata a Rho. Un giorno mi aveva detto “Quando nasciamo, Dio ci dà un grembiule con una grande tasca piena di semi e non ci chiede altro che seminare… Che gioia sarebbe alla fine della vita, guardarci dentro e vederla vuota; certo, sarebbe bello poter raccogliere, ma ancor più bello sarebbe girarsi e vedere qualcun altro che raccoglie”.
Ci raccontava del Kenia, dei suoi orgogliosi Masai e delle innumerevoli avventure vissute cercando di portare la parola di Dio, e non solo, in un piccolo villaggio, Marsabit. La povertà e l’ignoranza formano un connubio quasi osceno… Lì si muore per la mancanza d’acqua o per averla presa da un pozzo infetto. Si muore per malnutrizione, si muore per mancanza di medicinali… e spesso si muore e basta, senza che ci si chieda il perché. Quando la maggior parte dei bambini non arriva a 5 anni, la morte è un evento a cui ci si abitua presto. Adesso capisco perché detestava il superfluo! Eppure quanta gioia nei suoi racconti. Quando si passa il tempo a pregare perché un bambino abbia un altro giorno, il nascere del sole arreca più gioia di quanto si possa immaginare. La povertà le aveva mostrato di quante immense ricchezze ci ha circondato Dio… se sapessimo spalancare gli occhi ed il cuore, senza cercare niente, senza pretendere il miracolo, avremmo sicuramente più gioia di quanta ce ne dà la ricchezza dell’effimero! Tutto questo c’era nelle sue parole e nel silenzio dei suoi occhi: quegli occhi strani, ancora adesso non saprei definirli. Li ho visti color del ghiaccio, ricoperti dal freddo della delusione, color del cielo, dipinti dalla tenerezza. Li ho persino visti piangere quando per ubbidienza ha lasciato qui una parte della sua anima. Lei che questa Casa l’ha voluta con tutte le sue forze, per nove anni si è rimboccata le maniche per farla crescere, l’ha nutrita come si nutre un bimbo, di valori forti, di tenacia e di tante coccole… Ha lottato contro tanti pregiudizi attecchiti sull’ignoranza…Lei, che aveva una mente aperta e colta, ha abbassato la testa, si è chinata, come fa la canna nella tempesta, perché il suo lavoro non fosse spezzato come la quercia per il troppo orgoglio. Se ho imparato con orgoglio a chinarmi anch’io, lo devo solo a lei. E’ andata poi a Milano, al “Villaggio Orsenigo”, cercava di dare aiuto ad alcune ragazze –madri extracomunitarie. Me la immaginavo, ancora una volta, circondata di bambini e preoccupata per il loro futuro; certo, tra Milano e Marsabit c’è un abisso, ma l’ignoranza, i pregiudizi non si servono di cartine geografiche!
Quando è morta, ho scelto di raccogliere dal suo campo perché girandosi potesse vedermi ed essere felice… Poi ho capito: devo seminare anch’io; non c’è altro modo per dimostrarle che qualcosa dal suo campo l’ho raccolto! Tornata a Milano, muore nel sonno, senza soffrire, perché avrebbe dovuto?! La morte ha donato alla sua vita una nuova luce più intensa… Tutto adesso ci appare più chiaro, la sua forza, la sua tenacia che, e non me ne si voglia, spesso rasentava la testardaggine. Tanta grandezza racchiusa nel corpo di una Donna… E c’è chi non crede ai miracoli! Assunta S.
Istituto Sacro Cuore: il convitto universitario Milano è straordinariamente ricca di scuole
internazionale ed ecumenica, cioè senza distinzione di classi sociali, di nazionalità, di lingua o di religione, proponendo contemporaneamente un’esperienza di vita cristiana. L’atmosfera è serena e accogliente per la disponibilità delle religiose e del personale che coopera.
di ogni ordine e grado, statali e private. Accanto a prestigiose università, ormai secolari ma sempre in attento aggiornamento e con nuovi indirizzi e facoltà, sorgono atenei e scuole di specializzazioni in costante aumento, secondo le nuove esigenze culturali, sociali, amministrati- La pluralità delle ospiti, che è determinata dalle diversità dei percorsi accademici e dai molteplici paesi ve. di origine, risulta una ricchezza per la socializzazione, Gli allievi e le allieve confluiscono da ogni parte la formazione e la crescita delle studenti. d’Italia, da ogni nazione europea e da ogni continente. Un insieme di etnie, di culture, di religio- “Incontri di formazione umana e cristiana vengono ni e di ceti sociali. La domanda di sistemazione, programmati nel corso dell’anno”. Per le varie proposte e attività sono coinvolte le stesse convittrici. di alloggio, di pensionati aumenta ogni giorno. Quest’anno le iniziative fanno capo a tre commisUna nota della ‘Commissione Episcopale per sioni: l’educazione cattolica, la scuola e l’universalità’ A) Commissione Liturgica; rileva che sta crescendo nella Chiesa italiana e B) Commissione Culturale; nelle chiese particolari la coscienza della pasto- C) Commissione Ricreativa. rale universitaria intesa nella sua organicità e La presenza delle Religiose è un elemento che completezza e così si esprime: “Le centinaia di caratterizza il nostro Convitto e risulta molto imporcollegi universitari di ispirazione cristiana pre- tante per il modo di esercitare l’accoglienza per la senti sul territorio nazionale testimoniano l’at- presenza attenta, discreta, oblativa, ed è una testitenzione della Chiesa verso i giovani studenti monianza che coinvolge la Comunità delle Sorelle, universitari e il loro futuro impegno professiona- con il suo modo di pregare e di vivere la comuniole. I collegi promuovono l’ospitalità e l’accompa- ne fraterna. gnamento educativo e spirituale degli studenti e si propongono come ambienti di maturazione le Sorelle umana e cristiana, di formazione culturale e civile. Occorre che tali istituzioni vengano meglio valorizzate e possano interagire con le altre espressioni della pastorale, in particolare con la pastorale giovanile, puntando a rinnovare la propria immagine e il proprio servizio ecclesiale e sociale, per la preparazione di professionisti e studiosi che sappiano animare gli ambiti delle attività umane con la forza trasformatrice del vangelo”. Il Progetto educativo del nostro Istituto così si introduce: “Il Convitto Sacro Cuore, secondo il carisma proprio dell’Istituto delle Suore della Riparazione, è aperto a una ospitalità di natura
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San Dona’ di Piave: Conclusione del 50° del C.F.P.
Sabato 10 novembre 2007 si è celebrata la conclusione del 50° del Centro di Formazione professionale dell’Istituto san Luigi. Tema della giornata: “Verso la professionalità come progetto educativo di vita e lavoro”. Ha aperto la giornata il saluto della Superiora Generale, seguito dalle relazioni del Prof. Pietro Furlan che ha sviluppato il tema: “Valore sociale della F.P. nel territorio sandonatese” e della Dott.ssa Patrizia Ricci con una relazione su “Il ruolo del C.F.P. San Luigi nello sviluppo professionale ed educativo-formativo degli allievi qualificati e specializzati”.
Sono seguite le testimonianze delle ex allieve e delle aziende che hanno accolto le allieve in stage e il violinista Michele Longato ha rallegrato il Convegno con un gradito intermezzo musicale. Sono intervenuti: il Prof. Ernesto Santi Vice Presidente Nazionale della Scuola Centrale Formazione; il Dott. Don Lanciarotta, Direttore Uff. Pastorale Scuola Educazione Università; il Prof. Roberto Canal Vice-Presidente FICIAP Veneto. Di seguito riportiamo alcuni stralci significativi tratti dal discorso introduttivo di Madre Maria Motto, Superiora Generale.
Fare memoria delle origini – in questo caso di un cinquantennio di attività del C.F.P. San Luigi è premessa e promessa dell’impegno di fedeltà allo spirito che ci deve animare nell’operare in questo settore di attività educativa e formativa. Lo faccio richiamando semplicemente alla mente e al cuore dei presenti, con qualche capello bianco, Madre Erminia Previdi - antesignana per noi Suore della Riparazione presenti in San Donà, … che escogitò nuove forme di promozione delle ragazze del Basso Piave, curando un tipo di preparazione …che rispondesse semplicemente ad esigenze personali e lavorative di ogni singola persona: educazione- istruzione, ottenendo da ciascuna il meglio. E inventò il “Corso preparatorio”. Il suo intento e quello delle Sorelle che ne seguirono….lo troviamo delineato nel 1° Regolamento, steso dal nostro Fondatore, Padre Carlo Salerio nel 1860. Ecco alcuni punti chiave: “Mirate ad allevare delle buone cristiane, che siano un dì buone madri di famiglia, ed a formarle praticamente a quelle virtù che dovranno allora formare tutto il loro pregio, la loro e l’altrui felicità. Abituatele alla solerzia, alla giustizia, alla pieghevolezza di carattere, alla prudenza ed anche a quei riguardi e a quelle usanze che possono un dì servir loro di fruttuosa esperienza, avvedute nelle cose che riguardano i loro interessi e il maneggio delle loro piccole faccende, ingegnose, econome, accorte, ma facendo sempre alzare il loro pensiero e met
tere la loro fiducia in quella benigna e paterna provvidenza che non abban dona giammai l’uomo giusto sulla terra”. Come? La metodogia: fortiter nella sostanza, nello scopo, ma suaviter nella forma. “Il nostro zelo deve essere pieghevole e soave, tenero, compassionevole, industrioso, disinteressato, paziente, costante, grave, modesto, umile e sperimenteremo ardore e coraggio per cercare il bene degli altri”. (CO) Egli raccomanda alle Sorelle soavità, franchezza e prudenza, accettazione cordiale di tutte e vivo interessamento per i bisogni di ciascuna. In altro passo:”… sempre pronte ad ascoltarle con benevolenza, non mostrandovi mai annoiate e stanche di esse. (E’ una realtà stressante… oggi quanti prepensionamenti nell’ambito della formazione… perché “non ce la faccio più!” ) Voi rappresentate per esse la tenerezza del Cuore Immacolato di Maria”. Dai Diari di Madre Maria Carolina Orsenigo leggiamo. “Studiate il modo di trattare con le ragazze secondo il loro carattere, per ottenere l’intento. Ad una basta uno sguardo, ad un’altra una parola oppure andarle vicino e dire una parola segreta, ad un’altra fa bene un sorriso, una parola di scherzo, oppure non guardarla per qualche tempo. Esattezza nel far osservare a loro la più piccola regola.
Raccomando alle Maestre, interesse per il lavoro per farlo imparare alle ragazze; è dovere di coscienza e carità. Lo raccomando a tutte l’amore al lavoro. Desidero che tutte imparino a lavorare…”. L’opera educativa voluta dai nostri Fondatori sembra avere due dimensioni essenziali: 1- Una dimensione di proposta progettuale 2- Una richiesta di responsabilità personale. “L’esigere troppo è come voler perdere tutto” dice la Madre nel manualetto da lei composto per le maestre, e scendendo alle esperienze quotidiane proprie dell’ambiente della scuola, dei luoghi di lavoro, ricorda il ruolo di “madre” e di “educatrice” che compete a ciascuna Sorella e dà le linee di quella formazione personalizzata alla quale ciascuna deve tendere con impegno costante “per ispirare confidenza e rispetto…e ottenere amore e obbedienza”. Se il comportamento richiese ammonizioni o rimproveri invita a “non essere troppo seccanti” e a “non rendersi pesanti”, a correggere “con poche parole” rispettose; meglio che la correzione, alle volte vale la persuasione e la convinzione dello sbaglio fatto”. E’ accompagnare l’altro ad apprendere ad avere cura di se stesso, perché ogni persona è chiamata a vivere bene in questo mondo, riscattandosi dalla sua dimensione di non verità deturpata dal peccato ed aperta alla prospettiva di futuro. Questo è rigenerare la persona nella sua verità. L’istruzione scolastica, l’addestramento al lavoro, la cura dell’igiene personale, della salute e dell’alimentazione, l’attività ricreativa, la formazione religiosa, sono tutti aspetti tra loro complementari ed ugualmente necessari per preparare ciascuna all’inserimento nel mondo del lavoro e della società.
I riferimenti metodologici essenziali che ricaviamo dal nostro carisma sono: 1- Porre al centro l’uomo per la preparazione alla vita professionale. 2- Valorizzare l’umanità del lavoro. 3- Esercitare competenze trasversali: il senso di responsabilità,la capacità di comunicare, l’impegno sociale per il bene comune, rigenerando la persona nella sua professionalità. “Grave è l’incarico di educare la gioventù… E’ sempre stato un affare assai importante in se stesso.. .non vi deste mai a credere per avventura che basti un’educazione qualunque. Quanto più è grande la loro difficoltà, (disabilità), e tanto maggiore anche il loro bisogno; e però maggiori si richieggono da voi sollecitudine amorose e paziente tenerezza. (CO)
Per rigenerare la persona nel suo ambiente di lavoro si tratta allora di far sì che i luoghi di lavoro non siano uno spazio solo geografico o fisico nel quale ci si trova, né tanto meno un campo di rivendicazioni reciproche. Luoghi di lavoro: comunità dove le persone sono rispettate e le diversità sono una risorsa. All’alba del nuovo millennio la vita di una persona non può essere decisa dal posto in cui ha la ventura di nascere, crescere, andare a scuola, essere diversamente abile. La vera ricchezza del mondo è “il fattore umano”, dicono i sociologi, gli psicologi, per noi cristiani e riparatrici “la gloria di Dio è l’uomo vivente”, come dicono i Padre della Chiesa. Allora riprendiamo con audacia e serenità a lavorare perché ogni uomo viva, e viva in ogni ambiente di lavoro. Buon cammino!
Adoratori e Missionari - Santa Messa di inizio anno -
Il nostro Centro di Formazione Professionale “San Luigi” di San Donà di Piave è inserito nel territorio della diocesi di Treviso (non tutti siamo di questa Diocesi!!!! Ma facciamo comunione perché tutta è Chiesa di DIO …).
Da due anni seguiamo il piano pastorale proposto dal vescovo di questa Diocesi Mons. Andrea Bruno Mazzoccato dedicato al discernimento comunitario sul tema “La trasmissione della fede in Gesù Cristo, oggi. Adoratori e Missionari”. L’anno scorso ci siamo impegnati, allievi, docenti e religiose, a vivere l’esperienza di adorazione a Gesù, presente nell’Eucarestia. Quest’anno il Vescovo ci invita a “restare adoratori per diventare missionari”. Così con questo programma abbiamo iniziato il nostra Anno Formativo 2007/2008, attorno a Gesù, nel nostro Duomo, con la S. Messa celebrata da don Edy, il cappellano del Duomo che ci accompagna e ci guida nella liturgia a vivere i tempi forti dell’anno cristiano. Ha concelebrato con lui il sacerdote Salesiano don Roberto, missionario in Cina. Don Edy ha saputo attirare l’attenzione degli alunni improntando l’omelia su una immaginaria lettera aperta a Gesù nella quale si rifletteva, da una parte la quotidianità degli adolescenti e dall’altra la proposta evangelica fondata sul lasciarsi amare dal Signore. Madre Elisabetta A.
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22 Busto Arsizio - 20maggio 2007: un incontro unico!!! Le prime luci del giorno fanno da sfondo ad una giornata che si preannuncia speciale… La meta da raggiungere è Bologna con destinazione finale un Monastero di Carmelitane dove vivono 18 Suore di Clausura la cui Madre Badessa è: Madre Maria Elisabetta, al secolo Carla Lombardini “bustocca puro sangue”! Qui i bambini delle due quarte dell’Istituto Maria Immacolata hanno celebrato la seconda Comunione Solenne e, alla fine della Santa Messa, hanno incontrato la Suora con cui hanno intrattenuto una corrispondenza per alcuni mesi, ossia da quando è iniziato il loro cammino di preparazione a questo primo e grande incontro con Gesù Eucaristico. Gli sguardi dei bambini in Chiesa già oltrepassavano la grata che li divideva dalle Suore e si perdevano incuriositi alla ricerca di quel volto che ansiosamente attendevano di vedere. Ecco il momento tanto atteso: mani che stringevano, sguardi e sorrisi: che grande emozione! E che commozione: alcune mamme che non hanno saputo trattenere lacrime di gioia, papà, nonni, zii… che vivevano con i
loro piccoli un momento che sarebbe stato impresso nella mente per sempre… Tutti i bambini hanno vissuto un’esperienza… unica che hanno così commentato: “… non riuscivo a parlare dall’emozione e dalla gioia…”, “… è indescrivibile la gioia che si prova quando vedi che si sta per aprire la grata e quando mi ha baciato la mano, il mio cuore batteva fortissimo,…”, “...i miei genitori erano contenti di vedere queste Suore molto felici e sorridenti, nonostante questa vita: chiusa…”, “ero pieno di gioia ed ero commosso, vedendo Suor Giusy: ella mi ha detto che ha fatto questa scelta e si sente più libera di noi”! “… anche mia mamma, come me, era emozionata, così tanto che ha pianto”, “… dal suo sguardo ho capito che mi voleva già molto bene! Che gioia grande mi ha messo nel cuore!”. Grandi emozioni, grande felicità: tutto questo lo dobbiamo a Madre Luigina che ha saputo coinvolgere insegnanti, bambini e genitori ad intraprendere un cammino di fede davvero unico! La grata della Clausura può “separare” due mondi, ma non i cuori: guardate la fotografia: che ne dite di questo sorriso?”. Una mamma
LA PAROLA AI GENITORI
Ci
siamo avvicinati in punta di piedi, consapevolmente rispettosi del luogo e con il batticuore di chi vive un’esperienza inconsueta; non si riesce ad immaginare quello che si cela dietro le grate di un convento di Clausura.
Le Suore del Carmelo ci hanno sorpreso: raggianti nelle loro vesti, con la preghiera ed un sorriso, hanno avuto la capacità di trasmettere positività, forza e Amore per Dio.
Questo incontro ci ha lasciato nel cuore sentimenti di autentica serenità e ricchezza interiore. Grazie alla preziosa proposta della Madre Superiora Madre Luigina e delle maestre Anna e Liliana, abbiamo avuto l’opportunità di venire a conoscenza di questa “silenziosa realtà” e di vivere in modo completo ed indimenticabile la Prima Santa Comunione dei nostri figli.
Sono
una mamma che ha vissuto un’esperienza bellissima con la propria figlia e i suoi compagni di quarta elementare. Durante l’anno scolastico gli alunni hanno intrapreso un cammino di fede con le Suore del Monastero Carmelitane Scalze di Bologna. Ho seguito con gioia e meraviglia lo spirito con cui mia figlia si confidava e affidava i suoi piccoli problemi alla Suora che le era stata assegnata. E’ stato perciò molto bello quando ho saputo che gli alunni con le Suore Catechiste e le loro insegnanti avrebbero organizzato un incontro con le Suore Carmelitane a Bologna.
La mattinata del 20 maggio è stata davvero piena di novità ed emozioni: vedere i bambini che indossavano l’abito della loro prima Comunione, attenti e disposti in silenzio per l’ascolto della Santa Messa; le Suore di Clausura oltre le grate pregavano con noi animate dallo stesso entusiasmo: cantavano e battevano le mani con noi durante la celebrazione della Santa Messa. Con stupore ho notato che anche loro hanno desiderato immortalare quel momento incancellabile scattando foto ai nostri bambini.
Al termine della S. Messa è stato assegnato un parlatorio dove incontrarsi con le Suore per conoscerle personalmente. Emozionante è stato vedere l’incontro con Suor Veronica e mia figlia. Suor Veronica è una Novizia molto loquace e radiosa, soddisfaceva con molta disinvoltura ogni curiosità: ti trovi bene? Da quanto tempo sei qui?:: Quando Gesù ti ha chiamato, cosa hai provato? I tuoi genitori sono contenti? Cosa vuol dire Badessa...? Alla fine è seguita una richiesta di preghiere d’ambo le parti. Sono certa che dare questa opportunità ai nostri bambini è molto bello, anche se piccoli cominciano ad aprirsi ai valori della vita e porsi domande su ciò che è bene e male; mettere i nostri bambini a contatto con le varie realtà della vita spirituale, umana ecc. sia molto educativo e li responsabilizza nelle loro piccole scelte. Ringrazio le Suore e le Insegnanti per questa giornata di gioia e di spiritualità trascorsa insieme.
Festa della Prima Colazione tradizionale Mercoledì
24 e giovedì 25 ottobre, le classi quarta e quinta dell'Istituto Maria Immacolata di Busto Arsizio hanno partecipato al progetto di educazione alimentare che ha visto coinvolto tutto l'Istituto durante il mese di ottobre.
I ragazzi si sono "sbizzarriti" ad assaggiare proprio tutto, segno questo che l'educazione ad una sana e corretta alimentazione è possibile e che la varietà è importantissima per imparare a scoprire tutti i sapori ed avere un'alimentazione bilanciata.
Il progetto che ha come tema "I NONNI" prevedeva laboratori di ogni genere (cucina, collage, ricerche, interviste ecc.), ovvero un viaggio attraverso la scoperta dei sapori tradizionali della colazione dei nostri"nonni" a confronto con la colazione "di oggi".
Un ringraziamento particolare da parte di tutti noi alle insegnanti, alle Madri e le mamme dei ragazzi che hanno reso possibile ancora una volta trasformare una giornata qualunque in una giornata speciale!
Grazie alla creatività e l'impegno di Romina, la cuoca dell'Istituto, di Samantha e alle altre addette alla cucina, i ragazzi hanno potuto "degustare" alcuni piatti poveri tipici della colazione dei nostri nonni. Insieme a taglieri di polenta grigliata, zuppiere di semolino, torte di pane, tazze di pane e latte, piatti di bruschette di pane e pomodoro, pane burro e zucchero e tantissimi altri piatti della tradizione i ragazzi potevano scegliere se "assaggiare" i sapori tradizionali o fare una colazione classica dei giorni nostri.
Grazie a tutti! Un nonno
Un'altra tavola infatti è stata imbandita con alimenti tipici della colazione "di oggi": latte, the, cioccolata, cereali, biscotti, fette biscottate con marmellata e cioccolata ecc.
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24 IL COMMENTO DI UN NONNO Una
giornata di sole, una giornata serena fra amici di banco, una giornata vissuta alla grande fra ricordi, giochi, ghiottonerie, tutti insieme nonni, nipoti, insegnanti. Un rendez-vous all’aperto, in un parco da fiaba, fra mura zeppe di memorie di lavoro e con davanti agli occhi tavoli imbanditi colmi di portate succulente, di vivande sempre diverse, sempre invitanti. Fra sollecitanti profumi e fragranze di cibi amorevolmente e sapientemente preparati per celebrare l’incontro fra diverse generazioni, ecco delinearsi, ai bordi dei tavoli, fra i fumi caldi che si elevano dai piatti colmi di ogni ben di Dio, il volto sorridente dei nonni, felici di trovarsi con i nipoti e raggianti per aver preparato alimenti caratteristici dei loro tempi mangiati con gusto dai nipoti. E non è tutto, perché ai lati dei tavoli, con piatti da portata fumanti, l’addetta ai tavoli aveva le rassicuranti e incoraggianti sembianze dell’insegnante. Mentre abbondanti razioni delle saporite vivande preparate in precedenza da nonni e nipoti, venivano deposte nei piatti, la conosciuta voce della nonna descriveva quanto andavamo ad assaggiare; esponeva come era stato preparato quello che stavamo mangiando, quali ingredienti erano stati usati e la tradizionale festività locale in cui veniva servito, e raccontava anche della limitata possibilità, ai loro tempi, di consumare quanto preparato a motivo delle ristrettezze economiche di allora e dagli impedimenti della guerra che si combatteva quando i nonni erano bambini. L’incontro, nato alla buona, con finalità di dialogo fra generazioni diverse, assumeva invece una funzione di trasmissione di valori tradizionali, culturali e sociali con notevoli ripercussioni sul rapporto fra nonni, nipoti, genitori e insegnanti. Incontro, dove gradualmente riacquistava valore la memoria e il desiderio di sentirsi vicini a chi ci ha preceduto, di sapere di più sulle proprie origini, sui tempi lontani della giovinezza dei nostri nonni, valorizzando così chi ci ha preceduto. In questo clima cercare informazioni sui progenitori, sulle proprie radici, come si usa dire, non sembra più futile e obsoleta azione d’antiquariato. Riprende significato la trasmissione dei valori dagli anziani ai giovani per lenta assimilazione ed assorbimento e senza alcuno sforzo pedagogico, come una ricchezza che si riceve senza rendersene conto, attraverso gesti, frasi, sapori, odori, cibi non elaborati, ma caserecci consumati alle-
gramente in compagnia: tutte cose che il vivere stesso conserva nel tempo. Naturalmente il tutto abbinato e affiancato alla scuola, dove si insegna qualcosa che prima era sconosciuto e che è indispensabile per l’esistenza futura e per costruirsi la propria indipendenza. Legami familiari e istruzione scolastica che si rinsaldano nel corso della vita e si trasformano, ma che permettono di sapere da dove si viene, perché è risaputo che un individuo senza passato, senza storia, senza insegnamenti elementari non può essere sé stesso, né sviluppare la propria personalità. E’ in questi incontri informali, ma essenziali per acquisire e completare la creatività individuale, che si comprende ed evidenzia l’importanza che assume la simbiosi fra famiglia e scuola nella formazione dei giovani. Ci si rende così conto che se i genitori e la scuola educano, sono i nonni a impregnare di solidità antica il rapporto con i bambini, e viene da qui la complicità fra nonni e nipoti, fatta di confidenze e piccoli sotterfugi per soddisfare modesti vizi e nel coprire esigue magagne. E’ in questa circostanza che i nonni possono diventare maestri di vita e di pensiero insegnando ai giovani ad essere sempre semplici e veri, ma per formare i futuri individui del domani occorre connettere l’operato e le iniziative del duo famiglia-scuola. Assieme bisogna educare i figli, nipoti ed allievi con dolce fermezza e dire loro che cosa è il vero e il falso, il bene e il male, il bello e il brutto e soddisfare e coprire le mancanze che inevitabilmente per inesperienza e sbadataggine vengono compiute. E soprattutto, sia in famiglia che a scuola, i bambini devono venire elogiati per tutto ciò che fanno di bene, per renderli fieri dei loro progressi, invece ridere dei loro errori sortisce l’effetto opposto perché dà l’impressione che gli sbagli vengano considerati normali o peggio, divertenti. Genitori, nonni ed insegnanti devono essere inflessibili e giusti nel fornire i dovuti, necessari insegnamenti, mentre figli, nipoti e alunni devono ascoltare e fare proprie le rassicurazioni, le raccomandazioni e gli insegnamenti tendenti a far acquisire e coltivare valori, in un’atmosfera di fermezza e tenerezza che mirino a far sì che non siano lasciati soli di fronte all’ignoto. Sono gli incontri fra scuola e famiglia che, al di fuori delle aule, sviluppano e generano quell’ atmosfera amichevole di “clan”, tendente a instradare la sana crescita di una giovane esistenza e possono appianare e risolvere quelle incomprensibilità proprie di diversa generazione e metodica di vita caratteriale dei giovani. Un nonno
Viggiù: quando il canto si fa preghiera Le
Sorelle della Casa San Vincenzo, hanno trascorso un pomeriggio lieto e gioioso per la presenza molto gradita, della Corale Parrocchiale che si è esibita in “canti meditativi” ispirati dal diario della Beata Madre Teresa di Calcutta.
La Corale così si è espressa: “Vogliamo dedicare questa meditazione cantata alle Suore di questo Istituto che per noi sono state un grande esempio di amore. Tutti noi siamo cresciuti frequentando gli oratori e in particolare questo oratorio, dove ci hanno insegnato i veri valori della vita: “l’amore per Dio e per il prossimo”. E’ stato preso come spunto di meditazione ed esempio di amore la piccola ma grande Suora, Madre Teresa di Calcutta. Abbiamo vissuto un pomeriggio denso di emozioni, perché da ogni “canto-preghiera” trapelava una grande fede, affetto, stima, gratitudine e simpatia.
della crescita. E’ stato un vero tuffo nel passato che ha riempito di gioia le Suore e ha donato ai Cantori nuova forza ed entusiasmo per proseguire in una vita evangelica sempre più impegnata. Riportiamo la lettera di Graziella, promotrice di questo concerto indirizzata a Madre Rosa Vitali e a tutte le Suore della Casa S. Vincenzo. “Con grande gioia ho cantato per te. E’ lontano ormai il tempo in cui (ancora bambina di 10 anni), tu mi portavi a cantare in Corale e ho imparato a cantare al Signore e non ho mai smesso. Non smetterò mai di volerti bene e voler bene a tutte le Suore con le quali ho condiviso anni bellissimi. Con voi ho imparato l’Amore vero, quello verso Dio e il prossimo; ho imparato ad essere forte senza mai perdere la fede e questa forza mi ha accompagnata anche nelle difficoltà della vita. Ora sono felice e serena e la mia fede si è rafforzata ancora di più e ancora di più canto con gioia al Signore e ancora di più amo coloro che mi hanno insegnato tutto questo, cioè voi, le mie Suore.” Graziella Nulla va perduto del bene che si fa, anche se siamo servi inutili, a volte il Signore ci fa intravvedere qualche scintilla del bene operato per incoraggiarci a proseguire con amore, fede ed entusiasmo.
Al termine del concerto i Cantori si sono intrattenuti con le Suore, in particolare con le veterane della Casa che hanno educato nella scuola materna, oratorio, semiconvitto diverse generazioni. E’ stata una gara a far rivivere i ricordi, le grandi giocate, le monellerie, ma anche i momenti di formazione e di preghiera e…persino le sgridate giudicate molto positive ai fini
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San Vittore: dal carcere fiorisce la vita ... - testimonianza rilasciata alla nostra sorella Madre Norma -
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i chiamo Barbara e sono in carcere da qualche mese. Ho commesso un errore. Il tempo di rendermene conto e ormai era troppo tardi! Non potevo più tornare indietro. Il presente si era fermato… e il futuro era solo pieno di angoscia! Sapevo che prima o poi la Verità sarebbe venuta fuori ed io non volevo accettarla, non riuscivo a perdonarmi per quello che avevo commesso. Sono Cristiana. Sprofondata in questo tunnel oscuro ho cercato Luce in Dio. Ho sentito che Lui sì, mi aveva già perdonata. Lui mi ama. La sua Giustizia è fatta di misericordia che guarda al cuore dell’uomo, a tutto il bene che nasconde dentro. Il Suo Amore è più grande del nostro peccato: ed io ne sto facendo esperienza! Arrestata sono stata portata in carcere. La perquisizione all’ingresso è stato il primo impatto umilian-
te con questo sepolcro. Mi hanno fatto lasciare il mio zaino e mi hanno dato un sacco nero della spazzatura per metterci dentro tutte le mie cose. E’ stato un momento terribile… Ho capito subito che la punizione per ciò che avevo fatto non era solo la perdita della mia libertà, ma anche smarrimento della mia dignità come donna, come persona. Le porte si sono chiuse davanti a me. La cella diventata il mio spazio vitale! Ho sofferto molto e subito mi sono sentita Sola!!! Il Tempo che trascorre lento mi trasmette sempre più sfiducia nella giustizia umana. E’ solo in questa oscurità che ti rendi conto che le leggi sono tagliate con la scure e che davanti alle norme si conta poco. La tua vita, la tua storia, ciò che sei, la tua sensibilità, passa in secondo piano… anzi, non conta proprio un bel nulla! Questa è una Giustizia che castiga e reprime e non comprende, e non educa… Solo grazie alla Fede oggi riesco a trasformare la mia grande sofferenza in una occasione per crescere, per capire meglio me stessa, per andare alla radice di ciò che ho commesso. Vedo il male dentro di me. Scopro la mia fragilità. Cerco serenità. Mi accorgo che la beatitudine e l’inferno sono in ciascuno di noi, ogni giorno! Ora più di prima mi commuovo davanti alle parole di Gesù: “Non sono i sani, ma i malati che hanno bisogno del medico, della medicina e della luce che guarisce”. Ringrazio Dio per quello che sono. Non ho più paura della Verità. Sento la mano di Dio nella mia. Il suo Amore si è manifestato concretamente. In carcere Gesù si fa presente, ascolta le nostre sofferenze e parla senza condannare. I cappellani, le suore amiche, la solidarietà delle compagne mi sostengono ogni giorno. Poter partecipare alla Messa tre volte la settimana, pregare, fare la comunione, riflettere sul vangelo, stare in silenzio e meditare… tutto ciò è la mia vera Forza! Ringrazio tutte le persone che mi vogliono bene, perché mi ricordano che io non sono un reato, un numero di matricola, una pecora nera, ma sono Barbara, sono una donna! Concludo con una frase di un Film che mi è molto piaciuto: “Non importa che io sia amata o odiata dagli uomini, ammirata o disprezzata. Dio conosce il mio Nome e per Lui, il mio Nome è unico e insostituibile”. Ora preghiamo insieme perché la Luce di Gesù ci unisca e non ci divida mai!!! Barbara
… e nasce la poesia...
Nella cella bianca una finestra di sbarre azzurre io guardo il cielo di notte è freddo e buio. La mia mente è confusa i miei occhi sono strani l’uno che ride, l’altro che piange vogliono vedere una luna due stelle, le nuvole. il buio è profondo e tutto comprende rimane la mia delusione che trova il suo posto sulle sbarre come una tenda di nebbia. Marina S.
Sono viva ma il mio cuore è morto; Sono sana ma il mio corpo è malato; sto ridendo è un sorriso di tristezza. Sto piangendo ma le mie lacrime sono secche. Sto camminando ma i miei piedi non mi portano da nessuna parte. Sto guardando ma i miei occhi sono ciechi. Sto pensando ma i miei pensieri mi fanno paura. Sto amando ma l’amore è falso. Sto sperando ma le mie speranze si spezzano. Sto sognando ma i miei sogni sono incubi. Tutto questo è un vago ma sto pregando e sono sicura che Dio mi ascolta. Marina S.
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28 Ricordiamo i nostri cari defunti Madre Cristine Fides
La vita di Madre Christina è stata contrassegnata da uno spirito di obbedienza a tutta prova, da grande generosità e spirito di sacrificio, e, specialmente nell’ultimo anno della sua vita, da esemplare pazienza nel sopportare i dolori fisici. Era nata nel 1936. Ultima di cinque figli, entrò nel nostro Istituto dopo una discreta preparazione scolastica. Durante gli anni di formazione, si abilitò in diverse attività, e, dopo i voti temporanei, destinata al nuovo Convento Sacro Cuore, potè turnarsi in diversi incarichi: si occupò infatti delle ragazze, fu impegnata in cucina e lavorò nei campi di riso. Fu poi in parecchie comunità, occupandosi anche della lavanderia, dei lavori della casa e del giardino. La sua presenza e le sue attività furono preziose nei vari seminari: nel seminario maggiore di Yangon, in quello di S. Paolo a Leiktho, in quello di S. Teresa a Tanggyi. Nel 1979 dovette recarsi presso la Casa per Anziani di Yangon per sottoporsi a delle terapie e non risparmiò il suo aiuto anche in quell’ospizio, specialmente in lavanderia. Nell’aprile del 2007, in seguito ad una caduta che le compromise la colonna vertebrale, si muoveva con difficoltà mentre i dolori non la abbandonarono più. Il 26 ottobre 2007 la morte la trovò preparata e le aperse senza indugio le porte del cielo.
Padre Giancarlo Rinaldi Padre Giancarlo - nonostante tutti i suoi titoli -
entrò quasi silenziosamente nella nostra Casa Generalizia per la celebrazione eucaristica festiva, quando i Padri Passionisti tenevano la Casa provinciale a Musocco; e, domenica dopo domenica, divenne una figura familiare e un punto costante di riferimento.
Nelle sue omelie, metteva il pensiero del maestro, l’animo del pastore e la spiritualità del religioso. In casi particolari, le nostre superiore potevano contare sulla sua competenza e sulla sua posizione autorevole nella Chiesa: sì perché Padre Giancarlo, oltre che Passionista e già zelante parroco della comunità parrocchiale di S. Maria Goretti era un ottimo e quotato giurista. Infatti quando nel 1980, l’Arcivescovo Carlo M. Martini lo nomina giudice presso il Tribunale Ecclesiastico Lombardo, nella lettera di nomina così si esprimeva: “gli Ecc.mi Vescovi della Regione Conciliare Lombarda, riuniti nella sessione della Conferenza Episcopale Lombarda del 03-04 marzo 1980, hanno eletto e costituito Lei, di cui sono note la scienza, la prudenza, la probità e l’idoneità, quale giudice del suddetto Tribunale…”. Il 20 novembre 2007, ancora senza far rumore, a 79 anni e nel 50° della sua ordinazione sacerdotale, si spegneva prima di ogni previsione. Ringraziamo il Signore della presenza tra noi e del ministero di Padre Giancarlo, che difficilmente si cancellerà dalla nostra memoria.
Regina sine labe originali concepta
INCARNAZIONE di P: Loew
Maria è la punta estrema del mistero dell’Incarnazione. Ci mette di fronte al ‘fino in fondo’ dell’umanità di Cristo.
Maria
è il capo più avanzato del continente dell’umanità.
E’ il capo, la roccia, la punta della terra più avanzata che è già bagnata dall’oceano della divinità.
Non
è un’isola in mezzo al mare; appartiene al continente, ma come un promontorio nella posizione più audace che penetra nelle profondità delle acque.
Per
questa stessa ragione possiamo continuamente ritrovare in Maria il centro propulsore della nostra fede: contempliamo Cristo nel suo corpo e nel suo sangue, ma questo corpo e questo sangue vengono da Maria.
Se, oggi, Gesù è nel sacramento dell’Eucaristia è perché questa donna gli ha dato corpo e sangue.
C’è tanta acqua torbida, qui sulla Terra tanta acqua torbida e fangosa che ha perduto il colore della sorgente e non ritrova l’azzurro del mare. E’ passata tra noi così cattivi – Lei – così bella e pura, così trasparente e chiara come l’acqua di un limpido fonte come l’azzurro di un profondo mare. E’ passata – E la luce del Padre vi si specchiava tutta senza ombre. E’ passata – E nell’occhio del Figlio risplendeva il sorriso di Lei, Madre. Ma noi, quel Figlio l’abbiamo messo in croce e il suo sorriso si è mutato in pianto. Pianto senza amarezza perché una sera prima di partire Egli aveva detto: - Vi preparo un posto -. Il tuo posto, Maria, com’è splendente! Limpida come l’acqua che serba la purezza della fonte Tu rispecchi la luce del tuo Dio e ci aiuti a salire. C’è tanta acqua torbida, qui sulla Terra tanta acqua torbida e fangosa… Chiamaci a Te, Maria, nel Cielo rendici la speranza di ritrovare l’incanto della Fonte e l’azzurro del mare. Suor Maria Lucia De Gasperi
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Eucaristia: Vivere nell’attesa PREGHIERA RIPARATRICE “Avvento è sinonimo di speranza: non di attesa vana di un dio senza volto, ma fiducia concreta e certa nel ricordo di Colui che ci ha già visitati, dello “Sposo” che nel suo sangue ha sigillato con l’umanità un patto di eterna alleanza. E’ una speranza che stimola alla vigilanza, virtù caratteristica di questo singolare tempo liturgico. Vigilanza nella preghiera, animata da amorosa attesa; vigilanza nel dinamismo della carità concreta, consapevoli che “il regno di Dio si avvicina là dove gli uomini imparano a vivere da fratelli” (Giovanni Paolo II). Il tempo di Avvento e di Natale diventi una nuova occasione per accostarci alla grotta di Betlemme, per fare silenzio davanti al grande Mistero che in questo silenzio il Signore ci possa parlare e che, in quel suo parlare, possiamo riscoprire e gustare “l’intimo sapore di ogni realtà”.
Benedetto sei Tu Signore, Dio dei nostri giorni: a Te, Signore, noi ci affidiamo, e Ti ringraziamo. Ti chiediamo, Signore, rugiada senza fine che rifletta al mondo la tua luce: ora e sempre, in ogni istante, ovunque il tempo noi conduce. Tu, Signore Gesù, che rallegri la vita dei tuoi servi, a Te gridiamo tutto il giorno: Kyrie eleison. Kyrie eleison. Tu, Cristo Signore, che sei buono e capace di perdono, per chi T’invoca sei pieno d’amore: Christe eleison. Christe eleison. Tu, Signore Gesù, che sei misericordioso e compassionevole, sei fedele nell’Amore: Kyrie eleison. Kyrie eleison. Ora inizia il tempo dell’incontro: la giornata entra nel tuo sguardo e nel nostro una folla di presenze. Ci sarà da dire amore, così tanto quanto merita la vita che è nel mondo. Tu sai che c’è una luce in ogni uomo e inviti a riconoscerla e a stimarla. Davvero, non vorremmo farle torto, ma sempre benedirla nel Tuo Nome. Amen.
DAL VANGELO SECONDO MATTEO (3, 1-12) In quei giorni comparve Giovanni il Battista a predicare nel deserto della Giudea, dicendo: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!». Egli è colui che fu annunziato dal profeta Isaia quando disse: Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri! Giovanni portava un vestito di peli di cammello e una cintura di pelle attorno ai fianchi; il suo cibo erano locuste e miele selvatico. Allora accorrevano a lui da Gerusalemme, da tutta la Giudea e dalla zona adiacente il Giordano; e, confessando i loro peccati, si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano. Vedendo però molti farisei e sadducei venire al suo battesimo, disse loro: «Razza di vipere! Chi vi ha suggerito di sottrarvi all'ira imminente? Fate dunque frutti degni di conversione, e non crediate di poter dire fra voi: Abbiamo Abramo per padre. Vi dico che Dio può far sorgere figli di Abramo da queste pietre. Già la scure è posta alla radice degli alberi: ogni albero che non produce frutti buoni viene tagliato e gettato nel fuoco. Io vi battezzo con acqua per la conversione; ma colui che viene dopo di me è più potente di me e io non son degno neanche di portargli i sandali; egli vi battezzerà in Spirito santo e fuoco. Egli ha in mano il ventilabro, pulirà la sua aia e raccoglierà il suo grano nel granaio, ma brucerà la pula con un fuoco inestinguibile. - - - (pausa di silenzio e di riflessione – canto di adorazione) - - -
SPUNTI DI RIFLESSIONE Il Battista ha, in poche parole, un impegno grande: creare un’attesa. E, al centro di questo annuncio grande e di questa attesa non c’è lui, ma un Altro. Tutto questo avviene in un luogo particolare: il deserto, inteso simbolicamente come il luogo del grande appuntamento, della vicinanza, dell’intimità con Dio. Un luogo strano il deserto; è un posto dove di solito la gente non va, perché è nella piazza che normalmente avviene l’incontro e la comunione con gli altri. Eppure il Vangelo lo fa intuire: nelle piazze risuonano e rimbombano parole che fanno rumore; nel deserto, invece, si coglie e si respira la Parola che ti trasforma. E’ nel deserto, infatti, che l’annuncio trova la strada giusta e adeguata per arrivare al cuore dell’uomo. E’ lì che l’attesa si fa invocazione. E’ lì che si può gridare: “Vieni, Signore Gesù!”. Ed è ancora in quel luogo che si può domandare al Signore di rompere la nostra indifferenza, raddrizzare i nostri sentieri, spianare le nostre montagne. CONVERTIRSI!… Per noi e per il nostro cammino di attesa, cosa vuol dire: Convertitevi? Significa accogliere l’invito di Dio, che con la sua parola dice a ciascuno di noi: volgetevi al futuro di Dio, tagliate con il passato, tenete viva la vostra speranza! In poche parole: non siate superficiali davanti alla venuta di Dio, ma decidetevi per uno stile di vita essenziale, come quello del Battista. E questa è la nostra responsabilità: aprirci all’incontro, abbassare le difese, diminuire le fughe. - - - Spazio per la preghiera personale - - Signore, sovente non attendo niente o attendo cose. E mi ritrovo con il cuore vuoto. Risveglia in me il desiderio di attendere le persone. Di attendere te. Dammi la capacità di decifrare l’inquietudine che sempre mi prende: è la tua voce che mi invita a desiderare il nuovo. Fa’ che senta nell’aria il profumo della tua dolce presenza. Tu, l’amico vero che mai mi abbandona. Tu, mio futuro sognato e già divenuto realtà. Perché a te è cara la mia esistenza. Vieni, Signore, nel mio quotidiano! CANTO La Chiesa, nella quale ciascuno di noi è inserito, è come Giovanni il Battista: prepara una strada, raddrizza i suoi sentieri… Ma poi rimanda a quell’incontro ultimo e decisivo in cui ciascuno starà personalmente davanti al suo Dio, e lo conoscerà quale Spirito che dà la vita. E questo diventerà possibile se lo avrà cercato come sorgente della vita e lo conoscerà come un fuoco divorante: l’unico capace di far passare la nostra vita dal regime del peccato a quello dell’amore. - Preghiamo per la Chiesa universale: - tenga sempre i suoi occhi fissi su Gesù e lo indichi agli uomini quale Agnello di Dio - Preghiamo per quelli che cercano la loro vocazione: - sappiano mettersi in ascolto della Parola e rispondano gioiosamente alla tua chiamata. - Preghiamo per quelli che annunciano il tuo Vangelo: - sappiano condurre i loro fratelli a Gesù e siano testimoni perseveranti nella fede. - Preghiamo per tutti gli uomini che non conoscono Cristo: - nella loro ricerca di Dio siano da noi aiutati, e nei loro cammini verso la fede siano da noi accompagnati.
- - - L’adorazione si conclude con le preghiere spontanee, il “padre Nostro”, il canto - - -
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La nascita di Gesù è un eccesso di amore, un miracolo di bontà.
Gesù viene, e a noi con un amore tenero, ardente, incomprensibile. Viene per usarci misericordia. Si dimentica di Chi è Lui e chi siamo noi: l’amore gli fa tutto dimenticare. Come si può non amarlo questo Gesù così pazzo d’amore per noi? Maria Carolina Orsenigo