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ghi n. 8 - dicembre 2007
lettera agli amici associazione onlus
Dialogo alla pari L'associazione Dialoghi ha organizzato per fine dicembre un “incontro di lavoro” con gli amici vietnamiti dei distretti di Hoan Kiem e di Hai Ba Trung sul problema della droga, che ha cominciato ad assumere dimensioni preoccupanti anche in Vietnam. Non andremo, forti della nostra competenza, a insegnare ai vietnamiti “come si fa” e “che cosa si deve fare”. La situazione attuale della nostra società e del nostro mondo giovanile non permette trionfalismi. Tutti, noi come loro, abbiamo bisogno di fermarci a riflettere su quello che sta succedendo. Non è facile, ma un ascolto sincero potrà permetterci di farci da specchio a vicenda. Forse la voce di un mondo diverso dal nostro riuscirà ad aprire una breccia nel nostro orizzonte mentale, aiutandoci a guardare con occhi nuovi alle radici profonde del disagio dei nostri giovani. Nelle nostre famiglie e nei nostri ambienti educativi, quale iniziazione alla vita viene attuata o proposta? Quale educazione alla solitudine, alla responsabilità, al silenzio, alla sofferenza, alla morte?
Il mito dell'autonomia, per cui ciascuno deve essere lasciato libero e responsabile di se stesso, non rischia di fare dei nostri ragazzi delle fortezze vuote, senza nulla a cui appoggiarsi o anche contrapporsi per crescere? La nostra scuola è solamente una proposta di istruzione, o anche un'educazione alla saggezza? Oppure nel nostro sistema non c'è spazio per occuparsi di questo? Italiani o vietnamiti, di fronte a questi interrogativi siamo tutti vulnerabili e in ricerca. E' questo il senso dell'incontro che ci attende.
Hanoi Centro di recupero per tossicodipendenti
in Vietnam per un dialogo sul disagio giovanile
La musica della diversità Un uomo aveva una bellissima casa, che considerava insuperabile, unica, splendida. Una notte sognò una città in cui tutte le case erano esattamente uguali alla sua. S'indispettì perché era come se la sua casa avesse perso tutto il suo fascino. Solo allora capì che la bellezza della sua casa era anche nella diversità da tutte le altre, nell'unità del suo quartiere con tanta varietà di forme e di decorazioni. La sua casa ne acquistava prestigio, armonia. Aleggiava una sorta di musica spaziale in tutta la strada. Ogni costruzione era una nota che solo nell'insieme era bella e necessaria. Così l'uomo, che era religioso, capì che lui si trovava bene solo nel suo credo, ma che la presenza di tutti gli altri, con l'evidenza di una propria diversità, era assolutamente benefica. Un bisogno dell'umanità aleggiava libero come in un ricco campo di fiori. Così è per le religioni come per le culture, per gli infiniti modi di intendere la vita umana e Dio. Riccardo Dalisi
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NEL GRANDE CERCHIO DELLA VITA
un invito che viene da lontano L'impegno con il Vietnam rimane il compito primario di “Dialoghi”, sia per un confronto con la cultura di quel paese, sia per il nostro impegno di sostegno alla realizzazione di alcuni progetti dei distretti di Hai Ba Trung e di Hoan Kiem. Tuttavia riteniamo importante ampliare le nostre conoscenze avvicinando anche altre culture e prendendo atto dei problemi di popoli emarginati e semidistrutti dal colonialismo e dalla cultura dominante della modernità. In armonia con gli scopi della nostra associazione Dialoghi:
“promuovere o collaborare ad attività culturali (quali seminari, conferenze, dibattiti, convegni, manifestazioni d'intrattenimento, elaborazione e diffusione di materiale di approfondimento) volte a favorire una cultura di pace basata sulla non violenza, il rispetto dell'habitat naturale e sociale, la reciproca conoscenza, l'interscambio di cultura e di esperienze fra popoli diversi”, nell'estate scorsa un gruppo di soci legato alla rivista “InterCulture” ha partecipato a un incontro con una comunità di quelli che noi chiamiamo i “pellerossa” o gli “indiani”, condividendo per alcuni giorni la vita di una comunità mohawk (una delle nazioni irochesi originarie del Nord America). L'impatto e la relazione con un mondo
così lontano, che conoscevamo solamente attraverso i racconti dei giornalisti e dei fumetti, è stato di grande emozione e di riflessione. Siamo stati coinvolti attraverso simboli, preghiere, gesti, osservazioni, feste e racconti che ci hanno permesso di ripensare ai nostri gesti, alle nostre preghiere, alle nostre feste come ad una strada nuova da ripercorrere, aiutati dalle loro proposte di vita. Le riflessioni che seguono sono state raccolte dalle note che alcuni partecipanti all'incontro hanno voluto lasciare per non dimenticare gli amici mohawk e per avere una occasione di misurare la nostra cultura con la cultura di un popolo ricco di saggezza.
Le parole prima di ogni cosa
Kevin Deer e Darryl Thompson spiegano uno dei principali simboli mohawk: il cerchio formato da 50 corde intrecciate, simbolo dei 50 “capi” irochesi, che hanno il compito di ricordare la Grande Legge della Pace, mantenendo l’armonia del cerchio sacro del popolo e dell’intera realtà.
Secondo una tradizione che si perde nella notte dei tempi, all'inizio e alla fine di ogni cerimonia e di ogni riunione “politica” degli irochesi, un oratore che parla a nome di tutti pronuncia parole di gratitudine e di riconoscimento di tutto ciò che vive (gli uomini delle generazioni passate, presenti e future, la terra, l'acqua, il cielo, il Creatore...), in modo che le menti e i cuori siano in armonia. Le abbiamo sentite ripetere più volte, con semplicità, sempre in un modo diverso, lette non in un libro ma nella vita di quel preciso momento. Cominciavano con un invito a deporre i propri fardelli, a fermarsi, a lasciarsi accogliere dagli altri. Erano un invito a prendere coscienza della realtà, della 2 of 6
cerchio della vita, perché possiamo trovarvi il nostro posto. Non siamo i primi, non siamo soli. A questo punto possiamo guardare, possiamo ascoltare e ascoltarci per trovare il nostro posto. Ci vediamo più chiaro per fare le nostre scelte e avere pace. Anche il nostro sguardo sugli altri cambia. La persona che mi fa arrabbiare, quella che non capisce niente, quella che dice cose su cui non sono d'accordo, ecc., è anch'essa nel cerchio. La guardo e dico: Tu, Divino Mistero.. Quella persona non cambia, ma cambia il mio sguardo su di lei. E cambiano tante cose: a volte riesco a percepire il suo dono. Simboli sacri della tradizione irochese.
La piuma vita nella sua essenzialità, nella sua verità, nella sua ricchezza di esseri non confusi e disperati, ma ciascuno con un proprio posto nel cerchio.
no. Per tutt'altra via, quando Panikkar si interroga sulla religione del futuro, arriva a parlare di “fiducia cosmica”.
Il cerchio della vita La gratitudine al Creatore Le “parole che vengono prima di ogni cosa” sono parole di gratitudine. La gratitudine non è un fatto di ragione o di volontà, è qualcosa che germoglia e fiorisce sulla fiducia. Le “parole che vengono prima” sono parole di gratitudine perché nascono da un atteggiamento di fiducia nel Grande Mistero. Noi tendiamo sempre a cercare di vedere, di giudicare e di misurare. A criticare Dio, le cose, la realtà ad ogni passo. A non accettare ciò che “è”, perché vorremmo che fosse diverso. A porre tanti perché non come interrogativi, ma come proteste. Perché la morte? Perché la sofferenza, la cattiveria, il male? Perché le catastrofi?
Le “parole che vengono prima” ci invitano a vedere che ogni cosa ha il suo posto nel grande cerchio della vita, dal sole al più piccolo microrganismo che purifica la terra. Solo dopo averci condotti attraverso tutto il cosmo arrivano agli esseri umani, e prima che a noi, a quelli che sono venuti prima di noi e a quelli che verranno dopo di noi. Ci conducono attraverso il grande
Quando i mohawk accolgono una persona, uno dei gesti di accoglienza è spolverare con una piuma le sue spalle, per togliere la polvere accumulata lungo il cammino, per rimuovere le spine che possono essersi impigliate nei suoi abiti e potrebbero farle male. Quando troviamo dentro di noi polvere e spine (risentimento, egoismo, narcisismo ecc.), c'è un sentiero di guarigione: lasciarsi attraversare dal silenzio come da quella piuma, lasciar andare, lasciare scorrere il silenzio. Lasciare che il silenzio faccia vuoto, faccia spazio dentro di noi. Lo stesso quando ci troviamo troppo
Incisa a fuoco su una tavola di legno, un’antica preghiera per la pace.
Le “parole che vengono prima di ogni cosa” non danno una spiegazione, come Dio non dà una spiegazione a Giobbe. Non rispondono ai nostri “perché”. Invece ci conducono al grande cerchio della vita e al Grande Mistero che tutto avvolge. Ognuno di noi non è più un vertice che tutto può vedere e abbracciare, ma solo un punto del grande cerchio, immersi in qualcosa che è più grande di noi, a cui affidarci. Affidarsi al Grande Mistero. Qui ci conducono le “parole che vengono prima”. Davvero le radici profonde si incontra3 of 6
pieni delle nostre idee, delle nostre preoccupazioni e dell'ansia del fare. Lasciarci spolverare dalla piuma del silenzio. Non metterci a lottare, né contro di noi, né contro qualcosa o qualcuno, ma affidarci alla piuma leggera del silenzio.
Alla ricerca delle nostre origini Tutto questo ci ha molto colpito, ma non vogliamo che rimanga un impatto emotivo. Per questo ci siamo ripromessi di non essere imitatori delle esperienze degli altri, per quanto belle e avvincenti, ma di riscoprire il senso profondo della vita nella nostra cultura. Abbiamo bisogno di riscoprire la leggerezza dell'impatto con il reale, di trovare il nostro posto nel cerchio della vita, di imparare la gratitudine verso il creatore. Questo ci porterà ad apprezzare le cose concrete di ogni momento, gli avvenimenti tristi e lieti, come occasione di fortezza per imparare ad affrontare le difficoltà e soprattutto per misurarci con i problemi della modernità, come la rottura tra spirituale e materiale, il disagio che la maggior parte dei nostri giovani mostrano, l'incapacità di affrontare il tema educativo, che ormai ci sfugge di mano e non sappiamo quale strada percorrere per risolverlo. Ormai siamo coscienti che non è possibile risolvere anche uno solo dei grandi problemi che ci assillano senza il
confronto in dialogo con le altre culture e con le soluzioni che altri popoli danno ai nostri stessi problemi. Come il popolo mohawk va alla ricerca delle proprie origini, anche noi dobbiamo andare alla ricerca delle nostre origini culturali, ma contemporaneamente andare alla scoperta di elementi nuovi di vita, proiettati verso il futuro. Per il popolo mohawk è fondamentale il rapporto sacrale con la terra e con l'acqua, ma la terra che noi dobbiamo salvare è quella della nostra regione, e l'acqua è quella dei nostri fiumi e delle nostre sorgenti. È un invito che viene da lontano, ma che ha la dimensione della responsabilità attuale e futura della vita di ognuno di noi. Abbiamo imparato che diversità e dialogo devono essere vissuti come gestione dell'arricchimento reciproco, e quindi sarà necessario sottolineare il rapporto profondo tra identità e alterità: siamo stati forse colpiti al cuore e nella nostra sensibilità, ma è necessario andare oltre e fare un cammino anche intellettuale per comprendere nella nostra cultura, nel nostro paese, nella nostra educazione cosa ci è stato rubato e cosa abbiamo rifiutato.
Un’esperienza spirituale Il pluralismo va ben al di là della gestione della diversità e dell'alterità: non possiamo essere attenti all'altro solamente a causa del problema del-
l'emigrazione, perché in questo modo si rischia di negare o mettere in secondo piano tutte le altre differenze all'interno della nostra cultura. Proprio durante l'incontro della scorsa estate, Emongo, un amico africano che era con noi, ci ha detto: “Noi africani, e la maggior parte della gente del terzo mondo, siamo poveri materialmente, ma siamo ricchi a livello di incontro comunitario. E voi occidentali ci date l'impressione di essere degli orfani, molto soli e molto isolati. Come farete a sopravvivere?” A mo' di conclusione, e sotto la spinta dell'esperienza fatta con gli amici dei popoli irochesi, non possiamo dimenticare che molti tra noi sono giunti ad esperimentare l'intercultura e il dialogo grazie all'esperienza di “Dialoghi”, altri attraverso il progetto Asia Urbs per i bambini di strada di Hanoi, altri con la lettura della rivista “InterCulture”, oppure attraverso le letture dei testi di Panikkar o le lezioni sul buddismo e sull'islam. Ma non possiamo dimenticare l'esperienza spirituale dell'Ashram di Malfolle. Anche i Mohawh hanno sottolineato che la loro fonte è stata ed è ancor oggi un'esperienza spirituale. Vogliamo sottolineare questo aspetto non tanto come un privilegio, ma come un servizio offerto a coloro che vogliono camminare nella ricerca dello spirituale nella propria vita individuale e di gruppo, ognuno secondo il cammino che ritiene opportuno per se stesso. Arrigo Chieregatti
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Famiglie in Vietnam
dal bollettino del distretto di Hoan Kiem
il difficile incontro con la modernità Nella società moderna ormai sono presenti molti beni materiali che non c'erano in passato. La nostra civiltà vietnamita ha fatto grandi passi avanti sul piano materiale, ma purtroppo i valori morali non sono andati di pari passo. Questo squilibrio produce le preoccupazioni, i pensieri, le sofferenze che vediamo moltiplicarsi nella nostra vita. Stiamo dimenticando le usanze delle generazioni precedenti, stiamo perdendo i nostri valori tradizionali. Le famiglie sono le cellule della società. La famiglia dovrebbe essere il luogo nel quale l'uomo cresce in maniera equilibrata, ma ora nella famiglia non c'è più posto per la tranquillità e per la felicità. La violenza in famiglia è un'emergenza, e il divorzio è spesso il risultato di una vita infelice. Invece di vivere una vita solida, non poche famiglie fanno una vita priva di impegno morale e non sanno pensare responsabilmente al futuro. La passione per gli amanti ha sostituito il vero amore, la voglia di
cercare i “divertimenti” ha distrutto la felicità della famiglia. Ci sono coppie che vivono insieme, dormono nello stesso letto ma hanno la testa altrove, si comportano come estranei: non esiste più tra loro l'armonia dei cuori. Quali sono i motivi di questa tragedia? Come si fa a coltivare e conservare la propria felicità? Quando il cuore si chiude, allora quel cuore non è più vivo. Oggi i giovani si sposano per loro libera scelta, non ci sono più i matrimoni combinati dai genitori. Ci sono coppie che all'inizio del matrimonio sono innamoratissime, si trattano reciprocamente con grande rispetto e amore, ma dopo un certo tempo l'amore finisce. Che fare? Bisogna ricordare il tempo in cui si era innamorati, e soprattutto bisogna saper “sacrificare” certe cose. La felicità non va mai insieme con l'egoismo. Il matrimonio ha bisogno della compassione, ha bisogno della comprensione. Ha bisogno che si condividano le cose per vivere insieme.
da Hoan Kiem Attività del Centro Continua la regolare attività di sostegno nella vita quotidiana e nello studio per cinquanta bambini in difficoltà che vivono nel territorio del distretto. In armonia con le disposizioni della legge sulla “Tutela della vita, della famiglia e dei bambini”, è stata organizzata una serie di iniziative: ! quaranta adolescenti hanno partecipato a un incontro sul tema “Le malattie virali”; ! sessanta adulti hanno partecipato a un incontro su “La salute sessuale dell'adolescenza”; ! sessanta bambini hanno partecipato a un incontro su “L'educazione dei bambini nella famiglia e nella scuola”; ! venti volontari del distretto di Hoan Kiem e settanta ragazzi che lavorano per strada hanno partecipato a un incontro sul tema “HIV, AIDS e prevenzione”.
L’ufficio di consulenza In novembre, gli operatori hanno avviato un rapporto con quindici ragazzi: otto avevano commesso piccoli reati, gli altri appartengono a famiglie in difficoltà che vivono nel territorio del distretto. L'Ufficio inoltre ha dato consulenza a tre adulti che avevano problemi sul piano dell'educazione dei figli. Sono state realizzate cinque visite alle famiglie a Ha Tay, Hai Phong, Nam Dinh, Hai Duong e Hung Yen allo scopo di seguire il reinserimento di alcuni ex ragazzi di strada, offrendo sostegno e consulenza alle famiglie. 5 of 6
Strumenti per riflettere InterCulture
Rivista dell’Istituto Interculturale di Montreal edizione italiana a cura dell’associazione Interculture Città Aperta Edizioni “Nessuna cultura o religione ha il monopolio della verità e della realtà. Nessuna è autosufficiente, nessuna è in grado di risolvere da sola i problemi del mondo e quelli delle persone umane. Abbiamo bisogno di de-assolutizzare le nostre rispettive culture, alla luce delle culture del mondo” (Robert Vachon). Il “villaggio globale”, di cui si parla con tanto entusiasmo, in realtà è una megalopoli, una megamacchina controllata da pochi luoghi privilegiati. “E se invece rimanessimo nelle nostre piccole e belle capanne, case, palazzi, e cominciassimo a costruire vie di comunicazione che nel tempo potrebbero essere trasformate in vie di comunione tra diverse tribù, filosofie, colori, razze e tutto il resto? Vie di comunicazione e non di coercizione, sentieri che ci permettano di superare il nostro provincialismo senza essere gettati in un unico sacco, in un unico culto, nella monotonia di una singola cultura?” (Raimon Panikkar). Su questi sentieri ci conduce la rivista InterCulture. 1. Il terrorismo del denaro (parte prima) 2. Visioni del mondo in collisione 3. Diversità di culture educative 4. Il terrorismo del denaro (parte seconda) 5. La cultura dei diritti dell’uomo 6. Il femminismo a confronto con l’interculturalità 7. In ascolto di altri islam 8. Cooperazione internazionale: un “cavallo di Troia?” per informazioni:
[email protected]
a cura dell’associazione Dialoghi e Interculture 1. Chieregatti Arrigo, La religione nell'era della globalizzazione 2. Amoroso Bruno, Globalizzazione e stato del benessere 3. Panikkar Raimon, Il contributo delle religioni alla cultura della pace 4. Forzani Jiso, Lo Zen in Occidente 5. Forzani Jiso, Buddha e il suo insegnamento 6. Serge Latouche, Globalizzazione: miti da sfatare Vandana Shiva, Contro la natura e la gente del sud Achille Rossi, Globalizzazione: riflessione antropologica 7. Autori vari, L'acqua è la vita 8. Autori vari, Geni e chimere 9. Autori vari, Diversità di culture educative 10. Autori vari, Il terrorismo del denaro 11. Autori vari, “Diritti umani” e “Grande Pace” 12. Eberhard Christoph, Il cerchio come apertura alla pace 13. Autori vari, Terra, madre vivente e sacra
Quaderni
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