SELEZIONE DELLA RASSEGNA STAMPA GARDESANA
Dal 06 al 19 giugno 2015 •
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da BRESCIA OGGI venerdì 28 agosto 2015 – CRONACA – Pagina 10 «Benaco a corto di idee? Non è vero, l´impegno del territorio è massimo» Diverse le iniziative per valorizzare la sponda bresciana del Benaco|Diverse le iniziative per valorizzare la sponda bresciana del Benaco I Comuni del lago di Garda hanno imparato a lavorare assieme e il Consorzio che riunisce tutti quelli della sponda bresciana, oltre a 550 alberghi, alle loro associazioni, e alle pro loco, sta lavorando sulla promozione del territorio in Italia e all´estero, con iniziative a tutto campo. La prima in ordine di tempo, in collaborazione con il Comune di Brescia, è quella di sabato al teatro Grande e domenica nella piazza del porto a Sirmione, che vedrà un concerto dell´Orchestra
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internazionale giovanile, cento ragazzi fra i 13 e 21 anni provenienti da varie nazioni dell´Est europeo oltre che dall´ Italia. È quanto ci tiene a dire Franco Cerini, dopo Francesco Risatti presidente del Consorzio Lago di Garda Lombardia, ente nato circa tre anni fa, «esempio miracoloso di collaborazione fra pubblico e privato», per pubblicizzarne l´operato. Lo fa anche sollecitato dalle affermazioni contenute in un´intervista a «Bresciaoggi» di Paolo Rossi, presidente di Federalberghi provinciale e regionale, sulla mancanza, a suo dire, di idee nuove, aggreganti e di respiro mondiale per potenziare e rinnovare l´immagine del Benaco, e in particolare quella della sponda occidentale. «Non intendo polemizzare, i suggerimenti sono sempre benvenuti e si può certamente fare meglio, ma mi sembra che si sia dimenticata l´attività del consorzio, la sua qualità e i suoi investimenti, il suo lavoro e gli eventi in calendario», afferma Cerini. Il presidente del Consorzio Lago di Garda Lombardia rivendica l´impegno del direttivo, 40 rappresentanti dei Comuni e degli imprenditori, della giunta, del presidente, «che, quando gira a pubblicizzare il Benaco nel mondo, se beve un caffè, se lo paga». Il bilancio non è enorme, 250mila euro, spiega il presidente, ma sono 33 le fiere a cui il consorzio ha partecipato. Cerini è pronto a partire per altri appuntamenti a Praga e negli Usa; 200 sono stati i giornalisti invitati, e a dicembre sulla tv tedesca andrà in onda un programma dedicato al Garda. Due sono i siti di riferimento e il programma di iniziative è stato coordinato anche in occasione di Expo 2015. «Basta leggere i giornali e vedere la marea di appuntamenti fra l´alto Garda, Desenzano e Sirmione. Solo per fermarci a settembre, dal 9 al 19 a Lonato si terrà il campionato mondiale di tiro a volo, con 90 nazioni partecipanti, 1500 persone prenotate e alla fine del mese 100 auto d´epoca tedesche percorreranno a tappe il percorso da Limone a Sirmione, in collaborazione con Adac, l´Aci tedesca che conta 18 milioni di associati. E poi c´è la Cento Miglia che è conosciuta dovunque», sostiene Cerini che sottolinea anche la volontà di coordinamento con le realtà del territorio. Cita come esempio il lavoro sul depuratore per mettere d´accordo tre regioni, la Comunità del Garda e i Comuni. «A noi il compito di sollecitare a superare le divisioni per il bene generale. Il Ministero erogherà i contributi quando tutti aderiranno. È inutile decantare il Garda se le acque non sono all´altezza» dice invitando alla collaborazione con Veneto e Trentino anche per incentivare l´appeal dell´intero bacino. Fra i progetti condivisi, c´è un´attenzione particolare al turismo religioso in vista del Giubileo, con un dépliant unitario dei luoghi sacri mentre un altro sarà predisposto con le indicazioni per i portatori di handicap. RESTA un nodo sul quale lavorare per trovare una soluzione: l´aeroporto di Montichiari. «È un treno forse non perso definitivamente, anche se qualcuno porta la responsabilità della scelta fatta in passato di restarne fuori. Su questo difficile tema chiamo alla sinergia gli albergatori di Rossi, quello sì è un obiettivo strategico. Occupiamoci insieme di sviluppare le potenzialità dell´aeroporto non solo per il cargo, ma per i passeggeri. Non arrendiamoci; sarebbe una struttura importantissima per la nostra area, come è stato dimostrato, numeri alla mano, anche da un recente studio di Esselunga».MA.BI. mercoledì 26 agosto 2015 – PROVINCIA – Pagina 31 PADENGHE. Dopo l´estate partiranno i grandiosi lavori, ma non senza criticità ambientali Il porto turistico rinasce tra ambizioni e critiche Alessandro Gatta Opere da 800 mila euro e 150 giorni di lavori per un totale restyling Il sindaco: «Occasione di rilancio». L´opposizione: «Inutile cemento» Il porto di Padenghe si prepara a diventare grande: manca poco più di un mese all´avvio dei lavori di riqualificazione e ampliamento dell´area portuale di Villa Garuti, con un sontuoso investimento - finanziato in buona parte dall´Autorità di Bacino - che sfiora gli 800mila euro.Un cantiere da 150 giorni, da ottobre a marzo: già pronto il progetto, già stilato il cronoprogramma dei lavori.SONO TRE i passaggi fondamentali: la realizzazione di una nuova piazza pedonale alberata, il prolungamento dei moli esistenti - 20 metri in più per quello esterno, 12 per quello interno - e una nuova
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banchina con la gru di alaggio e un terzo molo.Obiettivo, per il sindaco Patrizia Avanzini, il «dare al paese un nuovo appeal in chiave turistica, valorizzandone la fascia a lago».Non è segreto infatti che il sogno nel cassetto è completare la riqualificazione del tratto di litorale che porta quasi al lido di Lonato, andando così a congiungersi con la passeggiata che collega Padenghe a Moniga.Intanto al porto si comincia: il progetto prevede un significativo aumento dei posti barca - oggi sono 53, l´anno prossimo saranno più di 70 -, l´attracco dei battelli della Navigarda, lo spostamento della gru e il totale rifacimento della pavimentazione, un nuovo parcheggio e una rivisitazione dell´accesso al porto, definito anche dall´Autorità di Bacino come area attualmente ostaggio di «un notevole degrado visivo».Solo la pavimentazione costerà 100mila euro: nuovi spazi di sosta in marmo, panchine in legno e acciaio, l´area calpestabile in levocell. La ristrutturazione dei moli esistenti e la realizzazione del terzo ne valgono invece quasi 200mila: il conto delle spese, salvo imprevisti, è fissato in 770mila euro.L´INTERA procedura è stata sottoposta a Valutazione d´impatto ambientale, anche perchè presenta alcune criticità: il riempimento delle banchine con materiale da cava, il rischio che il terreno smosso possa essere dilavato dalle piogge, poi i rischi di sversamenti accidentali di materiali inquinanti. Poi la viabilità: l´accesso al porto è possibile solo dalla trafficata Sp572, ma per ridurre i disagi molte attività di cantiere si svolgeranno direttamente a lago con una chiatta. Le polemiche non mancano. A smuovere le acque il Movimento 5 Stelle, che lamenta costi eccessivi e si dichiara contrario all´ampliamento: «Nuovo cemento sul lago, alla faccia della rinaturazione delle coste». domenica 23 agosto 2015 – PROVINCIA – Pagina 29 VIABILITÀ. Giornate di intenso traffico sull´unica strada di scorrimento dell´alto Garda Controesodo da incubo. La Gardesana è già in tilt Luciano Scarpetta Code chilometriche per la somma tra arrivi di turisti e prime partenze La 45 bis si conferma inadatta: da Tignale a Brescia 2 ore e 45 minuti È un flop la prima prova tecnica del controesodo del dopo Ferragosto: già in crisi la viabilità per i primi rientri dei turisti, soprattutto per la zona alto gardesana. Ieri si sono verificate code snervanti, in particolare nella zona di Tignale, intasata nei due sensi non solo dagli arrivi ma anche dalle prime partenzeQUESTO IL DESTINO degli automobilisti sulla Gardesana occidentale: la stretta 45 Bis è l´unica strada esistente da Salò a Riva, con tutti i disagi e le difficoltà create da un´arteria inadeguata a sopportare il traffico non solo estivo dei vacanzieri, ma ormai anche quello quotidiano dei restanti giorni dell´anno. Al nodo nevralgico delle tre anguste gallerie tra Tignale e Gargnano, c´è da fare i conti anche con gli attraversamenti pedonali a Toscolano Maderno (la strada taglia in due il paese) e il semaforo di Gardone Riviera.Troppo per un´arteria già obsoleta di suo che tiene praticamente in ostaggio la terza realtà turistica italiana.«Per questo motivo negli ultimi anni - sostiene il direttore del Consorzio turistico Lago di Garda Lombardia, Marco Girardi - molti pullman in arrivo da nord, si parla del 50% del totale, scelgono di fermarsi sul Trentino».Viene da sorridere a sentire parlare di «bollino rosso» sulle autostrade durante il rientro dalle vacanze, quando qui un giorno lavorativo qualunque (mercoledì 19 agosto) ci s´impiegava 2 ore e 45 minuti a percorrere i 60km che separano Tignale a Brescia.«Succede anche questo - conferma il sindaco di Tignale, Franco Negri, raggiunto ieri al telefono mentre era fermo in auto, incolonnato in direzione sud tra Gargnano e Toscolano -. L´altro giorno ho ricevuto un sms da una mia residente, che ha voluto informarmi della sua odissea sulla Gardesana: 2 ore e tre quarti da Tignale a Brescia».C´È DAVVERO da augurarsi che i buoni propositi emersi durante l´incontro pubblico organizzato a Tignale nello scorso mese di luglio possano concretizzarsi in tempi quantomeno ragionevoliOltre alla maxi opera da 70 milioni di euro per il raddoppio della 45 bis nel tratto delle tre gallerie che collegano Gargnano a Tignale e alcuni tratti di tunnel compresi tra i Comuni di Tremosine e Limone, il progetto include, infatti, anche nuovi sottopassi fra Toscolano e Maderno.In
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attesa degli studi di prefattibilità ambientale e della redazione del progetto preliminare del nuovo tunnel, almeno queste ultime opere potrebbero essere prese in considerazione. sabato 22 agosto 2015 – CRONACA – Pagina 9 IL BILANCIO. L´esposizione mondiale non ha avuto effetti sugli arrivi di turisti e visitatori nelle strutture alberghiere e nei negozi, la presenza di clientela è rimasta invariata Expo? Fa bene al Garda, meno alla città Magda Biglia I commercianti: «L´avvenimento milanese non influenza, ma fagocita i potenziali clienti di bar e negozi» Funziona il business del turismo di casa nostra, ma poche sono state le tappe bresciane dei milioni di prenotati ad Expo. Non ci sono i numeri ma gli operatori del settore hanno già il polso della situazione: l´esposizione universale di Milano ha fatto bene solo al Garda, quello che meno ne aveva bisogno. «È STATO uno scambio di successo» afferma dal Laurin di Salò Paolo Rossi, albergatore di spicco benacense e presidente provinciale della Federazione di categoria. «Ciò che è cambiato è soprattutto il sentiment verso il nostro Paese», secondo lui. «Difficile quantificare le emozioni, tuttavia sentiamo continuamente parlare dell´evento, i clienti tornano entusiasti, con un´immagine accresciuta delle eccellenze che sappiamo offrire. Già amano i prodotti italiani e locali, ora non fanno che richiederli appena seduti a tavola o cercarli le loro sedi di produzione nelle gite. Il Franciacorta ha fatto ancora un bel salto, ma così anche i Lugana e i Chiaretti. L´estate 2015 è da incorniciare per molte ragioni, i padiglioni meneghini hanno dato uno smalto ulteriore», sostiene, a nome anche dei colleghi e dei ristoratori lacustri. Per Rossi ne deriva un duplice insegnamento per i gardesani «troppo abituati a vivere di rendita». A suo parere «lavorare in sinergia dà i suoi frutti e sarebbe importante ogni anno organizzare un appuntamento di carattere internazionale, come la Mille Miglia o come Expo». Invece in una zona come quella del Garda, «tempio del turismo, dalle molte potenzialità inespresse, regna il deserto delle idee. Tutti vivacchiano, ciascuno per conto suo, tanto alla fine i cassetti si riempiono lo stesso. Manca una strategia. Venti anni fa dalla crisi ci salvò il Golf, pensato più per speculazione edilizia che altro; già non ci si punta più, eppure una dozzina di campi aperti per 11 mesi l´anno non ci sono in nessun posto». Ora la speranza è che Expo aiuti ad allungare la stagione, annoso problema. Al contrario il suo vice e leader cittadino di Federalberghi Alessandro Fantini deve constatare che il capoluogo non è riuscito a intercettare i flussi verso i laghi e verso Venezia. Alcuni gruppi hanno fatto base a Brescia perché meno cara di Milano e sono rimasti invenduti i pacchetti predisposti, bellezze bresciane + fiera. «Brescia sta diventando punto strategico e meno costoso per le direzioni verso la Laguna, le Dolomiti, i laghi, ma Expo non c´entra. Stiamo vivendo una piccola ripresa, con arrivi in grande aumento dalla Francia, ma Expo non c´entra. Credo valgano maggiormente la promozione di Bresciatourism, la scelta dei musei gratuiti dell´amministrazione, la rete che velocizza e il passaparola e diffonde la soddisfazione, anche stupita, che tutti provano dopo aver visitato la città. Certo dobbiamo ancora attrezzarci, come in tutte le località che non vivono solo di turismo, però siamo a metà del guado e già la media di permanenza è passata da uno a due giorni» dice Fantini dal suo «Ambasciatori». Del suo stesso parere sono i commercianti. Carlo Massoletti, presidente di Ascom, addirittura ritiene che «paradossalmente, come accade anche per Milano, Expo sia distraente, fagociti i potenziali clienti sia dei negozi che, ancor più, dei bar e dei ristoranti». Anche Massoletti non si lamenta degli affari, non più negativi come in passato, e parla di una possibile uscita dal tunnel ma ribadisce: «l´avvenimento milanese non influenza». Per lui «se ci sono movimenti da monti e laghi, con la loro grossa percentuale di fedelissimi, è solo perché già le persone sono in vacanza e si prendono un giorno per visitare i padiglioni». Per Antonio Massoletti, consigliere di Bresciatorurism, le vendite sono andate molto meglio l´anno scorso con il maltempo che spostava nel capoluogo i vacanzieri della provincia, come accaduto stavolta solo nel fine settimana di Ferragosto. «ERANO ALLORA talmente numerosi che ci
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siamo trovati impreparati, non organizzati con le chiusure per ferie. Invece per me, che ci avevo molto creduto, Expo è stata una vera delusione. Non l´esposizione, molto bella, isola felice, ma la sua ricaduta sul commercio lombardo in genere, inesistente. A Brescia abbiamo sopravvalutato la sua portata, abbiamo programmato inutilmente; vediamo passare le comitive per Venezia, dove si scorgono miriadi di cinesi col cappellino gadget che qui non si fermano, indifferenti». A riempire i tavolini nelle piazze ci sono i bresciani, quelli al contrario contenti del caldo e delle belle serate estive che inducevano a mangiare all´aperto. Lo conferma Rosario Parziale dalla Trattoria Caprese, spazio con vista sulla Loggia sempre pieno. «Sono stati mesi ottimi, però abbiamo lavorato con i nostri aficionados che vedevamo una volta di più o comunque con i locali che cominciano a concedersi qualche lusso; di stranieri da Expo non ne ho notati. Credo che di ritorno per gli operatori bresciani dall´occasione mondiale non ce ne sia stato" dice. Torna all’elenco dei quotidiani
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da L’ARENA venerdì 28 agosto 2015 – CRONACA – Pagina 12 AEROPORTI. In Consiglio dei ministri approvato il piano nazionale Il governo divide il Catullo da Brescia «Errore gravissimo» Il D'Annunzio, di proprietà veronese, è nel bacino lombardo. Paolo Arena: «Decisione arrogante» Il Governo divide le proprietà aeroportuali veronesi: nel nuovo piano nazionale degli aeroporti approvato in Consiglio dei ministri, da una parte c'è il Catullo nel bacino Nordest con Venezia e Treviso; dall'altra lo scalo di Brescia Montichiari nel bacino Nordovest con gli altri scali lombardi.Una decisione per certi versi inattesa dopo che il sistema veronese aveva fatto seguito il Piano in Commissione trasporti portando Montichiari nel sistema aeroportuale Nordest e che non piace ai vertici dell'aeroporto cittadino: «Sono francamente sorpreso», dice il presidente Paolo Arena, «perché a noi risultava che in commissione trasporti Montichiari, che è di proprietà del Catullo, fosse nel nostro sistema. La decisione del Governo è molto arrogante, un grave errore di valutazione che non tiene conto nè del sistema aeroportuale dle Garda, nè di quello con Venezia. Difficile», prosegue Arena, «capire le motivazioni di questa scelta se non nella volontà di dimostrare che la Lombardia è più forte del Veneto. Si tratta di uno scippo, ma un ragionamento su base geografica non può modificare realtà industriali esistenti».Possibili contraccolpi? «Nessuno, perché questa decisione non può modificare nulla a livello societario. Lo scalo bresciano resta in mano nostra». Si attende ora la pronuncia del Consiglio di Stato sulla concessione: verrà confermata nelle mani del Catullo o verrà annullata? Il Consiglio die ministri non può toglierci la concessione; se dovesse farlo invece il Consiglio di Stato, l'aeroporto bresciano comunque andrà a gara europea su una base di 27,5 milioni e non andrà certo in modo automatico al sistema lombardo».Una decisione che ha indispettito anche la politica veronese perché, come afferma il deputato Pd Vincenzo D'Arienzo che aveva seguito da vicino in commissione Trasporti tutto l'iter del Piano aeroporti, «ha vinto la lobby lombarda. I lombardi vogliono portare Montichiari nell'orbita di Sea e Sacbo, cioè Malpensa e Bergamo. Ma è un errore marchiano da parte del Governo, che sbaglia e dimostra di non conoscere la realtà degli aeroporti sul territorio. Un errore che rischia di compromettere lo sviluppo del Catullo per il futuro e mi dispiace che sia il mio Governo a farlo».Il Consiglio dei ministri, infatti, ha approvato uno schema di decreto del Presidente della Repubblica che individua i 38 aeroporti di interesse nazionale. Tra questi, viene riconosciuta una particolare rilevanza strategica a 12 di essi (Milano Malpensa e Torino; Venezia; Bologna, Firenze/Pisa; Roma Fiumicino; Napoli; Bari; Lamezia Terme; Catania; Palermo; Cagliari), tra i quali sono stati individuati tre gate internazionali: Roma Fiumicino, Milano Malpensa, Venezia. Nei «dieci bacini di traffico nazionali» individuati, vengono indicati «gli aeroporti di interesse nazionale»: per il Nord Ovest (Milano Malpensa, Linate, Torino, Bergamo, Genova, Brescia, Cuneo); per Nord Est (Venezia, Verona, Treviso, Trieste). giovedì 27 agosto 2015 – PROVINCIA – Pagina 25 I PROBLEMI DEL GARDA. A Rivoli i primi cittadini hanno incontrato l'assessore Bottacin e il vicepresidente Giorgetti I sindaci: «Venezia deve aiutare il lago» Luca Belligoli Collettore, traffico, canoni demaniali: la Regione promette un «gioco di squadra» Collettore fognario, canoni demaniali, assetto idrogeologico del territorio, gestione dei livelli delle acque del Garda e dell'Adige: questi sono stati gli argomenti che gli amministratori della riviera benacense e dell'entroterra gardesano,
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molto numerosi, hanno discusso a Rivoli ieri sera con l'assessore regionale all'Ambiente e alla Protezione Civile Gianpaolo Bottacin, «scortato» dal vice presidente del Consiglio regionale Massimo Giorgetti che ha promosso l'incontro.«L'assessore Bottacin è qui per conoscere le problematiche di questa parte del territorio veronese che conta ogni anno 13 milioni e mezzo di presenze turistiche», ha esordito Giorgetti. «Sono qui per ascoltare le vostre esigenze», gli ha fatto eco Bottacin.Ha aperto gli interventi Alberto Tomei presidente dell'Azienda Gardesana Servizi: «Per gestire con la Regione Lombardia la depurazione e il collettamento dei reflui fognari del Garda è necessario che ci sia un coordinamento chiaro e univoco. Anche sotto l'aspetto economico attualmente non c'è equità ed equilibrio tra Veneto e Lombardia. Loro dovrebbero coprire il 50 per cento delle spese, ma non è così. Eppure le acque nere lombarde le depuriamo noi di Ags a Peschiera. Finora sono stati redatti tanti documenti e aperti tavoli di confronto ma non sono serviti. Vogliamo avere pari dignità. Questo vale anche per la gestione dei livelli delle acque del Garda. La nostra azienda può fornire alla Regione Veneto tutta la documentazione tecnica di cui è in possesso per quanto riguarda il collettore e per definire una completa analisi dei rischi per il Garda. E' già stato redatto un progetto preliminare che prevede una spesa di 210 milioni».«L'organismo istituzionale per discutere e affrontare queste tematiche è già previsto dalle normative regionali», ha sottolineato Giorgetti, «ma finora non è mai stato attivato».«Non vogliamo fare battaglie con nessuno ma essere ascoltati. Uno degli interventi necessari per la nostra zona è il nuovo casello autostradale per Gardaland», ha affermato il sindaco di Castelnuovo, Giovanni Peretti. «Il Garda è il brand turistico più importante del nord Italia e va tutelato».Ivan De Beni, sindaco di Bardolino, ha posto l'attenzione sui canoni demaniali: «La gestione amministrativa delle concessioni lacuali ora ricade sui Comuni che hanno diritto al 50 per cento di quanto riscosso e devoluto alla Regione ma non è così. E' da anni che non riceviamo nulla e il credito che i Comuni della riviera ammonta complessivamente a 3 milioni e 600mila. Queste mancate entrate pesano sui bilanci dei Comuni e non sono giustificabili nei confronti dei revisori dei conti».Sulla stessa lunghezza d'onda Luca Sebastiano, sindaco di Lazise, che ha parlato anche di viabilità: «La Regione non ha investito nulla sulla Gardesana che è l'unica strada che collega il Garda da Nord a Sud. Per anni si è parlato della Affi-Pai ma è caduta nel dimenticatoio».Armando Luchesa, sindaco di Rivoli, ha espresso preoccupazione per i previsti lavori che quadruplicheranno la linea ferroviaria del Brennero: «Ci potrebbero essere serie conseguenze ambientali per la popolazione della Val d'Adige. La gestione dei flussi dell'Adige dovrebbe essere gestita meglio», ha aggiunto, «coordinandosi con la Provincia Autonoma di Trento».«Siamo pronti per agire in squadra e portare a casa risultati concreti», ha detto il presidente dell'aeroporto Catullo, Paolo Arena.L'assessore Bottacin rispondendo anche all'accorato appello dell'omologa Vania Valbusa del Comune di Valeggio, alle prese con l'emergenza ambientale provocata da una discarica dismessa, ha assicurato che già oggi avrà un incontro con il collega della Regione Lombardia per discutere di temi ambientali comuni e ha aggiunto: «Per la questione dei canoni demaniali da parte della Regione c'è la volontà di risolvere definitivamente la questione».La chiosa è stata di Giogetti: «Prima dei soldi c'è bisogno dell'azione politica. Questo incontro dimostra che ci sono grandi aperture sotto tutti profili» mercoledì 26 agosto 2015 – PROVINCIA – Pagina 32 VIABILITÀ NEL BASSO LAGO. Incontro sul nodo irrisolto delle code all'uscita autostradale : tre Comuni, identico problema. Sindaci e Provincia insieme «Un casello per Castelnuovo» Katia Ferraro Pastorello: «Contatterò Tosi come presidente dell'Autostrada» Gaiulli: «Ora si fa squadra» Peretti: «Il problema è di tutti» Sindaci e presidente della Provincia uniti nel chiedere alla società Autostrada Brescia-Verona-Vicenza-Padova (A4) maggiore attenzione verso quella che oggi è l'unica porta di accesso autostradale alla sponda veronese del lago, il
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casello di Peschiera, rilanciando di pari passo la necessità di un secondo casello, quello di Castelnuovo, che solo dieci anni fa sembrava pronto per essere realizzato salvo poi essere stralciato di punto in bianco dal piano finanziario della società. Ieri mattina i sindaci di Peschiera Orietta Gaiulli, di Castelnuovo Giovanni Peretti e di Valeggio Angelo Tosoni hanno incontrato il presidente della Provincia Antonio Pastorello trovando man forte nella loro doppia «battaglia»: da un lato chiedere alla società il ripristino del personale alle «porte» di uscita del casello arilicense, sostituito in questi mesi dalle casse automatiche comportando rallentamenti nelle operazioni di pagamento in contanti (il sindaco di Peschiera aveva ottenuto il ripristino del servizio nel fine settimana di Ferragosto); dall'altro fare massa critica per riportare in auge il progetto del casello castelnovese, opera che per i primi cittadini non è più prorogabile. In questi mesi di maggiore afflusso turistico la sua necessità si è manifestata come un'emergenza, visti i frequenti ingorghi al casello di Peschiera e le lunghe code in uscita, con picchi di due chilometri. PROVINCIA CON I SINDACI. Il presidente Pastorello si è detto pronto a schierarsi al fianco dei primi cittadini prendendo l'impegno di contattare l'Autostrada Brescia-Padova nella persona del suo presidente (e sindaco di Verona) Flavio Tosi per portare avanti entrambe le istanze. La richiesta seguirà quella avanzata nelle scorse settimane dai tre sindaci, che hanno sottoscritto congiuntamente una lettera inviata a Tosi illustrando il problema e chiedendo un incontro, al momento non ancora fissato. I MALUMORI. Ai «mal di pancia» delle istituzioni si aggiunge quelli degli operatori economici. Gardaland ha già alzato la voce, con una missiva inviata alla Brescia-Padova che ricalcava nei contenuti quella dei sindaci, a cui è stata inviata per conoscenza. A spingere alla protesta anche il più grande parco divertimenti d'Italia e uno dei motori economici più importanti della zona gardesana sono state le lamentele ricevute dai visitatori, stressati per le lunghe ore in mezzo al traffico. Il casello di Castelnuovo, infatti, oltre a smistare gli arrivi sul Garda con il collegamento alla strada regionale 450 (Castelnuovo-Affi) avvantaggerebbe l'accesso ai parcheggi di Gardaland grazie allo svincolo su via Derna e sarebbe linfa vitale anche per Valeggio, permettendo un collegamento al paese attraverso la strada provinciale 27 (per cui in Provincia è già pronto un progetto di riqualificazione) bypassando il centro di Salionze.PRIMI CITTADINI SODDISFATTI. Gaiulli si dice «felice di aver fatto squadra tra sindaci e aver trovato nella Provincia un interlocutore tempestivo, chiaro e operativo». Quanto al casello di Peschiera, dice, «è scandaloso che l'unico accesso del Garda veronese sia trattato alla stregua di un casello di un paese con pochi abitanti. Per accogliere milioni di turisti dobbiamo avere infrastrutture adeguate». Sulla stessa linea d'onda il collega di Castelnuovo Giovanni Peretti, che definisce «rapina» la cancellazione del casello sul suo territorio. Perché il problema, rilancia, «non è solo dei turisti che dobbiamo essere pronti ad accogliere, ma anche dei residenti e non da ultimo dell'ospedale tra Peschiera e Castelnuovo, a cui va garantito un accesso privilegiato e libero dall'incognita del traffico» martedì 25 agosto 2015 – CRONACA – Pagina 15 Il nuovo arriva da Taranto E dalle inchieste sull'Ilva Il nuovo questore assegnato a Verona è Enzo Giuseppe Mangini, barese, 60 anni, sposato con due figli universitari.«Conoscevo Verona da turista, avendo cominciato la carriera a Belluno», dice Mangini, che ha fatto il servizio militare negli Alpini, e ci venivo con mia moglie, ma erano gite veloci. All'epoca non c'era il tempo per grandi viaggi».È ancora nel suo ufficio di Taranto, è là dal 2010 e il suo primo giorno di lavoro da noi sarà il 7 settembre. A Taranto ha dovuto affrontare il problema dei profughi e non all'acqua di rose come abbiamo noi in città. Nel 2011 Manduria venne letteralmente invasa da stranieri portati da Lampedusa, a sua volta satura. I problemi di ordine pubblico furono enormi. E poi storia ben più recente e tristemente nota: Mangini è il questore che ha dovuto affrontare la storia dell'inquinamento ambientale dell'Ilva di Taranto, arrivata a un'inchiesta bis.Ironia della sorte, dalla sua nuova questura Manigini vedrà la Riva Acciai, azienda dello stesso proprietario dell'Ilva, anche se lo
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stabilimento veronese sarà ceduto entro fine anno a una multinazionale. Rassicura che qui non si è dovuto affrontare gli stessi problemi.Laureato in giurisprudenza presso l'Università degli Studi di Bari, è entrato nell'amministrazione della pubblica sicurezza come vice commissario nel settembre 1978. Dopo aver frequentato il corso di formazione presso la Scuola superiore di Polizia a Roma, nell'aprile del 1979 fu assegnato alla questura di Belluno.Trasferito nel gennaio 1987 alla questura di Taranto, è qui rimasto in servizio per circa due anni come funzionario addetto prima alla Squadra Mobile e poi all'ufficio di Gabinetto. Dal novembre 1989 all'agosto 2009 ha prestato servizio alla questura di Bari, ove ha ricoperto vari incarichi di responsabilità tra cui, negli ultimi dieci anni, quello di Capo di Gabinetto e di vicario del questore. Dal 1° ottobre 2009 al giugno scorso ha frequentato con successo presso la Scuola di perfezionamento per le forze di Polizia in Roma, il XXV Corso di Alta Formazione riservato a funzionari ed ufficiali della Polizia di Stato, dell'Arma dei Carabinieri, della Guardia di Finanza, della Polizia Penitenziaria e del Corpo Forestale dello Stato, e finalizzato all'approfondimento della cultura del coordinamento interforze.Dal 2010 a oggi ha retto la questura di Taranto.A.V. Torna all’elenco dei quotidiani
da L’ADIGE «Sui sentieri possibile la convivenza» Guerra tra biker e satini, la calma dopo le denunce La Sat di Riva non ci sta e prende le distanze dall'iniziativa messa in campo di recente dal sodalizio satino arcense, con la sistemazione lungo alcuni sentieri della zona del monte Velo, dello Stivo, di San Giovanni di cartelli triangolari, bordati di rosso, con la scritta «solo a piedi». Cartelli che secondo il presidente della Sat di Arco Fabrizio Miori «invitano a fare attenzione ai pedoni» ma che non sono affatto passati inosservati ed hanno - al contrario - dato benzina alla già infuocata battaglia di posizione tra appassionati delle escursioni a piedi, da un lato, e amanti delle due-ruote-grasse, dall'altro. «Non condividiamo quanto messo in campo dai colleghi di Arco - dice il vicepresidente del gruppo rivano Stefano Benini - e proprio perché siamo convinti del fatto che la montagna sia di tutti, che già da diversi anni abbiamo istituito il gruppo "Sat & Bike", nato con lo scopo di avvicinare e conciliare chi ama vivere la montagna a piedi e chi la vuole frequentare in sella alla mtb. La nostra idea è infatti quella di sensibilizzare gli appassionati ad una convivenza sociale e civile e di promuovere una collaborazione con le varie associazioni, nel rispetto sia gli uni degli altri, sia di chi lavora per mantenere la montagna. Si ricordi infatti che se ci sono questi sentieri lo si deve innanzitutto ai volontari della Sat. Dicendo questo, sia ben chiaro, non rivendichiamo la proprietà del territorio, ma sottolineiamo l'importanza della manutenzione dei tracciati e la profonda conoscenza che i satini hanno dei percorsi in quota. Compresi quelli più pericolosi, dove la fruizione - in particolar modo da parte dei biker - deve avvenire secondo coscienza e non in base al presupposto che siccome la montagna è di tutti la si può vivere senza seguire regole e consigli. Ecco perché torniamo a sollecitare un tavolo di confronto, un incontro che promuova l'educazione e la convivenza tra le varie realtà associazionistiche, una collaborazione fra chi la montagna l'ha sempre tutelata e curata e chi invece appoggia le nuove pratiche sportive in quota». A favore sia della popolazione residente che di quella turistica. «Credo che i problemi debbano essere affrontati nelle sedi appropriate, non sui social net o sulle pagine dei giornali la tirata d'orecchi da parte di Enzo Bassetti, presidente dell'Unione commercio e turismo - In questo modo si stanno solo facendo dei danni al nostro turismo. Non serve infatti sottolineare quanto importante sia l'offerta turistica legata al mountain bike nella nostra zona ma nel contempo non si deve dimenticare che una buona fetta delle presenze turistiche dell'Alto Garda è assicurata dagli escusionisti, dagli amanti della montagna e del trekking. Dal mio punto di vista, le questioni della Sat di Arco trovano fondamento: non viene detto che questi sentieri (che tra l'altro
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rappresentano una minimissima parte della sentieristica locale) devono essere chiusi bensì messa attenzione sul fatto che certi tratti di alcuni sentieri possono essere veramente molto pericolosi se percorsi in sella alla mtb. E questo è un dato di fatto, sul quale bisogna ragionare, tenendo conto che, comunque sia, in una zona come la nostra le regole devono essere definite una volta per tutte. Su questo fronte, la proposta avanzata già da tempo da Apt e Comuni dove sono evidenziati i sentieri percorribili da tutti e quelli che per ragioni di sicurezza non vanno percorsi in mtb - non attende altro che di essere approvata, per mettere così fine a queste "guerre". È innanzitutto una questione di responsabilità: se qualcuno pensa che perché in sella ad una mtb venga consentito andare sempre e comunque ovunque, ha sbagliato di grosso». 28/08/15 Cipressi colpiti dall'afide una task force per la cura La Fondazione Mach pianifica gli interventi ALTO GARDA - Nel corso di quest'ultima estate i cipressi trentini sono stati messi a dura prova da una massiccia infestazione dell'afide «Cinara cupressi». Sia nelle zone dove la pianta vegeta naturalmente, come l'Alto Garda, sia laddove è utilizzata a solo scopo ornamentale, come nel resto del territorio provinciale, durante la scorsa primavera si è dovuto assistere ad improvvisi e diffusi disseccamenti delle chiome. A dar man forte al proliferare del parassita è stato il favore del clima dell'ultimo anno: l'estate fresca e umida del 2014 e l'inverno mite hanno infatti contribuito a far sopravvivere un maggior numero di insetti, laddove invece l'arsura estiva e le gelate dei mesi più freddi avrebbero potuto - al contrario - contribuire a dare una mano alla lotta alla «Cinara». Gli adulti dell'afide, lunghi massimo 4 millimetri, non sono facilmente visibili sulle chiome e per questo il danno, nelle fasi iniziali, rischia di essere confuso con altre patologie. Già durante la primavera, però, le fronde colpite assumono un colore giallastro, che vira al rosso-bruno nel proseguo della stagione. I cipressi che più risentono degli attacchi dell'afide sono i cosiddetti «americani», importati a scopo ornamentale, che in caso d'infestazioni epidemiche - possono morire; anche il cipresso comune, più resistente, può essere intensamente indebolito. La presenza del parassita è dunque facilmente riconducibile e rintracciabile grazie ai diffusi disseccamenti delle chiome. Ecco perché, dopo manifestazioni di particolare intensità come è avvenuto nel corso di quest'anno, è necessario pianificare interventi preventivi da eseguire entro la prossima primavera. Il Gruppo foreste della Fondazione Mach, in collaborazione con le giardinerie comunali, il Servizio fitosanitario della Regione Veneto e l'Università di Padova, sta seguendo l'evolversi dell'attacco, approfondendo gli aspetti bio-ecologici e valutando le capacità di recupero delle piante colpite. In particolare, in questo periodo l'ente di San Michele all'Adige sta lavorando alla stesura di un protocollo operativo per il monitoraggio e il controllo delle infestazioni. «La lotta al parassita non è facile. Dopo manifestazioni particolarmente intense come quelle di quest'anno - spiegano gli esperti della Fondazione Mach - è opportuno pianificare interventi preventivi da eseguire possibilmente non oltre marzo, con prodotti fitosanitari a bassa tossicità. Gli interventi che vengono effettuati nel corso dell'estate non sono infatti di alcuna utilità, a causa delle peculiarità del ciclo di sviluppo dell'insetto. Possono invece risultare utili delle misure preventive indirette, come la concimazione organica del terreno e l'irrigazione di supporto in caso di siccità. Infine, si può ricorrere a lavaggi delle chiome ad alta pressione». 28/08/15 Torna all’elenco dei quotidiani
dal TRENTINO
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Gli appassionati delle due discipline in disaccordo sulla proposta di Daidola Poli: «Magari si potesse fare». Mirandola: «I kitesurf hanno già gli orari» Lago a giorni alterni: kite e velisti si dividono RIVA. Sono aperti i termini per la presentazione delle candidature per la nomina a componente della Commissione edilizia comunale. La domanda e i suoi allegati dovranno pervenire al Comune di Riva del Garda entro le ore 12.30 di lunedì 7 settembre. Il relativo avviso è disponibile all'albo telematico trentino raggiungibile anche dall'albo pretorio informatico, nella home page del sito web del Comune: www.comune.rivadelgarda.tn.it.di Matteo Cassol wALTO GARDA Lago diviso a giorni alterni tra velisti e kiter, come proposto ieri su queste pagine dal docente di economia e "uomo outdoor" Giorgio Daidola? Ai surfisti con aquilone ovviamente andrebbe bene, mentre altrettanto ovviamente i velisti non ne vorrebbero sapere. Ma, al di là di questa soluzione improbabile, sarà mai possibile una convivenza pacifica tra i due mondi? Il presidente della Fraglia Vela Riva Giancarlo Mirandola e il suo omologo dell'asd AltogardaKite Giovanni Poli, dopo le recenti burrasche - concordano almeno sulla necessità di dialogare. «Non voglio entrare in polemica, però - afferma Mirandola - c'è da dire che a spingere il kite ci sono gli interessi di qualche privato, mentre il nostro circolo svolge attività volontaristica, con corsi per bambini e al di là di un interesse specifico. Dopodiché è nel diritto di tutti cercare degli spazi, ma in nessuna parte del mondo si trovano mischiati kite e vela, perché sarebbe come aprire la pista di Monza contemporaneamente alle Ferrari e alle 500. Se non vengono delimitati gli spazi, convivere è molto difficile. Non sarebbe facile dare la precedenza incrociando un kite, che occupa 200 metri quadri di sicurezza contro i 30 di una barca a vela e che va a 55 nodi contro 5. Mi pare ci sia mancanza di buon senso. I kite vadano tranquillamente quando non ci sono le barche a vela, ossia dalle 17.30 alle 9.30. I kite - a complicare il tutto non è nemmeno chiaro se siano imbarcazioni o aerostati - non sono compatibili nemmeno con i surf normali o con i nuotatori, non possono stare nella stessa area. Bisogna mettersi attorno a un tavolo e parlarne: noi a marzo abbiamo già invitato il presidente del maggiore circolo di kite surf (l'asd Altogarda-Kite), chiedendogli poi di mettere per iscritto le sue richieste e proposte. A oggi non le abbiamo ancora viste. Ad esempio per noi non ci sarebbero problemi a fermare le barche un giorno se loro volessero fare una regata. Ma bisogna parlarne e partire dal fatto che l'unica soluzione è dividersi il lago a fette, fatta salva una fascia oraria come l'attuale». «Magari - commenta da parte sua Poli - si potessero avere dei giorni alterni. Quello che non possiamo accettare è la discriminazione. Non possiamo accettare i "no" a priori come quello sull'anticipo di mezz'ora sulla fascia oraria consentita. Sul fatto di non esserci più fatti sentire con le nostre proposte dopo l'incontro con la Fraglia devo fare mea culpa, ma purtroppo dopo alcuni episodi il clima si era avvelenato e ci siamo sentiti emarginati, ma con la Fraglia volevamo e vogliamo parlare ancora per trovare le modalità di convivenza. Bisogna però riconoscere che la gente ormai cerca la spettacolarità e il kite, contrariamente alla vela, la dà, quindi ci siamo e ci saremo. Si consideri che molti giorno all'anno il lago è deserto, anche durante gli orari a noi vietati, soprattutto di mattina. Quindi perlomeno gli orari devono essere più ampi ed elastici». 28/08/15 Giorgio Daidola: «Ambiente saturo, ma i divieti non servono: bisogna convivere. Come? Sport a giorni alterni» Le lobby tradizionali, in questo caso gli escursionisti ed i velisti classici tendono a difendere i loro territori: è comprensibile, ma non condivisibile Giorgio Daidola, 72 anni, piemontese d’origine, è docente di economia all’Università di Trento. Vive, per scelta, a Frassilongo, in valle dei Mocheni. Daidola è uomo di terra e di mare. Ha legato il suo nome soprattutto allo sci, (ri)portando negli anni Ottanta la pratica del telemark. Esperto di montagna (dall’alpinismo alla mountain bike), ha anche una grande passione per la vela, che ha declinato in molti modi, kitesurf compreso. È un profondo sostenitore
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della pratica sportiva «slow», dove l’agonismo e la fretta non trovano spazio. Maestro di sci emerito - si legge nel suo profilo Montura, di cui è testimonial - direttore della Rivista della Montagna e dell’annuario Dimensione Sci per molti anni, ha pubblicato articoli e fotografie su tutte le più prestigiose riviste di outdoor italiane, francesi, spagnole, norvegesi, australiane e statunitensi. Ha partecipato come regista e come attore a parecchi film di sci e di montagna che hanno ricevuto premi nei principali festival. Collabora a riviste di montagna (SkiAlper) e di vela (Vela e Fare Vela).di Gianfranco Piccoli wALTO GARDA Sat contro le mountain bike sui sentieri, velisti contro il kitesurf. Mai come questa estate le attività outdoor sono entrate in rotta di collisione. Segno dell'appeal che l'Alto Garda esercita su queste discipline (con il kite a giocare il ruolo di giovane che “sgomita” per crescere), ma anche sintomo di quanto il territorio – acqua e terra – sia ormai saturo. Sat e vela tradizionale invocano i divieti contro gli “intrusi”, dall'altra si paventa il rischio del “fuggi fuggi” di fronte a norme restrittive. Giorgio Daidola, 72 anni, docente di economia all'università di Trento, è uomo di terra e di mare. Daidola, si ha la sensazione di un clima da “tutti contro tutti”. Cosa succede? «È evidente che siamo in troppi e gli spazi liberi sono sempre più limitati. Anche gli orsi, non solo i bikers e i kite surfers, restringono in modo assurdo questi spazi. Le lobby tradizionali, in questo caso gli escursionisti ed i velisti classici tendono a difendere i loro territori, è normale e comprensibile». Difesa legittima? «Qui non c'è qualcuno che ha ragione e qualcuno che ha torto. Ha torto chi dice: “E' tutto mio”. Io credo però che i nuovi sport, se sono effettivamente "outdoor" (ossia non richiedono mezzi meccanici - esempio: impianti si risalita - o mezzi di propulsione meccanica, come i motori, per essere effettuati) abbiamo diritto ad un proprio territorio, come gli sport tradizionali. Poiché la "convivenza" è difficile, pericolosa ed antipatica per tutti, ritengo che l'unica soluzione sia definire i diversi "territori dell'avventura", cercando un giusto compromesso». Quale compromesso? «Se il Garda trentino è stretto si potrebbe optare per la soluzione a giorni alterni o definire orari che richiedano il minore sacrificio a tutti. Mandare i kiters a Malcesine mi sembra una miope idiozia. Il kite surf è uno sport stupendo, sarebbe un grave errore vietarlo. Io mi sono trovato spesso con la mia barca a vela in mezzo ai kiters ma non è mai successo nulla. Ovviamente anche io al timone, come loro alla barra, ho cercato di evitare collisioni. Basta un po' di buon senso e di rispetto. Bisogna saper rallentare quando è necessario, sia con la barca che con il kite. Chi non capisce queste cose e si sente padrone del territorio è un povero ottuso, sia che si tratti di un kiters che di un velista». Giorni alterni: è una provocazione? «No. Poi io penso che i veri problemi di affollamento ci siano solo nei fine settimana». E veniamo allo scontro Sat-mountain bike. «Sui sentieri è la stessa cosa. Personalmente mi dà fastidio dovermi fermare per lasciar passare dei bikers ma accetto. A condizioni che questi siano prudenti e non si sentano loro i padroni del territorio. Una pratica di mountain bike che dovrebbe essere seriamente regolamentata con percorsi ad hoc è il downhill: liberalizzare il downhill significherebbe trasformare le montagne in pericolosi circuiti per kamikaze.Quando si va veloci, sia in barca, sia in kite, sia in mtb, si è pericolosi anche se si è bravi. Occorre riscoprire, in tutti gli sport outdoor, il piacere della lentezza e del controllo». Ovvero? «È una questione di stile, non di tecnica. Purtroppo i corsi formativi sviluppano solo la tecnica, che significa velocità, arrivare primi non importa come. Purtroppo la matrice agonistica fa da padrona anche nella vela, nel kite, nel windsurf, nella mtb e così prima o poi arrivano gli incidenti. In Italia, ahimè, lo sport è il Coni, come se lo sport come elemento ludico non esistesse. Ma la verità è che l'agonismo appartiene solo a una parte limitata della vita». Il suo pensiero sembra: convivenza ma non divieti. «I divieti hanno due controindicazioni: fanno scappare le persone e inducono alla trasgressione». Nell'Alto Garda c'è un altro sport diffuso: lamentarsi per il traffico. Però ogni volta che Ingarda diffonde i dati sulle presenze – macinando record su record – nessuno si lamenta. Non la trova una contraddizione? «E' il modello nefasto del turismo mordi e fuggi, quello che porta pochissimo valore aggiunto sul territorio. Sempre più persone, ma permanenze sempre più brevi». 27/08/15 Torna all’elenco dei quotidiani
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dalla GAZZETTA DI MANTOVA estate sulle colline Solferino punta sul turismo Ed è in arrivo il Bike Festival SOLFERINO Solferino sempre più comune attivo sul fronte della promozione turistica. In questo anno l’amministrazione ha proceduto all’accordo con Saia per un servizio di linea autobus tre volte al giorno dal martedì al sabato (da maggio a fine settembre) con collegamento Sirmione - Solferino e ritorno per portare i turisti dal lago alle colline, con distribuzione di dépliant pubblicitari nei campeggi ed alberghi di Sirmione. Oltre a questa importante operazione si sono realizzati eventi tra cui Solferino con gusto, serate enogastronomiche e culturali alla scoperta dei prodotti tipici del territorio, organizzate dall’Associazione Amici di Solferino 1859. E ancora Quattro passi nella storia e nel gusto, con la camminata storica sui luoghi della battaglia del 1859 con brevi letture di brani concernenti i luoghi e gli eventi. Il tema del cibo e il ritorno alle tradizioni era già incominciato lo scorso autunno, grazie alla collaborazione della Pro Loco e dei ristoratori solferinesi, con percorsi tematici: la settimana del Nedrot, la settimana del Massalì, la settimana del Baccalà e la settimana della Zucca. Dal 7 giugno al 15 agosto, inoltre, alla Torre civica di piazza Castello si è realizzata la mostra fotografica Terre di Torba sulle torbiere di Solferino, che ha fatto da contenitore per altri eventi quali: cena con i palafitticoli, serata gastronomica in un agriturismo per scoprire cosa si mangiava al tempo delle palafitte. Sabato 8 agosto c’è stato Vinum et cibus, escursione guidata nel territorio con tappe enogastronomiche. Prenotazione obbligatoria all’associazione Colline Moreniche, nell’ambito della manifestazione “Expo in collina”. In arrivo, inoltre, domenica 27 settembre, Mantova Bike Festival 2015, ciclotour che percorrerà l’itinerario Mantova, Volta, Solferino, Castel Goffredo e ritorno in pullman; con tappa a Solferino in piazza Castello con degustazione di prodotti tipici. (l.c.) 25/08/15 Decisione dell’Aipo dopo la richiesta della Comunità Il lago è al minimo storico. La polemica: intervento tardivo Il Garda è assetato Ancora meno acqua verso il Mantovano ALTO MANTOVANO Continua la battaglia dell’acqua, in una delle estati più calde degli ultimi anni. Infatti da ormai due giorni per decisione dell’Aipo, Agenzia interregionale del fiume, è di nuovo calata la quantità di quella in arrivo dal Garda e diretta ai campi dell’Alto Mantovano. Il motivo? Sta tutto a monte, o meglio “a lago”. Il livello del Garda è infatti sceso ai minimi costringendo a prendere delle decisioni. L’Aipo ha dovuto tenere presente quelle che sono le richieste dei Comuni riuniti nella Comunità del Garda. In questo modo ha però anche accontentato la Regione Veneto che aveva presentato una richiesta simile a fine luglio, nel momento di grande secca. Il flusso uscita dal garda, già ridimensionato nelle scorse settimane, ora è passato da sessanta metri cubi al secondo a quaranta metri cubi. Particolarmente difficile la situazione del lago: le precipitazioni che ci sono stati negli ultimi giorni non sono riuscite a fare risalire i livello in modo significativo. Così il livello si è avvicinato ai 40 centimetri sullo zero idrometrico di Peschiera, livello che viene considerato dall’Autorità di bacino come il limite minimo, al di sotto del quale non è possibile scendere. Non mancano, naturalmente, conseguenze per la vita del lago, il turismo e la navigazione. In particolare non sono mancate proteste: chi ha un’imbarcazione da diporto ha informato le autorità della necessità di eliminare fango dal fondo per consentire ai vari natanti di ormeggiare. L'acqua è talmente bassa che gli scafi si incagliano. Anche il Po continua ad avere problemi: come già riferito alla fine di luglio, il vero timore è costituito dalla
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risalita del cuneo salino, ovvero dall’acqua salata che, a causa della debole portata del Po, risale il grande fiume portando il mare laddove di solito c’è acqua dolce. Il livello del lago, è stato spiegato dalla Comunità del Garda, è a 41 centimetri sullo zero idrometrico. Lo scarico è stato calato da 80 a 60 metri cubi al secondo da domenica 16 agosto. Così, considerata anche la pioggia caduta nel Mantovano, è arrivata la decisione dalla Comunità del Garda di chiedere all'Aipo di diminuire ulteriormente il deflusso dal lago. Richiesta che è stata accettata. Anche se ora non mancano le polemiche: secondo la stessa Comunità del Garda, sarebbe stata tardiva la manovra di ridurre il deflusso; se fosse stata effettuata prima, come richiesto in precedenza – è l’accusa – il lago di Garda ora avrebbe alcuni centimetri in più rispetto allo zero idrometrico. Insomma, l’estate del 2015 passerà alla storia come quella delle mille battaglie per l’acqua. Una delle più assetate di sempre. Torna all’elenco dei quotidiani
dal CORRIERE DELLA SERA Giovedì 27 Agosto, 2015 CORRIERE DEL VENETO – VERONA Bardolino fa causa alla Regione Veneto «Canoni demaniali, ci viene un milione» Il Comune incarica l’avvocato Fratta Pasini. E Torri ricorre a Equitalia BARDOLINO Il Comune di Bardolino reclama un credito di oltre un milione di euro con la Regione Veneto. Per questo la giunta municipale, stanca di aspettare di incassare il proprio 50% di proventi dei canoni demaniali, passa alle vie legali e incarica l’avvocato Carlo Fratta Pasini di «intraprendere ogni azione volta a recuperare le somme di cui il Comune di Bardolino è creditore nei confronti della Regione Veneto per canoni delle concessioni relative al demanio lacuale per gli anni che vanno dal 2006 al 2013». Per la precisione: 1 milione 27.825 euro, oltre a 42.989 per interessi maturati. E proprio ieri sera il sindaco Ivan De Beni ha posto direttamente la richiesta al neo assessore regionale Gianpaolo Bottacin sul merito della vicenda (vedi box sotto), che, però, ha confermato che nelle casse regionali i soldi non sono disponibili. «Sulla base degli effettivi soldi incassati dalla Regione sono iscritti a bilancio 1 milione 295 mila euro, conteggiati nella colonna competenze, ma che non ci sono nella colonna cassa», ha spiegato Bottacin. Del resto è stata la stessa Regione, con la legge 33 del 2003, a conferire ai Comuni rivieraschi della sponda veneta del lago di Garda le funzioni amministrative di concessione di sponde e spiagge lacuali, chioschi, posti barche e boe, con incarico anche della relativa manutenzione e di interventi migliorativi con finalità turistica.Le amministrazioni comunali, però, si sono trovate con i bilanci municipali «sbilanciati», poiché devono ogni anno inserire la voce di previsione delle entrate delle concessioni demaniali, ma che poi non arrivano. «A questo punto abbiamo deciso di procedere – spiega il sindaco De Beni – proprio perché il nostro revisore dei conti ha chiesto delucidazioni. Siamo comunque aperti a qualsiasi soluzione e se le cose si risolvono nulla vieta di revocare il procedimento». Tra le risoluzioni, De Beni, cita la proposta di modifica della legge 33, in cui si omologhi il sistema delle concessioni extraportuali a quelle portuali, cioè che siano i Comuni ad incassare e poi devolvere alla Regione il 50% per le extra portuali e il 60% delle portuali. «Con il presupposto, però, - precisa De Beni- che i Comuni trattengano il 100% dei canoni fino al conguaglio del credito che ci spetta». Ed è proprio su questo punto che ieri sera l’assessore regionale Bottacin ha mostrato apertura: «Ho già chiesto approfondimenti alle strutture regionali per vedere di porre la modifica di legge. Certo è che, poi, è il Consiglio regionale che deve legiferare le modifiche di legge». E c’è anche un balletto di cifre su quanto effettivamente sia dovuto ai Comuni. Bottacin ha detto che quello che entra in cassa in Regione all’anno sono 900 mila euro, mentre i conteggi fatti dagli otto comuni rivieraschi del lago, a fine 2013 riportavano 3 milioni 600mila euro da ricevere. E se a
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questi si aggiungono anche gli anni 2014 e 2015, la cifra potrebbe ormai aggirarsi vicino ai 5 milioni. I sindaci, in questi anni, hanno firmato congiuntamente e ripetutamente inviato lettere di sollecito alla Regione, fino alle diffide del maggio scorso (l’ultima poche settimane fa dal sindaco di Brenzone, Tommaso Bertoncelli). Ieri, anche il primo cittadino di Torri, Stefano Nicotra ha già annunciato il ricorso ad Equitalia per la messa in mora della Regione. Giovedì 27 Agosto, 2015 CORRIERE DEL VENETO - VERONA I sindaci del Baldo-Garda battono cassa «Solo per il collettore servono un mucchio di soldi» RIVOLI (An.Sch.) Una cinquantina di amministratori tra sindaci e assessori del comprensorio Baldo Garda si sono incontrati ieri sera a Rivoli Veronese con l’assessore regionale all’Ambiente, Gianpaolo Bottacin. Un incontro organizzato da Ags e dal vice presidente del Consiglio regionale Massimo Giorgetti, su tutte le tematiche riguardanti il lago di Garda ed entroterra. Molte carne al fuoco e «truppe cammellate riunite», come le ha definite Giorgetti, gli argomenti esposti dai sindaci. A partire dal collettore che necessita di 220 milioni per il rifacimento; i livelli del lago con lo stato delle spiagge che l’assessore regionale ha detto di «aver già visto»; il casello autostradale di Castelnuovo, comparso e scomparso dalla programmazione della A4; la viabilità della gardesana al collasso; le mappature delle aree a rischio idrogeologico di Malcesine; la Val d’Adige che dovrà affrontare il quadruplicamento della Ferrovia per la Tav. L’assessore ha preso nota e replicato che la nuova amministrazione regionale ha posto «un approccio scientifico in convenzione con l’Università di Padova e il Cnr, per la stesura di un elenco prioritario di località del Veneto da mettere in sicurezza, e per cui servono 4 miliardi di euro che ovviamente non ci sono». Martedì 25 Agosto, 2015 BRESCIA il garda s’è desto ripartiamo di Paolo Rossi C he Il Sole e il Bel tempo siano i fattori determinanti per il successo della stagione turistica non v’è alcun dubbio ma constatare ciò per un territorio pregiato come Il Garda è avvilente e riduttivo soprattutto per chi come me vive e lavora nel turismo da tre generazioni. La Stagione 2015 verrà archiviata come quella del giro di boa, quella con il vento in poppa quella dove tiri su tutta la tela che hai per arrivare primo al traguardo d’autunno. Tedeschi, Olandesi, Belgi, Inglesi sono tornati in grande numero sul Garda a significare quanto questo lago sia amato dagli stranieri e quanto questo lago sia percepito come «Il Lago d’Europa» e sicuramente come il più bello! Ma la domanda che nasce spontanea è: noi Gardesani siamo attori consapevoli di questo New Deal o spettatori passivi di una rappresentazione che va in scena nonostante noi? La risposta o le risposte sono più semplici di quanto le immaginiamo. Esiste una classe imprenditoriale gardesana, di chi c’è nato e di chi lo è diventato per adozione ma non per questo meno motivato del nativo, che con un atto d’amore non ha mai smesso di credere in questo Lago percependone la sua unicità respirandone la sua bellezza conscia di avere a che fare con una delle dieci destinazioni turistiche più belle del mondo, che ha investito senza che fossero le logiche del profitto o del cassetto a dettare le linee, convinto che la sfida si vince sulla qualità dell’offerta e non sulla quantità. Ci sono viticoltori, olivicoltori e agricoltori tout court che da anni portano avanti la loro battaglia silenziosa per produrre olio e vini di grande qualità per affermare nel mondo la tipicità gardesana perché turismo e terroir vanno di pari passo. Ci sono intellettuali e tanta gente comune che tutti i giorni si chiedono perché tanta bellezza non viene percepita, perché tanta bellezza non viene tutelata e difesa, perché tanta bellezza non viene comunicata? Il peccato originale ha un nome: la politica del consenso e non la politica del merito, amministratori che hanno trattato il turismo come rendita anziché come servizio, «archistar» dell’urbanistica (ne ricordo uno in particolare massimo esponente del Brutalismo in Italia) chiamati a fare scempio dei nostri Lungolaghi, io sono uno che rimpiange il grande Limone giallo di cemento in fondo al lungolago di Salò. Nonostante tutto e tutti il
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Garda farà una bellissima stagione, facciamone tesoro mettiamo in campo tutto il nostro entusiasmo tutto il nostro Amore per questo lago, partiamo da un progetto importante ne basta uno ma di grande spessore, ripartiamo dalla cultura e non dobbiamo scomodare nessuno crediamo nello straordinario lavoro che Giordano Bruno Guerri sta facendo con il suo Vittoriale. Partiamo da lì. Domenica 23 Agosto, 2015 BRESCIA La sirenetta del Vate Povera Renata! Povera figlia di d’Annunzio! Prima amata, infine detestata. E, volta a volta, esaltata, ignorata, tollerata, perdonata, ripresa, dimenticata da un uomo che avrebbe preferito «generare libri e non figlioli», ed avere «lo spirito fecondo e la carne sterile». Questo ed altro si legge in un voluminoso carteggio — 510 pagine — fra il genitore e l’unica femmina della sua discendenza. Lo ha curato, approfondito ed integrato con note ed altri materiali Franco Di Tizio, acuto dannunzista. Lo ha stampato l’ottimo editore Ianieri, specializzato in pubblicazioni legate al poeta di Pescara. D’Annunzio fu padre di tre maschi, avuti dalla moglie Maria di Gallese; ebbe altri due figli da Maria Gravina. Mentre non volle riconoscere il maschio, sospettando la compagna di infedeltà, amò profondamente Eva Adriana Renata. Fino ai 7 anni la coccolò col vezzeggiativo Cicciuzza, scelto da mamma. Poi preferì il nome di Sirenetta, «sembianza di una fata e di una mendicante» , personaggio de La Gioconda, tragedia scritta nel 1899. Nelle lettere fra padre e figlia — vanno dal 1897 al 1937 — sentimenti contrastanti si susseguono. Splendidi all’inizio, si intiepidiscono dopo le nozze della giovane con il tenente di vascello Silvio Mottanarella. Riprendono e si riaffievoliscono. Fino alla spiacevole conclusione che appare chiara in uno scritto del Comandante al fedele Maroni, architetto del Vittoriale, del 14 agosto 1930: «La signora Montanarella e suo marito sono venuti all’improvviso per la solita estorsione. Il marito le ha dato sette figlioli, e vive di lei, cioè di me. È la più sciagurata situazione della santa famiglia. Ecco la lettera, con le sole tremila lire che posso dare, come tozzo sprezzante. E lo tolgo alla povera e dolce mia sorella Elvira!». E più avanti: «Ricordati che Renata Montanarella è, legalmente, una Anguissola che non ha nessun diritto di nessuna specie». Un anno prima, alla figlia che in vacanza a Bellaria chiedeva di essere ricevuta al Vittoriale, il padre rispose: «Non potrò vederti e in caso di disobbedienza sarai ricondotta Roma da due agenti. Sono stanco e scandalizzato: Non riceverò Silvio mai più. Ecco duemila lire per tornare a Roma». Già nell’aprile del 1928 le aveva scritto: «Non voglio ancora vederti. Se tu insistessi troveresti a Desenzano due agenti che ti ricondurrebbero a Roma. Questa manovra di pressioni e di ricatti per avere sempre denaro è abominevole». Dunque le richieste di denaro al padre erano frequenti. Parrebbe una figlia diversa da un tempo. Dal Notturno parrebbe tutta poesia: «La Sirenetta conosce minutamente la favola breve del giardino. Sa dove è il bruco, la pecchia, dove il ragno, dove la cetonia e quel che fanno. Sa i rami malati, il numero dei bocciuoli, quale sia in ritardo, quale sia per aprirsi. Si lamenta del giardiniere pigro. Prende un manticetto e soffia una polvere salutare sopra un rosaio brulicante d’insetti verdicci». Metamorfosi o equivoco? O piuttosto il bisogno? Gli eredi della Sirenetta — 22 nipoti — signorilmente hanno passato al curatore del carteggio ogni documento. Non hanno taciuto le pagine meno nobili. Intelligentemente hanno preferito la verità. E ciò torna a loro onore. Certo d’Annunzio fu spietato anche con Silvio Mottanarella, il marito. Non avrebbe voluto il matrimonio, ma la Sirenetta insistette. Tuttavia si impegnò a passarle un sussidio mensile di 500 lire, che dopo Fiume portò a 3mila. Anche se non fu puntuale nei pagamenti (e varie volte la figlia lo notò), non favorì così bene né Veniero né Gabriellino. Solo Mario fu come una sanguisuga. Chiese molto (troppo) anche Renata. Il poeta scrisse: «Seguiti a trattarmi come se fossi una specie di banchiere inesauribile». E poi, a mo’ di rimprovero: «Il destino che tu hai lo volesti. Ricordatene. Io ti misi davanti all’evidenza dell’errore; e tu persistesti. Né Silvio considerò la sua parte di responsabilità». Fu persino impietoso: «Avesti molto coraggio affrontando l’errore, Abbine nel sopportarne le conseguenze». Poco lo sopportò lui, tanto che scrisse il 6 aprile 1925: «Mi sono gettato per terra affinché il destino mi calpesti. È arrivato anche il mio genero». In compenso, il 25 novembre 1934, lo raccomandò a Mussolini perché l’ufficiale di marina era stato
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«ingiustamente collocato ai servizi sedentari». Renata morì l’ 11 novembre del 1976. Un anno dopo venne tumulata nei giardini del Vittoriale. La tomba è vicina a quella di Maria di Gallese, che visse i suoi ultimi anni nella casa del poeta. Fu un atto di gentilezza dell’allora Sovrintendente Emilio Mariano. A lui si era rivolta Renata negli ani ’60, chiedendo di essere sepolta nei giardini del Vittoriale. Mariano le concesse di tornare nel luoghi da cui il padre l’aveva allontanata. La bara rimase nel cimitero di Gardone mentre veniva preparata la tomba al Vittoriale. Trattandosi di sepoltura privilegiata furono necessari diversi benestare. E venne così il luglio ’77. Ed il 5 novembre 1977, la consacrazione. Sulla tomba il professor Mariano fece apporre strisce di marmo, che ricordano i cartigli del Notturno: « La Sirenetta appare sulla soglia / Porta un mazzo di rose / È un angelo che si distacca / Da una cantoria fiorentina / Quando parla il mio cuore si placa». Costanzo Gatta Torna all’elenco dei quotidiani
Concerto archeologico alla villa romana Scritto da: redazione 2015/08/26 12:32 PM
TOSCOLANO - Sabato 29 agosto alle 21,15, nella Villa Romana dei Noni Arrii a Toscolano Maderno, il tredicesimo concerto della III edizione dei “I Suoni e Sapori del Garda”. Si tratta del “Concerto archeologico”, organizzato in collaborazione con la Comunità del Garda, il Comune di Toscolano Maderno, la Strada dei Vini e dei Sapori del Garda e l’Associazione La Melagrana con la direzione artistica di Giovanna Sorbi.
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Il programma: alle 20 visita guidata alla Villa Romana, alle 20.30 degustazione di vini e sapori del territorio. Tutta la manifestazione è ad ingresso libero. Poi il concerto. Protagonista della serata l’Ensemble “Trio d’ance”, impegnato in un curioso programma costruito appositamente per questo insieme di insolito ascolto che utilizza i tre strumenti d’orchestra che impiegano questa tipica appendice vegetale (l’ancia, appunto, una sottile linguetta mobile la cui vibrazione fa suonare gli strumenti a fiato; doppia nel caso dell’oboe e del fagotto e semplice per quanto riguarda il clarinetto). Questa particolare formazione ha conosciuto un notevole sviluppo soprattutto in Francia dove si è sviluppata una notevole letteratura indirizzata ad essa: verranno proposti infatti brani di autori francesi quali Jacques Ibert (Cinque pezzi in Trio). Henri Tomasi (Concerto Campestre), insieme a Johann Sebastian Bach (Trio Sonata I), Wolfgang Amadeus Mozart (trascrizioni dalle Nozze di Figaro) e Johann Strauss. L’Ensemble Triodance (oboe Franco Tangari, clarinetto Francesca Gelfi, fagotto Fausto Polloni) è formato dalle prime parti della Brixia Symphony Orchestra: i tre musicisti, che collaborano con l’orchestra bresciana da molti anni, fanno parte di prestigiose Istituzioni musicali quali l’Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI e i Conservatori di Milano, Piacenza e Lugano. Franco Tangari ha collaborato con importanti gruppi da camera fra i quali “Carme”, “Fiati Italiani”, “Divertimento Ensemble” e dal 1980 è Primo Oboe solista della “Camerata Strumentale” di Milano. Nel 1982 entra a far parte stabilmente dell’Orchestra Sinfonica di Milano della Rai e dal 1995 è Corno inglese dell’OSN. Francesca Gelfi si diploma in clarinetto nel 2008 presso il Conservatorio G. Verdi di Milano con Sergio Delmastro e si perfeziona nello studio del corno di bassetto presso l’Accademia Internazionale di Clarinetto Basso “Josef Horak” di Pordenone con Paolo De Gaspari. Collabora con importanti realtà orchestrali e direttori quali Orchestra del Teatro Regio di Torino e Orchestra del Teatro alla Scala di Milano e con Donato Renzetti. Yutaka Sado, Nicola Luisotti, Christian Arming. Fausto Polloni, allievo della prestigiosa scuola di Ovidio Danzi (già primo fagotto al Teatro alla Scala di Milano), vincitore al Concorso internazionale di Stresa, è stato premiato anche ai Concorsi di Tradate, Genova, Portogruaro e Martigny. Svolge un intensa attività Concertistica con diverse formazioni orchestrali e cameristiche, con le quali ha realizzato concerti e registrazioni in diverse città d’Italia, Francia, Germania, Svizzera, Austria, Giappone, Russia, e Stati Uniti. E’ docente di Fagotto presso il Conservatorio Statale di Musica di Piacenza.
In evidenza questa settimana Una domanda importante Un articolo di un autorevole rappresentante degli albergatori sul Corriere di Brescia, ha riflettuto sulla situazione gardesana, sul gran pieno di questa stagione considerato come un nuovo inizio (in realtà dovuto al clima un po’ africano), sui valori espressi dal nostro lago che sono certo precedenti a qualunque impegno turistico. C’è l’elogio per gli operatori che sembra abbiano investito in alberghi gli utili prodotti, per amore del lago, non per un pur legittimo interesse economico. La realtà è un po' diversa dalla affermazione che descrive l'impegno economico e gli investimenti degli operatori "senza che fossero le logiche del profitto o del cassetto a dettare le linee". La nota si pone però una domanda importante sul benessere del Garda: i gardesani sono consapevoli di questo new deal o spettatori passivi di una rappresentazione che va in scena nonostante loro? È una domanda importante che ci chiede quanto siamo impegnati nella tutela e valorizzazione del patrimonio che la natura benevola ci ha dato o quanto lo abbiamo sfruttato o utilizzato per la crescita economica di ognuno, buona e legittima come qualunque corretta attività economica e professionale. C’è
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eroismo in questa o è come tutte le altre, senza farla diventare eroica e altruistica? Alla domanda dobbiamo rispondere che non c’è stata una consapevolezza attiva, una corresponsabilità operativa, una impegno che andasse oltre la tutela, legittima e specifica, del proprio interesse. Gli operatori turistici, in particolare gli albergatori, hanno saputo protestare molto, richiedere interventi pubblici, gestire soldi pubblici per l’attività promozionale del turismo gardesano. Hanno però sempre considerato il turismo come fatto promozionale, di pubblicità, non come una generale custodia di luoghi particolari, di insediamenti storici, naturali, di luoghi da mantenere, conservare e migliorare. Su tutto ciò si impegnino comuni, provincie, regioni è Stato. Infatti che lago avremmo se non fosse stato fatta, giustamente con soldi pubblici, la prima depurazione e il sistema di tutela, prodotto dalla solitaria e sottovalutata Comunità del Garda e come potremmo promuoverlo? Ed ancor oggi dobbiamo salvare il Garda dalle turbative , benvenute e inevitabili, di milioni di presenze turistiche. Se le più importanti categorie economiche di un territorio non favoriscono, con un impegno non solo verbale, l’unità politica di un territorio sui propri problemi, se non lo sostengono con la scusa di una autonomia corporativa, la conseguenza non potrà essere che negativa, riduttiva, di lento ma inevitabile utilizzo del territorio senza un disegno organico, senza un’idonea classe dirigente, senza fantasia programmatica. Se già gli operatori turistici di un grande lago non trovano elementi di unità per la sua gestione, se si distinguono tra coste e campanili, se non investono i propri soldi nella propria promozione ma solo quelli pubblici, ebbene allora alla domanda, che è strategia, bisogna rispondere purtroppo negativamente. Quello che manca, nella sua espressione effettiva, è il senso di appartenenza, di identità, di autotutela e di comune prospettiva. Il lago, il suo territorio, le sue risorse, il nostro capitale sociale vengono considerati beni da vendere, da noleggiare, un po’ alla volta da esaurire, riducendo la loro capacità attrattiva, massimizzandolo. Eppure abbiamo esempi clamorosi da non seguire, basti pensare alla un tempo splendida costa spagnolo del Sol, di Marbella, finita anche fisicamente nelle bolle speculative e nell’edilizia assurda e indegna di quei luoghi. L’egoismo individuale, se non è corretto dalla consapevolezza sociale, danneggia anche se stesso, nel medio e lungo periodo. La disattenzione verso una politica comune, che significa comuni convinzioni e comuni obiettivi, è la causa individuale di un disagio e di una insufficienza collettiva. Ecco perché si vorrebbe che i gardesani, politici, amministratori, albergatori, operatori vari, abbiano una consapevolezza dei propri ruoli, convinti che il bene collettivo è anche il bene di ognuno e che ciò che abbiamo, frutto della nostra storia, è da vivere, tutelare, godere, nello spirito di un bene comune e non da considerare come una eredità da vendere un po' alla volta. Aventino Frau Torna all’elenco dei quotidiani
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