Coordinamento Sindacale Enti di Ricerca aderente CONFEDIR
Prot. 433/13
Roma, 21/01/2013
Al Segretario Generale della CONFEDIR Dr. Stefano Biasioli
Oggetto: documento programmatico CSER – Manifestazione Confedir 28/01/2013.
Il Coordinamento Sindacale Enti di Ricerca individua una serie di tre tematiche in vista della Manifestazione di cui all’oggetto, che possono essere ricondotte ad un dibattito di tipo sindacale, ma anche di natura politica, e che sono di particolare interesse per le categorie della ricerca pubblica rappresentate dallo CSER. 1) Recupero dell’Area dirigenziale per Ricercatori e Tecnologi negli Enti pubblici di ricerca. 2) Accesso ai ruoli della ricerca e precariato nella ricerca pubblica. 3) Partenariato economico e sociale e ricerca pubblica.
1) Recupero dell’Area dirigenziale per Ricercatori e Tecnologi negli Enti pubblici di ricerca. Si fa riferimento agli Enti pubblici di ricerca, Enti cioè vigilati da Ministeri diversi (MIUR, MIPAF, MIN. LAVORO, MIN. SANITA’, ecc.), il cui personale è attualmente soggetto nella sua totalità (scientifico, tecnico e amministrativo) ad un contratto di comparto dal 2002 (i dirigenti amministrativi, pochissimi, hanno un contratto corrispondente oggi in area VII). Il personale cui si fa riferimento in questo documento, è 1 Coordinamento Sindacale Enti di Ricerca Casella Postale 5571 Via Canosa di Puglia, 3 – 00177 Roma – fax e casella voc. 1782245610 www.saur-cer.org -
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quello dei ricercatori e dei tecnologi degli Enti di ricerca dal I° al III° livello (una forza lavoro di circa 9000 unità). Tale personale è di alta qualificazione e professionalità essendo dotato per la quasi totalità di laurea specialistica, dottorato di ricerca e/o specializzazione ad alto livello; l’accesso alla qualifica avviene per concorso pubblico per partecipare al quale occorre laurea e dottorato (oppure specializzazione post laurea) in analogia ai dirigenti sanitari del SSN. Il personale in esame riveste inoltre un elevato profilo gestionale di settori o gruppi di lavoro, vista anche l’età media ormai avanzata e quindi l’elevata anzianità media di servizio negli Enti di ricerca vigilati dai vari Ministeri. L’età media dei ricercatori e dei tecnologi degli Enti di ricerca italiani risulta infatti compresa tra i 45 ed 50 anni, con punte ancora più elevate a volte (53 anni medi) in alcuni casi. Con il Contratto Nazionale del 5 marzo 1998, contratto nel quale i ricercatori ed i tecnologi avevano qualifica dirigenziale, si riuscirono a consolidare una serie di Diritti, specifici per i ricercatori ed i tecnologi, e vennero gettate le basi per una dirigenza tecnica cui però non fu più dato seguito. Infatti, a seguito del CCNQ 7 agosto 1998, i successivi contratti sono stati contratti di comparto e non più di area dirigenziale. Ai ricercatori e tecnologi degli Enti di ricerca, quindi, è stata surrettiziamente sottratta la qualifica dirigenziale e sono oggi schiacciati nel contratto collettivo nazionale di lavoro del personale del comparto, mentre invece potrebbero benissimo essere reinseriti in uno specifico settore di dirigenza tecnica. Questa situazione infatti, a suo tempo determinata da una volontà di altri sindacati, resta in contrasto non solo con la logica della elevata qualificazione e delle direttive europee ma con lo stesso, già citato, D.lgs 165/01 che prevede in modo esplicito che il personale apicale della ricerca deve avere una collocazione dirigenziale (comma 2 dell’art.15 rimasto invariato sin dalla prima stesura del D.lgs 29/93). Tutto ciò si accorderebbe, tra l’altro, anche con quanto attualmente previsto nella Raccomandazione 2005/251/CE che riguarda la Carta Europea dei Ricercatori ed il Codice di Condotta per le assunzioni, che è stata sottoscritta dalla quasi totalità degli Enti pubblici italiani, ma poi mai applicata. A tale proposito si auspica che il prossimo governo possa rendere obbligatorio per ciascun Ente l’attuazione di un apposito Osservatorio sulla attuazione della Carta Europea dei Ricercatori, i cui dati dovrebbero essere rilevati annualmente e, possibilmente, attraverso il Dipartimento della Funzione Pubblica.
2) Accesso ai ruoli della ricerca e precariato nella ricerca pubblica. Il precariato della ricerca pubblica è un settore a parte che si differenzia da quelli, sicuramente storici ed importanti, della scuola e della sanità, per situazioni e quadro normativo, ma che parimenti ne ha assunto in questi ultimi anni, per numero e diffusione, le medesime caratteristiche di drammaticità sociale. Da numerosi anni infatti e forme contrattuali atipiche sono divenute diffusissime negli Enti Pubblici di ricerca: dottorato di ricerca, assegno di ricerca, borsa di studio, contratto di collaborazione coordinata e continuativa, in genere legato a progetto, contratto d’opera, contratto a tempo determinato con profilo del comparto ricerca, sono le principali forme, se pure con caratteristiche del tutto diverse (alcune formative ed 2 Coordinamento Sindacale Enti di Ricerca Casella Postale 5571 Via Canosa di Puglia, 3 – 00177 Roma – fax e casella voc. 1782245610 www.saur-cer.org -
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altre più specificatamente di ricerca), dietro cui si nasconde oggi il precariato negli Enti. L’annosa problematica della carenza di personale tecnico–scientifico qualificato, che raramente viene assunto dagli Enti, e la sempre maggiore necessità da parte dei giovani di qualificarsi a livello professionale per accedere ai rarissimi concorsi per ricercatori e tecnologi, spingono giovani laureati, sovente formatisi anche nel periodo della tesi presso un Ente pubblico di ricerca, ad operare presso gli Enti stessi anche per molti anni con un contratto di lavoro flessibile e spesso di varia tipologia. Presso gli Enti (CNR, CRA, ISTAT, INGV, ISFN, INRAN, INEA, Istituto Superiore di Sanità etc.) vigilati da uno o più Ministeri (MIUR, MIPAAF, ecc.) le forme contrattuali citate dovrebbero, in base alle vigenti normative, essere utilizzate o a scopo formativo oppure a scopo collaborativo, ma sempre in via del tutto temporanea ed occasionale. In realtà, nonostante che numerose siano state le iniziative legislative degli ultimi anni al fine di ridurlo o quanto meno di regolamentarlo, il personale precario negli Enti del comparto ricerca, escludendo naturalmente quello Universitario, è arrivato sicuramente a superare le 6000 unità ed attualmente è in crescita, come è possibile verificare direttamente sui siti degli Enti stessi in base ai risultati dei bandi di selezione che quotidianamente di giorno in giorno vengono pubblicati. Si è dunque venuta a creare una vera e propria fascia di personale che, pur essendo precario, è ormai stabilmente in attività presso le strutture e, passando da un contratto all’altro con grande facilità, viene utilizzato spesso, purtroppo, anche per coprire l’attività ordinaria di ricerca, pur se sotto-inquadrandolo rispetto alla sua qualificazione professionale. Ma sarebbe lecito chiedersi come ciò possa avvenire, dal momento che da alcuni anni vige una norma che vieta (art. 4 D.L.vo n. 368/2001) che la durata complessiva del contratto per il personale con contratto a tempo determinato possa superare per un medesimo luogo di lavoro il periodo di tre anni. Questa barriera normativa in realtà non ha arginato per nulla il fenomeno del precariato, ma ha creato anzi una sorta di migrazione continuativa del personale precario (spesso dotato di laurea e specializzazione post-laurea) da una sede all’altra o da un Ente all’altro. Ha poi paradossalmente contribuito nel tempo a creare altro precariato ex-novo ed anche a far allontanare molti giovani già formati dal settore della ricerca! Va poi considerato che esiste anche una fascia di precariato al femminile (precariato di genere), che dopo molti anni di attività lascia non solo la ricerca, ma anche la stessa attività lavorativa in generale e va detto che tali casi rappresentano ormai una percentuale sempre più elevata, creando un vero e proprio problema di natura sociale. E’ evidente che, data la vastità del fenomeno, vi andrebbe indubbiamente posto un freno rientrando nella legalità e che le due sole tornate di stabilizzazioni negli Enti (in alcuni Enti se ne è effettuata solo una) avvenute tra il 2008 ed il 2010, hanno appena scalfito il problema che sta assumendo ed assumerà, senza un valido intervento normativo, dimensioni sempre più considerevoli, pensando anche all’attuale scarsità di offerta lavorativa a causa della crisi economica sia nel settore pubblico che in quello privato per i giovani laureati e specializzati nelle materie scientifiche. Non ci si stupisca dunque se il livello della produttività della ricerca italiana pubblica è oggi in netto declino rispetto a quella europea e non solo per la mancanza di fondi!
3 Coordinamento Sindacale Enti di Ricerca Casella Postale 5571 Via Canosa di Puglia, 3 – 00177 Roma – fax e casella voc. 1782245610 www.saur-cer.org -
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Come affrontare il problema? Si individuano in sintesi una serie di interventi possibili: a) Semplificazione dell’attuale normativa sul precariato per recuperare la massima differenziazione tra contratto di lavoro subordinato e contratti flessibili di collaborazione o di formazione. Questi ultimi dovrebbero infatti riprendere la loro connotazione di formazione (si pensi allo strumento dell’apprendistato) e quindi dovrebbero essere aperti anche a personale diplomato, pur se con elevatissima qualificazione nel proprio settore, onde riaprire anche la corretta assunzione di personale tecnico-specializzato che è di supporto alla ricerca. b) Obbligo di assunzione, con cadenza periodica (almeno annuale), tramite Bandi per prove selettive di un numero minimo di personale di alta qualificazione tecnicoscientifica e di comprovata qualificazione, ciò andrà previsto in appositi ed obbligatori Piani assunzionali di Ente da varare con cadenza triennale per almeno due tornate, costituendo così una sorta di stabilizzazione periodica. c) Istituzione presso tutti gli Enti di un Albo specialistico per ricercatori e tecnologi dedicato a personale che abbia prestato attività (subordinata o meno) con contratto flessibile di ricerca, attività comprovata e per un periodo si almeno quattro anni presso una delle strutture dell’Ente. L’iscrizione è titolo preferenziale per la partecipazione ai bandi di cui al punto b). d) Si auspica inoltre, così come indica anche la Commissione Europea in recenti documenti, che si possa in futuro recuperare una forma di speciale collocamento per l’avviamento dei giovani al lavoro e che si possano dunque anche studiare speciali forme per il collocamento dei giovani più meritevoli nella ricerca. L’insieme di quanto sopra illustrato potrebbe condurre senza meno ad una moralizzazione nella gestione del precariato, regolandolo ed impedendo sia una sua ulteriore proliferazione selvaggia, sia la perdita irrimediabile di personale altamente qualificato anche attraverso la ben nota “fuga di cervelli” all’estero. Si realizzerebbe inoltre, anche se indirettamente, anche un notevole risparmio di fondi, dal momento che, a breve, quella dei contratti flessibili rappresenterà una delle principali spese nella pubblica amministrazione vista la sua attuale entità. Basti pensare ad esempio che la maggior parte del precariato nella ricerca grava attualmente su progetti che sono solo in piccola parte di natura comunitaria o privata e che invece vengono finanziati per la maggior parte dai Ministeri vigilanti, andando così a pesare direttamente sul bilancio dello Stato. Inoltre, la spesa per il personale anche non di ruolo rappresenta, spesso, una parte non indifferente del budget di tali progetti.
3) Partenariato economico e sociale e ricerca pubblica. Si sta per aprire la Programmazione comunitaria 2014-2020 e, a tal proposito è stato già resa pubblico negli ultimi mesi dello scorso anno il “Position Paper” relativo alla Programmazione 2014-2020 della Commissione Europea. 4 Coordinamento Sindacale Enti di Ricerca Casella Postale 5571 Via Canosa di Puglia, 3 – 00177 Roma – fax e casella voc. 1782245610 www.saur-cer.org -
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Questo documento stabilisce le priorità per la predisposizione dell’Accordo di partenariato e dei programmi operativi finanziati con risorse dell’Unione europea per l’attuazione del Quadro Strategico Comune (QSC), dove verranno individuati i nuovi criteri per l’utilizzo dei Fondi europei. Questa nuova fase della Programmazione segue le attività del Quadro Strategico Nazionale 2007-2013 e si collega anche alla Programmazione della ricerca comunitaria Horizon 2020, il nuovo programma Quadro della Commissione Europea per ricerca ed innovazione. Il ruolo che il Partenariato economico e sociale (di cui la CONFEDIR fa parte) avrà nella nuova fase di programmazione potrà essere fondamentale, in questo particolare periodi di crisi, per rilanciare crescita sostenibile e competitività nazionale non solo nel settore privato, ma anche nella ricerca pubblica. Restano infatti da raggiungere obiettivi ambiziosi a livello europeo, non solo per l’economia, ma anche per il settore della ricerca che spesso rappresenta la fonte principale per il rilancio dell’innovazione soprattutto in alcune zone del nostro paese.
Auspicando che i temi indicati possano essere di interesse per le importanti attività svolte dalla Confedir in questo momento, si inviano i più cordiali saluti.
Roma, 21 gennaio 2013
Cinzia Morgia Coordinatore Nazionale CSER
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