inchiesta l’amore
Q
uesta cover story non parla di economia o di finanza. O forse sì. L’amore forse non “vincit omnia”, come diceva Virgilio, e nemmeno “move il sole e l’altre stelle”, come nella frase che chiude la Divina Commedia. Sicuramente però l’amore porta le persone ad aggregarsi e a creare istituzioni sociali: coppie, famiglie, matrimonio, genitorialità. Per questo Ticino Management ha deciso di dedicare una lunga inchiesta non tanto all’amore inteso come sentimento, come sensualità e nemmeno come forza eversiva e distruttrice, ma all’amore che costruisce. Oggi fingiamo tutti che sia l’economia, il libero gioco delle forze di mercato a muovere tutto. E chiamiamo questo ‘realismo’, ‘concretezza’. Dimentichiamo così che i nostri clienti o i nostri collaboratori non si sentono tali ma bensì madri, figli, padri, compagni e prendono su questa base le loro decisioni. Chi lo ha capito ha ‘sfondato’ sul mercato. Possiamo sorridere sullo stereotipo della ‘famiglia del Mulino bianco’, ma Barilla è diventato un brand quando ha smesso di pubblicizzare le qualità intrinseche dei suoi prodotti e ha messo l’accento sul fatto che questi sono consumati in famiglia. Facciamo un esempio ‘di casa’. Molti invidiano e trovano inspiegabile il successo di alcuni gestori esterni e consulenti, capaci di attirare e mantenere la clientela privata migliore anche senza offrire prodotti e servizi di alto livello. Qual è il loro segreto? La loro capacità di mantenere in primo piano la dimensione affettiva e familiare del loro cliente e di legare a questa le proposte di investimento e la relazione nel suo complesso. Non c’è successo duraturo in economia e in finanza al di fuori di una comprensione delle forze che istituiscono e modificano incessantemente la società. E queste forze hanno cambiato direzione radicalmente negli ultimi trent’anni. L’amore forse è rimasto lo stesso, ma le sue possibilità di costruire, di trasformarsi in ‘mattoni’ sono mutate in una pluralità di scelte e quindi in un moltiplicarsi di conseguenze anche economiche.
Valerio De Giorgi
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Come cambia e cosa cambia
È cambiato radicalmente in pochi anni sia il modo di voler bene al partner e ai figli, sia le istituzioni che su questo sentimento si fondano. Matrimonio e genitorialità sono più spesso voci di un menù che non tappe di un percorso in parte già fissato. Ci sono esigenze più forti di autorealizzazione e di felicità, le scelte sono più numerose e reversibili. E in tutto questo però la famiglia rimane, anzi è sempre più l’agenzia sociale per eccellenza, l'unica capace di redistribuire risorse e affetti.
C
ome è cambiato l’amore in Svizzera negli ultimi decenni? O meglio, cosa ha cambiato nel nostro modo di vivere l’evoluzione radicale nelle forme di convivenza che si è determinata dagli anni ‘60 ad oggi? La risposta corretta è ‘tutto’ o ‘quasi tutto’. Fino a cinquanta anni fa la gran parte delle coppie e delle famiglie rispondeva a un ‘mandato sociale’. La strada era tracciata: uscita dall’adolescenza, primo lavoro, matrimonio e figli. Qualcosa poteva andare storto, certo e non
mancavano celibi e nubili ‘a vita’, coppie senza figli, qualche divorzio. Ma erano situazioni considerate residuali. A partire dal 1965 - questa la data individuata dai sociologi italiani che hanno meglio studiato l’argomento - i modi in cui le famiglie si formano, si trasformano e si dividono sono profondamente cambiati: • il tasso di nuzialità (il numero di matrimoni celebrati ogni anno sul totale della popolazione) ha subìto una forte flessione;
di Marzio Molinari e Alberto Pattono
L’amore per il partner Nell’era della individualizzazione la creazione di coppie e famiglie rientra in un progetto di vita che oscilla tra la dimensione dell’ ‘io’ e quella del ‘noi’. Convivenze Il modello nord europeo e anglosassone da noi non ha sfondato. La convivenza non è vista come modello alternativo al matrimonio, ma come fase di passaggio.
l’amore
Convivenze con figli Aumentano i figli nati in coppie non sposate, ma più spesso la nascita catalizza il passaggio dall’unione di fatto al matrimonio. Matrimoni Ci si sposa sempre più tardi, un po’ per scelta e incertezza, un po’ per la difficoltà di impostare dei progetti di lungo termine. Divorzi Il rischio di divorzio in una coppia è oggi intorno al 50%. E nonostante i ‘rodaggi’ che lo precedono, il rischio maggiore si concentra nei primi anni di matrimonio. L’amore per i figli ‘I figli ci guardano’, recitava il titolo di un vecchio film. E cosa vedono? Come è cambiato l’amore dei genitori verso i figli? Famiglie ricostituite Le seconde nozze, che Samuel Johnson definì tre secoli or sono ‘il trionfo della speranza sull’esperienza’, sono sempre più frequenti. Fecondità I figli sono pochi, sempre meno se escludiamo la componente immigrata della popolazione. E vengono messi al mondo da madri sempre più anziane.
• l’età del matrimonio degli uomini e delle donne si è elevata; • è aumentata la quota di persone celibi e nubili; • è cresciuto il numero di giovani adulti che vivono soli; • è aumentata la quota di persone che trascorrono un certo periodo di tempo in convivenza more uxorio (che vivono come sposi senza essere uniti da matrimonio); • la permanenza dei giovani nella famiglia di origine si è prolungata; • è cresciuta la proporzione di matrimoni che terminano con un divorzio; • aumentano le famiglie di single e le famiglie nucleari incomplete costituite perlopiù da madri e figli; • nascono le famiglie ricostituite nate dai divorzi e dalle seconde nozze e le famiglie ‘allargate’; • il numero di figli per donna si è più che dimezzato e l’età al primo parto si è spostata di diversi anni fino a coinci-
Composizione della famiglia Un secolo fa la famiglia media aveva oltre quattro componenti. Oggi poco più di due. Si fa strada il modello ‘figlio unico’: con quali conseguenze? Monoparentali Una famiglia su sei in Ticino è composta da un solo genitore con figlio o figli. E in questi nuclei è più facile vedere l’evoluzione dei rapporti fra le generazioni. La famiglia lunga L’adolescenza non termina più con l’uscita dei figli dalla famiglia. La permanenza dei giovani in casa è davvero solo una mancata assunzione di responsabilità? Il ruolo dello Stato La polverizzazione delle forme familiari richiede allo Stato una presenza articolata, attenta ai rischi che possono sorgere ma rispettosa della dimensione privata dei conflitti. dere con i limiti biologici. Ciascun aspetto del cambiamento ha la sua motivazione, tuttavia si può estrarre un principio comune che potremmo definire il ‘big bang’ della famiglia. Come nel modello astrofisico, elementi che prima facevano parte di un unico nucleo ‘denso’ sono esplosi prendendo ciascuno una sua traiettoria. Sessualità, matrimonio e procreazione fino agli anni ‘60
erano contestuali (o forse non lo erano, ma si fingeva che lo fossero). Tempi e attori coincidevano. Cosa è successo dopo? Prima di tutto è divenuto possibile e socialmente accettabile pianificare le nascite. Poi si è accettata una sessualità indipendente dal matrimonio. Da ultimo anche la procreazione è divenuta una scelta, una possibilità del matrimonio e non la sua immediata conseguenza. •Marzo 2010• 27
inchiesta l’amore per il partner
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scire dalla famiglia, trovare un partner, sposarsi e fare dei figli sono divenute delle scelte. Non più tappe della propria traiettoria di vita, ma voci di un menù. La biografia individuale è il centro e le relazioni che l’io stabilisce ne sono le eventuali ramificazioni. Questa l’immagine dipinta da buona parte della sociologia contemporanea e non casualmente dai media, soprattutto di derivazione anglosassone. Questo processo di individualizzazione in parte è esistito ed esiste nei fatti, e forse era stato posto troppo sullo sfondo dai modelli sociali del passato, che privilegiavano l’istituzione rispetto all’individuo. La visione attuale è però almeno altrettanto parziale, «perché la vita quotidiana è intessuta di relazioni che costituiscono l’individuo, non solo di spazi in cui l’io si esprime», sottolinea Giovanna Rossi, docente di Sociologia all’Università Cattolica di
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Io, io e l’altro Da progetto di vita o traiettoria in parte già disegnata, la biografia individuale è vissuta oggi come un menù di scelte reversibili ma cariche di attese. Milano e segretaria del Centro Studi e Ricerche sulla Famiglia. Il modello che pone l’io al centro ha il merito di essere coerente con una perdita di fiducia verso tutte le istituzioni sociali e all’interno di queste propone una devalorizzazione di tutte le relazioni non reversibili, in linea con la fase di liberismo radicale che si è manifestata dagli anni ‘80 in poi. Alle relazioni preferiamo le ‘transazioni’, che valgono nell’istante in cui avvengono. Questo vale nel mondo del lavoro, vale nell’economia e vale anche
nel mondo degli affetti e dei sentimenti. Questo non significa però disinteresse per la relazione, che è al contrario caricata di attese. «Nella cultura attuale rileviamo, è vero, la fragilità del patto coniugale, ma allo stesso tempo un deciso incremento delle attese di intimità e di condivisione relative al rapporto di coppia», sottolinea Giovanna Rossi. Per la ‘me generation’, edonistica e attenta all’espressività, cercare un partner, sposarsi e fare dei figli sono divenute scelte come altre, ma proprio per questo piene di significati.
inchiesta convivenze
Prima, non invece A sud delle Alpi la convivenza non ha sostituito il matrimonio, che rimane il modello di riferimento. Si vive in coppia prima di sposarsi o dopo un divorzio.
«T
utte le istituzioni sociali hanno perso e stanno perdendo status: in questo processo però il matrimonio, seppure in forma diversa, sembra ‘reggere’», afferma Giovanna Rossi, docente di Sociologia della Famiglia all’Università Cattolica di Milano, «non è stato ‘sostituito’, almeno in Italia, dalla libera
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convivenza o unione di fatto, che quando esiste costituisce più spesso una transizione verso il matrimonio - primo o secondo - che non un modello alternativo al matrimonio». In effetti la coppia di fatto, o convivenza more uxorio, non sfonda a sud delle Alpi. In Italia le convivenze erano 192 mila nel 1983, 237 mila nel 1995.
Nel 2001 si stimava che solo il 4% delle coppie non fossero coniugate. Se si parla di ‘convivenze’ il pensiero va subito a tre tipologie di coppia: la cosiddetta ‘convivenza-cor teggiamento’, spesso mal registrata dalle statistiche, nella quale un partner, generalmente una femmina, va a vivere a casa di un maschio single; la convivenza ‘convinta’ di una coppia che decide semplicemente di non ufficializzare il suo rapporto perché non vuole farlo o perché non può farlo (come nel caso delle coppie omosessuali in Italia); la convivenza ‘rodaggio’, che precede già nelle intenzioni dei partner un matrimonio. Le convivenze-corteggiamento, per quanto pubblicizzate dai film e dai serial di produzione americana e inglese, sono statisticamente rare, perché non è poi così alto in Italia e in Ticino il numero di giovani che vivono da soli. Le convivenze convinte esistono ma sono una minoranza. Nemmeno la convi-
In Italia solo un quinto delle convivenze unisce due persone che non sono mai state sposate. Spesso la coppia di fatto è la fase di transizione fra un matrimonio e l’altro.
venza ‘classica’ dei due giovani nubili e celibi è così frequente. In Svezia il 90% delle coppie che si sposano provengono da una convivenza, in Regno Unito, Olanda e Austria, come del resto negli Usa, dal 50% al 60%. In Italia, come in Spagna e in Ticino, le coppie di fatto, soprattutto con figli, sono meno numerose. In Italia solo il 21% delle convivenze unisce un nubile e una celibe.
Nel 30% dei casi la convivenza avviene fra una nubile e un uomo proveniente da un divorzio. Nel 30% dei casi anche la donna (o più raramente solo la donna) è divorziata. Non dimentichiamo poi le convivenze more uxorio fra una vedova e un uomo divorziato, celibe o vedovo. La convivenza appare quindi, almeno in Italia, più una forma ‘residuale’, se non temporanea, che una vera alternativa al matrimonio o una sua ‘preparazione’. Visto il boom delle seconde nozze possiamo parlare di una convivenza ‘intermedia’ fra un primo e un secondo matrimonio dovuta a motivi legali (l’intervallo minimo previsto dalla legge tra la separazione e la sentenza di divorzio), al timore di perdere il con-
tributo economico dell’ex coniuge, alla ritrosia nei confronti di un nuovo impegno fisso, o allo status ancora poco riconosciuto delle ‘seconde nozze’. Lo stesso vale per le donne vedove, che preferiscono non sposarsi per una sorta di fedeltà o perché nell’immaginario l’età anziana non coincide con il matrimonio. Donne e uomini che vivono in convivenza, chiarisce l’indagine Istat sulle famiglie italiane, hanno un più alto status sociale e culturale e sono sovrarappresentati nei grandi centri urbani: appartengono insomma agli strati sociali che generalmente anticipano i cambiamenti (hanno guidato la tendenza alla famiglia ‘piccola’, al matrimonio tardivo, al divorzio e alla procreazione assistita). Questa tendenza alla convivenza senza matrimonio è rallentata da limiti pratici, come il costo di case e affitti, ma anche da contesti culturali. In Veneto, una società avanzata economicamente ma più legata a modelli tradizionali per quel che riguarda la famiglia, la percentuale di convivenze è pari a quella della Sicilia.
inchiesta convivenze con figli
Benedetti dai figli Spesso è la nascita di un figlio l’occasione per fare o rifare il ‘passo’, anche se il diritto di famiglia garantisce eguale trattamento ai bambini nati dentro o fuori dal matrimonio.
I
n Italia nel 1995 solo l’8% dei figli nasceva all’interno di una coppia non sposata; nel 2006 la percentuale era raddoppiata al 16,7%. Il fenomeno presenta uno spiccato gradiente territoriale, con valori decrescenti man mano che si procede da Nord verso Sud. L’incremento più consistente negli ultimi anni si è verificato al Nord, dove i nati da genitori non coniugati arrivano a superare il 20%. Il dato svizzero non è molto diverso. L’Italia è semplicemente ‘in ritardo’:
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la percentuale dell’8% caratterizzava l’Europa del 1970. In 20 anni è raddoppiata al 15% (dato medio europeo) e per il 2010 possiamo attenderci un altro raddoppio al 30%, visto che il dato del 2008 era del 28%. In Svezia, Regno Unito e Francia si parla del 40%, mentre nel Sud e nell’Est dell’Europa la percentuale di figli nati da donne non sposate è più vicina al 20-25%. Come bisogna leggere questo dato? Non parliamo certo di ragazze madri, almeno per quel che riguarda Italia e
bino crescere in una famiglia di partner non sposati. L’equiparazione garantita dal diritto di famiglia rende difficile trovare conferme statistiche di questa ipotesi, secondo la quale può essere anche vero che un bambino su cinque in Italia ‘nasce’ da genitori non sposati, ma solo una parte di questi ‘cresce’ allevato da una coppia non sposata. «La scelta matrimoniale nella realtà italiana continua generalmente a precedere la maternità/paternità», nota Giovanna Rossi, docente di Sociologia della Famiglia all’Università Cattolica
Aumenta il numero di coppie con figli che si uniscono in matrimonio civile o religioso. Ticino: il fenomeno - significativo negli Usa - è molto limitato. Nella stragrande maggioranza di casi il figlio è concepito in una coppia preparata o comunque intenzionata ad accoglierlo e a crescerlo. In altri tempi una crescita forte nel numero di figli ‘illegittimi’, come erano chiamati una volta, avrebbe allertato le istituzioni. Oggi - con una probabilità di divorzio per le nuove coppie intorno al 50% - nascere da genitori non sposati non rappresenta per il futuro del bambino un rischio particolare di abbandono. Inoltre tutti i Paesi europei hanno aggiornato il loro diritto di famiglia attribuendo al figlio nato fuori dalla coppia tutti i diritti degli altri figli. C’è poi un’altra considerazione da fare. Probabilmente nascere da una coppia non sposata non significa per il bam-
«Si nota spesso come la nascita del bambino rappresenta l’elemento catalizzatore del passaggio da una convivenza al matrimonio» Giovanna Rossi, docente di Sociologia della famiglia all’Università Cattolica di Milano
di Milano, «ma si nota spesso come la nascita del bambino rappresenti l’elemento catalizzatore del passaggio da una convivenza al matrimonio». Si vedono coppie che decidono di ‘regolarizzare’ la loro posizione o durante la gravidanza o nei primi anni seguenti. «Si potrebbe affermare che il bambino ‘istituisce’ la famiglia», afferma la Rossi. Una scelta comprensibile, perché in un mondo «in cui le altre scelte sono viste come reversibili, la genitorialità non lo è, non può essere cancellata. Il bambino diviene quindi l’asse indissolubile della coppia».
inchiesta matrimoni
Domani sposi Sposi sempre più anziani davanti all’altare o in municipio, maschi e femmine rimandano il matrimonio. Le cause? Periodi di studio più lunghi, centralità della carriera, difficoltà di programmare.
A
more e matrimonio coincidono relativamente da poco tempo. La famiglia coniugale basata sull’amore nasce nel XVIII secolo e rimane per tutto il secolo seguente la fortunata eccezione. Nei secoli precedenti il matrimonio era frutto di calcoli e ragionamenti da par te delle famiglie. L’amore se c’era arrivava dopo o più spesso seguiva strade parallele. Le letterature italiane, inglesi, francesi iniziano solo nel tardo ‘700 a proporre il matrimonio come conseguenza della passione. Esistevano, è vero, le eccezioni, ma queste portavano spesso a matrimoni precoci. L’età al matrimonio è andata progressivamente aumentando in tutti i Paesi europei. In Italia nel 1972 l’età media de-
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gli sposi al primo matrimonio era di 27 anni per i maschi e 24 per le femmine. Nel 2006 era aumentata di 5-6 anni: 32 anni per i maschi, 30 per le femmine. In Svizzera i dati dell’ufficio federale di statistica segnano un incremento analogo. Guardando la tabella si vede come nel 1975 il 70% dei maschi e l’82% delle femmine si sposava entro i 29 anni. Nel 2008 la percentuale si è perlomeno dimezzata, scendendo al 27% dei maschi e al 42% delle femmine Nella fascia di età sotto i 25 anni la quota di femmine e maschi sposati si è divisa per quattro, scendendo dal 56% al 15% e rispettivamente dal 30% al 7%. Ci sono diverse letture di questo fenomeno. Una rigorosamente economicista parte dalla constatazione che - in
un contesto in cui le donne hanno raggiunto una relativa parità di reddito e la possibilità di fare carriera - c’è minore interesse da parte della donna a sposarsi per motivi economici e minore interesse dell’uomo a sposare una donna che comunque dovrà delegare in parte a terzi i tradizionali ruoli ‘casalinghi’. Assai poco romantica, la teoria ha il merito di spiegare come mai il fenomeno sia più marcato nelle aree dove la parità fra redditi da lavoro e la possibilità di carriera è quasi raggiunta (nord Europa e in parte nord Italia), mentre è meno visibile nelle zone dove - seppure con un buon titolo di studio - le donne non hanno redditi di lavoro importanti, come nel sud Italia. La quota maggiore di convivenze e il ritardo nel contrarre matrimonio spiega la forte riduzione nel numero di matrimoni. In Italia sono dimezzati, dai 420 mila all’anno degli anni ‘70 ai 250 mila del 2003. Il trend sembra essersi invertito negli ultimi anni, ma in questa ripresa contano molto le seconde nozze (il 12% del totale in Italia) e le nozze nelle quali almeno uno dei due è straniero. Principi e cenerentole si sposano sono nelle fiabe: in Italia il 60% dei part-
Non ho l'età Età delle donne svizzere al matrimonio (non solo il primo)
Età dei maschi svizzeri al matrimonio (non solo il primo)
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68,0% 50,5% 50
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ner ha lo stesso livello di istruzione. Solo nel 2% dei casi un laureato sposa una donna con la licenza media o viceversa. Il detto “mogli e buoi dei paesi tuoi” vale ancora: circa l’80% delle unioni ri-
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guarda sposi residenti nella stessa regione (anzi il dato è in aumento: era più basso negli anni ‘60, quando le migrazioni interne erano più massicce). Quanto ai matrimoni misti, sono spesso se-
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condi matrimoni, nel 36% dei casi se lo sposo è italiano e la sposa straniera. Ma in questo dato vanno inseriti matrimoni dettati più dal desiderio di una regolarizzazione che non dall’amore.
inchiesta divorzi
Uno su due La probabilità che un matrimonio finisca in un divorzio si aggira intorno al 50% e aumenta sia fra i giovani trentenni sia fra gli anziani con alle spalle decenni di vita in comune.
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li auguri agli sposi sono rivolti di cuore, così come le dichiarazioni reciproche che declinano in mille modi la parola ‘per sempre’. Ma quante probabilità ha una coppia di divorziare? La risposta viene dalla statistica e precisamente dall’indicatore sintetico (o congiunturale) di di-
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vorzialità. In Svizzera è stato a lungo basso: ancora nel 1970 era pari al 13%. Nel 2008 ha raggiunto il 48% e in Ticino è addirittura del 54%. Un dato enorme, più alto della media europea (il dato continentale più recente, quello del 2006, parla di una possibilità su tre) ma vicino alla situazio-
ne di Austria, Belgio e Paesi scandinavi. Il record europeo appartiene al Liechtenstein, con un indice di divorzialità del 55%, mentre in Italia, seppure in crescita, la probabilità che un matrimonio termini con un divorzio è del 2025%. Raddoppio ogni venti anni. L’indicatore guarda al futuro e indica una probabilità. Guardiamo invece i dati storici. Nel 2008 sono stati ufficializzati in Svizzera 19.600 divorzi, quasi 400 alla settimana. I divorziati in Svizzera nello stesso anno rappresentavano ‘solo’ il 7,03% della popolazione. La progressione però è netta: i divorzi ufficializzati in Svizzera erano 6.400 nel 1970, sono raddoppiati a 13.200 nel 1990 e
prezzato nel suo compagno qualità come l’imprevedibilità, la fantasia, l’apertura a quel che avviene all’esterno, cambia i suoi valori e le sue priorità e si attende da lui presenza, affidabilità, continuità. Una attesa che non sempre è soddisfatta». Sono affermazioni interessanti, ma la statistica ci dice anche qualcosa di diverso: se si analizzano i divorzi in Ticino su un periodo decennale (1998-2007) si nota che in ciascun anno il fenomeno ha riguardato maggiormente coppie senza figli rispetto a quelle con figli. E la massima frequenza di divorzi si riscontra nei primi anni di matrimonio. «La crisi non arriva più al ‘famoso’ settimo anno, ma prima: in base alla mia esperienza professionale diretta direi che è il quinto anno quello più a rischio, assieme ad un’età dei coniugi compresa tra i 30 e i 40 anni», nota l’avvocato Alberto F. Forni, specializzato in diritto di famiglia e in particolare in diritto del divorzio. Si osserva anche un numero crescente di coppie che divorzia dopo lunghi anni di vita in comune, ragion per cui la media è in aumento (nel 2008 in Svizzera era pari a 14,6 anni). Le coppie che divorziano dopo 30 anni di matrimonio sono oggi il 7,7% di tutti i divorzi pronunciati, rispetto al 3% del 1970. «Questo conferma», nota l’avvocato Forni, «la mia sensazione che la forte crescita del tasso di divorzio possa essere spiegata in gran parte con il venir meno di un certo Probabilità che un matrimonio controllo sociale, che termini con un divorzio in Svizzera rende il divorzio stesso più ‘accettabile’». 48,4 Divorziati attem50 pati a parte, emerge che il divorzio colpi40 sce la coppia anche 33,2 prima della nascita dei figli. E non sem27,3 30 pre lo si può attri25,6 buire alla difficoltà di
probabilmente il dato 2010 non sarà lontano da un altro raddoppio. Allo stesso modo se nel 1970 i divorziati rappresentavano l’1,9% della popolazione, ora sono quadruplicati. Perché si divorzia sempre di più? Ovviamente la storia di ogni coppia è diversa dall’altra e in qualche modo le si fa violenza ascrivendola a tendenze di ordine generale. Qualche spiegazione però la si può tracciare. Secondo Sandra Killer, coordinatrice dell’Associazione Ticinese Famiglie Monoparentali e Ricostituite, «dietro molti divorzi c’è la difficoltà di conciliare lavoro e famiglia, ma anche non-lavoro e famiglia. Rispetto al passato è vero che la donna ha guadagnato un ruolo nel mondo del lavoro, ma è anche vero che ha perso il riconoscimento sociale del suo ruolo in casa. Quindi esiste il classico problema dell’equilibrio fra la casa e la carriera ma anche - e questo è specifico della donna - una questione di riconoscimento sociale e nella famiglia che non è più ‘automatico’. Se lavoro ho l’indipendenza, ho potere in casa. Se non lavoro devo sperare che il mio compagno riconosca il lavoro che faccio, che apprezzi il mio impegno educativo e casalingo». Una seconda spiegazione proposta da Sandra Killer è che «con la nascita dei figli la donna, che pure aveva ap-
Testa o croce?
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L’indicatore congiunturale di divorzialità esprime il rischio che una coppia ha di divorziare. Relativamente stabile negli anni ‘70, ‘80 e ‘90, è quasi raddoppiato con il nuovo secolo fino a sfiorare il 50%.
«La crisi non arriva più al ‘famoso’ settimo anno, ma prima: in base alla mia esperienza professionale diretta direi che è il quinto anno quello più a rischio» Alberto F. Forni, avvocato condividere un tetto. Anzi, è singolare che nei Paesi scandinavi, dove il matrimonio è preceduto quasi sempre da un periodo di convivenza e spesso di procreazione, il tasso di divorzi non è più basso, come si potrebbe pensare, ma più alto. In realtà divorzi e ‘non matrimoni’ sono due espressioni del medesimo insieme di cause: da una parte un forte carico di attese nei confronti della relazione, dalla quale ci si attende un alto livello di gratificazione, dall’altra lo spazio minore destinato al ‘polo etico’ dell’impegno e della responsabilità. La famiglia è divenuta più fragile anche perché l’affermarsi di valori libertari e antiautoritari ha minato i meccanismi interni di gestione (o repressione) del conflitto ed enfatizzato l’importanza della autonomia individuale, dell’autoespressione e della qualità della vita. È interessante notare che questa esigenza è sentita tanto dai maschi •Marzo 2010• 37
Persone divorziate in Ticino
17.093 (5,57%)
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- che pure avendo in generale un reddito maggiore potrebbero, diciamo così, ‘permetterselo’ - che dalle femmine, anzi maggiormente da queste ultime. «Sono molto più spesso le donne a prendere l’iniziativa per divorziare: vi sono situazioni famigliari in cui l’amore non esiste più e al marito va bene così, mentre la donna sente l’esigenza di intervenire in qualche modo. Vi sono anche casi in cui ci si rivolge all’avvocato sottoponendogli i problemi della coppia e un aiuto per non separarsi o divorziare: ovviamente in quei casi indirizzo i coniugi verso un consultorio famigliare, struttura di cui diverse coppie ignorano l’esistenza. Constato però che se qualcuno si rivolge prima all’avvocato e poi va al consultorio, spesso torna dall’avvocato: in fondo la scelta iniziale, forse anche inconsapevolmente, è piuttosto indicativa», nota l’avvocato Forni. «Si divorzia con più facilità, è vero; non si è più disposti a fare sacrifici come un tempo per la famiglia, o forse per la sua immagine verso gli altri», riassume l’avvocato Forni, che esclude però che la maggiore divorzialità «dipenda dai cambiamenti legislativi introdotti; anzi, in certi casi, in particolare quando entrambi i coniugi erano d’accordo,
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con la vecchia legislazione in vigore in Svizzera fino al 1999 era quasi più facile divorziare: nel nuovo diritto è stato inserito il principio per cui questa decisione deve essere presa per libera scelta, dopo attenta e matura riflessione e senza pressioni di terzi, e si sono allungati i tempi, anche per il fatto che i figli di coppie che hanno compiuto 6 anni di età devono essere obbligatoriamente ascoltati dal giudice o da una persona da lui incaricata ». Genitori ancora. Nel corso dei decenni l’atteggiamento del legislatore nei confronti del divorzio è cambiato. Ovunque le regole hanno teso a regolare sempre meno il matrimonio e la sua rottura e si sono preoccupate sempre di più delle conseguenze che si possono avere sulla situazione economica e sull’allevamento dei figli. È nata quella che oggi si chiama chiama ‘genitorialità condivisa’, esperienza di una coppia che non è più di coniugi, ma rimane di genitori. Sono nate strutture pubbliche, semi-pubbliche o private, a seconda dei Paesi, che affiancano la coppia senza premere (o premendo assai poco) affinché questa receda dalla decisione del divorzio o ricostituisca la coppia dopo la crisi coniugale, ma aiutandola a reimpostare il proprio ruolo
Il grafico mostra la crescita nel numero di persone divorziate in Ticino: una quota rimasta quasi costante per un secolo è cresciuta rapidamente nell’arco di pochi decenni. come genitori. Autorità congiunta. Dal punto di vista legislativo la riforma del divorzio attuata in Svizzera nel 1999 ha introdotto la facoltà di chiedere a certe condizioni l’autorità parentale congiunta sui figli dopo il divorzio, cosa che fino a dieci anni fa era praticamente improponibile. «L’autorità parentale, che permette di prendere le decisioni più importanti riguardanti la vita dei figli, è un diritto più del figlio che dei genitori», spiega Forni, mentre nella realtà a volte è utilizzata come elemento della trattativa fra i coniugi. «Vedo spesso madri che non sono disposte a concederla all’ex marito e padri che la vogliono a tutti i costi: entrambi si dimenticano che al centro dell’interesse deve esserci il figlio», sottolinea Forni. Il Consiglio federale sta elaborando un progetto di riforma della legge che mira a mantenere d’ufficio l’autorità parentale congiunta dopo il divorzio, come del resto è prassi in Italia. «Questo permetterebbe da un lato alla Svizzera di adeguarsi pienamente alla legislazione degli altri Stati europei, e dall’altro di ridurre notevolmente i rischi di litigio tra ex coniugi che possono nascere nella situazione odierna, nella quale questa è solo una facoltà, che a volte si presta ad essere utilizzata anche come arma di ricatto», aggiunge Forni, che ha creato un sito internet (www.divorzio.ch) per informare tutti gli interessati (quindi non solo gli specialisti) sulle questioni principali che riguardano la procedura di divorzio in Svizzera. Del resto apparentemente il divorzio in Svizzera è consensuale: tra i tre tipi di divorzio previsti, su richiesta comune, su domanda unilaterale oppure per rottura del vincolo coniugale, la prima modalità è nettamente quella prevalente: nel 2007 in Ticino 764 divorzi su un totale di 806 sono infatti stati frutto di richiesta comune. «Ma il fatto che i due coniugi concordino sulla irreversibilità della crisi non significa automaticamente che non vi sia conflittualità», ammonisce Sandra Killer.