CAPITOLO 4
RICHIAMI DI IDRAULICA FLUVIALE
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4.1 - Il sistema fluviale Il sistema fluviale si estende dalle sorgenti fino al recapito finale. Generalmente esso si compone innanzitutto di un primo tronco inciso che scorre nelle strette e profonde gole dei terreni rocciosi attraversati, caratterizzato da forti pendenze ed elevate capacità di trasporto, in grado di trasportare a valle i grandi quantitativi di materiale solido che provengono dal bacino imbrifero a monte, nel quale si verificano, in funzione delle caratteristiche geo-litologiche dell’area, più o meno intensi e diffusi processi di disgregazione superficiale dei versanti e, spesso, movimenti franosi. A questa elevata capacità di trasporto si associa anche una spiccata capacità erosiva, la quale, in virtù della bassa erodibilità dei terreni, si traduce soltanto in tempi geologici in una riduzione tangibile della pendenza di fondo alveo. All’imbocco della valle, molto meno pendente del tratto montano, il corso d’acqua tende a depositare il materiale solido trasportato da monte, scorrendo nel greto ghiaioso in tronchi fluviali per morfologia larghi o stretti, assumendo una configurazione pluri o unicorsale. I primi sono caratterizzati da isole di deposito (barre) centrali, i secondi da barre alterne laterali, tra le quali il corso del fiume assume andamento pseudomeandriforme. Il corso d’acqua, infine, traccia un tortuoso percorso a meandri nelle aree pianeggianti che arrivano al mare, incidendo nei terreni sottili che solitamente caratterizzano gli alvei stretti e poco profondi (savanelle), in grado di contenere portate con elevata frequenza; le portate maggiori sono destinate ad esondare nei terreni laterali (aree golenali).
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4.2 - Morfologia fluviale ed efficacia delle opere di sistemazione Le opere di sistemazione idraulica possono essere suddivise in opere di difesa trasversali, quali briglie, soglie di fondo e pennelli, ed opere di difesa longitudinali, quali arginature e difese di sponda. L’efficacia nel tempo di ciascuna di queste opere dipende senza dubbi dalle caratteristiche costruttive con cui sono realizzate e dalla tempestività degli interventi di manutenzione a cui sono sottoposte nell’arco della loro vita. Un ruolo essenziale, però, giocano in tal senso le caratteristiche morfologiche dei tronchi fluviali interessati dalla sistemazione, le cui tendenze evolutive condizionano il buon esito dell’intervento. Le briglie piene, ad esempio, vanno adottate, in linea di massima, in tronchi d’alveo incisi in formazioni lapidee, con una capacità di trasporto maggiore sia dell’apporto solido del bacino a monte sia della capacità di trasporto dei tronchi alluvionati a valle. Infatti, nel tratto a monte della briglia si verifica un fenomeno di deposito che, portando ad una pendenza di fondo alveo minore di quella originaria, è in grado di rinsaldare le pendici, grazie al sollevamento del fondo alveo al piede, lì dove l’alveo si sia incassato notevolmente, e di regolare le portate solide rifornite ai tronchi a valle, grazie alla riduzione della capacità di trasporto. Nel caso in cui le briglie vengano impiegate in tronchi alluvionati la loro utilità potrebbe essere limitata al miglioramento delle condizioni di stabilità delle pendici. Tenendo, però, presente che la pendenza a cui tenderà il tronco d’alveo è pari a quella originaria, bisogna fare attenzione perché non si creino alvei pensili rispetto al piano di campagna. In corrispondenza dei coni di deiezione, invece, è bene ricorrere a briglie selettive, le quali risultano efficaci nelle zone in cui dispongano di una notevole capacità a monte, disponibile appunto al passaggio dal tronco inciso al tronco montano. In maniera del tutto analoga alle briglie, le soglie di fondo vanno adottate in tronchi d’alveo che naturalmente o in conseguenza di interventi antropici siano in fase di erosione, per impedire che il processo di erosione, innescatosi da valle, progredisca verso monte. Per queste ragioni, esse vengono frequentemente utilizzate a valle di manufatti o opere trasversali, allo scopo di proteggere da fenomeni di escavazione generalizzati, e in tronchi d’alveo sistemati con opere di difesa longitudinali radenti o delimitati mediante arginature, in modo da ridurre i fenomeni transitori di erosione durante le piene. Per completare il quadro delle opere trasversali, è necessario fare riferimento ai pennelli, i quali possono essere realizzati o in sostituzione delle arginature longitudinali, allo scopo di restringere la zona di greto esposta all’invasamento delle acque o, in sostituzione, di difese di sponde radenti continue, allo scopo di allontanare dal piede della sponda che si intende proteggere.
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Sia nell’uno che nell’altro caso si presuppone che lungo ogni sponda fra un pennello e il successivo si creino zone di ripascimento: queste, insieme alle testate dei pennelli, dovrebbero essere idonee a creare una sezione trasversale di larghezza pari a quella di progetto, nel primo caso, e dovrebbero costituire ulteriore protezione al piede della sponda, nel secondo caso. Quando, però, i pennelli sono realizzati in alvei alluvionati a forte pendenza, come tutte le opere che sporgono in alveo, investiti dalla corrente, determinano il formarsi di vortici ad asse verticale che provocano nel fondo alluvionale erosioni localizzate profonde fino a qualche metro. Ne deriva che, a prescindere dai danni che subiscono essi stessi, se la distanza fra un pennello e l’altro non è giusta, fra due pennelli successivi, invece di ottenere un ripascimento di sponda, si possono verificare addirittura fenomeni di erosione. Più confortanti sono gli effetti di pennelli realizzati in tratti d’alveo a debole pendenza curvi, a protezione della sponda concava. In tali casi, infatti, disponendo i pennelli in direzione ortogonale alla sponda, le distanze fra le loro testate, molto minori di quelle all’attacco alla sponda, sono tali che difficilmente la corrente riesce a defluire fra le testate di due pennelli successivi. Di conseguenza, i pennelli sono in grado di provocare l’effetto di ripascimento della sponda che ad essi si richiede. Tra gli interventi longitudinali, vi sono le difese di sponda radenti continue,, rigide o flessibili.. Esse devono assolvere essenzialmente la funzione di rivestimento di sponda, per impedire che questa venga erosa dalla corrente che la lambisce. Non mancano casi, però, in cui ad un’opera di difesa sia affidata anche la funzione di muro di sostegno, nel qual caso essa deve essere realizzata con strutture idonee a resistere alla spinta del terrapieno. Anche le difese spondali radenti devono essere eseguite in maniera differente a seconda della tipologia di tronco fluviale. Nei tronchi incisi montani, è bene che esse si estendano su lunghezze sempre limitate, solo per impedire che le acque erodano il piede delle pendici. Tali opere, infatti, non possono alterare in maniera sostanziale le portate solide che affluiscono alla rete idrografica, le quali provengono quasi esclusivamente dai versanti, generalmente per effetto dell’azione disgregatrice degli agenti atmosferici, di smottamenti o colate superficiali. È evidente, cioè, che, per avere effetto sulle aste vallive, nei tronchi incisi gli interventi di difesa di sponda, devono essere accoppiati, oltre che a briglie, ad interventi di carattere agrario - forestale di sistemazione dei versanti. Negli alvei alluvionati si ricorre a difese di sponda quando uno dei rami che la corrente di piena incide nel letto, si muove radente ad una delle sponde o ne investe frontalmente il piede, provocando fenomeni di erosione. Se il ramo di corrente si stabilizza per un tempo più o meno lungo, le erosioni della sponda hanno il tempo di progredire e possono determinare frane o smottamenti del terreno sovrastante. Anche se più raramente, negli alvei alluvionati le difese spondali possono risultare necessarie
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anche allo scopo di proteggere fasce più o meno estese di terreni pianeggianti che si affiancano all’alveo sul fondo valle. Discorso diverso deve farsi quando le difese di sponda servono da sole o sono complementari ad altri tipi di intervento, per eliminare situazioni di instabilità determinatesi su una pendice su cui sorge un centro abitato, per la salvaguardia del quale qualunque impegno di spesa è giustificato. Nei tronchi d’alveo incassati di pianura, scopo delle difese di sponda resta quello di impedire che, col progredire delle erosioni sull’una o sull’altra sponda, vengano portati via dall’acqua i terreni posti immediatamente a cavallo dell’alveo. In particolare, in corrispondenza dei tratti arginati, con le difese di sponda occorre evitare che l’alveo, spostandosi dall’una all’altra parte, possa raggiungere il piede dei corpi arginali, minandone la stabilità. Là dove, infine, l’alveo ha assunto andamento a meandri, con le opere di difesa predisposte lungo la sponda concava di ogni singolo meandro si può evitare che questi, spostandosi progressivamente verso valle, determinino modifiche sostanziali della morfologia dell’alveo. La realizzazione di un’arginatura in un alveo alluvionato largo richiede un calcolo accurato della distanza tra gli argini. Infatti, se tale distanza non risultasse idonea, si potrebbe provocare la trasformazione del tronco in esame da alveo pluricorsale ad alveo stretto, causando l’insorgere di forti escavazioni del fondo, dovute sia ad una riduzione della lunghezza (a causa dell’allineamento delle arginature, che riduce la possibilità di meandrizzazione degli alvei effimeri di piena) sia ad una riduzione della pendenza (per contrastare l’aumento della capacità di trasporto a pari rifornimento di materiale solido da monte). Per evitare detti fenomeni, perciò, o si deve assegnare all’alveo ristretto larghezza sufficiente perché la sua configurazione non vari o si deve inserire un sufficiente numero di soglie di fondo che limitino gli effetti della diminuzione di pendenza. Se il restringimento fosse meno accentuato e tale da trasformare il tronco in esame da pluricorsale con barre centrali a unicorsale con formazione di barre alternate che si susseguono lungo le sponde, con il thalweg che serpeggia dall’una all’altra sponda, si potrebbe determinare non solo un aumento della capacità erosiva e, quindi, a pari apporto solido da monte, una riduzione della pendenza di fondo, ma anche, a causa del serpeggiare della corrente dall’una all’altra sponda, notevoli fenomeni di erosione e di deposito in punti via via variabili dell’argine. Nel caso di interventi di delimitazione d’alveo in alvei incassati, infine, l’effetto principale è di limitare la meandrizzazione, tipica degli alvei incassati. Ciò comporta una minore lunghezza dell’alveo e, quindi, a parità di pendenza necessaria, un’escavazione generalizzata, che va crescendo da un punto fisso a valle procedendo verso monte.
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4.3 - Tipologie di danno subito dalle opere longitudinali e trasversali Una briglia può subire danni per scalzamento al piede, sifonamento al fondo o aggiramento delle spalle. La rovina della briglia per scalzamento al piede a valle si determina quando le escavazioni provocate dalla lama d’acqua che stramazza dal coronamento si spingono a profondità maggiori di quelle a cui è stato fissato il piano di fondazione della briglia. Per eliminare il rischio di scalzamento, perciò, o si può fondare la briglia a quote più basse di quelle cui possono spingersi le massime escavazioni al piede a valle di essa o si può limitare la profondità a cui dette escavazioni possono spingersi rivestendo l’alveo con una platea, che può terminare con una controbriglia. Sifonamento e aggiramento delle spalle della briglia trovano la causa prima nei moti di filtrazione che si stabiliscono nel terreno su cui sono impostate fondazioni e spalle a causa del dislivello fra i peli d’acqua che si stabiliscono a monte e a valle dell’opera. In particolare, il rischio di sifonamento e di aggiramento delle spalle è tanto maggiore quanto maggiori sono i gradienti idraulici con cui detti moti di filtrazione si svolgono e, di conseguenza, per eliminarlo o ridurlo al minimo, basta ridurre tali gradienti aumentando il percorso che l’acqua deve compiere nel suo moto di filtrazione da monte a valle, per esempio ammorsando convenientemente fondazioni e spalle della briglia nei terreni di imposta e rivestendo per un buon tratto sia le due sponde (a monte e a valle) sia il fondo alveo (a valle). Le soglie di fondo possono subire danni essenzialmente al coronamento, nel qual caso l’assenza di tempestivi interventi di manutenzione può compromettere l’integrità dell’intera opera, e al piede, a causa dei fenomeni erosivi che si verificano a valle dell’opera. Analogamente al caso delle briglie, la venuta giorno della fondazione potrebbe compromettere seriamente la stabilità dell’opera. L’esperienza insegna che dove i pennelli sono stati adoperati per restringere la zona di greto invasa dalle acque del fiume in piena, la corrente, invece di muoversi concentrata al centro dell’alveo, si è andata spostando da una sponda all’altra, investendo alternativamente i pennelli aggettanti dall’una o dall’altra. Anche a causa della scarsa adattabilità del corpo dei pennelli a resistere alle sollecitazioni cui sono sottoposti quando vengono investiti dalla corrente, alla fine di ciascuna piena alcuni pennelli sono risultati o ridotti a monconi, isolati in mezzo al greto, o addirittura completamenti asportati. Situazioni analoghe si sono verificate là dove i pennelli sono stati realizzati in sostituzione di difese continue di sponda. Questi effetti trovano giustificazione nei fenomeni erosivi di notevole entità che, in fase di piena, si instaurano sul fondo alveo in prossimità
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della testata del pennello e lungo l’intero corpo dell’opera. Le opere di difesa di sponda radenti continue possono subire danni per scalzamento al piede e per ribaltamento. La possibilità che l’opera venga scalzata al piede può essere prevenuta, quando è possibile, ammorsando le fondazioni dell’opera in formazioni lapidee. In caso contrario, se, fino a profondità notevoli si rinvengono terreni più o meno erodibili, occorre portare le fondazioni a profondità maggiori di quelle cui possono spingersi i fenomeni effossori provocati dalla corrente. Ciò implica che, per garantirsi dal rischio di scalzamento al piede, in linea di massima è sufficiente approfondire il piano di fondazione di una difesa continua a non più di 1,5/2 m. Fenomeni effossori localizzati di maggiore entità si possono determinare quando la corrente investe un ostacolo (sporgenze di opere costruite su una sponda o in mezzo al greto, grossi massi caduti in alveo o abbarbicati alle sponde,..) che provoca l’ingenerarsi di moti vorticosi o quando l’alveo sia in curva e se ne debba difendere la sponda concava. Erosioni sistematicamente maggiori possono invece verificarsi per effetto di restringimenti d’alveo, che determinano una modifica della configurazione da pluri a unicorsale, di cui si è brevemente riferito nel paragrafo precedente. Quando nella parte in elevazione la difesa di sponda sia stata realizzata con strutture relativamente leggere, con il solo scopo di rivestire il tratto di sponda da proteggere, conviene portarne il coronamento a quote più alte di quelle raggiunte dal pelo d’acqua al passaggio delle massime portate di piena. In caso contrario, infatti, si corre il rischio che, nella fase discendente della piena, l’acqua, ritirandosi in alveo, eroda i terreni su cui poggiano le opere di rivestimento e, spingendo queste ultime, ne determini il ribaltamento. Come è ovvio, lo stesso rischio si corre quando l’alveo sia incassato in terreni pianeggianti ed abbia profondità insufficienti a contenere anche le massime portate di piena che, quindi, esondando, invadono i terreni che lo fiancheggiano. In tali casi, però, non è possibile portare la quota di coronamento dell’opera di difesa di sponda al di sopra della quota di massima piena; d’altra parte si aggiunge il rischio che già durante la fase di colmo della piena si determini una corrente che, incanalandosi immediatamente a tergo delle opere di difesa, eroda su un a fascia più o meno ampia i terreni su cui queste sono poggiate. Per eliminare questo secondo rischio conviene disporre a tergo delle difese, su una fascia di terreno larga almeno quattro, cinque metri, delle sagome di fondo, incassate di almeno un metro, dirette in direzione ortogonale all’allineamento delle difese e poste a distanza tanto minore quanto più i terreni di sponda sono acclivi nel senso della corrente.
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Un’arginatura fluviale può subire innanzitutto fenomeni di erosione al piede, che, se si spinge fino alla venuta a giorno delle fondazioni, può compromettere la stabilità dell’opera. Lo stato di salute del rilevato arginale dipende in larga misura anche dall’integrità e dalla funzionalità dei rivestimenti del paramento esterno e, soprattutto, del paramento interno, i quali proteggono l’argine dall’azione degli agenti atmosferici, nel primo caso, e dall’azione dell’acqua che lo lambisce in condizioni di piena, nel secondo. Frequenti sono anche i fenomeni di dissesto della strada arginale, i quali possono essere causa di rotture localizzate dell’argine, con inevitabili ripercussioni sulla stabilità e sulla funzionalità dell’opera. 4.4 - Profili di corrente Le condizioni di moto attraverso un ponte possono avvenire in due modi: condizioni di low flow in cui la corrente non viene in contatto con l’intradosso dell’impalcato. condizioni di weir flow in cui la corrente viene in contatto con l’intradosso dell’impalcato. Condizioni di low flow Si consideri per semplicità un alveo cilindrico indefinito a sezione rettangolare. Si supponga, altresì, che il moto sia permanente, il tirante della corrente in arrivo sia quello di moto uniforme e che, sia pur approssimativamente, il passaggio in corrispondenza del restringimento avvenga senza dissipazione dell’energia specifica H. Indicata con q la portata per unità di larghezza Q/B, dall’esame della curva h = h(q, H = costante) è facile riconoscere che, se l’energia disponibile della corrente è sufficiente per il superamento dell’ostacolo, in corrispondenza dell’attraversamento la corrente tenderà ad accelerare nel caso di alveo a debole pendenza, mentre, viceversa, tenderà a decelerare nel caso di alveo a forte pendenza (Fig. 1).
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Fig. 1. Energia specifica della corrente sufficiente al passaggio attraverso la sezione ristretta. Profili di corrente desunti a mezzo del diagramma h=h(q, H=costante) (da Citrini e Noseda, 1983). h'o e h''o: tiranti di moto uniforme nel caso di, rispettivamente, alveo a debole e forte pendenza; h'r e h''r: tiranti in corrispondenza del restringimento nel caso di, rispettivamente, alveo a debole e forte pendenza; B: larghezza dell’alveo indisturbato; b: larghezza dell’alveo in corrispondenza del restringimento.
Sempre dall’esame della curva suddetta, qualora l’energia disponibile della corrente in arrivo risultasse insufficiente al superamento dell’ostacolo, allora: nel caso di alveo a debole pendenza si ha un profilo di rigurgito a monte del restringimento e la transizione attraverso la profondità critica all’interno di questo (Fig. 2); nel caso di alveo a forte pendenza, invece, si ha la formazione di un risalto idraulico a monte del restringimento ed ancora la transizione attraverso la profondità critica all’interno di questo (Fig. 3).
Fig.2. Energia specifica della corrente insufficiente al passaggio attraverso la sezione ristretta: profilo di corrente, nel caso di alveo a debole pendenza, desunto a mezzo del diagramma h=h(q, H=costante) (da Citrini e Noseda, 1983). ho: tirante di moto uniforme; hc: tirante di stato critico; hm: tirante immediatamente a monte del restringimento; hv: tirante immediatamente a valle del restringimento; H': energia specifica della corrente in arrivo; H'': energia specifica della corrente strettamente necessaria per il passaggio attraverso la sezione ristretta.
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Fig.3. Energia specifica della corrente in arrivo insufficiente al passaggio attraverso la sezione ristretta: profilo di corrente, nel caso di alveo a forte pendenza, desunto a mezzo del diagramma h=h(q, H=costante) (da Citrini e Noseda, 1983). ho: tirante di moto uniforme; hc: tirante di stato critico; hm: tirante immediatamente a monte del restringimento; hv: tirante immediatamente a valle del restringimento; H': energia specifica della corrente in arrivo; H'': energia specifica della corrente strettamente sufficiente per il passaggio attraverso la sezione ristretta.
Per il tracciamento dei profili di corrente è possibile ricorrere ad altri metodi. In particolare, ad esempio, quelli basati sull’applicazione dell’equazione globale dell’equilibrio dinamico (v. es., Eichert e Peters, 1970). Inoltre, nel caso di correnti lente in arrivo e, che tali rimangono anche in corrispondenza del restringimento, la differenza Dh fra il tirante idrico nella sezione immediatamente a valle dell’attraversamento e quello nella sezione immediatamente a monte può calcolarsi a mezzo della seguente formula sperimentale ricavata da Yarnell (1934) (1) dove h è il tirante idrico, F il numero di Froude della corrente, kp un coefficiente che tiene conto della forma delle pile, mentre g = 1-b/B tiene conto del rapporto b/B fra la larghezza b dell’alveo in corrispondenza del restringimento e quella B dell’alveo indisturbato. Il pedice o sta ad indicare condizioni di moto uniforme. La formula (1) è stata derivata sulla base di oltre 2600 esperimenti di laboratorio nel corso dei quali si facevano variare: la forma delle pile, la larghezza e la lunghezza di queste, l’angolo di incidenza della corrente e la portata. Condizioni di weir flow Con riferimento alle condizioni di weir flow possono presentarsi i seguenti casi: • ponte in pressione solo nella sezione immediatamente a monte (Fig. 4a) • ponte in pressione sia nella sezione immediatamente a monte che in
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quella immediatamente a valle (Fig. 4b) • ponte sormontato (Fig. 4c)
Fig. 4. Possibili situazioni di weir flow (da Hec-Ras Hydraulic Reference Manual, 1997)
Bradley (1978) suggerisce le seguenti metodologie di calcolo delle caratteristiche idrauliche della corrente nei diversi casi. Nel caso a) può utilizzarsi una formula analoga a quella di efflusso da luci a battente (2) in cui Q è la portata, Ap l’area della luce libera al di sotto del ponte, g l’accelerazione di gravità, hp l’altezza dell’intradosso del ponte a partire dal fondo alveo, a il coefficiente di ragguaglio delle potenze cinetiche (o coefficiente di Coriolis), V la velocità media di portata e Cd un coefficiente di portata variabile fra 0.27 e 0.50 in dipendenza dal rapporto hm/hp. Inoltre, il pedice m sta ad indicare la sezione trasversale immediatamente a monte dell’attraversamento, il pedice v quella immediatamente a valle. Nel caso b) può utilizzarsi una formula analoga a quella di efflusso da luci a battente in condizioni di sommergenza (3) in cui DH è la differenza del carico totale fra la sezione immediatamente a monte e quella immediatamente a valle dell’attraversamento. Il coefficiente di portata Cd in questo caso assume valori compresi fra 0.70 e 0.90.
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Infine, nel caso c) può utilizzarsi una formula analoga a quella di efflusso da luci a stramazzo (4) in cui Q è la portata totale al disopra dell’impalcato, Lp è la lunghezza dell’impalcato del ponte interessato dalla corrente stramazzante ed H è il carico della corrente in arrivo valutato a partire dalla "cresta" dell’impalcato. Il valore di Cd dipende dalla forma dello stramazzo e dall’altezza H; in particolare, se il flusso non è rigurgitato da valle, Cd assume valore pari a 1.45 per stramazzo di forma rettangolare largo circa 4.5 metri e per H non inferiore a 0.3 metri; mentre per stramazzo di forma trapezoidale varia tra 1.49 e 1.7 al variare dell’altezza H. Se invece il flusso è rigurgitato da valle, il valore di Cd deve essere ridotto in funzione della percentuale di sommergenza. 4.5 - Fenomeni di erosione localizzata Nel calcolo della profondità di scavo in corrispondenza di attraversamenti fluviali occorre tenere in conto la possibile sovrapposizione dei seguenti fenomeni: erosione dovuta alla evoluzione plano-altimetrica del corso d’acqua sul quale l’opera di attraversamento insiste (detta anche general scour); erosione dovuta al restringimento indotto dall’opera di attraversamento sulla sezione indisturbata del corso d’acqua (detta anche contraction scour); erosione localizzata dovuta allo sviluppo di sistemi vorticosi in corrispondenza di pile e spalle (detta anche local scour). Il primo fenomeno richiede un’analisi globale sul bacino idrografico afferente alla sezione d’interesse. È importante sottolineare l’importanza di uno studio siffatto soprattutto nel caso in cui si ricorra ad opere di sistemazione trasversali a protezione dell’opera di attraversamento. Detto fenomeno non viene qui trattato. Contraction scour Come già detto, per "contraction scour" si intende l’erosione dovuta alla riduzione della sezione trasversale indisturbata dell’alveo ad opera di un attraversamento fluviale e quindi all’accelerazione della corrente in corrispondenza di questo. Tale erosione si esplica su scale temporali dell’ordine di grandezza della durata degli eventi di piena.
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Sebbene esistano numerose formule per il calcolo della contraction scour, qui di seguito si riporta solo quella di Straub (1934) essendo le altre, per la gran parte, molto simili a questa e ricavate in maniera per lo più analoga. Tale formula, ottenuta combinando l’equazione di Du Boys per il calcolo del trasporto solido di fondo e l’equazione di Manning, fa riferimento a condizioni di equilibrio ed ha la seguente espressione (5) nella quale i pedici m e r indicano rispettivamente la sezione indisturbata e quella ristretta, tc lo sforzo tangenziale di inizio movimento per il materiale d’alveo e tm lo sforzo tangenziale nella sezione m. La (5) in condizioni di acque chiare, cioè per tm = tc, diventa (6) Come osservato da Lim e Cheng (1998) l’applicazione della (5), però, può a volte risultare impossibile e cioè allorquando l’espressione sotto radice quadrata sia negativa. Una volta calcolato hr, nell’ipotesi in cui in corrispondenza dell’attraversamento la quota del pelo libero rispetto al fondo alveo indisturbato rimanga costante nel tempo, la profondità di scavo ds può calcolarsi come (7) essendo hr,t=0 il tirante in corrispondenza del restringimento prima dell’inizio del processo di erosione. Erosione localizzata in corrispondenza di pile Il sistema di vortici che si innesca in corrispondenza di una pila di ponte, e più in generale, di un ostacolo posto in un alveo fluviale, è alquanto complesso e difficile da simulare con modelli matematici. In particolare, il campo di moto diventa sempre più complesso al progredire dell’evoluzione della fossa d’erosione. Uno studio dettagliato sul campo di moto suddetto è stato condotto da Melville (Raudkivi, 1991). Ulteriori contributi sono stati apportati da Hjorth (1975) ed Ettema (1980). Gli studi a cui si è appena accennato hanno portato ad individuare in
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prossimità di una pila la seguente struttura del flusso: -
una corrente discendente lungo la superficie di monte dell’ostacolo (downflow);
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il sistema dell’horse-shoe vortex (vortice a ferro di cavallo) caratterizzato da vortici ad asse orizzontale che si sviluppano nella fossa d’erosione attorno all’ostacolo;
-
il sistema del cast-off vortices and wake (vortici a scia) caratterizzato da vortici ad asse verticale e che si sviluppano a valle dell’ostacolo;
-
il sistema del bow wave (letteralmente “baffi di prora”) caratterizzato da vortici simili a quelli che si realizzano in corrispondenza della prua di un’imbarcazione.
Il sistema di vortici appena descritto è riportato nella figura 5.
Fig.5 Schema del sistema di vortici nell’interazione della corrente con una pila cilindrica (tratto da Breusers e Raudkivi, 1991)
In letteratura sono disponibili numerose formule empiriche o semiempiriche per il calcolo dell’erosione localizzata in corrispondenza di pile. Tali formule, peraltro, risultano spesso discordanti e ciò, probabilmente, perché non sempre nel corso delle prove sperimentali venivano raggiunte
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condizioni di equilibrio (Franzetti et al., 1994). Ad ogni modo esse hanno principalmente evidenziato come l’andamento del fenomeno di erosione sia diverso a seconda della condizione acque chiare (clear water) o acque con trasporto solido (live-bed). Qui di seguito si farà riferimento soltanto ad alcune delle formule più comuni. Negli Stati Uniti l’equazione più comune è quella proposta dalla Colorado State University e denominata equazione della CSU (Richardson et al., 1990) (8) Tale equazione è altresì utilizzata, quale equazione di default, dal software di larga diffusione HEC-RAS (Hydrologic Engineering Center - River Analysis System). In essa ds è la profondità di scavo, a la larghezza della pila nella direzione ortogonale a quella della corrente e kp, kq, kf e kd sono dei fattori di correzione che tengono conto rispettivamente della forma della pila, del suo orientamento nei confronti della direzione della corrente che la lambisce, della forma del fondo alveo e della granulometria dei materiali che lo costituiscono. Il fattore kc, a differenza degli altri, risulta funzione delle caratteristiche della corrente a monte dell’attraversamento ed è un fattore minore di 1. Più precisamente esso varia fra 0.7 e 1, in quanto tiene conto dell’effetto benefico, nei confronti dei processi erosivi, dovuto ai fenomeni di corazzamento del fondo. Un’ulteriore equazione è quella proposta, sulla base di numerose prove sperimentali, da Melville e Sutherland (1988) (9) nella quale kV, kd, kh, kq e kp risultano funzione, rispettivamente, del rapporto tra la velocità media di portata della corrente in arrivo e quella di inizio movimento del materiale del fondo alveo, della curva granulometrica caratteristica del materiale costituente il fondo dell’alveo, della profondità della corrente immediatamente a monte dell’attraversamento, dell’angolo con cui la corrente investe la pila e, infine, della forma della pila. Hancu (1971) ha proposto la seguente equazione (10)
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il cui significato dei simboli è stato già precedentemente specificato e che risulta valida per valori di Vc2/(ga) compresi tra 0.05 e 0.6. Shen et al. (1969), utilizzando dati di laboratorio e di campo, sono pervenuti alla seguente equazione valida in condizioni di acque chiare (11) In tale equazione Re = Vm(a/2)/n in cui Vm è la velocità media di portata nella sezione immediatamente a monte dell’attraversamento e n è la viscosità cinematica dell’acqua. Infine si riporta la seguente equazione proposta da Froehlich (1991), utilizzata dal software HEC-RAS in alternativa a quella della CSU e che si è mostrata capace di ben interpretare altresì dati di campo (FHWA, 1996) (12) In tale equazione kp è un fattore che tiene conto della forma delle pile, a' è la proiezione, nella direzione ortogonale a quella della corrente, della larghezza a della pila e d50 è il diametro del 50% di passante in peso. Erosione localizzata in corrispondenza di spalle Le formule per il calcolo dell’erosione localizzata in corrispondenza delle spalle di un ponte risultano molto meno numerose rispetto a quelle relative alle pile ed inoltre risulta carente lo studio circa l’evoluzione nel tempo della profondità di scavo. Anche in questo caso ci si limita a riportare solo alcune delle più comuni formule fra quelle disponibili in letteratura. Utilizzando un approccio di tipo semiempirico Laursen (1963), nel caso di muri di spalla verticali, propone la seguente equazione (13) nella quale u*m e u*c rappresentano rispettivamente la velocità d’attrito alla parete della corrente in arrivo e quella di inizio movimento al fondo ricavata da Shields; mentre L è la lunghezza d’ingombro della spalla in corrispondenza della sezione trasversale del corso d’acqua. In condizioni di clear water u*m/u*c = 1 e la (13), ricorrendo allo sviluppo in serie di un binomio, si specializza come (Lim, 1997)
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(14) Froehlich (1989), sulla base di numerosi dati di laboratorio, ha ricavato la seguente curva di regressione (15) in cui ks e kq sono coefficienti correttivi variabili in funzione rispettivamente della geometria e dell’allineamento delle spalle rispetto alla corrente; mentre sg è la deviazione standard della distribuzione granulometrica del materiale costituente il fondo. Più di recente, Melville (1992), sulla base di prove di laboratorio effettuate in condizioni di acque chiare, ha mostrato che (16a) (16b) (16c) in cui, al solito, i fattori ks e k's dipendono dalla geometria della spalla, mentre kq e k'q dall’inclinazione dei muri di spalla rispetto alla direzione della corrente. Un recente modello di letteratura Sulla base di numerose prove sperimentali condotte presso il Politecnico Federale di Zurigo, Oliveto e Hager (2001) hanno introdotto il seguente modello empirico per la stima dell’evoluzione temporale dell’erosione localizzata nell’intorno di attraversamenti fluviali (17) essendo Z il gruppo adimensionale z/(h01/3b2/3), z la profondità d’erosione, ho il tirante della corrente indisturbata, b il diametro della pila o l’aggetto della spalla, N un fattore di forma pari a 1 nel caso di pile cilindriche a sezione trasversale circolare e pari a 1.25 nel caso di spalle prismatiche
Richiami di idraulica fluviale
a sezione trasversale rettangolare, sg e Fd la deviazione standard geometrica della distribuzione granulometrica ed il numero di Froude densimetrico della corrente indisturbata, T il gruppo adimensionale [(g'd50)0.5/(h01/3b2/3)]t, t la coordinata temporale ed infine Fdi il numero di Froude densimetrico di incipiente movimento nell’intorno dell’ostacolo. La (17) è valida per correnti in arrivo prive di trasporto solido e defluenti su letti piatti. Gli Autori inoltre evidenziano come gli scarti percentuali fra i valori di Z osservati e quelli calcolati con l’eq. (17) risultino inferiori al ± 25%. Al solo scopo di fornire un’idea sulla tipica geometria del gorgo di erosione nonché sull’entità delle profondità di scavo, in Figura 6 viene riportata una sequenza di immagini fotografiche relative all’evoluzione temporale del fenomeno effossorio nel corso di una prova di laboratorio.
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Fig. 6 Evoluzione temporale dell’erosione localizzata nell’intorno di un elemento semicircolare nel caso di rs = 1.41 t/m3, h0 = 0.15 m, D = 0.257 m, d50 = 0.0033 m e Fd = 2.50