Le opere e i giorni dell'Altipiano MEMORIE DELL'ALTIPIANO DELLE ROCCHE ___________________________________________________________________________________________ N. 28
aprile 2011
Cani Cani randagi si può fare qualcosa? qualcosa? Secondo una stima approssimata, solo a Rocca di Mezzo, intorno al centro abitato, vivono circa 70 cani randagi o liberamente vaganti sprovvisti di microchip: una colonia vive alle coste, una alla stallopoli, un’altra meno numerosa nel centro storico, altri esemplari stanziano intorno alla piazza, quest’ultimi sono più o meno alimentati da alcuni benpensanti. Sembra che finora non ci siano state aggressioni con ferimento di persone, mentre vengono segnalate diversi attacchi che hanno causato sgomento, paura e addirittura terrore; fra le vittime ci sono diversi ragazzi, che sono arrivati alla scuola (MUSP della RiRi) sconvolti, altre persone hanno rinunciato a fare passeggiate in campagna (per funghi ad esempio) dopo essere stati intercettati da gruppi di cani randagi o padronali non richiamati da proprietari non troppo solerti, altre si sono armate di bastone e altri oggetti da lancio esponendosi a maggiori pericoli.
Le norme vigenti sulla prevenzione del randagismo e la detenzione di animali di affezione (cani e gatti) sono: - la Legge quadro nazionale n. 281 del 14 agosto 1991; - la Legge regionale n. 33 del 14 agosto 1981; - la Legge regionale n. 86 del 21 settembre 1999; - la Legge regionale n. 8 del 23 genna io 2004, - le sentenze della Cassazione n. 10638 del 2002, n. 40618 del 2004 e n. 27001 del 2005.
Il cane dal pelo lungo e bianco, dalle nostre parti veniva chiamato “cane da pecora” perché serviva per la custodia e la protezione delle greggi; spesso portava al collo il “reccale” un collare chiodato che lo difendeva dai lupi. Dal 1958 l’ENCI ( Ente nazionale cinofilia italiana ) lo annovera nella razza denominata “ Mastino maremmano – abruzzese “, vi è però un’ autorevole corrente che si batte affinché per il nostro “ cane da pecora “ venga riconosciuta la razza autoctona denominata “Mastino abruzzese”. Un convinto sostenitore di questa tesi è Giuseppe Maria Fraddosio, villeggiante e proprietario di casa sul nostro Altipiano; lo stesso è autore del libro “ Viaggio nella storia del mastino abruzzese” (Schena – Fasano di Puglia 1995) disponibile in biblioteca.
Proprietari e detentori a qualsiasi titolo di cani In base a tali norme in Abruzzo è applicata l’anagrafe canina : “Il proprietario o detentore a qualsiasi titolo dell’animale, residente in Abruzzo, è tenuto a notificare al Servizio Veterinario dell’Azienda U.S.L. competente territorialmente per l’iscrizione all’anagrafe, il possesso di cani di età superiore a 4
mesi” inoltre “dovrà notificare il parto di cagne, a qualsiasi scopo detenute, entro 120 giorni dal parto stesso, con l’indicazione dei numero dei nati, del sesso degli stessi, del numero dei morti e della destinazione dei cuccioli….Il cane iscritto all’anagrafe è contrassegnato da un codice di >>
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Cani randagi si può fare qualcosa ? riconoscimento impresso mediante inoculazione di un microprocessore….I proprietari o detentori a qualsiasi titolo del cane, debbono segnalare al Servizio Veterinario dell’Azienda U.S.L. di competenza, i mutamenti nella titolarità della proprietà e nella detenzione o lo smarrimento o la morte dell’animale”. Tali adempimenti possono essere fatti: - per le comunicazioni con una raccomandata RR. a:
Servizio Veterinario P.O. S. Maria di Collemaggio pal. B - 67100 l’Aquila. Tel. 0862 368982 Fax 0862 405330, che resta aperto tutti giorni feriali dalle 8.30 alle 13.30; - per l’ inoculazione del microprocessore bisogna recarsi presso lo stesso Servizio Veterinario previo appuntamento. Nessuna tassa è dovuta per il possesso o la detenzione di un animale.
Animali abbandonati È vietato a chiunque abbandonare cani, gatti e di un rifugio consortile, magari gestito da una qualsiasi altro animale comunque detenuto. associazione animalista o venatoria, con una conLe autorità di Pubblica Sicurezza, il Corpo Forestale seguente campagna di sterilizzazioni e adozioni, dello Stato, la Polizia Municipale, i Servizi Sanitari, insieme ad uno sforzo finanziario per effettuare una le Guardie Zoofile Volontarie, le Associazioni prima capillare bonifica. Venatorie, le Associazioni Animaliste devono Per le infrazioni alle norme sulla detenzione di segnalare la presenza di cani vaganti, randagi o animali di affezione sono previste pesanti sanzioni inselvatichiti alla A.S.L., la quale predispone la cattura amministrative. con la collaborazione del Comune e della Comunità Per quanto riguarda il rimborso dei danni causati da Montana, che sono tenuti ad organizzare rifugi o asili cani randagi la norme sono carenti, in quanto prein forma singola, associata o in convenzione. vedono esplicitamente l’indennizzo, da parte della Gli animali catturati ven Regione, agli allevatogono portati al “Canile ri per le perdite di capi di bestiame; e per i danni sanitario” istituito presso alle persone? Ad esemogni A.S.L., dove sono identificati: se dotati di pio una persona che viaggia in bicicletta e fimicrochips vengono renisce investito da un auto stituiti al proprietario con spese di soggiorno ed perché attaccato da cani eventuali cure a carico vaganti? O cause secondello stesso; se sprovdarie allo spavento per visti, dopo essere stati l’aggressione di animali? Secondo la Cassazione sottoposti a trattamento la pubblica amministrasanitario e a tutti gli zione è chiamata a adempimenti di legge, se non reclamati vengono rispondere dei danni inferti da animali randagi, posti in adozione. qualora abbia omesso e Gli animali, sprovvisti trascurato di adottare le di microprocessore, non reclamati e non richiesti cautele idonee a rimuoIl “reccale” collare per la difesa dai lupi in adozione vengono inviati al rifugio del Comune nel vere e ad eliminare il potenziale pericolo rapprecui territorio è stato catturato, dove deve essere sentato da questi. Ma la stessa si divide in due mantenuto fino all’adozione o alla morte (il Comune correnti: la prima attribuisce alla A.S.L. tale di Rocca di Mezzo è convenzionato con il “Canile responsabilità, la seconda insieme alla A.S.L. chiama marsicano di Lecce dei Marsi”) . in causa anche il Comune. Il problema è di costi; il ricovero di un cane costa da Ma a questo punto una domanda sorge spontanea: 1,5 a 3 euro al giorno, per cui facile formulare un “A Rocca di Mezzo nessuno si è accorto che ci sono budget. La spesa può essere ridotta: con l’istituzione cani vaganti? “
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Fino a una cinquantina di anni fa per le feste giungevano nei nostri paesi, insieme ai venditori ambulanti, uno stuolo di singolari personaggi: sensali, imbonitori, zingari, mendicanti, indovini, ombrellai, arrotini, una donna dai vistosi baffi con il gioco della roulette, un signore ben vestito con il gioco delle tre carte e il venditore di pianeta. Quest’ultimo è il protagonista di “ Lu destine “; portava un piccolo pappagallo chiuso in una particolare gabbia, che nella parte inferiore aveva un cassettino pieno di bigliettini piegati in quattro, dove vi era stampato l’oroscopo, la cabala e i migliori auspici per sognare. Quando il venditore apriva il cassettino e lo sportellino della gabbia il pappagallo saltava sui foglietti colorati, chiamati pianeta, ne estraeva uno, con il becco, per poi tornare in gabbia dopo averlo consegnato al padrone.
Lu destine Fu poche tempe fa, alli dicessètte nnanze alla casa gnova di Libbrate nu vecchie che seneva gl’organette diceva: “ currete ne ve vergugnate,
Fu poco tempo fa il diciassette davanti alla casa nuova di Liberato un vecchio che suonava l’organetto diceva: “ correte non vi vergognate,
avete dispiacere? Avete spine? Saprete l’avvenire i lu passate. Cu ddu solde lu pappagalle ammaestrate ve trova la pianeta de lu destine”.
avete dispiaceri? Avete spine ? Saprete il futuro e il passato. Con due soldi il pappagallo ammaestrato vi trova la pianeta del destino
Uh! Lu destine. Mo me revé mmente quande mammarella certe sere parleva de destine: “ È come u vente,
Uh! Il destino. Adesso mi torna in mente quando nonna certe sere parlava di destino: “È come il vento
- dicéva – n’ze vede i soffia, te scumpiglia, t’accide, t’accarezza, è nu mistere!....” Mo, pe ddu solde… Chi n’ze lu piglia?
- diceva – non si vede e soffia, ti scompiglia, ti uccide, ti accarezza, è un mistero!... Ora per due soldi… Chi non se lo piglia?
M’avvicine. I quilu vicchiarelle raprì lu sportellucce: “ Avanti amore! - fice – scite fore, Rosinelle, pescate lu destine de lu signore”.
Mi avvicino. E quel vecchierello aprì lo sportellino: “ Avanti amore! - fece – uscite fuori, Rosinella, pescate il destino del signore”.
Lu pappagalle sci da lu sportellucce, fice tre quattre zumpe loche fore pigliò mmocca lu cartellucce, a quande écche lu jatte di zi Salvatore,
Il pappagallo usci dallo sportellino fece tre o quattro salti la fuori prese in bocca un cartellino, quando ecco il gatto di zio Salvatore,
j’afferrò ncanna, i tela come u vente. “Acchiappetelu! Aiute!... Addie lu capitale! - fice u vecchie – Leste bbona gente!...”
l’afferrò alla gola e via scappò come il vento. “Acchiappatelo! Aiuto!.... Addio il capitale! - fece il vecchio. – Presto buona gente!...”
Ma quilu jatte scappò abballe, ze ji a ficcà sotte a nu capescale i ze magnò destine i pappagalle.
Ma quel gatto scappò giù s’andò a ficcare sotto una rampa di scala e si mangiò destino e pappagallo.
È difficile scrivere il dialetto, perché mancano regole condivise, il nostro testo è scritto nel modo più semplice. Per poterlo leggere bisogna pronunciare la e senza accento semimuta quasi come non ci fosse. La poesia che presentiamo è una versione, del maestro Giuseppe Alfiero Benedetti (1888– 1936), in dialetto rocchigiano, con al lato una tradu-zione letterale in italiano, di “ Lu destine “ di Modesto Della Porta. Nato a Guardiagrele nel 1885
dove morì a 53 anni nel 1938, Modesto Della Porta è considerato se non il maggiore poeta dialettale d’Abruzzo, senz’altro è il più conosciuto. Dopo scuole elementari frequentò qualche classe di scuola media, esercitò il mestiere di sarto a Guardiagrele e Roma . Nel 1933 l’editore Rocco Carabba pubblicò “ Ta - pù ” una sua raccolta di poesie, peraltro già note, poiché con impareggiabile bravura le recitava spesso fra amici e in pubbliche manifestazioni.
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L’eroico L’eroico sacrificio di Vito e Amabile Il 5 dicembre del 1950 alle ore 21.30 una violenta esplosione fa tremare tutta la zona circostante la cittadina di Troina al confine fra le province di Enna e di Messina, non lontano dall’Etna. A pochi chilometri dal centro abitato è in costruzione un’imponente diga per la realizzazione del lago artificiale Ancipa, per produrre energia elettrica e costituire una riserva idrica che alla fine dei lavori raggiungerà il volume 28 milioni di metri cubi e fornirà acqua potabile a 13 comuni fra cui Enna.
Vito e Amabile in una foto di Guido Cristoffanini I lavori sono eseguiti dalla Lodigiani, dalla Sogene e da altre imprese. Il cantiere della Sogene, che si occupa fra l’altro, della costruzione di una galleria, è diretto dall’ ing. Giulio Pani ni e dai fratelli Vito e Amabile Colarossi rispettivamente di 28 e 26 anni, il primo perito minerario, il secondo geometra. La sera del 5 dicembre, in vista della ripresa dei lavori dopo la festività di Santa Barbara ed una giornata di sciopero, tre operai si recano in galleria per una verifica dell’ambiente. A causa dei due giorni di inattività si era accumulato un forte quantitativo di metano che gli aspiratori non erano riusciti a spazzare via. Gli operai, ritenendo che la quantità di gas fosse minima, pensarono di disperderlo incendiandolo con una lampada ad acetilene, ma la fiamma provocò la potente deflagrazione. Avvertita l’esplosione ed intuita la disgrazia l’ing, Panini, seguito da Vito, Amabile a da altri operai si precipita in cantiere; sprovvisto di maschera antigas si addentra nella galleria per soccorrere gli operai, percorre 100 metri e cade asfissiato,
dopo qualche minuto Vito, munito di maschera, segue l’ingegnere, ma la forte quantità di gas è fatale anche per lui, lo segue subito dopo Amabile, che cade dopo aver riportato indietro il fratello per alcuni metri. Gareggiando in una commovente gara di solidarietà altri otto operai penetrano nella galleria per soccorrere i loro dirigenti e compagni di lavoro. Morirono in 13: tre erano siciliani ( Giovanni Tuccio di 34 anni, Francesco Capasso di 42 anni, Antonio Muscarà di 18 anni), uno calabrese (Carmelo Verducci di 42 anni), due romani (Giulio Panini di 27 anni e Benedetto Vergari di 42 anni), due emiliani (Armando Giannotti di 36 anni e Gino Lorenzoni di 34 anni), un friulano (Luigi Pompeo di 24 anni), uno di Capistrello (Giuseppe Stati di 34 anni), uno di S. Eusanio Forconese (Gino Castelli di 52 anni), Vito e Amabile Colarossi di Rocca di Mezzo. Il Presidente della Repubblica Luigi Einaudi nel 1951 conferì la medaglia d’argento al valor civile alla memoria dei martiri di Troina e l’anno successivo analogo riconoscimento fu conferito dalla fondazione “ Carnegie per gli atti di eroismo”. Nel 1951 il Comune di Rocca di Mezzo ha intitolato la via della loro abitazione “Via Vito e Amabile Colarossi”. Il 15 dicembre 2008 il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha conferito la medaglia d’oro al merito civile alla memoria dei martiri troinesi. Vito e Amabile riposano nel cimitero di Rocca di Mezzo in una cappella sulla cui facciata è scolpito il tipico ingresso di una galleria . La tragedia del 5 dicembre è ricordata a Troina come una delle pagine più dolorose della storia troinese, dove gli anziani ricordano, ancor oggi, Vito e Amabile come eroi non dimenticando il loro carattere allegro e scherzoso.
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Archivio dell’emigrazione Presso la biblioteca dell’Agenzia Promozione Culturale di Rocca di Mezzo è stato istituito l’ Archivio dell’emigrazione, si tratta di una raccolta di documenti, fotografie e materiali vari che riguardano l’emigra-zione italiana nel mondo e in particolare l’odissea dei rocchigiani, che dalla fine dell’ottocento ad oggi hanno raggiunto tutti i continenti, lasciando ovunque un segno tangibile del loro ingegno e della loro intelligenza . A tutta la cittadinanza verrà rivolto un invito a depositare in originale o in copia i documenti in loro possesso o semplicemente segnalarne l’esistenza insieme alle tappe percorse dagli antenati. La documentazione verrà raccolta, catalogata e sarà oggetto di mostre, studi, ricerche e pubblicazioni. Già nella per la prossima estate verrà allestita la mostra “Vestivamo all’americana – I rocchigiani in America 1900-1940” Presentiamo una lettera del 1906 inviata da Rocchigiani residenti a Los Angeles, indirizzata ai compaesani residenti a S. Francisco. Los Angeles il 12 dicembre 1906
Signore rocchigiane in posa a Durban nel 1921
Carissimi Amici Nicola Adolfo Peppina e Tutti Giusto ieri sera giunse qui la lettera che era diretta a me e recapito di Davide, il quale fu letta e trovammo tante belle cose riguardo alla vostra salute ed al vostro bene stare di voi e di tutti i vostri come pure dei nostri paesani in genere: Anche di noi qui grazie Iddio godiamo perfettamente bene in tutti i riguardi, tanto per quanto riguarda per guadagnare come per vivere e in prima il bel clima della marina che è qualche cosa di bello il freddo non si conosce affatto ?? Noi qui viviamo insieme io mia Moglie Costantino Borsei e Domenica e Davide gli altri paesani sono tutti convicini ma non sono due mesi precisi che giunsero qui ma siccome che Davide aveva smarrito il vostro indirizzo e non vi sono potuto scrivere prima, massimo per ringraziarvi a vvoi e a Peppina della cortese compagnia prestata a mia moglie per mare e ve ne sarò sempre oblicato per sempre. Qui le giornate non sono cattive il più basso ha 2 $ al giorno poi quelli che anno più abilità anno 2,50 fino a 3 e 3,50 come Davide adesso tira 3 scudi al giorno ma quanto prima avrà 25 $ la settimana e si vive bene. Mi dice Domenicuccia che il Zafferano che diceva Peppina è magnifico e saporitissimo. Intanto vogliatevi ricevere da noi tutti a voi tutti gli auguri delle buone feste Natalizie e le prosperità del nuovo anno con insieme i nostri più risentiti saluti e chiocate forte che noi qui gli diamo??! Col bene avvenire vi augura sempre il vostro Aff.mo amico Pasquale D’Eramo Risposta 700 Castelar St. Los Angeles Cal. fateci sapere se è venuto Massimo D’Aroma se ci mandate la vostra fotografia noi vi mandiamo la nostra
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Da Amiternum ad Alba Fucens …. da Aquila ad Avezzano storie e racconti lungo un’antica via Fin dall’ antichità la più breve via di collegamento fra la valle aquilana e quella del Fucino attraver sava il nostro altipiano. Da quando queste valli furono abitate l’uomo rag giunse l’altipiano, forse per inseguire prede, percorrendo le vie naturali meno ripide e acciden-tate, quando poi, da cac-ciatore diventò agricolo- re e allevatore sicurmen- te utilizzò i nostri pascoli con pratica della transu-manza verticale, allora i vecchi sentieri si allarga-rono divennero piste. In epoca romana, secondo lo storico Benedetto Orsatti, l’altipiano fu attraversato dalla via “Poplica Campana” che congiungeva la città di Amiternum in territorio sabino, patria di Gaio Crispo Sallustio, con L’arrivo dell’autobus Aquila Alba Fucens in territorio del 1929 equo. Secondo Orsatti la strada superava l’Aterno a Pile per poi costeggiare la riva destra del fiume passando per le città romane di Forcona, Aveia e Frustena, la prima nei pressi di Civita di Bagno, la seconda nei pressi di Fossa, della terza, che è lo storico ipotizza nei pressi di Fontavignone, se ne conosce l’esistenza, perché è citata in diversi documenti storici, ma non la sua ubicazione, poiché non stati ritrovati reperti significativi. Da Fonteavignone raggiungeva Rocca di Mezzo passando per Terranera, quindi girava intorno a Rovere, toccava Ovindoli per poi piegare a destra verso la Magnola e scendere a Forme costeggiando le pendici della montagna sul percorso della carrareccia ancor oggi transitabile per poi raggiungere facilmente Alba Fucens. Sulla via “Poplica Campana” – il cui nome è inciso su una pietra ritrovata a Coppito ed è presente nell’antica Tabula Peutingeriana - non tutti gli storici sono d’accordo nell’identificare il suo tragitto attra-verso l’altipiano, ad esempio Sandro Zenodocchio, ipotizza un percorso completamente diverso. Passan- do a piedi per sentieri ancor oggi percorribili, la tesi di Orsatti sembra verosimile con alcune varianti: da
Aveia la strada saliva a S. Panfilo sotto il castello dove forse era ubicata Frustena per poi raggiungere Fonteavignone attraverso Casentino e Stiffe; è improbabile che la stessa raggiungesse direttamente Terranera è in vece plausibile che salis-se fino al bivio della 5 bis per poi raggiungere, attra-verso il bosco dei Cerri e il valico di Rocca di Cam bio, scendere a S. Lucia e proseguire per la piana. Ma che si sia chiamata Poplica Campana o meno è certo, che una strada carrabile che raggiunges-se le nostre zone è esistita ed stata percorsa per seco li, fino all’ apertura di un nuovo tracciato: la rotabi-le Aquila – Avezzano nel 1870 , che successivamen – Avezzano dopo la nevicata te sarà denominata S.S. 5 bis Vestina Sarentina. La rotabile Aquila – Avezzano ebbe una lunga gestazione, il primo decreto risale 1814, fu firmato dal vice re di Napoli Giacchino Murat, ma non ebbe seguito. Nel 1855 dopo l’apertura della strada per Napoli attraverso la Valle del Liri, il Consiglio di Stato del Regno delle Due Sicilie deliberò il prolungamento per Aquila attraverso l’altipiano, ma anche questo finì nel dimenticatoio. Il progetto di realizzare un collegamen to rapido fra Aquila e Avezzano fu subito ripreso dallo stato unitario e fu approvato definitivamente nel 1865, dopo lunghe discussioni fra chi sosteneva il tracciato S. Martino–Fonteavignone–Terranera–Roc-ca di Mezzo e chi il percorso S. Martino–Valico dei Cerri–Rocca di Cambio; prevalse quest’ultimo, ma 100 anni dopo fu realizzato anche il primo progetto con la costruzione della Strada Provinciale n. 38. Oggi anche la S.S. 5 bis ha in parte cambiato nome, essa infatti va dal passaggio a livello presso il fiume Aterno all’incrocio della S.S. 17, fino al bivio di Campo Felice che da questo punto assume la denomi- nazione di S.S. 696, che parte dallo svincolo autostra- dale di Tornimparte attraversa Campo Felice, la gal-leria in fase costruzione, fino all’incrocio con la >>>
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Tiburtina Valeria (S.S. 5) nei pressi di Avezzano passando per Ovindoli e Celano. Oggi gli antichi percorsi sono abbandonati, ma andrebbero ripristinati come sentieri per trekking e mountain bike, con aree di sosta, dove con adeguata segnaletica vengano ricordati fatti storici e letterari che li hanno interessati. Si perché le nostre strade furono percorse da tanti personaggi storici come: Annibale, gli Ottone di Sassonia, Cor radino di Svevia e Carlo d’Angiò prima della decisiva battaglia di Tagliacozzo, Braccio da Montone, Agnesi na di Monfeltro (figlia di Federico duca di Urbino e di Battistina Sforza, mirabilmente raffigurati da Piero della Francesca nei famosi due quadri esposti agli Uffizi), S. Bernardino da Siena, Giuseppe Buonaparte, Menotti Garbaldi (che tenne un discorso a Rocca di Mezzo nel 1871), forse da Mussolini quando fu
condotto a Campo Imperatore (vi sono attendibili testimonianze) e tanti altri fino Giovanni Paolo II. Vi sono passati anche giornalisti e scrittori che hanno lasciato scritti e impressioni di viaggio, fra questi vanno ricordati: Richad Keppel Craven nel 1826 e nel 1831, Raffaele Colucci nel 1856, Tito Vespasiani nel 1896, Carlo Ignazio Gavini, Enrico Abbate nel 1900, Anne MacDonnell intorno al 1905, Anna Curiel Fano e Natalia Ginzburg nel 1943, Ignazio Silone e Carlo Emilio Gadda fra il 1950 e il 1960 ed altri, senza dimenticare i numerosi racconti di Mario Arpea; tante pagine da poter creare un parco letterario. Con questo numero iniziamo la pubblicazione di questi scritti, di altri documenti e curiosità: da Amiternum ad Alba Fucens ….da Aquila ad Avezzano storie e racconti lungo un’antica via.
Da Escursioni negli Abruzzi di Keppel Richard Craven Richard Keppel Craven è un nobile inglese nato nel 1779; soggiornò per molti anni a Napoli, visitò l’Abruzzo nel 1826 e nel 1831. Nel 1837 pubblicò a Londra, in due volumi, le impressioni dei suoi viaggi con il titolo “Excursions in the Abruzzi and northern provinces of Naples”. Per raggiungere Aquila da Avezzano scelse la via più breve, attraverso le nostre montagne. Il viaggio avvenne probabilmente in autunno, quando nei giorni nuvolosi il paesaggio è un po’ desolante, o forse in primavera, quando i ribes hanno abbondanti infiorescenze; il nostro viaggiatore era accompagnato da un suo servitore; in sella a due cavalli percorsero il sentiero più rapido e più ripido. Riportiamo la descrizione di questo tragitto tratta dalla traduzione di Donatella Lepore e Rolando Cincione pubblicata a cura della Biblioteca Civica di Sulmona nel 1981 (disponibile in biblioteca). Lasciando questa graziosa valle (Celano e il Fucino) con tutte le sue attrattive e volgendo le spalle al lago, risalimmo per uno stretto burrone che si apriva sulle montagne che avremmo dovuto attraversare. Il paese di S’Iona sulla sinistra, quello di San Potito, sulla destra, potrebbero fornire i peggiori esempi scelti per insediamenti umani, se Ovindoli, che viene dopo, non li superasse per la difficoltà dell’accesso e per lo squallore dell’ubicazione. Esso è abbarbicato su un arida roccia che si protende su una stretta gola attra verso la quale il sentiero che noi seguimmo conduce ad un’estesa pianura sulla sommità della catena montuosa. Il vento, che soffia attraverso questo passo con allarmante violenza ed è particolarmente freddo e pungente, ci diede un immagine più reale degli orrori della stagione invernale in un tale posto. Il piano che segue, anche se >>> coltivato in parte,
La capanna di sassi e terra al bivio di Fonteavignone sulla SS. 5 bis – Vestina Sarentina, serviva da ricovero a coloro che attendevano la corriera; da questo punto si può raggiungere il paese con mezz’ora, percorrendo un bel sentiero oggi in parte inagibile. A questa località è dedicato un racconto di Mario Arpea “Il trivio” pubblicato nel libro “Parata d’ombre”- Edizioni dell’Altipiano 2002 (disponibile in biblioteca) . Il manufatto ed il sentiero andrebbero restaurati e proposti come testimonianza della dura vita che si conduceva fra queste montagne.