ATTIVITA DI ORIENTAMENTO, FORMAZIONE, TIROCINIO PER L’INSERIMENTO LAVORATIVO NELLE IMPRESE E BOTTEGHE ARTIGIANE DEL SETTORE DEL RESTAURO BENI CULTURALI
Chiara Natale, Clara Huynh Relazione
BRONZI DEL VILLAGGIO OLIMPICO L’attribuzione di queste opere è stata difficile e piena di polemiche negli ultimi anni, non sono firmate e non c’è nessuna targa che designa l’autore. Grazie agli studi fatti dalla dottoressa Eugenia Matteucci Ramponi è stato confermato che sono dell’artista Amleto Cataldi . L’artista nacque a Napoli nel 1882, da un povero intagliatore del legno, il quale gli insegnò la propria arte. Padre e figlio cercarono fortuna a Roma, dove si trasferirono e aprirono una piccola bottega. Tuttavia, il giovane seguiva una sicura vocazione di scultore e , frequentando mostre e musei, si era iscritto – come Boccioni, De Carolis 1‐ alla Libera Scuola del Nudo di via Ripetta2,dove si distinse per merito. Dopo alcuni lavori, eseguiti per conto di altri, uscì dall’anonimato, vincendo il concorso per una delle “Vittorie Alate”sul ponte Vittorio Emanuele a Roma, e imponendosi alla critica del tempo. Esibì i suoi lavori, in mostre personali e collettive, a Roma, a Milano, Torino, Monaco, Bruxelles, Londra, Barcellona, Buenos Aires e più volte a Parigi, dove nel 1923 una giuria francese, di cui era membro Rodin3, ne aveva premiato l’arte “per la sua espressione viva, mai disgiunta da ritmica armonia” (Scarpa, 19514). Morì a Roma il 10 settembre 1930. 1
Boccioni: 1882-1916 Pittore e Scultore. De Carolis 1874-1928 Pittore Incisore Illustratore. Fa parte dell’Accademia di Belle Arti. Fonte: http://www.treccani.it/enciclopedia/amleto-cataldi_(DizionarioBiografico)/ 3 Auguste Rodin 1840-1917 Scultore e pittore francese. 4 Carlo Scarpa 1906-1978 Architetto e critico d’arte 2
La sua fama venne annientata inevitabilmente dal tramonto degli stanchi modi artistici (classico e poi fascista) cui aveva aderito. Conseguentemente molte delle sue opere, anche monumentali, vennero rimosse, e non è facile, a tutt’oggi, rintracciarne l’ubicazione. Amleto Cataldi, nel corso della sua vita fu incaricato di monumenti pubblici in molte comuni italiane (Foggia, San Benedetto del Tronto, Lanciano…) e nella capitale, dove eseguì tra l’altro: il monumento alla Guardia di Finanza5, quello ai Caduti della Sapienza6 e due sue statue figuravano tra le decorazioni del transatlantico Conte Biancamano7. Inoltre fu incaricato di realizzare quattro gruppi in bronzo di due atleti ciascuno: la Lotta, il Pugilato, il Calcio, la Corsa, per il fregio frontale dello stadio sportivo in via Flaminia. La storia della collocazione di questi gruppi inizia nel 1927, con il celebre Architetto Marcello Piacentini il quale ebbe l’incarico di ristrutturare il vecchio “Stadio Nazionale” risalente al 1911. Sulle quattro colonne, nella parte superiore della nuova facciata in pietra da lui realizzata, fece collocare questi grandiosi gruppi di atleti commissionati ad Amleto Cataldi il quale, nella realizzazione, si avvalse della collaborazione anche del proprio nipote Antonio Cataldi8. Nel 1958 lo stadio divenuto nel frattempo troppo piccolo e che ora veniva chiamato “Stadio Torino” a ricordo della catastrofe di Superga del 19499, fu abbattuto per far posto all’attuale Stadio Flaminio su progetto dell’ Architetto e ingegnere Pierluigi Nervi, in occasione delle XVII Olimpiadi del 1960. Vicino al nuovo stadio venne costruito un intero quartiere per ospitare gli atleti durante i giochi, ovvero il Villaggio Olimpico. Durante i lavori le statue andarono perdute: a cercarle furono, tre anni dopo, i residenti del Villaggio Olimpico, capeggiati dal giornalista Giulio Tirincanti. Finite le Olimpiadi per le quali il quartiere era stato costruito, esso fu privato inoltre dell’unico ornamento: una copia della Lupa capitolina. Riunitisi in quello che essi stessi definirono un “comitato di salute pubblica”, i residenti chiesero al Coni e al Comune la restituzione dell’opera, che i rivelò però essere stata affittata solo per la durata delle competizioni. 5
in Viale XXI Aprile, a Roma. è il Monumento agli Studenti caduti per la Patria di Amleto Cataldi, situato nella Città universitaria, a lato della Facoltà di Scienze geologiche. 7 nave di linea italiana varata nel 1925. Il nome è stato scelto in onore di Umberto I Biancamano, capostipite dei Savoia. 8 Antonio Cataldi detto Antonetto da Castrocielo (1910 – 1939) Scultore 9 La tragedia di Superga fu un incidente aereo avvenuto il 4 maggio 1949. Alle ore 17:03 l’aereo con a bordo l'intera squadra del Grande Torino si schiantò contro il muraglione del terrapieno della Basilica di Superga, che sorge sulla collina torinese. Le vittime furono 31. (wikipedia) 6
Il comitato chiese allora, uno dei manufatti artistici conservati nei magazzini comunali in sostituzione della copia della Lupa capitolina. Dopo una lunga ed infruttuosa ricerca, Giulio Tirincanti suggerì la consegna delle quattro statue di Amleto Cataldi. La proposta fu accettata e,dopo alcuni mesi, furono rinvenute in cattivo stato di conservazione. Come riportava G. Tirincanti in un mini – dossier, le statue si trovavano in diversi magazzini “sotto immensi cumuli di detriti e d’immondizia. I demolitori del vecchio stadio, ignoranti e del tutto irrispettosi delle cose dell’arte, invece di imbracare con cura i quattro gruppi e calarli a terra con mezzi adeguati, si erano limitati a legarli con delle funi che, tirate d camion, li avevano fatti precipitare dall’altezza di ben quattordici metri”. Da allora mai alcun ufficio competente si è preso cura dello loro stato di conservazione che è stato sempre precario. Fortunatamente una figlia del giornalista Giulio Tirincanti, Rossana Tirincanti10 sulle orme dell’interesse paterno, si è continuamente prodigata in questi anni a stimolare chi di dovere per un intervento conservativo sui bronzi. La stampa nazionale non è stata indifferente, finché finalmente la Soprintendenza competente di Roma nel 2009 ha raccolto l’appello constatando l’urgenza di un intervento di restauro. Iniziarono così i lavori finanziati dall’ On. Sen. L. Ramponi in memoria della moglie scomparsa, a partire dal gruppo de “la Lotta” situato in via Unione Sovietica. L’intervento di restauro è proseguito nel 2012 con un nuovo finanziamento dell’On. Senatore, ed ha interessato i tre gruppi “il Pugilato”, “il Calcio”, “la Corsa”, che sono stati oggetto del presente lavoro. Chiara Natale, Clara Huynh.
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http://www.ilgiornale.it/roma/al_villaggio_olimpico_statue_colpite_cancro_bronzo/14-08-2006/articolo-id=111711page=0-comments=1
ATTIVITA DI ORIENTAMENTO, FORMAZIONE, TIROCINIO PER L’INSERIMENTO LAVORATIVO NELLE IMPRESE E BOTTEGHE ARTIGIANE DEL SETTORE DEL RESTAURO BENI CULTURALI
Valentina Capoccioni Relazione le sculture in bronzo La scultura e le sue tipologie la scultura è una forma d’arte tridimensionale, in diretto rapporto con lo spazio reale, a differenza di altre arti quali la pittura che crea solamente una spazio fittizio posto su un unico piano. La scultura (dal latino “sculpere”= fabbricare, scolpire o scavare una forma in un materiale duro ad esempio la pietra1o il legno2) e la plastica (dal greco “plasso”= plasmare, modellare una forma con del materiale tenero come l’argilla3 o tramite tecniche termiche e nel senso più ampio del termine il bronzo4) sono due procedimenti opposti ma equivalenti che indicano l’arte di produrre opere figurative senza tener conto delle diverse operazioni tecniche che implicano. La prima, la scultura, forma l’opera asportando materiale e la seconda, la plastica, aggiungendone, i due termini però vengono adoperati indifferentemente. Le sculture in relazione alle loro “caratteristiche tridimensionali” si suddividono in due tipologie: il rilievo e il tuttotondo. Il rilievo prevede delle figure che sporgano in misura minore (bassorilievo)5 o maggiore (mezzorilievo e altorilievo)6, da un piano di fondo; il tuttotondo, invece, 1
David, Michelangelo Buonarroti, 1501‐04, marmo, h=4,43m (Firenze, Galleria dell’Accademia)
2
Statuetta della regina Ahmose‐Nefertari, regno di Ramesse II (dinastia XIX), 1279‐13 a.C.,legno stuccato e dipinto, h=43 cm (Torino, Museo egizio) 3
Madonna col banbino bene dicente, Luca Della Robbia, 1450 circa, terracotta invetriata, 75x63 cm (Lucca, San Michele) 4
Monumento equestre ad Alessandro Farnese, Francesco Mochi, 1620‐25, bronzo (Piacenza, Piazza Cavalli)
5
Banchetto di Erode, Donatello, 1425 circa,bronzo dorato, 60x60 cm (Siena, Battistero)
consiste in figure scolpite su tutti i lati, non sporgenti da un piano di fondo sono autonome e potenzialmente dotate di molteplici punti di vista,( tali figure sono chiamate statue). Sculture in bronzo: cenni storici L’uso del metallo nell’arte plastica si diffonde a partire dal III millennio a.C. in Oriente, in Grecia e in Etruria; le sculture monumentali sono realizzate rivestendo con lamine metalliche modelli di legno o pietra, mentre quelle di piccole dimensioni sono ottenute colando il metallo fuso, per lo più Bronzo, all’interno di “forme”. Questa tecnica era già conosciuta in Iran e in Mesopotamia a partire dal IV millennio a.C. In Grecia,a partire dal VI sec. a.C. le sculture sono eseguite completamente in metallo, anche di grandi dimensioni, grazie alla diffusione di tecniche di procedimento dette “a cera persa con anima d’argilla”7. Nei secoli successivi la produzioni di grandi bronzi risulta ampia e di alta qualità, informazione che noi conosciamo per lo più attraverso copie romane (in bronzo e marmo) di originali greci quasi completamente perduti nel corso del tempo: spesso le opere, infatti, venivano fuse per poterne riutilizzare i metalli. Gli scultori greci tradizionalmente realizzavano statue policrome di legni, di pietra e anche di bronzo, naturalmente dato che il metallo non può essere dipinto, venivano sottolineati solamente dei particolari (occhi, labbra, ecc.) con dei metalli più nobili o con altri materiali (vetri colorati, avorio, pietre preziose). Inoltre erano soliti proteggere il bronzo spalmando sulla superficie delle statue del bitume per impedire la formazione di patine, o attraverso altri procedimenti più lunghi e laboriosi. Le statue di grandi dimensioni venivano, in genere, composte da più parti fuse e poi saldate e incastrate tra loro, o eseguite a cera persa, in un'unica ed esclusiva copia8 9 . 6
Creazione di Adamo ed Eva (Peccato originale – primo rilievo della Genesi), Wiligelmo, 1106‐10, pietra, 1,00x2,80 m (Modena, Duomo) 7
Zeus (o Poseidone) dell’Artemision, autore ignoto, 470‐60 a.C., bronzo, h=2,09 m (Atene, Museo archeologico nazionale)
In epoca romana continuarono la creazione di bronzi, soprattutto copie di modelli greci,utilizzando sempre le stesse tecniche anche sé si preferì l’uso di altri materiali quali il marmo, a scapito dei metalli. Con il passare dei secoli ci fu un progressivo declino delle attività metallurgiche, questo comportò la perdita quasi totale delle conoscenze tecniche acquisite. Successivamente, in epoca medievale, in Italia, gli unici depositi dell’antico procedimento di fusione “a cera persa con anima d’argilla” sono i fondatori di campane. Le rare sculture in bronzo di grandi dimensioni risalenti a questo periodo sono realizzate con tecniche di fusione rudimentale10, il loro spessore è enorme e presentano numerose imperfezioni. Soltanto verso la metà del trecento ha inizio, un processo di recupero e perfezionamento delle tecniche metallurgiche, in particolare dei procedimenti a cera persa, che giunge a conclusione nel cinquecento inoltrato. I bronzi realizzati nel rinascimento sono di qualità decisamente maggiore rispetto a quelli precedenti, anche se la tecnica rimane sostanzialmente “primitiva”; infatti, presentano saldature, rifusioni, rammendi, spesso irregolarità, e la loro perfezione formale a volte frutto di una laboriosa e lunga lavorazione a freddo11. Lo stesso Donatello12 13senza grande perizia e le sue opere di bronzo sono ottenute assemblando parti fuse separatamente. In contrasto con quanto avviene nella pratica, nel risorgimento, si afferma l’ideale dell’opera fusa in un solo getto.
8
Bronzi di Riace, autore ignoto, V sec. a.C., bronzo, h=2,05‐1,98 m (Reggio Calabria, Palazzo Campanella)
9
Satiro danzante, autore sconosciuto, incerta tra il IV e il II sec. a.C., bronzo (Mazzara del Vallo, Museo del satiro danzante) 10
Porta di San Ranieri, Bonanno Pisano, 1180, bronzo (Pisa, Duomo)
11
San Giovanni, Lorenzo Ghiberti, 1412’16,bronzo, h=2,55 m (Firenze, Orsanmichele)
12
Donatello, vero nome Donato di Niccolò di Betto Bardi (Firenze, 1386 – Firenze, 13 dicembre 1466)
13
David, Donatello, 1444‐46 circa, bronzo, h=1,58 m (Firenze, Museo nazionale del Barghello)
Questo ha origine agli inizi del quattrocento, quando Ghiberti14 vince il concorso per la seconda porta bronzea del battistero di Firenze con una formella fusa come un unico pezzo15. Nei secolo successivo, realizzare una statua in un solo getto risulta ancora un’impresa difficile, la cui riuscita diventa motivo di vanto per lo scultore, come ad esempio Cellini16 descrisse enfatizzando la fusione del suo Perseo17. Nel Cinquecento si afferma l’abitudine di intervenire sulla superficie metallica, sia decorandola a cesello, sia stendendo su di essa vernici e patine artificiali; torna in uso il procedimento “del negativo a tasselli”, dimenticato al termine dell’età classica, che comincia a essere impiegato sistematicamente della bottega del Gianbologna18: ciò impresse alla sua produzione un carattere semi‐industriale19. In epoca barocca la rifinitura a freddo del getto bronzeo da parte dello scultore riveste ancora grande importanza, poiché è considerata una fase “creativa” dell’operazione artistica. Con il passare del tempo, però, essa viene ridotta a un lavoro meccanico di correzione eseguito dallo stesso fonditore20. Nel Novecento gli artisti si riavvicinano con entusiasmo all’aspetto propriamente tecnico dell’attività scultorea e realizzano opere in cui il risultato formale non cela gli interventi compiuti sulla materia21. Tecniche di fabbricazione I metalli non possono essere lavorati direttamente, cioè scolpiti come la pietra e il legno o plasmati come l’argilla; essi devono essere adattati a un “modello” o ad una 14
Lorenzo Ghiberti (Firenze 1378‐1455)
15
Sacrificio di Isacco, Lorenzo Ghiberti, 1401‐02, bronzo dorato, 45x38 cm (Firenze, Museo nazionale del Barghello)
16
Benvenuto Cellini (Firenze 2 novembre 1500‐ 13 febbraio 1571)
17
Perseo, Benvenuto Cellini, 1545‐54, bronzo, h=3,20 m base inclusa (Firenze, Loggia dei Lanzi)
18
Jean de Boulogne detto Gianbologna (Douai 1529‐ Firenze 1608)
19
Mercurio, Gianbologna, 1564‐80, bronzo, h=1,80 m (Firenze, Museo nazionale del Barghello)
20
Abele, Giovanni Duprè, 1842, 226x73 cm (Firenze, Palazzo Pitti)
21
Donna in piedi (donna Leoni), Alberto Giacometti, 1947, bronzo, h=1,53 m (Venezia, Collegio Peggy Guggenheim)
“forma” di altro materiale: se il metallo è ridotto in lamine, queste possono essere applicate su un modello di legno o pietra, se il metallo è fuso, viene colato entro una forma di terracotta, che consiste nell’impronta cava (al negativo) della figura da riprodurre. Il metallo più idoneo alla lavorazione in lamine è il rame (temperatura di fusione 1085°C),mentre quello per la fusione è il bronzo, una lega di rame e stagno; la percentuale di stagno presente nella lega determina il colore e le caratteristiche meccaniche e fisiche del bronzo. Per quanto riguarda il colore, se la qualità di stagno non supera il 4% il metallo è rosso; man mano che essa aumenta la lega vira dal giallo‐arancio al grigio‐argenteo; invece, per le caratteristiche meccaniche e fisiche, aumentando la quantità di stagno, la lega risulta più fluida allo stato fuso, ma più dura e più fragile una volta tornata allo stato solido, rendendo difficile gli interventi sul getto freddo. La tecniche basate sulla fusione consentono, in ambito artistico, un uso del bronzo autonomo e ricco di potenzialità. La preparazione del modello rappresenta dal punto di vista creativo, il momento più importante del procedimento: infatti richiede l’ideazione e la progettazione dell’opera, e naturalmente, per la sua realizzazione sono usati gli strumenti specifici22. Le fasi successive, relative alla sua esecuzione reale, consentono solamente la riproduzione meccanica dell’idea. La tecnica della fusione “a cera persa” si può sviluppare in tre procedimenti differenti, e con essa è possibile eseguire anche sculture di grandi dimensioni e molto complesse. Nel primo, il modello, solitamente di piccole dimensioni, è realizzato in cera e su di esso viene plasmata la controforma di argilla, facendolo cuocere la cera si scioglie e defluisce dalla forma attraverso dei fori preventivamente fatti, 22
Gli strumenti più utilizzati sono seghetti, sgorbie, scalpelli, strumenti abrasivi, mire, stecche,ecc...
la cavità così creata viene riempita con il bronzo fuso; dato che il modello è pieno si ottengono soltanto getti massicci. Il modello e la controforma vengono distrutti durante le fasi di lavorazione e per liberare la scultura, potendone quindi realizzare un solo esemplare. Nel secondo procedimento, il modello, realizzato in cera, è plasmato su un nucleo interno di argilla, detto anima;sul modello in cera viene pressata una controforma di argilla, dotata di un sistema di canali per il deflusso della cera e di sfiatatoi per la fuoriuscita dell’aria e del vapore di fusione; al fine di impedire che l’anima si sposti, essa inoltre viene fissata alla forma con chiodi metallici. Facendo cuocere il tutto, l’anima e la forma si consolidano, mentre la cera si scioglie e defluisce attraverso i canali, dando vita all’intercapedine nella quale viene gettato il bronzo fuso. Dopo il raffreddamento, la forma viene distrutta a colpi di scalpello e l’anima viene rimossa. Si ottiene così una scultura cava e di spessore sottile e uniforme, relativamente leggera anche se di grandi dimensioni; con questo procedimento, come per il precedente, si può realizzare un solo esemplare. I primi due procedimenti sono di difficile esecuzione e non è raro che la fusione risulti imperfetta, e spesso per ovviare a questi inconvenienti le varie parti di una statua vengono fuse separatamente e unite dopo il raffreddamento con chiodi, perni e saldature. Il terzo procedimento è quello del negativo a tasselli, che consente il recupero del modello e la sua riproduzione in serie; il procedimento precedente infatti risulta capovolto e partendo dalla forma infatti si arriva all’anima.
Sul modello realizzato in argilla viene plasmata una forma in gesso a tasselli composta da pezzi smontabili, e, una volta solidificata, i diversi tasselli vengono staccati dal modello e ricomposti. La superficie interna della forma viene rivestita con un sottile strato di cera e la cavità residua viene riempita d’argilla. A questo punto i tasselli vengono smontati e sulla cera viene plasmata la controforma definitiva con l’aggiunta dei canali per il deflusso della cera e di sfiatatoi per l’aria. Successivamente il procedimento si svolge come il precedente. I vantaggi di questo procedimento sono molteplici: la possibilità di conservare il modello e quindi di riprodurlo in più esemplari, consente di ottenere getti di spessori variabili e separa i compiti dell’artista da quelli dell’artigianato fonditore. La scultura liberata dalla forma e dall’anima è avvolta dai chiodi metallici con i quali è stata fissata l’anima, dalla rete dei canali di deflusso e dagli sfiati che vanno asportati. Dopo la fase di fusione della scultura si passa alla fase di rifinitura, vale a dire la lavorazione a freddo fatta dall’artista, la saldatura dei pezzi rifiniti, la chiusura delle saldature e se necessario rifiniture ulteriori dovute a problemi di fusione o difetti. Le rifiniture vengono fatte con ceselli e bulini, la superficie viene infine ripulita con lime e raschiatoi e lucidata con ossi di seppia. Talvolta le statue possono essere patinate artificialmente attraverso l’utilizzo di sostanze chimiche, procedimenti elettrofisici o vernici. Con il passare del tempo la superficie subisce un processo di alterazione, ossidandosi o corrodendosi, e si creano patine di diversi colori e consistenze. (Giorgio Vasari, “Le vite dè più eccellenti pittori, scultori e architetti”) (a cura di Ch Singer ed altri, “Storia della tecnologia”) (a cura di E. Formigli, “Antiche officine del bronzo”)
(S. Rinaldi, “Storia delle tecniche artistiche, materiali e metodi della pittura e della scultura”) Cantiere didattico: i Bronzi del Villaggio Olimpico (Roma) I complessi scultorei “Il Calcio”, “La Corsa” e “La Lotta” sono statue in bronzo situate a Roma in varie zone del quartiere “Villaggio olimpico”, ognuna raffigurante due figure maschili in posizioni inerenti allo sport descritto, alte circa 2 metri create dall’artista Amleto Cataldi23 Sono sculture bronzee create in parti con la tecnica “a cera persa con il negativo a tasselli” e successivamente rifinite, saldate e finite con una patinatura di colore scuro. Il procedimento di creazione è avvenuto tramite la realizzazione di un modello e sulla successiva formazione di stampi/tasselli di gesso di parti del modello. I modelli di gesso ricomposti sono stati ricoperti con uno strato di terra (argilla), di spessore sufficiente per poter resistere al getto metallico; la forma così creata è stata colmata con un anima di argilla. Successivamente dopo l’eliminazione della cera dallo stampo e la fusione del bronzo vera e propria, il pezzo freddo è stato rifinito, eliminando tutti i canali di sfiato riempiti con bronzo eccedente. Una volta completati tutti i vari pezzi si passa al montaggio della statua, saldando tra loro le parti delle figure , saldature ancora visibili sulla superficie dei bronzi. Le saldature si possono osservare tra la testa e il busto, sulla parte centrale del collo, sugli avambracci proprio sotto le spalle sulle cosce vicino all’attaccatura con il busto delle figure. Si trovano inoltre saldature dovute a rimaneggiamenti dell’artista su piccole parti delle statue e più evidenti nei punti di giunzione tra gli atleti, dove troviamo anche cordoli in piombo Successivamente per completare i bronzi è stata, probabilmente, applicata una patinatura artificiale di colore nero, forse sottoponendo il metallo alternativamente 23
Amleto Cataldi (Napoli 1883‐ Roma 1930)
a bagni in differenti sostanze e a riscaldamento al fuoco (tecnica più usata dagli artisti della stessa epoca). Valentina Capoccioni
ATTIVITA DI ORIENTAMENTO, FORMAZIONE, TIROCINIO PER L’INSERIMENTO LAVORATIVO NELLE IMPRESE E BOTTEGHE ARTIGIANE DEL SETTORE DEL RESTAURO BENI CULTURALI
Patreno Relazione
Caratterizzazione diagnostica di tre gruppi di sculture bronzee “La Corsa”, “Il Calcio”, “Il Pugilato” situate al Villaggio Olimpico di Roma. Introduzione. Il bronzo è una lega binaria composta da rame e stagno in percentuali variabili, in fonderia adesso come nell’antichità vengono impiegati bronzi più complessi contenenti anche sensibili quantità di piombo e zinco. Tale scelta è suggerita sia da fattori economici che tecnologici lo stagno e il piombo infatti, aumentano il grado di fluidità della lega allo stato di fusione, lo stagno lo zinco e il piombo abbassano il punto di fusione della lega. Quasi tutti i metalli si trovano nella crosta terrestre sotto forma di composti come ossidi ,solfuri, carbonati ecc. e solo alcuni si possono trovare alo stato metallico come l’oro, l’argento, il rame. I prodotti della corrosione dei metalli sono i medesimi composti che si possono trovare in natura come minerali; ciò indica che i composti sono più stabili dei metalli dai quali si formano, pertanto i metalli tendono per corrosione ad assumere lo stato più stabile. I fenomeni corrosivi vengono divisi in due gruppi fondamentali: i fenomeni di corrosione chimica e i fenomeni di corrosione elettrochimica. I fenomeni di corrosione chimica si originano per reazione diretta di un metallo con un determinato reagente chimico: ossigeno ,anidride carbonica, acido solfidrico, ecc. I fenomeni di corrosione elettrochimica avvengono invece in presenza di acqua o di umidità e sono caratterizzati dalla presenza di ioni metallici in soluzione e dal passaggio di correnti elettriche, elettroni, nella fase metallica e migrazione di ioni nella soluzione.
Osservazioni preliminari I tre gruppi scultorei bronzei di Amedeo Cataldi risalenti al 1950 sono situati in tre zone differenti nella zona del villaggio olimpico a Roma; le statue, di grandi dimensioni si trovano all’aperto. Dall’osservazione, prima dell’intervento di restauro, abbiamo potuto constatare la presenza, su tutta la superfice dei tre
gruppi scultorei, di diversi prodotti di corrosione. I più evidenti erano costituiti da macroscopiche “zebrature” di colore verde‐biancastro che percorrevano tutta la superficie, imputabili al dilavamento della pioggia sulla superficie delle statue essendo queste ubicate all’aperto. Da una più attenta osservazione della superficie abbiamo riscontrato la presenza di diverse patine di corrosione: ‐ ‐ ‐
Patina di color rosso cupo e rosso arancio uniforme riscontrata prevalentemente al di sotto di concrezioni. Questa è riconducibile ad un ossido rameoso (Cu2O) chiamato Cuprite. Patina verde scuro uniforme presente in molte zone della statua riferibile probabilmente alla malachite (carbonato di rame) o brochantite (solfato) Patina verde chiaro riscontrata soprattutto nelle “zebrature” probabilmente un cloruro ovvero Atacamite o Paratacamite ( Cu2(OH)3 Cl )
Oltre alle patine di corrosione e a numerose concrezioni di natura calcarea, su buona parte della superficie erano presenti fessurazioni e cricche riconducibili a fenomeni di degrado del metallo. Erano inoltre presenti prodotti organici come il guano degli uccelli. Abbiamo riscontrato inoltre saldature effettuate durante la lavorazione a freddo delle statue e difetti di fusione. I tre gruppi scultorei sono caratterizzati come tutti i bronzi statuari, da una rilavorazione a freddo effettuata con ceselli e scalpelli. Caratteristiche sono delle linee circolari riscontrate in alcune parti delle statue eseguite forse con un cesello profilatore o perlinatore.
Le Tecniche Analitiche Sui tre gruppi scultorei sono stati effettuati due tipi di indagini diagnostiche non distruttive: la fluorescenza ai raggi X (XRF) per la determinazione della composizione della lega bronzea e la diffrattometria ai raggi X (XRD, esami microscopici) per la caratterizzazione dei prodotti di degrado. La tecnica analitica XRF consente di individuare gli elementi chimici costitutivi di un campione grazie alla radiazione X da esso emessa (emissione di luce in fluorescenza) dopo un’eccitazione atomica effettuata con opportuna energia attraverso un tubo radiogeno. La radiazione caratteristica emessa dal campione può essere rivelata in funzione della sua lunghezza d’onda(WD‐XRF) o della sua energia(ED‐ XRF). Nel primo caso si ha maggiore sensibilità ma non è possibile costruire apparecchi portatili, nel secondo caso invece, la radiazione di fluorescenza emessa dal campione viene rivelata in funzione dell’energia grazie ad un rilevatore a stato solido che permette di individuare in un'unica misura tutti gli elementi chimici aventi peso atomico superiore o uguale al potassio (Z≥19).Nel campo dei beni culturali la tecnica ED‐XRF è una delle tecniche analitiche più utilizzate perché consente di fare analisi non distruttive, può richiedere una preparazione minima del campione, può operare in aria, consente l’utilizzo di apparecchiature portatili e la rapidità di esecuzione. Risulta quindi essere, per le caratteristiche appena elencate, una tecnica economicamente molto vantaggiosa. Uno dei vantaggi della Fluorescenza rispetto ad altri metodi di analisi è che non risente di effetti dovuti al legame chimico degli elementi (a differenza di molte altre spettroscopie), mentre lo svantaggio principale è la difficoltà nel rivelare gli elementi più leggeri. Le misure sono state effettuate in aria ponendo il campione davanti alla sorgente di raggi x, quest’ultima produce un fascio di radiazione primaria che attraversa un collimatore e colpisce il
campione. La funzione del collimatore è quella di ridurre le dimensioni del fascio uscente e di puntarlo solo sulla zona che si intende analizzare. Il campione colpito da radiazione X primaria emette radiazione X secondaria. Ogni singolo fotone che raggiunge il rivelatore interagisce con esso rilasciandogli la propria energia e provocando l’emissione di un impulso elettrico di ampiezza proporzionale all’energia ceduta. Tali impulsi vengono inviati al multicanale, un sistema di acquisizione ed elaborazione dati, che provvede a selezionarli e memorizzarli in base alla loro ampiezza. Per far si che ad ogni canale, quindi ad ogni ampiezza, corrisponda una determinata energia è necessario tarare lo strumento, utilizzando lo stesso assetto sperimentale con il quale si analizzano i campioni. Al termine di ogni misura si ha come risultato uno spettro di fluorescenza, cioè un grafico in cui in ascisse è riportata l’energia dei raggi X e in ordinate il corrispondente numero di conteggi, raccolti in un intervallo di tempo prefissato. Gli spettri così ottenuti, che corrispondono ciascuno ad un punto esaminato sul campione, vengono quindi analizzati attraverso programmi computerizzati. Il processo si realizza suggerendo al sistema che all’interno di quel campione è possibile trovare determinati elementi chimici; il programma calcola la migliore curva che riproduce i dati sperimentali e come risultato fornisce i conteggi relativi ad ogni elemento suggerito. Al termine di questa operazione si scartano gli elementi chimici i cui conteggi non siano compresi per tre volte nella deviazione standard poiché non significativi rispetto allo spettro. Per ottenere la composizione in peso degli elementi occorre moltiplicare i conteggi relativi ai vari elementi per dei fattori che tengano conto dell’efficienza della strumentazione utilizzata. La tecnica XRD (diffrattometria ai raggi X) permette di determinare la struttura cristallina di una sostanza (polveri , concrezioni , scaglie) attraverso un fascio incidente di raggi X. Il fascio monocromatico di raggi X che attraversa un solido cristallino è deviato dagli atomi che costituiscono il minerale stesso. Ad uno specifico angolo di incidenza, i raggi X sono in fase e producono una fascio secondario intensificato. In questo caso avviene la diffrazione che può essere pensata come una riflessione del fascio di raggi X sul piano degli atomi. Di seguito due immagini rappresentative:
Il fascio diffratto si chiama riflessione del primo ordine. La diffrazione si presenta anche quando la differenza della distanza percorsa dai raggi X spostati da due strati di atomi adiacenti uguaglia due lunghezze d’onda. Il fascio risultante si chiama riflessione del secondo ordine. Riflessioni di ordine maggiore si hanno ogni volta che la differenza di percorso è pari ad un numero multiplo intero della lunghezza d’onda. L’equazione che governa questo fenomeno fisico è l' equazione di Bragg: nλ= 2dsinθ
dove n = numero intero, λ= lunghezza d’onda, d = distanza tra i piani di atomi (Å), θ= angolo di incidenza. Generalmente il campione si riduce in polvere sottile (1‐50 micron) e si posiziona nel diffrattometro. La direzione del fascio raggi X primario rimane costante perché il campione ruota intorno ad un asse normale al fascio primario. I fasci diffratti che arrivano sul detector, solidale ad un goniometro, sono riportati come picchi su di un grafico. Il diffrattometro è disegnato in modo che il braccio del goniometro ed il detector solidale ad esso, ruotino il doppio rispetto alla direzione del campione. In questo modo mentre il campione ruota di un angolo α, il detector ruota di angolo 2 α che è l'angolo letto dal goniometro. La geometria del diffrattometro è tale che soltanto i grani dei minerali i cui piani di reticolo sono paralleli alla superficie del portacampione potranno contribuire al fascio secondario di riflessione che arriverà al detector. E’ per questa ragione che le particelle della polvere devono essere piccole (assicurare la presenza di un buon numero di grani posizionati appropriatamente). Quando la polvere proviene da un solo minerale, si ha la diffrazione per ogni angolo di incidenza che soddisfi l’equazione di Bragg. Ogni angolo è relativo ad un reticolo cristallino che ha un distanza “d” ben definita e catalogata tra i diversi piani. Ogni campione ha un suo numero particolare di reticolo, quindi la diffrazione produce un’unica serie di riflessioni (i picchi) nel diffrattogramma. Questa caratteristica è dovuta alla posizione di ogni riflessione ad un angolo 2α ed all’intensità di ogni riflessione. Le Analisi riportate di seguito sono state effettuate dal Prof. Claudio Falcucci. Poiché i risultati analitici dei tre gruppi scultorei sono simili tra loro, si riporta come esempio il gruppo scultoreo “La Corsa”
“La Corsa” Analisi XRF (Fluorescenza dei Raggi X) Data di analisi: 18 gennaio 2012 Punti analizzati: 16 Sorgente primaria: Tubo radiogeno (anodo W) Tensione: 40 kV Corrente: 0.1 mA Filtro aggiuntivo: Fe ‐ 70 mm Tempo di misura: 150 s Elementi rivelabili: dal potassio all’uranio Sono stati analizzati 16 punti al fine di caratterizzare la lega metallica con cui è stata realizzata l’opera. La selezione dei punti da analizzare è stata influenzata anche dalla conformazione della superficie de manufatto, privilegiando le aree piane e regolari.
Precisiamo che l’analisi XRF condotta in aria ed in modo rigorosamente non distruttivo mediante lo spettrometro impiegato, consente di individuare gli elementi chimici di numero atomico superiore a quello del potassio. L’analisi nel caso di manufatti in metallo consente di ottenere risultati relativi agli elementi presenti sulla superficie dell’opera, per uno spessore dell’ordine del centinaio di micron. La quantificazione dei risultati può essere condotta solo nell’ipotesi che la lega sia omogenea; i risultati ottenuti potranno essere considerati rappresentativi dell’effettiva composizione del manufatto solo se questa si mantiene costante nello spessore. La presenza di sottili patine superficiali a base di composti organici non influenza generalmente in modo significativo il risultato dell’analisi di fluorescenza dei raggi X. Al contrario le finiture superficiali con oro o altri elementi di medio o alto numero atomico possono interferire significativamente con la procedura analitica. L’elaborazione dei dati e la valutazione delle concentrazioni degli elementi chimici presenti nei manufatti è stata eseguita con il metodo dei Fundamental Parameters, calibrando il sistema con 12 target metallici ad elevata purezza (Ti, Cr, Fe, Ni, Cu, Zn, Ag, Cd, Sn, Ta, Au, Pb). L’errore associato alla valutazione della concentrazione degli elementi è stato calcolato secondo il metodo della propagazione degli errori ed è generalmente dell’ordine dello 0,2‐0,4% per gli elementi maggioritari, dell’ordine dello 0,02% per gli elementi in concentrazioni inferiori al per cento. L’indagine è stata eseguita prestando la massima cura nel valutare possibili disomogeneità indotte da saldature, restauri o fenomeni di corrosione. Fe Cu Zn Sn Pb 3,67 79,16 8,49 4,02 4,67 2,99 73,82 7,93 9,19 6,07 1,2 78,83 7,01 7,48 5,48 3,37 72,29 6,81 8.18 9.34 1,71 73,1 6,41 10,41 8,37 2,17 71,53 10,64 6,78 8,88 3,54 74,56 6,48 5,99 9,43 2,37 75,03 10.04 6,79 5,77 1,81 73,59 7,19 9,23 8,18 3,01 75,48 8,12 8,05 5,34 3,59 79,29 8,43 4,11 4,57 1,24 76,45 6,51 9,12 6,69 3,19 73,8 6,28 7,91 8,82 2,41 72,1 10,14 6,55 8,8 3,07 73,64 6,39 8,42 8,47 Poiché i valori degli elementi dei sedici punti analizzati sono coerenti (scartando i valori troppo alti o troppo bassi) tra loro possiamo ottenere la composizione media percentuale della lega: Fe Cu Zn Sn Pb 2,65 74,76 6,95 6,92 6,61
Sono stati inoltre prelevati due campioni di patine per la caratterizzazione dei prodotti di degrado attraverso la tecnica XRD. Prelievo di una patina bianca sulla gamba sinistra del corridore di sinistra: Attraverso l’utilizzo microfotografia con luce alogena è stata riscontrata la presenza di grani biancastri di aspetto traslucido con una morfologia allungata e spigolosa. Visti sia l'aspetto e la morfologia dei grani sia i risultati della microanalisi di fluorescenza dei raggi X e della diffrattometria dei raggi X è possibile identificare la sostanza prelevata come idrocerussite (carbonato di piombo). Prelievo di una patina di colore verde dietro al ginocchio della gamba di sinistra del corridore di sinistra: Anche in questo caso è stata effettuata una microfotografia con luce alogena così da poter caratterizzare la morfologia del campione. E’ stata riscontrata la presenza di un grano verde di morfologia globulare e di alcuni grani biancastri spigolosi. Visti sia l'aspetto e la morfologia dei grani, sia i risultati della microanalisi di fluorescenza dei raggi X i materiali riscontrati sono stati identificati rispettivamente come cloruro di rame e carbonati. La quantità di campione non è stata sufficiente per discriminare, mediante diffrattometria dei raggi X, tra atacamite e paratacamite. G. Patreno
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De Santis Relazione Gruppi scultorei bronzei del villaggio olimpico Intervento di restauro
Le diverse fasi dell’intervento di restauro, dalla pulitura preliminare alla protezione finale, si sono ripetute con medesime modalità per tutti e tre i gruppi scultorei in bronzo, seppur con le normali differenze dovute al diverso stato di conservazione . La prima operazione di intervento è stata quella di rimuovere i depositi incoerenti di natura terrosa e di natura organica, nonché le tracce di inquinanti atmosferici che si sono depositati sulle statue nel corso degli anni, andando anche ad alleggerire lo spessore delle patine di corrosione presenti. Si è proceduto con mezzi meccanici utilizzando bisturi a lama mobile, spugne abrasive, spazzole di setola e, laddove era necessario, a causa della resistenza dei depositi più coerenti, si è intervenuti chimicamente utilizzando miscele di alcool (WHITE SPIRIT o SOLVANOL) applicati mediante tamponi di cotone idrofilo. La seconda fase ha previsto l’utilizzo di un sistema aero‐abrasivo mediante microsabbiatrici caricate con ossido di alluminio per assottigliare ulteriormente il livello degli strati di corrosione, sia dei carbonati basici del rame (colore verde scuri) sia (colore verde chiaro) cercando di preservare le sottili tracce della patinatura originale ancora presenti in diversi punti (colore nero). Successivamente si è proceduto con l’integrazione dei fori e delle fratture nella superficie bronzea utilizzando una resina epossidica bi‐componente (UHU Plus 24h) preventivamente pigmentata con terre ventilate per uniformarle alla cromia della superficie circostante. Una volta che la resina ha tirato, le integrazioni sono state lavorate con bisturi a lama mobile e matite in fibra di vetro per conferirgli un aspetto opaco e per eliminarne gli eventuali eccessi andando a delineare i profili delle lesioni. Tutti e tre i gruppi scultorei mostravano diversi punti in cui erano presenti tracce di cloruro di rame (colore bianco e aspetto pulverulento) che rappresenta uno dei prodotti di corrosione più temibile in quanto porta, in breve tempo, alla completa dissoluzione del metallo. Proprio per questa sua pericolosità viene anche definito il “cancro” del bronzo. Queste zone, a differenza delle patine di stabili corrosione, hanno richiesto un trattamento di inibizione attraverso l’uso di Benzotriazzolo (BTA) in soluzione a bassa concentrazione (diluito al 3% in alcol) applicato mediante tamponi di cotone idrofilo, che trasforma questi prodotti di corrosione instabili in prodotti stabili e quindi innocui per il metallo.
Nei gruppi della lotta e del calcio, in particolare, sono state riscontrate alcune zone (le mani) in cui la presenza dei cloruri di rame era molto concentrata e la superficie si presentava fortemente deteriorata rispetto al resto della statua si è deciso di forare il metallo in più punti con un trapano elettrico munito di una punta sottile ( ca. 2 mm di diametro), per vedere se all’interno della statua ci fossero dei depositi di acqua penetrata attraverso le numerose fessure presenti nella parte sommitale delle statue. Nel gruppo del calcio, dal dorso della mano di uno dei giocatori dove sono stati praticati due fori, è fuoriuscita una grande quantità di acqua, mentre altri punti da cui non è fuoriuscito nulla delle fessure, come quello sull’alluce del piede, hanno fatto ritenere che l’acqua si fosse depositata solo in alcuni punti in base alla posizione e alla conformazione della struttura interna del manufatto. Il gruppo della lotta, invece, nonostante la zona di forte corrosione limitata alla sola mano non dissimile da quella riscontrata sul gruppo precedente, non presentava nessun accumulo di acqua all’interno. Quasi tutti i fori praticati sono stati intenzionalmente lasciati aperti per permettere un ricircolo di aria all’interno della statue e un’eventuale evaporazione dell’acqua residua. A questo punto l’intervento successivo è stato quello dell’equilibratura cromatica per abbassare di tono ed eliminare le interferenze visive causate dalle patine di corrosione e dalle linee di percolamento provocate dal dilavamento dell’acqua piovana. L’ultima fase dell’intervento di restauro ha riguardato l’applicazione dello strato di protezione finale delle statue. Questo protettivo delle superfici, in realtà, è composto da una patinatura multistrato: un primo livello di una vernice trasparente (INCRAL 44) a base di resine acriliche contenente un inibitore di corrosione (BTA) stesa a pennello, a cui ha fatto seguito un secondo livello composto da una cera microcristallina (SOTER) contenente grafite, quindi dal colore scuro, che ricrea una colorazione simile a quella voluta dall’artista, ma che lascia comunque vedere in trasparenza la patine di corrosione, segno incancellabile del trascorrere del tempo. Questa cera applicata a pennello è stata stesa su tutta la superficie dei manufatti e successivamente lucidata con panni di lana per eliminarne gli eventuali eccessi. I basamenti I basamenti dei tre gruppi presentavano un diverso stato di degrado che ha comportato delle differenti modalità di intervento di recupero delle strutture. Nel gruppo della corsa che presentava il paramento murario di rivestimento quasi completamente perduto, si è deciso di rimuovere le parti ancora esistenti aiutandosi con microscalpelli ad aria compressa. In un primo momento, dopo un tentativo di ricoprire il nucleo cementizio con un intonaco premiscelato, si è deciso di ricomporre il paramento con laterizi moderni con misure identiche a quelle originali.
Nel gruppo del calcio, invece il paramento era in buone condizioni salvo alcuni punti in cui era saltato, che sono stati, quindi risarciti con laterizi identici. In questo caso, dal momento che era evidente la differenza cromatica dei laterizi originali rispetto a quelli nuovi, questi sono stati patinati con colori Nel gruppo della lotta, il paramento era completamente integro, salvo che per alcune scheggiature localizzate agli angoli che sono state stuccate con malta e successivamente colorate con una vernice simile a quella dei laterizi del paramento. Tutte la superficie dei basamenti è stata dapprima pulita dai depositi terrosi e successivamente è stato passato un prodotto biocida (BIOTIN) diluito in acqua al 3% per rimuovere anche le patine biologiche. Dopodiché sono stati puliti meccanicamente con spugne abrasive e acqua per rimuovere gli strati di sporco superficiali, ma dal momento che presentavano diverse scritte e residui di vernice molto tenaci è stato necessario un intervento più invasivo mediante idro‐pulitrice che, unendo l’azione abrasiva dell’acqua a quella di un inerte minerale, ne ha permesso la loro totale rimozione. Sui paramenti è stato, infine, passato un apposito protettivo antigraffiti (ART‐SHIELD 1) che riveste i pori delle superfici trattate e impedisce alle vernici di penetrare in profondità creando una sorta di pellicola trasparente reversibile sul manufatto. De Santis
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St. Sonni Relazione Roma‐Villaggio Olimpico Sculture in bronzo raffiguranti La Corsa, Il Calcio, Il Pugilato STATO DI CONSERVAZIONE Sculture Le statue presentano i fenomeni di degrado tipici dei manufatti bronzei esposti all’aperto. Si tratta prevalentemente di prodotti di corrosione dovuti all’azione combinata di acqua (sottoforma di vapore acqueo, di pioggia battente e soprattutto di condensa), gas/inquinanti atmosferici, e deposizione del particellato atmosferico. Questi fattori, in relazione e concomitanza tra loro, nel tempo hanno generato numerosi processi alterativi di diversa natura. I manufatti si trovano esposti all’aperto all’interno di aree verdi, ricche di alberi e vegetazione. Le sculture hanno quindi profondamente risentito, per quanto concerne il loro stato di conservazione, dell’ambiente in cui sono inserite. Come si può facilmente notare da una prima osservazione i bronzi si presentano di aspetto e tonalità cromatiche assai diverse da quello che erano in origine, con patine di diverso tipo e colore, dalle tonalità che vanno dal grigio‐nerastro al rosso, al verde‐azzurro, al verde chiarissimo, al bianco. Quello che a prima vista colpisce di più nei bronzi del Villaggio Olimpico sono i segni lasciati dall’acqua piovana, che, creando dei canali preferenziali di scolo, ha dato luogo a linee di dilavamento che hanno marcato irreversibilmente numerose aree delle superfici, deturpandole. Su queste zone (soprattutto nei punti di ristagno dell’acqua), e in corrispondenza dei punti di fusione (collo, sottocoscia, ecc.) è stata riscontrata una maggiore concentrazione di fenomeni di corrosione del metallo. Le linee di percolamento sono caratterizzate dalla presenza di più strati di
prodotti di alterazione: una patina rossa direttamente a contatto con la superficie metallica, una patina verde (visibile soprattutto lungo i bordi delle linee) e una patina tra il bianco e il marroncino chiaro. Quest’ultima, che corrisponde all’ultimo strato superficiale (quello a vista), deve probabilmente il suo colore ai depositi di particellato atmosferico e ai gas inquinanti. L’acqua piovana, soprattutto sottoforma di condensa1, contiene in sé tutte le sostanze inquinanti presenti nell’atmosfera, in particolare gas acidi, e determina la deposizione, sulla superficie su cui si manifesta, di tutto il particellato atmosferico, compresi gli idrocarburi e le particelle carboniose (ad es. il gas di scarico delle auto) La superficie di tutti i gruppi presi in esame era caratterizzata in maniera diffusa da strati di depositi superficiali incoerenti (polveri, particellato atmosferico, polline) e, localmente, da strati coerenti (incrostazioni terrose, calcaree, silicee). Nei sottosquadri e in punti nascosti delle statue sono state trovate tane di insetti, (in particolare aracnidi) che si presentavano sotto forma di accumuli terrosi, duri e compatti, per la rimozione dei quali si è reso necessario l’uso di mezzi meccanici (bisturi, scalpelli). Si osservavano in modo diffuso numerose micro‐ e macro‐ fessurazioni, da cui sicuramente si è infiltrata acqua piovana, in corrispondenza di alcune delle quali si notano aloni di umidità. Inoltre si notavano fratture di dimensioni notevoli, in coincidenza delle quali sono venute a crearsi spesse e compatte patine di prodotti di corrosione, di colore dal bianco al verde chiarissimo, evidenti in particolar modo in corrispondenza delle caviglie e dei talloni dei pugili e dei calciatori, e sulla gamba di uno dei due corridori. Sui gruppi raffiguranti “La Corsa” e “Il Pugilato” sono state inoltre trovate lacune di notevoli di dimensioni (anche di 15 cm di diametro) dalla forma e dai bordi regolari. Nel primo gruppo, sull’avambraccio di uno dei due atleti, è stato individuato un vero e proprio tassello, creato intenzionalmente. Sono infatti evidenti le sedi per l’alloggiamento forse di una piastra che andava fissata con delle viti. Sono state individuate tracce di vernice verde, come ad esempio sul piede di uno dei calciatori, e croste di colore nero e blu riconducibili a una tintura, sul pube. Infine, scritte vandaliche sono state trovate in diverse zone delle sculture, come sul dorso di uno dei calciatori o sulle natiche dei corridori, effettuate con vernici, ma anche incise sulla superficie bronzea.
1
La condensa si forma quando in giornate fredde e umide le superfici delle opere si trovano a temperatura inferiore a quella ambientale.
Localmente, in puntuali zone delle statue, e in particolar modo sulle gambe, sulle braccia e sulle mani degli atleti, si registrano attacchi corrosivi sottoforma di efflorescenze di colore bianco o verde chiarissimo e di aspetto polverulento.2 Un’osservazione più attenta e ravvicinata ha messo in luce più strati sovrapposti di patine di corrosione, in diversi punti dei manufatti, come nel sotto coscia e nella zona pelvica degli atleti. Sono stati individuati strati molto compatti e adesi tra loro di patine di colore rosso, verde scuro, verde chiaro e bianco. Avanzati fenomeni di degrado si notano in corrispondenza delle mani degli atleti, dove i prodotti di corrosione si presentano in alcuni casi (vedi ad esempio il dorso delle mani dei calciatori), sotto forma di spesse e rigonfiate masse concrezionate, dal colore che va dal marrone scuro al verde scuro, al verde chiaro, al bianco. Le mani corrispondono a zone particolarmente soggette ad attacchi corrosivi, in quanto zone di accumulo superficiale dello scolo dell’acqua piovana. Per quanto riguarda soprattutto le mani dei calciatori, non si tratta solo di accumulo superficiale esterno, bensì anche interno: come si è potuto verificare in seguito, durante l’intervento di restauro, l’acqua penetrata attraverso i pori, le fessure e le fratture della statua, si è venuta ad accumulare all’interno delle pareti metalliche, favorendo l’insorgere di localizzati fenomeni corrosivi di grande entità. Il ristagno dell’acqua, è stato causato anche dalla terra di fusione presente all’interno, che, soprattutto in corrispondenza di quei punti della statua, ha rigonfiato spingendo verso l’esterno. Riteniamo opportuno a questo punto aprire una parentesi relativa ai fenomeni corrosivi che riguardano i manufatti metallici, e in particolare bronzei. Ricordiamo innanzitutto che il principale fattore che determina l’insorgere dei fenomeni di corrosione è la combinazione tra l’ossigeno dell’aria e l’acqua. È da questo connubio che deriva l’azione ossidante, quindi corrosiva, nei confronti del metallo. Ogni fenomeno di corrosione trova infatti la sua causa in un processo di ossidazione del metallo. I prodotti di corrosione di un bronzo sono chimicamente costituiti da composti dei vari metalli che costituiscono la lega, quindi principalmente del rame e dello stagno; i prodotti di corrosione del rame sono i più importanti per la valutazione dello stato di conservazione del 2
Con molta probabilità si tratta di cloruri di rame. I cloruri di rame (cloruro rameico e rameoso), sono da considerarsi come i principali e più temibili prodotti di corrosione per i manufatti bronzei, per via della loro instabilità e ciclicità di riproduzione.
materiale e dei conseguenti interventi di restauro da compiere. Inoltre il processo corrosivo procede soprattutto a carico del rame perché è l’alligante presente in maggiore percentuale, e perché è il più instabile. Tra i principali prodotti di corrosione del rame vi è l’ossido rameoso o cuprite (Cu2 O), di colore dal rosso intenso al giallo dorato, che si trova generalmente a diretto contatto con la superficie del metallo e al di sotto di strati superficiali di altri prodotti come i carbonati basici e i solfati basici: è probabile che rappresenti il primo stadio di ossidazione verso la formazione di questi composti.3 Il pericolo maggiore per la conservazione delle opere in bronzo è rappresentata dai cloruri rameosi, i più diffusi dei quali sono l’atacamite [Cu7Cl4(OH)10H2O] e la paratacamite [Cu2 (OH)3 Cl]. La pericolosità di questi prodotti corrosivi è dovuta alla notevole solubilità ed alla elevata conducibilità ionica dei composti, che favoriscono i processi di alterazione. Si presentano sottoforma di efflorescenze superficiali dall’aspetto polverulento e di colore verde chiarissimo, e comportano una disgregazione progressiva della patina. La presenza di questo prodotto indica nel materiale in esame uno stato di degrado molto accentuato. Gli attacchi corrosivi possono verificarsi nei materiali metallici in modo diffuso o localizzato, in determinate zone, o in forma selettiva. Il caso delle statue in esame si può ricondurre ad un tipo di corrosione penetrante localizzata, in quanto solo alcune particolari zone, come quelle corrispondenti ai punti di scolo e accumulo dell’acqua, sono state interessate da un attacco puntuale in profondità. Le nostre sculture sono state colpite da questo tipo di attacco prevalentemente in corrispondenza delle mani, delle braccia e, in minor misura, delle gambe. Si può ritenere che le sculture siano state colpite, localmente, dal fenomeno cosiddetto del “pitting”, che vede la formazione sul metallo di cavità molto piccole di diametro ma molto profonde. La pericolosità è data soprattutto dal fatto che la profondità della cavità può arrivare ad interessare l’intero spessore della parete metallica. In ogni caso la rimozione dei cloruri e il trattamento di inibizione della corrosione è indispensabile per la salvaguardia dell’oggetto.
Basamento 3
Cfr. G. ACCARDO, G. VIGLIANO, Strumenti e materiali del restauro. Metodi di analisi, misura e controllo, Edizioni Kappa, 1989, p. 67
I gruppi scultorei sono collocati sopra a grossi basamenti di cemento e mattoni, rivestiti da una cortina di mattoncini di colore giallo chiaro, che richiama il rivestimento murario di tutto il complesso edilizio del Villaggio Olimpico. I tre basamenti differiscono considerevolmente l’uno dall’altro dal punto di vista dello stato di conservazione. Il gruppo del “Pugilato” mostrava un basamento sostanzialmente in discrete condizioni: attacchi biodeteriogeni (muschi e piante infestanti) e fenomeni di degrado di natura antropica (graffiti di colore nero e spessi strati di vernice di colore verde) caratterizzavano localmente la superficie della cortina; una lacuna di piccole dimensioni si trovava in corrispondenza di uno spigolo. Il basamento del “Calcio” al contrario presentava uno stato di conservazione pessimo. Si trovavano lacune di notevoli dimensioni della cortina e degli strati di malta sottostanti, e grandi distacchi dal supporto murario. La superficie della cortina presentava diffusi attacchi di natura biologica (muschi, erbe infestanti), strati di scialbo, graffiti. Anche il basamento della “Corsa” si trovava in pessimo stato di conservazione. Due lati erano totalmente privi della cortina muraria, e di parte degli strati di malta, e laddove la cortina era presente mostrava i fenomeni di degrado riscontrati sugli altri basamenti: graffiti e vernici (su di un lato), attacchi biologici, e strati più o meno compatti di depositi atmosferici. St. Sonni