Large Animals Review, Anno 9, n. 4, Agosto 2003
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BENESSERE ANIMALE: L’INTERAZIONE TRA L’UOMO E L’ANIMALE MAURO MUSTO Dottorando di Ricerca - Dipartimento di Scienze delle Produzioni Animali Università degli Studi della Basilicata - Via N. Sauro, 85 - 85100 Potenza
Riassunto L’intensificazione dell’allevamento ha modificato la qualità e la quantità delle interazioni tra gli animali e chi li accudisce. Molti ricercatori hanno analizzato questo rapporto prendendo in considerazione le relazioni che intercorrono fra l’animale, l’uomo e l’ambiente. La qualità di queste interazioni può influenzare le condizioni di lavoro dello stockman, il benessere dell’animale e l’efficienza produttiva.
Summary Husbandry intensification has modified the quality and the quantity of stockman-animal interactions. A number of scientists have analyzed this relationship taking into consideration the connections among animal, stockman and environment. The quality of these relationships can affect the working conditions of stockman, welfare of animal and efficiency of production.
INTRODUZIONE L’intensificazione dell’allevamento ha contribuito notevolmente alla prosperità delle moderne società: grazie all’avvento della tecnologia, infatti, un allevatore può oggi produrre più latte, carne, uova, ecc. per unità di input (alimenti, lavoro e terra) ed il consumatore può acquistare più alimenti spendendo meno rispetto al passato. Tuttavia, proprio l’avvento degli automatismi ed il conseguente aumento del numero di animali per azienda hanno ridotto notevolmente la durata e la qualità delle interazioni tra gli stockmen (coloro che si occupano direttamente della gestione degli animali) ed il bestiame allevato. Al fine di migliorare le condizioni di benessere degli animali, le suddette interazioni sono valutate attraverso diversi sistemi e continuano ad essere analizzate da molti studiosi prendendo in considerazione molteplici e differenti aspetti. Semplificando, il rapporto tra l’uomo e l’animale può essere studiato valutando tre fattori principali (l’animale, l’uomo e l’ambiente) che, attraverso le loro componenti, finiscono con l’influenzarsi reciprocamente (Fig. 1).
L’ANIMALE L’uomo rappresenta uno stimolo ambientale la cui percezione da parte dell’animale può essere dedotta attraverso le sue risposte comportamentali e classificata in quattro categorie principali (Estep e Hetts, 1992):
1. l’uomo è percepito come un pericolo quando gli animali tendono a fuggire od attaccano durante l’handling (manipolazione degli animali): ciò è dovuto principalmente alle ridotte interazioni uomo-animale durante le prime fasi di vita;
età stato fisiologico capacità di apprendere possibilità di muoversi eccitabilità abitudini motivazioni ...
ANIMALE STOCKMAN
AMBIENTE
sesso formazione cultura comportamento attitudine esperienza ...
illuminazione pavimento attrezzature ventilazione equipaggiamento ...
FIGURA 1 - L’interazione stockman -animale -ambiente.
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Benessere animale: l’interazione tra l’uomo e l’animale
2. l’uomo è percepito come un oggetto indifferente se gli animali non reagiscono alla sua presenza, come nel caso di un oggetto inanimato; 3. l’uomo è percepito come un fornitore di alimenti o di acqua che induce gli animali a soddisfare le loro esigenze; 4. l’uomo è percepito come un partner sociale quando la sua presenza induce contatto, grooming (cura e pulizia reciproca attraverso il leccamento, il mordicchiamento, ...), …, mentre il suo allontanamento comporta una separazione sgradevole, in particolare nell’isolamento sociale. Ad esempio, è emerso che il numero di belati e l’agitazione degli agnelli può aumentare quando lo stockman si allontana (Boivin et al., 2000). La percezione dell’uomo come un pericolo può essere dovuta ad un trattamento negativo, o comunque non appropriato, che, se si prolunga, può generare uno stato di timore generalizzato verso le persone. Diversi studi attestano, inoltre, che questo stato di timore può ripercuotersi negativamente sulla produttività aziendale. Seabrock (1972) è stato uno dei primi autori a dimostrare quanto sia importante il rapporto uomo-animale nella produttività delle vacche da latte. Hemsworth e Coleman (1998) affermano che il timore degli animali incide da un quinto ad un terzo sulla variazione della produttività delle aziende di vacche da latte, suinicole ed avicole. Suini trattati negativamente, in particolare, manifestano repulsione verso le persone (Hemsworth, 1993; de Passillé et al., 1996), con elevato timore verso l’uomo e conseguente stress cronico che si ripercuote negativamente sulla crescita e sulla riproduzione (Hemsworth et al., 1986). Analogamente, interazioni negative con le vacche da latte sono correlate negativamente con la produzione di latte ed il contenuto di proteine e grassi e positivamente con la concentrazione di cortisolo nel latte (Hemsworth et al., 2000). Breuer et al. (2000) hanno rilevato che in 31 aziende da latte il timore era responsabile per il 19% della variazione del latte prodotto. Altri autori hanno registrato una riduzione della produzione del latte del 10% in presenza dell’operatore ostile durante la mungitura (Rushen et al., 1997); un ulteriore studio indicherebbe che la presenza di costoro durante la mungitura può aumentare il latte residuale e ridurre così la produzione (Rushen et al., 1999a), sebbene più recentemente sia stata rilevata solo una diminuzione del movimento delle lattifere (Munksgaard et al., 2001). La valutazione dello stato di timore può essere eseguita ricorrendo a diverse misurazioni, tra le quali la frequenza cardiaca, i livelli ematici di corticosteroidi, il numero di defecazioni, la silenziosità, la distanza di fuga, ecc. Il mantenersi a distanza da una persona, ad esempio, è stato spesso utilizzato come un indicatore di timore ed alcuni studi mostrano una correlazione tra la distanza dell’animale dalla persona e la produzione di latte (Rushen et al., 1999a; Breuer et al., 2000). Quanto detto è sufficiente a provare la capacità degli animali di discriminare tra le persone, anche se poco sappiamo sui meccanismi da loro utilizzati. Secondo alcuni autori (Munksgaard et al., 1997; Rushen et al., 1999b), le vacche possono discriminare le persone con abiti di colore diverso ma non se il colore è lo stesso, anche se Taylor e Davis (1998) sostengono che possono discriminare anche
in quel caso. Altri autori (Rybarczyk et al., 2001), invece, segnalano che le vacche possono usare anche l’altezza ed il viso delle persone per discriminarle; risulta più difficile la discriminazione alla sola vista del viso. Anche i suini possono discriminare persone che indossano abiti dello stesso colore in base a differenze del corpo e, in misura minore, in base al loro viso (Koba e Tanida, 2001). La capacità degli animali di discriminare le persone è attiva già nel primo periodo di vita: i vitelli, ad esempio, possono facilmente distinguere le persone che li trattano bene da quelli che li trattano male, ma non riescono a distinguere le persone familiari da quelle estranee (de Passillé et al., 1996); da altri studi, emerge che in ciò è fondamentale la loro percezione del colore dei vestiti (Rybarczyk et al., 2003). Questi risultati indicano che gli animali sono in grado di riconoscere le persone in funzione del trattamento ricevuto, positivo o negativo, e di associare il trattamento negativo con la persona che lo esegue. Occorre sottolineare, tuttavia, che solitamente gli esperimenti vengono eseguiti in condizioni standard e, pertanto, non tengono conto di alcune caratteristiche (predisposizione genetica, sesso, calore, istinto materno, ecc.) che possono rendere l’animale reattivo indipendentemente dal trattamento ricevuto. Della capacità di apprendimento degli animali, comunque, è bene tener conto: la conoscenza degli aspetti basilari del comportamento animale può essere uno dei fattori chiave nel miglioramento dell’handling e, conseguentemente, della produttività aziendale.
LO STOCKMAN Anche la percezione che l’uomo ha dell’animale è variabile e, conseguentemente, lo è anche il concetto di benessere animale. De Jonge et al. (2000), ad esempio, hanno rilevato che: • gli allevatori olandesi convenzionali correlano il benessere dei loro suini al livello di efficienza produttiva aziendale ed al rispetto delle norme legislative; • gli allevatori biologici, invece, lo correlano all’abilità dell’animale di esprimere il suo comportamento naturale, lo valutano sulla base di osservazioni dirette e guardano alle norme legislative come ad un modo per migliorare ulteriormente il sistema di allevamento. In ogni caso, la salute ed il benessere degli animali in azienda dipendono molto dall’azione dello stockman e dal suo comportamento. Differenze nel comportamento e nei processi di interazione di chi si occupa degli animali possono essere correlate: 1. al sesso: alcuni autori (Lensink et al., 2000) hanno rilevato che le donne hanno una attitudine più positiva al contatto con i vitelli; questo farebbe supporre che le donne siano più predisposte all’handling corretto degli animali; 2. agli attributi della personalità (Seabrock, 1972, 1995): la Tabella 1 evidenzia quelli necessari per una positiva interazione con l’animale. Gli attributi della personalità di chi accudisce gli animali possono variare in funzione delle attività aziendali e dell’opinione che hanno rispetto alle stesse; tale opinione è influenzata principalmente dal livello di efficienza del ma-
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Tabella 1 Attributi della personalità degli stockmen che interagiscono positivamente con gli animali (Seabrook, 1995).
•
Riservato
Estroverso
•
Poco stabile emotivamente
Stabile emotivamente
•
Sicuro di sé
Poco sicuro di sé
•
Umile
Intransigente
•
Serio
•
Opportuno
Coscienzioso
•
Timido
Audace
•
Dall’animo forte
Dall’animo dolce
•
Fiducioso
Sospettoso
•
Pratico
Teorico
•
Senza pretese
Scaltro
•
Tradizionale
Sperimentatore
•
Dipendente dal gruppo
Autosufficiente
• •
Indipendente Rilassato
Coinvolto Teso
•
Poco intelligente
LE MIGLIORI/ LE PREFERITE
Mungitura Assistenza al parto Alimentazione “Stare con gli animali” Fecondazione
PERCHÉ?
“Mi piace/mi diverte” “Posso vedere i risultati” “Sono in contatto con i miei animali” “Sono da solo” “Mi sento bene nel farlo” “Non è una routine”
LE PEGGIORI/ LE DISPREZZATE
Pulizia Toelettatura unghioni Registrazione dei dati Selezionare le vacche Assistenza al parto Alimentazione
PERCHÉ?
“Non mi piace, è sporco” “È noioso” “È pericoloso” “Significa disbrigare le pratiche” “È ripetitivo” “Non vedo i risultati” “È faticoso”
STOCKMAN ➪
Interazioni negative con gli animali
Intelligente
nagement aziendale (Tab. 2). L’avversione verso determinate attività aziendali e l’eccessivo carico di lavoro sono alla base dei comportamenti aggressivi degli stockmen; in risposta a questi comportamenti, gli animali possono avere reazioni di stress, acuto o cronico, e di timore, a danno delle performance produttive (Seabrock, 1994). Hemsworth e Coleman (1998) hanno proposto un modello per spiegare l’impatto dello stockman sugli animali allevati (Fig. 2). In alcuni casi, lo stress dell’animale può essere trasmesso all’uomo: si crea così un circolo vizioso, per cui più l’animale è stressato, più lo sarà lo chi lo accudisce. La conseguenza a questo stato di cose è la forte alienazione di chi opera in azienda, un’alienazione che, a quanto pare, si ripercuote negativamente sugli animali e sulla produttività aziendale e che, se non curata, può in ultima analisi sfociare in veri e propri fenomeni di “luddismo”. Il riferimento a Ned Ludd, operaio tessile inglese che nel 1779 fece a pezzi un telaio industriale perché rappresentava il simbolo delle nuove tecnologie, non è menzionato solo per indicare la volontà distruttiva dell’operatore zootecnico verso ciò che risulta disagevole ed alienante, ma anche per richiamare l’attenzione sul voler rendere la vita più a misura d’uomo. Al trattamento negativo degli animali si contrappone un handling gentile, il gentling, basato sull’utilizzo di carezze o, comunque contatti non rudi, un tono di voce gentile,
Tabella 2 Giudizio degli stockmen riguardo le attività aziendali (Seabrook e Wilkinson, 2000)
Comportamento verso gli animali
Scherzoso
ANIMALE ➪
Stress
Paura delle persone
➪
Benessere e produttività
FIGURA 2 - Modello di rapporto tra la caratteristica dello stockman ed il benessere animale e la produttività (Hemsworth e Coleman, 1998).
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Benessere animale: l’interazione tra l’uomo e l’animale
spazzolate, ecc., e capace di ridurre il timore degli animali verso le persone. In verità, la gratificazione da parte dell’animale nei riguardi del gentling è abbastanza variabile: da uno studio (Pajor et al., 2003), ad esempio, è emerso che gridare e dare colpetti è negativo per le vacche; attorcigliare loro la coda non lo è se fatto gentilmente, mentre nessuna significatività è stata registrata circa la gratificazione degli animali in seguito allo spazzolare/accarezzare e parlare loro dolcemente. Nei vitelli, poi, l’accettazione del gentling appare più un processo di abituazione che un qualcosa di gratificante (Boivin et al., 1998). Pare, invece, che dare colpetti ai suini (Tanida et al., 1995) ed alle capre (Boivin e Braastad, 1996) possa aumentare le loro motivazioni ad interagire con le persone. In questo tipo di trattamento, la qualità delle interazioni con l’animale e la sua età risultano fondamentali nello sviluppo del rapporto tra gli animali allevati e chi li accudisce. Perché la vacca possa interagire positivamente con le persone, sostengono Jago et al. (1999) e Krohn et al. (2001), è importante il contatto dello stockman già nei primi due/quattro giorni di vita; gli stessi autori sottolineano l’importanza dell’alimento in queste prime interazioni. Seabrock e Mount (1993), addirittura, sostengono che la presenza del cibo induce le scrofe a non discriminare tra l’operatore ostile e quello gentile. Perché si sviluppi un buon rapporto tra gli animali allevati e chi li accudisce è importante anche la regolarità delle interazioni: prolungati trattamenti delicati, infatti, rendono il bestiame meno timoroso nei confronti delle persone (Boissy e Bouissou, 1988; Boivin et al., 1994; Lensink et al., 2001a). Inoltre, l’incidenza delle malattie è più bassa nelle aziende dove gli stockmen hanno un’attitudine positiva verso i vitelli e si dedicano al contatto ed alla pulizia degli stessi (Lensink et al., 2001a). Vi sono, poi, casi in cui la loro presenza può ridurre le risposte allo stress degli animali: ad esempio, è stato riscontrato un minor numero di belati negli agnelli che, isolati dagli altri, erano in presenza del loro custode familiare (Boivin et al., 1997). Il contatto umano sembra ridurre alcuni segni comportamentali di agitazione ed i livelli di frequenza cardiaca dovuti allo stress da novità/isolamento, ma pare non avere effetti sulla produzio-
ne di latte o sulle risposte ormonali (Rushen et al., 2001). Un contatto positivo addizionale verso i vitelli, accarezzando loro il collo e le spalle ed occasionalmente facendosi succhiare le dita, aumenta la loro motivazione ad interagire con le persone (Lensink et al., 2001b). È importante che tutte queste nozioni vengano trasferite agli operatori zootecnici e successivamente applicate; ovviamente, un handling positivo risulta impossibile se l’azienda è a corto di personale ed i carichi di lavoro risultano eccessivi. Nel miglioramento delle interazioni uomoanimale, pertanto, devono essere valutati diversi aspetti.
L’AMBIENTE Per definizione, gli edifici zootecnici devono offrire al bestiame un ambiente climatico più favorevole rispetto a quello esterno in modo da garantire il massimo delle prestazioni zootecniche con il minimo impiego di lavoro. Perché ciò possa avvenire l’ambiente deve essere ottimale tanto per gli animali che vi vivono quanto per le persone che vi lavorano. Tuttavia, è da sottolineare una forte relazione tra i problemi di benessere animale e gli incidenti di lavoro nelle aziende zootecniche. Secondo i dati INAIL (2003), l’indice di frequenza degli infortuni nel settore agricolo (7,5 per 100 occupati) si pone sugli stessi livelli dei settori a maggior rischio come le Costruzioni e ben al di sopra della media generale dell’Industria e Servizi (4,5%): la Tabella 3 illustra i dati relativi alle lesioni registrati in campo agricolo nell’anno 2002. Anche nell’Unione Europea, secondo le più recenti statistiche EUROSTAT, il settore agricolo presenta uno dei tassi di mortalità più elevati (12,4 per 100.000 occupati), superato solamente da quello delle Costruzioni (12,8). Gli stockmen, in particolare, possono essere esposti a molti rischi che, singolarmente od in combinazione, possono creare incidenti: scivolosità/imperfezioni dei pavimenti, esposizione a polveri/gas/sostanze chimiche, stress, carichi pesanti, illuminazione inadeguata, mancanza di barriere protettive, ecc. A questi occorre aggiungere quelli legati alla manipolazione degli animali: molto comuni, ad esempio, possono essere gli incidenti durante la toelettatura, l’immatricolazione, i trattamenti terapeutici, la movimentazione, ecc.
Tabella 3 Casi di infortunio indennizzati in agricoltura per natura e sede della lesione nell’anno 2002 (INAIL, 2003) SEDE DELLA LESIONE NATURA DELLA LESIONE
TESTA
TORACE
BRACCIA
MANI
GAMBE
PIEDE
TOTALE
Ferita Contusione Lussazione Frattura Perdita anatomica da corpi estranei da sforzo da agenti infettivi da altri agenti
2.278 1.899 185 249 5 938 1 30 247
77 4.298 2.104 1.848 4 5 454 22 59
756 1.239 854 1.048 4 28 73 17 98
5.056 2.081 693 1.479 253 143 11 25 100
1.272 3.039 2.478 451 0 24 22 14 61
568 1.571 2.922 1.543 8 7 1 4 54
10.007 14.127 9.236 6.618 274 1.145 562 112 619
TOTALE
5.832
8.871
4.117
9.841
7.361
6.678
42.700
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Se le strutture sono fatiscenti, le attrezzature imperfette ed il numero di operatori esiguo, il carico di lavoro può risultare eccessivo e pericoloso. L’ambiente può essere pericoloso anche per gli animali: un pavimento scivoloso è tale tanto per l’uomo quanto per l’animale che, in preda al timore per la presenza dell’operatore ostile, può procedere bruscamente, col rischio di procurarsi lesioni agli arti scivolando, o causare problemi di handling e di stress per lo stesso operatore. In queste condizioni, il lavoro degli stockmen non può definirsi sicuro e ciò può indurre avversione verso le attività aziendali ed innescare atteggiamenti ostili nei riguardi degli animali allevati.
CONCLUSIONI Nonostante le numerose ricerche, nella maggior parte delle aziende zootecniche le conoscenze sulla corretta gestione degli animali risultano scarse. Uno dei motivi è la comune convinzione da parte degli addetti al settore che la tecnologia sia esaustiva per la risoluzione di ogni problema. Gli allevatori, infatti, preferiscono acquistare nuovi strumenti tecnologici piuttosto che apprendere migliori tecniche di management, anche quando esse possono apportare benefici economici: pur dimostrando che un miglior trattamento degli animali poteva far risparmiare dai 500 ai 1000 dollari al giorno, spiega Grandin (2003), gli operatori, dopo qualche tempo, riprendevano le loro solite abitudini, spesso inconsciamente. In questi casi, un trattamento economico supplementare per gli operatori può influire positivamente sul miglioramento dell’handling e della produttività: sempre Grandin (2003) ha dimostrato di poter realizzare una riduzione dell’incidenza di ali spezzate nell’industria avicola di oltre il 100% fornendo agli operai un incentivo economico aggiuntivo. Uno stesso trattamento economico potrebbe essere riservato agli stockmen che si adoperano positivamen te per aumentare il numero di suinetti/agnelli svezzati o la quantità di latte prodotta. La trovata dell’autore, tuttavia, è di difficile applicazione se l’imprenditore e lo stockman sono la stessa persona, come accade nella realtà italiana: degli oltre 2 milioni e mezzo di aziende agricole, zootecniche e forestali censite nel 2000, infatti, circa il 95% è a conduzione diretta del coltivatore con forte prevalenza di manodopera familiare (INAIL, 2003). La mancata conoscenza dei principi etologici degli animali ed il conseguente mancato rispetto dipendono anche dal background culturale delle persone: diversi studi dimostrano che gli agricoltori con un grado di istruzione superiore è più probabile che si affidino a consigli professionali, che facciano ricorso a fonti d’informazione specializzate e che partecipino a programmi formativi e di training (Concoran e Dent, 1994; Bryden, 1997). L’efficacia di questi ultimi nell’accrescere le conoscenze degli stockmen sulle correlazioni esistenti tra benessere e produttività è stata da tempo comprovata (Hemsworth et al., 1993, 1995; Coleman et al., 1998, 2000, 2001) e, dopo l’addestramento, gli operatori manifestano il desiderio di compiere il loro lavoro correttamente (Girdler e Seabrock, 1990). In questo senso, il training permette agli operatori anche di rivalutare la figura animale e di non considerarla solo come una macchina. Una
In caso di crisi, comportarsi razionalmente e con molto tatto
Personalità indipendente
Non influenzato dal sistema PER UNA PRESTAZIONE MIGLIORE Stabilità emotiva
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Comportamento coerente
In caso di crisi, restare calmi e stabili, utilizzare un tono di voce calmo
Bassa aggressività
Contatti fisici positivi con gli animali
Parlare con tono di voce gentile Personalità sicura
FIGURA 3 - Comportamenti considerati necessari per una buona interazione con gli animali (Seabrook, 2000; modificato).
delle finalità di questi corsi è quella di mostrare agli operatori gli atteggiamenti da assumere durante l’handling (Fig. 3) e di far conoscere le capacità di apprendimento (“abituazione” ed “associazione” tramite il condizionamento classico ed operante) degli animali in modo da evitare che taluni stimoli inducano stress acuti o cronici. Indirettamente, è così possibile “controcondizionare” anche i trattamenti veterinari, specie se questi vengono eseguiti in apposite ubicazioni allo scopo di ridurre la tendenza dell’animale a sviluppare una generalizzata avversione verso le persone, poiché esso riceverà un trattamento migliore in altre ubicazioni (Rushen et al., 1998); anche l’utilizzo di altre capacità di discriminazione degli animali (colore, altezza del corpo, viso) può risultare utile in questo senso. Il miglioramento del rapporto tra l’uomo e l’animale, però, non può prescindere dal miglioramento di altri fattori. La prevenzione degli infortuni di qualsiasi natura in azienda richiede la cooperazione di progettisti, educatori, medici ed allevatori: Gustafsson (1997) affronta il problema in modo molto esauriente, sottolineando anche l’importanza dell’equipaggiamento degli operatori, della loro preparazione e consigliando facili accorgimenti per la movimentazione degli animali. Tra l’altro, il garantire condizioni di lavoro più sicure potrebbe favorire il ricambio generazionale nelle aziende. Anche la migliore organizzazione delle attività aziendali risulta fondamentale: all’allevatore spetta il compito di evitare gli eccessivi carichi di lavoro e di migliorare quelle attività che gli stockmen considerano disagevoli, in modo che risultino “non influenzati” negativamente dal sistema durante l’handling.
Parole chiave Interazioni uomo-animale; manipolazione animale; operatori zootecnici; infortuni sul lavoro; comportamento animale; strutture zootecniche; formazione.
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Benessere animale: l’interazione tra l’uomo e l’animale
Key words Human-animal interactions; handling; stockmen; workrelated accidents; behaviour; housing; training.
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