BENEDETTO CROCE
PULCINELLA E
IL
PERSONAGGIO DEL NAPOLETANO IN
COMMEDIA
RICERCHE ED OSSERVAZIONI
#
ROMA ERMANNO LOÉSCHER & 1899
C.
Xt^é^^s-.^a
1
1?
Estratto daWArchivio storico per
Voltnne
NAPOLI
—
R,
XXIU,
le protjincie
napoletane
1898
TTPOQBAPU raANCESCO ^LUTNINI
• riQLl
ALL' AMICO
PROF, MICHELE SCHERILLO AFFETTUOSAMENTE
poli
,
afoit» IBM-
JtAé^^^^'S-o
I.
V?.
:::
Eatrattf) dall'Archivio storico per
Voloaie
NAPOLI
—
B,
XXIU,
h
provincte napoletaìie
1898
TIPOQ&AFU FEANOBSOO GIANNINI
* TlOLl
ALL' AMICO
PROR MICHELE SCHERILLO AFFETTUOSAMENTE
Hi^U MHto ,
l">"-
I
^^'V^V'v 'S^^W^'V^^S^'w^^^
L
PULCINELLA
1-
Se e come
PDLOiNBiJiA non nizioni di lui
;
soddisfacente.
si
possa defìmrlo.
si definisce.
Si sono tentate molte defi-
ma nessana
à restata, e nessuna
Ma
perchè non
Forse per la complicazione o personaggio?
Eh
via!
anche questo
cesse
guizsandc a tutti
ai
definisce Pulcinella
Sarebbe certo un bel caso, ch'egli
con
lo
Ha
loro sforzi d'intelligenza!
,
fa-
sfuggire critici
i
d'arte analizzarlo e definiscono caratteri e situazioni
stiche cosi difficili
?
del
la sottigliezza paicologioa
tiro alle pei^one serìe,
i
sembra
arti-*
che non sembra veramente probabile
ohe vogliano poi confondersi e ceder
le
armi innanzi a Pul-
cinella,
La phce
ragione ;
e se
dell^ impossibilità dì definirlo è
non
ci si
è pensato di solito
,
e
i
molto semtentativi ai
sono fotti e riprodotti con frequenza, gli è appunto perchè spesso,
com'è noto,
semplici non
alle cose
si
nella
non designa un determinato personaggio
una
collezione di personaggi
,
legati
tra loro
pensa. Pulciartistico;
soltanto
ma da
—
2
—
un nome, e, fino a un certo ponto, da una mezza maschera nera, da un camiciotto bianco, da un berrettone a punta. Queste collezioni dì personaggi si chiamano, con un modo tipi comici. Ma come si può dodi dire assai improprio mandare e cercar di definire delle collezioni, messe insieme alla buona e per segni cosi esterni e superficiali? Volendo determinare ciò che quei personaggi hanno di comune, c'è ,
rischio
,
procedendo per eliminazione
soltanto — un nome,
E
,
che resti in
m^no
e forse un vestito.
dunque qu^ta radicale impossibilità che rende e ren-
derà fallaci tutte
definizioni
le
di
Pulcinella.
—<
Pulci-
popolano sciocco ed ozioso », disse una volta Francesco de Sanctìs in una sua lezione '), E le ob-
nella rappresenta
il
Deve essere Pulcinella necessariamento vja popolano? La commedia (e, stavamo per dire, la storia !) non ci presenta dei Pulcinelli e guerrieri e ministri e re? E perchè ^ciock^o? Pulcinella non è spesso un furbo, biezioni si affollano pronte:
che conosce ed adopra molto bene perchè
meno
oeioso'i
Non
vi
s'affaticano ed,
supponendo che
fine,
le
arti
della vita?
aon dei Pulcinelli che lavorano,
insomma, non sono
ai
oziosi?
E al-
Ed
in-
potessero affermare tutte questo ca-
— ed è chi&ro, invece, che, come — bast^^bbero generali, bisogna negarle ratteristiche,
caraì^torìstiche
tutte,
esse
a
defi-
nire Pulcinella? Quale sarebbe allora la differenza, per es., dì esso
con
1)
la
Dal
con rArlecchìno o con lo Stenterello? Col popolano^ sciocchei'ea e con Vobìo, sì costruisce solo Pulcinella,
•
Libro della Scuola
<»zione di P.
ToiTftcfl,
tivi al Poloinella,
o rari,
Tra
i
a cura
»
Roma,
sono stati
di Jì^mtcesco de SanctiSf lfiT3,
pubbli-
1885, pp. 25-9. I brani principali, rela-
De Sanotu, Scritti varii inediti Morano, 1898, voL II, pp. 196-7.
rìferitt in
di B- Croco, Napoli,
lavori composti suiraigomento
neUa scuola del De Sanctia, quello
deU'AacoLBO, Pulcinella dentro e fuori di teatro^ può leggersi in Nuova Antdogia, fascicolo di agosto 1S72, ed in un opnscoletto edito dal Morano, Napoli, 1897.
—
— o non altre
3
—
Gostniiscono personaggi svarìatiasimi
sì
detenuìnasioui partioolarì che poi
prime
aJle
^^^'
è provato e non è riuscito
ai
che
altri riesca.
E
noi,
— tanto
più ohe di alcone
corso dì qnesto lavoro,
De
il
esaminare altre definì-
— che sono
ne escogiti
delle altre
tutte condannabili a priori.
De
direbbe che lo stesso
di nulla. Sì
legga quelle de-
:
non verrà mai a capo
e
,
Sanotìa
,
sentisse
alla fine rimpossibilità, perchè, se nella scuola espresse la
opinione da noi criticataf toccando poi, alcuni meai dopo^ lo atesso
argomento, in un suo artìcolo
sua definizione
la
todo,
notando
,
e
ai
reatrinae
i),
evitò di ripeter
a considerazioni
gli errori in cui si cade,
me^
di
quando, nel dar
oon
definizione, o ai identifica Pulcinella
la
la comicità in ge-
nerale, ovvero, partìcolariazando troppo, si fa di Pulcinella la figura
o
il
simbolo di un altro o di un^ altra cosa.
Ma
quale fosse la nota fondamentale e diptintiva di Pulcinella, il
che egli giustamente raccomandava dì cercar per una buona
definizione^
— non
disse nel suo articolo.
Si potrebbe osservare, che se eia
una
ne
questi personaggi ve si
nome di
Pulcinella abbrac-
personaggi svariati, ciò non toglie che fra
serie di
detto ohe
il
aia uno,
il
quale (per applicare un
attribu^ce al Padre KoccOj
ma
che è un aned-
doto più veoohio, narrato di vani predicatori popolari), quale, fra tutti, è
il
vero Pulcinella
!
il
No, uoi non abbiamo
questo diritto di diatinguer tra Pulcinelli veri e Pulcinelli falsi:
ma *)
ei
aon
tutti figli legìttimi dell'arte;
legittimi. Si
La cit,
può
più o
meno
belli,
di certo ricercare, tra quei personaggi,
5c«ote, in Nttova Antoiogùij fase, cit., ristamip. in Scritti vorit,
n,
189-197.
^ <
converrà toccare nel
ci
Cìascimo, del r^to^ faccia da sa la prova finìzionìj
Sanctis, è dif-
dopo aver dato questo esem-
pio, ci risparmiamo di riferire ed zìonì
aggiungono
le
?
Dove ficile
si
secondo
,
*
— se vi sia
tive
,
un fiottogmppOf
4
legato da elotine qualità distin-
accanto a personaggi
meno riccamente
-
isolati
Ma si
rappresentati.
questo sottograppo
si
o ad
altri
sottogruppi
badi benej ohe anche
potrebbe definir solo per quella qualità
comuni; e conterrebbe a sua volta personaggi distinti] ciascune» con propria fisonomia. Ad esempio, si potrebbe fare un sottogruppo di Pulcinelli sciocchi e un quelle qualità
altro di Pulcinelli furbi; si
somiglierebbero per
o
meno
La
diversi.
un
ma
quei Pulcinelli sciocchi n furbi
sol lato»
e sarebbero nel resto più
anche in questo caso, non
definizione^
attingerebbe la realtà, ossia l'individuo. Si può anche cercare quale o quali dei varii
omonimi individui
ri-
artistici
abbiano avuto maggior fortuna ed abbiano dato luogo a più frequenti ripetizioni ed imitazioni. Si avrebbe cosi una statistica pulcuiellesoa
non priva
d'interesse;
ma
la preva-
lenza o le prevalenze numeriche neanche ci direbbero nulla sul vero Pulcinella
^).
come non si
Cosicché, noi crediamo ohe Pulcinella in generale, carattere artistico,
possa dir altro se serviti
prima
i
non possa definirsi, e che di esso non che sia un nome^ del quale si sono
commediografi ed attori napoletani
quelli di altre parti d'Italia,
,
e poi
ed anche dell'estero, per alcune
Di solito, questo personaggio ha anche avuto un aspetto e un vestito fisso; e, di frequente, ha indicato una creazione di carattere comico, ossia un personaggio per aè stesso ridicolo. Ogni altra determinazione non loro creazioni teatrali.
appartiene al Pulcinella in generale, zioni,
È
stanze in cui nacquero
>)
Una
alle
singole crea-
compito dello studioso di letteratura di ricercare
e descrivere queste singole
vero
ma
;
creazioni
descrizioiie in versi uapoìelani
ma
e indicar le
ossia intenderle e
PoldueUa, pnò lecersi nel
parola Polkcendla;
,
,
che
si
&me
oome
la storia.
dà come quella del D'A*bba, sotto la
Vocaà. napoL del
è arbitraria
circo-
tutce le altre.
—5— Ma
,
se la fissità del
nome e
(in certi limiti) quella
poca cosa, non bisogna credere che
vestito, è
sia
del
addirit-
La predilezione per le cosiddette maschere o ha le sue buone ragioni. Il nome e il vestito non
tura nnlla. tipi fissi,
,
hanno nna propria simbolica,
solo
s'impregnano anohe, delle rappresentazioni artistiche nelle quali sono
per così dire, stati
adoprati
idee.
È
ma
;
e recano quindi con sa delle associazioni di
questa una fonte di effetti artistici, dì coi non
ma
si
può disprezzare. Appunto per eflTetto di questa suggestione, voi sorriderete al vedere una statuetta di Pulcinella^ come si usa espome (e si usava anche deve abusare,
che non
si
più pel passato) dai bottegai popolari di Napoli; e sorriderete nel passare innanzi a
dove avrete
una
lo spettacolo di
villa dei contorni di Napoli,
un
terrazzino sul quale
biz-
il
zarro proprietario ha postato due batterìe di cannoni con
un
Pulcinella in mezzo; e gusterete la comicità
cesfiia
di
un
lo scherzo costò la
fsr-
— cui nel prigionia — a quel
celebre motteggiatore napoletano
tempo dei Borboni
della
')
venditore che recava su di nna tavoletta dodici piccole figurine di gesso di Pulcinelli siglio di ministri?
E
».
Quanto ne vuoi
:
sullo
st^so
effetto
di questo
contano
Con-
gli attori
nell^annunziarsi e presentarsi in iscena in abito e veste
da
Pulcinella; e lo raggiungono, perchè sono accolti subito
da
riso
ed applausi. Finanche quando un attore di molto in-
gegna
volle talvolta trasformar Pulcinella in
sentimentale, quel vestito e quel
gevole 4
E
efficacia, rafior;aando
e
Oh
non
t^arrestano la
gH spetgrande; come penetri
sembravano maschera e
dirsi
il
vestito del
>.
Chi poi
si faccia
a studiare nel
letteratura pulcinellesca 1)
>,
miseria umana, quanto sei
dappertutto, e buffone!
certa fug-
e complicando la commozione.
Pulcinella; eppure piange!
tatori,
un personaggio
nome ebbero una
D. Klcheld ViscusL
,
e
si
modo che
si
ò detto la
fermi sui singoli personaggi,
_6— anche qui incontrerà spesso la difficoltà del non poter defìnixe per una ragione analoga a quella che abbiamo indicata pel carattere del peraonaggio in genertile. Gli è ohe bisogna ricordarsi che questa letteratura à, in gran parte, ;
opera di mestieranti ed
istrioni,
che
si
rivolgevano ad un
W onde
T incoerenza nella rappresentazione del personaggio, o per V incapacità degli pubblico di facile contentatura.
o pel desiderio di questi di soddisfare
artisti,
solani del pubblico.
tano da una scena
E molti^ime commedie
i
guati gros-
e farse presen-
all^altra, e spesso nella stessa scena,
un
Pulcinella stupidissimo e intelligentissimo, ridicolo e deri-
sore, abile ed inabile., savio e matto:
senza nessun principio di unificazione tici si
tutto ciò a sbabd, artistìoa.
Alcuni
cri-
d' introdurre logica ed armonia in questo
sono studiati
miscuglio e hanno voluto trovar le mediazioni che rendano concepibile assai
il
anche han detto talora cose sono sempre affaticati indamo non ò
carattere. ^, se
ingegnose
,
si
:
non c'è. La rappresentazione, in tali casi, si risolve in una serie di motti, di atti ridicoli, di lazsd, destinati a sorprendere e a produrre l'eSetto di una momentanea risata. Pulcinella diventa un possibile cercare
il
carattere dove carattere
semplice buffone, ohe fa tutte le parti e nessuna compiu-
A voler esser più seni che la materia non compuò portij accader qai, ed anche con miglior fondamento, ciò ohe Giampaolo Richter diceva a proposito del comico: ohe il comico non si lEiscia afferrare dalle definizioni dei filo-
tamente.
— quando meno questi vogliono Cosi molte definizioni dei Pulcinella son riuscite — paloinellesche non
sofi se
zate
!
sfor!
Queste osserva^oni sono da tener presenti per lavorar con frutto intorno alle maschere della commedia popolare o
dell^arte. L'averle trascurate
od ^)
rende confusij inconcludenti
arbitrarii pareeolu studii pubblicati su tali
Ad
argomenti
^).
esemplo, Tampia opera, ìllu£tr&ta con lusso, di Maubicr Sahi> grande romanzatrice), Masques et btn^ons, Paris, 1860,
(figliuolo della
X' inventare del Pulcinella,
^ome^ cognome,
patria^ e vestiio del personaggio.
souaggLO
teattttle,
moHe
por
nome
come nome di perabbiamo ima fortuna che noe si ripete
Fel PulcmdUa, ossia pel altre maschere,
dì esso
anche di quelle importanti: noi
primo ohe V introdusse sai teatri. Fa costai Silvio MonllOf attore napoletano, ohe recitò a Napoli oonosciamo chi
fìi
ed in altre città e nei
p rimi
il
d' Italia
dal A. Vii
negli ultimi decenniì del
ed era celohre sj^cialmfmte nella
,
parte dì capitano spc^^nolo, sotto
iamaros
Lo
il
nome
suo bel sb^ìo ani Pulcinella
una testimonianza
quale è probabile che
;
ma a
lai è
si ri-
sfa^
assai più antica ed autorevole, dalla
il
Perraoci traesse la sna
:
Tavefise tratta d'altra fonte, tanto meglio, perchè
mo
%
per questo ponto alla testimonianza di Andrea Per-
roeoi nella sua Arte rappresentativa (1699)
gita
Ma-
di Capitan
').
Soherillo, iiel
ierisoB
XVI
s.
(che
se
,
avrem-
in tal caso, invece di nna sda primitiva, dee afferma-
La
zioni indipendenti).
testimonianza, di cui parliamo, ci
è data dal comico ferrarese Pier Maria Cecchini, detto FVitteUinOy
ttfìì
snoi Frutti delle moderne comedie, pnbblioati a
Padova nel 1638
>),
dne Tolmni; la qn&le poi lascia
Il DiETEBica., neÌI"'op.
aembn recitò
che citeremo e discuteremo più
oanfaEftdevfi Silvio Fiorillo col
B Paxigi ool nome
più
c^bre
di SoaratMtzzA. ÌLa
Tìberto
oltre, p. f^orillì,
2.'S7,
ohe
non è aooettAto neanche
ù% ì dne (benché ^itr^mbi oapoletani) fosse relazione dì parentela. ) La Commedùi MTarU m IùìUa, Studi e |«:ufilì, Boma. Loesc^er, L8B4 >) Fndti deJU moderne amtdie tt amM a chi le redia di Pixr»ìrii
<ùa
—
—8— In qnest* opuscolo
Oeochini, dopo sver discorso delle
il
Parti napohtanej dedica uno apeoiale capitoletto a Policinella, cui
sembra attribuir non poca importanza, e ne parla
con cui
col tono
parla di un'apparizioiie recente.
si
FoucmAMA — egli
cer della parte di
chini e complimenti
sarebbe
un segno
come
ee
acrive, facendogli in-
ne fanno ad una
assistenza in petto
:
che albergale hnmanità
,
sito),
fa
il
mano haver
quale non potrebbe
il
natura è tanto amica delle piacevolezze il
bella signora,
di poco amore, et forse appresso di lai
inditìo di qualch*odio
delineato
Il ta-
<
*.
,
la
qnale dì
E, dopo averne
carattere (torneremo più in là su questo propo-
soggiunge:
«
Inventor di questa stragofìasima parte
Capitan Mattamoros, huomo in
altri
comici rispetti di
una isquisita bontà, posoiaohè per fare il capitano spagnuolo non ha avuto chi lo avanzi, et forse pochi che Io agguaglino. Questo, per far credere che
anche la semplicità hab-
bia loco d'albergar© fra Napoletani, trovò questo trodurla;
il
che poi ha avuto
il
modo
d' in-
suo accrescimento dall'im-
mitatione et V isquisitezza in Francesco, privar la sua patria di tanto gusto
»
il
qual non vuol
^).
Per comprendere tutto il valore della testimonianza del non solo ch'egli era contemporaneo del Fiorillo (ancora vivente, quando il Cecchini pubblicava Cdcohini, occorre notare
il
suo opuscolo),
ma
dal 1616 al 1618
,
pubblicati ^» Anzi
che
come il
recitò a
anni
Napoli per alcuni
ricava dai documenti da
ai
suo opuscolo
a dar notizia dei personaggi
è in
buona parte
me
diretto
coraici napoletani, traacuran-
dovìei quasi del tutto quelli del resto d'Italia, o lombardi
come
si
chiamavano allora
CEOOmHl, nobOe FeTr&reae, tra
Duca
;
giacché
Comld
— dice
¥ autore
— io
detto FrltÈeUino, dedicati al Se-
Toscana Ferdinando Secondo, in Padova, appresso Gnaresco Guareschl al Pozzo dipinto, 1$2S> ') Opuscolo cit., pp, S4-6. S) Tmiri di NapoHj pp. 93-94
reuiss. Qrait
di
^9— volli *
a quelli (agli
non hebbi
attori) di
Napoli
&r coaosoere, benché
mai Lavato cagione dì recitar con loro, (che) bebbl però eempre spinto di conosoerli, sì come bora parmi di haver campo di publioarli », (sic)
Silvio FioaiLLo ÌDTentore del FukineUa, In ooBtuDie di Capitan MataMoros.
(DoL froateapb^lo della Lndlia costante)
in.
ohe
i
quel
tomo
©ran venati in vogti nello oompagaie oomi-
personaggi napoUtani^ oome (Ma, CovieilOj Pascariello,
— 10 — —come osaervail Oeochmi—erano
Ma qaefitj, nelresto d'Italia,
per rìgnoranza della lingua e per Vesa-
di Bolito falsificati,
gerazione dei gesti e delle aziom
^).
Ond'egli cercò di
noti nel loro aspetto genuino e migliore
come
,
li
aveva
fmrli
visti
nella loro patria d'orìgine, e discorae con lode di alcuni attori
napoletani ^. i
Anche
la celebre serie d' incisioni del Callot,
Balli di Sfessaniat ritrae in maggioranza personaggi co-
mici napoletani^ come appare dai nomi
;
e
Targomento
stesso
fu suggerito da unl}allo popolare in Napoli in quei tempi,
Lucia ^.
la Sfessania o la
') - In queste nostre parti di Lombardia si sono seminati diversi personaggi alla Napoletana, 1 quali per Don esser Napoletani sono ignudi
di qneirattloni, le quali
son proprie solo
di chi è
nato in quel paese,
onde con uno espresso assassinio fatto alla HngaFk, a dine del dire riserbano solo altro
;
il
il
nome
coi condimento par loro
nefandità de
obrobrio de gesti
balli,
di
modi e
un
od
tal torcimento di vita,
le quali cose tutte
,
all'or-
Covelip, Cola^ PasquarieUoj
che sia
,
i
formano un
buomo da consegnair alle carceri, le quali per mediocre castigo le servono per stanza perpetua > (opusc. cit., pp. 32-4). a) Son questi Ambrosio Bonhuomo che rappresentava il GoviellOj e Bartolomeo Zito, che rappresentava il Dottor Grattano: • i quali, a mio guBtOf ognun di loro rappresenta il suo personaggio con quel ve,
risimile che forse
che
non ha simile in tutta lltalia
-.
Dello Zito dice an-
Questo medesim^ b.uomo è studiosissimo di
storie, ha qualche numeroso studio {raccolta, bibiiotemà) de libri volgari, che forse fuori di quello non vi sarà cosa buona, che anche nel suo non habbia havubo l'ingresso '. Sul Buonomo e sullo Zito, vedi i Tmtri di Napoli, pp. 65^, 95, 121, 778. Le notizie sul secondo :
tintura di poesia, et
ci
nn
cosi
riescono tanto più interessanti in quanto egli fu dei primi e migliori
scrittori
dialettali
,
restandoci di lui
un
dotto ed arguto comento in
dialetto atla Vaiasseide del Cortese, pubblicato sotto
nome
il
del Tar-
àacino (Napoli, 1628), ^)
La
Sfessania (< quel ballo alla maltese,
è Sfessania di Napoli,
è descritte cosi dal
-)
m
100-101
in ^iro le
Battendo
e
a Napoli da noi detto
Tufo, nel suo noto ms. Ritratto
:
OTTATA
Uore
ìyes.
ma
IN
DUCKXmOflK
m&nr natiche e
piede e
man
DSL.
DOTTO
BAIALO.
piedi,
aempre Ad un Buona;
\
— Qaando, dunque, cinella
11
—
Cecchini afiermava che la parte di Pul-
il
tu introdotta da Silvio Fiorillo
eh' egli ai dicesse
,
sapeva bene
discorrendo di fatti contemporanei
,
avendo conoscenza diretta del paese e degli nacque il nuovo personaggio. Determinar
l'
anno preciso
opera del Fiorillo
dell'
attori
ed
,
&a
cui
introdnzione di esso per
non possiamo. Sgombrando
,
dallo scenario col Pulcinella
qad
il
terreno
erroneamente attribuito in questi
ultimi anni a Qiambabtista della Porta,
—
le
menzioni più
antiche del Pulcinella sono quelle del Viaggio del Parnaso del Cortese (1621), dei Balli di Sfessanià (di cui la data è il
medesimo anno si ha una commedia di Virgilio Vemcci, allora messa a stampa e forse com-
1622)1), del Cecchini (1628); e nel
Tapparizione di esso in e nel 1632 in un'altra,
posta parecchio tempo prima, eh' à lavoro dello stesso inventore, Silvio Fiorillo. Forse
non
si
andrebbe lungi dal vero,
riportando V introduzione del perGOnaggìo al primo decennio
secob XVII, Il nome appare usato indifferentemente
del
nelle
forme dia-
lettali di PolicÌTtella, Pulicinellaj Polecenella^ Pullecinella, e
simili,
ed italiane di Pulcinella e Pulcinello,
La connessione
con pulcino^ malgrado alcune irregolarità filologiche di cui parleremo più oltre, non par dubbia ed à certo, ad ogni ;
modo ,
ch^ era vivo
il
senso del legame di quel
quella immagine. Kei Balli di Sfessanià, Oorvft
Con
U
petto
Btil
nome con
ha addirittura
si
ventre, e aU^hor tu vedi
b^ator
gir «ampT» & tuono; Porge in for TaDehe, e vlen dove ti siedi Con man^ natiche e pie, oni gli altri sono Dietro a mirar dì ohe il primier f& cenno Con p1à> natiche e man con tatto il setuia-
La
graida
dfìscrmoae ru>n
11
è,
la
tu verità,
molto evidente
^
;
e fa nascere
II
de-
siderio di un^ ìUiistrozlonfì degli aotlchì baili popolari napoletani. 3ulla
^emmiOf 1)
cfr. anche (hmto de li Gunti, ed. Croce, I, p. 7. C&. gol propouto M. V&OHON, Jacqttea CaUot, Paris, Librairia da
l'Art
s. a.
— fonam di
PulliciniéllOt
12
—
che resta però singolare, e noa ha
riscontro in testi napoletani.
Un
dotto e gentile amico
i)
m' informa ohe in ona farsa popolare, che ancora si recita nel carnevale a Rogliano ed in altri luoghi di Calahria, e che pei personaggi e per
storiche risale di certo
le allnsioni
al Seicento, appare, accanto al I^astullOy
mico
di Pullicino
maschera
la
contenere
,
un simbolismo ,
come
ch^ è vestito
dagli occhi tondi
timbro della voce i
,
si
personaggio co-
Pulcinella.
dal naso adunco
,
gallinaceo
lo stesso è
;
,
sembra
da dire del
%
aggiunge spesso un cognome, e divenne poi
costante quello di Cetrulo. Ma, nella commedia che del Fiorillo, Pulcinella
annuncia come
si
Gamaro de Tamaro Coccumato de teselece, figlio
Anche
quale almeno sogliono imitarla ancora
burattinai nel recitar Pulcinella
Al nome
il
il
de Marco
Sfila,
e de
ci
resta
« Polìcinella
de
Napole, nasciuto a Pon-
Madama Sbìgnapriesto :
con che non vogliamo dire che in altre occasioni non
si
chiamasse già Cetrulo, come vien detto poi negli Scenarii
Conte di Casamarciano, che son
del
-dell'ultimo quarto del
XVii. D'altra parte, il cognome di Cetrulo era comune ad altri personaggi comici, di quelli a noi noti anche
secolo
prima del Pulcinella: in un'operetta del bolognese Giulio Cesare Croce troviamo Qmello Cetmllo Ceirulli
commedia rello
del seicento
dtrolo
s'
intitola
:
Le
insolente di Pascha-
nome
e
cognome segue T indicazione
della patria. Si è dato qualche peso al fatto
')
H
UàOioppi
Big-
ed una
*).
Spesso anche al
^
*);
che Pulcinella
Vincenzo PorisLO. ,
Per
la storia dei Pulcinella
,
in Arch. ator^ nnp,,
XIV,
181-189.
^ TeaM *ì
Ne
di Napoli^ p. 774.
è autore Melchior Eossi da Cori, e se ne legge
armunzii che acoompognaao Catosi, BoncigllODe, 1675.
La
il
titolo negli
YendemiOf scherzo rustico di MìKìhtto
— 13 — di Acerra — presso
dica nativo
si
— nota
Atella,
le vicinanze dell'antica
:
il
Dieterioh nel suo recente volume.
Ma nean-
che questo è un dato costante. Abbiamo gii visto ohe nella
commedia
del Fiorillo la patria è Ponteselioe
tuttavìa già diventato
tempi in cui eoriveva del secolo
il il
^).
Aeerra era
paese proverbiale di Puloinella, ai Perrucoì, OE^ia nella seconda
metà
XVTI.
Si è dato anche speciale rilievo al fatto che l'amante di Pulcinella
lomba
E
^).
chiami spesso Colombina
sì
la
il
:
pulcino e la co-
prima commedia a stampa
col Pulcinella,
finora nota, eh' è quella del Veruccì, ci presenta, infatti, la
Colombina ^ amante di Pulcinella; ma né quella commedia è dì autore napoletano né Colombina è nome napoletano, né quella servetta parla il dialetto b), Kei Balli di Sfesmnia, Pullieiniello danza con la signora Lucreiiay il servetta
,
nome, tradotto
coi
Zeea in
altre opere
in diminutivo napoletano, dà Zeisa\ e
appare moglie di Pulcinella {Camone
maggior parte delle antiche commedie le sue chiamano Basetta, Pimpinella, Puparella «),
di Ze0a). Nella
amanti
si
Pmtesdice è un ponte sul Lagno fra Napoli ed Aversa. Non ab-
1)
biamo notizia che vi fosse un paesello abitato; ma forse vi era un gruppo di c^e. Il luogo conserva ancora questo nome.
^
RAOlOFPlf
^H e
il
1.
c, p. 181.
femminile di
colonìho si dice in dialetto napoletano:
diminutivo : palommdla.
La
pi^&mma,
commedia è tanto poco
ColotrAina della
pan>1a del dialetto napoletano chQj in queato, è stata alterata In culumòrifKi,
nel significalo dì
donna vana e civetta
Obi TO vedere a moglifiTa
^o
:
Oìaccbmo
un canto popolare (Oboce, Cbn£i politici
del pop. napoUtayio, p. LXI). Gomelio Lanci di Urbino scrìsse, tra lo altre commedie, la FirnjHMtói, Urbino, 1588 (Quadbco, II, P. I, p. 90), che ci duole di non aver potuto vedere. Notiamo che nel dialetto napoletano esiste anche
dice *)
—
Qu femminile
di PuJeceneffo, cbe è Ft^lecendleaBa^
—
14
— nomi
Tatti questi nomi e cognomi e
dono ad una
di patria rispon-
comumaaiuia e ad una satira popolare: simbolica, tratta da rawicìnamentì oon animalif e satira dei paeai prossimi alle grandi città, i cui abitatori sono al 9Ìm.bolioa
cittadino tipi osservabili di goffaggine.
dato di solito per
cognome
&
è
Ciavola (gazza), e Salvator Itosa
moderno Soìosoiammooca
recitava la parte di Formicola^ Il sì
Anche a Covidlo
spesso cittadino di Marcianise,
Meno
assai oi è noto intoruo
del
nel quale
aspetto del Pulcinella
Prezioso per la sua antichità sembrerebbe
fiorilliano.
ramo
all^
GaUot
— che mettiamo
personaggio è per
il
questa figurazione
mancano
la
sott'occhio al lettore
i),
il
—
prima volta figurato. In
alconi tratti, diventati poi co-
ed ^senziali del cc^tume di Pulcinella. Il cappello non À di forma conica; Pulcinella ha i baffi (oh orrore!), e gli pende al fianco una daga di legno come all'Arlecchino. H camiciotto e i calzoni son sinuli a quelli posteriormente stanti
ma
comune a molti altri personaggi ritratti dal Callot, La mezza maschera ha il becco adimco, ma non risulta che fosse nera. Noi non crediamo ohe si possano cavare da quel ramo conclusioni sicure, giacché usati
;
tale foggia di veste è
Partìata si condusse probabilmente verso le figure
comiche da lui osservate con qualche libertà. Dalla commedia del Yeruccì si sa soltanto che Pulcinella andava vestito pove-
1) Il
DnrriBicH, nel sao
piegati del
Muaeo
dorate ore Intere
contenente
il
lìlaro
di Napoli i>,
ramo
che citeremo più oltre, nota che gV Immalgrado tutti gli sforzi e le ricérche
non riuscirono
a.
trovargli la collezione
Firmiana
del Callot! (pp. 252-3), Dovevano essere assai diquel giorno: a noi ^ stato facile di averlo io
atratti gli impiegati in
cinque miimtt-
ramo
E
nella vicina Biblioteca Nazionale
si
Israel Silveetre, 1662. X Balli di Sfessania contengono
49 £gnrlne d( dansatorì
ha
vede
lo stesso
nel volarne: Toittes le^ oeuvres de Jacques, Càllot, k Paris, chez
:
il
tre^ tutti gli altri, due.
primo ramo,
oh' è
come nn
24 quadretti, e tronteapizio,
ne
ramente, da pezzente.
15
-
Ed abbiamo
oaroato ìnraiio altro
ti-
gure o desoriaioni del Palcinelìa dei primi tempi. Bisogna giungere al aecolo XViil per trovar l'aspetto a noi ooto, come nella figura di Polcinella, che ci dà il Ricfioboni in
una
delle tavole della sua Histoire
1728-1731,
Ma
fìg- 15),
du
ihéàtre italim (Parigi,
poco diversa dalla moderna
non vogliamo negare, benché non
noi
cnmentatOf che
il
i).
ci risalti
do-
Pulcinella fiorìUiano recasse la maschera
PULCTNBLLA oei Balli di SffSGajiia di J. Oallot. (1622)
n^a
e
coppolone
il
dell' antichità di Piilcinellft.
in
mano
È
:
un
tanto più che ci è capitata altro particolare di
noto che questo
si
una prova coatum© relativo al
auole ritrarlo con
un corno
(contro la iettatura? o simbolo di domestica ab-
bondanza?); e cosi sta in piaetÌGa a guardia delle botteghe ^} UojB.
pretesa maadier» d«l Fulciuella £vnlliaiio è uel
Uoboo
Fi-
—
16
—
PuIjOINBLDA al princlpil del socxjIo
(DaW
XV ITl.
Si^tcire du théàirt italien del BitxiOGONj)
dei venditori nei quartieri popolari, e coal, in carne ed obsù,
vede Luyibars il pubblico suirentrata dei baracconi. Ora in nn poemetto bernesco, pubblicato nel 1636, dal titolo la lo 91
Tahaccheiàe
j
di cui è
da Monterega^e
,
autore un abroazeae, Francesco Zacchi
discorrendosi delle
varie forme di tabac-
—
17
—
PuLCrnSLLA COL GOEHO Reepues, Gem^hlde von Neapet)
(Dftll'opEiTa del
Ghiere e di altri recipienti
queste terzine
da aeibar tabacco,
sì
leggono
:
Mft pure, a dir
Ìl
vero, trovo più bolla
Esaer V inventìon tra V altra
(sic)
rara
Del galante huS(m FoLLCSifKLLi. Questfi credo sarà più accetta e cara
Di
E
tutte r altre, eh' nra vanno eh'
a tomo,
cgnìim cercorÀ d'haverla a gara.
a
—
Potrà far questa a tatto
Ha
qu&l
ti
caredi,
l'altre
l'
— dirà
corno,
autore che
lodo?-^È un Cobko
il
lettore.
— Forse
si
si
*),
talora sul
servi di
sapremmo dare il
o
;
al-
potesse ridurlo a tabacchiera, a somigHanza
dei cornetti nei quali si serbava la polvere
che già
;
eia
un corno per tabacschiera che Pulcinella recava in mano, faceva pensar
teatro Pulcinella il
scorno
almo fdgnor, cbe
L/ invention che tanto
Perchè invenzione?
—
18
da aparo?
risposte soddisfacenti a queste
Pulcinella nella prima
metà
— Non
domande ma ;
del seicento facesse
UBO del cornOf per uno o per un altro scopo, con una o con ci sembra che, da questa un* altra intenzione buffonesca ,
citazione, nsulti chiaro.
8.
I precedenU La
del
Pulcinella.
questione della derivazione dàlVantichità classica.
Appurate nel miglior modo le circostanze sull'attore che primo introdusse sui teatri il nome di Pulcinella e sullo stato civile e Tabbigliainento primitivo del personaggio, s^
intendono certo risolute tutte
fatte o si posson fare
le altre quistioni
intomo aiVorigine
che
non
si
son
Noi
di Pulcinella.
') La Tabbaccheidef scherzo estivo sopra ti Tabacco di Fbakobsoo ZnooHi da MoQtereg;ale (stampata per prima, e con frontespizio particolare tra ^
le
FoesU del Zucchi, in Ascoli,
La
dedica ò in data di
MDCXXXVI,
Teramo
,
1 giugno 1636» firmata dall' editore
Papirio Gancrlni, del quale si hanno letto napoletano alF autore.
Il
appresso Maffio Salrionì).
un
sonetto e
un madrigale in
passo citato è nel oap. IV, p. 86
—D
debbo r indicazione all' amico comm. Luigi Riccio, tore anche di drammi musicali, cfr. Teatri di A^apoii,
ana deUa
GanUlma e il Ciooonio, 16^.
famiglia
versi, Napoli, E.
;
dia-
e ne
Zucchi fu au-
p- 136, e dell'Ori-
fÌMme Qiizo, Disegno
panegirico in
—
—
19
Tiasanmereino le più importanti di esse in gu&ttro capi, e
formoleremo come segue
le
Primo fosse
capo.
— In
— secondo
:
modo
che
è
da intendere che
il
Fiorillo
T espressione del Geoohixà— inventore
del
Pulcinella? Questa espressione è usata in senso afiatto
goroso?
Non
potette
Fiorillo esser detto inventore in
il
ri-
guanto
elevò agli onori delie sue recite e fece valere con l'arte sua il
personaggio di Pulcinella, oh'egli ritolse a comici più vol-
gari,
ad umili divertimenti di villaggio^ ad una oscura
Non potevano
dizione teatrale preesistente? in tutto tivi
in parte
vestito,
il
^ser
tra-
nome, e forse
il
anteriori,
come
distin-
appartenenti a personaggi comici, in parte simili a quelli
ohe rappresentò poi Secondo esso,
sono anteriori
Fiorillo?
il
capo. — Se
personaggio,
il
al Fiorillo, di
ha un limite determinabile?
alcuni elementi di
quanto sono anteriori?
E
non potrebbero quegli elementi risalire all' antica commedia popolare latina, perpetuatasi in forma corrotta e rozza durante il medio evo? Terzo capo. Posto ohe a questa seconda domanda si risi
—
sponda nega,tivamente
e che si tenga fermo o
,
zione totale del Fiorillo
da
lui
remota
,
e
non
si
o ad un' invenzione
— se non d^'arte e
la
del vestito, con la comqmstione sorge una più generale:
,
italiana (di cui la
commedia
non potò la c(^ddetta commedia ,
pulcinellesca sono gruppi e sotto-
commedia popolare
latina
— In questa ipotesi, Pulcinella anche
si riat-
gruppi) derivare, in parte, dalla
per trasmissione?
non molto
nome o
proprio Pulcinella individualmente
nuova commedia
inven-
ammetta alcuna connessione del
personaggio di Pulcinella, del
media popolare latina
all'
taccherebbe alla commedia popolare latina
,
ma
indiretta-
mente, per la mediazione dell'ambiente storico-letterario, di cui esso sarebbe o più recente o rinnovato prodotto. Quarto capo.
—E
trasmissione storica,
sì
—
ammetta o non si ammetta questa non bisognerebbe sempre porre una
-
so
-
Telandone tra la oonunedia popolare latina e la nuova ita-
quanto prodotti del medesimo
lianSi in
aarebbero eSeità le somiglianze tra
spirito etnioo^ di coi
due commedie
le
,
o,
almeno, molte di queste Bomiglianze?
Come
si
vede, aloaae di queste quistioni superano
il
per-
sonaggio di Folcinella, che viene considerato in esse come caso partioolare di un'apparizione più generale, ed è perciò
tanto più importante
Noi risponderemo nel
modo
il
tentar di risolverle.
ai quattro capi di
più breve e più netto che
domande
indicati,
ci riuscirà.
Diremo subito che il dubbio, espresso nel primo capo, ci sembra affatto ragionevole. Cosi un nostro contemporaneo non avrebbe neesuno scrupolo di affermare che il personaggio comico di Scioseiammocca è stato inventato
dall^ attore
Scar-
ste^o Scarpetta racconta, in im suo dimenoato libercolo ^), cb^egU fu condotto ad ^sumere quel nome per aver rappresentato la prima volta con buon aucceaao il personaggio di Felicetto Sdosciammocca di una vecchia
petta
;
eppure
farsaccia.
Ed,
lo
oltre la
mera
saremmo indotti a non tanto nell'aned-
possibilità^
trovar qualche probabilità della cosa,
doto del Gialiani ricordato dallo Scherillo ^j quanto nel rapido moltiplicarsi dei FulcinelU, ancora vivente il Fiorillo; il
che suol accader di rado quando un personaggio
sia in-
venzione affatto individuale e caratteristica dell'attore che
r introduce.
E
c^
anche
è
femminile ohe non
si
di quei tempi; gioA^ckè
pulleciniello
nella
;
,
e
il
il
nome
Pulicineiia,
m una forma
ritrova nel vocabolario napoletano
puUecino (pulcino) dà
femminile pull(^nchella
,
il
diminutivo
non mai pulid-
mentre troviamo cognomi anteriori di Pulcinella
Don Felice, memorio di EouAajx) Soabpstta, Napoli, 1883, p, 1(B. ^ Lo SoEMaiLLO per queU' aneddoto ha avuto aott' occhio una ver*)
sione franceae; roriginaie italiano è nell'articolo Folidnelta del Voco' holario Tiapoletano, detto degli Accademici fiiopatridi, edito dal Porcelli
nel 1789,
.
^ {esempio del secolo
XV i»
21
-
citato dallo Soherillo;
esempio del
Pùhindla del 1484, oibato da me *), che parrebbero iadioare resistenza di una forma diversa, ma più antica. Certo, fa un po' meraviglia il non trovar menzionato il p^^on&ggìo dal Del Tufo e da altri scrittori napoletani , anteriori al Cortese^ ma tale argomento non è secolo
XV, UD
JoQOi
neanche molto forte. In concslnsiono, se un erudito sooprisse, nna volta o l'altra, il nome teatrale di Poloinella, prima del Fiorillo, noi non ce ne meraviglieremmo ")- Anche meno ci meraviglieremmo se ci s* imbattesse nelle parole decisivo, e
pvllicino
fìjAlicimellOf usati
come denominazioni burlesche
non proprio teatrali. Quanto al secondo capo, neanche ci sembra che si possa negare la mera possibilità. Sono tante le sopravvivenze del-
se
Tantìchità classica! Qual meraviglia se tra esse fossero anche
o qualche particolare del vestito, o il nome di Pulcinella, o anche fac^ie ed invenzioni che si ritrovano poi nella letteratara di cui questi è centro?
Ma
il
fatto è, che tutte le
somiglianze finora escogitate sono di tale indole che
gano facilmente con
si spie-
la generazione spontanea: i simboli e
i
nomi animaleschi, certe particolarità di vestiario (nel qual campo i confronti sono tanto più malsìcori in quanto abbiamo visto r incertezza fionlliano),
che regna sul vestito dello stesso Pulcinella
6 alcnni
tratti di carattere e particolari di co-
stumanze relative ai personaggi comici. Abbiamo cente libro del Dieterich 1)
ScHQuLLOj op,
mascheramento
cit.,
letto
il
re-
% che tratta di proposito di questo
p. 68-9; Croce^ Teatri di Napoli^ p.
di Putcin^Ua è anche probabilmente
11
689
n.
Un
noto cognome
Poìsineni,
^
Il
DiVT&BiCHf p< 254, richlEima Vhistrio personafus, che appare nel-
VAnitmivg del PontaoOf in compagnia, del cantastorie stesso àh&
qneUa menzione, se
sohe teala^i in Napoli, non
)
ci attesta
ci dice
;
ma
conviene egli
resistenza di figure bnffone-
nulla di particolare pel Pulcinella.
ÀLfiR&OHT DiETEHiCH, Pulcinella. Pnmpejanische WandbUdcr und
mischt Satyràpi^ej Leipzig, Teubner, 1897, di pp. X-306, con
fig.
rii-
—
-
22
argomento, e non abbiamo trovato nulla che
oi
abbia smosso
abbiamo non è storicamente dimostrabile. E una certa coscienza ha il Dieterìch^ che anche i pochi indizii, ch*egli reca non regdalla nostra persuasione; anzi, in fine (pp, 237-8),
trovato la confessione dell^antore cbe quella connessione
,
gono
alla critica.
Che
Pulcinella riproduca Tantico cicimis
un ravvicinamento puramente verbale e il Dieterich stesso limita (p, 246) alta sola maschera 1 resti del camuffamento gallinaceo. Pei cognomi Polcinella o Pulcineilaf dianzi citati, il Dieterìch osserva: « il meno che da (osco, gallo) è
essi è
;
permesso concludere
si
è
:
che, se
on
tal
soprannome
poteva esser in uso, assai probabilmente era già congiunta
nome
una determinata e sviluppata rappresentazione >. Sì, certo; ma non una rappresentazione dì personaggio teatrale; nel modo stesso che, quando ora diciamo di un tale < anima di pulcino >, TespresBione non oÌ è sugg^ta né dà un personaggio teatrale, nà in particolare dal Pulcinella, Al Dieterich sembra che vi siano tracce del nome di Macco nella parola niacckeroni e nel nome boccaccesco di Buffalmacco il che se anche fosse, non indicherebbe la trasmissione del personaggio comico, ma di un semplice Gol
di quell'animale
:
elemento verbale.
Una
sione, è la parola
Macco ritrovata in una correzione
copista dell' XI secolo
sottigliezza,
deW Apologia
Dieterich stesso sembra dare e
il
*)
Secondo
il
CABAYstu, Chiacchiere
in alenili paesi perfino
che sfugge
il
di Apuleio.
alla discus-
di
non dare importanza
critiche,
un
A tutto ciò ');
Firenze, 1889» pp, 78-9,
cappello poIclnellescOf
il
coppolone^
ò detto
da morùmes^ come anche si chlamavaiio 1 buffoni deU'antlca Ma non ci pare ohe questo riscontro abbU valore, Il commediA tnuriuni,
—
j».
comunica che nel 1869, costruendoai In Napoli la nuova si trovò, poco prima di questa chiesa, una cantina nella quale si notò dìpintn sul muro una Bgura di Maccus (cbm^ sul muri delie taverne popolar; si vedono ora dipinti 1 Pulcinelli)- Lo scavo fa aimunzdato sul giornale Qaggetta di Napoli', ma non se ne conserva notizia nell^Archivio del Museo ed allora non s' erano oooh.
Capasso
stirada del
ci
Duomo,
,
-^ 23
—
< Il «ol molta ne dà sicnramente a qu&st^ altro fatto nome egli dice che si possa realmente seguire dall^an-
HLft
:
—
—
tichità fino ad oggi, nel periodo greco, nell'osco, nel latino,
e nell'italiano, è quello di sannio, diventato
commedia zo
»,
—
al
XVlii e il
arte
dell'
:
De Amiois
al valoroso
dover togliere
un pez-
connefisione rìconoscinta da
qual proposito egli cita prof.
eanni della
il
Eiccoboni pel secolo
il
pel nostro
(p.
archeologo
le
236). Ci duole di
sue illusioni
;
ma
alla derivazione dello zanni dal sanniOj escogitata dalla filo-
logia del secolo passato, nessuno più crede. Zanni o Gianni^
o Zuane
,
o Giovanni
è
,
masco, com'è provato da
dono
di fatto
il
sannio
nome
il
infiniti
i)^
al
del servo sciocco berga-
documenti;
quali esclu-
i
che per altro sarebbe dovuta
bastare la semplice considerazione filologica, Cocdcchè, ci par difficile che, per questo secondo capo, dopo tanti sforzi di
buona volontà,
si
riesca a trovare prove o
minciate ancora a pubblicare le notìMe degli scavi^ come avvenne poi per inizlattva del Ftorelli. 1)
Si
contro
veda ora per
il
iiaiiani, 1, 462-8.
dia
H
tutti
D. Hbrust, Saggio di ricerca
«ulla satira
ViUanOf Torino, Loescher, 1894, p- 120 sgg. C&. Bisi, Comici
Aggiimgiamo che abbiamo
aott'
occhio
nna comme-
Pantalone impazzito di FitAJJCBSCO R[OHaLL0 noantovano (Viter-
bo, 1613), nella quale vi sono Cornelio dottor napolitano e
Zanne
servitore
commedia Zanne è chiamato poi Zuane. Vogliamo notare a questo proposito come manchi di base sicnra il
bergamaacOf e nel corso della
ravvicinamento, tante volte col l'
mimus
centuncuius
(cfr-
fatto, dell^ablto
anche Distxricr,
a scacchi de]VArkcchÌno
p, 145). L'abito antico del-
Arlecchino era diverso di quello che poi prevalse, come può vedersi
due tavole del Biccoboni e chiaramente dal seguente brano cit.), contemporaneo alla trasformazione: < L^abito adunque vorrebb^ esser moderato, il quale s* à molto allontanato et a gran passi discostato dal convenevole, posciachè» invece dei tacconi o rattoppamenti (cose proprie del pover' uomo), portano qaa^i un recamo di concertate pezzette, che li rappresentano morosi kudvi e non servi ignoranti 31 che lo sconcerto deir habito par che indichi quello dalle
;
del Cecchini (opifó.
dell'ingegno
>.
-24indizii della derivazione anticsa dal
sempUod
nome
e deU^aspetto del
sempre iatatta. PaflsaBdo al terao <^po, è presso a poco da ripetere, pel caso più generale, ciò che si è detto pel caso particolare. Le rappresent&ziooi volgari del medio evo preeentano grande oscurità; e, per V Italia meridionale, oiò che si sa, Poloìnella; eoa la
è zero. Tuttavia
una qualche tradizione potè continuare,
,
— tenue
e sboccale in fine
nnovo assai
posiibilità resba
teatro italiano.
Ma
rivoletto, dai
di ciò non'
sì
lungo corso! sa nulla,
poco della stessa commedia popolare
Anche
di questo
sembra convinto
portato per oonoegnenza a dare
— nel
come
si
sa
latina. il
quale è
somma importanza
alla do-
il
Dieterioh,
manda contenuta
nel quarto capo, ossia BÌVelemento etnico.
Egli, che pure
è travagliato per ano conto a rintracciare
s'
la storica tri^missione^ dice, in ultimo,
dotti it^iani rica
(il
che la questione deve
diversamente dal modo come V hanno posta
esser posta
;
non
ai
che è impossibile)
dei prodotti delle
due
i
tratta di trovare la trasmissione sto,
ma
di affermar la somiglianza
letterature teatrali, nate sullo stesso
suolo © presso lo stesso popolo alla distanza di molti secoli,
ed effetto dello spirito etnico del mezzogiorno d' Italia, Per lui, insomma, Napoli è il terreno proprio del Pulcinella e di altri
personaggi analoghi ad
esso,
e del genere di rappresen-
tazioni teatrali di cui
fanno parte: qui è pianta indigena, altrove è esotica o appena acclimatata. Di qui la prooessione
mo^e nell'antichità, come nei tempi moderni; e di qui moverà probabilmente di nuovo nell'avvenire A tale dei Pulcinelli
!
teoria ci è
da
fare
una obiezione
prelinunare: che delle anti-
che atellane e delle fabulae satìricae stabilire la
si
sa troppo poco da poter
base stessa deir indagine, la somigliansfa o Tidencommedie antiche con le commedie italiane delle
tità di quelle
maschere. Si possono notar, di certo, evidenti somiglianze: ci sono stati serbati i titoli di Macoiis caupo Macaus virgo^ ,
Maccus
mileSj
Macci gemini^ cui corrispondono a capello
i
— moderm Ptddnella capitano,
i
due,
—
25
tavemaroj IhUcinella sposa
i ire^
i
,
Ptiltnnella
quattro Pìtlcinelli simili.
La
ghiot-
tomia e yoraoità di qaegli antichi bufoni à tratto conBueto di Pulcinella, AiLohe le anticke oommedie erano spesso piene di avvenimenti nuraoolosi e di stregonerie; e talvolta
come
servivano
Ma,
parodie di opere letterarie
(p.
260 segg,).—
ae noi potessimo conoscere quelle antiche produzioni,^
scopriremmo assai probabilmente glianze (e forse ad altre, differenze.
In
ogzii
meno
accanto a queste somi-
,
generiche), molte e profonde
modo, accertate che
fossero somiglianze
e differenze, bisognerebbe spiegarle nelle loro cause ; e qui
par che
il
Dietorich
si affretti
troppo quando postula su*
ano spirito etnico, produttore Gostanta degli effetti me* desimi. Dì questo &ttor6 etnico si è assai abusato e col
bito
,
tirarlo in ballo, gli storici si
sono risparmiate molte analisi
onde è venuto ora in
In realtà, pur non potendosi negare la persistenza più o meno lunga di alcune qualità di temperamento, naturali o acquisite (ma delle più difficili
:
discredito.
sempre superabili e contingenti, non necessarie o fatali !)» queste son da considerare come una forza tra le forze e non si può riconoscerne razione più o meno grande, se non dove tutte le altre forze sono state dallo storico prese in esame. A procedere altrimenti, si foggiano spiegazioni soltanto apparentL Ora non si può neppure tentare questo esame in ,
una questione in
cui,
come
s'
ò visto,
manca
la base dei fatti
sui quali esso dovrebbe esercitarsi.
Appoggiato pronto (con
il
un
sullo spirito etnico
che
,
mentre
gli
criterio di spiegazione delle somiglianze, vale
circolo
un
po^ vizioso)
certezza dì esse somiglianze, si
,
il
a dargli
la
porge
anche
conoscenza e
la
Dieterich procede oltre, e
mette a vagheggiare un^ integrazione e restituzione delle
atellane e fabulae satìricae col
mezzo
delle
moderne com-
medie pulcinellesche. Quando le linee e i frammenti superstiti di una vecchia figura distrutta— egli dice-:— incidono
_ 26 — con le parti di una figura coiuiervata
che anche che
si
il
resto debba, nell^ insieme, coincidere.
Non
già
possa pretender di ricostroìre le antiche composizioni
drammatiche nei singoli
nei singoli motivi, nella pe-
versi,
culiare aucceasione delle scene rari
è lecito concludere
,
casi)
ma
,
dranuoatica
sì
(il
che sarà possìbile solo in
tratta dì ricostruirle nella
loro
essenza
e rivedersele innanzi con ano sforzo di fan-
,
tasia scientificamente guidato.
— Noi
non vogliamo negare
la legittimità in genere di queste ricostruzioni e congetture,
che sono Tanima stessa del lavoro
storico,
il
quale
si
basa
ammetteremo anche che, nella qnistione speciale, la moderna commedia dell^arte italiana, e napoletana, avrebbe un certo disulla costanza sostanziale della p9ÌcK>Iogia
ritto di
umana
precedenza ad esser tenuta presente.
;
e
Ma la scarsezza
dei dati di fatti, serbatici nei monujjienti e nelle opere letterarie, ofire
tanto largo
e congetture, ohe
il
campo
alle più svariate ricostruzioni
lavoro, se à guidato dalla scienza, riesce
infecondo, e, se dalla semplice fantasia, antiscientifico.
U
non
si
Dieterich avrebbe sentito meglio questa difficoltà se
dominar di soverchio dalla sua fede nello spirito etnico. Supposto questo così costante come egli sembra ammettere — da somigliare ad un ramo d^nciaione, che produca a grandi distanze di tempo le medesime incisioni fosse lasciato
—
(tutt'al
più tirate con diversi colori!), è chiaro che, avendo
innanzi dei brandelli di un^ incisione antica e una prova
completa di un' incisione più moderna, esattamente
non sono
la
prima con
tiraggi di
la seconda,
l'
intero
!
possa ricostruire i
prodotti storici
una medesima stampa, o copie
stesso quadro, o cristalli, di cui, dato
coatmisca
si
Ma
I
rattoppati alla meglio
di
frammento,
il
uno
si ri-
brandelli restano brandelli, qua e là ;
e
i
frammenti
,
poco più di fram-
menti.
Tatta questa quistione mossa dal Dieterich, considerata in reiasione con la storia della moderna
commedia
italia->
— na, interessa solo per
un
—
27
rispetto
in quanto oioè
:
pone
si
la domanda, se nella, prodazione della commedia non abbiano influito attitudini spirituali antichisaimoderna me deUe popolazioni italiane, ohe furono quelle medesime ohe produssero effetti simili o medesimi nell'antichità. Abbiamo visto che a questa domanda non si può rispondere in modo soddisfacente con le notizie di ciò che ci resta della commedia popoitare antica. Diremo ora eh' essa può essere ri-
con essa
solata molto meglio
con
lo studio
e di costumi che hanno dall' antichità
,
serbato
di caratteri
dei tratti le
popolazioni
italiane
quali essi risultano daU^esame comparativo
di tutte le altre fonti.
Non
è necessario, per risolvere tale
quistione, dì andarsi a cacciare proprio nell'angolo più buio
della letteratura antica!
Più dispiacevoli, perchè
irreparabili,
sembrerebbe doves-
sero es8^% le risposte negative, che siamo stati costretti a
dare ai tre priroi capi di domande, concernenti
l'
influenza
non già etnica ma storica {per trasmissione ininterrotta ) della commedia popolare antica sul teatro popolare e sulla commedia deirarte italiana. Ma pure, considerando attentamente ci sarà da confortarsi e sorgerà il pensiero che quell' ignoranza non può essere di molto danno per la comprensione della storia della moderna commedia. Dato anche che un £lo di tradizione congiangesse questa parte del nuovo a quella parte dell'antico, quel filo non potrebbe essere se noD sottilissimo e tenuissimo la costumanza di recite im,
,
:
provvisate o condotte su scenarii tradizionali, fatte pei villaggi o per le piazze delle città dui^nte
il
medio evo;
sopravvivenza di qualche motivo, di qualche di qualche particolare di vestito o
di alcune facezie. Si ripensi
un
nome
la
comico,
mascheramento buffonesco,
po'
a
ciò che potevano essere
delle rappresentazioni istrioniche nella rozza vita feudale,
o in quella meschina
delle piccole città
marinaresche
bizantine dell'alto medio evo; e ai vedrà che
non
italo-
si
può
—
—
28
andar a cercar in esse Vorigine, nientemeno, della oonuoedia
moderna
Lo nella.
italiana!
sbeeso è
da
dire in particolare della figura di Pulci-
Poniamo che
vale, la decisione di
si
scopra domani un docamenbo medie-
nna sinodo episcopale ovvero ana carta
giudiziaria o
una cronaca o un ritmo
nome
istrione o di
satirico^
che
ci
rechi
il
una forma o arcaica o latinizzata di quello dì Pulcinella. Ovvero, poniamo che in una miniatura dì codice o in qualche frammento dì di
un
nn
bn£Eon6f che sia
bizzarra scultura ornamentale di cattedrale figura con la cinella,
parlare
mezza maschera
e
il
i),
si
ritrovi
cappello conico di Pul-
Che sentimento ispirerebbe una tale acoperta franoamente come erudito e specie &e la ,
perta la faoess' io,— a
—
,
me
balzerebbe
dominato quel sentimento dì
gioia,
una
il
?
A
sco-
cuore dalla gioia ! Ma,
che è proprio del me-
buon senso di riconoscere ohe la scoperta è di pura curiosità» Ohe cosa dì nuovo, infatti, si ricaverebbe da essa? una prova ohe l'antichità ha lasciato molti detriti nella lìngua e nel costume? Sapevamcela Ma simili fatti non ci spiegherebbero se non le accidentalità del sorgere di Pulcinella e della nuova commedia italiana. L'arte, finché è allo stato latente, e non esprime con qualche larghezza la vita e non esercita azione sulla vita, ha piccola importanza ed offre scarso interesse. Quello che ci preme di conoscere della commedia italiana moderna e del Puloinella non sono gli addentellati casuali dell' una e delstiere, cercherei di
avere
il
!
—
—
l'altro,
ma
la loro vita attiva, nella luce della storia»
E ne-
cessario dire che questa vita si spiega, in tutta la sua parte
storica sostanziale^ con la civiltà del Rinascimento, con
Vam-
Anche nell'Italia meridionale vi ha esempli di questo scnlture bizzarre come i doe gruppi OBcenì dì un uomo e di una scimmia, di uno scimioue e di una donna, messi come base delie oolonnioe ')
,
,
della porta della Cattedrale di Acerenza.
bieute delle oortì le oondizioni
con
,
spirituali
29
—
la oreazione dei teatri stabili
e
partì d'Italia, nei secoli
Gostnmi
ì
ria, veramente determinanti ?
Se
e delle varie
d' Italia,
XVI-XIX,
con
,
e oon simili fatti sto-
gli eruditi potranno darei
notizia più completa delle rappresentazioni popolari medievali e dei resti dalia latinità in esse, tanto
meglio
;
ma
la
spiegazione della commedia moderna è nei tempi moderni,^
e non nel medioevo o nell'antichità. Le tradizioni del me* dicevo e dell'antichità possono illastrame solo alcuni
est^ori o secondarii; ad piuttosto
il
nome
maschera che
es.,
il
personaggio prendesse
un
altro, piuttosto quella
perohè
di PuloineUa che
lati
un'altra, o apparisse nelle manifestazioni più
antiche prima con certi traUi di caratteri che con certi
Cose interessanti, anche queste, di certo
altri.
interesse secondario e ristretto. .
come molti fanno luppò subito che
,
si
un semplice modo
si
ma
badi bene che
il
condizioni
il
im
dire,
,
di dire.
Né quei rimasugli il
antichi sono
fatto storico consiste nel <;erm€,
anzi in quello e in tutti gli altri attori, ohe
mano
di
germe era antico e che si sviebbero le conduioni adatte, è appunto
che
propriamente dei ^erm»; ne
ma
E
;
si
chia-
^).
Importanza anche minore ha
la
domanda contenuta
nel
primo capo. Sia pure che Silvio Fiorillo trovasse già in qualche parte il personaggio di Pulcinella: è certo che da lai comincia la serie deUe creazioni comiche importanti che
dtt pp. 75-6, ad il Notati, la Gionu fltor. di Uit una certa contraddizione nello Sghbkillo, oppur dicHarando cit, quando, il Pulcinella esser nato eiì principii del secolo XVil, anunettova oua qualche tradÌEioDe della commedia popolare antica. Tkta a ned sembra che la contraddizione deUo SoherLllo sìa più di forma che di sostanza e ci par ohe essa sparisca nel modo in cui abbiamo ora chiarita e formulata la tesi della modernità, che non esclude punto la possibilità di rimasugli antichi, benché di questi non Bl abbiano le prove. ')
ital*,
Il GHàaiTKLLi, op.
Y,
p^ 278,
notavajLo
;
-
—
80
presero quel nome. I suoi predeoessori non attirarono
l'at-
tenzione o furono dimenticati
vuol
dire — salvo
nella
,
storia
,
caso, qui poco probabile, di dispersione o
il
distruzione di documenti, rati,
oh©
il
;
— che meritavano di restare
non avendo spiegato vera
efficacia
igno-
e non avendo perciò
lasciato traccia riconoscibile,
— Non ma
se se
8Ì
sa nulla del Poloinells prima di Silvio Korillo
ne potesse saper qualche cosa,
vera importanza. dizione della
media
— Non
si
;
non avrebbe
ciò
ea nnlld della inflaenza deUa tra-
commedia popolare romana
sulla
moderna com-
ma, se se ne potesse saper qualcosa, questo
italiana;
servirebbe a spiegar
solo
particola eecondarii.
— E im-
possibile, nello stato presente delle fonti, istituire
meno indagar
oon&onto, e molto
le
un vero
cause delle somiglianze,
commedia moderna italiana e la commedia popolare romana; la questione dell^ influenza etnioa, e delle attitudini tra la
e consuetudini persistenti dall'antichità nella vita italiana, si
deve tentar di risolverla per
osservazione,
Ecco
—
le conclusioni, alle quali
fermare
,
nella vessata questione
Puloinella e della
commedia
Per
che
a noi pare che delle origini
campi
ci si
di
possa
antiche del
dell'arte.
la storia del Pulcinèlla,
Aggiunte
E
altre vie e in altri
e correzioni.
parliamo ora della sboria propria, ossia dei Pulcinelli ci
son noti per
quelle improvvisate
Questa
le ,
.
opere letterarie, per
storia, pei secoli
mente schizzata
gli soenarìì dì
per notizie ed accenni conservatici.
XVil
e XVIII, è stata già brava-
dallo SoheriUo, e noi vi
abbiamo
fatto, altre
— volte, alcune
aggìnnte
ffU'ne ora, specie
^).
—
31
Ma migliori
e più copiose possiamo
per ciò ohe rigoarda
il
Seicento, ossia
il
perìodo più antico.
Per
le osservazioni già esposte
non
,
insisteremo molto
sulla definizione del tìpo^ qual era nei suoi prinoipii. Nelle
grossolane classificazioni pratiche dei comici. Pulcinella era
un
secondo Zanni,
o^a una
parte di sciocco e goffo. Dalle
parole già citate dal Cecchini scrisse poi
fra
i
il
Ferrucci
confrontate con ciò che
,
parrebbe di dover concludere che,
,
caratteri comici napoletani, del principio del
vi fossero caratteri di vecchio, corrispondenti al
ven^iano, come
XVII,
s.
Pantalone
anche Pascariello, e di servi iurbii come il Cornelio^ corrispondenti al Brighella^ ma mancasse il carattere dello sciocco, corrìspondenU s,ÌV Arlecchino; e che Q}la, o
perciò Silvio Fiorillo plicità
per far credere che anche la sem-
habhìa loco d^albergare fra Napoletani
Ma il Cecchini
il
Policenella^
<
Questo gustosissimo
una
(*
huomo
»)
inventasse
imbroglia poi nel definirlo
a'
— egli
scrive
— ha
:
introdotto
disciplinata goffaggine, la quale al J)rimo suo apparire
conviene, che la malenconìa se ne fugga, o almeno centri, et stia rilegata
per longo spatio di tempo
>.
ai
con-
Fin
qxii
son parole, che non dicono nulla; tranne quella disciplinata goffaggine, che *
il
Cecchini, subito dopo, cerca di spiegare;
Diasi disciplinata goffaggine
duissimo studio per passar
un
goffo poco disoosto da
veroliio si vuol aoéostar
i
un
,
pc^cia ch^ egli fa uno asai-
termini naturali pazzo, et
ad un savio
>,
,
et
mostrar
un pazzo che
dì so-
Queste parole indi-
cherebbero un carattere contraddittorio ed assurdo, se non paressero piuttosto indicare che
^)
Ohe
la storia del Puldnella
il
Cecchini non riusci bene
non debba
iittwdersi Del senso deUo
svolgimeùto progressivo, ossia deUti progressiva formazione di rattere, è p. 267.
tma mia veocMa osservazione,
clie
un
ca-
anche U Ddibeich a^oetta,
—
^
32
a definire il personaggio che aveva ÌTiTìanm alla mente, o ne tenue predenti parecchi insieme, non riducibili ad un sol carattere. Cosi la prima definizione tentata del Pulcinella è già, come doveva essere, xm primo iallimenfco ^}p !
H
Perrucci
trae
invece, perfettamente logico, perchè
è,
esiistente di Pulcinella,
personaggio
il
condizioni, ossìa delinea egli
zi&
>
Consistendo
e
.
— devono dare la
ri-
detta le
personaggio come vorrebbe
il
che fosse, aciocco e nient'aJtro ohe sciocco. egli dice
ma ne
non
I Pulcinelli
*
—
nella sciocchezza e fuggire Pargu-
detta parte in graziose aciocohez^ di
può havere qualche cosa d'apparecchio con qualche similitudine breve, paragonando parole, di fatti, e trav^imenti^.'
amore ad un porco
y. g.
animali, o cose simili, turale sciocchezza,
,
ma
ad un asino e gli amanti agli vili come può dettare una na,
;
può avere qualche
bisguizzo,
bisticcio
grazioso e sciocco; qualche uscita, saluto ed altre cose
ma
dicole,
sciocche ed
genze rìspond^eero
un
vano, è
,
.
>
'}.
Che poi a queste
personaggi che
i
esi-
comici rappresenta-
i
CsooHfNT conviene dell' assordita istrionica déìleparU ridicoloaef
*) Il
congiunte con so
.
altro paio di maniche» Il miscuglio incoerente
dicendo di qneste:
Blti
umiH
ri-
l'
<
Si sono inventate ftlcnne parti rìdjcolose tanto
Inveroaimile,
non ondassi con
la
eli'
lo
non saprei trattar
penna spropositando anch'
suoi epropo-
1
Orsa, toc-
lo.
chiamle sen^a ponto trattar di riformar perchè bisognerebbe dar principio daJ cerveUOf
hereditato ogn'
il
un
quale
si
vede esgerli cod. caro come
di loro qoello di Aristotele; diciam
s'
mancamenti acciò che sappiano ohe sono coQosdutl, ben die Cfr.
anche la
critica
che
£a. il
Pebrucdt
,
op.
cit.,
p.
havessero
adunque
286
,
sempre sciocchi
;
loro eh' è di tirar ^) il
Op,
riferito
,
quando fanno da aoiocchl
,
sono fuori della parte
V intrigo con l'astuzia e con V inganno
Andrea Ciuccio e
anche
un misto
perchè o Laveranno da essere sempre arguti o
pp, 294-6. Si noti l'aneddoto
cit-r
Polcinella
e,
suoi
dei CovieUl
napoletani^ che < dall'ar^^nzis passando alla scloccheìsza, fanno
da non sopportarsi
i
tollerati >.
dall'
del
andata a
in Teatri di Napoli, p. 121.
*,
modo come
Boma
recitava
di quest' attore,
—
33
—
di furberia e di Bciocchezza era anzi
Biocoboni
ci
C50sì
frequoate ohe
il
dice che nelle oonunedie napoletane, in luogo
un
di Brighella e dell' Arloochino, vi erano due Palciaelli, «
fonrbe et Taatre stupide
i).
>
EsclnBO lo scenario attrìbaito erroneamente al Della Porta b), la pia antica rappresentazione letteraria del Pulcinella
{come
r^ta quella del poemetto del Cortese, il Viaggio di Parnaso (1621). Nel quale, s^ immagina chei in una recita fatta in Parnaso di una commedia, giustamente nota
un
Pulcinella faccia
le
il
prologo, mettendo in burla
La commedia è
neggiantì.
i)
lo Scherillo)
tosca-
i
toscana; ed Apollo piglia le parti
Eìstoire du théatre italien, voi. II, Paris, 1731, pp. 318-9. e
pays
— soggiunge
il
Riccobon!
— l'opinion
commune
eat
que
DaDS est
e'
de la Tilk de Benevento qni eat la capital dea Samnites, quW a tire ces deux caractères, opposés, quoique habillés de méme. Od dit que cette vlUe qoi est moitié sur la hauteur d^ une montagne et moitié ,
au bas, prodult lea hommes d* un caractère tout dìfférent- Ceur de la haute ville sont vits et trèa actifs. Ceus de la basae ville sont paresseux, ignorante et'presque stupides >. Il liiccobonl non ignora che questa apiegazlone è precisamente 1^ stessa che di
Bergamo; ma
neventana cosi nella
i
si
dà p6i due zanni
preferisce di credere che l^origine vera sìa quella be-
ed antica, dei «anni
(
d^i Sanniti
commedia napoletana come
\
)
,
che si perpetuarono
nella lombardck la verità, benché
talvolta Pulcinella sia detto oriundo di Benevento, altra notizia della doppia
non abbiamo trovato forma del carattere come derivante dal doppio
carattere della popolazione di quella città^ la cui topografìa ripugna
a tale spic^zione, laddove quella di Bei^amo
si
attaglia benissimo alla
spiegazione del Brighella e dell'Arlecchino.
)
Ideilo «c«nam è bensì tratto da una commedia del Della Porta^
ma
commedie erudite: i comici solevano conservar il nomo degli autori delle commedie agli scenarii ch'essi traevano da queste, raffazsonuidoll a lor modo. Vedi A. Tàlbbj, Gli scenarii inediti di BcuHio LocateUi, Roma, 1894, p, 10 n.\ Y. Rossi, Una com media di G. B. deUa Fùria e un nmm scmariù^ in Eend. IsHinto lombardo^ MOano, 1896; Gbocb, in Giom. star. d. tett^ iùd,, XXIX, 214; onde son da oorr^gere Sc^ibrilIjO, op. clt,, pp, 117-134, e Caocs, Teatri di non è
di questo scrittore di
Ne^h
P- 79-
S
— del pereonaggio vernacolo
Ciò risponde
34
—
contro
i
noiosi comici toacani
concetto informatorQ dell'opera del Cortese
al
—
rivendicazione dei diritti della poesia dialettale contro Tescluaiviamo della letteratura colta il
modo oome
qui
ci ai
i)
—
presenta Pulcinella fosse un! inven-
zione individuale del poeta, che ne fece
sua critica; e non
si
onde sembra che
:
poò dedurre da
il
ésao,
portavoce della che
il
Pulcinella
usuale dei teatri servisse allora alla caricatura del
neggiante
tosca-
fi).
La prima
rappresentazione drammatica del personaggio,
che sia nota finora "non diciamo che non se ne possa trovare qualche altra antecedente
una commedia,
*),
—
è,
come
si
è detto, in
intitolata la Colombina^ di Virgilio Verucci,
dottore di legge, accademico Intrigato di
Eoma,
e scrittore
drammatico fecondo, giacché la Colombina iu la sua undecima commedia, Pu stampata a Foligno nel 1638; ristampata in séguito a Eonciglioiie, s. a, (ma intomo al 1680), con alcune mutazioni, dovute di certo
anche mutato
titolo
1)
;
al
Pulcinella
posteriore editore, e col
amante di Colombina
*),
Vedi ÌA mia introd^ al Ounto de li cunH del Basile, Napoli, ISSI, ampiamente Due illustrat^ùmi al • Viaje del Parnaso * del Cer-
e più
:
vantes, nella Miscellanea, in onore di
Don Marcelino Menendez j Pe-
layo, Madrid, 1898.
^ n
I>iBT£&iCH (p. 252) fraintende
1
brani dialettali del Cortese, citati
quando scrive EIn Spotter ist er da auch, aber er iat mehr ein eieganter Llebhaber >. ^ Le commedie della fine del cinquecento e del seicento sono un materiale non ancora largamente esplorato- Molte volte io ho pensato che, avendo tempo ed agio, converrebbe scorrere volume per volume qualche grande coUezlone di esse (per es., quelle deUa Oasanatense di Roma o della Nazionale di Firenze), e ai potrebbe eeaer certi di trovare cose curiosissime ed interessantissime, per la storia deUa letteratura teatrale non meno cbe per quella del oostume. dallo ScheriltOf
*)
La
Colonnina
:
,
Oomedìa novameute data
la luce dal sig,
Yebucci Dottor di legge e Accademico Intrigato di
Roma,
Tbrgiuo dedicata
—
—
36
Un'altra lietAtupa, che non abbiamo veduta,, di Bologna.
1683, è citata nella seconda edizione della Drammaturgia dell'Allacci
i).
La commediola, sonaggi
:
in tre atti, presenta quattro coppie di per-
Magnifico e
PuldTteUo
,
servo Burattino, Capitano e
il
Virgilio e
servo Fratellino
il
servetta Colombina. Il Oapitano
amante riamata
j
servo
Flaminia e
la
Flaminia, la quale è
di Virgilio, figlio di Magnifico; e la com-
media, passando per
matrimomi
ama
il
le
burle fatte al Capitano, finisce coi
di Virgilio e Flaminia, di Puloinello e Colora-
bina. Pulcinello
presenta gareggiando di vanterie col suo
ai
come
con uno reversa solo haggio tagliato a uno smargiassiello ^) nemico padrone,
mio
il
Capitano. Bacoontaf tra
mano, e
lo capo, le
l'altro,
gamme
le
tutto a
<
una botta
» ;
il
avvenne per averlo colto mentre stava accovacciato a terra per sodd^fare un bisogno naturale sola posizione che possa spiegare P amputazione con uu sol colpo, del capo, Racconta anche, che il suo ridelle roani e delle gambe tratto pende esposto nel Ueu d^aisance del Gran Turco^ giacche
gli
:
,
!
molto
al
Keverendias. sig. Abate Qto. Mario Koeoiùlì Gono-
Illust. e
nìco li&teraneiisd
^
Foligno
in
,
Agostino Alterij
appresso
,
1628.
È
Tolametto di pp. nn. 113, La dedica ha la data dì Foligno, 20 maggio 16QS.—Pulcindta airmnte di Osfomèino, Comedia nuòva del aig. vlu
VsROiLio YfiRTTCCi
,
ÌD RoDCigliooe
bralo Franceeco Leoae.
pa manca
il
È im
i
a. Ija dedica è flrniata di pp- 76.
prologo fatto da Pulcinello
TonAolino, BuratHno da Buffetto
Bo
8-
,
volumetto
riedìtori delle
\
aolite
,
dal
li-
In questa ristam-
Frittdlino è
mutazioni che
si
sdfeitituito
da
permetteva
^
commedie. Entrambi questi volumetti sono nella
Bibl. Oasanatense di
Boma.
— Lo
Scbebillo, op,
oit,,
pp. \5, 11, aita
due commedie di Giovanni Briccio intitolate CbEmnòina, e Pulcinella amante di Colombina ma questa è di certo una sviata, proveniente ^
;
forse dal fatto che
pagina, delle 1) AiAiÀGCij *)
il
Qttadbio (voi IH, P. 11^ 229-30) parla, nella stessa
oommodìe
del Briccio e di quelle del Veniccl.
Drammaturgia,
8margia6So , bravaccio.
ed- 1775, col. 6&3.
^
—
36
che, soffrendo costui di stitìoheassa,
guardare
sigliate di
i
medici gli avevano con-
ritratto di Puloinolla
il
che ispirava
,
[
tanta paura da produrre
'
rapidamente purgativi. Do-
eflfetti
aJla porta della
po questa e simili vanterief Pulcinello batte
signora Fl&niinia; Colombina s^afiaccia, ed ha luogo tra di
^
essi
,
Col.
una scena d'amore:
Oh
sei tu, Pulcinello ?
E
ben
che bon vento
,
ti
mena da
I
queste bande?
r
Fui.
È
m'ha
vento de Levante che
per venire
gonfiate le vele
a Tedere te, traditora» che m^hai robbato lo core. Però» rennimelo pure, o daj^mene in chìllo scambio tanto polmone. Se DO , te donco quarela a lo tribunale d^ Amore , e te farragio
I
'
frustare. Col.
Tu non mi
tu
dici
burli
il
vero,
tristaccio. Io,
sì,
che
me
contento di ciò che vói
vero quello che dici
,
me
reversa, pm*e che
sotto a la tua buscia
In un'altra 8cena,
il
me
;
ma
;
Ma
volisse bene, e che la .
<
.
<
come
sia
dici tu,
perchè, quanto anco fusse lo
munno
contentaria che lo
iesBO alla
mia verità etesse
.
Capitano e Pulcinella sono messi in
fuga dal vecchio Magnifico; i
voglio bene
f
Ptd. Anzi, dico la verità e tu dici la bugia.
che
tì
non impedisce un persuadendolo a venir travestito da il
che, al aolito,
canti di vittoria dei due valorosi. Colombina anclie fa
mal
tiro al
muratore
Capitano
,
alla casa di Flaminia, e
somministrandogli delle
bo^e, di cui alcune toccano al suo Falcinello. Combinato il matrìmonio di Flamitiia, la servetta dice alla padrona
:
Ma
né anche
io voglio
più dormir cosi sola
varmi un marito, se credesse
farlo di stoppa,
volo, non voglio andar cercando altro. st)
FuL
sia scorroccìato
per
le
(che in questo è entrato)
ladra, as^tssiiia,
Ma
;
voglio
tro-
8e Falcinello mi
dubito messi (mi
perticate haute.
Te
Ile
rennerò dajKplicate, traditora,
con licentia della tua patrwia
I
— Or
Col*
si,
37
—
perdmaou, Fulcinello mìo, perché non Vbo
posta.
^
me
Fui. Se età cosi, te perdono, pure che
Flam. Dì questo no
te
ne aBsìcnro
non
ch^ ella
,
iàtto ap-
tuo.
mio! che
s'
mettere a no spitone
Flamiiiia
aspetta P
Oh
ohe bella colombina
dne polpette
tri»
lascia soli,
li
anzi ohe non passa mai gior-
nomini in caaa mia, perchè sempre sta
ti
pensando nel fatto Fui. Ohf bene
io,
vogli bene.
,
da
l
ed ha luogo tra loro una scena
d'amore, nella quale Pnlcinello interroga la sua futura su
vani particolari che l'interessano: s© sappia preparare un antipasto^ se sappia cuocere un pezzo di carne arrosto, ovvero
lesso, e
mento
finalmente se sappia fare una frittata
di allusioni oscene,
:
svolgi-
che non è necessario trascrivere.
Basti la conclusione:
2^1.
Uo
conosco ca tu
ohe però casa
,
me
per
si
mastra, e saile fare de tutte le sorte
;
sento io ancora aguzzare l'appetito. Menarne in
vita toia
ca
,
io
ancora
t'
aggio da dicere le mie
virtù.
Cri,
Se
Ma
tkon yin altro
il
ohe questo, andiamo]
personaggio è appena abbozzato
sione tra le varie parti che gli Inveoe, la
commedia
si
e
non
vi è Vi-
attribuiscono.
col Pulcinella, scritta dall'introdut-
tore stesso del personaggio sui teatri ingftTìTìfl.
,
,
Silvio Fiorillo,
del tatto la nostra aspettativa»
H
non
personaggio ha,
in essa, sufficiente determinatezza e compiutezza artistica.
È ghiottone, anzi vorace e,
ed insaziabile, spudorato, vigliacco,
nel tempo stesso, burlone, insolente e furbo. «
straccione > lo
chiama un suo amico; ed
sua abiezione, libero e
lieto e sicuro
;
Il
Cavalier
egli si sente, nella
ed anche
i
suoi imba-
razzi e terrori son paaseggìerìi e gli tolgono per pochi
mo-
_ 38 — mfìnti
B
buon umore,
il
ben concepito e spesso
carattere è
anche Bvclto efEcaoemente.
La
rarìssima
dai bibliografi,
La
commedia del Fiorillo quantunque non è stata ancor studiata. Ha per ,
Lucilla costante con
ridicolose disfide
le
e fa stampata a Milano
e
citata titolo:
prodesse di
1632 dal suo auohe ne segnò la dedica con la data del 29 ottobre di
Policinella tore,
quell'anno
,
^),
La
il
,
tela è questa: Lucilla, .figlia del vecchio
amata dal Capitan Matamoros genzio; Clarice, sorella del Matamoros Alberto, è
,
e dal giovane Fulè
amata
capitano, Squarcialeone, e dal vecchio Alberto.
dall'altro
H
ruffiano
Volpone, ch*è anch^egli per suo conto cotto di Clarice, pro-
mette a ciascun di costoro di aiutarli nei loro amori in
Volpone ha per amico e per compagno
contrasto.
d'
im-
brogli Pulcinella*). E, lavorando insieme d'astuzia, riescono
ad
attirar Lucilla in casa di Fulgenzio,
prometter amore al giovane. Ma,
dove essa
s'
induce a
nel corso dell'azione, Pul-
prende a schernire ed ingiuxiare U Capitano Mata-
cinella
onde nasce una sfida tra i due. H duello tra Pulcinella e Matamoros riempie Pultimo atto. Cominciato l'assalmoros
;
ragazzo Scaltrino, eh' è
to, il
ha passato senza e fa cader costui
tore
;
e
fiicoende
terra, di
,
il
ruffiano
pubblico
il
La LwÀlla costante
1)
i
laccio,
che
piedi del Matamoros,
soliti
matrimonii.
mettendo a parte
,
un
piombo. Puloinella riesce vinci-
oomjaedìa finisce coi
la
Volpone
scorgere tra
farsi
a
nell* intesa, tira
delle sue nobili
presenta indirettamente Pulcinella.
,
con
le
ridtcoloae
disfide « prodezze di Pólieinella
Comedia curiosa ài Silvio Fiobillo detto il Capitan Matamoros Comico acceso , afiettlonato e risoluto dedicata all' lUnstriss. et eccellentlss. sìg. il signor Duca di Feria in Milano per Glo. BattiBta Malatesta , Stampatore H. G. 16B2. Il volmoetto è di pp. 8 innnm-, ,
,
,
,
175
,
numm-
,
più
una biauoa» 1/ abbiamo avuto la
preBtito dalla Bibl.
BrEbidenfle. *) I\
FiorUlo usa indifferentemente FóticineUa e Pulicinetta. Nel teato
aoi adoperiamo la forma italiana.
— 39 — *
n
— egli
tatto
dice
— censo
da
di fere per poter "vivere
gentìUiaoino e non lavorare, e conforme Toccasione ne to
un mio amico, nominato Pa-
tntto gioioso e festevole con lìcenella, all'hosteria; e cc^l
per
me
e per
Ini
spendo e spando
quel che ho e quel che non ho, perchè tutti gli hosti e bet-
magazzenieri mi fanno quanta credenza io voglio.
tolleri e
Pulicenella
mente
mi
fa ridere, e jo a lui^ e così Btiamo allegra-
fra di noi, Ini detto
gran Barone di Campo
Cavalier Siraccioney ed io
il
di fiore ».
Altrove conferma
amicissimi vecchi, e compagni nello studio Cerriglio di Napoli »
i).
Ma
Hosteria del
vediamolo in azione.
Volpone, avendo bisogno del concorso vire
dell^
Siamo
«
:
il
dell*
amico per
ser-
suo cliente Fulgenzio, batte alla porta di casa per
il
chiamarlo
:
Pulcinella risponde
— di
non
essere in casa
!
D
due è uno scoppiettio di motti e d'equivoci: Pulcinella fìnge di fraintendere ogni parola, e di tirarla a dialogo tra i
un
fienso offensivo
ad un imbroglio! brogliare tutte
verza
e di adontarsi. Bichieato di cooperare
« Sì,
li
— risponde
subito,
— vorraggio
tavemare de Capua , de Napole e
im-
d'
A-
>.
Ricompare, in un parapiglia ohe succede poco dopo, per compiere un atto veramente monellesco o lazssaresco, schiacciando una vescica sul capo al Matamoros.
Poi. (ridendo).
Oh
Ha
,
ha, ha,
hai Aggio chiù famme che suonnol
che brava vessicata
ncapo a
chìllo
Spagnuolo
ò stata chella eh*
Ecco qui Lic&ons converso
Poi.
E
Voi.
Olà
in lupo
!
lupo diventato n'aseno!
measer PoLiceDeìla
,
destro
1)
lo
,
tu
ti
raasembri
ali*
orso
,
goffo e
[
Celebre osteria di N&polir sulla qualo scrìsse un^ egloga
nelle sue
schiaffata
!
7ol.
becco
ag^o
Mme najpolitane^
11
Badile,
— 40 — me
Fol. Ohp se
buono, pre vita toia
a le speBo toie Voi. Di grazia , ma
e de diente ntuoroo a m>
Ma ^ b1 tu m^ hai visto. No magno Ma vorria che me vediaae n' autra vota,
de maccanme!
piatto
mano
vediase icM^ar6 de
?
,
:
I
ti
vederò presto giocar di piede sotto di
tre
legni.
PùL
E
io
Poi,
da vraccia, de
te
Che
tato.
Voi,
a
ne pare
te
cs^po
e de gamme, qnanno sarai squar-
no reeponno buono
?
?
E
non andar in collera, che io burb teco. Andiamo all'hoBteria, qnando ta vói* E io per^ barbi jamonoe mò Chi ha iiempo no aletta timnpOj disse la canzona de gallo e de capone. . . gaUo non è, ca !
.
non sai ched'è? VoL Vh, goffol e credi che non lo sappia? È la gallinai PoL Merda nmocca a chi nevina J). Ah, ah agiotege cogUuto Voi. Ahi dunque, viene a me che T ho indovinata? ,
.'
Poi.
Ah,
!
I
*)
ah, te-a-ta, nevinata!
VoL Non ti vergogni di esser così disutile? PoL Se nce so io non co 8o le maache »), li ,
diente
,
né
le
mole
meìe. Voi.
E
questo
peggio
è
Non
!
ti
vergogni di ands^
mangiando
per le piazze? Poi. Sai perché
mangio pe
la chiazza?
Voi Perchè?
PoU Perchè,
là
la casa, e
ag£^o famma: ohi
non
e'
è che mangiare
Per por Pingaimo ad stato preso
come servo
fingendo di essere
della signora Cassandra, sorella di
polla in casa di Alberto,
È uno
pò avarag^o appetito pe
1
effetto, Pulcinella,
Alberto e zia di Lucilla,
^)
fia si
si
reca sotto
nome di Antaono
Ce-
con un cestino di limoni. Aven-
scherzo di fìmcìnUij ancora popolare. Ntnocca, in bocca, ne-
vinare, indovinare.
^
Ti ci ho colto
I)
Ganasce.
!
,
—
—
41
dolo Volpone presentato come suo amioo
veochio Al-
il
,
manda in .cucina a rifocillarfii. Ma, qualche ora dopo, Alberto toma solla scena esclamando pien di spavento < Xon posso discacciare quell^Antnono Cipolla de la cucina;
berto lo
,
non si vede mai quando Volpone
satollo,
vede filialmente
uscire,
:
uè di bere, ne di mangiare
va a ricercare pei loro comuni
Io
bcu^^ollante
y
S
».
ì
affari, lo
con una lanterna in
mano: PoL M'aggio pinato
buono
sta laotemaf e' aggio
Oh, QQunm è
ce avenift veduto per iremeime a la casa stato
buono
Somma
lagrema de
chillo vino verdisco d'Averza, chella
e chillo Grieco.
Me
sento
1'
non
trincato, e
uocchie mpeocecate, iipa-
pe lo Buonno ^)Questo è Policinella; voglio stare ad udire ciò che
glioccate, scazzate Vol.
a
ai ciarla
sua posta.
quanta
Poi.
^1
l'&ggio nteaa
:
eere?'
Una,
pe
me
me
potesse pigliare
doie, tre, quatto, cinco, sei,
che ignorantaccio
,
conta
1
.
,
.
,
pozzo contare; se ne
le stelle! Policinella
Poi, {gridando). Ohimè, iatevenne
né danare nò
le
una de
Quanta pona'essette, otto, nove
mettere a sto fjappiello
la
Uh, nh! quanta neh, quanta u^t no poma auchire no sacco.
YoL
Luna? Ah,
la
se ne sarà iuta a corcare co lo Sole e se
gaudeno amorosamente. Oh, che chelle stalle
E doV è
che stanno noielol
stelle
sìgaure mariuole
,
1
ferma
lai
ca n^ aggio
feraiuolo.
non gridare IKon mi conosci che io son Volpone? Hai ben bevuto, che un uomo ti sembra uno squadrone ? PoL Aggio vippeto buono e ngorfuto meglio ^). Bona sera, al solo? Vot, Solo aon io; non mi vedi ?, et hai il lume in mano ? , . Vot. Taci,
<
.
Pulcinella recita con molta furberia la sua parte presso Lucilla, parlandole della zia
ammalata, ohe vuol rivederla,
^)
<
Qli occhi Incollati e cisposi pel
^
«
Bevuto bene e diluviato meglio
mano *,
j>,
—
42
—
e riesce così a trarla ixior di sua casa. Sabito fatto
il
colpo:
—
—
Lasorecaè ncappata alomastrillo! ^) dice Pulcinella. Io, a dicere lo vero, me ne vorrìa tornare a la casa de la segnora Lacilla a magnarme lo riesto de cierte maccanme, che aggio lassatOj e me ne vorrìa ire a vevere chillo grieco >. E toma alla cncina, e quando Lucilla^ piangendo, dando in ismanie, Pullo cfaiaina: Infame!: « De cheato io ve do ragione <
—
cinella rÌBponde,
e
mo me ne vao Ma Matamoroe
— ca
^n faro me e ^n appetito,
sempe songo
a far collatione
:».
rapisce a sua volta Lucilla. Pulcinella gli
corre dietro, gridando: < Ah, Spagnuolo, nemico delli mac-
carune! »
Più oltre,
*),
questa sua canzone
La Lo Lo
E
lo
:
pecora, belanno, fa be-be
;
cavallo, anechiamio, fa hi-hi grillo,
lo
Lo
;
grisolaimo, fa gri-gri\
paoreOi grugnanno, fa gru-oru;
lucaro, veglianno» fa cu-cUj
Cantanno,
il
Pigolaimo,
gallo fa chi-chi-richi;
pulcino fa pi-pi
il
E, abbaianno,
La La La Lo
')
incontra, e gli canta sul viso
lo
;
cane fa bu-bu.
papera, stridenno, fa pa-pa
voccola gatta,
fa.
;
spiaso ancor co-co;
maotanno, fa mià-mià;
cuorvo, erositenno, fa cro-cro
E
V aseno, arraglianno,
E
tUj
fa hi-ho
cantor di chiacchiere,
di^
;
;
mo^
MaètriUo, tagliuola.
^ E
probabile che questa
espre^isìone
Spognuoll, e copertamente signi£casBe:
fosse
popolare
contro gli
nemici del Napoletani
>.
Al-
trove (atto IT, ec 18) Pulcinella dice allo stesso» alludendo alla miseria spagnola
:
Va,
Iftva la Hc^tslle,
Ofr td
Spagnolo
mBn^ÌATihyHielle 1
_ Bimmello
43
—
prìesto e chiaro, per toa
fé',
Qual' è lo YÌerzo che convene a te ?
Dilume
e no
lo vero,
Ch'aseno
me
lo negare,
e Taseno sai fare!
bì',
i)
Dopo un insulto cosi sanguinoso, non può farsi di meno di un duello- E Matamoros manda per mezzo di Scaramusza il
suo cartello di sfida a Pulcinella, Questi
h
circondato da
varie persone, che lo conaigliano, lo confortano, lo
Ma
armando. sopra.
pover*
*
Ricevuta gere
la
paura
la sfida,
vanno
gli prende, di tanto in tanto,
hommo
il
di-
me, e a obe aongo arredutto?
».
procura di leggerla, egli che non sa leg-
bu-bu .... Trista è mamgliela leggono gli amici, i quali
« Ca-ca, co-co, bi-bi, bo,
:
mata, e peo sì tu! >. Ma egli gli domandano che cosa si risolva di fare, < No saccio ca m' è scommuosso lo cuorpo- Vedite, per vita risponde, vostra, se lo potissevo accordare, e accomodare sta cosa, con daremo isso d* accordio cinquanta carcacoppole e triciento
—
—
secozzune
»,
Ma
poi
si
rianima e
risposta, pieno d' improperii, allo
alcuni cementi orali, tra
i
manda
il
Spagnuolo.
suo cartello di
E
vi
aggiunge
quali è aotevole questo
:
*
Dille
ancora ca e no truffapaga, e ca non è vero Bpagnuolo, ma de ohi Ile marrane, descacciate de Spagna ^); e tu {rivolgen^)
Una
filastrocca quasi Bimlle
a questa, che doveva eaeere usuale
sui teatri} è liferìta dal Pbehuoci, op. clt, p. B4d.
tote della parte doveva avere
E
evidente che Tat-
una speciale vlTtnosità nel riprodoire
le
voci animalesche, qui accennate. >)
Qaoflta riserva conferma iaterameate
dò
getturato altrove della prudenza che usavano tare, le
innanzi a apaguuoli,
mie Ricerche
il
che ho osBervato e con1
comici nel rappresen-
personaggio del Capitano spagDUtìlo. Vedi
ispano-italiane, serie seconda, io
AtH deWAccad. Fon-
XXVm,
a pp. 25-6. Aggiungerò qui un aneddoto, che dimenticai di richiamare del PoloineUa Giuseppe (ma forse Bartolomeo) Cavallucci, che a Pesaro fu bastonato a morte da alcuni nfflziall
tanùmat
voi.
:
apagnuoli per certi suoi friszi contro la loro nd.zioiie:
Napdit
p.
696 n.
o£r.
Teatri di
è
dosi al messo Scaramuzza), tu va, cetrole, cornuto, sbroffapappa
>
!
mietteme
puoroe a
li
li
*).
due avversani sono a fix»nte Pulcinella, armato^ ha un corteo di sguatteri, che lo coufortano di robs da mangiare. I
;
Fanno ciascuno rano
le
spade,
i
loro vanti. Si spartisce
padrini
i
il
sole, si misu-
perquisiscono per vedere se ab-
li
biano addosso qualche carta o fattura
Matamoros dà
;
l'epi-
sua tomba pel caso ch'egli soccomba nello scontro,
taffio della
Ma, anche a questo punto, dopo essersi tant' oltre impegnato, nn pensiero di onorevole accomodamento gli attraversa il cervello, e non tarda ad aprirsene con uno di quelli che gli stanno presso « Vide tu si lo Pulcinella l'imita.
:
puoi quietare sto Spagnuolo cordio, che isso, co le
mane
me
ca
;
,
contentarraggio, d'ac-
me vaga
soie proprie,
fruetanno
a cavallo a n' aseno pe tutta la cetate de Capna , e ohe sautanuggio, abbuffarraggio e farraggìo capotommole pe ,
tutte le chiazze
quante vo
isso
;
*),
me
ca
dia schiaflune, buffettune e cauce
me
puro che no
venuta
la cacarella, frate
mio!;
comme
venesse da te
Pure,
dia; e noi sappiamo
!
>.
come
il
faccia commattere, ca e lassa faje a si risolve
me, pò!
m'
Ma
a porsi in guar-
ragazzo Scaltrino, con
la
sua
cordicella, gli procuri la vittoria.
n
deg^iera nella farsa
finale
;
ma,
nel resto
,
Pulci-
il
nella di Silvio Fiorillo ci sta innanzi coerente e vivo
;
ed a
noi pare uno dei più interessanti personaggi di questo nome,
ohe
1)
ó. presenti la lettFcratura teatrale ^.
tempo Einche soprannoina di un popolEtre leggono molte notizie nella Tiorita a taccone
Sfrru^opfippa 6r& in quel
musico e poeta,
di cui si
dello SOBdTTENDIO.
^
«
^
11
Salterò,
mi
gonfìerò, farò capriole per tutte le piazze,
i»
FiOBiLLo scrisse pareccliie altre opere drammatiche, le egloghe
pastorali l*.i»«or^i«io, e la Ghirlanda, la naglffrionj e
i
drammi cavati da
Ailosto,
commedia I
Im
tre capitani va-
cortesia di
riodante tradito: vedine notizie e saggi in F< Baatolj^
Leone e
Not
VA'
ator. dei
— 46 — Lo
da
Scherillo
commedia ranno dopo un prestano-
notìzia^ nel huo saggio, della
di Giulio Cesare Monti, Il servo finto, pabblìcata
a Viterbo, nel 1634, nella quale Palcinella è
me, toscaneggiante, pedante, amanto disgraziato, e la parte di servo furbo è &tta da Pasquarello; di un sonetto del 1688, nel quale Pulcinella è definito
neria
^)
int^mezzo
dell*
;
del
nel quale Pòlichenelle
lière,
oome il tipo della minchioMalade imaginaire del Mo-
^ura un
avaro che, preso
d^
messo nel bivio, anzi trivio, di ricevere dei pizzicotti, o delle bastonate o di pagare una somma di danaro, aasaggia i pizzicotti e poi le bastonate e finisce c3ol pagar la somma di danaro *). Ma tutti questi sono miseri o spurii rimasugli della vita del personaggio sui teatri. birri e
,
,
QH
attori
che rappresentavano
moltiplicarono
detto, si
subito
;
chini che, mentre era ancor vivo poli in quella parte
Pulcinella,
il
come
si
è
e abbiamo visto dal Geo-
un Francesco
il ,
Fiorillo, recitava a
eh' è forse
o Ciccio Baldo, ricordato dfU Perrucci
^),
il
Chi sa,
Na-
Francesco se lo stesso
o un altro attore recitò nella commedia del Fiorillo, nella quale r autore iaceva di certo la parte del Matamoros?*) Circa
il
1630 compare
ohe
eiOj
si
^)
celebre
Andrea
Calceae, detto Oiuc-
recò anche iuori Napoli, e morì nella pestilenza
comici italiani^
landa e I
il
1,
22S-B,
Noi abbiamo potato veder soltanto La Ghir-
tre capitani vanagloriosi.
Un'oSGura aUnsione dì questo sonetto è rilevata dal Novati, In U^. iUd. V, 273 ; ma DeaDch.e a me è rìoflcita di chia-
GiarTt, stor. à,
a soddisfazione.
rirla
3) Il
DiKTEBiGH
(p.
263), pcT
OD
ciirioso ©TTore
,
dice che
Malade
imaginairt fu recitato por la prima volta nel Palazzo Reale di Napoli, e nell'intermezzo fu introdotto
Pulcinella.
il
)
Op.
*)
Nella lista degli attori della compagnia, recitante a Genova nel
cit.,
pp, 332-8,
I6I4 sono segnati figlio
i
due Pionllo,
Oiambattista da ScaranMÌzza
facesse
Silvio, recitante ;
ma non
da FutdnelUa (vedi Basi, Còmici
v^
da MatamoroB, e
il
è segnato un attore che
italiani^ I, 359].
,
— del 1666. In
un documento
Spedale degr Incurabili
cenza
alla
si
,
—
46
del 1646, dell' Archivio dello
legge
< Si è conceduta la
:
compagnia dei commedianti comici di
nella stanza (teatro) di S. Baxtolommeo
compagnia
sia Folicenella... >
nella stessa parte,
H
i).
,
recitare
capo di detta
Perruooi ricorda audiOf
nn Mattia Barra:
(1686) andò a Parigi
et
li-
sulla fine del seicento
Pulcinella Michelangelo Fracanzano.
il
Per quei tempo scrive anche
Pemicoi
il
essersi fatto,
il
co-
mico pco^onaggio tanto comune che nel carnevale tutti si mascheravano da Pulcinelli '). Di questa voga teatrale così ampiamente attestata, non ,
restavano per altro capitò
,
documenti
,
diretti
or son dne armi, di acqnistare
bale Sersale conte di Casamarcìano
meno uno
de'
detto Orazio
,
finché a
me non
grande raccolta del seicento, appartenuta già ad Anni-
di scenarii della fine
In
,
,
la
e messa insieme (al-
due volumi) dal comico Antonino Passante
U
Calabrese
>).
tutti quei centottantatrè scenarii vi à
sempre
il
Pulci-
neUa, che nelle compagnie napoletane sostituiva T Arlecchino. E, come l'Arlecchino, dava spesso
abbiamo
il
titolo alle
commedie
:
così gli scenarii di Folidnella inamoratOf Polioi-
dama
nélla hurlatOf Folicenella sbirro giudice e boia
golosa^ Policenella ladro spia
Policenella pazzo per for^a
,
Sivalità
amanti della propria padrona^ Po-
tra Policenella e Coviello licenella sposo e sposa^
,
Quattro Pollicenelli simili^ Disgrazie
vediamo come servo o da più frequenti), ma anche fornaio, oste,
di Policenella, E, negli altri, lo solo (che
sono
i
ca^i
guardiano di monasteri, ortolano, villano» mercante, pittore, soldato sbrisciOy ladro, bandito,
uomo
1)
Cbocb, Teatri di Napoli, pp. 128-9.
^
PKHBUCd, op.
^)
Qaesta raccolta
cit-, pi
Napoli, alla qnalfì fu
si
fi-
294.
trova ora tra
d&
di facoltà, padre,
me
raccolta di scenariiy in CHf>m.
i
mas. della Bibl. Nazionale di
donata. Ofr. la stot. d.
mia
Utt. iial.^
notizia
:
Una nuova
XXIX, 211-14
—
—
47
amante o per moglie Honon mai Colom-
glìo adottivo. Spesso egli hii per eetta, e talvolta
bina. In
questi acenahi Coviello
padre,
carceriere,
il
il
bravo.
parte del
la
Pei principii del secolo
XViU
^),
lo Scherillo
gli scenarii, pubblicati dal Bartoli, e la
È
da aggiungere
medie pulcinellesche, che
servo,
il
— Ci restano poi bienni peazi
concertati proprii del Pulciuella
del 1736.
;
fa talvolta
gentiluomo o borghese, e fiiangurgolo,
napoletaTio^ il
Pimpinella o Pnparella
passa in rivista
commedia del
Frisari
namerosissimo gruppo di com-
ÌI
recitavano a
si
anni di quel secolo, di molte delle quali
Roma
nei primi
autore Carlo Si-
fìi
gismondo Capeci. Noi ne abbiamo studiato parecchie in altra oco&EdoBfì
*).
Poloinella vi fa la parte dello sciocco, senza
arguzie e senza
monelleschi.
tiri
commedie
settecento sono le
Anche
del principio del
e parti pulcinellesche» raccolte
dal benedettino p, d. Placido Adriani di Lucca, che reci-
tava egli stesso, in rappresentazioni di frati ed tanti, da Pulcinella
Lo Scherillo, dopo aver discorso
dei due confasti, che sono
XVIII (Annuc-
probabilmente della prima metà del secolo cia e Tolla, e la
altri dilet-
^).
Camone
di
Zeza\ stadia particolarmente
Pulcinella nel teatro del Cerlone. Forse, nei primi di questo scrittore, recitò il celebre
Fiore 1)
*), e»
Domenico Antonio
dopo, Francesco Barese: verso
PKRittrcci, op. ciL, p.
gonando Virmojmorato
295 agg.
:
Trima
drammi
il
di
1770 prese a far PolidntUa para-
uscita ài
detto in napoletano Btrvmbolo
;
Alta
serva; Rimpt-overo alUi serva. Altri in Grocb, Teatri di I^apoliy pp. 683-68a.
^ SoUe commedie
del Capeci ed altre dello stesso
periodo, Onorili
menzionate Pulcinella Teatri f a^unga daUe tre spose, Koma, 1710 (ext. iu Bibl. Casanatenae, Comm., 70I. 468), lazzi, *) Ms, nella BibL Comunale di Perugia. Contiene scenarii prologhi, Intermezaii ed altri capricci col Polcinella Vedi la mia nopp- 68&-&6. Si
alle altre ivi
:
,
tizia:
Un
XXXI,
repertorio della
commedia deWarte, in Giom,
stor. d. lett. ital.,
pp, 458-60.
*) Cfr.
452, 457.
sul
Di Fiore molte notìzie nei Teatri
di Napoli, pp. 386-90,
— 8o
che riempie dì sé gli
11
1).
—
Cammaranoi detto Oiancola^
quella parte Vincenzo cinella
48
ultiniì
il
Pul-
decennìi del secolo aoor-
Cerlone à passato pel perfezionatore artiatico del
ma
PaLoinellA
non merita aveva già una lunga
snoL tempi
i
Palcindla;
forse
V
intero
elogio, sìa
perchè
tradizione, sia perchè ai
rìproduttoii ed accrescitori della parte erano gli
medesimi, mettendo egli semplicemente in iscritto le
attori
loro invwizioni (la specialità dal Cerlone
e spettacoloflO !} ; e fiiggevolmente
perchè, anche in
e, sia, infine,
non supera
nella
eraildramma luì.
serio
Pulci-
lo stadio istrionioo, e diventa solo di
rado
nn personaggio concepito e svolto con qual-
che coerenza. Per altro, nel Cerlone belle (inventate e redatte
da
lui,
si
trovano scene assai
o da lui soltanto trascritte)
deliziose, in ìspecie, quelle di Polcinella
con
mosìna o Smeraldina
un amore
,
espressioni
di
le servette
;
Car-
sensuale,
leggiero, sboccato, spudorato^ svergognato; coi fanno ottima
eco
le
sue amanti, in tutto degne di lui, ohe
io vogliono
modo
a quel
Io
amano e
*).
Del Pulcinella nelle parodie letterarie abbiamo
diito al-
trove uno dei più vecchi esempiij riferendo la parodia del Werther^ rappresentata a Napoli nel 1797»), speciale meriterebbe
il
— Uno
Pulcinella dei burattioi.
che, in queste recite, appaia dì solito
come uno
studio
È sìogolare scellerato,
a
simiglianza del PoUchiTieile francese, che sa bastonare ed
ammazzare
la gente
e smarrimenti. dalla
per un nonnulla, e senza scrupoli e paure
Ma il piccolo
aasasBino, dal camiciotto bianco,
mezza mascheretta nera, dagli
dalla vocina falsa,
il
Pulcinellino (Pìdlecenelluzzó) che rac-
coglie sul suo capo tanti
comici ricordi
')
Tf^Ori ài Napoli, p. 476 sgg.
^
Vedi
il
op, cit., pp. *
occhietti tondi e vispi,
capitolo dello Scherillo
7a«4.
Teatri di Napoli, p. &52,
:
,
anche in quella
Le innamorate di Fulcinelia
,
In
3 S ^
< C7<
i
I
3.
m
— &
parte
ner^za che
Lo
^
nd63?e
60
gaardano con
aecoltatori, che Io
ha pei bimbi
si
—
capricciosi*
Soherillo bì arresta con la sua
del eecolo decimottavo;
ma
il
la te-
trattazione
Pulcinella e la
alla fine
oommedia po-
polare napoletajia del nostro secolo è degna di molta
os-
Su questo argomento si hanno ora belle pagine Di Giacomo del nella sua Oronaca del San Carlino e un acato studio del Iianria; Targomento, tuttavia, non è da questi eerrazione.
,
studii esaurito. Nell'ultimo periodo del
San
Carlino, con
l'at-
tore Antonio Petite, Pulcinella divenne tanti personaggi diversi; Oj finanche, personaggio serio. <
Buon
marito, operaio
onesto, generoso, talvolta pur coraggioso, spiritoso,
non maligno, non
egoista, arguto,
osservatore, intelligente popolano
como
—
il
uomo rianimava,
schera aeerrana
un
trarie,
non goSo ecco
Pulcinella in Antonio Petito.
diritti dell'
Puloinella
:
:
ma
palcoBcenico del
il
un uomo
tardi
servo^
in amore, fine
— scrive La
non il
Di Gia-
dichiarazione dei
in tempo, fin la
ma-
San Carlino aveva in
accessibfle alle passioni più varie e con-
attore che, di volta in volta, sapeva pigliar oosl
dirittamente la vìa del cuore da
commovere
fino
alle la-
grime gli spettatori > ^). Il Lauria mette in mostra abilmente come nelle recite del San Carlino il buffonesco si ,
,
mutasse di tanto in tanto nero e nel triste eia e
Tolla-,
*),
Del
neU.^ umoristico, e
perfino nel
resto, già nel CorUrasto di
Pulcinella ci appare
come un pover'
te-
Annue-
uoìno, tor-
mentato a gara dalla madre e dalla moglie, ed ha persa l'allegria e nella Can£one di Zeza è un onesto, sebben ti;
mido popolano,
che, nell'uacir di casa, fa oalde raccomanda-
zioni alla moglie, perchè stia attenta alla figliuola, e ne guardi
Tonore 1)
^ ed
")-
D
Goethe poi raccontava
Cronaca dei teatro
S.
Carlino^ 2.» edlz.^ Trani, 1895, pp. 536-7.
Pasquale Altaviltaj ia Rassegna nasùmale di Firenze del 1897. Questi
altri scritti di aimili
breve col ")
di recite napoletane col
titolo di
Vedine
:
ai^omeiiti del Lauria saranno ristampati
Tecchie
&a
memorie napoUiane, e con una mia prefazione.
le analisi In Sc&krillo, op. gìL, pp. 25^30,
—
^
61
moatrando di Boord&r d*aQ
Pulcinella, aelle quali Tattore, tratto
il
teatro e gli spettatori, diacorrava con la moglie
dei suoi guai domestioi; ripigliandosi poi tesse
da an sogno
Ma
^).
come
se
ai
aoo-
guest! Bon lampi fuggevoli, e lon-
tani presentimenti delle trasformazioni ohe ebbe in ultimo col Petito.
Dopo
la
morte del
Petito,
il
Pi^cìnella è stato sbandito
dalle scene, riducendosi a viver vita stentata in
comiche
compagnie
di terzo e quart' ordine, e nei teatrini di via Foria>
Qualcuna
compagnie napoletane col Pulcinella va a
delle
anche in altre parti d* Italia, specie a Roma, dove, fin dal seicento, con Andrea Ciuccio, o forse con altri prima di lui, il Polcinella ha avuto sempre buone accoglienze.
recitare
La parte.
fortuoa del Pulcinella fuori d' Italia è nota solo in
Come
si
ha dato
di Polickinelle esso
un
^)
il
Qeaprìkhs ndl Sckermann
,
al personaggio francese
,
semplice nome, e
non ohe del
particolare del vestiario,
TeatH
^
accennato
è già
Leip&ig, 1886
,
nemmeno
carattere
m
,
294
,
ofr.
^).
In
Oboci,
di Napoli, p. 637,
Sul Polichinelle £ranodfle, 3and, op.
cit., I,
139.— Ho veduto nella
piccola Esposizione di arte teatfalo fktta oro. a [I^omio, g propriamente nella bolla collezione del Rasi, T incisione di
chez Bonuart
«^
txai la
un Po^wAin*^:
.
A Paria,
doppia gc^ba, con naa graticola e delle molle
nelle mani, e, di aotto, i versi:
si Polichinelle a gronde mine,
Anne de SoQ Qae
Pìncette et de Orìl,
coeiir af^it
braTer
l'on Tcatoontro
La parila
k la cmaìno.
Ua'altra propagine del Pulcinella napoletano fu
il
Pierrot] giacché,
eaaeadosl mutato, in Francia, dai commediante Domenico, di Arleochino di sciocco s'
appelait Jareton
,
in arguto
voyant que
la
im ga^ste de
,
U
caratdere
la comédie qui
comédie ttaliwine avoit p«rdu
le
caractòre d^ un valet iguorant cornine t'était TÀrlequin du temps de Trìvelin, qu'il tira
il
s'ima^oa de
oomposa Thabit de Pierrot donna le memo caractère, on
le falre revivre; il
de celai de PoiichineUe et
Ini
— quanto
alla
G^rmuiia, dal
52
—
libro del Dieterìch si ricava
che
già nel 1649 comparvero a Korimberga dei Pollismelle italLam;ii6l 1667,6Ì trova onPalcìnella, Pietro CKemondi, a
un
coforte; nel 1672
altro
Fran-
a Berlino, nel 1673 a Dresda, e
In Inghilterra sembra che Pulcinella pervenisse e al tempo di G-iacomo II Stuart dai burattini francesi prese il nome dì Funch ^; in lapagna passò dall'Italia,
ood vìa
1),
,
,
come Fulchinelo o Don Biamo approfondire
Noi non posmancandoci ora i neces;
Oiristobal Pulchmelo,
tali ricerche,
mezzi bìbliograSci.
sarìi
e.
Celebrità del Pulainella.
Il
PuldneUa simhoh
Ci fermeremo piuttosto
del proletario
napoletano.
sulle ragioni della celebrità
del
Pulcinella, e dell'essere stato eaao considerato di frequente
come rappresentazione o simbolo del popolo napoletano. La celebrità si spiega, in gran parte, con gli eccellenti attori che rillu^trarono, con la ricca e varia letteratura teatrale dì coi divenne centro, eoa la grazia della maschera e del ve* stito,
che sono
&a
i
meglio inventati ed espressivi camuf-
famenti comici e poi con la circostanza cVesao aoprawisse a lungo alle altre antiche maschere, all^Àrlecchino, al Bri;
ghella, al Pantalone, al Capitano, e fìno a pochi anni sono, oflfriva,
celai
dì
nel
San
Carlino,
un esempio vivo
della
commedia
de VÀrleqiuii ignorante qui arolt manqué & la oomedle italienne >; Pierrot * c'est Th&bit'du Pollchìnelle napolitun àpeìne
modo che il
d«^aisé
>:
vedi Biooobohi, op. cit. II, 820, e
1)
DlETSBlGH, op. oit, p, 271 6 agg,
^
Sul Punch inglese, vedi
OroUak-Eomisehen, 5*
edis.,
iiotizie in
fig. 17>
FLÓgAL-EaSLiNd, Ge8chichte dee
Leipzig, 1888, pp. Ili, 113, 418.
,
— dell' arte
^).
Ma
—
63
vi oontribol anohe l'essere stato messo in
relazione con le osservazioni sai costami e sol óarattere del popolo napoletano.
Ciò aocadde, a nostro parere, nel secolo XVJLll, quando
vennero di moda nella società elegante e
si
pabblìcarono tanti
quelle di Napoli;
viaggi in
furono messe In rilievo
,
Vesuvio, — risvegliatoaì
il
Italia,
descrizione di questi viaggi,
libri di
fra le oose più curiose d'Italia
e,
i
di-
—
dal suo lungo
la plebe, — resasi celebre in tutta Europa con Masaniello per la rivoluzione del 1647 — Tantica vita campana, —rivelatasi nella prima metà del secolo
soimo con Tenizione del 1632
con
le
Pompei
scoperte di
moltissimo sui
scrisse
,
e d'Ercolano,
plebei
Fu
allora che ai
napoletani, sui lassari^ che
Ed
dettero luogo ad una serie dì creazioni fantastiche^).
.
1)
Alla fine del secolo acorao
del Pnlclndla parti di
un
secondo
i
soUe
altra
il
Oaliani già indicava la prevalenza
maschere :
< Nel teatro aerte volto un servo, di un filosofo, o di commedie neUe quali, sempre
signore, altre volte di
divorai capricci delle
;
bene rappresentata la sua parte con imitare menti,
sali,
buffonerìe ohe dlconsl kvnn
1
il
tri
Dottore bolognese '
datali» e d* Europa
*)
;
1
li
moderni Poldnelli
^^ùùmi popolari
del Pitré (voL
ri^
Brighella vonezfaao
e conchiude, che ai vedono « per tutti
i
tea-
i>.
Sui Iazi»ri si può vedere un mio artlcoletto
studio delle
eh* è
propri! modi, atteggia-
è assai graziosa e dà a
,
dere molto più di quel che fa rArlecchiito o
o
fa le altri,
nell' JrcAiwo
XIV,
1895). Il
per
nome
lo si
dolU rìvolimone del 1647-8. Ma ve ne ha una tracoia di cìnqoant^ anni prima nella commedia ffV Intrighi
diffuse in occasione
assai più antica,
d'amore
(b. I, ac- 7);
,
dove
U
servetta Pasquina, rimproverando la pa-
dn^lu deU^ amoro che ha posto nel napoletano G-lan-Loiae le dloe: Che GiaU'Loise! Solamente il nome lojs^oro che tiene '. Sembra certa la derìvaziono di esso dal laxsari o lebbrosi (ohe &i curavano negli ,
I
nome dato
ospedali di San Lazaro),
e seminuda dell» plebe
gna
;
poi par eatensione
aUa gente
lurida
ed è probabile ohe V uso no derivasse di Spa-
e fosse accolto dapprima, presso di noi, nella lingua di oonversa-
zloue spagnoleggiante. Nello scritto
cit.,
indicai tutte la fantasticherie
r esistonza della speciale e strana parola dette luogo. In verità, lazzari designa semplicemente r infima classe dei prolotarlì napoleta-
cui
™ 54 — OttdTvandon a KspoU
Pokinella non solo euì
il
teatri,
ma
dappoiutto, come inBegna di bottega (o in acoltura, o dipinto, talora uscente faori
da tm mellone rosso aperto,
lora anche le lettere del
nome
mìnatiaaimi Pnlcinellini),
— nel giocattoli,
del proprietario formate di
bambini, cui aspergeva di soave licor
— nei presepi, dorè
ta-
nei siHabarii dei
gU
orli del
vaso del
non molto lungi dalla grotta del Bedentore e notandosi nel tempo stesso alcuni contatti tra il Pulcinella della commedia e il popolano della vita, si firn col far del primo non sapremmo bene se il sapere
;
era raffigurato i);
o la caricatura, o l'ideale del seoondo. Oli
ritratto,
nimenti del 1799
e
,
la
awe*
parte che vi prese la plebe napo-
letana, sia resistendo gagliardamente all'esercito francese sia
ferocemente e gaiamente infuriando nella roasione, servirono a rafforzare
la curiosità e
a confermare la celebrità.
Ed
appunto in un libriccino pubblicato nel 1799 in Germania (Frankfurt und Leipzig, 1799), col titolo: Neapel
und
die Laearonif
Eìn
ber der Zeitgeschickte^
Di
;
U
qudla
quale
el
charàkteristisches
Oemàld fur Liehhor
abbiamo trovato un^
incisione che fa
distlngae (e el dlstàngaeva aacor più pel passato), da
delle altre grandi oìttà, per apeolall Bbìtudini di vita, dovute in
parte &ir&mbiente
fisico.
Se
gii spaglinoli e
1
signori napoletani spo-
gnoìeggiontì non avessero messo in giro nel 1647-6 la pajfola deatinaU
a tanta celebrità non ai sarebbero scritte dal viaggiatori foroatiexj centinaia e oenUnaia di pagine vuote, oonfosionarits ìnutlliBsìme, ,
,
fìMidate tutte eull' illusione che I laazari fossero alconchò di distinto
par oi^aniEiazioue politica o professionale. Lfj£$mri è come un duplied era vano romperai la testa a oercar ooto» dì jjMojrlia , ecco tutto ;
nella
nuova parola una nuova cosa
alliM^Ò
TI
!
Soggiungo ora eaaermi sFoggita,
soriasì Tartioolo clt., la critioa (del Torcia?) eh' è inclusa
nd
L& IiUq>i, 8.» edic
(Genève, 1790), pp. 20&-2Q9, affénnazioni auU^etdmologia del nome (da ìaecro, ohe ohe, da banda le voi.
del Yf>y(Ègt del
gli stranieri
avrebbero pronunciato faiwro) , è, quanto di
m^lio
ala
stato scrìtto auli'aìgomento; e ooafann& valldamento e di tutto punto
me esposta. Bunns, Qfmmdt wm Sea^,
ropìnlone da 1)
Vedi
Zuiich, 1808,
I,
1&4-164.
-
—
6G
al nostro proposito.
Questa incisione riprodoce Farmamento
dei Lazzaroni: sfila
ima
reca alta una bandiera con il
Santo Januario
nostro
il
un
teschio e la scritta:
Generalissimo
spalle la statua del Santo, che, quasi fosse
tiene stretto fra le braccia
istrumenti.
yajrii
Ài
<
Pulcinella con
un
rezza, crudeltà !
Ecco
claasQ di gente!
lati
il
pulcinellesco
birra
;
i
altri
la
Eviva
porta sulle
uu San altri
Dionigi,
suonano
spiegazione — balla
un
coltello insanguinato. Devozione, leggei
i. Il
tratti principali del carattere di
Pulcinella
una
;
;
questa
ha un vestito a scacchi da un cappello conico ai ma »
faccia grossa e floscia di bevitor di
pretesi lazzari ricordano
lani tedeschi di
\
suo capo reciso;
— dice
ricordar quello di Arlecchino
non
ano
frotta di straccioni, dei quali
Hans Holbein
ugualmente figure
e di
di vil-
Luca Cranach» Malgrado
di queste imprecisioni ed ignoranze del disegnatore, V inci-
sione serve a dimostrarci
come V immagine
di Pulcinella fijsae
stata strettamente collegata nella fantasia della gente con
quella dei lazzari e della plebe napoletana.
Ma, lasciando davvero
i
i
collegamenti di
contatti tra
il
sentazione del Pulcinella?
fiuitasia,
quah sono poi
popolo napoletano e la rappre-
— TJn
primo contatto è dato dalla
medesimezza della linguale dei cf^tumi^nei quali l'uno e Taltro si muovono. Tale contatto è puramente esteriore, e non riguarda i loro rispettivi caratteri. Non ci è noto che sul teatro Pulcinella abbia talvolta rappresentata, la caricatura
del Napoletano,
che potrebbe pur essere accaduto
il
non
certo che, di soUto,
;
ma
è
la rappresenta, e rappresenta invece
caratteri universalmente
umanù
Ora, tra questi caratteri, ve
ne sono alcuni, che pur non avendo nella nota fondamentale niente che debba dirsi proprio di determinate classi sociali o
ben servire a designare approssimativamente il tipo umano che b' incontta frequente in una data classe^ in un dato popolo. Cosi Pulcinella può spesso esdi determinati popoli, posson
sere assunto
— in
una
considerazione extrartistioa
— quasi
— 67 — tipo del proletario, o meglio, di qaella portàoolare Bottoclas86 del proletariato^ che
E non
penproletariat). cioso,
ma
si
chiama
generico proletariato cen-
solo del
di quello particolare dei paesi in cui
ingegno svegliato
gaia natora
,
{Lum-
proletariato cencioso
il
popolo ha
piccoli bifiogni iaoilmente
,
Ecco come nella letteratura pnloinellesca si può trovare ou qualche legame con la fìgnra dell' inSmo procontentabili
^).
letario napoletano o del lassearo-
sto
legame è posto da
noi,
don Eodrigo il e don Abbondio del esser
non
modo
sentazione artistica ; al
Ma — giova ripeterlo — queè contenuto nella rappre-
stesso che noi
clero secolare, e
V
fare intrinsecamente con
Cristoforo degli or-
fi:a
non sarà vero;
1)
date
altri
don
atesai, e
*),
L' infimo proletario i
ma non
arte, perohè, in arte,
Rodrigo j don Abbondio, fra Cristoforo, sono sé
non
dire
tipo del signorotto italiano del seicento,
dini monastici; e oosl via. Ciò sf^i o
ha ohe
potremmo
belliflsiiiù
Ijsotenr^
dell* Oriente,
De UosBet ?
versi del si
ta l'ea
per
tu
es.
lu
,
Ricor-
altri colorì.
:
Tene Minia
juuaia en
Bvgardfl sona t«H piedi i tu TBtT«a das benreux.— Ce soni dee maudl&ntfl^ qa'on prendrait ponr dea dienz-
na parleni TTiu,
raremeiit,
on dd^neDllUa,
—
jle
eonl ueis par
le front
nu ime
ITBjant ni Boa ni poelie et ne
1)
torre.
pferre,
penflajit
k
rìen-
Ne
lee rdreille ^nit
Ne Ne
lee éoimee pee: ils be laufleraient feìre;
:
lee inéprtee pbs:
il£ t'
appeUer&iant ohien
;
oar £U te valent blen.
Pulcinella diventa rappresentante dal popolo napoletano
n^r in-
d^arme del 1821, nel canto PuicindUi malamttnto Disertò dai reggimento età, in Ceook , Canti politici del popolo napoletano p, LXVIl Bg^ -"- Non solo col proletariato napoletano dei loj^earij ma ei SODO ritrovati punti di contatto tra PuldaeUa e il bo^hese napoletano :
felici fattì
:
,
Palcinella
— scrive
,
il
Saot», o. c, 1, 134,
139
geois napòUt&in dans ba grossièTeté natoreUe
— o*est le type du bour,
empreint toigours de
mordant dont l'albe GaUani est un type épuré >. II y a trente ans, nona disait un bonune 4'Asprìt, il n'^ avait paa & Naplea cet esprit
«r
— Una
58
—
opportona UluBtrazioiie a queste nostre spiegazioni
può troyarsi
che
in qael
Wol&ngo
Ck>ethe
ha
ed equilibrato
Oaservatore accurato
intorno al Polcinella.
lasciato Bcrìtto
della plebe di Napoli, il OoeUie indicò i tratti di temperamento e di vita meridionali, che la distinguono dalle altre plebi. Vide anche a Napoli il Pulcinellai e fu colpito delle somiglianze che presentava con V immagine eh' egli s^era fatta della plebe napoletana.
< Il Pulcinella
tm eeul homma qui n* ent qnelqne choBe de un peu aiyoord'hui, mais il ea resto eacore ciy (Le Théatre en Itatù
Scendo nn
p, 83€}f
ritratto
nel
Pulcioella. Gela ae perd suffisaiuinent
Remte dts dewx mondesj
».
Il
Meb-
giugno 1840, assai fìmtaBtìco del Pulcinella^ nota che i
in
,
— Bcrisse
1
napoletani sodo, quanto ad eneTgis, inferiori a Fnloiiiella
Son esprit aime la bonne chère, et sait jeoner s^ il le faut il ne distingue pas fort nettement le blea d^aotrul du sleu- Pulcinella n^est pafi néanmoina une perso nnìfìcatlon comme Meo Patacca et Caseandrino. Le peuple napolitaln n' a ni son gourage ni sa méchanceté : il est insoleat et se laisse b&tonuer, ce que Pulcinella ne soufire jamaia- Ije napoUtain parie tot^ours de cruclfìer son ennemj, et cependant 11 a boa coeur: Pulcinella, lui, voua couperait un bomme en morceauz sana aouioiller: Tun est plus énerglque, Fautre est mellleur,... - (II). Si veda anche ciò che scrive il Tathv, Voyage en Italie, Paris, 1880, I, 102-3. Del resto, anche Taristocrazla napoletana è stata paragonata a Pulcinella, per la sua predilezione per le maniere dei lazzari. In una lettera del Ooate di Monasterolo, ambasciatore sardo a est vlf
comme
le leur,
son inutglnatlon mobile,
!
'
il
:
Napolij in data 1? agoeto 1751 al ministro car, D'Ossorlo, narrandosi di festino
da
lui dato alla nobiltà napoletana, si dice : «
rato la presenza di Y. E. in tal riscontro, e certamente
avrebbero superato gli atti di
non so se
ammirazione ch^ Ella avrebbe
vedere in cotesti Principi e Duchi perfettam^te Imitati della Nazione, nel svaligiamento del Dessert,
Cam mo un 1
delle Oocagtìe
!..,.
>.
E — potenza
il
nn
Avrei ben deside-
quale
dei raffronti
fii I
le risa
fatti
a
lazzamme trattato oome il
— noi
ricordia-
epigramma che corse per Napoli» del Duca di Maddaloni, sa un noto gentiluomo napoletano, nel quale si dice che il volto di costui è
,
U
piti napoletano
immaginabile, mostrando
DI Bui Q«iuutra il oolor akffuajaOi E Tadimoo iuw>ii di Piilcnidlar
:
^59 — ano Viaggio lecchino di
à^ Italia
Bergamo e
di servo placidcf
rente
,
—è
,
maschera nazionaloi comeVArHanswurat del Tirolo: è,un tipo fino ad ns certo pnnto indiffe^
la
lo
calmo
,
E
pigro, amorifitico.
tali
s^
incontrano qui dapper-
Oggi mi Bono assai spassato col nostro servitore V ho mandato a prender carta e penna nient' altro che questo. Ma tra equivoci, indugi, buon umore e furberìa, ne è nata la più graziosa scenetta comica, che si tutto bettolieri e domestici. :
:
potrebbe metter con fortuna su qualunque teatro > ^\ Nel lavorare alla seconda parte del Faust, gli tomaitmo aUa mente le
oss^vazioni da
Pulcinella.
E
lui latte sul proletario
si servi di tal
nome per
fare
il
meridionale e sul ritratto di quelle
categorie di uomini, che passano sulle difScoltà della vita
oome
non pigliando niente sul serio, divertenPulcinella, dopo esaere etato considerato dal
scivolando,
dosi di tutto.
Goethe oome tipo sociale e nazionale, si risolse di nuovo, neUa sua fantasia, in un personaggio puramente umano, in cui
le
determinazioni storiche son cosa secondaria.
Quei versi del G-oethe parevano al
trameno,
non
ci
Sanctis la migliore
non dobbiamo
descrizione di Pulcinella; e noi
gioni per le quali ciò
De
può sembrare
certo, mirabilmente, in
ripeter le raesatto.
Ma
ri-
pochi tocchi, una iigura
viva e vera, pensata ed immaginata dal poeta tedesco.
—
Kella festa in maschera» data nel palaezo dell'Imperatore, i
Pulcinelli
si
avanzano
tra
il
goffo e
il
fast làppisehf e, pigliando la parola sabito
matto, tUppisch,
dopo
i
taglialegne^
comparsi prima e rappresentazione del lavoro utile ©
fati-
coso, e a questi rivolgendosi, dicono cosi, beffardamente:
Voi
Vm,
siete
i
mattii
corvi &tti
Sin da la culla;
Ma i)
noi che nulla
Itaiienische .S«t«f, ed. DttatEer, p. 20^,
,
_
—
60
PortiaiD, noialtrì
Siamo
gli scaltrì!
Perchè
ì
berretti
Koetri,
ì
giubbetti,
I nostri arnesi
Son lievi pesi; Comodamente, Senza far niente
Le
piemie snelle
Sempre
in pianelle.
Corriamo a schiera Uercati e
L'on r
fiere
;
guata
altro
Ccm spalancata Beccai e diam fuorì Strilli
E
eoQorì
cosii
;
spam
Tra l'accalcarsi XH genti a nulle. Al psj dWgaalie Tnai flm gaizjQamo,
Saltdam, soroscìamo.
Se lode poi Ci vien da voi, biasmo alcuno,
E 1)
a noi
tatt^
uno
!
i)
Questa fedele e bella traduzione metiica
il, a. I,
scena della
dairamico
prof.
uè metrica uè pretazione.
festa), è stata
Fkahuesco Cuquno,
bella, e
neanche
dei versi del
Goethe {Faiut,
cortesemente fatta a nostra rìchiesta
La
fedele,
tiaduzioue del Maffsi non ò
contenendo veri errori
d' Inter-
—
61
—
6.
Fìttsmto e futuro di Pulcinèlla.
domandandosi se Poloiaella 8ia davvero definitivamente mortOf o, se non è morto, quali saranno i suoi fìitnri defitini, sembrano identificar tale qneetione oon Taltra dell^ ofio delle masohere ani teatro. Ma 3Ì tratta di due queMolti,
stioni distinte: la
mascheTa, come abbiamo già aecennato
nu mezzo
in princìpio, è intrinseoamente sotto
una forma o
dose minore, bisogni della
si
fame
sotto
una
dose maggiore o in
altra, in
rìoorrera sempre.
estetico, al quale,
Deienninar quando e oome
uso, ò compito dell'artista, cui spetta la lode
buona nascita o
il
biasimo della cattiva.
Pulcinella, invece, ossia quella data e parttcolar maschera,
è decaduto.
Quali le oanse della decadenza? Ssao non
spondeva più
ai gusti
deUe
classi colte,
accolto, festeggiato e carezzato a lungo.
ri-
che Tavevano già
Se
la
maschera
ri-
peteva vecchi motivi, infastidiva. Se tentava del unovo, gli i vero
(come
si
uscivano di belli
è anche notato) effetti di
,
contrasto
che In qualche caso ne ;
ma, in complesso, non '
sembrava più necessaria ed opportuna. Si sentiva il bisogno donde la di figure comiche diverse , o ahneuo rinnovate guerra al Pulcinella. Vedete le arie da piccolo Goldoni, che :
prende
lo
Scarpetta nel raccontare come egli sbandisse
Pulcinella dalle sue
commedie
!
il
*)
Si aggiunga a ciò che, per quella parte in cui
il
Pulci-
nella ritraeva o sembrava ritrarre caratteri e costami popò* lari, si
di pudore, di rimorso, e ))
poli,
Nel
un sentimento misto
à fatto vivo nelle classi colte
IQxto Gltato:
18^.
i>i>it
nn
Fdice,
po' d'ipocrisia. Eidere,
Memoria
di
dimen-
Eddàsdo Sgaepbtta, Na-
— 63 — ticando che oggetto del riso sono degli esseri umani,
ma
veri, ignoranti, corrotti,
esseri
poco degna della civiltà moderna
XVU
presentarsi ogni Natale
unum
imum
salium,
— sembra La
bassa voglia.
^
medio evo erano esposti
ci dice le beffe cui nel
ancora nel secolo
umani,
vi erano dei vassalli che intiaiìiri al
sufflatum et
come
E
i)-
barbarie
della fiioeta
plebei:
unum humMiiml Ed
quelli di altre partì d' Italia,
bnffonì.
storia
re d* Inghilterra» a fare
lor casa, najoi, gobbi, e persone altrimenti
B^vivano da
i
cosa
dovevano
oora durante quel secolo, e in parte del seguente, napoletani,
— po-
i
an^
signori
avevano in
mostruose
ohe Tutto ciò era ingenuità, e per noi è
sulla vita della jJebe
commedia di una
napoletema
,
in luogo
,
volta, è sorta un'intera let-
teratura di liriche, novelle, romanai e drammi, ohe la ritrae
con sentimento largamente umano, appena celato della vo-
%
luta freddezza realistica dell'osservatore obiettivo
Perciò, Pulcinella scende la sua china. Ohi sa che, a pocTo
a poco, scacciato perfino dai si
,
non
ridurrà nei baracconi delle fiere e nei divertimenti car-
nevaleschi dei villaggi ?
1)
È
noto che desta
elle ci
U
il
Scienze mor. e polii,
UKTtEBHonsT, 1896).
È
more o
chi sa
se, £ra
alcuni secoli, per-
comico cenaste nella perceziotie di una atortur& sentimento della nostra aaperiorità: donde il riso F^ Masgs, Psicolùffia del cotAico, in Atti Acc. Reale di Napoli
^
compassione,
,
1888
^
e
11
recente volnme del dottor
Dos WirMich-Komiache^ Leipzig, Wigand, doT« prevalga un altro fnt^rease, come il ti-
Dos Komische,
naturale che la
E
lieto
(vedìf tra gli altri,
è,
teatri di second' ordine
il
I,
lato comico si attenui e svanisca.
in generale, la situazione presente degli spiriti colti verso
tariato.
E questa il
prole-
'
^ Va precoTTimeato ( ideale non storico ) di questa letteratura si può vedere nelle x»)mmedie dialettali napoletane, iK>n istrioniche, rect^ tate per lo più da dilettaiitì^ che si scrissero a Napoli nel secolo XVIH, ed anche nei libretti di opera buffa, del primo perìodo. Nel mio libro sui Teatri, passim, son parecchie notisle su tale argomento, cine meriterebbe uno studio speciale. Cfr. anche Napoli noinliss., VU, 163-167. ^
— od
della letteratnra {mlcinel-
easeiido questa nota solo agli ^^diti di cose let-
un
terarie,
—
memoria viva
datasi ogni altra lesca
63
non
attore
lo ritroverà
nel ano basso loco, e
non
lo riporterà sul teatro, &cendoglì riprender la strada già
percorsa ? Se non ohe, supposto pare ohe la nuova
&se somi-
gliasse all^antioa, questo apparente ritomo, l'abbiamo già detto, sarebbe in realtà
nuove coadÌ2Ìoni
,
una
storta affatto nuova, prodotto di
sopravvivendo
qualche
dell' antica B
inorganico rimasuglio.
Ma
lasciamo queste fantasie, ohe
non sono neanche
liete;
giacché, per esser possibile ana ripetizione della storia di
dovrebbe probabilmente attraversare un periodo di abbassamento di civiltà , e ritornare a condizioni di fatto e a sentimenti, ormai BUperatt.
Pulcinella
sì
,
Ora come a creazioni
ciamo più
ora^ Pulcinella riflesse.
le
non può più
servire in arte se
come
Cosi noi, che,
non producome individui
popoli,
grandi fantasie mitologiche, e
non eiamo più bambini, godiamo nel vederci dall'arte
i
miti e
le
non
leggende del passato e
ripreeentati
dei
le flabe
bam-
argomenti di poesia sono specialmente cari ai popoli germanici, e anche in Italia sono stati coltivati nel bini. Questi
non molto
periodo romantico, per imitazione
romanticismo germanico. In generale, qui
tita del
contro
felice
il
né sen-
si
urtano
realismo e Tequilibrio dello spirito italiano. Pure
anche in questo campo, dei due dei più antichi e forti ar-
è da ricordare che l'Italia ebbe, precursori, e furono italiani tisti
di queste creazioni riflesse:
Basile ai principii del secolo
napoletano Oiambattista
il
XTII
,
e
il
veneziano Carlo
Gozzi nel secolo XViJI, I tre secoli di
drammi
di notevole nelle opere
pulcinelleschi lasciano
ben poco
La massima
parte dei
letterarie.
stampa e manoscritti, sono o assurde buffonerie o pallide tracce, che dovevano essere rav-
drammi
col Pulcinella, a
vivate dall'attore improvvisatore.
Qua
e
là,
qualche flgurina
_ 64 — ben disegnata; più Bpeuio, soene felioL Poteva bon sorgere nel passato ano sorittore popolare che fosse (tanto per esprim^x^ !) per la letteratura pulcinellesca oome 1* Omero pei cantì degli aedi, o
il
redattore del Niebelimgenlied pei canti
germanici, e scrìvesse
un dramma
o
un romanzo popolare
(un Qargantua e Pantagruel napoletano), di cui Pnlcinella fosse
il
centro
ai posterì!
Ma
e nel quale la sua figura
^
quell' artista
non
sorse
;
ed
restasse ,
ora
,
legata
è troppo
tardi.
Un un si
surrogato erudito dell^opera mancata potrebbe esser
libro, in cui,
dai documenti letterarii e dalla tradizione,
ricomponessero
nella
le principali creazioni artistiche cui Pulci-
ha dato luogo. L'impresa è
dito, che abbia tatto delicato di
tale
da
artista.
allettare
E
un
eru-
queste nostre
ricerche potrebbero servirgli da indicazioni e prolegomeni.
wwwwwwwwwwwwwwwwwwwww
IL
PERSONAGGIO DEL NAPOLETANO IN COMMEDIA
IL
1.
/
Toscani e la satira contro
ABBiAvo
i
Napoletani
viato che, se nelle luppresentaaioni del Pul-
cinella si possono rilevare
alcuni tratti da valere
quale satira o ritratto dei Napoletani, e più facil*
mente
della plebe napoletana, Pulcinella, tuttavia, così nelle
intenzioni degli artisti che lo produssero
timo ed inconscio
significato,
non suol
come nel suo punto
esser
in
ritratto
caricatura o satira dei napoletani e della plebe napoletana
Ma
una
satira del popolo napoletano ih fatta sul teatro
ad uno speciale personaggio, detto
e dette luogo
il
Napole
lunga e varia fortuna sulle scene. Sarebbe une balla indagiae quella dei gìudizii prover*
tano^ ch'ebbe
biali
,
elogiativi o satirici, dati sui napoletani. Si potrebbe
cominciare
dall' antichità classica
tiosa Neapólis
,
ed
zioni meridionali
;
altri
,
che
ci
porgerebbe V
aggettivi e giudizìi
anche se
si
debba
sulle
o-
popola-
resistere agli alletta-
menti dei riscontri di costumi napoletani, ritrovati nel Saiyricon di Fetxouio, la cui scena h stata
piiIi
volte assegnata 5
—
66
—
e ritolta a Napoli. Neil' alto medioevo vi saramio certo, motti e filastrocche satiriche contro
i
dì
stati,
napoletani,
da
parte dei beneventani, salernitani e capnani, o dei sorren-
ed amaUitam; ed i napoletani avranno ricambiato i primi con le in^nrìe contro e la turpissima gente dei Bardi », tini
o Longobardi, di cui risnonano gli echi nelle cronache e do-
comenti di quei tempi, e i secondi in altri modi. Un'ombra di satira dei sorrentini contro i napoletani è nel Libello dei miracoli di S.
in
uno scontro navale
Antonino; in cui
dei sorrentini e napoletani
parte, coi saraceni dall' altra,
tonino e
morti tini
i
racconta^ che
si
i
da una
sorrentini invocarono S.
An-
napoletani S» Oennaro, e dei napoletani furono
sette,
prima che
i
saraceni fosser vinti^ e dei aorren-
nessano; perchè, come
ai
seppe poi da un'apparizione
miracolosa, S. Antonino, appena chiamato dai suoi, corse
in fretta e furia sul teatro della battaglia; mentre S. Oen-
che diceva messa in paradiso,
ixaro,
pleto!
^).
nome tanOf
H
fatale
si
mosse oon
tutti
i
suoi
meno comBajna vorrebbe vedere, nella derivazione del di Napoleone^ una forma medievale di napole-
comodi, e Taiuto giunse
ai suoi in ritardo e fu
con colorito dispregiativo e
satirico
2).
L' importanza
della piccola città bizantina era, per altro^ assai scarsa, e
non potè dar luogo ad una Ck>lla
satira diffusa e notevole.
formazione dello stato normanno entrarono in iscena
nomi s'intendevano le popolazioni dell'Italia meridionalfìT come con quello di lombardi le popolf^ioni dell'Italia settentrionale. Ma, se i
pugliesi o gli tiomini del
sui lombsfdi^ ohe
^
eoi quali
avevano tanta parbe nella vita d'Europa,
formò una ricca letteratura dì gtudizii e
ai
1)
et
Regno
Ex
mmuTuii*
8.
di proverbii
'),
Antùnini àbbaiia mrrmUnij In SS. rervm Langob,
Ital, ed. Waitz, pp. 634-5, *)
P.
Runa, Uetimologia
e ia storia arcaica dei
fwme
«
Napoleone
>,
in Arch. ator. ital, 1891, T. Yll, pp. 89-116.
^
Sulla quale è da leggere
il
dotto ed Importante articolo del
No-
J
A
— non può tati,
67
—
direi lo stesso dei pìigliesi^
che vissero più appar-
ed ebbero influenza piuttc^to come Stato che per com-
meroi ed attività di coltura. Onde è europea;
la satira dei
le tracce di quella dei pugliesi
Fra Salimbene
souo
lombardi
Ri-
italiane.
oomentando egli alcune parole che mette in booca a Roberto Guiscardo sui siculi e gli appoli: <: Nota quod Eobertus appellavit pedes
corderemo quel detto
di
quibua utebantnr iUi
ligneos^ patitoa, idest zoppellos,
et appuli
:
,
sleali
erant enim homines cacarelli et merdazoH, par-
vìque valoriB. In gutture dixit eos loqui, quia quando volunt dicere
mines
qtddvis? dicunt: Keholì? Reputavit igitur eos ho-
:
vilos et
pugnae
».
E
iuermeg et sine virtute et Bine peritia artis
in queati giudizii rientrano anche quei verai,
elogiativi e satìrici
sulle città della
,
Puglia
,
che
si
attri-
buiscono a Federico II e sui quali sarebbe da compiere uno studio speciale.
Ma
la satira più larga, e
òhe poi prevalse^ contro
na.-
i
poletani, prese origine e nutrimento, a nostro credere, dai
toscani, e specialmente dai florentini» Coi sovrani angioini il
Segno
fu aperto e quasi abbandonato ai mercanti fìoren-
politicamente coi reali dì Napoli, banchieri di
tini, collegati
questi, e concessiouarii di
numerosi privilegi commerciali
*),
Venditori e compratori, come sono strettì da reciproci in-
souo acuiti gli uni oontro
teressi, cosi
gli altri dal
bisogno
dì esplorarsi e conoscersi a vicenda, per s&uttarei a vicenda.
Diverso, inoltre, verse
il
temperamento
due popolazioni quanto quelle di una città
le condizioni sociali
pubblicana
,
delle
che doveva percorrere tutti
;
i
dire-
gradì della de-
mocrazia, e di un regno tenacemente feudale, in cui lo stesso patriziato cittadino
YATi fase. 3)
,
17
Lombardo
e ia
{
con proc^so inverso
hmaca
,
in
Qiom^
ator. d,
di quello di Fi-
kiter,
i£aJ.,
XXII,
m. Vedi G.
m
Bu&ans
in Arch, «tw. najw/^
,
La dimora
XVII,
a.
18^,
4i Qi
,
— Gea^gmugendo
renze) yeniva
ai suoi
vanti nobiliari
i
vaiitì
e dì parole, la
dorerano notare V esaberanza di geati tendenza al magnifico ed allo sfoggiato, la
gonfiatura e
poco buon gusto dei napoletani questi, a
feudali. I fiorentini
il
:
<:
Chi ha da
il
proverbio.
P avarizia e la scaltrezza dei fiorentini. far con Tosco non ^mol esser losco », diceva volta,
,
Questa antitesi di
fatti e di giudizii è stata studiata nelle
opere del Boccaccio
tempo
stesso
tato \
i)
è
il
da diavoli >
quale cercò anche di contraffare
il
;
nella sua nota
dialetto napoletano
il
lor
lettera.
Forse dello
detto che: « Napoli à un p{u%diso abi*),
È
nota la satira di Gino da Pistoia,
che insegnò nel 1330-1 nello Studio di Napoli, chiamatovi
.
da re Boberto, e ne partì Tanno dopo la terra s&vile.
— Napoletani
8),
imprecando contro
e fiorentini sono poi posti a
fronte da Luigi Palei, che venne a Napoli nel 1471, in
un
sonetto diretto al magnifico Lorenzo, sulle sue impressioni
napoletane
:
,
Chi levassi la foglia^
A
maglio e
il
^1
loco
questi minchiattar Napoletani, traessi del seggio
i
Capovani,
Parrebbon salamandre faor del fuoco. ^)
Sui tOSC&nì « napoletani nel Decattwrùv^
Gbbhabt, nella Revtte
d. dettx
si
veggano
gli articoli del
nwndeSf novembre e dicembre 1895, e
febbraio 1896.
^ Son dolente di non essermi potuti procTjrare V opuscolo di loHAmm. BtlHHUns, Frùveròmm Italorum: Regnum Neapólitanum FOradi»vt
Ést,
sed a Diaboiig kahiiatitm (Alt^orfìi^ 1707, in
uel PlTRt, Bihlùtgrafia
al n. 2609,
,
ma
4**),
eh* è citato
per conoscenza indiretta, Ofr,
a questo proposito la Novella narrata dal Piovano Arlotto sull'influenza che ha il clinia di Napoli neJrumajio organismo ». L'aHa di Napoli opera bene in tutte le cose, e male negli uomlnii che nascono -t
di
poco ingegno
,
maligni
,
cattivi, e pioil
di tradimento
Napoli sarebbe un paradiso. Facezie dd Piowino Arlotto Firenze,
188i pp.
Db Blasiis, nap., XI (1886), 8)
j
»
;
se no,
ed. Baioc4iif,
295-7.
dm di
Pistoia
pp. 139-16a
ndVumvfrntà di NapeHjìn Arch.
«for.
^
-
69
Imbisa, Ianni, lo ngegno allo ioco
<
! >
;
Ch'ho gìÀ sentito meglio abbaiar cani! £ tatti i gran mercianti soq marrani, E tal signor che non aare' buon cuoco. Che huogli dicer di Napoli
<
— La gentOezza Rispondo presto
ientile ? »
sta nei canterelli
—e
—
parmi un bel porcile
1
Ah, questi Ftorentirij gran loctoncelUj
*
Ch^hanno Cosi
si
tutti lo tratto sì sottile! *,
pascou questi minchiattellì
t
Se tu cerchi baccelli,
EjspoDdon -
H
tutti,
come gente pazza:
Gongoli vuoi accattar ? Loco, alla chiazzai
Pulci mette in derisione
goffo parlar dei napoletani,
il
vanti dei loro seggi di Nido e Capuana
Napoli
ientile
Né manca
foglia^ ossia gli ortaggi ^.
controsatira dei napoletani ai fiorentini 1)
,
Sonetti di
Uatteo Fbanco
alla luce oon la
,
della loro
del cibo prediletto dei napoletani
f
i),
»
di far ;
gran
e di Luigi Pulci, etc,
»
cittàj
eh' è la
menzione della que-
ioctoncelli
nuovamente
sua vera lezione da un manoscritto originale
Dati dal marchese Filippo de Kossi, anno
i
MUGCLIX,
p.
Ho
93.
latto l'interpunzione, ricorretto la dispoaizicne tipografica, e
dati
di Carlo ri-
mutato
Que buogii dal v, 9 in Ohe buogli. ^ Nel V. 1 cosi mi sembra da spiegar la foglia, il loco è V avverbio di luogo co^fàj che Tìcorre di continuo in bocca ai n^»oletani: ofr, v. il
'
IT i
;
U maglio
è forse
il
giuoco del maglio ?;
— V. 3. Del seggio
gnifica
:
giuoco
>.
Metti (6cca ^
<
—
Y.
T.
fissa)
,
Giovanni
Allude forse
vuoi dire?
mondi
*,
— Vv.
tutta la tua
nomo
in Napoli nobilissimat
I,
il
mio
1892, fase 1-2.
Costà, al mercato
-.
di
—
articolo,
V.
17. *
>.
La
11 ai^
erano già in
marranL — V. i
9:
<:
Che
vasi im-
Villa di Chiaiay
Vuoi comprar bac-
Gongoli^ vgongole, fave ngongole, secondo
Vocabolario degli Accademici Filopatridi, sono
dei gusci
5.
attenzione al
10-lL Allude torse all'uso di vuotare
sulla spiaggia del mare: cfr,
celli? —
,
ai molti spagnuoli, ch^
quel tempo a Napoli, insoluti col
— V,
dialetto napoletano. Questa
Pulci riferisce alcune espressioni del
il
cfr, v< 5.
Capovanif dal loro seggio quei del seggio di Capuana.
fave ancora dentro
-Tosti,
hanno
ù'
catanti!
Ma,
tutti
h
tratto rf sottile^
oome
conviene a mer-
si
*).
XVI,
ai principii del secolo
con
di tutta Italia,
la parte
col rimescolio dello guerre
che vi presero
napoletani al
i
V osservazione del carattere e dei costumi napoletani divenne più frec[uente ed attenta, e prese posto nella letteratura, che acquistava in quel tempo la magseguito
Spagna
di
,
giore larghezza e varietà.
H
contenuto
parte
il
dell'
medesimo
osservazione e della satira era in gran
di quelle
che saraero contemporaneamente
conto degli spaglinoli ^
Bui
effetto
:
della somiglianza di
Napoletani e fiorenttui ricorrono spesso insieme in aneddoti e
1)
popolari (oome
facezie
aell'
fiorentino al napoletano,
pezzetto di dolce
sponde
:
<
dicendo
,
aneddoto del magro pranzo offerto dal
primo dei
il
«
:
Ed
da aiggiUà, »' nun aggio
C^ ttggio
;
e
scritto ? >
aneddoti, e nella letteratura dialettale, abbondano
dne
il ;
1
napoletano
ri-
e slmili). Negli confronti
tra
i
preponendosi aempre quello napoletano come più forte ed
parlari,
espressivo
un
quali, in fine, ofire all'altro
ora^ auggtlla!
ed elogiandosi
f
i\
rapido gesto indicatore del napoletano,
che può riaissumere lunghi discorsi. Per alcuni proverbii, vedi Frov.j III, 154-5:
*
Napolitani maricia-maccaruni
il
PithS,
Sarebbero da
».
rin-
tracciare ed esaminare le copiose serie proverbiali di nazioni, di cui .
molte furono studiate dal Reinsberg DOringsfeld, dal Wrlght, e presso di noif dal Nevati, dal Gian, dal Rossi, dal Ooraz^ini. Una, luiLghìssima, tradotta ìn latino iiòri
quatuor, di
tolo:
Ex&nplum
an
,
si
legge in fìue dei Monuntentorum Italiae
L. Sgbbadbr (Helmaestadii, 1692,
ff.
403-410), col
ti-
cuiusdrtm ntemhranae de morihvs Itaiorumf nescio tanim
de hoc an de prisco saeculo auctor loguatur, ed è divisa per catego-
rie; vestitit favella, costumi, ospitalità,
ra, donne^
il
amor
delle lettere,
mercatura^
g^tCT'
ntodo di amarlcj ecc. ecc. I napoletani Bono detti splendidi,
sontuosi nel vestire, frappatorì, benigni nelle vendette, cordiali verso gli ospiti}
animosi nel commercio
;
si dice
anche che amano
i cavoli, ì
donne impertinenti! Dopo il guono alcuni versi italiani sulle più notevoli città d'Italia, che fìnìBcono: Le belle donne da Fano se dice, Ma Siena poi tra Taltre è più felice -, che sono noti per altre stampe; ed una serie di proverbii cavalli, la liogna toscana, e le
latino, se-
«r
in dialetto napoletano, per la quale vedi più oltre. 3)
Tedi
le
mìe
Ricercìte ispano-itàliane, serie seconda, in Atti deUa
Accad. Fontan., voi.
XXVUl,
1898.
J
,
—
—
71
alcnne qualità di temperamento nazionale nei due popoli, sociali, rafforzata dalle
e delle loro coadizioni
influenze, allora vivissìnie.
La
satira si
scambievoli
assommava
nella mil-
lanteria a vuoto (delle ricchezze, del valore, della nobiltà),
e
pompe e delle cerimonie. Lineamenti pronapoletani non mancavano il vanto della nobiltà
amor
nell^
prii dei
delle
:
era specialmente quello
dell'
appartenere ai seggi di Napoli,
condizione che sembrava avere del divino
vanto
il
dell*
ingegno e della dottrina
,
;
si
aggiungeva
cui gli spagnuoli
non solvano pretendere; ed ancora, la loquacità meridionale per non dire poi il colorito particolare che si dava ;
talora alla satira con la riproduzione del dialetto.
L' Aretino, nei suoi Bagionamentij fe dire daDa
Pippa
per tome il
napoletani aon fatti per cacciar via
€ T
:
scorpacciata
'ina-
un
,
di Spagna. Di vestimenti ? due o tre e tutte le belle del
cadendoti o
fazzoletto o
il
più galanti parabole -
puano »
^.
le frapperie
^)
Favella di cavalli ? essi gli hanno de primi
al cido.
;
sonno, o
quando tu hai ovvero accompa-
gnata d'alcuuo che non importa. Ti so dire che
in chiocca
il
alla
di del mese,
tuo tempo nel cervello, o sendo sola
vanno
Nanna
Anche
che
,
il b*
guardw^bba. Danari;
Eegno
guanto
,
gli
moiono
dreto. E,
lo ricolgono
con
le
udisser mai ne lo seggio Ca-
Mauro, in un suo capitolo, allude a
il
quel baciar dì mani
E
''
sospirar
Ch' ora è
*)
3Ì
si
forte alla spagnola^
proprio dei Napoletani
Frapperie, frappart e frappatore
si
s).
diceva nel secolo
XVI
per
significare ciò che napoletanescamente (e dopo JiontgolfierJ) si dice
patUmi
»,
e
dir palimi ^j&^palhnisia »
adeguata traduzione in italiano puro.
Il
:
asprossioni che
frappare
bì
non trovano
attribuiva per ec-
cellenza ai napoletani. *)
RoffUmamenH,
)
CapitoU) del Letto, in Opere but^esche, ed. 1771»
ed. 1684, P. Il, p. 49. I,
273.
,
— Qoanto V Ariosto
72
— logge nella Scolastica Ad-
ai tìtoli di nobiltà, bì
HI,
(a.
so,
VI)
:
Era piaciuta a un signor chs dicevano
partalo.
Eeaer Napolituio.
È
Frate.
Ohe signor
Ho ben
verisimile
ftuse, poich'era
che ve
inteso,
n^ è
da Napoli. più copia
CU' a Ferrara de' conta; e credo ch^abbiano,
Come
Il
questi contado, quei domìnio!
Domeniclìi, nel sao noto libercolo, ha qneet* aneddoto:
BagioiiaYano alcuni cavalieri napoletani (si come
ff
volte avviene che V d' altri
fra
i
nomo
il
più deUa
parla molto più volentiai de* fatti
che dei anoi) della grandezza del Duoa
Ferrara Sulmona, il signor Cesare Eosso da quale, perchè egli aveva conchìuso che '1 iì
;
quali era anche
vero gentiluomo ;
al
Duca era un grandìaBÌmo, fortunatissimo timo principe, disse un di coloro: È lo vero,patrone
detto signor
ma
che ne voglio fare
io,
che
non
è di sieggio ? »
Questi ed altri difatti napoletani notava uno
e otmio;
')»
scrittore
spagnuolo, di essi amico anzi entusiasta, Greronimo TJrrea,
Il
DoMENicHi^ Scelifi de tnottij burle, faceii^j Fiorenza, 1566, p. 237.— Oà&o, di un tale che esprimeva ì suoi entusiasmi pel MoIzìl, dice,
iD
una sua
')
lettera a qnestOi che
(Lett. in data 18 il
FoouBTTA
,
De
maggio 1533/
Si
ne era « gridatore alla napoliiana > veda anche pel carattere napoletano
laudihus urbis NeapolU, in Opuscida ntmnulUit
1674. Nelle istruzioni dì
In Italia sul caratteri delle varie popolazioni noblee, arrogantes, de honrado
I,
ìdone storica,
di
mandato
d^ Italia
y cerimonioso
Los espaholes en Italia, potrebbe citar Taucddoto
fiolea • (PiOATOSTE, si
Homa,
Gaspare Tarola aU^ ambasciatore spagnuolo trato
156),
;
:
«
Napolitanos,
muestranse eapa-
— Qaaai ad illuatra-
don Placido
di
Sangro
ambasciatore col Principe di Salerno a Carlo Y, di cui V
peratore dovè dire, eh* era un buon 'Cavaliere, (vedi GastaIiDO, L. IXI, ed- Gravier, p, 107).
ma
Im-
che hablàba muchoX
—
—
73
honra militar (1666), nel quale parla cosi per bocca di Altamiranuo ^).
nel suo Diàlogo de la verdadera
—
Napoli, io
QobOe tìatì,
ti
ho gran compa^ìone, percìochè ta
sei piena di
cavallerìa, dì leggiadrìssimi giovani, gagliardi, et
e di svegliati iogegui,
ì
aggra-
quali impiegano le virtd et gratie
loro havute dalla natura, in morroorare ne' loro consigli
stimar troppo se stesEd e poco
dell'altro, in puntigli vani, in
gli altri, in gli
riguardare ad colui
et ingegno, poli lia
lovò prima la berretta, o ae
si
gli parlò
mostrò cattiva faccia, o se
questo passano
con preauntione, et in
tempo; che se eaercitasaero
il
come
Voao
gli esercitano
le loro
persone,
Na-
cavalieri di questa terra,
ì
sarebbe il fiore del mondo, e quelli delle altre bande d'Itanon scriverebbono, ne si riderebbono della ociosìtà o pun-
tigli napolitani.
Franco^ Molto vi doveva piacere Napoli, e bene vi trovavi in esso, poi che tanta felicità
AUamiranno. Veramente parsa la
minore
,
e
li
desiderate.
io gli
una
desidero ogni bene, perchè mi è
delle
mondo
vedute. Qoal città del
due
migliori
città
in tutte le scienze et arti 7
gentilezze^ e cose applicate air uso
tempo cano
v' è fiorì
navilii,
primavera, mai non
né
frutti:
dì
ricca, popolosa e
amore dell'amico, non
^)
terra,
:
e
a me
si "è
le regioni del
magnifica
dove
anche per codia.
le
f.
il
né man-
io
mondo,
son affettiona-
per
lo
più
amici, tanto che per
corano di perdere la robbaj toccata parte della lor
Citiamo dalla traduzione dell^Ulioa, Digcùrso
liare, Venezia, 1569|
;
le genti di essa
dolce tratto, e amici di suoi
volte !a vita
in tutto
le rose,
né nel suo porto mancano diversità di
tusimo a quella buona sono
hnmano? Quivi ascondine
si
et eccellenti
dove vederete voi tante
che vengono e vanno per tutte
che la rendono
ho
io
troverà cosi piena di princi"
sl
pi e grandi eignori, di belle donne, di cavalieri
huomini
che
e spesse
gentilezza
del vero honore
118. Jj^Urrea, n< 1513, soldato e poeta, ò
e
minoto
sue traduzioni spagnnole déìVOrUaido furioso e deir^r-^
-u-
.
amloitda: onde io le deaidero accrBacìmento
vera
perpetua
e
felicità
i)
Tali descrizioni e satire
n
riferiscono
napoletana; mai ^^ alcuni particolari di
tatte alla nobiltà
I
son proprii del
:
essa,
tipo sociale del nobile, molti altri lianno, invece,
che
fioato Tiaeioruile, o regionale,
si
yogUa
un
signi-
i
dire. {
É,
infatti]
in genere
si
naturale ohe
il
carattere del popolo napoletano
osservasse principalmente
nante, la quale,
come
metteva in mostra
all^
nella
faceva valere nel
ai
domi-
classe
Regno
così si
,
estero» Parecchi tratti del nobile fa-
rono perciò scambiati per
come, in segoito, alcuni
comuni a tutti
tratti
i
napoletani;
tratti di altre classi furono,
per
la
stessa confusione, attribuiti al nobile, in quanto napoletano.
^)
È
da notare qui che
il
Casa, nel Galateo, osserraiidù che < ogni
usanza non è buona in ogià paese
k,
difese dei napoletani, dicendo che:
prendeva
politani^ la città dei quali è abbondevole di e di baroni d* alto affare,
chesi
né
ai Fiorentini
;
i
non
si
in
qualche punto
forsa quello che s'usa per
li
le
Na-
uomini di gran legnaggìo
con&iebbe per avventura né
quali per lo più sono mercanti
ai
Luc^
o semplici
gentiluomini, aenz^aver tra loro né principi né marchesi né barone alcuno, sicché le maniere di Napoli aignorili
a Firenze, come
i
e pompose, trasportate
panni del grandi messi indosso
bon.0 soprabbondantì
al picciolo, sareb-
6 superflue; uè più né meno come
i
modi
dei
Fiorentini alla nobiltà de' Napoletani, e forse alla loroDatara, eareb-
bono miseri e
ristretti - (ed.
Sonzogno, pp. 34-5), Brutto
s^no
questo
simpatls^are col modi fastosi della nobiltà napoletana; segno dì decadenza, di noofeudalismo^ di spagnolismo invadente. SI confronti, per coatrasto, la fìera pagina del Machiavelli nei IMscorsi, contro
luomini, del
Regno e
di altre parti d^ Italia,
•
dc^ proventi delle loro posseseloni abbondantemente,
cuna cura o
di coltivare o di
i
genti-
che oziosamente vivono
sema
avere
al-
alcuna altra necessaria fatica a vivere
>:
—
Un elouomini- . al tutto nemici d^ogni civiltà >quente elogio della nobiltà napoletana e un con&onto di essa col po* generazioni di
,
polo di Firenze, sono nelForazione messa in bocca a Bernardo, nel
Del piac^e
onesto di
ToB^cATo Tasso.
dia].
I
'
^ Ma il dire in
75
tipo comico, che sorse
^
da queste oaservazioni,
prima linea mi tipo nasionalei realizzato
darìamentei nella classe dei nobili,
e,
sottoclasse dei nobili della capitale
,
si
può
poi, eecon-
in terzo luogo, nella cittadini
patrizii
avevano acquistato dominii e costami
che
feudali.
Il personaggio del NapoletaTio nella
Lo
commedia
modo che
stesse Aretino, che descrive nel
napoletani ^ei suoi Sagionamenti,
i
XVL
del secolo
e*
è visto
sbozzare dall^istrione
£sl
nel prologo del Marescalco (1533) la
un
fì^;ura di
assassi-^
damare, paragoBandolo allo Spagnttolo e al Nafolitano\ nella Talanta^ mette in iscena un miles gloriosus col nome Tiato
di Capitan Tinca da Napoli] e finalmente, nella CortigiaTia
un primo personaggio
(1534) ci dà
media nel signor ParaholaTio
noti
(si
e vantatore-— Cerimonie in chiesa:
manda
mano;
in
bascìa
il
e nel pigliar V acqua
quale
mi
rido
quando in
paggio, che gli sta in-
giù mi Paternostro de santa
la corona, il
che tiene
prefato paggio
dito, et, intìngendolo nell^acqua santa, lo porge,
una BpagnuolÌBsima il
il
com-
nome), cerimonioso
il
« Io
chiesa per ogni avemaria che dice
nanzi,
di Kapoletano in
il
,
con
riverenza, a la punta del suo dito, con
traditore
una mezzana
si
ai
segna in
madonna Alvigia
Cerimonie con
fìronte >. ,
che
gli
dà notizie della
In ginooohióni voglio ascoltarvi! »^ esclama Parabolano. * È troppo, signore >», risponde Alvigia, « Facsua bella:
cio il
il
i^
debito mio
>,
replica egh.
Al che,
lEosso, gli suggerisce con impazienza:
il
suo servitore,
Levatevi suao,
ohe son oggimai in fastidio a ognuno queste vostre napolitanerie d.
Scena d^amore con Camilla:
degli interlocutori
—
o le
conta
it
&gli
>
— dice uno
ano amore con tanti giù-
_ EBclu
,
76
^
un mnocio appassionato Don conterebbe oon meno: frappa a la Kapoletana, bo-
mani
e basoìo le
SanoLo lo
eh*
,
epira alla Spagnaola, ride a la Senese, e prega alla corti-
giana
a
».
Esce dalla natura napolitana,
osserra ironioamente
n me
personaggio
Bosso.
il
determina anche più esplìcitamente co-
si
commedia
caricatura del Napoletano, nella
dro Piccolomini, V
B^egli frappa! o,
Amor
di Alessan-
costante (1536), nella quale assume,
per la prima volta eh' io sappia ^), il dialetto del paese. Yi à in essa un « Messer Ligdonio poeta », ossia il napoletano
Ligdonio
Caraffi,
dinanza,
É
ohe dimora a Fisa di cui ha preso la
uomo maturo,
pur
si
orede
donne, e ynol sposare una Margherita,
irresistibild presso le
ed ha buone speranze:
manco sono
di quarantott'anni;
citta-
«
non sea ricco, seg^o di Capuana,
perchè, ancora che
povero, e son gentilhuomo del
stimato e de virtude non bisogna dicerete
menzato a &re Tamor con
essa,
già aggio co-
;
perchè aaria buono che
si
comenzasse ad innamorare,., >. « E Napoletano —dice il servo Panzana, * e già parecchi anni sono, non potendo :&
—
stare in Napoli per certe poltronerie
venne a
stare in Pisa con
ha compra casa
qua, e dipoi ci
tadin pisano
e
;
un suo
aveva
ch^ egli
fatte,
fratello ch^ era a studio
e preso
i
privilegi
di citr
giorno lo spende tutto in sonettucci e mattina la quale tutta consuma in
il
in baiarelle, salvo la
,
lavarsi, spelarsi, pettinarsi^ perfnmarsì, cavarsi e capei canuti
a uno a uno ')
Quanto
ì'AUilUi di
tignersi la barba
,
al dialetto
Anton
;
&r V amore
e oggi
napoletano nelle commedie, noterCTno che noi-
Ysancs^bco Eaniic&i (di cui abbiamo sott'occhio
rlatanipa del IbBO, interloquisce
una napoletana
,
dialetto, ed
paggio, che viene in Iscena cantando canzoni napoletane. Gii
che sembra fossero spesso napoletani, parlano
letano nelle commedie, se- 9,
I Bemardij
napoJietano»
come
a. II, se. 7.
in quelle del
D* Ahbhà
Nelle Peiiegrine del
ima
^tzeliaj concubina
(femmina) del bravo capitan Basilisco, che parla in i%toU,
con
il ,
Cscc^
un
zatwt-
dialetto napo-
Il
Furtoy a- 7,
vi è
un cuoco
-
77
-
questa e domani con quella; non sta mai fermo in tin pro-
sempre poi si riduce a mescolar questa sua profiimatura con il succidmne di qoalche fttntescaccia.»/ ». E ce posito, e
presenta altra volta « sospirando con qualche bel motto
lo
spagnuola Ay^ sehora, que
alla
do
;
mi
viatais
come sarebbe
certi bei trattarelli,
nissima
me
belle^sa....
*
^)
o
o spiegan-
la vostra ingratifudi-
fa morire, voi sete piU bella
raccomando alla vostra
/
mi raccomando
alla vostra
castronaggine, buacci, pascebietole, che voi sete!
Ma
mi
Dio^
dell' altro
»,
un' invensioue assai argata e felice dì questa com-
media e l'incontro di mesaer Ligdonio con un messer Roberto,
perugino, gentiluomo del Principe di Salerno,
il
quale,
per esser dimorato qualche anno in Napoli, è diventato napoletano quanto o più di lui! Infatti, subito giunto a Pisa, osserva: « Questa terra è molto secca di gentildonne, gira
non
di là, volta di qua, e
se ne vede una; infine, questo
messer Consalvo harà patientia, che non sarebbe possibile che io ci fornissi questi due giorni , se mi ci legasse ...»
Oh
—
!
gli dice
Ligdonio
ho conquistate tante
io
Mob, Io so stato in molte
— se se ne trovano, di donne
Ne
!
!
città
a miei giorni, e non m^è mtà ac-
caduto questo (che mi accade qui);
non so prima scavalcato, eh' io ho visto qualche beUa domia e con qualche imbasciata e presente n'ho spiccati di buon &von; e molta Tolte il' ho avuto r intento mio, ftnzi
,
Panzana, Idgd,
povere donnei
Lo credo; m'ò
intravenufco
ancora a
me
lo simile.
Ma
la
Signoria Vostra» se le piace, da dov' è ?
Bob. So Perugino, e
al
preseute son gentiluomo
del
Principe
di
SalemOi e da due anni in qua mi so stato quando a Salerno, e
^)
quando a Napoli.
Sulla diffusione in Italia delle canzonette galanti spagnuole,
C&ocE, _Ricetche ùpano-italiane,
l, p.
10.
cir.
-
—
78
Fan^ana^ Al aangoe di Dio, eh' io me l'indovinavo l Parvi cho in ^ poco tempo gli abbino insegnato benÌBsimo qaei aignori n^olitanl
ha imparato prima
? Gli
quanto è bella etanza
lAgd.
oblilo
b costumi che la lingua
!
che aongo de Na-
IKapolil,
poli io ancora,
Rob, Bellissima, diviniaaima ! Là vi sta Amore contìnuamente con l'arco in ponfo.
lAgd,
Ods^
veramente
è
;
e
ne saccio rennere ragione chiù
io
che omo.
Non mettìam bocca
Bob.
a NapoH, eh' è
il
£or del mondo
I
Ma
io
donne
so stato in assaissime altre città, e per tutto trovo le
con molta UrghezsGa, salvo che qui a Fisa. lAgd.
Non ne
molto informato, ca ancora qui hanno la mede-
site
sima natura, et enee Panzana. Sa ben
n
lui,
d& darae no bellissimo tiempo.
(e vi è)
me
Saccio ben io quello, che
dico
!
state pure a udire
!
napoletano Oiovanearh^ dell'altra commedia del Pìoco-
lomini (o, almeno,
a lui attribuita), V Ortensio (1660), è
galante come messer Ligdonìo, e ea affattucchiare le donne. <
Che
Vflol dire,
insomma,— domanda il servo
testo vostro attufacchiare ?
in
mannar
»,
« Consiete
Scrocca,
— gq-
— esso risponde —
fora oierte spirìtietti acciai de
amore
obie toi neU' uoccbie dell' innamorata toia
>*
dalli uoc-
Oome
messer
Ligdonìo, è esperto d* ingegnose galanterie. Egli mosbra al
giovane Leandro una medaglia, che ha fatto fare per
la
dama, della quale è innamorato.
— Chìsto
è no vosco, chesta è na sepe, chisti songo
laiszi tisi
pedo
{per) pegliare Tannemale. AntoniellOj
Giovane.
Hora
pnosta
Tocca lo
servo. (Chisto è
il
,
lo
io,
pe lecentia poetica^ fango
veneno doi leoni mio core
mio core
no mencbionel)
,
e,
ca,
mentre songo
iettatome nterra
,
alla
sa pigliano
^n
ntnomo nc^ è scrìtto Leone da chisto è devorato. Ohe bno' dicere: Letmed^ij chisto è lo ;
meio core devorato.
e
No
:
ce plensare, ca lo vìerso è buono, ca
— 79 — V aggio mesorato Petrarca
e tuomft ioato
,
iosto
InìustJssimo Amor, pecca
,
cornine
raro
si
chìllo dello
»,
e tante lettere
il
signore ricco
Bongo Bell'ano come nell'altro.
Ma in
Giovancarlo è m^iso In rilievo anche
e potente, che, oltre
sua condizione che
ca,
vantaggi personali, ha quelli della
i
sociale. «
No dubbstare— dice
al servo
deve aiutare in un intrigo d'amore— ca,
lo
vore mio, te libbereria da ciento para de forche o dieci scudi; ed egli
gli richiede otto
si
Scroc-
collo fa^
>.
Scrocca
rannuvola:
Vi par forse malagevole Pavere a
Scr, State molto sopra di voi.
dar denari?
me pe
Giovane, lilalaggevole a Scrocca, a chisso
a sta varrà,
e
e'
;
ennto delli denare?
Ko
ce penBare,
aggio spiso cluù acute che ta no hai pile
me vennero pe
puro iere
cooianto delli sente, ca Bongo entro
via de Fiorenza cìn-
la cascia
meìa sotto sta
chiave, ArUon^j servo.
Ma
QiovaTic.
(No
ce songo chiù de oinco iule de
me
chello che
pare
me
innamoramenti miei
nelli
prendenti
a me, non
meueiare a perdere conosca quanto
me
forte,
na mala moneta
dicerete lo vero
soleno le
,
femmene fare
!)
è che delli
ad autr^ e no borrìa co chìsto acco-
io
mo
la repntatione mela.
àia a caro
Ma
pecche tu
avereme a godere V amore
1'
della segnerà moia, pégliate chiati,
Oh
a
pe mmo,
non sono più che dna scudi ; per questi pochi ho paura che Balocco non si vorrà mettere a si gran pericolo, Anton. (Dui sente? Mai cMù uscio sì in gniossol) Oiomnc, No haggio chiù dinaro alla voracia mo. Ma pégliate sta Scr,
1
questi
collana, e valetenne
£no a
soie,
pe dni autre para de scute, ca co^ saranno
commo m'
hai cercato,
Kestato solo rimpiange
abbesoguato spennerò
pe
mme e ped
dui mise!
>.
mo
i
dne scudi, dicendo: « Mme nc'è due acade, ca miae vastavano
sti
Àntoniello a farence le apise poco
Se non che,
egli
ha
la
sua teoria
:
manco de
— —
Non
TÌde oa le cose dello
pe
—
monno
No mercatante
d^lla gente ? d' aatre e
80
,
pe
ee
govemano
opemone
colla
fare la robba
colli
dìnare
mano, cacoia na
trovare chi ce fide lo snio nelle
nomeuata d'havore a centenara de miglìara de docate» No e sordatc, per essere tenuto bravo , va frappanno oca e là ,
ammiLzzamientd e millanta
va contanno treciento
acquistare la reputazione. Io no lo fo per
awantarme; che no
fu mai mia costuma., né de nisciono delli mei
ca
ciertc
io
me songo
prova per
ma
]
io te dico
accuorto, ca ll'essere io tenuta perzuona
favorita dalle segnure, è cagione ca, 'n chiste retrove, ca ae
.
fanno loco a Sienu, mai ae sente antro ca vancarlo fa
*,
< lo
segnure
< lo
segnure Qiovancarlo dice
Qio-
e bìata chelia
»\
ca m^Iia chiù 'n voccal
Come media,
s^
il
immagina
facilmente, Giovancarlo
nella com-
è,
burlato. Scrocca lo peranade a vestiiBÌ Eia pezzente
per entrar in casa della donna amata; e Io lascia aspettar
due
ore, in quel
ohe Scrocca
è,
modo
,
senza che concluda nnlla.
a sua volta, corbellato da
lui;
È
vero
perchè, essen-
dosi recato nel frattempo in casa del Napoletano a rubargli i
cinquecento scudi, di cui gli aveva parlato
egli dice,
— che
de' denari era vero
delle quali si vanta.
Non
come
:
«
Trovai
—
delle gentildonne
non due va-
c'era dentro altro se
due dozine di stringhe, quattro saponette e aimiTaltre frascherie^ che tutt'insieme non vaglion cinquecento piccioli, con cinquecento cancheri che gli mangino il moselletti e
staccio!...
:&.
La commedia
di Giambattista Oini^
^)
^),
,
soldato siciliano
a
Vedova (1569)
commedia dei dialetti prendendo parte in essa , tra altri, un vecchio veneziano, un servo bergamasco, un
è la gli
La
e
un gentiluomo
napoletano.
Questi
si
La Vedom, commedia
lionore del
di M. Qtovahbàttbta Cint, rappresentata Setemssimo Arciduca Carlo d'Austria nella venuta sua
in Fiorenza Taimo
MDLXIX,
in Fiorenza, appresso
1
Ginatl, 1669,
— 81 — chiama
signor Cola Francesco VacaniiellOf di nobiliasima
il
famiglia, com'egli afferma
:
Quanto pò a nobele,
La
casa mìa Vacantlslia allo
Regno
Voglio che saceie ea, per conoessione
De
tutte,
Ohe non
Nen
è tornio granne et abbunnante, g*ò nò cìttate,
casale, qnaaì, che
Di Vaoantìelli
ÀI
aolitOj egli
È
io fior
Con
^).
non cessa
Vonno pur
nen castìello, non ùa duGntoàmo
dì lodar la ena patria
:
dicer Fiorenza, Fiorenza,
deUo Knnno; vaL chiù N'unii
chjllo 8UÌ0 paaseiar della
sera
Cile GÌentonulia Fior^ize!,.,
Ed
servo Sennuocio dice ancora
al
Non
È Al ohe
Napoli gentae
sai ohe
:
Na^U
?
quegli, ricordando Luigi Pulci
La
;
gentilezza,
Disse un poeta, vien da cuxtarellil
Ed, anche
al solito,
sue molteplici virtù
vanta la sua potenza sociale e
le
:
Tn
vedi: io conto,
Io sono, io danzo».
1)
Si noterà facilmente
della
il
giuoco di parola
,
tratto
dal
signiJScato
patoU voconfùUi, 6
— M&
—
82
ÌB lai sono speoialmente notevoli le pretensioni let-
terarie
;
manifesta, tra gli altri
vivo ed aocettatOi e forse non cioè a dire
un giudizio
,
si
,
eh' è ancora
crederebbe tanto antico;
che la lingua letteraria toscana è meglio co-
,
nosciuta ed adoperata dai napoletani e dagli altri italiani,
che non dai toscani
stessi
Et Parche nnì
E
:
sai perché
an^
havimmo
Petrarco per mastri
lo
Havite
;
i*
Boccaccio
io
ma
vai
notricce o le &nte6che,
le
altra Bimil sorte di
persone
Ignorante...,.
É
fanatico delle canzonette musicali napoletane
villanelle, si
,
delle
che cominciavano allora ad aver fortuna; e non
stanca di recitare ad ognuno quelle eh' egli andava compo-
nendo
,
TArpa
Eid
imitazione delle celebri di Oian Leonardo del-
i).
Io veggo
La
gloria tntta di
Abbandonato
il
Toscana bavere
proprio nido et essome
Andata a stare a Napoli! dice ironicamente, e
come per compiacerlo, uno
terlocutori. Cola Pranciflco trova siciliano
Macavmlo, che
il
suo maggior nemico nel
gli è< rivale in
a tutto potere: Li Kapulitanì
Sntin n
1}
la
maior
A iimtatiioTi
parti mìnzugnari
de ohella tanto balla
De Gian Leonardo
daU'Arpo, ohe dico:
rVUofHlb erudii, mi fai morin Con
m"
wtcdd t con
H Aocoa Kùpcriia;
Turni dai morUt akmù, tuimdai
ifita i
degli in-
amore e
lo scredita
— 83 — Grannii
Chi
st,
tutti
Ji
comi
et
vomiu eemprì ìaaa paranu
dici,
turnìsi d^
Ducati,
Mes$. Marino.
Ma
Questa sé
va pur
Fiacavento.
U
ventate»
drio.
quanda mi travasai
leu,
Na
£ggbia bedda, galante^ cuma eni
La
Biguura Cumelia, vorria a punta
Dimarla a un curuutu caparruni Napulitanu^ manciafogghia, chi daue
Da
pochi miai facendu lu Gìorgiu,
Et coDSmnàndu et ittandu la rendita Di mult'anm i' havisai per ri&rì Li mali Bpifli piccinli a purtari
A
qaarchd stnuiia maaaarìa di cbidda Loru Kapuli giutìli; nudi dapoì
Di middi A munii
stenti
b^
haviflsi
in pooh^amii
cU sustn, senza pura
Patìri havir Bpiranza di ndìrla
Hai oMùl
H
quadro sembra troppo fosco
al
bonario messer Marino,
Perchè non potrebbe colui esser sul serio innamorato della sua figliuola? E, in quanto alla nobiltà ed alla ricchezza^
il
si-
gnor Cola FraJicisco è ricco e gentiluomo davvero e gli ha promesso di far venire i documenti dell'esser suo dalla ,
Calabria. Fiacavento,
il
non vuol
siciliano,
Dunque^ iddu è Oalabrisi?
Uh
sentir altro:
santn Diavola
Di Paliermal ah, ah, ahi et vui buiiti Donar mugghieri, ah, ah cum reverentia A un strunzu d'asin calavilai? Et nun 1
Sapitì ancora In
Me»3, Marino^ Ficavento.
Et nnn
Ha
,
muttu? qnal sélo P
sapiti chi nostru Signurì
Den, quanda crìan la Mundu,
A
chisti dìegratiati: Surgite,
diasi
— 84 CiM)rùrum de stercore asinorum ? £t chi BÌ dici de la Calavrisi :
Trista la casa chi ci sta lu misi,
M
si ci sta
Oi dunn lu
L'odio tra
due
si
fiicilìani
Oh
malannuF e calabresi era feroce. Quando
non c'à improperio ohe non
scoDtrano,
Cola Frane.
Vannu,
te stai loooP et
Sicilianello,
ai
quei
dicano:
ohe pìenzi parlare,
con quarche p6£Ìcnte
Pari tao? Va, va, maociamacoamnìt Fia^averUo,
Doh, chi sia nociaa cui
impinnassau.
ti
Cornata; ah? manclaQ iea
Tu, mangiafogghia
Ma, per
di'ritì
i),
macoeroni?
napolitann.
to,
megghiu,
li
calavriai,
lada, ìmprennasomeril
E
continuano con questo
intelligibili.
complimenti
Ma
e con alluaioni non sempre
stile,
è ben intelligìbile
aega^ite soambio di
il
:
Fìa^avento.
Vattindi a Eiggio avanti
Tu, calavrisi; et non sentì
Coma
si
lì
Turchi
sonnu acounzatt? chi vonuo
Venirì n'autra vota a satorari
Megghia
li
vostre finuusne
Cola Frane.
Si,
ì
ohe
Le Tosfare di Bandazeo, siciliano, Non si pnrliccano ancora le mano Delli Spagnuole, si
Cola Francisco, per
altro,
ben
non
corso della commedia^ la quale
^)
Si notj che qui
tani mangiafoglie :
i
cfìr.
siciliani
le
trattaro
I
è troppo maltrattato nel
si
risolve
non
del tutto a
son detti man^iamaccherotiif e
Pirat, JProv*, HI, 156.
i
napole-
— buo discapito. GMi son resi
mila scudi di entrata
;
^
86
suoi beni, sicché ormai
i
e ritrova
la sorella rapitagli.
ha
tre-
È
vero
ohe in questa occasione è costretto a rimangiarsi in fretta
una
maggiori vanterie: di essersi cioè goduta quella donna appunto, ohe poi si scopre per mia sorella Allo scandalo degli astanti, egli confessa candidamente e furia
delle sue
!
:
Usammo spifiso allo No Tocabbolo bello, >
palese naostro
che
sol dicere
:
Vantate, sacco mio, se no te straccio
Io non ve songo per negar fife
so
awantato
lo
vero
>.
:
I
3.
^samento
del personaggio
nella commedia della fme del secolo
La potenza nella seconda
XVL
inventiva e FosservaiBione originale scadono
metà del
secolo decimosesto; e
i
commedio-
grafi cominciano a vivere del patrimonio accumulato dai loro predecessori» H personaggio del Napoletano si fìasò, in-
sieme con tanti
gemello,
lo
altri
,
Spagnuolo
dei quali basti ora ricordare ^).
Piaceva l'uso del
il
suo
dialetto,
che
Con, Io stesso oorattore che mostrava nelle commedie, il Napoletano veniva introdotto nelle novelle del Fortim. Vedi nella nov. XIII
^
della Q- II le efiuaioni di
Dov.
XIX:
una meretrice
Sor Àltobello oapolitanOi
;.
e nella stessa giornata
amando una meretrice, da
U
quella
et da più altre insieme con nn giovine resta da loro giuntato et con gran scorno schernito et beffato >. Di lulj benché prete, si raccontano il passeggiare in giù et in sn facendo il Oapido .... le galanterie ,
sdocome eolgono lare
tutti
lì
Napolitani, che di continuo con
11
occhi
vanno eogittando le donne, talché da le finestre le fanno cadere tutte del loro amore infocate >. Quelle donne gli fecero cantare molte canzonette a la napolitona et a la spogniuola, facendoli fare mille pazie . In punto di danari, < il Napolitano non era però meglio né da più
Daremo
producseva varietà.
di e^w) in quel periodo
-
86
alctmi esempii della trattazione
commedie ohe
scegliendo tra le
,
meglio ce lo presentano. Nei TbrH amorosi di Crietoforo Castelletti (1681) *) vi è il Signor Oiovan OirolamOt nato in Francia^ allevato a Nae interamente napoletanito. Dice, tra
poli,
V altro, di aver
quatto eastelle^ che sono però sotto fedecommesso
onne iuomo, accidea quarch*arcuno paura che la Vicaria no
»,
perchè
onde la madre
confiscasse
li
«
:
»,
e
happe
Scorge venir da
longi la signorìa Lavinia, della qnale è innamorato
—
io^
:
Lassarne accom^are boono sta cappa e sta coppola. Doy' è
lo
me seopetasse no poco?... Le na levereatia e no saluto profomatìssiino. Vaso le mano de chiUo masto de legoamef che fece lo maneco a chìlla paggio colla scopetta mo, che
boglio fare
zappa, che
zappao chillo terreno, dove fa seminato
seme , che ne nacqae che se ne fecero
Ma
chillo
le lenzola^
è male accolto
cidio.
— come dice —
Ma, dove tutto
,
ca ne fa fatta
dove dorma V. S.
dulia
tela,
1
ed insistendo egli , Lavinia chiama
,
gente; al che prudentemente
a rischio
Uno
chillo
il
di
si
dilegua,
non volendo mettersi
commetter gualche
suo carattere
altro omi-
e nel dialogo
si rivela,
col signor Orazio:
mano de Vostra
vaso la
Oio, Qir. Chi è chillo?
Signoria^ Bìguor
Oratio mio.
che
ma
al
fusBoro
11
altri napotitanii et
anco non era di loro più liberale,
più misero che non è la napoJitanaria miseria
,
spagiiiaolA et fiorentina avarizia, et per fiorir meglio
v'era la pretesca strettezza
1)
1 ìùtiK
amùTo^
,
,
in Yenetia
,
{N(fveUe di Pucrao Fobtini, senese, I,
Le
Firenze, 1888-90),
Farnese de Cesorini
,
novamente posta
appresso Giov. Battista Sessa e
dedica è In data di
U
tale avarila,
comiedla dì OsaiSTOroBo Càstelleiti > aJU illn-
fitrlssima sig, la s. Clelia
luce
»
àe A<>vm,
giornate deUe noveUe
insieme con
Boma,
1581.
fratelli
,
1535.
in
La
—
87
— Come
Or. Serrltor di Vostra Signorìa, signor Giù. Qirolamo. io in grazia
eoa? meio
prencepe
Qio. Gir,
eto
no
,
e'
è
ommo
allo
monno che me
pozza commanuare chiù che Vostra Segaoria. L^aggio in luoco
de patrone meio colennìssimo. Or. Questo è troppo favore
mero
basta bene eh' Ella mi tenga nel nu-
;
de' servitori Buoi. Vostra Signoria ai copra.
Giù, Gir, Coprase Vostra Segaoria. Or.
E
coprasi,
Be
Gir.
(rio.
lo
non
meco
usi
cerimonie.
ma
mio, chisto no fazzo pe fare ceremonie,
pe fare
debeto meìo. Vostra Segnoria se copra pe gratia.
Or. Noi farò certo,
Tùzzome
Gio. Gir.
gnare
mio..,.
sto favore,
PoDgase
pongasi
la coppola,
la coppola^ pongasela, se-
pò vita de
segnor 0-
Ilo
ratio.
Or. Fbtò Tobedienza, poich'Elia
Dopo questo
picplogo
,
glienze che gli fanno in
&r
donne; gli vuol vinia
chiamia tutti
;
lo commianda,..
comincia a raccontargli
Roma
sentire ì
me
suoi
il
le acco-
geniiluomiiii e le gentil-
i
sonetto da lui scritto per La-
innumerevoli servitori ,
paggi,
maggiordomo^ scalco, mastro di tinello, cacciatore, ripoatiere, compratore, che non vengono ma, già, egli è troppo buono, e quelli ne abusano Gli dice che a Napoli ha quattro cuochi e veutioinque cavalli alla stalla fra i quali uno regalatogli dal Viceré bati^ano do no pede dentmttì, co na stelletta nfronte, che pare la stella Diana no se pò bedere la piil bella cosa^ fa sautì corno no crapia; ma ora un Principe gU chiede in prestito il leardo pomato, ora un creati,
;
!
,
,
,
•
duca
il
conte
la
baio scuro, ora
chinea
di velluto, cosi,
gli
,
un marchese
quello stomo, ora
ora una principessa gli chiede
il
quello foderato di damasco, o quello di raso; e
per far servizio a
tutti, egli
se ne va a piedi
!
Lo
accade pei vini, che, dando a questi e a quelli
tiglie
un
cocchio
stesso
le
bot-
più rare della sua preziosa cantina, finisce lui per bere
— 88 Mo&tra nuche ad Orazio on^ impresa &tta per La-
vinello.
vinia, esoltaBdo la aoa valentia nella materia, tanto ohe, a
Napoli, tatti ricorrono a gli dalle
Come
lai.
Ed
Orosùo,
a
può
stento,
uscir*
mani. il
Giovancarlo
dell' Ortensio, &i traveste,
da Lavinia, da cavadenti; ma fino ad esser preso dai birri.
per andar
capitano maggiori guaì,
gli
Nel Fuì^Oj altra commedia dello stesso Castelletti (1581 *), abbiamo una situazione affatto nuova. Vi è a Roma un
Tommaso Spanieca^ napoletano, che
cavalier Giovan il
gran signore
affetta
e fa mille imbrogli e male azioni, trave-
^
ate^osi e penetrando nelle case della gente per rubare. Ma noi sappiamo, da certe sue confessioni, chi egli aia à nientemeno a Napoli < frustato sopra no sommoro stato pe n' arrubbo che fioe alla strata de Miezocannoue », e fu :
—
—
V
legato alla Colonnella dello Largo della Vicaria a fare ze-
tobonis e mostrare le natiche alU crediturì
parte di una vera asaocìosione di malfattori
—O
comò V hanno
a
rìentì mìei, ch'alloggiano
1)
li
Futho comedìa
neroso sigmire Orìffia 1584-
^
Mcztooo,nnonc
IIL (1S91), (1892)> fase ")
11
Ka
fefic.
compagmnnì
fatta netta chilU
di
i'
TJrzo
e,
fa
:
1),
paesani e pa-
aongo stimati cavalieri
Chbistofobo Casteluctti
ali* illustre
,
e ge-
signor Girolamo Bois, in Tecetia,
per Àìesscmdro
composta
tre amii prima.
dalla ddd. appare che ,
strada di Napoli
I; sulla
Cohma
fii
vedi Capàsbo, in Aop. nobUm.
:
diUa
Y. d'Aueia,
Yka/ria,
ivi,
I
UL
Chmpa^nwnij malTlventi, e forse camorristi. L' Ammira,to, discor-
rendo di DO pTlTÌl«^o ooncesBo
nel
1451 da re Alfonso d' Aragona
ad Auxia di Mila, che una cosa di questo d^ asilo agli il
A Roma
> ').
nome
sgherri e fuorusciti, scrive
:
« 1
di ruffiamf e di questa schiera
Buffafuoco, a cui
11
misero Audreuccio,
al
Mercato potesse aerrir
quali erano compresi sotto
doveva essere s^
abbattè
(
io
Scarabane
vedi Decameron)^
In luogo dei quali succedettero poscia coloro che furon detti Compagnonit che con
poca lode
dell'
età
dei nostri padri, con tanta licenza
passata
regnarono ln£no
a*
tempi
che spesso porgevano sospetti a
—
-
89
de sieggio de Montagna de Napole Com' hanno aapnto !
acare buono chillo viecchìo aorrone ! Bravi testimonii de tefarco
I
L^ hanno
qnatto qnarte
a rentennersT ca
dato
;
lo
— E onesto ca
oomme
uno,
le dia
e
,
Mon-
songo nobele de
e de che tnanere ca so de quatto quarte
abreognato de patremo fd mpiso quarte!
io
infra-
pò ne ihro
fatte
I
Ohello quatto
no veveraggio de sette carrini ped
aggio prommìso, poio'banno fatto accuBsl buono
1'
debbeto. *
Ma
wx measer Biotnede^ ohe è stato a N'apoli, dice dì aver Tato per la via di Toledo il vero e degno gentiluomo Giovan Tommaso Spanteca, e che costai dev' esser finto. Si acoprono, iniattì,
i
snoi imbrogli
k preso, bastonato, mi-
;
nacciato di prigione;
nome tuo vero, eh* io ti vo' liberare» Lo nome meio è Col' Aniello Boanuasorece.
Diom. DìmiDÌ Gio. Qir^
il'
Diom^ DI che luogo ? 610* Gir. Della Torre della ITuntiata.
Alla vita
—
fine, gli
perdonano, ed egli fa promessa di csambiar
:
Me
ne boglìo tornare a
lo paeaiello
mio, e atareminne
colli
guai
miei a pescare a mare epoonnoH, ancini, patelle e canBoliccliii
e diventar omo da bene-
Messer Diomede cava
—
Dice bene
il
la
morale da questi fatti:
proverbio che un
Vengoao da casa
del Diavolo
male a oento buoni,
tristo fa
mille
manigoldi, e dicono che
sono de l^apoli, e rubano e assassinano
,
e
danno infamia
a'
Napolitani, die ne sono iuimicisaimi. Per tatte le citti sono cavalieri e signori principali della oittÀ, per lo seguito che
di aIìtì haominì di simile condizione Cfr.
GiDLUNo Pabsabo, Qiomaiit pp.
>,
havevano
(ffam no&iti TtapoL,
60-7.
II, 338),
— dei trUtì,
Non vo
doUì eciagaratelli città grandi,
,
90
non aieno
dir che in Napoli
fra la plebe
che mbbano, come ayìene in tutte Y
popolose e piene di foraatìerif come è quella:
altre
ma per
quattro scalzi e vitaperosì non deono infamu^i centomila gentilnominì e persone che stimano
Alctmì atmi dopo,
il
l'
onore
*).
personaggio del Napolitano era in-
commedie dal napoletano Giambattista il Pannuorfo della commedia H moro ^), come in genere tutti i personaggi osati da
trodotto nolle sue
É.noto
della Porta*
poco originale, quello scrittore^
svolto abilmente e con brio. Pannuor-
o Pandolfo, è innamorato di Oriana, figliuola di Omone,
fo,
la
ma
quale non sa e non vuol saper nulla
di
lui.
Ma
Pan-
nuorfo è sicuro del fatto suo, e non dubita pur un momento
cbe padre e
non debbano acconsentire con
figlia
nozze, eh' egli propone. evidenti,
i
rifinti
prende sul
serio.
gli
,
zio)
Omone
la scena
;
gli
schemi
,
fanno speoiB
gV improperii
La commedia sembra
amorosi del Castelletti vanti con
Nà
:
{ofr.
quella di
1) Il
non Torti
i
Girolamo con Oralo disprezza (cfr, l'al-
Ma
1'
uso migliore del
compita del Porta mettono qua e
Castelletti scrisse e'
oh' egli
ricalcata su
Gtio.
tra di Q-io. Girolamo con Lavinia).
in coi
,
prove più
vi è la scena delle cerimonie e dei
con Tinnamorata, che
dialetto e Tarte più
le
gioia alle
anche ona commedia
e un^altra fìgora di Napoletano:
<
U
là toc-
Stravaganee di amore^
Damengesellschafber
— dice
Klmin, — HauSQ&rr
, und Haushofmeister, eine Art Malvoglio > (QeDromas^ 17, 887 agg). Fu stampata nel 1587, e ristampata liei 16B, D Furbo fa ristampato nel 16tì7, IfiOfi, 1613 i Torii amorosi, nel 1596, 1612. X\ Castelletti fu autore anche di una favola pastorale,
Il
eehichtA dea
;
r.dffl
(Venezia, 1682, e ristampata nel 1587, 1597, 1600, 1606, 1620),
e di EivM *)
fosse
tipiritMoii^
Fu stampata
Venezia, Seesa,
s.
a.
per la prima volta a Viterbo
composta prima del 1589, perché non
si
Teienco delle commedie Inedite del Porta, che
il
1607.
1607.
pare che
trova menzionata nelsi
legge nell'ediz. del-
rOJtmpta, appunto del 1589. Dovette esser composta il
Non
&a U
158d e
— globi vivaci nel dialogo. Innanzi alle ripulse di Oriana,
nuorfo ride;
*
Di ohe
gnandosi ancor più,
esclama Oriana, ade-
ridi, gofifo? »,
— cBido,
Fan-
omaggio vennuto vruoooole!
Rido, ca vaie vuUte abborlar© commico, e lo conosco a
uoccbie resarielle
!
>
ssi
^),
Altra manifestazione à
il
Qian Loùe
o
Oialoise
della
commedia gV Intrighi d^amore^ attribuita a Torquato Tasso, Anzi alcuni banno creduto cbe il Tasso avesse inventato egli il personaggio del Napoletano in commedia; e ai è vouna conferma della paternità
luto trovare in ciò
commedia dialetto,
di quella
al Tasso, facendosi congettare auU' uso abile del
ohe
il
Tasso poteva conoscere bene per
le
sue lun-
ghe dimore in Napoli ^). Ma, quanto al carattere» noi sappiamo che si trattava di iin ormai vecchio cliché usuale presso i commediografi di quei tempi. H dialetto napoletano poi si adoperava anche da scrittori non napoletani più o men bene ; la pìccola provvista di frasi occorrente non era ^
,
quando , a1) Ma alla fine Fannuorfo Ak addirittura nell* assurdo vendo sentito che Oriana desidererebbe avere un pappagallo, promette di mandai^liene ano d' Tnnia, granne quanto a n^ ommo ; e si camuffa da pappagallo, tutto coperto di penoe q si fa portare in gabbia e tirar sa alla finestra della saa amatai nella ingenua speranza cbe ci ^
^
Tiene espressa in quella vecchia canzone
appanto a qoe* tempi
O
napoletana,
popolarissima
:
Dio, che foeas oiaola« e che volaBae
A Ma fenesto Ha no otkQ ma
» dirt« na pBn>ls iii«Hisfle a na oaiola ,-
!
E, specialmente:
Ed io
vanesErti, e onuuo ntoroaoBft Oom' era primmo, e ta (rovasfla sola ; Ha no che me mettiSEa a na caiola T
Vedi E, GuisoÀRDi, Di T. Tasso gV Intrighi d'am>re, Napoli, 1889; aeWAppendi^e aUe Opert in prosa di Tobqoato Tasso, Fireuae, Lemonnìer, 1892, pp. 179-189, »)
e
cfr. SoLKETi,
-92 troppo
a raocogiiere; e non è eaoloso cho
difficile
ì
mediografì d^altre parti d'Italia ricorressero talora per nelle parti in dialetto
gr Intrighi
d* ornare
,
a persone di Napoli.
furono
recitati nel
per cara degli Accademici di quella
ma mano
E
oom^ aiuti,
noto
che
1598 a Caprarola,
città,
che detter Tolti-
al lavoro lasciato , commessi dicono, manoscritto
dal Taaso, e iorono poi stampati nel 1608< Ma, anche se si volesse credere alla vantata paternità (e noi confessiamo di
non aver
gran dose
a ciò nec^saria), bisognerebbe sempre domandarsi: se appunto la parte comica di 6iim Loise non fosse stata aggiunta o sostituita in quel rimaneggiamento dagli Accademici di Caprarola. Oosi^ egnalla
dì fede
mente, in una redazione posteriore degl'Intrighi ^amore, al N<^leb^ho 6 sostituito H Siciliano.
GMan Loise sono, in generale^ i soliti. Anch' egli à cavaliere di seggio^ o almeno sta per diventarlo lo segnare Gian Loise Formeoonej che sta Sora in ora pe farese spedire la caitsa soia d'entrare in sieggio. Tanta anoh^egli aderenze ed amicizie in alto loco. È tutto I tratti del carattere di
:
lindo, galante
,
attillato e coriiaomoso. Si fa
specialmente
notare per le conoscenze che ha in materia cavalleresca.
Qa^te conoscenze
valgono talvolta a coprir la sua vigliaccherìa così egli si giustifica di non aver dato la mentita a un tale che Taveva chiamato animale^ perchè spiegli
:
—
—
ga nui autri napolitani, ca sapemo le regole deUi duelli, non potemo, se be volessimo, errare >. E si vanta con la SOTVetta Fasquina, alla cui virtù pone assedio, di aver fatto fuggire
un centinaio
di spagnuoli alla Piazza dell'
Olmo
,
con una sua abilissima mossa schermistica, che descrive. C'è in
lui,
come
in ogni napoletano della classe media,
pizzico del paglietta
:
*
ed
io lo Baccio
molto bene
—
un
—aggiungo
un suo responso per la longa pratica de li Tribunali di Napoli *. E, quando alla sua presenza un tale, senza scatta oon la conOBoerio, lo chioma mariuoh napolitano nel dar
,
— solita risposta:
ma
<
li
....
93
—
yeri napolitani
non aongo marìuolir
.
Tnie autre forestieri, ohe noe venite ad abitare!
con
tavia, egli nobile, egli ricco, finisce di prendere
una buona dote
,
sposare, put
Io
Pasquiua, che
servetta
la
Tut-
prima corteggiava per puro capricoio, consolandosi col pensiero ohe la viltà di qaella non l'avvilirà, anzi egli renderà
avenno tanta nobeltade che
nobile la moglie,
dare a cambio ed a acambìOt e poi in ogni
come &nno
antri oavaUeri, ohe
cdiÌBa'
coinodarse..,. *
a'
modo
pozzo
la
faraggìo
abbassano per ac-
*).
4.
Decadenea del personaggio. Nel
CJastelletti, nel
sente già che
sì
stesso
oome
seicento,
il
i
personaggio è
il
vecchi. Cosi
si
invecchiato, e ripete sé
spiega come, ai principii del
Capaccio ne riprovasse l'introduzione, divenata
costante nelle
commedie erudite
autori napoletani
scriveva
n&gV Intrighi tumore,
Della Porta,
:
quel tempo, specie di
di
A che fu introdotto
<
Napoletano— egli
il
— che goffamente chiacchiera nel suo
cade nel plebeo
;
e
,
col suo sordido carattere
spiacevole nube la festività della
commedia
dialetto, ,
e
offusca dì
? > ').
In quelle commedie, esso rappresentava V inevitabile personaggio goffo ^). Ed ora seguitava a preHenbarsi come gen,
^)
Quasi soltanto di Fataiuorfo e di Qianioise e della loro
den^a mi occupai in un articolo sol Tipo comico nel Corriere di Napoli, S) Cflocn,
XXII, un.
Teatri di Napoli, p.
8L
disooi-'
del Napoletana.
pubbL
245, 247, settembre 1893. II
Bocoalihi
j
invece
lode del personaggio napoletanOf che designa col
nome
Francesco Vacantidio {Ra^^ di Parnaso
oh^ è
I, fì.
21)
^
,
parla con
del signor Cola
appunto
il
nome
che porta nella Vedova del Cini.
^
Nella Tempesta dello SKÀSKapEABBi (1610?) sono introdotti,
noto, due Napoletani:
fi
buffone Trinculoe
l'
oom'è
ubbriaoooa iS£4^«io, £pfio-
— tilaomo di seggio
94
—
più freqaentemente
;
del capitano vanaglorioso
%
Un
«lame
ohe continuarono mostrerebbe
E
scrivano delle
^),
servitore, perfino ruffiano
commedie
delle
appariva anche
qualche volta
;
in altre professioni e mestieri, dottore
Corte della Vicaria
fondeva col tipo
si
Gran
').
prima metà del Seicento, genere dì quelle del Della Porta ci
il
della
,
Napoletano in questo periodo di decadenza. specialmente si potrebbero guardare quelle dell' Isa il
,
ch^ ebber tanta voga^ come la famosa Alvida
nella qnale
,
comparisce un Capitano Squacgum^a Spaccatruono, ohe riunisce le qualità del Capitano e del Napoletano. In un'altra
commedia e
dell' Isa
napoletano
il
,
Cortese ricorda qaesto
il
ohiama Golombruoso;
si
Colambmoso
gU
tra
antenati del
suo Micco: Che fd
p^
spanto de
lo
li
amargi^BTuie
:
la quaJ ragione
XiO
mise a na commedia Isa poeta.
Si veggano anche quelle del Sorrentino^ di Filippo Gaetani, di
Alfonso Torello,
sare Sorrentino
EgU
,
vi
è
ÌSell' Innocenti colpati^
Capitan Micctmtuono napolitano.
il
s'afferma capit(mÌQj cavaliero e bel giovine. Capitano, è
babìle ohe <^te di
il
nome
e la p&trìa di Trincalo fossero suggeriti o da redi commedie, in cui apparisse il per-
commedianti o da letture
Tringok e mìngole, chi accatta lazKo è la voce dei venditori di gingilli ed ornamenti femmi-
sonaggio buffo del Napoletano.
e Bpìngole nili, ^)
CLt. *)
*,
Drl commedia
che riferisce già
Per
es.,
nella
il
*
XVI.
Tqfo, nel sec» del RjeHELLO
,
Il
PantaìoM impoEHto,
di sopr». Neil'
Impresa d'untore di Ottìtio GLoararo (1600).—Un Colt^acovo
Anchora À»^ta corUgiana
napoletano è nclV >)
di GHulio Ce-
Neil'
poletano e Toffiano.
di G-. C.
Tobslli (1599)-
di G. 0. SoRsczmtfo (1631) vi
è ComOj na-
'
— stato in
de
96
—
Fiandra e ha fatto trema
meglio de Puorto; bel giovine
li
nnafnnwrate de
mmasdate da
nte^ eh* è la
cca e
da
Ila:
mwnno
lo ,
cavaliere
;
,
è
tante segnorassie se so
roma de Troia: tutto lo iuomo, chesta na letteraj chella no prc'
ffiento.„
Ma
con ben altra fì^tchezza
Cortese ed
il
smargiasso
,
Basile,
ossia
prodnoevauo
del gtu^po
:
poeti dialettali
ì
il
il
carattere popolare dello
Cortese
il
come
,
nel sao
specie
,
Micco FussarOj Micco Fassaro nato
e
il
mmi^o
Paorto,
BasUe, in alcuna delle sue egloghe.
Intorno alla metà del Seicento» la commedia sul genere
B
del Della Porta, cadde in disuso.
alimento» e Io trovò nei
drammi
spagnnoli, e nelle tradu-
Anche qui
zioni e itoitazioni italiane di essi.
parire
un personaggio
pnbblico ceraava nuovo soleva com-
baffo napoletano, che teneva
del graoioso degli originali spagnaoli;
ma
il
posto
era ben diverso
un
dall'antico tipo del Napoletano, e per lo più era
servo
che diceva scioccherie e volgarità. In questa classe di personaggi rientra
Baz^lo,
visto ancora sul teatro
,
che, fino la
notte di Natale
In EazzuUo
del Verbo UmanatOf del Perrucei. tira
a qualche anno
degli scrivani di tribunale
si
faceva la sasi
tava perciò vestito di nero), e della loro venalità
Anche
il
Capitano cadde in disuso, per
dizioni della vita; e
fondeva con
sempre
-,
il
pure
si
le
sua aorte.
vide a un tratto
,
E
presen^}.
mutate oon-
Napoletano, c^e per lo più
63S0i segui la
abbiam
nella Nascita
,
personaggio
( il
fa,
si
con-
pareva morto per
sul principio del sette-
come un revenant. Di che cosa non aon capaci i pedanti Ed er% un pedante Kiccola cento, ricomparir sul teatro, proprio !
1)
CaooB, Teatri di Napoli, pp. 156-1^.
— Amentft,
il
—
96
gnale, essendosi proposto di far risorgere Tautica
oommedia r^olare, per opporU
voga dei drammi
alla
commèdie, modellate su gaelle del
gnaoli, nelle sue sette
tardo cinquecento, introdusse sempre
sua Carlotta^
Così, nella
caldo, napolstano
;
spa-
c'è
Napoletano,
il
capitano Marcantonio Ac-
il
Don
nella QiusUna,
Ciccio Spavento,
accompagnato dal suo famiglio Gianni detto Pancetta, parasite nelle QemeUe, il capitan Michelangiolo; nella Qo' ,
;
stawa^
Ramagasso parla
capitan
il
tano è invece
il
Don
E
il
napole-
vecchio Minicaniello ; nel Forca, c'è Fonao
Serrecchia; nella Fa/nte, Gtalloise Spanto za,
ed
italiano
;
nella Somiglian-
fìlannandrea Maramaldo.
non sempre senza
Àmenta ripetette Tantica invenzione- Sentite, nella Somiglianza^ come Don Giannandrea Maramaldo racconta al famigUo Buontempo le arti abiliti V
importanza in
ch'egli adopera per procacciarsi riputazione e
Oenova:
Aje eentuto,
sì
mme
A
aggio fatto a lloro?
li
vuoie bene,
titolate
le
cort^ie ch'io
aggi 'accummenzato a
Mar-
diedre: Turzì^ala grojseia! H'encepe Doreia, bonnìf di£$idlo, che se fa? Prencepe mio,
& ède cchè !
Ihica mio,
comofmemel
Fratiello, schiavo
Giovane mio,
vi
facce, e co
segnure
!
a che
siammo buono
non
? Gante,
amammoce ca simmo poche ! Camerata,
te
/
E
ponzo servì
na mano ncoppa a
a !
li
cavaliare nzenziglio:
E, co na guanoetella de
la spalla,
fatte
l'aggio
te
»
Un'ombra
medesima invenzione si vede in certi personaggi goffi napoletani d^e commedie del Liveri quali Don Fabio Pietrapumùse nei CorstdejJ>on Germano nel Gianfecondo ^ ed altri. Nella celebre compagnia drammatica, della
,
istruita dal Liveri stesso, la parte del
Napoletano
fu^
per
Lungo tempo, affidata a un Domenico Vaccaro.
ha finalmente nei cosiddetti napoletani come il Badi parecchie commedie del Cerlone Longobnoo nella Gara fra Vomcisna e Vamore, Don
Un' ultima eco graffiasi
rone di
si
,
—
—
97
Prospero Battipaglia nella Vtrtà fra
i
barbari
Barone
il
,
di Trocchia neR^ATnar da cavaliere o la D(yralic€^ ecc.; e lo stesso personaggio fa capolino nella contenipora.nea opera
buffa
1),
E chi
tenesse d'occhio le recite ohe fanno le
comiche
infimo ordine nei teatri
d'
popolari
compagnie
o nelle
città.
di provincia, ritroverebbe, di tanto in tanto, fra altri resti
un
archeologici,
goffo personaggio napoletano, affatto ignaro^
della lunga tradizione letteraria, di cui è erede
.
^)
NapoUlam
Sol personaggio del
in questo perìodo
% Vedano
sì
notizie in Chooi, Teatri di Napoli, pp, 80^1, 102-3, 104-5, 135, 138, 155, 157, 158, 163, 204, 519.
^ Nella
letteratura colta la caricatura del Napoletano
derni, del tutto sparita per
molte ragioni,
&a
è,
nei tempi
Id quali è
mo-
da porre in
prima linea il movimento unitario italiano. Nel teatro istrionico è ricomparsa anche la questo secolo in una forma rinnovatat come nella farsa fiorentina di
Ihn
Stenterello sergente napoletano
,
bravo pauroso,
messo in compagnia dì un bravo sul serio, inficiale pietrwntese, Yed. analisi nel Kbbgbt, Le théàtre en Italiej nella M&vue des dewc mondes, 1 marzo 1840, pp. 830-2. « On voit — scrive il Mercey — qu'à Florence on ne se fait pas &at6 de charger le caractére uapolitain les s^lls voulaieut renvoyer la balle aux Flo:
napolitains auraìent ben jeu rentins
I trìoofi militari borbonici
>.
sapremmo se
facevano
il
dell'antico strazio del napoletano in
E non commedia, o del più
loro effetto
!
recenti fatti storici del 1798-9, fossero reminiscenza quelle parole iro-
niche
un brave napolitain
ohe Carlo Filangieri raccolse sulle labbra del generale corso Franceselii, donde ne venne dueUo, nel quale Franceschi fu mxnso. All' estero si fecero notare pel passato gli awentarierì napoletani :
•
»,
;
e tipo di essi è quel Marobese della trato dal
Petma
di casa Confaloue, incon-
Casanova a Londra, del quale si trovano anche notizie nelle
corrispondenze diplomatiche dell^abate Qaliani e del Marchese Caracciolo; e l'ultimo diceva, la
nazione
1
>.
d' Italia detter
E
oh era di coloro, ^
«
che andavano screditando
queste e simili categorie di avventurieri d'altre parti
Iw^o
all' < itttiten >
delle
commedie
francesi.
Ma, ac-
canto alia mala fama sparsa da costoro, che abusavano di titoli legittimi o osavano d'illegittimi , se ne incontra un'altra diveisa* del co7
-
Ih alcuni
—
98
altri tipi regionali del
Meezogiomo
neila oommedia.
Letterariamente^
il
personaggio del Na^oletwno ha qual-
che valore solo nelle commedie e nelle altre manifeetasao* ni letterarie della prima parte del secolo
a
fatti
,
contrasti
,
sente qualcosa di originale e di fresco, rici
XVL
Ivi risponde
impresBÌoni e idee del tempo
come
;
e vi si
nei motti sati-
e negli schizzi dell'Aretino^ e nei personaggi del Pioco-
lomini e del Cini, da noi ricordati,
'Ln.
sègoito, è copiai per
lo più guasta, meccanizzata, esagerata, eseguita
che averano p^^so
il
da
scrittori
contatto con la vita.
Ma, anche nella gemale commedia del rinascimento, quel personaggio non dette luogo ad una creazione d' interesse permanente. Ciò accade Bolo quando la satira occasionale, e legata a condizioni transitorie, assurga a satira umana,
rag^o fanxw
dei Napoletani
,
sorta sia a cagione dei plebei della
Di ciò
Toluzlone di Masaniello, eia pei fotti del brigantaggio.
bì
n*
sente
reco In certe parole del Marat, che voleva non so bene se cento o dogento napoletani, armati di pugnale, per dar &ciZfi compimento alla rivoluzione fì^anoesel
Anche ora
11
carattere del popolo meridionale continua ad occupnre
le fantasie degli altri Italiani; e, se
non
fosse,
come
è detto,
ai
e delicato sentimento unitario delle classi colte, che rifugge
11
forte
pur dal
toccare alcuni tasti, se ne vedrebbero manifestazioni anche lettoTarie*
Uno
&ancese ha potuto fare quello che non hanno osato gli mettendo in un remanze il tipo meridlonEhle, Emilio
scrittore
scrittori italiani,
Zola, nel suo Bomt. Il ,
ed afiarì^oa.
Ma
HttentrionoU cercarla,
^
non
persena^o
ohe son sparite
aristocratiche
,
dello Zola
sibbene
la satira del nundionale,
non è
tolto dalle classi
dalla borghesìa, pollttoonte
— come, del reato, quelle del — blso^ia ora
del pievruyrUeae, del fAilfWUM, del to9CimOy oelle opera letterarie,
nel proverbi!, nel fi>lkhn delia
ma
nuova
nei discorsi,
Italia.
nagU aneddoti,
_
99
—
come nd caso tipico del Don dusoiotte ddla passiouQ pei
;
— per Taatore satira
di cavalleria, per
libri
satira del
altj-i
ma , in art©, personaggio cKe rappre; oonoreto aloonì lati permtenti della psiche
popolo spagnnolo
modo
senta in mnAiia.
Se non òhe, lo scarso interesse artistico è compulsato, in certo modo, dall' interefise storico e sociologico. Uno dei bisogni della scienza moderna è ima psicologia dei popoli, delle classi, delle professioni
da quei
filosofi che,
intomo
questo compito fa presentito
:
al 1860, dettero il
dine degli studii di Voìk^syókologk
molto fratto quel movimento
modenu
indirizzi sociologici.
credere,
on
;
e,
scientifico,
dispersosi
d'oi^
senza
è ora ripreso dai
A t£de lavoro poi^;er&, a nostro
ricco materiale la letteratura, che
mente raccolto nn gran cmnnlo nere; le quali, per qnanto
motto
di
sp^w
ha spontanea-
osservE^onì di questo ge^
alterate o dalla
immagina-
dalla mescolanza dì sentìmenti e passiom, serbano
EÌone
on fondo
schietto
di verità
,
da non disprezzare. Già
parecchi
sono dati anche in
Italia
(ricordiamo
parecolii, gli
tra
,
i
si
saggi di qnesti stndii
studii
del Glraf snl
JV
dante e sulla CorHgitma nel Cinquecento) ; ma è da afi&ettar co' voti un' opera complessiva stdla Vita italiana nelle opere letterarie.
Ed anche dove
zioni e caricature
mancano
i
giadizu e
le personifica^
di salda base di osservazione,
non
mancano f&rò
d^ interesse
che dì storica
efficacia,
ed occorre studiarli sotto V aspetto
come
di recente è stata studiata perfino
di fattori storici^
r
astrologia
come sintomo
storico
,
e nean-
^).
Queste considerazioni, c^invogUano a dare un rapido oenno, qui in tica
,
fine, dì
akani personaggi
della letteratura
ohe son satira di altre popolazioni del mezzogiorno
d'Italia.
1)
dramma-
Neil' Etstoriechea lahrbuek del Pastor.
n
—
100
più antico di questi, neUa drammatioa napoletana^ è
personaggio del Cavaiuolo
»
che
il
incontra sulla fine del
3*
XY
e durante il secolo XYI. Di esso discorse ampiamente il Torraca, « non è necessario tornarvi sopra La satira del Cavaiuolo rientra nella categoria di quelle secolo
%
di cui
ai
a vicenda
gratificano
paesi vicini
i
;
ed
infatti
,
piuttosto che a Napoli, ebbe origine e vita a Salerno^ e fu
salernitano tro
i
il
raccoglitore e redattore della letteratora con-
Un aooenno
Vincenzo Braca.
cavaiuoli,
alla satira dei
Salernitani contro gli Amalfitani pusillanimi velle di Maauccio
è
messo in
In una commedia del Carbone (1559) ^), Tatteggiamento dei cittadini della capi-
tale verso quelli delle citta di provincia
ser egli
no-
è nelle
%
rilievo
vai tu dicendo ?
,
— esclama
:
<
Che gentiluomo può es-
un napoletano. — Come
gentiluomo se non è Napoletano,
ma Beneventano
».
gran bontà di cavalieri moderni Dunque se non è Napoletano, non può essere gentilhuomo al detto vostro ? :». < No, perchè non è di seggio ». « Et se non è dì se^o, <
!
,
sarà di scanno o di banco, et chi sa, nella loro patria vi
sono di seggie anchora
l
»
alla cavaglieria; taci su,
non
Ben
si
sei
poco prattico
non entrar in dozena, che questo
à pasto per la tua bocca! ».
pete che canzone
pare che
E
nella stessa scena:
canta nel mio paese? » e
tani, larghi di bocca e stretti di
No
».
Sa-
«:
Napole-
mano, come ipignatelli
*)
»,
ToBBACi, StudUdi storia letterarùi napoUtana^ Livorno, 1661 Vedi agg:iuiit« in CaocBi, Teatri di Napoli^ pp, 27-82, 41-2. Nel Giitditto di 1)
Paris in egloga pastorale tradotto da Donato Poefido Beuno di Venosa (In Napoli, appresso Qio. Battista Sottile, 1602), vi è la parte dì Sinone cavolo, pastore sciocco. *)
Novdiino, ed. Settembrini, p. 418.
^
Qli amorosi inganni di Niccolò Carbone, In Napoli , 1559, A.
Bo. 2.^
Il,
Parlano Patrlcio gentUnomo napoletano e Cricca ragazzo di
Patrick), *)
Cfr.
PiTE^
e strlttu di
Proverbiij
manu
>.
Un
patane, Accbeperacchie,
voi IH, 155
:
*
Napulitaau largu di vucoa
oidio proverbio dice:
E
sonacampajis
*.
Napulitane, Mangla-
—
101
-
Ma pei napoletani anche il popolano di Napoli valeva meglio del nobile delle
Dei
campagne
caratteri dells provincie nella letteratura
uno dei prìnoìpalì è
^)
^).
Calabrese]
il
intomo
Costo, FuffffihziOf Veoeaia, 1600^ pp. 477-SO,
siniA tra
un
nolnle di villa e
ud napolitano
ai quali la satira
<
Contesa grazìoals-
del popolo
tutta Terra di Lavoro fanno le gdntl al gran
napoletana
>,
Comincia:
vedranno huomlnt non pur di città e di terre morate, casali smantellati star sul ponto del nobile^ talmente che non che
ai
derfìbbóno a caSa d'Austria fllastroccHe
>,
Sono
le^^
nell'
In
ma
di
Io ce-
note, anclie pel Napoletano, alcune
popolari di proverbi! sui paesi vicini.
scrivere quella che si
*
professione di nobiltà
Ma
vogliamo tra-
opera dello ScnaiDEB, del 1592
:
CutellatLl CaetanJ.
Belle fenuuine son de HolA. Cefali de Patria.
Cornuti de Iiohla,
a Napoli. Meglio fa la Sommar A Vico porta pane contico. GentìleEiie
UasBa ealate
e pasfla.
Fico de donna grana (7). Tosatori do Freano. Tagliaborai di Salerno.
Pf^atari son da
Se«fla.
Papari de CaateUo Aiinari da PokjIo. Vogatori de Proohita.' Bqen greco fa la Torre. CantAllamina» uè amico né compare. Sorrente HtlnK« li denti, Sarraini bou de Capre, Hfttinarì de Poaitano.
Samigothi {Ti de Oytharo. Zeppolarl son de Agropoli.
Questa filastrocca è in parte ancor viva- Forse ad una simile enumerazione appartenevano i versi Quattro sono li luoghi della Sa:
racina
:
Cremano, la Torre e Resina »: ricordo dell'alleanza fine del nono secolo, coi Saraclni, a delle bande sara-
Porticij
di Napoli, alla
cine accampate in quei luoghi.
— Msai viva
fii
').
-
109
Si narra che Alfonso d*Àragona dicttSBi ohe
non avesse nessun altxo rogno, nesfiun' altra terra dft governare ee non la. Calabria, preferirebbe di mandar al diaycJo il raestiere del re e viver da privato, anziohé tollerar la stoltezza di quelli olie di uoniinì han solo la figura eeso
fi6
(qm^nillorum qui nihil hominis habent pfoeter figuram inepUas tollerare). Enea Silvio soggiungeva scherzosamente] ,
appnnto i primogeoitì de' re di Napoli pigliano quando hanno imparato a gotitolo di Duchi di Calabria vernar la Calabria, poe^on governare qualunque altro pae-
eb&r perciò
:
se!
*),
z;aj:ra
A
questa riputazione politica
accusa storica
:
che, cioè,
si
aggiunse una biz-
Bruzii, per essersi alleati
i
con Annibale control Somani, fossero stati condannati a prestar servizii da schiavi ai magistrati romani nelle provincie; e che, quindi,
i
calabresi fossero
carnefici di Cristo
i
queste e per altre ragioni, che ora
modo
ritratto in
e! sfiiggonO]
!
P^
^)
calabrese à
il
anche nella letteratura spaguuola.
sinistro
Nel romanzo del C'orvanteSj
y Sigismunda, è fatto calabrese un Pirro, cattivo soggetto, rufiaUj hombre acnchillador *). In un auto di Lope de Tega, Giuda é simboleggiato in
>)
e
un
Pérsiles
caballero calabrés
Una minata
e in un altro
;
tìngen, 1787,
^
I,
Panorhita,
dice di un
analisi delle cause dei pregiiidiiìl ccMitro la Calabria
und
calabresi ò nel Babtels, Briefe Uber Kalabrien
i
si
Sicilien^
Got-
pp. 7-10,
De dktù
et factis
Atphomi Eegi&j lab.
I,
§ 30, e nota
ÌtI del Piccolomini, ')
Da questa
taccia
Domino
U difoade 11
Je*w Chrieio gersi in appendice al B^^AiOr to,
Roma,
i cui fioiM
anonimo,
1737.
— Il
De
tradizione Tucoisore di Ferraccio, *)
dd
Vedi
il
mio
Cervante»,
leg-
aniiqtiitaie et situ Oalàbrìaej ed.
Ace-
la lettera
Calabroa m1^ecHva,
scritto dt.,
inlatit
può
Mxnqibi Riccio, Scrittori TiapoUtani del
comincùmo con In
PolidOU, Bruta e caìmmnia de
nostro t&rmentia et morte vindicaHj che
Aj
Si il
p. 47,
dta
it
»,
X VIlj
manoscritto di un
noti che calahrege fu fatto dalla
nOipolitanD Fabrizio HfEramaldo.
Dme Uhutmsioni
ai
-
YU^
del
Pamaao
»
— Vìbìù
ohe era
,
Cal^brés >
Taooio
;
De
vivir
un
^)
!
dell'arte, il oalabrese dette
dì Oi(mgurgolo, ohe
metÀ
della
—
e» hurtar honra$ y «n modo
<:
N^Ia commedia
sonalo
103
dd
ma
laogo
al per*
a noi non multa più fmtioo
uà
seicento. Era, di solato,
spesso faceva altre p^rti
,
carattere di bra-
restandogli la sola
accenni a costumi ed
qnaUtà del favellar calabrese, e gli abiti del suo paese. Portava il cappello a punta, calabrese brigantesco^ e gli
naso di cartone
si
ag^ungeva
al
naso naturale un lungo
*),
Altro carattere teatrale era quello dello studente calabrese.
Canzone di Zeza^
Ktìlla
con
la
%liuola
Don
Nicola, calabrese, amoreggia
di Palcinella,
il
qaale, tornando a casa, lo
sorprende e lo bastona. Quello va via di corsa
Uo
te
nd sf
Paccliesicco
*)
:
fallito,
^)
frustato
1
Ricavo ciò dalla dotta e bella prolusione del prof, A. Bestoei, » di Lope de Vega Carpio^ Parma, 1896, p. XV.
Degli * Autos
^ n
una figura di QiangwgolOf cui appone, non si sa Ma, d'altra parte, nou ai può ritardarne Papparizione al secolo XVin, come nell'aneddoto riferito dal lUai (Covnid italiani^ \ 78-82), secondo U quale il peraona^o sarebbe sorto coma caricatura dei geutiluomiDl spagnuoli che si rifugiarono in Calabria d&Ua Sand, o. c, ha
pefchè, la data del 1625.
Sicilia
,
quando questa passò sotto il dominio di casa di Savola. Il "Rksi una figura di Giangurgolo del 1688 tolta dal fron-
stesso riproduce
tespieio della poli,
,
oommedia
Mollo, 1688).
la
11 Riccobon:^ op, cìt, £^. 12*
ealabrois (ripredetto
Pebbocci, ed esso
sperwxa (Naha VEabii de Giangwyolo Del Oìangurgolo p»rla il
del Pipsbno, Disperarsi per
anche nel Eas
1.
c.)<
ha parte negli Scenarii del conto
notevole lo scenario la Moglie di
sette mariti,
di Caaamarciane.
E
in coi la donna in qnl-
Btione finisce ooll^appigtiarsl al peggio, sposando Giangurgolo, pessimo
BOfg^to, che la riduce alla miseria pei suoi debiti vecóhi, e pei nuovi che aceamnla col gioco. Sul dialetto calabrese nelle commedie, Oboob, Teatri di Napoli, pp, 32, 161. Seconde di Silvio Fiorillo parlava calabrese ")
Cboci, Teatri di
N<^i,
!
p. 438.
il
C^UAmuo^
Il
cfr.
Paicinella
— esclama Fuloinella. Ila
—
104
atadente è andato a prendere
lo
il
e Pulcinella à costretto a oluederglì perdono e a dcu^li la £glia io iaposa. In una commedia dialettaiOf intitolata lo Vommaro, che fu recitata nella vil-
cacafocu (schioppo),
leggiatura di Àntignaiio nel 1742
una vecchia donna
^),
viene in lucana con una camicia lacera, che va rattoppando;
canumBa chessa da pofarse acconcia Non ce n'è petacce. Che buò dà ponte? È noienzo a li moorte Uh,
Ma
joBtizia
Yeditfì ai è
!
mme
so n^asena che
IO
vao peglianno
gio ditto a chìUo malaoreìo de etodente
serve dice:
chiù
,
cca nce vo la nova
Passanci nu filu!
<
ttano doie matasse servi
a tale
Dm
Petru
ptUaccuni
Lo
I
:
Don
,
E
.
.
>
non
».
E
calavretie: «
ncocciuso
isao^
Che baò pas»à
,
ca non
fìlo,
et
abba-
Te^ che roina _ Nne voglio fa vute de e' è da fa beue. Le Eòente fra de lloro 1
.
:
Climenti
,
Don
Qiancola
Qnuritata
f
tene
li
non hanno vrenzola de caimnlaa ^. !
e con quel dialetto^ e sotto
Patacca
!
Nc6 ll'agCh^ta non aempe me
sti petifiiere-
studente fu talvolta concepito anche
barese, iotiio
/ >.
t^zzs.
>.
1
,
ohe
si
di
Don
Vitan-
Francesco Banci nelle re-
lo rappresentava
cite dì dilettanti
nome
il
come studente
facevano a Napoli nel secolo pas-
sato ).
Ma
la terra di
Bari forni principalmente
il
tipo del vec-
chio provinciale, ricco, avaro, inesperto dei costumi della Stadeute— Sull'origine di questa espressione, racconta una storìeUa GalunIj nel Voc^ napoi ad verb. ") Manoscritto della Biblioteca di San Martino. Vedi atto III, ac. 4*, ') il
pp. 91-3.
) H
dialetto studentesco
Oardone.
—Pel
calabrese è nel Tedeum dei CkEÌabrtM del
fatti del 1799,
i
calabresi divennero rappresentanti di e il cappello calabrese fu
reazione. Nel 1848 si ebbe l'opposta vicenda
:
simbolo di liberalismo. Sì cantava in quei tempi dalla plebe santediata (oh, come diversamente da mezzo secolo piima ) 1
M&lsBtà, chi v'ha traruta
A
tifuioiM
^ CBlAvrevat
F
^ - -
:
^ come
capitalfì,
seoolo gliese
col
si
nome
105
—
ebbe nel teatro di San Carlino in questo di
Don Fanarcmo
Cuaussiello,
hiace-
il
*).
Anche
messo presto in commedia, ossia già nel secolo XVI, come si può vedere da un accenno del Minil
Siciliano fa
turno nella sua Arte poetica (1664), e dal perBOnaggio di J^iacavento nella Vedova del Cini (1569), di cui
Francesco Andreini rappresentava
discoreo di sopra,
le altre parti, quella del Dottore Siciliano
Dei popoli letteratura cese
abbiamo
ha
satira
la
tra
*}.
stranieri, oltre quella contro lo
del mezzogiorno
,
Spagnuolo, la
contro
il
Fran-
*).
Ma
di questa, e delle satire di classi sociali e di abitu-
dini professionali, sarà
il
caso di parlare in un'altra occa-
sione.
n, 35, dice che U Eìaoegliese si rappresentava al San Carìino da tempo immemorabUe, e ne dà una Sgura con la data 1)
Il Saot>, op. cit»,
del 1680
i
Ma
dall'attore
op.
clt,,
p.
è invece noto che
il
personaggio fu introdotto nel ISIO
Giuseppe lavassi. Tuttavia, è da ricordare che il Pbb&itcct, 294^ dice ohe ani teatro ai faceva la caricatara dei qua-
ratini (cittadini di Gorato), leccesi, apruzzesi, e simili >. ^)
La
vedi in
satira popolare fra napoletani
Phrì
,
Fiabe
dei dne ladri, di cni
poletano opera da
j
il
HJ,
sciocco.
siciliani
Più vivaoe, per
la satira tra calabresi e siciliani, il
e
appartiene al passato;
155, pp. 159-164, la novella popolare siciliano è di gran lunga il più abile, e il nan.
maggiore vicinanza, è deO& quale è antìoo e ricco esempio la
contrasto di Oola Francisco e Fiacctvento. B)
Hbtriè, tgaUiè
Spogliate tn
!
bièstema a
me
1
Bono versi di una canzone popolare, in cni
si
presenta
il
Franeeat.
INDICE
I.
pag.
F1TLO1NEL1.À 1.
Se
come
2.
L'inventore del PalcineUa
e
tṛiT
bì
possa definirlo
»
,
e vestito del personaggio
7
— La
questione della
derivazione dall'anticliità clasaica 4.
Per
la
storia
Celebrità
del
Pulcinella.
Il
Passato e futuro di Pulcinella
XI. Il PERSOHASGIO T>EL
NAPOLETANO
N
1.
I Toscani e la satira contro
2.
n
3.
COHUEDIA i
personaggio del Napoletano del secolo
-
18
>
30
>
52
-
61
*
65
i>
ivi
Pulcinella simbolo
del proletario napoletano 6.
'
del Pulcinella. Aggiunte e corre-
zioni 5.
1 ivi
— Nom©^ cognome^ pa-
precedenti del Fulclnella
3. I
.
....
Napoletani. neìla
.
.
commedia
XVI
75
FÌBaamento del personaggio nella commedia della fine del secolo
XVI
4.
Decadenza del personaggio
5.
Di
alcuni
nella
altri
commedia
tipi
regionali
del
»
85
>
03
»
98
mezzogiorno