BASILEA 2 e
Le Piccole Medie Imprese
GALLINA rag. GIORGIO
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INDICE I - Introduzione II - Cos’è Basilea 2 III - Il calendario di Basilea 2 IV - Basilea 2 e gli Istituti di Credito V - Il primo pilastro a – Rischio di credito per insolvenza della controparte b – Rischio operativo c – Rischio di credito: il rating VI – Il rating VII – Le classi di rating VIII – Il secondo ed il terzo pilastro IX – L’adeguatezza patrimoniale degli Istituti di Credito a – I Clienti in stato d’insolvenza b – I Clienti in bonis c – PD = Probability of default d – UL = Unexpeted loss X – Il patrimonio di vigilanza XI – Il costo del denaro XII – Evoluzione o involuzione del sistema bancario? XIII – Piccole, medie imprese e banche: quale relazione? XIV – Basilea 2 e le piccole e medie imprese XV – Gli strumenti finanziari XVI – L’evoluzione dell’organizzazione amministrativa a – Lo Stato Patrimoniale riclassificato b – Il Conto Economico riclassificato XVII – Indici e Cash flow 1 – ROE – Return On Equity 2 – ROI – Return On Investment 3 – ROS – Return On Sales 4 – NON Gestione non caratteristica 5 – Equity Assets Ratio 6 – Copertura Immobilizzazioni: capitale permanente 7 – Il capitale di credito 8 – Autonomia finanziaria 9 – Indebitamento: finanziamenti di terzi
10 – Copertura attivo con mezzi propri 11 – Acid test margine di liquidità: valore assoluto 12 – Acid test margine di liquidità: in % 13 – Quick ratio margine di tesoreria: valore assoluto 14 – Quick ratio margine di tesoreria: in % 15 – Current ratio margine di disponibilità assoluto 16 – Current ratio margine di disponibilità in % 17 – Rapporto passivo a breve - indebitamento totale 18 – Elasticità degli impieghi (attivo) 19 – Elasticità del passivo 20 – ROT – Rotazione del capitale investito 21 – Rotazione del capitale fisso (immobilizzazioni) 22 – Rotazione capitale circolante 23 - Rotazione dei crediti verso clienti 24 – Rotazione pagamento Fornitori 25 – Rotazione del magazzino 26 – Ricavi medi per addetto 27 – Risultato operativo medio per addetto 28 – Investimenti per addetto 29 – Cash flow XVIII – Esempio di valutazione degli indici XIX – L’impresa “vista dall’esterno” a – La compagine societaria ed il management b – Cariche degli amministratori in altre imprese c – Il fatturato e le sue variazioni d – Rotazione del capitale investito e – Le variazioni degli investimenti e del fatturato f – La variazione del capitale circolante g - La valutazione delle fonti finanziarie h - La valutazione del rendimento dell'azienda: il R.O.I. i – L’interpretazione del cash flow operativo j – La liquidità a breve termine k – La solvibilità a Medio Lungo termine XX – Domande ricorrenti
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I. INTRODUZIONE
E’ necessario premettere che gli accordi di Basilea 2 riguardano, in particolare, la capitalizzazione delle Banche, che deve essere proporzionale al rischio che deriva dall’esposizione per il credito da loro concesso. Ne consegue che anche i rapporti tra le Banche ed i loro Clienti utilizzatori del credito, saranno influenzati da questi accordi e saranno improntati a nuovi criteri. Gli Istituti di Credito che hanno aderito alle regole di Basilea 2, da anni si stanno preparando ad affrontare l’evolversi della situazione. Le imprese quotate in borsa, da sempre strutturate per essere valutate dal mercato, e quelle di dimensione medio/grande, non incontreranno maggiori o diverse difficoltà nei rapporti con le Banche, mentre le piccole e medie imprese, particolarmente quelle piccole, dovranno organizzarsi per affrontare le mutate condizioni d’accesso al credito. Le direttive adottate da Basilea 2 imporranno, infatti, già ad iniziare dal 2006, un nuovo rapporto tra la Banca ed il Cliente, che prevede una periodica valutazione dell’Impresa quanto a struttura: ∗ Economica ∗ Finanziaria ∗ Patrimoniale. Le Imprese che otterranno un giudizio positivo saranno favorite nell’accesso al credito, mentre le altre correranno il rischio di riduzione degli affidamenti o, addirittura, quello di rimanere senza affidabilità, se giudicate non sufficientemente meritevoli. Pur concedendo sufficiente spazio alla spiegazione delle regole che Basilea 2 impone agli Istituti di Credito, l’attenzione sarà focalizzata sull’impatto che le piccole e medie imprese dovranno affrontare ed al quale, per la maggior parte, non sono ancora preparate. II. COS’E’ BASILEA 2
Il Comitato di Basilea è stato costituito nel 1974 dagli Istituti di Credito centrali dopo il fallimento della banca tedesca Herstatt, molto attiva sui mercati finanziari internazionali con il compito di: ∗ Formulare proposte e linee guida per estendere e rendere più efficace la regolamentazione di vigilanza bancaria al fine di assicurare stabilità al sistema bancario ∗ Favorire lo sviluppo ordinato della concorrenza bancaria a livello internazionale. "Basilea 2" è il più recente accordo internazionale che riguarda i requisiti patrimoniali degli Istituti di Credito, in base al quale gli Istituti di Credito dei paesi aderenti dovranno accantonare quote di capitale proporzionali al rischio derivante dai crediti concessi, valutato attraverso lo strumento del rating. Gli accordi di Basilea sono il risultato del lavoro del Comitato di Basilea, istituito dai governatori delle Banche centrali dei dieci paesi più industrializzati, i G10, alla fine del 1974. I membri attuali del Comitato provengono da: ∗ Belgio ∗ Canada ∗ Francia ∗ Germania ∗ Italia ∗ Giappone ∗ Lussemburgo ∗ Paesi Bassi ∗ Spagna ∗ Svezia ∗ Svizzera ∗ Regno Unito ∗ Stati Uniti. Il Comitato opera in seno alla BRI, Banca dei Regolamenti Internazionali, con sede a Basilea, ed ha lo scopo di promuove la cooperazione fra gli Istituti di Credito centrali ed altre agenzie equivalenti per perseguire la stabilità monetaria e finanziaria. 3
Il Comitato non possiede alcun’autorità sovrannazionale e le sue conclusioni non hanno alcuna forza legale, ma le linee guida, gli standard e le raccomandazioni del Comitato sono formulati nell'aspettativa che le autorità nazionali emanino disposizioni che tengano conto delle realtà dei singoli stati per incoraggiare la convergenza verso comuni standard di valutazione. Il primo accordo di Basilea, fu fatto nel 1988, anno in cui il Comitato di Basilea introdusse un sistema di misurazione del capitale comunemente chiamato Accordo di Basilea sul Capitale, al quale hanno aderito, fino ad oggi, le autorità centrali di oltre 100 paesi. Il "Comitato di Basilea" - Basel Commettee on Banking Supervision- stabiliva che gli Istituti di Credito garantissero con il proprio patrimonio la rischiosità che si associa alla loro attività di “concessione del credito” ed in particolare chiedeva agli Istituti di Credito che: ∗ Il rapporto tra patrimonio ed il patrimonio ponderato di rischio - RWA Risk Weighted Assett fosse superiore all’8%. ∗ All'interno dei RWA i finanziamenti concessi alle imprese fossero pesati al 100%, senza valutazione della diversa rischiosità d’ogni singola controparte. L'accordo del 1988 presentava limiti di particolare rilevanza perchè la quantità di capitale assorbito dall’accantonamento era considerata troppo poco proporzionale al rischio e, nonostante alcuni correttivi introdotti negli anni successivi, l’8% d’accantonamento era giudicato: ∗ Eccessivo per l’erogazione di un prestito poco rischioso ∗ Inadeguato per un’esposizione giudicata rischiosa. Basilea II tende a rimediare quest’evidente incongruenza e rafforza l'approccio di Basilea I: ∗ Apre la possibilità di misurare i rischi utilizzando i "modelli interni" degli Istituti di Credito, previa validazione da parte delle Autorità di Vigilanza ∗ Estende l'approccio a tutti i rischi di: - credito - mercato - operatività ∗ Chiede agli Istituti di Credito di comunicare al mercato la loro adeguatezza patrimoniale a fronte della propria rischiosità. Con riferimento specifico ai rischi di credito, la definizione dei requisiti patrimoniali della Banca è legata all’effettiva rischiosità del portafoglio crediti. Ciò comporta l’attribuzione del rating ad ogni singolo cliente almeno una volta l’anno, per poter stimare la sua probabilità d’insolvenza, definita in termini tecnici default, ed in conseguenza, la "perdita attesa" e quella "inattesa" associata all’operatività delle relazioni con i Clienti. Nel gennaio 2001 il Comitato di Basilea ha pubblicato il documento "The New Basel Capital Accord", un documento di consultazione per definire la nuova regolamentazione in materia di requisiti patrimoniali degli Istituti di Credito. L'obiettivo era quello di giungere ad un testo definitivo entro la fine del 2003, attraverso il confronto con le autorità di vigilanza dei vari paesi ed una serie d’indagini quantitative; l'attuazione dell'accordo è prevista per la fine del 2006. Il "Nuovo Accordo" risponde alla necessità di far evolvere gli strumenti a presidio della stabilità del sistema finanziario, mentre, in passato, le Autorità di Vigilanza si affidavano prevalentemente ad un approccio fondato sui "controlli diretti" degli Istituti di Credito. III.
IL CALENDARIO DI BASILEA 2
Il calendario dell'accordo, che riguarda unicamente le Banche, ma che indirettamente coinvolge anche le Imprese per i loro necessari rapporti con gli Istituti di Credito, è stato fissato lo scorso luglio 2002. ∗ Il 20/12/02 si è conclusa la terza ed ultima indagine sull'impatto del nuovo accordo ∗ Il 29 aprile 2003 il Comitato ha pubblicato la terza bozza dell’accordo ed ha atteso le osservazioni delle Banche Centrali fino al 31 luglio ∗ Il 5 maggio 2003 il Comitato ha pubblicato i risultati del terzo studio d'impatto ∗ Entro i primi sei mesi del 2004 il Comitato di Basilea rilascerà il testo definitivo di Basilea 2 ∗ Per fine anno 2005 il nuovo accordo sarà definitivamente attivato ∗ Nel 2006 saranno testati i risultati. I gruppi bancari che ambiscono al riconoscimento più avanzato dell'accordo, il cosiddetto “advanced approach”, che dovrebbe consentire i più rilevanti vantaggi sul piano regolamentare 2
ed operativo, nonché i maggiori benefici patrimoniali, dovranno adottare il conteggio "parallelo" del nuovo e del vecchio accordo da fine 2005; per fare ciò dovranno dimostrare di avere adottato l'uso interno dei modelli da almeno tre anni, secondo le indicazioni previste dall'accordo stesso. Di fatto, per i Gruppi bancari che ambiscono alle versioni più ricercate, l’accordo è già entrato in vigore nel corso del 2003, per potersi qualificare per gli approcci più avanzati, dovendo rispettare almeno tre anni di conformità: ∗ Operativa ∗ Strumentale ∗ Organizzativa La Banca d'Italia s’attende che tutti i gruppi bancari italiani con patrimonio consolidato superiore a tre miliardi d’Euro, adottino gli approcci basati sui modelli interni. Sono previste regole di trasparenza per l'informazione al pubblico sui livelli patrimoniali, sui rischi e sulla loro gestione. Gli obiettivi che gli accordi di Basilea 2 si pongono sono: ∗ La promozione della stabilità dei sistemi finanziari ∗ La riduzione delle crisi in cui sono incorse, nel passato, alcune Banche ∗ La definizione dei requisiti patrimoniali minimi fondati su una misurazione più accurata e completa dei rischi ∗ La creazione d’incentivi per migliorare la misurazione e la gestione dei rischi ∗ Il mantenimento di condizioni di parità concorrenziale, a partire dagli Istituti di Credito che operano a livello internazionale, ma con possibilità d’estensione della sua applicazione anche agli altri Istituti di Credito. IV. BASILEA 2 E GLI ISTITUTI DI CREDITO
Nelle premesse è stato affermato che l’argomento principale non è tanto quello di approfondire le regole imposte agli Istituti di Credito da Basilea 2, ma, piuttosto: ∗ Analizzare la reazione delle PMI di fronte alle regole di Basilea 2 ∗ Prospettare l’evoluzione dei rapporti tra Banche e Clienti ∗ Suggerire le innovazioni e gli strumenti che le PMI dovranno utilizzare in questo cambiamento. Tuttavia, è necessario almeno accennare a quanto le Banche hanno predisposto in ottemperanza alle regole che Basilea 2 stabilisce. La novità fondamentale per le Banche consiste nel dover accantonare quote di capitale proporzionali al rischio derivante dai vari rapporti di credito assunti, valutandolo attraverso lo strumento del rating, letteralmente "valutazione". Gli Istituti di Credito, pertanto, dovranno classificare i propri clienti in base alla loro rischiosità, adeguandosi operativamente ai nuovi meccanismi a tal fine predisposti. Tutto ciò costituisce un passo importante per garantire la stabilità dei sistemi bancari a livello internazionale, trattandosi di una riforma voluta da più Paesi, con ricadute positive su risparmiatori e imprese, nell'ottica di creare un rapporto sinergico piuttosto che conflittuale. Agli accordi originali di Basilea 2 sono state mosse numerose critiche, che hanno portato a modifiche che, pur non cancellando i dubbi, dovrebbero attenuare le conseguenze negative che si suppone possano derivare dall'applicazione dell'accordo. Le conseguenze negative individuate e di maggior evidenza almeno tre: ∗ La discriminazione tra Istituti di Credito: quelli piccoli non potranno utilizzare le metodologie più avanzate, quindi subiranno un onere patrimoniale maggiore rispetto ai grandi gruppi ∗ La penalizzazione del finanziamento alle piccole e medie imprese indotto dal sistema dei rating interni, per altro ancora non ben conosciuto ∗ Il problema della ciclicità finanziaria: nei periodi di rallentamento economico, l'accordo potrebbe indurre le Banche a diminuire gli impieghi a causa del crescere del rischio, con la potenziale conseguenza di inasprire la crisi stessa. Per raggiungere questi obiettivi sono stati indicati dei "Pilastri", che affrontano i seguenti temi complementari tra loro.
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V. IL PRIMO PILASTRO
Il primo pilastro tratta le regole che riguardano la determinazione del capitale di vigilanza. Le novità principali che sono sostanzialmente riconducibili alla valutazione del: a. Rischio di credito per insolvenza della controparte. Gli Istituti di Credito potranno scegliere tra due criteri per calcolare i requisiti patrimoniali giudicati necessari per fronteggiare un’eventuale insolvenza della controparte. In entrambi i casi, il risultato generato dovrà servire a: - Supportare le delibere di fido - Segnalare eventuali deterioramenti delle posizioni creditizie - Migliorare la redditività degli Istituti di Credito - Orientarle nelle decisioni strategiche sull'attività operativa. Metodo standard - Standardised Approach: la valutazione del merito del credito è fornita da specializzate agenzie di rating esterne accettate dalle Autorità. E’ importante precisare che le agenzie di rating, per essere in regola con Basilea 2, dovranno soddisfare una serie di requisiti, riguardanti, in particolare la trasparenza e l’omogeneità dei criteri adottati. Una banca, inoltre, potrà attingere rating da più fonti, ma nel rispetto di un insieme di regole volte a prevenire comportamenti opportunistici: per esempio, non sarà possibile scegliere, per ogni cliente, l’agenzia che gli assegna il rating migliore, così da ridurre il requisito patrimoniale totale. Metodo basato sui rating interni - IRB Internal Raiting Approach - I giudizi potranno essere elaborati all’interno dalla banca, che potrà assegnare ai propri clienti un rating, nel rispetto di regole organizzative e metodologiche rigorose, certificate dalle Autorità. Questo “approccio dei rating interni” si compone, in realtà, di due diverse metodologie, in ordine crescente di sofisticazione: ad un “approccio di base”, pensato per le Istituti di Credito che hanno una limitata esperienza nel rating, si contrappone, infatti, l’approccio “avanzato”, riservato a chi, nel tempo, saprà dimostrare alle Autorità di aver sviluppato strumenti di controllo del credito raffinati ed affidabili. b. Rischio operativo. Il rischio operativo costituisce una porzione non trascurabile dei rischi complessivi derivanti dall'esercizio dell'attività bancaria e la sua considerazione nell'ambito delle politiche di vigilanza rappresenta certamente un importante passo avanti nel garantire la stabilità degli Istituti di Credito. Si tratta di un rischio la cui definizione include le perdite dirette e indirette risultanti dall'inadeguatezza o dalla disfunzione di procedure, risorse umane e sistemi interni, oppure da eventi d’origine esterna: quelle perdite imputabili ad errori umani, problemi tecnici o procedurali ed in ogni caso causate da eventi di mercato. c. Rischio di credito: il rating In teoria si tratta di dare una risposta a due quesiti fondamentali per valutare il rischio di credito. PD – La probabilità di default – Qual è la probabilità che la controparte non sia in grado di onorare il contratto. LGD – Loss given default - Quanta parte del capitale sarà possibile recuperare in caso d’insolvenza. Le procedure di rating interno hanno lo scopo di tradurre in giudizio sintetico tutte le informazioni rilevanti disponibili ed inquadrare il cliente all'interno di un numero limitato di classi omogenee. Il procedimento consiste nel tradurre in misure di rischio le analisi effettuate nelle tradizionali istruttorie, attraverso un parametro di confronto delle proprie valutazioni. Si tratta, in pratica, di assegnare i clienti ad una specifica classe alla quale è stata attribuita una probabilità di default - PD - e stimare la percentuale di recupero in caso d’insolvenza - LGD - dello specifico prestito erogato.
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Il giudizio complessivo del merito creditizio del cliente, il rating assegnato, deriva delle valutazioni che emergono da tre aree, anche se, ovviamente i dati concretamente disponibili per i diversi segmenti di clientela possono variare, anche in misura sensibile. Per i privati, le piccole imprese individuali e le piccole società di persone, i “retail”, in genere, sono disponibili unicamente poche indicazioni sulle principali fonti di redditi e sui cespiti patrimoniali: pertanto, vi sono delle differenze di valutazione dei requisiti prudenziali richiesti alla Banca, rispetto a quanto accade per le imprese più grandi, le “corporate”, per le quali è possibile accedere ad informazioni più dettagliate ed articolate. I due differenti criteri, il primo più favorevole all’utilizzatore del secondo, servono, ovviamente, per meglio adattare i parametri alla tipologia dei clienti. L'attribuzione del rating alle “corporate” avviene attraverso le seguenti analisi. Quantitativa - L'analisi degli indici e dei dati economici e finanziari rilevabili dal bilancio costituisce uno dei presupposti di base della concessione e del successivo monitoraggio e revisione periodica dell'affidamento. Prima d’ogni considerazione sull'entità del patrimonio aziendale ed eventuali garanzie sussidiarie, è valutata la capacità dell'azienda di svilupparsi e produrre risorse adeguate e reddito sufficiente per la restituzione del debito e la remunerazione del capitale di rischio. E’ necessario che il rapporto tra i vari elementi strutturali, pur con le incognite del "mercato" in cui l'azienda opera, non raggiunga valori considerati critici. L’attenzione sarà dedicata all’analisi di: - Investimenti - Liquidità e capitale circolante - Produttività e Redditività Qualitativa - L'analisi si basa su informazioni e conoscenze: - "oggettive" acquisite sia da fonti esterne sia attraverso il confronto col cliente - "soggettive" derivanti dall'esperienza e dalla conoscenza della controparte. I dati economici e finanziari, infatti, non esauriscono tutte le fonti d’informazione utilizzate nell’assegnazione del rating e l'analisi dell'azienda deve necessariamente estendersi ad informazioni che riguardano, ad esempio: - La struttura societaria, i soci ed il management - La storia dell’azienda e la sua organizzazione - La posizione sul mercato e la sua competitività - Le capacità di performance - La politica di prodotto, la produzione, la ricerca e lo sviluppo - L’andamento dell'economia in generale e, in particolare, del settore economico di riferimento. Mandamentale – Gli aspetti economici e finanziari dell’attività aziendale trovano riscontro non solo nei bilanci e nell’analisi qualitativa, ma anche nel rapporto con la Banca, in particolare, e con l'intero Sistema bancario in generale. La banca dispone, infatti, di una numerosa quantità di dati che concorrono alla valutazione del rating e che riguardano i rapporti con: - La Banca: - regolarità degli utilizzi - qualità e quantità del lavoro svolto - Il Sistema bancario: - coerenza del numero d’Istituti di Credito affidanti - corretto utilizzo tra fidi utilizzi ed accordati. I "principi ispiratori" del nuovo accordo e la loro applicazione, hanno molti aspetti positivi quali, ad esempio: ∗ Regole di gestione, non più eludibili, fondate su misurazioni dei rischi rigorose e "validate" ∗ Riduzione della convenienza a praticare arbitraggi regolamentari ∗ Maggiore trasparenza verso la clientela, il cosiddetto “pricing”, ed il mercato 5
∗ Riferimento implicito al "capitale" come "materia prima" che va contesa al mercato, adegua-
tamente remunerata, oculatamente allocata dal management degli Istituti di Credito e, quindi rigorosamente valutata quale componente di costo all'interno del pricing dei servizi bancari. In altri termini, la rischiosità consuma capitale: il costo del capitale deve concorrere a formare il prezzo dei servizi e chi è meno affidabile deve pagare di più. ∗ Richiami espliciti a quei "fondamentali" la cui mancanza è stata spesso evocata per porre, l’accento l'inadeguatezza dei nostri Istituti di Credito nell'interpretare il ruolo di finanziatori dell'economia. ∗ Indica un percorso che si sarebbe dovuto imboccare, anche se Basilea II non ci fosse stata. Quanto esposto tanto più vale, nei momenti di discontinuità ciclica, di bassa crescita, d’ampliamento dei mercati, quindi d’inasprimento della competizione, e per un paese che si caratterizza per la diffusa presenza di piccoli operatori. VI. IL RATING
In sintesi, il rating è la valutazione assegnata dalla banca all’impresa e tende a misurare la capacità di generare nel tempo le risorse necessarie ad onorare regolarmente gli impegni di varia natura contratti verso Istituti di Credito e fornitori. L’indicazione più attesa dagli imprenditori è il criterio di valutazione del rating in corso d’assegnazione, o già assegnato, dagli Istituti di Credito alle Imprese. Probabilmente, le caratteristiche dei modelli adottati per definire il rischio di credito, che peraltro si differenziano da istituto ad istituto, non saranno divulgate; infatti, normalmente, non saranno rese note le procedure interne alla base della decisione d’affidamento alle imprese che chiedono credito, ma solo i risultati dell'analisi effettuata. E’utile, a questo proposito, fare alcune considerazioni sul rating: ∗ E’ uno strumento statico ed imperfetto per costruzione, difatti: - Dipende dalla qualità delle informazioni usate per determinarlo - E’ attribuito su dati di bilancio che, anche se veritieri, sono disponibili con cadenze temporali inadatte ad accompagnare decisioni d’affidamento, specialmente di medio periodo - I modelli scelti per attribuirlo lavorano su segmenti di clientela omogenei e rilevano i valori medi dei vari indicatori - Non esprime una valutazione certa, ma una "probabilità d’insolvenza": ne deriva che il "rating" non può e "non deve" diventare il solo elemento di valutazione della probabilità d’insolvenza - Per essere efficace deve essere integrato con un attento monitoraggio dei dati di mercato e delle relazioni dei Clienti fornite nei dati andamentali. ∗ E’ un riferimento attendibile solo alla presenza di: - Metodologie appropriate per decidere la "segmentazione" della clientela più adatta all'attribuzione del rating - Rigorosa definizione dei "dati" che lo generano - Informazioni gestionali che si ottengono dalla "valutazione qualitativa",vale a dire: - Budget, - Piani di sviluppo industriale - Piani finanziari ∗ Esprime il merito creditizio in termini probabilistici e deve, prima di tutto, soddisfare la necessità di capire cosa concorre a formare la probabilità d’insolvenza ad esso associata. ∗ E’ la diagnosi di cui dispone la Banca per individuare eventuali problemi e capirne le cause ∗ Non deve essere, inoltre, dimenticato che da un'attenta lettura di Basilea 2 emerge che l’elemento discriminante non è il solo rating, ma che anche la perdita attesa e inattesa giocano un ruolo determinante. Come visto in precedenza, tali indicatori sono influenzati da importanti fattori riconducibili alle modalità con cui è gestito il rapporto Banca – Impresa, da parte entrambi gli operatori. E' ora ancora più importante che in passato, per i Clienti e per le banche, stabilire relazioni: - Salde - Attendibili - Affidabili. 6
Questo forma d’interpretazione è diametralmente opposta rispetto a quella di chi vede nel rating un metodo per attribuire dei voti cui agganciare "in modo rigido" ed "ex ante" le politiche di concessione e di pricing. Il rating è assegnato attraverso l’analisi degli indici più significativi di bilancio, i cosiddetti "5 Stars Rating ®", che riguardano l’aspetto: ∗ Patrimoniale ∗ Finanziario e di liquidità ∗ Economico e reddituale ∗ Qualitativo dell’impresa ∗ Del rapporto dell'impresa con il sistema creditizio Il rating è uno degli strumenti più utili alla Banca per individuare le aree critiche dell’Impresa, per attribuire loro un peso e per decidere le priorità d’intervento. Inoltre, se sono stati forniti i dati di più di un esercizio, è valutata anche la performance. VII.
LE CLASSI DI RATING
La tabella che segue è un esempio dei giudizi di rating, che determinano l’attribuzione di un cliente ad una determinata classe di rischio. Moodys Standard & Poor's
Categoria di rischio
Descrizione • Buone qualità dell'attivo • Ampia diversificazione e dimensione consolidata • Eccellente posizionamento di mercato • Abilità manageriale distintiva • Elevatissime capacità di copertura del debito • Buone qualità dell'attivo • Buon inserimento di mercato e diversificazione di sbocchi • Buona capacità manageriale • Solida capacità di copertura del debito • Qualità e liquidità dell'attivo soddisfacenti • Inserimento di mercato e qualità manageriali nella media • Standard creditizi normali • Capacità di copertura del credito nella media • Qualità e liquidità accettabili • Standard creditizi normali • Debole capacità di copertura del debito • Qualità e liquidità accettabili • Scarsa diversificazione delle attività • Contenuta liquidità • Limitati margini di copertura del debito • Credito sotto osservazione • Qualità dell'attivo con temporanea difficoltà di liquidità • Alta leva finanziaria
Aaa
AAA
Minimo
Aa1 Aa2 Aa3
AA+ AA AA-
Modesto
A1 A2 A3
A+ A A-
Medio-basso
Baa1 Baa2 Baa3
BBB+ BBB BBB-
Accettabile
Ba1 Ba2 Ba3
BB+ BB BB-
Accettabile con attenzione
B+ B B-
Monitorare continuamente
CCC+ CCC CCCCC C
Stretta osservazione -dubbio esito
B1 B2 B3 Caa1 Caa2 Caa3 Ca C
• Debolezza manageriale • Difficoltà evidenti di gestione del debito • Incertezze sulla possibilità di pagamento degli interessi
I modelli di rating consentono di definire le classi ritenute più adatte a identificare le differenti tipologie di clientela e l’assegnazione di un cliente ad una classe avviene in base a modelli definiti in modo differente, per stimare nel migliore dei modi possibili la probabilità di default, associata ad ogni specifico cluster, con riferimento alle variabili: ∗ Quantitative ∗ Andamentali ∗ Qualitative. La tabella che segue indica la probabilità di default per ciascuna classe.
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Rating interno utilizzato dalla Barclays Bank S&P Probabilità di default PD Minima Massima Media Classe 1,2 0,02% 0,04% 0,030% AAA/AA+/AA 1,5 0,05% 0,09% 0,070% AA-/A+ 1,8 0,10% 0,14% 0,120% A/A_ 2,1 0,15% 0,19% 0,170% BBB+ 2,5 0,20% 0,24% 0,220% BBB+ 2,8 0,25% 0,29% 0,270% BBB 3 0,30% 0,59% 0,445% BBB/BBB4 0,60% 1,19% 0,895% BB+/BB/BB5 1,20% 2,49% 1,845% B+/B 6 2,50% 4,99% 3,745% B7 5,00% 9,99% 7,495% CCC8 10,00% 15,00% CC/C
Classe d’internal rating
Moody's Classe Aaa/Aa/A1 A2 A3 Baa1 Baa1 Baa2 Baa2/Baa3 Ba1/Ba2 Ba3 B1 B2/B3 C a a/C a/C
I valori evidenziati in grassetto nella tabella forniscono la chiave di lettura ∗ Il valore massimo della categoria 2,1 significa che 19 soggetti su 10.000 inseriti nella categoria presentano caratteristiche di default dopo 12 mesi. ∗ Il valore medio della categoria 3 sta ha indicare che 44,5 su 10.000 inseriti nella categoria presentano caratteristiche di default dopo 12 mesi. Il sistema di rating, lontano dal rappresentare una rivoluzione del "modo" di fare credito, rappresenta un passo in avanti verso il miglioramento nelle misurazioni di rischio e nelle strategie business-prodotto, con evidenti riflessi positivi sulla qualità del servizio reso al cliente. Infatti, se da un lato le aziende devono perseguire politiche sempre più virtuose, dall'altro la banca deve puntare su un'attività non solamente passiva e di semplice erogazione del credito, ma attiva e propositiva verso l'impresa fino a costituire un vero e proprio "abito su misura" per ogni esigenza aziendale. VIII.
IL SECONDO ED IL TERZO PILASTRO
Il secondo pilastro riguarda l'attività di supervisione da parte delle autorità nazionali di vigilanza, al fine di assicurare che il patrimonio di una banca sia compatibile con un profilo di rischio complessivo. Le autorità, infatti, dovranno verificare che ogni banca abbia valide procedure interne che adeguino la situazione patrimoniale ai rischi cui è esposta. Il terzo ed ultimo pilastro riguarda la disciplina di mercato e prevede l'introduzione di regole di trasparenza per assicurare un'adeguata informazione al pubblico sulle procedure di valutazione adottate, sui rischi e sulla loro gestione. IX. L’ADEGUATEZZA PATRIMONIALE DELLE BANCHE
Il nuovo accordo formulato dal Comitato di Basilea introduce una normativa concernente l'adeguatezza patrimoniale delle imprese bancarie e creditizie. I modelli di valutazione utilizzati sia dagli Istituti di Credito, sia dalle agenzie di rating per la verifica dell'adeguatezza patrimoniale, sono solitamente complessi e non facilmente interpretabili dall'esterno e, in generale, in larga parte, dipendono dai rating assegnati ai diversi Clienti, ciascuno dei quali avrà un “peso” proporzionale al proprio rating. La somma delle “esposizioni ponderate”, i cosiddetti attivi ponderati, indicherà il rischio complessivo cui la Banca è esposta e la sua capitalizzazione dovrà essere adeguata. E’ evidente che, tanto più saranno concessi crediti a clienti con rating insoddisfacente, tanto maggior patrimonio le Banche dovranno accantonare, con la conseguenza che, in questo modo, le loro possibilità di concedere credito si ridurranno e saranno costrette ad applicare un “pricing” più costoso per compensare la riduzione del credito concesso. L’orientamento si riferisce implicitamente al "capitale" inteso come " oggetto di vendita " che deve essere conteso al mercato, adeguatamente remunerato, oculatamente gestito dal management degli Istituti di Credito e, quindi rigorosamente valutato quale componente di costo all'interno del pricing dei servizi bancari. In altri termini, la rischiosità consuma capitale: il costo del capitale deve concorrere a formare il prezzo dei servizi e chi è meno affidabile deve pagare di più. Lo specchietto che segue, lungi dal voler risolvere il problema, ha scopo di chiarire il concetto di ponderazione: 8
Cliente A Cliente B Cliente C Cliente D Cliente E TOTALE
Credito Ponderazione Concesso % Esposizione 10.000,00 100% 10.000,00 10.000,00 125% 12.500,00 10.000,00 100% 10.000,00 10.000,00 150% 15.000,00 10.000,00 80% 8.000,00 50.000,00 111% 55.500,00
Il processo necessario per definire l’adeguatezza patrimoniale prevede che, prima di tutto si dovranno classificare i Clienti: a. In “stato d’insolvenza“, per i quali la probabilità si è ormai mutata in default e, dunque, non sono più meritevoli d’affidamento. Lo stato d’insolvenza può derivare da una valutazione: Soggettiva – Quando la Banca ritiene, in base alle conoscenze in suo possesso, che il debitore sia incapace di adempiere le proprie obbligazioni contrattuali. Oggettiva - Al verificarsi di almeno una delle due seguenti situazioni: - Incagli e/o sofferenze, vale a dire pagamenti scaduti da oltre 90 giorni; per l’Italia 180 giorni in via transitoria per cinque anni. - Sconfini superiori a 180 giorni per retail, settore pubblico e corporate, queste ultime, provvisoriamente per l’Italia, per 5 anni. b. In “in bonis”, per i quali sarà stato loro attribuita la probabilità di default, secondo valutazioni che derivano dalle analisi: - Quantitative - Qualitative - Andamentali Vedi riferimento - Rischio di credito: il rating c Il requisito patrimoniale chiesto alle Banche, che deve tenere conto anche delle esposizioni verso i clienti insolventi, è calcolato con riferimento ai quattro elementi esposti nella seguente tabella: % Probabilità di default
Probabile % di recupero
% Rischio calcolato sulla maggior esposizione
Durata dell’operazione
PD Probability of default LGD Loss Given Default EAD Exposure At Default M Maturity Misurata dal rating assegnato al Clien- Si riduce a fronte di garanzie Tiene conto dell’intero importo Rischio di peggioramento del te utilizzatore migliori deliberato rating nel tempo STIMATA DALLA BANCA FISSATI DALL’AUTORITA’ NELL’APPROCCIO FOUNDATION TUTTI I PARAMETRI SONO FISSATI DALLA BANCA NELL’APPROCCIO AVANZATO La trasformazione delle componenti di rischio PD, LGD, EAD in requisito patrimoniale richiede di distinguere tra perdita attesa e perdita inattesa. c. La perdita attesa – EL Expected Loss – Tiene conto sia della durata dell’operazione, sia delle variabili impiegate nella formula: EL = PD * LGD * EAD Ad esempio, supponendo un prestito di € 500 con: - Probability of Default PD = 1% - Loss Given Default LGD = 50% - Exposure At Default EAD = 1% avendo considerato che, ragionevolmente, secondo conoscenze e statistiche di settore, in media, 1 cliente su 100 fallirà. La Banca potrebbe subire una perdita di € 2.5, così calcolata: Prestito 500
X
PD 1%
x
GLD 50%
x
EAD 1%
=
Perdita attesa 2,5
Un secondo esempio, con diverse variabili, sarà utile per meglio capire la formula: Prestito 600
X
PD 1,5%
x
GLD 40%
x 9
EAD 2%
=
Perdita attesa 3,60
d. La perdita inattesa- UL Unexpected loss La perdita inattesa è costituita dall’ammontare eccedente quello delle perdite attese, tale valore rappresenta l’effettivo rischio dell’esposizione creditizia: infatti, i dati storici e statistici in possesso della Banca, dovrebbero consentire d’identificare con ragionevole approssimazione la quantità o la percentuale delle perdite attese EL. Il comune orientamento identifica le perdite inattese UL, con la qualità e la concentrazione del credito, ritenendo che tanto maggiore è l’esposizione creditizia verso una certa categoria d’utilizzatori, tanto più esiste la probabilità che la perdita sia elevata, anche nel caso d’insolvenza di un solo soggetto. La perdita inattesa è stimata col VaR – Value at Risk —, una misura della volatilità e della perdita potenziale che deriverebbe al verificarsi di un determinato evento ed indica l’entità della perdita a cui prepararsi. E’ uno strumento mediante il quale è possibile comparare il rischio d’investimenti differenti, calcolato con almeno tre diversi metodi, che considerano la distribuzione delle perdite in un arco temporale definito e la percentuale della distribuzione, solitamente il 95% o il 99.9%. Secondo la percentuale utilizzata, si ottiene il VaR che rappresenta in percentuale la massima probabilità di perdita inattesa. La percentuale di perdita attesa, EL ulteriormente corretta con quella della perdita inattesa, rappresenta la percentuale di rischio di credito. X. IL PATRIMONIO DI VIGILANZA
La regola prevede che a ciascun’operazione di prestito deve corrispondere una quota di capitale regolamentare, il cosiddetto “onere di capitale”, da detenere a scopo precauzionale. La banca, secondo tale regola, deve avere una capitalizzazione pari ad almeno l’otto per cento delle attività destinate alla concessione di credito. Tuttavia, poiché la dimensione dell’accantonamento deve essere in qualche misura collegata alla rischiosità degli investimenti in essere, il riferimento non è al valore contabile delle attività, bensì agli attivi ponderati: vale a dire l’importo totale dei crediti concessi moltiplicati per la percentuale stimata di rischio, ottenendo così il RWA Risk Weighted assets. Ciò significa che l’importo nominale d’ogni credito concesso, sia esso prestito di denaro od altro tipo d’affidamento, deve essere moltiplicato per un coefficiente: ∗ Tanto minore di 1 quanto il rischio d’insolvenza è minore ∗ Tanto maggiore di 1 quanto più elevato è elevato il rischio d’insolvenza L’ Accordo Basilea 1, ancora oggi vigente, confermava già nel 1988 il principio che ogni attività implica l'assunzione di un certo grado di rischio e che il rischio deve essere quantificato e supportato da capitale proprio. Il nuovo accordo di Basilea 2 introduce il concetto di “ponderazione del rischio” come già esposto, tuttavia mantiene invariato il rapporto dell’8%, il TCR, cosiddetto Total Capital Ratio. Al nominatore sarà posto il Patrimonio di Vigilanza, il PatVig, costituito da: ∗ Patrimonio di base: - Capitale sociale - Sovrapprezzo azioni - Riserve - Fondo Rischi Generale ∗ Patrimonio supplementare: massimo 100% del patrimonio di base ∗ Dalla somma del patrimonio di base più quello supplementare dovranno essere dedotte le quote di partecipazione in altre imprese e le altre immobilizzazioni finanziarie. Al denominatore sarà indicato l’attivo ponderato per il rischio, RWA, ottenendo la seguente formula per la verifica del rapporto percentuale previsto. Patrimonio di Vigilanza (PatVig) Total Capital Ratio TCR =----------------------------------------------Æ 8% Attivo Ponderato x % di rischio (RWA) ∗ TCR vincola la crescita dell'attivo rischioso RWA, che può essere al massimo 12,5 volte più grande del PatVig: infatti, 12,5 moltiplicato 8 = 100. ∗ TCR è uno strumento di selezione della clientela sotto i profili della: - Rischiosità - Redditività 10
I coefficienti di ponderazione, in genere, non sono stati resi diffusi dalle Banche e, probabilmente, non lo saranno in futuro. Tuttavia, è verosimile ritenere che non si scosteranno in modo sostanziale da quelli normalmente usati dalle agenzie di rating esterno. Accettando per valida questa considerazione, è plausibile, in linea di massima, determinare con la seguente tabella le probabilità di default per le diverse classi di rischio. Coefficienti di ponderazione predefiniti – CP -
Esposizioni verso imprese private con rating esterno
Basilea 2 Basilea 1
da AAA a AA-
20%
Np
da A+ a A-
50%
Np
Da BBB+ a BB-
100%
Np
Inferiore a BB **
150%
Np
Esposizioni verso imprese private prive di rating 100% 100% Mutui ipotecari su immobili residenziali abitati 35% 50% Crediti garantiti da ipoteca su immobili non residenziali 100% 100% Esposizioni incluse nel portafoglio retail. (Requisiti da rispettare) 75% 100% (**) inclusi crediti in mora da oltre 90(180)giorni, non garantiti e senza accantonamenti specifici.
Sulla base dei coefficienti di ponderazione, è possibile delineare differenti ipotesi di crescita dimensionale della banca: Descrizione Totale attivo = Crediti concessi RWA – Risk weighted assets Total capital ratio a - Patrimonio Vigilanza b – Depositi Clientela c – Altre fonti: Interbancari Obbligazioni Totale Passivo = a + b + c
Coefficiente di ponderazione medio 100% 50% 25% 12.500
25.000
50.000
12.500*100% =12.500
25.000*50% =12.500
50.000*25% =12.500
8% 12.500 * 100%*8% = 1.000
8% 25.000*50%*8% = 1.000
8% 50.000*25%*8% = 1.000
10.000
10.000
10.000
1.500
14.000
39.000
12.500
25.000
50.000
Si può notare che, logicamente, il totale attivo corrisponde al totale passivo, ma che, nelle tre diverse ipotesi, il “peso” delle altre fonti è ben differente. Questa situazione determina il tasso d’interesse che la Banca applicherà al Cliente e che, come si vedrà al capoverso successivo, sarà più o meno oneroso a secondo delle situazioni: ∗ Di rating assegnato ai vari Clienti ∗ Delle fonti di provenienza del denaro necessario. XI. IL COSTO DEL DENARO
Al capoverso IX – L’adeguatezza patrimoniale delle banche -VIII il "capitale" è definito come "oggetto di vendita", che deve essere adeguatamente remunerato ed oculatamente gestito dal management degli Istituti di Credito quale componente di costo all'interno del pricing dei servizi bancari. In conformità a questo concetto e con riferimento alla tabella sopra esposta, è possibile ipotizzare il costo del denaro, tenendo presente le diverse composizioni del passivo, vale a dire delle fonti dalle quali è attinto il denaro per la concessione del credito. Si supponga la seguente situazione: ∗ La Banca, per il patrimonio di vigilanza a, che è costituito dai mezzi propri, si pone un obiettivo di remunerazione del 15% annuo. ∗ Ai depositi della clientela b, che copriranno il 30% dell’esposizione, deve essere riconosciuto un saggio d’interesse del 6%. ∗ Alle altre fonti c reperite sul mercato è assegnato un saggio del 7%, comprensivo del margine della banca. 11
Un foglio elettronico opportunamente predisposto potrà essere d’aiuto nella ripetitività dei calcoli, come da esempio seguente: Descrizione Crediti erogati = Totale attivo Total capital ratio RWA - Risk weighted assets a - Patrimonio di vigilanza % di remunerazione Importo interessi annui b - Depositi Clientela % su passivo % di remunerazione Importo interessi annui c - Altre fonti % di remunerazione Importo interessi annui
Perc. 8,00%
Coefficiente di ponderazione medio 100% 50% 25% 12.500 25.000 50.000
15,00% 30% 6,00% 7,00%
Totale Passivo % interessi applicati Totale Importo interessi annui Differenza % su costo minimo Differenza % su costo massimo
12.500 1.000
12.500 1.000
12.500 1.000
150 3.750
150 7.500
150 15.000
225 7.750
450 16.500 7,00% 1.155
900 34.000 7,00% 2.380
25.000 7,02% 1.755 2,33% -4,36%
50.000 6,86% 3.430 0,00% -6,84%
543 12.500 7,34% 918 7,00%
In fine, per poter meglio esporre regole e concetti, è stato redatto un foglio elettronico che evidenzia come probabilmente può variare il costo dl denaro al cambiare della classe di rating assegnato al Cliente. Si noterà che: ∗ L’importo del credito, € 50.000, è costante ∗ Sono state ipotizzate 5 coefficienti di ponderazione, iniziando dalla classe più rischiosa, 150% e terminando con la meno rischiosa, 50% ∗ Il costo del denaro potrebbe essere superiore del 9,12% per il Cliente con coefficiente di ponderazione del 150% rispetto a quello con coefficiente del 50% ∗ Il Cliente che ha un CP del 50% probabilmente avrà un saggio d’interesse inferiore dell’8,80% a quello dell’impresa con rating 150%. Descrizione Crediti erogati = Totale attivo Total capital ratio RWA - Risk weighted assets a - Patrimonio di vigilanza % di remunerazione Importo interessi annui b - Depositi Clientela % su passivo % di remunerazione Importo interessi annui c - Altre fonti % di remunerazione Importo interessi annui
Perc.
Coefficiente di ponderazione medio 150% 125% 100% 90% 50% 50.000 50.000 50.000 50.000 50.000
8,00% 75.000 6.000
62.500 5.000
50.000 4.000
45.000 3.600
25.000 2.000
900 15.000
750 15.000
600 15.000
540 15.000
300 15.000
900 29.000
900 30.000
900 31.000
900 31.400
900 33.000
2.030
2.100
2.170
2.198
2.310
50.000 7,66% 3.830 9,12%
50.000 7,50% 3.750 6,84% -2,09%
50.000 7,34% 3.670 4,56% -4,27%
50.000 7,28% 3.638 3,65% -5,23%
50.000 7,02% 3.510
15,00% 30,00% 6,00%
7,00%
Totale Passivo % interessi applicati Totale Importo interessi annui Differenza % su costo minimo Differenza % su costo massimo
-8,80%
Alla luce di queste considerazioni è evidente che le piccole e medie imprese che hanno da sempre trascurato l’analisi di bilancio relegando la contabilità a semplice strumento imposto dall’amministrazione, dovranno adeguare i loro sistemi di gestione alle nuove regole che Basilea 2 impone al sistema bancario e, di riflesso, anche a loro. 12
XII.
EVOLUZIONE oppure INVOLUZIONE DEL SISTEMA BANCARIO.
Il sistema bancario, in questi ultimi anni, ha subito importanti processi di trasformazione associati a mutamenti operativi e d’organizzazione, si pensi a: ∗ Privatizzazioni ∗ Aggregazioni ∗ Riorganizzazioni ∗ Acquisizioni ∗ Informatizzazione dei processi: - Trasformazione dei titoli da cartacei in elettronici - Internet che ha consentito: - Home banking o, se si preferisce, il remote banking - Trading on line. Il ruolo d’intermediario finanziario, la cui attività preminente era la raccolta delle risorse finanziarie dal privato per impiegarle presso le imprese ed il credito al consumo, si è ridimensionato, perché le Banche hanno esteso la loro attività al collocamento ed alla negoziazione dei titoli indirizzando i risparmiatori verso i mercati azionari ed obbligazionari. Il sistema bancario, che, di fatto, ha ispirato le regole di Basilea 2, le ha accettate e si è gradualmente adeguato: inevitabilmente, le grandi imprese, soprattutto quelle quotate in borsa, hanno dovuto uniformarsi al più complesso rapporto con gli Istituti di Credito. Non è stato così, invece, per la maggior parte delle piccole e medie imprese italiane, che considerano Basilea 2 come un’involuzione; si preoccupano, infatti, perché, sovente, proiettano al futuro le difficoltà che già oggi incontrano nell'accesso al credito, difficoltà che derivano dalla: ∗ Scarsa capitalizzazione ∗ Impreparazione nel corredare il bilancio da dati e notizie più esaurienti sulla gestione ∗ Assenza di un sistema di business plan per illustrare i piani strategici e di sviluppo ∗ Concentrazione bancaria: chi era affidato da più istituti che si sono aggregati, sovente, ha subito la riduzione degli affidamenti in essere o non ha ottenuto gli ampliamenti richiesti. La visione d’involuzione del sistema creditizio è sostanzialmente riconducibile ad almeno tre aspetti percepiti dalle piccole e medie imprese: ∗ La quasi totale scomparsa, con la sola rilevante eccezione delle Banche di Credito Cooperativo, delle tradizionali categorie di Istituti di Credito, ciascuna delle quali era presente sul territorio con consuetudini operative specifiche, che ora corrono il rischio di essere messe in disparte dalle nuove aggregazioni; si pensi, per esempio alla preminente funzione di tutela del piccolo risparmio delle: - Banche popolari - Casse di risparmio. ∗ Un'indagine della Banca d'Italia rileva che tra il 1997 e il 2002 si sono verificati ben 28.000 esodi anticipati di personale, le cosiddette “dimissione spintanee”, che hanno facilitato la sostituzione dei quadri più anziani con funzionari più giovani, ma hanno dato mutato la cultura aziendale e lo stile d’approccio alla clientela; si pensi ai rapporti che intercorrevano tra il cliente ed il direttore della banca o il settorista. Il ruolo delle Banche si è sempre dimostrato fondamentale: - Per la formazione, la tutela del risparmio e le decisioni finanziarie delle famiglie - Per la valutazione delle scelte d’investimento delle imprese - Per lo sviluppo del territorio. Per questa ragione occorre che le relazioni con la clientela siano ancora e sempre improntate alla continuità ed alla reciproca costante fiducia. Questa auspicata situazione è possibile solo se il centro decisionale non è eccessivamente separato dal territorio, non solo in termini di distanza, ma anche di conoscenza e siano concesse le necessarie deleghe ed autonomie. ∗ La riduzione del numero e dell’influenza degli Istituti di Credito locali con il conseguente: - Allontanamento dei centri decisionali dalle aree in cui opera la clientela degli Istituti di Credito
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- Minor capacità di cogliere tempestivamente le attese, i problemi e le potenzialità di svi-
luppo a causa della lontananza dei centri decisionali dal territorio e per la riduzione dei limiti delle deleghe. ∗ Si sono consolidate gestione ed organizzazione interna strettamente fondate su: - Razionalità delle scelte economiche basate unicamente sul rischio di credito, non sempre opportunamente valutato, piuttosto che sulla conoscenza diretta ed approfondita del cliente - Prevalenza dei dividendi e di politiche retributive dei quadri direttivi basate sui risultati economici raggiunti che tende a sostituire le finalità alle quali ciascuna banca storicamente orientava i suoi comportamenti. Le piccole e medie imprese, ma soprattutto le piccole, accettano questa svolta, ma sostengono che le regole di Basilea 2 non possono e non devono essere applicate dalle Banche in modo radicale, soprattutto nel breve periodo, per consentire loro di prepararsi al nuovo scenario che si prospetta. Per la verità, le piccole imprese non hanno dedicato molta attenzione all’evolversi di Basilea 2, e gli Istituti di Credito non hanno speso molti sforzi nell’informazione. Un sondaggio ha evidenziato una generale critica sulle informazioni ricevute dalla Banca: ∗ Alla domanda " Basilea 2 modificherà profondamente il rapporto banca/impresa; come valuta la qualità e la quantità d’informazioni che gli Istituti di Credito stanno fornendo alle imprese per chiarire come valuteranno in concreto la rischiosità dei propri clienti", le risposte sono state le seguenti: - 54% Assolutamente insufficiente - 33% Scarsa - 9% Sufficiente - 4% Non saprei - 0% Assolutamente adeguata Dunque, meno del 10% delle imprese ritiene sufficienti le informazioni ricevute dagli Istituti di Credito, nessuna ritiene di essere stata informata adeguatamente ed oltre la metà reputa gravemente insufficiente l'informativa ricevuta: certamente ciò significa un’involuzione dei rapporti tra banca e cliente. ∗ Alla domanda "In particolare, ritiene che le informazioni contenute nel bilancio possano condurre a valutazioni sbagliate riguardo al: - Valore - Capacità competitiva di un’impresa" Le risposte sono state le seguenti: - 17% Quasi sempre - 64% Spesso - 15% Raramente - 5% Quasi mai Solo il 20% delle imprese è convinto che il bilancio sia uno strumento in grado di rappresentare in modo adeguato valori e potenzialità dell'impresa. Appare inoltre che il bilancio è considerato inattendibile, lacunoso e che, in particolare, non illustra adeguatamente valori importanti quali: - La cultura d'impresa - Le risorse umane - Il reale valore del patrimonio - L'organizzazione - L'innovazione. XIII.
PMI e BANCHE: quale relazione?
E’ interessante richiamare alcuni passaggi di una recente ricerca commissionata da CRIF, gruppo internazionale specializzato nella realizzazione e nella gestione di sistemi di referenza creditizia e di supporto decisionale per il mercato del credito retail, ad Astra-Demoskopea per evidenziare il complesso rapporto tra le piccole e medie imprese italiane e gli Istituti di Credito. ∗ Quale banca vorrebbero le piccole e medie imprese italiane? ∗ Com’è descritto dalle PMI il loro rapporto con le istituzioni finanziarie? 14
Secondo gli intervistati, il rapporto tra imprese e banche, visto in generale, è ai limiti della sufficienza. Assegnato un punteggio di 1 al rapporto giudicato cattivo e di 10 ad uno ritenuto ottimo, il voto medio è stato a 5,3: ∗ Le imprese più piccole e quelle del nord-ovest sono state le più severe ∗ Le imprese più grandi e quelle del nord-est un po' più positive della media ∗ Il 60% degli intervistati ha espresso in un voto mediocre, 5 e 6 ∗ Il 20% ha giudicato cattivo il rapporto: voti da 1 a 4 ∗ Il 20%, considera discreto, buono od ottimo il rapporto, voti da 7 a 10. Il giudizio cambia radicalmente e diventa positivo se all'impresa è chiesto di esprimersi nel merito dei rapporti con la propria banca o quella preminente se l'azienda è in relazione con più istituti di credito. ∗ Il 75% delle PMI, che in più di quattro casi su cinque, negli ultimi 5 anni, ha avuto finanziamenti, definisce facili i propri rapporti con la banca: - Abbastanza facili il 66% - Molto facili il 9%. ∗ Il 25% si definisce scontento: - Poco facili il 19% - Per niente facili" o difficilissimi il 6%. Il giudizio sulla qualità dei rapporti tra le PMI e Banche erogatrici di finanziamenti è suddiviso come segue: ∗ 5,6% per niente facile ∗ 16,4% poco facili ∗ 8,1% molto facili ∗ 58,8% abbastanza facili ∗ 11,1% non ha chiesto o avuto finanziamenti Dunque, in generale, le critiche rivolte all’intero sistema bancario nel suo complesso, sono superiori agli assensi. Tuttavia, quando le PMI giudicano le Banche con le quali hanno un rapporto diretto e continuativo, la situazione migliora: sono ben tre su quattro le Piccole e Medie Imprese che definiscono la relazione con gli Istituti Finanziari “piuttosto agevole”. In ogni caso, restano alcune importanti critiche indirizzate al mondo bancario, particolarmente per quanto riguarda: ∗ I costi ∗ La burocrazia ∗ I tempi troppo lunghi ∗ L'eccessiva prudenza della banca ∗ La centralizzazione delle decisioni con depotenziamento del funzionario d'agenzia ∗ La rigidità delle condizioni ∗ La richiesta di garanzia ∗ La scarsa concorrenza tra le banche. E’ perciò evidente la richiesta di un significativo miglioramento qualitativo dell'importante area degli affidamenti alle Piccole e Medie Imprese. L’indagine mette in luce che: ∗ Il 75% del campione dimostra di avere capacità di cogliere le differenze qualitative delle Banche ed afferma che "alcune banche dimostrano una cultura del credito più moderna e aperta di quella di molte altre banche". ∗ L'85% sa bene che "le imprese non possono pretendere di ottenere sempre i finanziamenti che desiderano, poiché " l'accesso al credito non è un diritto, ma deve dipendere dalla valutazione specifica della solidità e della solvibilità dell'impresa" ed afferma che "una banca è adeguata se sa soddisfare due esigenze: - Limitare il proprio rischio di credito - Finanziare le imprese sane o con buone prospettive di sviluppo". ∗ Il 59% sostiene che "è giusto che le banche cerchino di diminuire il loro rischio del credito". 15
Dall’indagine emerge che anche le Piccole e Medie Imprese devono fare la loro parte per migliorare i loro rapporti con gli Istituti di Credito: in particolare "sarà utile, specie se chiedono finanziamenti, che esse siano consapevoli delle proprie caratteristiche, dei propri punti di forza e di debolezza, aumentando la propria capacità d’autodiagnosi". La questione delle informazioni appare decisiva: l'88% degli intervistati è consapevole che "sarà utile che tutte le banche in futuro possano disporre di numerose informazioni oggettive sulle imprese e sulla loro solvibilità", al fine di "permettere una concessione dei finanziamenti che sia ad un tempo più rapida, più efficiente e più equa". Le Piccole e Medie Imprese sembrano consapevoli del fatto che, per avere di più dalle banche, anche loro stesse sono chiamate a dare di più ed emergere il desiderio delle Imprese di trovare una migliore e più equilibrata intesa con il sistema bancario. Concludendo, quello che pare profilarsi, è un possibile nuovo accordo: ∗ Le Piccole Imprese si dichiarano orientate a fare sforzi per auto-valutarsi meglio e dare alla Banca informazioni veritiere, con un’apertura sincera ed allargata ∗ Chiedono alle banche un miglioramento con l'introduzione e l'applicazione di criteri di concessione del credito "il più possibile oggettivi, trasparenti ed equi". ∗ Pretendono "valutazioni motivate con chiarezza " ∗ Rapidità d’accesso al credito. XIV.
BASILEA 2 E LE PICCOLE E MEDIE IMPRESE
L’economia italiana è formata da un fitto tessuto d’imprese, che non trova riscontro in altri paesi dell’Unione Europea, la maggior parte delle quali incontra difficoltà ad accettare, applicare e valutare le risoluzioni di Basilea 2, che imporranno, tra il 2006 ed il 2007, un nuovo modo di gestire il rapporto tra banca e impresa ed auspicano che, in considerazione della peculiarità dell’economia nazionale, gli Istituti di Credito s’adattino alle particolari esigenze del mercato. L’Istat, con riferimento al 2003, fornisce i seguenti dati sulle dimensioni delle Imprese Italiane.
ADDETTI da ..a 1 2-9 10-19 20-49 50-249 250 e più Totale
Industria Imprese 186.134 260.489 55.984 26.165 10.720 1.534 541.026
Addetti 186.723 1.027.677 749.900 772.479 1.023.065 1.175.840 4.935.684
ATTIVITA' ECONOMICHE Commercio e alberCostruzioni Altri servizi ghi Imprese Addetti Imprese Addetti Imprese Addetti 290.180 291.413 856.540 854.306 1.138.602 1.133.665 229.693 801.303 624.012 1.967.590 434.031 1.345.579 21.246 273.519 33.937 436.886 25.837 339.161 5.879 168.505 10.194 296.029 11.880 356.957 1.275 108.070 3.003 273.221 1.2102 622.763 84 48.741 438 442.920 1.316 1.594.577 548.357 1.691.551 1.528.124 4.270.952 1.617.878 5.392.702
TOTALE Imprese 2.471.456 1.548.225 137.004 54.118 2102.0 3.372 4.235.385
Addetti 2.466.107 5.142.149 1.799.466 1.593.971 2.027.119 3.262.078 16.290.888
Con ciò premesso, è necessario parlare dell’esigenza, ormai improrogabile per le aziende italiane, di fare un esame complessivo e critico della loro organizzazione amministrativa e gestionale e procedere ad una riconsiderazione del loro modo di organizzarsi e di porsi sul mercato: dovranno, in altre parole, migliorare il loro modo di “fare impresa”. Si dovrà porre fine a gestioni aziendali improvvisate, impostate sulla logica del “ giorno per giorno”, svincolate da qualsiasi considerazione sui piani strategici e finanziari e dagli indici di Bilancio: il futuro contesto economico, caratterizzato da esasperata concorrenza, spiccata variabilità della domanda ed elevato tasso d’innovazione tecnologica, cui si aggiungeranno, in qualche misura, le difficoltà d’accesso al credito per effetto delle risoluzioni di Basilea 2, premierà le imprese “virtuose”, efficienti, con palesi capacità reddituali e solide strutture patrimoniali. Le Imprese che, per incapacità, mancanza di volontà o insufficienza di struttura amministrativa, non avranno: ∗ Organizzato una raccolta ed un’analisi oggettiva di dati e di processi ∗ Percepito l’utilità di un sistema di budgeting per evolvere la gestione da intuitiva ed informale ad organizzata e pianificata per superare, al loro apparire, eventuali difficoltà aziendali, adeguandosi anche all’evoluzione del sistema economico
16
∗ Saputo indirizzare le proprie scelte di gestione su criteri dettati da un’attenta analisi dei dati
di bilancio ed amministrativi, probabilmente, incontreranno difficoltà a gestire: nuovamente si evidenzia la necessità per gli imprenditori di migliorare la loro azienda non per gli altri, ma soprattutto per garantire continuità all’impresa. Gli strumenti e le risorse necessari per iniziare il cambiamento riguardano: ∗ Il controllo di gestione, che è l'insieme di strumenti che consentono: - La previsione - La misurazione - La valutazione - La comunicazione alle funzioni operative delle performance aziendali, utili alla presa di decisioni nell'ambito del processo direzionale. Il controllo di gestione è abitualmente affidato all’audit interno vale a dire ad una funzione indipendente di staff, anche se interna, orientata a: - Introdurre una mentalità "amministrativa" " della gestione" non meramente "contabile" - Adottare strutture contabili adatte. - Dotarsi d’opportuni programmi gestionali: Erp - Permettere un continuo e tempestivo monitoraggio dell'attività aziendale manageriale - A prevenire rischi di natura operativa e/o finanziaria - Garantire autenticità e veridicità dei dati di bilancio - Garantire la validità di base dei dati consuntivi che riguardano: - Conto economico - Stato patrimoniale - Cash flow - Garantire verifiche periodiche degli scostamenti tra risultati periodici e la pianificazione a medio/lungo periodo - Sorvegliare sulla stesura e la fattibilità del Piano a medio termine, suddiviso in budget di breve periodo: - Generale - Degli investimenti - Delle vendite per settore - Per centro di costo - Delle spese fisse - Delle spese variabili ∗ La pianificazione finanziaria deve analizzare pluralità e tipologia degli istituti con cui s’intrattengono rapporti per trovare in anticipo le adeguate coperture finanziarie e passare dalla gestione reattiva del “ giorno per giorno” alla previsione e gestione dei flussi di denaro ed all’attenzione del rapporto tra: - Debiti a breve e debiti a medio-lungo termine - Indebitamento e mezzi propri - Utilizzi ed affidamenti XV.
GLI STRUMENTI FINANZIARI
Il primo aspetto finanziario da definire è la dimensione ottimale del capitale proprio, il patrimonio netto, per permettere la sostenibilità dell'efficienza operativa e finanziaria dell'impresa. Il capitale proprio è formato da: ∗ Capitale sociale, che produce liquidità unicamente per la parte versata ∗ Aumento di capitale con ricorso ai soci ∗ Aumento di capitale con ricorso a private equity o venture capital ∗ Ricorso alla Borsa, nei vari segmenti ∗ Autofinanziamento: gli utili, tutti o in parte, sono destinati a riserva ∗ Accantonamenti a fondi di varia natura. Oltre al capitale proprio, per una miglior gestione della disponibilità liquida, sono disponibili strumenti finanziari riducibili a due grandi categorie di risorse e possono essere di:
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∗ Breve periodo - Sono costituiti dagli affidamenti bancari, servono, di solito, a finanziare il "capitale circolante" costituito dai crediti e dalle rimanenze, le scorte di magazzino; non è prudente utilizzarli finanziare il cosiddetto "attivo fisso", vale a dire le immobilizzazioni, perché possono creare una situazione di debolezza finanziaria intrinseca. I principali strumenti di questa categoria sono: - Apertura di credito in conto corrente a revoca - Apertura di conto corrente a scadenza - Sconto di portafoglio, il cosiddetto SBF: salvo buon fine - Anticipo su ordini - Anticipo fatture - Factoring: la cessione del credito ∗ Medio lungo periodo - Di norma hanno piani di rimborso superiori al 12 mesi, dovrebbero essere utilizzati per gli investimenti e non per integrare il capitale circolante e sono: - Finanziamento soci nel rispetto delle norme che regolano la thin capitalization - Prestiti partecipativi: il costo del finanziamento grava sull'impresa, ma l'obbligo di rimborso incombe sui soci - Finanziamenti di durata superiore ai 12 mesi, chirografari o privilegiati - Leasing finanziario o locazione finanziaria, adatto a finanziare acquisto di cespiti; - Leasing operativo, rappresentato dai noleggi ed affitti, che consente all'impresa di utilizzare beni durevoli senza acquisire né la proprietà né i rischi connessi: l’utilizzatore ha il possesso del bene, mentre la proprietà rimane alla società finanziaria, la quale deve anche provvedere alle eventuale coperture assicurative, alle manutenzioni ed alle riparazioni. Al termine del contratto il bene è restituito alla proprietà. XVI.
L’ EVOLUZIONE DELL’ORGANIZZAZIONE AMMINISTRATIVA
Le imprese in questa necessaria opera di cambiamento organizzativo e, prima di tutto, di mentalità operativa, dovranno almeno conoscere ed utilizzare i principali strumenti d’analisi di bilancio, per farli diventare il punto di riferimento della gestione e per soddisfare le imminenti risoluzioni previste da Basilea 2, indispensabili per un buon rapporto con il sistema bancario. La struttura economica, finanziaria e patrimoniale delle imprese, infatti, come già sostenuto in precedenza, sarà periodicamente sottoposta alla valutazione da parte degli Istituti di Credito e si potranno ottenere finanziamenti ed affidamenti, solo se l’analisi darà esito soddisfacente. L’analisi del bilancio, trascurata dalla maggior parte delle piccole e micro imprese, ha lo scopo di analizzare ed evidenziare le inefficienze strutturali dell’azienda per orientare le decisioni dell’imprenditore sulla base degli indicatori economici e finanziari, analisi che deve essere fatta per la sopravvivenza stessa dell’impresa o, se non altro, per impedire una più o meno rilevante riduzione dei margini di profitto e di quote di mercato. Le Banche e le agenzie di rating, tra i vari documenti e le differenti informazioni di cui possono disporre, attribuiscono una rilevante importanza al bilancio redatto secondo gli standard previsti dalla IV direttiva dell’Unione Europea, dalla cui analisi ottengono i dati necessari alla determinazione di molti indici. Ogni impresa, per tanto, dovrà necessariamente organizzare procedure proprie che consentano loro d’auto valutarsi periodicamente. In particolare sarà utile fare esperienza nella: ∗ Riclassificare il bilancio di verifica ∗ Determinare gli indici economici ∗ Determinare gli indici patrimoniali ∗ Determinare gli indici finanziari ∗ Determinare gli indici di produttività ∗ Analizzare i flussi di cassa (cash flow) ∗ Valutare gli indici individuati attraverso un paragone con quelli di un precedente periodo. Per una corretta valutazione per indici e per flussi della situazione economica, finanziaria e patrimoniale dell’azienda, occorre riclassificare il bilancio di verifica secondo gli standard previsti dall’Unione Europea e redigere alcuni prospetti come più oltre sarà illustrato.
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E’ ovvio che i valori devono esser veri e corretti: perché mentire a se stessi? E’ difficile mentire agli altri: “Le bugie hanno le gambe corte”! E’irragionevole per esempio sopravvalutare le rimanenze o considerare esigibili crediti verso clienti che, invece, non saranno mai riscossi. a. LO STATO PATRIMONIALE RICLASSIFICATO Dopo aver redatto il bilancio in formato UE, attingendo i dati dal bilancio di verifica, si organizzeranno i dati dello stato patrimoniale attivo come segue: ∗ Le voci devono essere ordinate in ordine di liquidità crescente e suddivise in due grandi gruppi: - Attivo fisso che comprende tutte le immobilizzazioni al netto degli ammortamenti - Attivo circolante, diviso a sua volta in: - scorte, - liquidità differita rappresentata dai vari crediti - liquidità immediata vale a dire la cassa, i conto correnti attivi ed i titoli Secondo l’esempio che segue, valorizzato per una più chiara interpretazione: STATO PATRIMONIALE ATTIVO AF = ATTIVO FISSO
LD = LIQUIDITA’ DIFFERITA
LI = LIQUIDITA’ IMMEDIATA AC = ATTIVO CIRCOLANTE
IMMOBILIZZAZIONI
Immateriali Materiali Finanziarie
TOTALE Prodotti finiti, semilavorati S = SCORTE Materie prime TOTALE Verso Clienti C = CREDITI Verso Altri TOTALE Scorte più Crediti uguale Totale LIQUIDITA DIFFERITA Cassa Banche e depositi DISPONIBILITA’ LIQUIDA Effetti attivi Titoli ed azioni TOTALE Liquidità Differita più Immediata ATTIVO CIRCOLANTE TA = ATTIVO FISSO più ATTIVO CIRCOLANTE uguale TOTALE ATTIVO
€ 20 € 250 € 30 € 300 € 70 € 30 € 100 € 300 € 100 € 400 € 500 € 5 € 35 € 6 € 4 € 50 € 550 € 850
∗ Le voci del passivo devono essere raggruppate in ordine d’esigibilità decrescente e sono for-
mate da: - Patrimonio netto, vale a dire i finanziamenti interni o mezzi propri - Passività consolidate, rappresentata da tutti i debiti oltre l’anno - Passività correnti: i debiti con scadenze entro l’anno. I debiti consolidati e correnti rappresentano l’insieme dei finanziamenti di fonte esterna, il capitale di credito o di terzi finanziatori. STATO PATRIMONIALE PASSIVO CS = CAPITALE SOCIALE
PN = PATRIMONIO NETTO
RI = RISERVE
Capitale sociale Riserve Utile d’esercizio Perdita d’esercizio TOTALE TOTALE
PL = PASSIVO A MEDIO LUNGO TERMINE
PASSIVO CONSOLIDATO
PB = PASSIVO A BREVE TERMINE
PASSIVO CORRENTE
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Mutui passivi TFR Debiti bancari a medio lungo Altri debiti a medio lungo TOTALE D = Fornitori Scoperti di c/c Debiti bancari a breve Altri debiti a breve TOTALE
€ 200 € 40 € 20 - € 10 € 50 € 250 € 200 € 100 € 130 € 20 € 450 € 70 € 20 € 50 € 10 € 150
CC = CAPITALE DI CREDITO Passivo Consolidato più Corrente TOTALE PATRIMONIO NETTO più PASSIVO A MEDIO LUNGO più PASSIVO A BREVE uguale TOTALE PASSIVO
€ 600 € 850
Nelle imprese individuali non esiste né capitale sociale né riserve: il patrimonio netto è costituito dalla sola voce “capitale netto”, derivante dalla differenza fra attività e passività. Le passività costituiscono le fonti, vale a dire gli apporti, interni e da terzi, mentre le attività raffigurano gli impieghi, fissi e circolanti, realizzati con l’utilizzo dei finanziamenti. Le due sezioni dello Stato Patrimoniale attivo e passivo devono sempre coincidere come valore: totale attività = totale passività. b. IL CONTO ECONOMICO RICLASSIFICATO La forma scalare del conto economico scompone la complessità della gestione in tre aree e consente un’analisi molto utile per comprendere l’andamento dell’impresa, perché il risultato finale, utile o perdita, è suddiviso nelle sue componenti principali ed è così possibile individuare quindi l’area sulla quale eventualmente intervenire. In particolare la complessità della gestione è divisa in tre aree: ∗ Caratteristica - Riguardante l’attività tipica dell’azienda ∗ Finanziaria - Rileva gli interessi sui capitali dati e presi in prestito ∗ Straordinaria – Riguardante le operazioni una tantum, non rientranti nella normale attività imprenditoriale, come per esempio: - L’alienazione di cespiti - Le sopravvenienze, le plusvalenze e le insussistenze attive - Le sopravvenienze, le minusvalenze e le insussistenze passive - I ricavi straordinari - I costi straordinari. Nel caso in cui si predisponga un conto economico in forma a scalare slegato dal modello imposto dall’ UE, si otterrà dall’esame della gestione caratteristica, un risultato intermedio, il primo margine lordo, o primo margine industriale, con il quale si quantifica il ricarico delle vendite, ottenuto dalla differenza tra fatturato e costo del venduto. Si tenga presente che i due valori succitati si determinano con criteri diversi da quelli del bilancio europeo, criteri che sono brevemente esposti di seguito. I ricavi, sia per le imprese che esercitano attività di commercio sia per quelle manifatturiere, sono unicamente quelli che derivano dalla gestione caratteristica e, contrariamente al valore della produzione del bilancio europeo, non comprendono le variazioni delle rimanenze finali, Le imprese che esercitano unicamente un’attività di commercio, otterranno il costo del venduto semplicemente con la formula: Rimanenze iniziali
più
Acquisti
meno
Rimanenze finali
Le imprese manifatturiere determinano, invece, il valore del costo del venduto con una quantità maggiore di dati ed è formato da: ∗ Consumi di: - Materie prime - Sussidiarie - Accessorie ∗ Costi di trasformazione formati da: - Mano d’opera diretta - Lavorazioni esterne - Ammortamenti e leasing dei centri produttivi - Consumi energetici - Materiali di consumo industriali Gli Istituti di Credito, le società di rating e gli analisti dispongono unicamente del bilancio redatto in forma europea, che prevede raggruppamenti di valori molto più sintetici di quelli analitici previsti da quello riclassificato all’interno dell’azienda ai fini della gestione.
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Per questa ragione, dovendo rispettare i criteri generali di Basilea 2, che hanno per base il bilancio europeo, la tabella seguente fa riferimento al criterio generalmente applicato e, per l’identico motivo, anche il primo margine industriale differisce nei due criteri di riclassificazione. Da un attento esame del conto economico europeo si potranno rilevare i valori contraddistinti da lettere dell’alfabeto e giungere ai risultati desiderati.
AREE DELLA GESTIONE CARATTERISTICA
FINANZIARIA STRAORDINARIA
Cod
DESCRIZIONE
V RICAVI DELLE VENDITE Esistenze iniziali A Acquisti S Rimanenze finali CV COSTO DEL VENDUTO ML MARGINE LORDO Costi commerciali Costi amministrativi Costi industriali Costo del personale Accantonamento Tfr AM Ammortamenti Altri costi COSTI DI STRUTTURA RO RISULTATO OPERATIVO PF Proventi finanziari OF Oneri finanziari GF TOTALE GESTIONE FINANZIARIA PS Proventi straordinari OS Oneri straordinari GS TOTALE GESTIONE STRAORDINARIA RISULTATO ANTE IMPOSTE I IMPOSTE SUL REDDITO R RISULTATO NETTO D'ESERCIZIO
IMPORTI Parziali Totali 1.100,00 -120,00 -500,00 100,00 -520,00 580,00 -20,00 -40,00 -15,00 -70,00 -15,00 -10,00 -5,00 -175,00 405,00 100,00 -350,00 -250,00 25,00 0,00 25,00 180,00 -95,00 85,00
XVII. INDICI e CASH FLOW
Gli indici, in termini tecnici “ratios”, di qualsiasi natura essi siano, esprimono un dato che è fondamentale per interpretare l’andamento dell’impresa. Gli indici sono statici, perché solitamente sono riferiti ad un periodo della gestione, solitamente la fine dell’esercizio. Per poter valutare ogni indice, è necessario un confronto su almeno tre anni consecutivi, oppure su diversi periodi dello stesso esercizio od anche su identici periodi di diversi esercizi: è così possibile fare un’analisi dinamica dell’andamento dell’impresa nel tempo e verificare la tendenza, positiva o negativa, di quel particolare indice. La tabella che segue, formulata per una migliore interpretazione della composizione degli indici, si riferisce agli schemi di riclassificazione dello stato patrimoniale e del conto economico esposte nei precedenti paragrafi. SIGLA AC AF CC CS C D LD LI PB PL PN
VOCI STATO PATRIMONIALE ATTIVO CIRCOLANTE ATTIVO FISSO - IMMOBILIZZAZIONI CAPITALE DI CREDITO CAPITALE SOCIALE CREDITI FORNITORI LIQUIDITA' DIFFERITA LIQUIDITA' IMMEDIATA PASSIVO A BREVE PASSIVO A MEDIO LUNGO PATRIMONIO NETTO
LEGENDA SIGLA A AM CV GF I ML OF PF OS PS V 21
VOCI CONTO ECONOMICO ACQUISTI AMMORTAMENTI COSTO DEL VENDUTO GESTIONE FINANZIARIA IMPOSTE SUL REDDITO MARGINE LORDO ONERI FINANZIARI PROVENTI FINANZIARI ONERI STRAORDINARI PROVENTI STRAORDINARI RICAVI DELLE VENDITE
RI S TA TP
RISERVE SCORTE TOTALE ATTIVO = Totale Impieghi TOTALE PASSIVO = Totale fonti
S R RO
RIMANENZE FINALI RISULTATO NETTO D'ESERCIZIO RISULTATO OPERATIVO
Gli Istituti di Credito, tanto meno le Agenzie di rating, come già asserito, non hanno indicato quali indici usano per l’assegnazione del rating e, probabilmente, almeno in un prossimo futuro, non lo spiegheranno. Tuttavia, è probabile che la scelta sia stata indirizzata almeno tra quelli più comunemente utilizzati e conosciuti di natura: ∗ Economica ∗ Patrimoniale ∗ Finanziaria Ai quali sarà dedicata, nella tabella che segue, l’attenzione necessaria per spiegare il significato ed il criterio con cui sono determinati: alcuni indici sono esposti in valore assoluto, altri con un rapporto ed altri ancora in percentuale. Gli indici economici analizzano la capacità di produrre utili e valutano:
∗ ∗ ∗ ∗
Il rapporto tra l’utile netto ed il patrimonio netto Il rapporto tra utile operativo e gli investimenti, rappresentati dal totale attivo La quota d’utile generata con la gestione straordinaria Il rapporto tra un tipo d’utile e l’altro Indice
1. ROE Return On Equity
2. ROI Return On Investment
Commenti Il valore del Capitale proprio al denominatore non deve contenere il risultato economico di periodo o la quota da destinare a riserva. E’ il rendimento del cosiddetto capitale di rischio: quello investito dai soci o dall’imprenditore. In pratica, è l’interesse maturato, per effetto della gestione, sui mezzi propri investiti in azienda. Il ROE è confrontato con i tassi di rendimento alternativi presenti sul mercato, in genere quello dei Titoli di Stato, che presentano un rischio d’impresa quasi inesistente ed è considerato soddisfacente se è maggiore. Pertanto, il ROE dovrebbe essere maggiore d’alcuni punti percentuali per essere considerato accettabile e per coprire il rischio d’impresa insito in qualsiasi tipo d’attività economica. Il ROI rivela la percentuale di rendimento del risultato operativo rispetto al totale attivo e rappresenta la redditività della gestione caratteristica riferita a tutto il capitale investito, quindi anche quello di terzi preso a prestito. Il ROI è confrontato con i tassi d’interesse presenti sul mercato ed è considerato accettabile se è maggiore del Prime Rate bancario presente sul mercato finanziario. Il ROI è il risultato soltanto dalla gestione caratteristica, pertanto non considera la gestione: ∗ Finanziaria ∗ Atipica ∗ Straordinaria ∗ Le imposte sul reddito. 22
Formula
Risultato Netto diviso Patrimonio netto
R/PN
Risultato Operativo diviso Totale Attività
RO/TA
Inoltre il ROI è punto di riferimento per considerazioni riguardanti la convenienza circa il ricorso a nuovi indebitamenti: se è più alto del Prime Rate è conveniente indebitarsi. Al risultato operativo RO - Valore meno Costo della produzione - è possibile sostituire il MOL, per non influenzare il ROI con gli ammortamenti Indice
3. ROS Return On SalesErrore. L'origine riferimento non è stata trovata.
4. NON
Gestione non Caratteristica
Commenti E’ il rapporto tra utile operativo e le vendite nette: l’indice è tanto più soddisfacente quanto più è elevato. Il ROS aumenta con l’aumentare dei ricavi e con il diminuire dei costi: i ricavi possono aumentare sia incrementando il volume delle vendite, sia aumentando i prezzi. In regime di libera concorrenza è difficile aumentare sia il volume di vendita sia i prezzi; infatti, di norma, un aumento dei prezzi causa una contrazione del volume delle vendite. Per questo motivo il valore del ROS deve sempre essere analizzato assieme al tasso di rotazione degli impieghi. Esprime l’incidenza della gestione non caratteristica sul risultato operativo. Fatto 100% il risultato netto d’esercizio quanta % è attribuita alla gestione straordinaria. La differenza tra risultato operativo e risultato economico è attribuita alla gestione finanziaria, alla gestione atipica, alla gestione straordinarie ed alle imposte sul reddito.
Formula
Risultato Operativo diviso Vendite
RO/V
1 meno Risultato Netto diviso Risultato Operativo
1- (R / RO)
Gli indici patrimoniali e finanziari analizzano la struttura degli investimenti e dei finanziamenti e valutano:
∗ ∗
La validità della struttura patrimoniale
∗ ∗ ∗
Unicamente all’Attivo
∗ ∗
Il capitale proprio contenga anche la quota d’utile da destinare a riserve
La capacità dell’azienda di mantenerla nel tempo. Possiamo avere pertanto indici di che si riferiscono: Unicamente al Passivo
Sia all’attivo sia al Passivo. E’ regola che nella determinazione di questo tipo d’indici: Le passività correnti accolgano la quota d’utile da distribuire ai soci. Indice Commenti 5. Equity Assets Ratio Rapporto Mezzi propri Immobilizzazioni
6. Copertura Immobilizzazioni (con capitale permanente)
7. Il Capitale di credito
L’indice misura la capacità dell'azienda d’auto finanziare le immobilizzazioni tecniche e finanziarie. I giudizi generalmente applicati sono: Indice > 0,7 0 Buona solidità Indice tra 0,50 e 0,70 Scarsa solidità Indice < 0,33 Situazione di pericolo L’indice raffronta il capitale permanente, costituito dai mezzi propri e di terzi a medio e lungo termine, con le immobilizzazioni tecniche e finanziarie. Esprime la capacità dei capitali apportati dai soci o dai terzi di coprire le immobilizzazioni. Indice < 1 Situazione non soddisfacente Indice > 1 Situazione soddisfacente Il Capitale di Credito è rappresentato dalla differenza tra: Totale Passivo ed il Patrimonio Netto E’ costituito dai finanziamenti ricevuti che devono essere restituiti nel breve e/o nel medio periodo.
23
Formula
Patrimonio Netto diviso Attivo Fisso
PN / AF
Patrimonio Netto più Passività Medio Lungo diviso Immobilizzazioni
(PN + PL) / AF
Totale Passivo meno Patrimonio Netto
meno
TP
PN
8. Autonomia Finanziaria
Indice
9. Indebitamento (Finanziamento di Terzi)
10. Copertura Attivo (mezzi propri)
11. Acid Test - Liquidità (Margine di Tesoreria) (valore assoluto)
12. Acid test – Liquidità (Margine di Tesoreria) (percentuale)
13. Quick Ratio (Margine di liquidità) (valore assoluto)
14. Quick Ratio (Margine di liquidità (percentuale)
15. Current Ratio (Margine di disponibilità) (valore assoluto) 16. Current Ratio (Margine di disponibilità (percentuale)
Questo indice calcola quanta parte di un euro di finanziamenti proviene da mezzi propri: più è alto e più l’impresa si autofinanzia. Viceversa, più è basso, più l’impresa ricorre a fonti esterne per finanziare gli investimenti. Un rapporto pari o inferiore 50% indica scarsa autonomia.
Commenti Il complemento a 1 dell’indice d’autonomia finanziaria indica il grado di ricorso a finanziamenti di terzi.
E’ una seconda interpretazione dell’Autonomia Finanziaria. Se il suo valore è superiore a 1, significa che gli investimenti sono finanziati anche con mezzi esterni, come avviene nella generalità dei casi: il suo valore aumenta proporzionalmente al crescere della dipendenza finanziaria da terzi. La tendenza è quella di giudicare la struttura finanziaria: Indipendente = 1 Buona = Tra 1,5 e 2 Tendenza allo squilibrio = Tra 2 e 3 Squilibrata = oltre 3 Misura la capacità di fronteggiare gli impegni a breve con le disponibilità propriamente liquide. Questo indice, a differenza del current ratio, non considera le risorse investite nelle scorte. Un segno negativo del margine significa che l’impresa ha difficoltà a far fronte agli impegni assunti a breve termine, con la liquidità immediata ed i crediti. In una situazione finanziaria equilibrata l'indice deve tendere a 1. Tale valore rivela, infatti, il rapporto tra i debiti a breve e le risorse immediatamente disponibili per soddisfarli. Riprende il concetto del margine di tesoreria, ma comprende anche l’attivo a medio lungo termine ed esclude le scorte. L’indice espresso in % indica quanto passivo a breve è coperto dall’attivo circolante, con esclusione delle scorte: la percentuale deve tendere a superare 1%. Riprende il concetto del margine di tesoreria, ma comprende anche le scorte nell’ipotesi di doverle immediatamente vendere per fronteggiare gli impegni. E’ la capacità di pagare i debiti a breve utilizzando le disponibilità a breve. E’ soddisfacente un indice vicino a 2, se è inferiore a 1 segnala problemi di solvibilità nel breve periodo. 24
Patrimonio Netto diviso Capitale di Credito
PN/CC
Formula
1 meno (Patrimonio Netto diviso (Totale Passivo meno Patrimonio Netto)
1-(PN/(TP-PN)
Totale Attività diviso Patrimonio netto
TA/PN
Liquidità Immediata più Crediti meno Passivo Corrente
LI+C-PB
(Liquidità immediata più Crediti) Diviso Passivo Corrente Attivo Circolante meno Scorte meno Passivo Corrente (Attivo circolante meno Scorte) diviso Passivo Corrente
(LI+C) / PB
AC – S – PB
(AC – S)/PB
Attivo Circolante meno Passivo Corrente
AC – PB
Attivo Circolante diviso Passivo Corrente
AC – PB
17. Rapporto tra Passivo a Breve e Totale Indebitamento Indice 18. Elasticità degli Impieghi 19. Elasticità del Passivo
E’ il rapporto tra passivo a breve ed il Capitale di Credito. Un eccessivo indebitamente a breve può causare problemi finanziari, in modo particolare se destinato ad investimenti a lungo termine: le immobilizzazioni. Commenti E’ il rapporto tra impieghi a breve e totale degli investimenti ed esprime l’elasticità della struttura attiva patrimoniale. Misura il rapporto tra il passivo a breve termine ed il Totale Passivo. E’ preferibile un rapporto il più basso possibile.
Passivo a Breve diviso (Totale Passività meno Patrimonio Netto)
PB//(TP-PN)
Formula
Attivo circolante diviso Totale attività
AC/TA
Passivo a Breve diviso Totale Passivo
PB / TP
Per una corretta interpretazione degli indici di rotazione è opportuno evidenziare che: VENDITE – ACQUISTI – COSTO DEL VENDUTO iniziano da zero al 1° gennaio di ciascun anno e crescono nel
corso dell’esercizio.
CREDITI VERSO CLIENTI – DEBITI VERSO FORNITORI – SCORTE riprendono i valori del 31 Dicembre del precedente esercizio.
Per questa ragione la valutazione ha significato solo paragonando i risultati con quelli della fine di ciascun precedente esercizio. Nel corso dell’esercizio, per una migliore valutazione, è opportuno tradurre gli indici di rotazione in giorni presunti di rotazione annui, con la seguente formula: 365 diviso ( Vendite, oppure Acquisti o Costo del Venduto diviso Giorni del Periodo moltiplicato 365 diviso Crediti, oppure Debiti o Scorte) L’indice individua quanto vende l’impresa in rapporto alla sua dimensione ed esprime il numero di volte in cui il capitale investito ritorna sotto forma di vendite in un anno amministrativo. Se l’indice è 12 significa che il capitaVendite 20. ROT le investito ritorna sotto forma di vendite una volta al mese: l’indice auRotazione V/TA diviso menta con l’aumentare del volume Capitale Investito Totale attivo delle vendite. Il ROT ed il ROS contribuiscono alla definizione del ROI. ROI = ROS x ROT Un aumento del ROS sovente è causa di diminuzione del ROT e viceversa. E’ una scomposizione della rotazione 21. Rotazione V/AF Vendite del capitale investito analizzato nella Capitale Fisso diviso sua parte fissa. Attivo fisso 22. Rotazione Capitale Circolante
23. Rotazione Crediti Clienti
24. Rotazione Pagamento Fornitori
E’ una scomposizione della rotazione del capitale investito analizzato nella sua componente circolante. E’ un’altra scomposizione del capitale circolante che analizza la rotazione dei crediti verso Clienti, che devono essere esposti al netto dell’Iva, oppure le vendite devono comprenderla. Definisce quante volte mediamente, nel periodo considerato, sono stati incassati i crediti. L’indice aiuta a desumere un miglioramento od un peggioramento delle condizioni di vendita: quanto più è alto, tanto più sono veloci gli incassi. I debiti verso fornitori devono essere al netto dell’Iva, oppure gli acquisti devono comprenderla. L’indice aiuta a desumere un miglio25
Vendite diviso Attivo Circolante
Vendite diviso Crediti verso clienti
Acquisti Diviso Debiti Fornitori
V/AC
V/C
A/D
ramento od un peggioramento delle condizioni d’acquisto: quanto più è alto, tanto più sono veloci i pagamenti Indica quante volte le rimanenze si Costo Venduto rinnovano e segnala il verificarsi di 25. Rotazione diviso CV/S situazioni di “sovrascorta” o “sottoMagazzino Scorte scorta” all’interno del magazzino. Gli indici di produttività sono poco attendibili perché scaturiscono dal rapporto tra i dati di bilancio, che sono considerati attendibili, ed il numero degli addetti, non solo dei dipendenti diretti ed indiretti, ma anche degli occasionali, dei soci lavoratori, dei collaboratori e di chiunque altro abbia partecipato alla produzione nel periodo considerato. Il numero degli addetti non è collegato a dati di bilancio e, per tanto, l’indice è poco attendibile perché strettamente collegato all’organizzazione della produzione, che potrebbe in larga parte essere affidata a terzi. Indice Commenti Formula La produttività è il rapporto tra risultati raggiunti e mezzi impiegati. Se l’impresa punta alla produzione di mille unità, in un certo periodo, sarà più produtVendite tiva la combinazione industriale che richie26. Ricavi medi diviso V/ Nr. Addetti derà meno operai o meno beni strumentali, Per Addetto Numero Addetti per raggiungere l’obiettivo. Il primo indice è riferito al fattore produttivo ed è il rapporto tra le vendite ed il numero d’addetti 27. Risultato Operativo Per Addetto
28. Investimenti per Addetto
Valgono le considerazioni fatte per il precedente indice. Considera il capitale investito, rappresentato dalle immobilizzazioni materiali e immateriali ed indica il costo di ciascun posto di lavoro. Non è propriamente un’espressione di produttività, bensì un metro del grado di “industrializzazione” dell’impresa. Per cui un elevato valore dell’indice dovrebbe essere sinonimo d’alta tecnologia ed automazione nel processo produttivo.
29. Flussi di cassa – Cash Flow Descrizioni A - Cash flow prodotto Indica l'ammontare delle risorse finanziarie procurate dalla gestione Risultato d'esercizio Trattamento di fine rapporto Trattamento di quiescenza e simili Ammortamenti e svalutazioni Accantonamenti per rischi Altri accantonamenti B - Correzione del Cash flow Analizza l'impiego delle risorse finanziarie prodotte Variazione delle rimanenze Variazione Liquidità differita a breve Variazioni dei debiti a breve C - Flussi disponibili ( A + B) D - Flussi Utilizzati Variazione finanziamenti a Medio Lungo Variazioni Capitale Sociale Variazioni Immobilizzazioni E - Saldo finanziario netto ( C + D) XVIII. ESEMPIO DI VALUTAZIONE DEGLI INDICI
Risultato Operativo diviso Numero Addetti
RO/ Nr. Addetti
Immobilizzazioni Materiali più Immateriali diviso Numero Addetti
AF/ Nr. Addetti
Esercizio 2005
Esercizio 2004
560.420,00
703.100,00
424.275,00 24.545,00
545.610,00 23.500,00
111.600,00
133.990,00
-462.595,00
-1.095.660,00
79.920,00 -358.025,00 -184.490,00 97.825,00 97.782,00 373.900,00 700,00 -276.818,00 43,00
-76.920,00 -356.580,00 -662.160,00 -392.560,00 -93.800,00 -700,00 -93.100,00 -298.760,00
Gli Istituti di Credito valuteranno le singole aziende anche con riferimento agli indici di bilancio. 26
Il procedimento per l’attribuzione del rating non è ancora conosciuto e ancora non si ottengo dalla Banca, chiarimenti esaurienti in merito al criterio adottato o in corso di definizione. Il criterio illustrato ha solo carattere indicativo: probabilmente quando Basilea 2 entrerà nel vivo dell’applicazione si avranno notizie più sicure e dettagliate. Il bilancio redatto in forma UE consente di determinare i diversi indici e parametri, tra i quali dovrebbero essere presi in considerazione almeno i seguenti. Per miglior comprensione, è stato convenzionalmente attribuito un valore medio aritmetico che non vuole esprimere un punto di riferimento per un’auto valutazione: ROE ROI ROS Rotazione del capitale investito Autonomia finanziaria Margine di tesoreria Margine di disponibilità Margine di liquidità
0,118 0,090 0,000 0,950 0,110 0,860 1,250 0,030
E’ importante ribadire che gli indici dei tre anni saranno poi messi in ordine cronologico, per fornire una visione globale del trend, ascendente, discendente o costante delle grandezze rilevate. Le operazioni necessarie per la determinazione del rating sono le seguenti: ∗ Si attribuisce un peso di ponderazione per ciascun indice, perché non tutti hanno la stessa rilevanza ai fini della valutazione del grado d’affidabilità. Generalmente gli indici che hanno al numeratore e denominatore voci dello Stato Patrimoniale ricevono un peso di ponderazione superiore: infatti, si reputa che i valori del Conto Economico, sovente, siano meno attendibili, perché risentono delle correzioni apportate per motivi fiscali. ∗ Si determina la media aritmetica di ciascun indice; nel caso in cui non sia ha la possibilità disporre dei dati di tre esercizi, come nel caso di un’azienda appena costituita, la banca esaminerà valori riferiti agli esercizi esistenti, oppure chiederà al Cliente dei dati di previsione, ad esempio il Business Plan, per rafforzare le analisi. ∗ Si assegna un grado di giudizio al valore medio di ciascun indice e, individuato il grado di giudizio in cui ricade la media dell’ indice, lo si moltiplica per il relativo peso per ottenere la cosiddetta ponderazione e si divide la sommatoria dei risultati ottenuti per il totale dei pesi. ∗ Il valore così ottenuto è messo in relazione con una scala di giudizi che rappresentano la sintesi della valutazione complessiva dell’impresa, vale a dire il suo rating. Le due tabelle che seguono potranno meglio chiarire il concetto: Peso 1 2 1 1 3 2 3 3 16
INDICI
Classe 1 Inferiore a ROE 0,001 ROI 0,001 ROS 0,001 Rotazione Capitale Investito 0,500 Autonomia finanziaria 0,150 Margine tesoreria – acid test 0,800 Margine di disponibilità 1,000 Margine di liquidità 0,059 Rating assegnato 26 Alto Rating
da 0,000 a 1,000
VALORE DEGLI INDICI Valore Classe Valore GIUDIZIO Medio di Ponderato Classe 2 Classe 3 Classe 4 Indice giudizio Da a da a Superiore a 0,001 0,109 0,110 0,200 0,200 0,118 3 3 0,001 0,109 0,110 0,200 0,200 0,090 2 4 0,001 0,059 0,060 0,100 0,100 0,000 1 1 0,500 1,009 1,010 1,999 0,200 0,950 2 2 0,150 0,259 0,260 0,350 0,350 0,110 1 3 0,800 0,899 0,900 1,000 1,000 0,860 2 4 1,000 1,399 1,400 1,800 1,800 1,250 2 6 0,059 0,159 0,160 0,250 0,250 0,030 1 3 diviso 15 uguale 1,625 26
FASCE DI RISCHIO Notevole Normale Rating Rating da 2,001 a 3,000
da 1,001 a 2,000
27
Basso Rating da 3,001 a 4,000
Nell’auspicabile caso che si disponga degli indici di ciascun anno, é il metodo potrà essere applicato agli indici di ciascun anno per analizzare le variazioni nel tempo ed ottenere così una valutazione dinamica dell’azienda. Nella scala grafica di rappresentazione del rating è d’uso individuare le fasce di rischio con le sfumature dei colori: ∗ Rosso: rischio alto ∗ Arancione: rischio notevole ∗ Giallo: rischio normale ∗ Verde: rischio basso XIX.
L’IMPRESA “VISTA DALL’ESTERNO”
Le considerazioni che seguono riguardano un modello d’impresa generalmente analizzato negli studi di finanza, tuttavia devono essere intese come indicazioni di massima ed hanno il solo scopo di fornire utili spunti per un processo d’auto valutazione del merito di credito e suggerire le informazioni che il sistema bancario giudica più interessanti. Fonte sito www.Cerved.com a. La compagine societaria ed il management. E' opportuno comunicare informazioni che riguardano sia la qualità dei soci, sia il management: ∗ Il numero dei soci, la loro consistenza patrimoniale e la disponibilità a rilasciare garanzie ∗ Le mansioni, le cariche ed i poteri d’eventuali soci prestatori d’opera, la durata del loro mandati e quella delle altre persone che governano l'impresa ∗ Le modifiche intervenute, almeno le più recenti, negli assetti proprietari ∗ Le eventuali modifiche apportate ai profili d’amministrazione e controllo riguardo alla riforma del 2003 in tema di diritto societario. b. Cariche degli amministratori in altre imprese ∗ Per gli amministratori la società è unica oppure una di tante? ∗ Il management, o le figure chiave, è impegnato anche in altre società? Si tratta d’elementi fondamentali per conoscere il grado di coinvolgimento nella gestione dei soci e del management. c. Il fatturato e le sue variazioni Oltre al volume del fatturato, devono essere analizzate le variazioni degli ultimi 3 anni per rilevare le tre possibili situazioni. ∗ La diminuzione del fatturato oppure una crescita inferiore al tasso d’inflazione fa presupporre una situazione di difficoltà, che deve essere giustificata; in questo caso è necessario verificare l'andamento del: - M.O.L. - Margine Operativo Lordo e la sua incidenza percentuale sul fatturato - R.O.S. – Return on Sales - R.O.I. – Return on Investment Nel caso in cui tutti gli indicatori fossero in calo, occorrerà verificare le tipiche voci la cui valutazione consente la realizzazione di particolari “politiche di bilancio”: - Ammortamento - Valutazione delle rimanenze - Capitalizzazioni di costi ∗ La crescita nominale si manifesta, quando il fatturato cresce ad una percentuale in linea con l'inflazione e denuncia una situazione di stasi che può essere riconducibile ad effettive difficoltà di relazione con il mercato oppure a variazioni significative nella formula competitiva/struttura d'azienda ∗ La crescita equilibrata avviene, quando il fatturato aumenta in una misura significativamente superiore all'inflazione: almeno 10 punti percentuali. In questo caso si dovrebbe rilevare un aumento del: - M.O.L. più importante di quello del fatturato - R.O.S. - R.O.I. - Leva operativa a causa della diminuita incidenza dei costi, particolarmente di quelli fissi, sul fatturato 28
∗ La forte crescita si registra se il tasso di crescita è nettamente superiore al 10%.
In questa situazione, oltre all’aumento degli indicatori del punto precedente, occorre verificare se e come: - Sono stati fatti gli investimenti - Sono stati finanziati. Infatti, il rischio principale è che lo sviluppo eccessivamente rapido si traduca in uno squilibrio nel rapporto tra i mezzi di terzi e i mezzi propri e quindi produca un peggioramento della struttura e della composizione finanziaria.
d. Rotazione del capitale investito Indica il rapporto tra fatturato e capitali investiti che, per l'industria, s’attesta su valori prossimi al 100%. Valori superiori indicano una situazione un buono stato d’efficienza produttiva ed efficacia gestionale, mentre, valori inferiori al 70% - 80% mostrano una difficoltà media nel generare valore che può: ∗ Preludere a situazioni di crisi vera e propria ∗ Essere transitoria se è presente solo per uno o due esercizi prima di ritornare ai valori normali. Ovviamente, i valori devono essere intesi come puramente indicativi. e. Le variazioni degli investimenti e del fatturato Quando il fatturato cresce, dovrebbero aumentare anche le immobilizzazioni, ma possono verificarsi due situazioni: ∗ Una crescita delle immobilizzazioni inferiore a quella del fatturato denota un fatto positivo, in quanto all’aumento dei volumi di venduta non è corrisposto un aumento delle immobilizzazioni: questo indica che si stanno realizzando economie di scala ∗ Nel caso contrario, se le attività immobilizzate aumentano in misura superiore alla crescita del fatturato, può essere un segno di difficoltà nell'utilizzo economico degli impianti: la gravità del fenomeno è crescente se sono capitalizzati costi tra le immobilizzazioni immateriali e sono rivalutati taluni cespiti. Poiché le immobilizzazioni in bilancio sono espresse al netto degli ammortamenti, per capire le quote d’ammortamento accantonate in corso d’esercizio è necessario ricorrere alle indicazioni riportate in nota integrativa. f. La variazione del capitale circolante L’attivo circolante è una delle componenti del capitale investito, la cui variazione deve correlarsi con la variazione del fatturato e mantenersi inferiore. La variazione di questo valore dipende dalle: ∗ Dilazione di pagamento medie concesse ai Clienti ∗ Dilazioni di pagamento medie ottenute dai fornitori ∗ Durata della giacenza delle scorte di prodotti finiti. Le valutazioni dovranno riferirsi a due situazioni: - Il circolante cresce percentualmente di più della crescita del fatturato: problemi nella gestione del magazzino oppure di crediti verso clienti, che aumentano e debiti verso fornitori, che si riducono - Il circolante cresce percentualmente meno della crescita del fatturato: l'azienda sta migliorando la sua gestione commerciale ed ottiene migliori condizioni dai fornitori. g. La valutazione delle fonti finanziarie Deve essere verificata la correlazione tra fonti a medio/lungo termine ed impieghi durevoli: la somma dei mezzi propri e dei finanziamenti a medio/lungo termine deve coprire le immobilizzazioni nette, il cui recupero avviene in modo graduale attraverso gli ammortamenti periodici. Ciò significa che l'indice patrimonio/immobilizzazioni dovrebbe essere superiore al 100%. Nella composizione delle fonti sarebbe poi auspicabile che almeno il 50% fosse ricoperto dal solo capitale proprio, per evitare un'onerosa gestione d’elevati debiti. Se non sussiste una correlazione positiva tra fondi durevoli ed immobilizzazioni con lunghi periodi d’ammortamento, significa che sono state usate disponibilità o assunti finanziamenti a breve per l’acquisto delle immobilizzazioni; questa situazione configura potenziali rischi per l'impresa: equilibrio patrimoniale precario. Oltre alla verifica delle corrette modalità di copertura delle immobilizzazioni, le fonti devono essere esaminate in termini di relazione tra debiti e mezzi propri. 29
Si ritiene che il rapporto debba collocarsi tra un valore di 3 o 4 ovvero per 100 euro di mezzi propri ne possano essere assunti a titolo di capitale di debito, sia a breve sia a medio/lungo, dai 300 ai 400 euro, senza che ciò pregiudichi una finanza sostanzialmente equilibrata. Valori inferiori sono indice di una struttura finanziaria solida e quindi imperniata su di un uso attento dei debiti finanziari. Valori superiori si giustificherebbero solo alla presenza di un rendimento degli investimenti fortemente superiore al costo dei debiti. L'indice mezzi propri/capitale investito, è considerato generalmente accettabile attorno al 25%: vale a dire € 25 di capitale proprio ogni € 100 di capitale investito. h. La valutazione del rendimento dell'azienda: il R.O.I. La valutazione per attribuire il merito del credito commerciale si basa principalmente sulla capacità dell’impresa di: ∗ Remunerare i propri investimenti in modo appropriato ∗ Rinnovarli alla fine della loro vita tecnica ∗ Incrementarli quanto più possibile. L'indicatore che misura questa capacità è il R.O.I, che misura il rapporto tra il margine operativo lordo e gli investimenti in essere. Il R.O.I. è preferito al R.O.E. perché quest’ultimo subisce l’influsso, che potrebbe anche essere importante, di tre aspetti esterni al risultato economico della gestione caratteristica: ∗ La gestione straordinaria ∗ Le politiche d’ammortamento messe in atto ∗ La consistenza del patrimonio netto che potrebbe essere non adeguata alle dimensioni dell’impresa L’efficienza economica nella gestione sarà considerata adeguata se il R.O.I. è superiore all’onerosità media dei debiti assunti dall'impresa per il finanziamento degli investimenti, vale a dire i tassi medi applicati dalle banche. Alla presenza di basso indebitamento, quindi di limitati oneri finanziari, anche un R.O.I. d’entità ridotta potrebbe essere sufficiente per indicare un’appropriata gestione. A titolo indicativo, attingendo i dati da una statistica del Cerved, Centrale Bilanci, l’andamento medio del R.O.I. nelle imprese industriali è stato il seguente: ∗ Anno 2001 attorno al 3,8% ∗ Anno 2002 attorno al 3,4% ∗ Anno 2003 poco superiore al 2%. i. L’interpretazione del cash flow operativo Oltre alla verifica degli indici, è altresì opportuno considerare il cash flow prodotto dalla gestione operativa corrente, prendendo in considerazione il MOL – Margine Operativo Lordo – vale a dire la differenza tra Valore e Costi della produzione, questi ultimi al lordo degli ammortamenti e degli accantonamenti. Per una miglior comprensione si rimanda al prospetto 29 nel quale si dovrà sostituire il MOL al risultato netto d’esercizio per determinare il cash flow prodotto dalla gestione caratteristica, senza l’influenza degli eventi della gestione straordinaria. j. La liquidità a breve termine Per questa valutazione sono considerati tre indicatori: ∗ Acid Test: vedi indici riferimenti 11 e 12 (attivo corrente - magazzino)/passivo corrente In genere l'indice deve tendere il più possibile al 100% ed è molto influenzato dal valore del magazzino che, di fatto, costituisce un’immobilizzazione. E’ indispensabile che alle rimanenze finali sia attribuito un valore appropriato perché una sopravvalutazione od una sottovalutazione può influire in modo determinante nella definizione dell’indice. Le statistiche indicano che l’indice si attesta mediamente attorno all’80%: un valore più alto indica migliore capacità di pagamento delle forniture rispetto alla media. ∗ Current Ratio o rapporto corrente: vedi indici riferimenti 15 e 16 attivo corrente/passivo corrente. Il rapporto dovrebbe essere superiore al 100% e mediamente si attesta attorno al 120%: più l'indice è alto migliore è la situazione della liquidità e la capacità di onorare i debiti a breve. 30
∗ Dilazione ottenuta dai fornitori.
La tabella che segue evidenzia i giorni di dilazione mediamente ottenuti dai fornitori
Giorni di dilazione
2001
2002
2003
124 122 120 118 116 114 112 110 108 106 104 102
Dilazioni superiori alla media possono indicare che: - L’impresa dispone di forza commerciale, a motivo della sua solidità finanziaria ed ottiene condizioni di pagamento favorevoli - L’impresa ha difficoltà e non sta pagando i fornitori Questo indicatore deve essere valutato unitamente agli altri due. La tabella che segue evidenzia i giorni medi di dilazione concessi ai clienti, per valutare la “forza contrattuale dell’impresa”.
Giorni di dilazione
2001
2002
2003
124 122 120 118 116 114 112 110 108 106 104 102
La valutazione dei due grafici consente d’affermare che, mentre le condizioni di pagamento tendono a ridursi, quelle d’incasso, nel triennio, hanno subito un peggioramento. k. La solvibilità a Medio-Lungo termine Gli indicatori che indicano la solvibilità nel medio/lungo termine sono illustrati di seguito. ∗ Copertura delle immobilizzazioni Equity Assets Ratio: vedi indice 5 Patrimonio Netto / Attivo Fisso Analizza quante immobilizzazioni sono finanziate con capitale proprio e verifica la coerenza della struttura temporale delle fonti rispetto al ritmo di rinnovamento degli investimenti. I giudizi generalmente applicati sono: - Indice > 0,70 Buona solidità - Indice tra 0,50 e 0,70 Scarsa solidità - Indice < 0,33 Situazione di pericolo ∗ Investimenti/mezzi propri: vedi indice riferimento 10 Totale attività / Patrimonio netto Evidenzia il grado di capitalizzazione raggiunto. In genere, non esiste una combinazione ottimale, in quanto dipendente dalle complessive condizioni d'impresa, tuttavia i giudizi si riferiscono ai seguenti valori: 31
Indipendente = 1 Buona = Tra 1,5 e 2 Tendenza allo squilibrio = Tra 2 e 3 Squilibrata = oltre 3 ∗ Indebitamento/mezzi di terzi: vedi indice riferimento 9 Capitale di Credito / Totale Attivo Esprime la relazione tra il grado d’indebitamento finanziario ed il totale dell’attivo e pertanto il grado di solidità finanziaria. Buona = Fino al 30% Sufficiente = dal 31 al 50% Tendenza allo squilibrio dal 51 al 66% Squilibrata = oltre il 66%
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XX.DOMANDE RICORRENTI I modelli di rating saranno impersonali e automatici?
Per valutare i prestiti a privati e a piccolissime imprese, è probabile che molti Istituti di Credito si orienteranno a sistemi prevalentemente od esclusivamente automatici, capaci di emettere un giudizio di massima ponderando alcuni indici di bilancio e comportamentali, lasciando ad un funzionario la possibilità di correggere, solo entro certi limiti la valutazione finale. Probabilmente, per le imprese medio - grandi, il sistema di rating, anche se all'interno di una procedura d’analisi rigorosa e standardizzata, lascerà più ampio spazio agli aspetti "qualitativi" della relazione che accompagnerà il bilancio: saranno importanti le indicazioni e le considerazioni del settorista sulle caratteristiche dell’azienda. Da chi dipenderanno i sistemi di rating interni in banca?
Tutti gli aspetti sostanziali del processo di rating dovranno essere approvati dal consiglio d’amministrazione oppure da un suo comitato esecutivo e dall'alta direzione della banca; tali organi dovranno avere una conoscenza generale del sistema e una conoscenza particolareggiata dei report destinati alla direzione: si delinea così una separazione netta tra gestori di relazione, il personale che promuove le relazioni con i clienti acquisiti o potenziali ed i gestori del rischio, che valutano il contenuto di rischio dei crediti. E’, infatti, previsto che gli Istituti di Credito abbiano autonomi controllori del rischio di credito, che avranno la responsabilità della scelta del criterio, per la realizzazione, la revisione e per il risultato finale di giudizio del sistema di rating. Per evitare "conflitti d’interessi", i controllori devono essere funzionalmente autonomi dal personale responsabile della concessione dei vari fidi; Il rating ai singoli clienti, così come e la sua periodica revisione, dovrà essere attribuito ed approvato da soggetti che non traggono un diretto beneficio dalla concessione del credito Basilea 2 porterà ad una riduzione e ad un rincaro del credito alle imprese?
A livello d’aggregato per dimensione d’impresa, parrebbe di no, tuttavia, potrebbero verificarsi variazioni importanti a livello di singole imprese. Lo scopo dell’accordo, in effetti, è anche quello di spingere gli Istituti di Credito ad individuare le controparti contraddistinte dai diversi gradi rischiosità con un’accuratezza maggiore di quanto già ora facciano ed è lecito attendersi che gli Istituti di Credito adeguino i tassi applicando ai clienti con rating più basso una percentuale maggiore ed una minore a chi si presenta con minor rischio. Per il singolo imprenditore sarà dunque importante comprendere attraverso quali "leve" la sua azienda può migliorare il rating e ridurre il fabbisogno patrimoniale che la banca deve sostenere per prestargli denaro, così da accedere al credito con maggior facilità e a tassi più convenienti. Le piccole e medie imprese saranno penalizzate da Basilea 2?
L'approccio standard, quello che sarà seguito dagli Istituti di Credito medio piccole, che finanziano in prevalenza imprese di dimensioni minori, prevede che un prestito privo di rating sia valutato nella formazione del volume di denaro prestato complessivamente ai vari clienti: ∗ Al 100% se è destinato ad un'impresa grande ∗ A 75% se è rivolto ad un'azienda più piccola: più precisamente, se l'esposizione complessiva del cliente con il gruppo bancario è inferiore al milione di euro. Se la banca adotta un sistema di rating interno, le piccole imprese dovranno imparare a comunicarle con maggior chiarezza e tempestività i propri indicatori di redditività, liquidità e solidità 32
patrimoniale per evitare di essere confinate nelle classi di rating peggiori, cui si associa un maggior peso nella valutazione del capitale e una minor propensione della banca a concedere credito a tassi ridotti. Tutte le imprese dovranno ricevere un rating dagli Istituti di Credito?
In linea teorica no perché:
∗ Gli Istituti di Credito che adotteranno l'approccio standard alla misura del rischio di credito
non saranno obbligate da Basilea 2 a costruire un proprio sistema di rating interno, dunque potranno non attribuire il rating ai loro vari clienti. ∗ Gli Istituti di Credito che adotteranno l'approccio dei rating interni classificheranno molte piccole imprese all'interno del portafoglio "retail", dove la revisione periodica delle caratteristiche di rischiosità delle operazioni avverrà solo "per grandi blocchi", e non a livello di singola controparte. All’atto pratico, però, anche se non saranno costretti dalla normativa, molti Istituti di Credito potranno trovare lo stesso conveniente sviluppare un proprio sistema di rating, per migliorare i propri processi d’erogazione e monitoraggio dei finanziamenti. La fideiussione dei soci
Il ruolo delle garanzie accessorie è quello di ridurre il rischio in quanto, pur non modificando il rischio che deriva dalla concessione di un affidamento, lo suddivide, in parte o totalmente, su altri soggetti o beni e quindi si riduce la perdita attesa a fronte di un’eventuale insolvenza del debitore principale. Le banche italiane hanno quasi rinunciato a valutare la capacità di rientro di un’impresa, specie se di modeste dimensioni, e la richiesta ai soci di fideiussione è diventata quasi una regola giustificata dal fatto che il patrimonio dell’impresa, sovente, è modesto ed è ovvio che la banca cerchi di garantirsi chiedendo all’imprenditore di esporsi in prima persona. Il nuovo accordo di Basilea 2, come il precedente, riconosce la funzione delle garanzie e consente di ridurre l’assorbimento di capitale in loro presenza, riduzione stabilita in modo preciso dall’accordo in base alla tipologia della garanzia. Per quanto riguarda specificamente le garanzie personali, affinché possano essere riconosciute queste devono essere emesse da stati, enti pubblici, banche o altri soggetti con rating pari o superiore ad A–. La garanzia dei soci persone fisiche, quindi, non consentirà alla banca di ridurre l’impegno di capitale a fronte di una determinata esposizione:pertanto, ai fini di Basilea 2, la fideiussione di un socio persona fisica è irrilevante. Le banche in linea con le regole dettate da Basilea 2 si sono ormai dotate di strumenti più precisi ed affidabili per valutare il rischio che corrono affidando una determinata impresa e questa maggior conoscenza del rischio assunto probabilmente porterà a richiedere fideiussioni solo quando servono realmente e non come normale prassi operativa. Certamente sarà anche necessario un cambiamento anche che da parte delle imprese che dovranno capire l’importanza del bilancio inteso come strumento di comunicazione esterna, la cui rilevanza trascende gli aspetti fiscali e civilistici. Solo adeguando il patrimonio netto alla dimensione aziendale l’impresa potrà essere valutata come soggetto a se stante, capace di ottenere credito per il suo valore e per la sua capacità di generare reddito e non solo per garanzie offerte da terzi. Tutte le Banche dovranno dare lo stesso rating ad una certa impresa?
Assolutamente no, perché ogni banca, in fine, ha un suo criterio indipendente di distinguere tra prenditori affidabili e non, e di giudicare correttamente i margini di rischio di un prestito, anche in considerazione dei trascorsi rapporti ed è impossibile che tutti gli Istituti di Credito valutino una data impresa in modo uniforme. All'interno del secondo pilastro, le Autorità verificheranno che ogni banca che ha adottato l'approccio dei rating interni, basi il proprio giudizio su una procedura oggettiva, documentata e perfezionata sulle esperienze acquisite, fondata su basi di dati storici sufficientemente ampi e profondi. Sarà in ogni caso possibile che due sistemi di rating diversi, entrambi in possesso dei requisiti minimi per essere "validati" dalle Autorità, conducano a giudizi dissimili per la stessa impresa. Basilea 2 ha valore di legge o é facoltativa?
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Ha valore principalmente d’indirizzo; tuttavia, i membri del comitato s’impegnano a favorirne l'adozione nei rispettivi Paesi, adozione che può avvenire con semplice atto amministrativo o che può richiedere una legge del Parlamento. In Italia, Basilea 2, per diventare esecutiva, avrà bisogno di una direttiva dell'Unione Europea, che riformi l'attuale "Capital Adequacy Directive”, la cui stesura coinvolgerà, nei prossimi anni, la Commissione Europea, il Consiglio dei Ministri e l'Europarlamento. Come il precedente accordo del 1988, anche il nuovo è rivolto, alle sole Istituti di Credito con operatività internazionale, perché è solo per queste che, alla presenza di requisiti patrimoniali eterogenei, si porrebbe un problema di "concorrenza sleale" tra sistemi creditizi nazionali. Tuttavia, è prevedibile che, come accadde con Basilea 1, la nuova direttiva europea lo renderà obbligatoria per tutti gli Istituti di Credito e imprese d'investimento.
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