maggio - giugno 2011 n. 5
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SPECIALE SIZA
- Redazione: Università Kore - Via della Cooperazione - Enna - www.unikore.it -
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Il giornale della facoltà di ingegneria ed architettura della università kore di enna
_parola _di _preside
_Àlvaro Siza prima di tutto un educatore Àlvaro Siza Vieira: un archistar, un maestro dell’Architettura contemporanea, un pluridecorato e premiato artista, dal premio Pritzker del 1992 alla Royal Gold Medal conferita in Inghilterra nel 2009, e, se pur per un solo giorno, docente della nostra giovane e laboriosa Facoltà. Quando il Prof. Oddo, Presidente del nostro Corso di Laurea in Architettura, con voce tremante per l’emozione mi comunicò che il grande Siza aveva accettato il suo invito alla Università di Enna a fine luglio, insieme alla disponibilità ad organizzare una mostra sui suoi lavori, non ho colto sino in fondo la importanza dell’evento. Colpa certamente della mia “arida” cultura di ingegnere e dell’approssimarsi di una calda estate con tanta voglia di barca e di mare che Siza mi avrebbe costretto a trascurare per qualche giorno. Blasfemo !!! Urlò Antonio, il mio giovane nipote studente in Architettura, con le lacrime agli occhi per l’emozione di sentire dal vivo il Maestro. In Facoltà, nel frattempo, le tensioni diventavano palpabili passando nell’ordine, dalla incredulità che Siza venisse effettivamente ad Enna, qualcuno malignamente parlava di avere avuto notizia di un possibile sosia ingaggiato dall’infaticabile Oddo, a forme decisamente di fanatismo collettivo tra docenti e studenti organizzati in veri “gruppi di adorazione”. Di lui si è scritto e detto di tutto: di come “sappia manipolare la lettura del luogo in forme scultoree che non sono mai prevedibili o ordinarie”; di come riesca a curvare lo spazio in forme armoniche; etc.; ma a me piace ricordarlo attraverso un passaggio delle motivazioni del premio concessogli dal Royal Institute of British Architects : “Àlvaro Siza è, ed è sempre stato, un educatore ed un insegnante impegnato. Ha permesso a molti giovani architetti di ricevere commissioni a partire dalle proprie occasioni di lavoro e questo disinteresse è uno dei tanti esempi del suo impegno a favore della progettazione architettonica, piuttosto che al suo successo personale." Ecco perché Àlvaro Siza è un vero Maestro, capace di trasmettere, educare, insegnare come soltanto i maestri di “bottega” sanno fare, guidando con pazienza e dedizione i loro apprendisti. Siza l’artista, il poeta, l’architetto ma, soprattutto, il Maestro che, in una calda giornata di estate, ha scelto come cattedra della Sua lectio Magistralis quella della Kore. Ecco perché la sua presenza alla Kore ci riempie di legittimo orgoglio, scrivendo una pagina importante nella storia della nostra giovane Facoltà. Grazie Siza, anche a nome dei miei ragazzi ….. e di Antonio.
_giovanni teroriere
arriva alla Kore Àlvaro Siza, un grande maestro dell’architettura contemporanea
_il maestro
pag _2 _speciale_siza ________________ un maestro archingegno n. 5 - maggio - giugno 2011
_tra tante archistar ecco un Maestro dell’architettura contemporanea _gero marzullo
Fra tante archistar, c’è ancora spazio e soprattutto la volontà di riconoscere l‘autorevolezza di un Maestro? Noi, che rappresentiamo una nuova realtà universitaria in “corso d’opera”, crediamo di sì e l’obiettivo che ci poniamo attraverso questo numero speciale di Archingegno - unicamente dedicato a questa manifestazione che si svolgerà il 15 e 16 luglio presso la facoltà di Ingegneria e Architettura- riflette il duplice desiderio di far conoscere tanto la nostra realtà locale a chi verrà per la prima volta ad Enna, quanto alcuni dei caratteri peculiari dell’opera di Álvaro Siza, alfine di agevolare presso tutti la comprensione e lettura di ciò che vedremo e ascolteremo. Un architetto impara a “rubare” dal lavoro altrui osservando come un Maestro, in precedenza, si è “impossessato” di altri esempi fino a farli divenire qualcosa di nuovo, di assolutamente originale. Ogni giorno l’architetto trae ispirazione per il proprio lavoro da tante opere più o meno note, eppure egli non smette mai di “guardare” l’architettura di colui che, per presunta affinità, rivendica come un Maestro. E.N. Rogers scriveva a tal proposito:”fra gli architetti che ammiriamo per il complesso delle opere si possono identificare tre tipi di maestri. Il primo è di coloro che disegnano e realizzano silenziosamente e suscitano l’entusiasmo soltanto per la virtù creativa insita nelle costruzioni. Il secondo è di coloro che sanno aggiungere a questa dote essenziale l’attività suadente delle parole. Il terzo infine, colui che incarna tale ruolo nel senso più compiuto del termine, è di coloro che al di là delle proprie architetture, sono capaci, come in passato Leon Battista Alberti o Walter Gropius, di costruire un’estetica che proietta le esperienze soggettive dell’abitare nelle dimensioni di un sistema universale.” Negli ultimi anni, la figura dell’architetto è stata sovente associata a quella di alcuni noti professionisti la cui fama si è spesso concretizzata come riflesso di una straordinaria attitudine a épater le bourgeois con progetti arditi e stupefacenti. Da quando il mercato e la cultura della comunicazione hanno riconosciuto nell’architettura un potente strumento di propaganda, capace di produrre immagine, consenso, seduzione e riconoscibilità, alcuni architetti al pari di vere star del cinema o rockstar, percorrono in lungo e in largo il globo terrestre, disegnando e ridisegnando il volto d’innumerevoli istituzioni pubbliche e private. La progressiva deindustrializzazione e la riduzione delle risorse provenienti dallo Stato centrale ha colpito duramente l’economia di molte città e age-
volato l’incremento di una politica imprenditoriale dei Comuni, per cui luoghi come Glasgow, Bilbao o anche la nostra Torino, che in passato hanno vissuto soprattutto dell’indotto generato dalla presenza delle grandi industrie locali, in questi anni hanno investito sul“turismo culturale” per reinventare la propria economia e risollevarsi dalla crisi. Ciò ha innescato inevitabilmente una forte competizione che ha alimentato ulteriormente il fenomeno delle archistar. Se sussiste il rischio di una parziale omologazione delle città, è anche vero che, grazie a tali occasioni di progetto, è simmetricamente aumentato l’interesse e la volontà della gente di riconoscersi negli esiti dell’architettura contemporanea, finora indicata soltanto quale elemento di discontinuità nello sviluppo delle città: molti luoghi quali aeroporti, stazioni, banche, grandi magazzini sono stati ripescati dalla banalità funzionale per diventare icone e immagine. Il limite di questo fenomeno coincide comunque con il pensare ancora all’architettura come qualcosa di esclusivo, un bene decorativo sostanzialmente superfluo, da esibire e quindi possedere o meno in relazione al proprio statuto sociale,o comunque destinato solo a coloro che possono consentirsi d’interpellare l’archistar. Eppure il valore sociale dell’architettura è rintracciabile sul piano storico: intorno la metà del Quattrocento, gli anni in cui L.B.Alberti scrisse il suo trattato, furono anni cruciali per il dibattito sull’architettura. Prima ancora di chiedersi cosa sia l’Architettura e come possa essere indagata, l’Alberti si chiese, con sensibilità pragmatica il perché dell’Architettura. La constatazione che essa è nata innanzitutto per l’utilità degli uomini, “per rendere felice la loro vita“, richiama alla necessità di verificare in ogni momento questa pregiudiziale qualità. Durante l’Esposizione internazionale delle arti decorative di Parigi nel 1925, Le Corbusier presentò un prototipo di cellula d’abitazione che chiamò Pavillon de l’Esprit Nouveau. Per rappresentare l’esprit egli non si servì di un programma didascalico o di un simbolo monumentale, ma di un’abitazione per l’uomo comune. Lo spirito nuovo, moderno, nasceva in relazione ai problemi sociali del tempo e con la volontà di dare all’uomo contemporaneo un ambiente più soddisfacente. Lo spirito nuovo implicava una nuova immagine dell’abitazione, e fu la fiducia di tutti in questa immagine che fece dell’architettura moderna un movimento culturale che ha coinvolto la vita di tutti noi. L’architettura di Álvaro Siza Vieira è semplice ed essenziale come il miracolo del fatto poetico che trascende l’evidenza delle cose in un lampo d’ispirata lucidità. Così ricorda Mario Botta l’impressione che gli suscitò la
_Le mani di Siza; “Una mano sostiene un quaderno in cui l’altra disegna una mano che sostiene un quaderno…In questi quaderni senza fondo, l’atto di disegnare può anche essere infinito di strati leggermente separati dal tempo”
visione di un piccolo specchio disegnato da Siza in occasione di una esposizione al Padiglione d’arte contemporanea a Milano a lui dedicata: “..tutto appare indispensabile, lo specchio inclinato, il taglio nell’angolo, il filo di ferro, la piegatura, l’appoggio e l’intelligenza di questo appoggio. Indispensabile è anche il profilo e la resistenza del filo, così come per l’uomo indispensabile è la poesia che questa semplice costruzione riesce a comunicare”. Àlvaro Siza è innanzitutto un uomo del nostro tempo, come sappiamo di nazionalità portoghese, e similmente al suo conterraneo scrittore José Saramago, nell’indagare il limite che distingue la realtà dei luoghi dall’apparenza che accoglie la sua trasfigurazione e modificazione, sospende più questioni e domande che accenni a risposte definitive, valutando che la realtà delle cose è composita e mai lineare. Soltanto con il tempo ogni forma stratificandosi può ritrovare una nuova realtà vitale. Un pensiero, questo, strettamente legato alla cultura della saudade che, come anche il canto del fado, caratterizza l’espressione culturale di una nazione situata all’estremità dell’Europa e posta dinanzi alla vastità dell’oceano atlantico. Fin dall’antico pellegrinare del suo popolo attratto da fascinose conquiste e scoperte in Africa, sud America e Asia, nella saudade lo spirito dei portoghesi ha maturato una particolare nostalgia amorosa, sospesa tra ciò che è andato perduto o temporaneamente lasciato, e la speranza di quanto il futuro potrà regalare. Il pensiero architettonico di Álvaro Siza, affine,in origine, a quello di Hassan Fathy, Giancarlo De Carlo o Aldo Van Eyck, s’inserisce nel solco concettuale del Moderno che trae senso e significato dalla funzione sociale dell’architettura,e ciò si deno-
ta anche dal suo modo singolare di interpretare il luogo: lento, curioso, meticoloso ma soprattutto attento a non invadere il contesto con inutili formalismi. Riflettere sul rapporto con la storia, interrogando i materiali del luogo, aprire un dialogo serrato con questi e con chi direttamente vi abita, ben sapendo che in ogni progetto pubblico o privato gli abitanti rappresentano sempre il vero committente dell’opera, costituisce il modo e soprattutto il metodo attraverso il quale Siza, ha risposto di volta in volta alle esigenze poste dalla committenza. La sua fede nella dimensione stratificata del tempo, e non in quella limitata dell’attimo fuggente, lo costringe a misurarsi con il tema della durabilità delle cose, come in passato avevano fatto Maestri quali L.B.Alberti, Palladio e più recentemente Wright, Le Corbusier, Mies, Alvar Aalto, Barragan e Kahn. Nel confronto con il luogo, Siza si misura in un territorio in cui soltanto in pochi, in ragione di una loro superiore sensibilità e cultura, hanno saputo produrre segni architettonici la cui profondità semantica è stata tale da potersi innestare compiutamente nelle trame del tempo e durare al suo trascorrere, recando nuova linfa ai mutamenti dei luoghi e delle società. Segni sostanziali, rispettosi dell’equilibrio formale e sociale in cui s’inseriscono,e forti per fondare o rifondare i luoghi. Segni architettonici, che solo dopo aver maturato la consapevolezza di quanto sia lento e periglioso lo scorrere del tempo, come altrettanto lento e stratificato è lo scorrere delle acque del Tago nella memoria di Saramago, potranno per questa via raggiungere una nuova e autentica realtà. Ecco perché Siza è un Maestro del suo tempo nel Tempo. In ragione di una grande notorietà, dovuta tanto all’aver costruito in ogni parte del mondo innumerevoli edifici
quanto alle plurime pubblicazioni e riconoscimenti onorifici ricevuti ovunque e da molti anni, Siza è considerato anch’egli un archistar. Tuttavia, a differenza di altri pur bravi colleghi, per i contenuti riscontrati nei suoi lavori, raggiunti resistendo tenacemente alle tante sirene della vanità che lo avrebbero potuto rendere ancora più protagonista della scena internazionale per la sua innata capacità di manipolare la forma architettonica, la sua voce e la sua esperienza lo hanno pertanto reso un Maestro dell’Architettura. Infatti, è con straordinaria continuità, focalizzando l’intero arco della sua attività sempre e soltanto sui temi specifici dell’architettura, che attraverso progetti come le case a patìo per il piano di espansione di ÈvoraQuinta da Malagueira, o quello altrettanto noto delle piscine sulla litoranea di Leça da Palmeira, ha saputo traghettare il senso più intimo del Moderno nella complessità del Contemporaneo, costruendo attorno a ciò –inequivocabilmente -“un’estetica che proietta la sua esperienza dell’abitare nella dimensioni di un sistema universale”. Un’estetica che risulta ancora e sempre necessaria per consentire a tutti coloro che si confrontano con l’architettura,e dunque anche a tutti noi docenti e studenti di questa facoltà, per maturare ulteriori riflessioni e sintesi. Caro Maestro, siamo quindi ben lieti di accoglierLa e ci auguriamo che queste due giornate ennesi potranno costituire tanto per noi quanto per Lei, una tappa significativa, ricca di spunti e future opportunità per arricchire e rendere maggiormente proficua la costruzione di questa nostra giovane,quanto operosa Università Kore di Enna.
pag _3 _speciale_siza _______________ il presidente archingegno n. 5 - maggio - giugno 2011
_un evento straordinario _cataldo salerno
presidente dell’Università Kore
L’allestimento di un evento così straordinario e così complesso, come quello che vede impegnata la Facoltà di Ingegneria e Architettura di Enna attorno alla figura di Àlvaro Siza Vieira, segna una fase di indubbia maturità organizzativa dell’Università Kore. Una maturità che non attiene soltanto alle già collaudatissime misure logistiche dell’ateneo (avendo ospitato tre presidenti della Repubblica ed altre numerose massime cariche dello Stato, la Kore non ha certamente problemi in tal senso), ma si confronta in questa occasione con un sistema articolato di eventi, con iniziative scientifiche di respiro assolutamente internazionale, con un afflusso numericamente incredibile di studiosi e studenti da tutta Italia e con una distribuzione temporale ampia, per di più in gran parte estesa nel periodo centrale dell’estate. Più in particolare, la presenza di Àlvaro Siza ad Enna sottolinea plasticamente l’alto livello qualitativo raggiunto dal corso di laurea magistrale in Architettura e premia innanzitutto gli studenti che lo hanno scelto e che lo frequentano giorno per giorno. La presenza di Siza, infatti, non sarebbe stata possibile se la nostra Facoltà di Ingegneria e Architettura non avesse intrapreso negli ultimi anni un percorso virtuoso che l’ha fatta divenire una vera e propria comunità universitaria, nella quale docenti e studenti operano a stretto contatto e costruiscono, con la concretezza dei fatti, l’eccellenza dei percorsi formativi, il rapporto con il mondo delle imprese e delle professioni e l’internazionalizzazione dei confronti culturali. Il governo dell’Ateneo ha dato immediata ed ampia autonomia operativa ed ogni supporto alla proposta della Facoltà di ospitare Siza e la mostra delle sue opere, e non nascondo che mi piacerebbe molto che una delle prossime potesse essere la nuova biblioteca dell’Università. Voglio sottolineare che sono a mia volta profondamente orgoglioso dell’orgoglio che legittimamente provano il preside, i professori, tutti gli operatori e gli studenti della Facoltà nel sentirsi, perché lo sono effettivamente, i protagonisti di questo grande momento di visibilità internazionale della Scuola di Architettura della Kore.
_ingresso facoltà di Ingegneria ed Architettura
___________________il rettore _speciale_siza
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archingegno n. 5 - maggio - giugno 2011
_visione panoramica del lago di Pergusa
_siamo orgogliosi di ospitare Siza _salvo andò
rettore dell’Università Kore
La Kore è orgogliosa di poter ospitare un grande maestro dell’architettura contemporanea come Àlvaro Siza, che ha accettato non solo di svolgere una lezione magistrale, ma anche di mettere a disposizione alcune sue opere per una mostra che l’Ateneo organizzerà ad Enna Alta. Per valutare l’importanza dell’evento basta pensare alla mobilitazione che l’arrivo di Siza ad Enna sta provocando non solo all’interno degli ambienti accademici, italiani e stranieri, ma anche all’interno del mondo delle professioni. Ci sono giunte circa 1500 richieste di partecipazione alla lezione magistrale. Un numero di richieste impensabile e che ci sta costringendo ad allestire diverse aule per consentire ai partecipanti di poter seguire l’evento in video conferenza. Àlvaro Siza Vieira, nato a Matosinhos nel 1933, si laurea all’Università di Oporto nel 1955. Dalla fine degli anni ’70, il suo lavoro comincia a essere progressivamente riconosciuto anche all’estero, fino al prestigioso Pritzker Prize del 1992 e la recente Royal Gold Medal dell'Institute of British Architects. Ha realizzato opere in tutto il mondo, fino ai recenti lavori in Corea e al nuovo Ingresso per il complesso storico dell'Alhambra. Molti si sono chiesti come mai una giovane Facoltà di Ingegneria e di Architettura, come quella ennese, riesca ad ottenere la disponibilità di un
grande maestro, riconosciuto come tale in tutto il mondo, a venire ad Enna, a fermarsi per qualche giorno, a incontrare docenti e studenti e professionisti e a dare le proprie opere per la mostra. La risposta va trovata nella qualità e quantità delle attività svolte dalla Facoltà, nei rapporti da essa stabiliti con le maggiori scuole di architettura italiane e straniere, negli eventi extra curriculari organizzati anche a livello internazionale, nelle diverse summer school che sono state promosse nei mesi estivi sin dal primo anno di attività dell’Ateneo, nelle attività post laurea organizzate coinvolgendo tanti studenti e docenti stranieri, nelle convenzioni stabilite con università e centri di ricerca stranieri che hanno inviato ad Enna docenti e studenti. Ma la forte immagine della Facoltà scaturisce anche dal pregio della sua attività scientifica, dalle riviste e dalle pubblicazioni che in così poco tempo essa è riuscita a pubblicare e diffondere (alcune delle quali sono entrate di forza nel novero delle pubblicazioni scientifiche più significative a livello nazionale). Si tratta di un capitale di immagine che con la visita di Siza è destinato a crescere e a consolidarsi. I molti docenti che verranno ad Enna a metà del mese di luglio avranno la possibilità non solo di conoscere la Kore e le sue strutture, ma di stabilire nuovi rapporti di collaborazione che coinvolgeranno l’Ateneo. Siza prima di accettare l’invito alla Kore si è voluto documentare sulla storia dell’Ateneo, una storia comprensibilmente recente, e sui risultati fin qui prodotti, ma anche su aspetti di dettaglio che riguardano le strutture dell’Ateneo, l’ambiente sociale, il patrimonio culturale di questa provincia. Quindi ha accettato. Anche questo è un esame brillantemente superato dal nostro Ateneo.
_visione panoramica di Enna bassa
Periodico della Facoltà di Ingegneria ed Architettura della Kore Redazione: Università Kore - Via della Cooperazione - Enna - www.unikore.it
[email protected] REGISTRATO AL TRIBUNALE DI ENNA DAL 27-5-2010 AL N. 122
_SPECIALE _SIZA maggio - giugno 2011 n. 5 NUMERO A CURA DI _gero marzullo _________ EDITORE _giovanni _tesoriere DIRETTORE RESPONSABILE
_agostino sella REDAZIONE
Gero Marzullo, Enrico Baldi, Fabio Naselli, Aurora Tumino, Maurizio Oddo, Alessandro Barracco, Gabriele Freni, Andrea Alaimo, Mario Collotta, Alice Albanese, Gabriele Burgio
______________________enna _speciale_siza
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archingegno n. 5 - maggio - giugno 2011
_l’arrivo di Siza è una opportunità
_riportiamo l’architettura al centro
sindaco di Enna
presidente ordine architetti di Enna
Confesso di avere, sin da giovane, g u a r d a t o allArchitettura con grande interesse. Una passione, sbocciata in tenera età, che non ho mai smesso di coltivare, benché la vita poi mi abbia indirizzato verso altre professionalità e responsabilità. Tra queste, la più importante, quella relativa al Governo della città di Enna, mi inorgoglisce particolarmente e, nell’ambito delle mie funzioni, ritrovo primaria e imprescindibile l’esigenza di colloquiare con la progettualità, per dare nuova vita e nuove potenzialità ad un centro, quello ennese, dalla certa e consolidata, grande valenza storicoculturale. In tale ottica, nel serrato dialogo instauratosi con la giovane e dinamica Facoltà di Ingegneria e Architettura, che questa nostra terra ospita, vedo motivo di grande soddisfazione: come non sposare le loro iniziative? Come non aderire, con grande entusiasmo, all’organizzazione di un evento che vedrà a Enna la presenza dell’architetto Àlvaro Siza e che trasformerà questa città, dal prossimo 15 luglio, in capitale mondiale dell’architettura e del design? Come non decidere di partecipare, in qualità di Sindaco di questo centro, coinvolgendo l’intera cittadinanza e con essa condividendo questo momento di crescita culturale? Prontamente, il Comune di Enna ha quindi messo in opera ogni sua forza per supportare la rete scientifica e organizzativa che lo staff del prof. Giovanni Tesoriere ha efficacemente messo in piedi. Ciò, nella ferma convinzione che un tale avvenimento, che porterà il grande Maestro e le sue opere tra la gente, dagli architetti e ingegneri della KORE sognato e voluto a dimensione umana, possa rivelarsi non soltanto un’occasione di grande prestigio ma anche una opportunità da cogliere per portare nuove idee per lo sviluppo futuro della città. Certo dei benefici che questo incontro riserva alla popolazione tutta e al più vasto territorio, porgo il mio benvenuto più caloroso all’architetto che, rappresentante illustre della scuola portoghese, spero apprezzerà l’accoglienza riservatagli nel cuore e dal cuore della Sicilia.
La visita di Àlvaro Siza ad Enna, una delle Provincie meno ricche del nostro Belpaese, rappresenta una iniezione vitaminica, in un corpo ormai svilito. In un momento in cui, nel nostro Paese, l'architettura è in crisi, in cui è in crisi la condizione dell'architetto, perché è in crisi il sistema in cui si svolge la professione, partecipare ad una Lectio magistralis e a dibattiti con i direttori delle principali riviste di architetture, vivere una mostra di progetti realizzati da chi rappresenta un simbolo nella nostra professione, non può non rappresentare che una iniezione di fiducia. Le condizioni in cui si svolge la nostra professione, sono state da sempre influenzate dalle situazioni politiche – economiche. Non è solo una condizione odierna. La storia ci insegna che l'architettura è sempre andata di pari passo con la situazione politica ed economica di un Paese. Oggi, il blocco degli investimenti, la carenza di risorse pubbliche, l'incapacità politica di spendere quelle poche disponibili, penalizzano lo svolgimento della nostra professione. E' fuori di dubbio che il paese sta vivendo, forse, la crisi economica peggiore, una fase critica e complessa e che questa ormai perdura da un lungo periodo. In più, a questa, si innesta, un degrado socio culturale altissimo. E’ necessario trovare la soluzione finalizzata al recupero della dignità professionale (oggi svilita e calpestata da ribassi eccessivi trasposta a logiche mercantili che nulla hanno a che fare con la prestazione intellettuale e che inficiano la qualità dell'architettura) e prima ancora la dignità personale di chi svolge una professione in cui crede. Ciò attraverso politiche occupazionali, creando quindi lavoro, a favore del professionista, abbandonando le logiche di preferenza nei confronti di vere lobby, intese queste ultime, quelle che gestiscono potere economico e che si occupano di difendere le rendite di posizione dell'industria e dell'alta finanza. Bisogna coadiuvare politiche e strategie per migliorare la pratica quotidiana del mestiere e offrire soluzioni ai problemi del territorio e del paesaggio italiano. Occorre riportare la figura dell'architetto al centro del sistema etico culturale. In una posizione finalizzata a dare
_paolo garofalo
_leonardo russo
risposte organizzate alle domande, della società, della collettività in uno a quelle di un luogo, fine per cui siamo stati preparati sin dai tempi dell'Università. Risposte date nell'interesse comune così come si evince dalla lettura della Costituzione ove vengono indicate: la tutela del paesaggio, della cultura, della ricerca, lo sviluppo di un mercato rispettoso di regole prioritarie di tipo sociale, la sicurezza dell'abitare dei cittadini. Diviene prioritario sancire il principio fondamentale dell'importanza dell'architettura e del lavoro degli architetti valore sociale prima ancora che culturale. In questo, sia gli Ordini professionali che le Facoltà di Architettura debbono con forza riaffermare a partire dalla qualità del vivere e dell'abitare il ruolo pubblico dell'architetto, traguardo non banale e difficile da raggiungere in quanto si scontra con la scarsa cultura dell'architettura che è comune denominatore delle amministrazioni pubbliche, dei costruttori privati e professionisti. Che ben vengano, quindi, eventi come Àlvaro Siza opere progetti in mostra, capaci di riaccendere emozioni in questo momento di buio sociale e culturale che investe la nostra professione.
_castello di Lombardia - Enna
_vista panoramica di Enna
_speciale_siza _________________autorevole
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archingegno n. 5 - maggio - giugno 2011
_complesso residenziale Bonjour Tristesse, Berlino, Germania, 1980-84
_l’attenzione all’identità del luogo _di fabio naselli Il Progetto, per la città come per l’architettura, ha visto maturare negli ultimi decenni a cavallo fra i due secoli XX e XXI un preciso approccio verso la direzione
_la leggerezza e la fermezza dell’atto restaurativo _antonella versaci Leggiadra e spontanea, rispettosa dei siti e del paesaggio, sintesi sapiente e momento d’incontro tra temporalità diverse, l’opera di Àlvaro Siza, sempre semplice e armoniosa, trova nel rapporto con la realtà storica consolidata, uno dei suoi momenti di maggior splendore. Nell’affrontare il complesso e spinoso tema del confronto tra antico e nuovo, senza mai sottrarsi, neanche di fronte alle limitazioni imposte da una certa critica accademica alla creatività progettuale del restauro, l’architetto portoghese imposta il suo rapporto con l’architettura delle preesistenze in maniera equilibrata, offrendone prova in numerosi interventi. Tra essi, vorrei soffermarmi su quelli che hanno destato in me particolari emozioni e che, inoltre, ho avuto la fortuna di visitare. In primis, il restauro della Chiesa Madre di Salemi è esempio attento di valorizzazione dell’ambiente, prodotto sulla base di un incessante alternarsi tra
macro. Approccio conseguente a diversi fattori i cui due più indicativi possono essere individuati, da un lato, nel trascinamento, che molti settori dell’opera dell’uomo hanno subito, della cosiddetta globalizzazionecon la sua spinta verso la megadimensione dell’intervento e la velocità di produzione e, di conseguenza, nell’astrazione dal rapporto diretto col luogo, dall’altro lato, nella propulsione verso un crescente individualismo determinata dalla mancanza di linguaggi condivisi e dall’affermarsi di logiche competitive portate ad una inaspettata scala planetaria di livello internazionale. Soltanto in questa ottica si possono leggere i megaprogetti che sono stati
pieni e vuoti, continuità e rotture, finalizzato alla restituzione della memoria, attraverso il metodo dell’invenzione, e alla ricostruzione di nuove dimensioni a partire dalle tracce identitarie e mnemoniche del luogo. Immerso nel cuore vibrante del centro storico, paradossalmente e romanticamente valorizzato da un evidente contrasto fra tradizione e visioni contemporanee, cultura artistica popolare e internazionale, nel sottile e quasi impercettibile restauro dell’edificio che ospita il MADRe, il Museo di Arte Contemporanea di Napoli, l’architetto Siza, ripensa gli interni dello storico palazzo, lasciandone inalterate le atmosfere e gli equilibri propri. Il progetto che coinvolge la seicentesca Villa Colonnese, situata sui Colli Berici, pone in stretta relazione l’architettura con il contesto, curando da una parte le nuove edificazioni e dimensionandole in modo che esse risultino in sintonia con la natura e dall'altra vigilando, con particolare sensibilità, al rapporto tra interiorità ed esteriorità dell'elemento compositivo. E ancora, la rinascita del Chiado, uno dei quartieri storici di Lisbona distrutto da un incendio nel 1988, è il frutto di un’azione globale di recupero e rivitalizzazione dagli esiti grandiosi, che interpretando il concetto costruttivo originale del quartiere, filologicamente ricostituisce e per il tramite del segno architettonico restituisce dignità ai luoghi, garantendone il riscatto. Su queste premesse, da docente di restauro non posso che ammirare il lavoro del maestro Siza e salutarne con entusiasmo la sua venuta a Enna!
esibiti nell’ultimo trentennio e che sembrano perseguire, prioritariamente, la via dell’autocelebrazione di una particolare figura di architetto globale, subito ribattezzato col termine inglese di Archistar (si pensi alle opere di F. O. Gehry o di Z. Hadid o ai mega interventi di nuova urbanizzazione realizzati a Dubai o in altri paesi emergenti). Facendo aderire, in questo modo, la professione del progettista, architetto, ingegnere o designer (nuova figura di primo piano) con la scala macro richiesta (e inevitabilmente necessaria) in una logica di competizione globale. Col risultato di confondere, il più delle volte, il progetto col progettista (il Guggenheim Museum di Bilbao è Gehry ma non è certo Bilbao). Al contrario, la lezione a cui l’opera di Siza ci invita si pone in una direzione diametralmente opposta; una direzione di attenzione puntuale al luogo e alla sua identità specifica, di riappropriazione della micro scala nella relazione reale col luogo in tutte le sue componenti e nella relativa lentezza del progetto/processo. Anche se inserito a pieno titolo nell’Archistar system, Àlvaro Siza non ha mai rinunciato al dialogo diretto con le tre dimensioni del territorio che lo caratterizzano come singolare e non omologabile: la dimensione materiale, la dimensione umana e la dimensione temporale. Fra i maggiori protagonisti dell'architettura contemporanea europea, dagli anni sessanta Siza si è imposto all'attenzione della critica internazionale,
meritandosi una posizione di assoluto rilievo sulla scena dell'architettura mondiale. Le prime opere (vari insediamenti residenziali per le classi meno abbienti e complessi edilizi realizzati sulle coste dell'Atlantico) lo hanno evidenziato come un interprete raffinato di una pratica professionale attenta al luogo, maturata a Porto grazie all'incontro con Fernando Tavora e, in seguito, in forza del dialogo intrattenuto con Eduardo Souto de Moura. Spesso accusato di essere “incapace di concludere” (il suo piano per Malagueira prevedeva numerosi spazi vuoti in attesa che maturassero le condizioni per la localizzazione di nuove funzioni e servizi) Siza replica: “La fretta di completare ogni cosa nell’architettura e nelle città d’oggi mi colpisce: mirando a soluzioni definitive si trascura la ricerca della complementarità tra le diverse scale, tra monumento e tessuto urbano, tra spazi aperti e costruiti. Al giorno d’oggi qualsiasi intervento, per quanto modesto, deve possedere un’immagine conclusa; questo spiega le difficoltà con cui le varie parti della città si compenetrano.” In altri termini, non possiamo progettare la città dei nostri sogni alla scrivania; la vera città è il risultato di un progetto-processo complesso, che si svolge nel tempo. Un processo senz’altro governato, non lasciato al caso o ai singoli individualismi ma condotto in un continuo dialogo con l’identità locale in tutte le sue componenti, alla ricerca di tracce dal luogo. “Queste tracce aiutavano a comprendere i comportamenti della popolazio-
ne e la topografia del luogo.” . Siza ha posto alla base della sua opera il rispetto, a volte con atteggiamento ortodosso, di questa identità del luogo, riuscendo a proporre progetti familiari, calati nella specifica realtà locale e mai estranei, partecipati con la collettività, reale committenza di ogni intervento di carattere pubblico e destinataria finale dell’opera realizzata. Ed è proprio l’attenzione dell’architetto nei riguardi della popolazione a instaurare un rapporto collaborativo di architettura partecipata ante-litteram, col fine di redigere un progetto a misura di abitante, tanto da attirarsi, in alcuni casi, numerose critiche per l’eccessivo mimetismo delle sue opere o la mancanza di una caratterizzazione linguistica siziana evidente, come il trend richiederebbe. Critiche scaturite dall’impresa, già citata, del quartiere residenziale Malagueira a Évora (1977-1997) ma rafforzate dagli incarichi internazionali come il complesso residenziale Bonjour Tristesse a Berlino (19801984) o le abitazioni sociali De Punkten De Komma all’Aja (19831988) . Insomma Àlvaro Siza rappresenta per noi (mediterranei) la rivincita del micro verso il mega; una nuova lotta di Davide contro Golia che non vede vincitori in campo, ma riafferma l’inalienabilità della dimensione territoriale dalla dimensione del progetto.
_rilievi 3D laser scanning della Chiesa Madre di Salemi
_speciale_siza _____________contemporaneo
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archingegno n. 5 - maggio - giugno 2011
Álvaro Siza, maestro dell’architettura contemporanea _chiara baglione
Internazionalmente riconosciuto come uno dei più importanti protagonisti dell'architettura contemporanea, Álvaro Siza è nato a Matosinhos nel 1933. Ha studiato all’Accademia di Belle Arti di Porto, sviluppando l’innato talento per il disegno che è per lui uno straordinario strumento di espressione e di conoscenza. Dopo aver lavorato, dal 1955 al 1958 con l’architetto Fernando Tavora – maestro riconosciuto della cosiddetta “scuola di Porto” – ha aperto un proprio studio in quella città, dove continua a svolgere ancora oggi la sua attività. Già le sue prime opere (come il ristorante Boa Nova e la piscina a Leça de Palmeira) si segnalano per la capacità di intessere un singolare dialogo con il paesaggio. Dopo la Rivoluzione dei garofani del 1974, ha partecipato al clima di rinascita sociale del Portogallo, collaborando a programmi di edilizia popolare (SAAL). È autore di numerosissime opere – oltre che in Portogallo, in Spagna, Germania, Olanda, Belgio, Corea del Sud, Brasile, Italia – in cui, a partire da una interpretazione originale della lezione dei maestri del movimento moderno – quali Alvar Aalto, Adolf Loos, Le Corbusier – ha saputo coniugare razionalità funzionale e ricchezza di soluzioni spaziali, elaborando un linguaggio formale personale e ben riconoscibile, eppure mai banalmente ripetitivo. Dal 1976 insegna alla Facoltà di Architettura di Porto, per la quale ha progettato e costruito la nuova sede tra 1985 e il 1996. È stato visiting professor in molte università, in Svizzera, Stati Uniti e Sud America. La sua opera è stata pubblicata in monografie e riviste in tutto il mondo ed esposta in prestigiose sedi internazionali. Ha ricevuto numerosi premi, tra cui, nel 1992, il Pritzker Prize, il maggiore riconoscimento in campo architettonico. Bibliografia essenziale M. Introini, M. d’Alfonso, Alvaro Siza: due musei, Electa, Milano 2009. K. Frampton, Álvaro Siza. Tutte le opere, Electa, Milano 2005. A. Siza, Scritti di architettura, a cura di A. Angelillo, Skira, Milano 1997. Fin dal 1982, la rivista «Casabella» ha dedicato un’attenzione costante all’architettura di Siza, documentando molte delle sue opere. Si vedano in particolare i numeri 640/641, 643, 654, 678, 706-707, 744, 752, 763, 765, 768, 770, 796, 800.
_Àlvaro Siza Vieira
_quartiere residenziale di Malagueira, Èvora, Portogallo, 1977-97
_cantina vitivinicola Adega Mayor, Campo Maior, Portogallo, 2002-06
_speciale_siza ___________________naturale
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_dialoghi con le preesistenze _maria teresa campisi Le relazioni fra il nuovo intervento e la preesistenza determina un rapporto di reciproco riconoscimento tra identità differenti. Sotto questa chiave di lettura si riconosce nell’operato di Àlvaro Siza la sua attenzione per il luogo, naturale o storicamente stratificato. La presenza della preesistenza, è parte integrante della processualità progettuale del lavoro dell’architetto, per cui egli inizia un progetto quando visita un luogo o a partire dall’idea che ha di un luogo, e per cui nessun luogo è deserto. Esemplificativi
sono, sotto questo punto di vista, alcuni dei suoi interventi dove è maggiormente evidente il rapporto di attenzione verso la preesistenza: l’intervento di recupero del quartiere del Chiado a Lisbona,1988, in cui, rifiutando la logica della distruzione/sostituzione con nuove architetture, come del facciatismo, concepisce il quartiere, sorto come edilizia post-sismica prefabbricata nel XVII sec., come un unico edificio prefabbricato, mantenendone in esso sia l’ibrido linguistico degli edifici realizzati nel settecento dai privati, sulla traccia dello schematipo palombino, sia le elevazioni balconate di epoche successive, ormai connotative dell’identità del luogo; il progetto del Centro Galiziano per l’arte contemporane a Santiago de Compostela, 19881993, dove la nuova architettura, gerarchicamente non soverchiante l’esistente, introduce nel progetto la presenza del complesso del Convento di S. Domenico de
Bonaval, all’esterno attraverso le vedute e gli scorci dei varchi fra i nuovi volumi, (definiti dalle sole lastre di granito in rimando alla tessitura muraria del complesso religioso), all’interno, quale sfondo delle aperture a nastro; il progetto, seppur minimamente riduttivo della preesistenza, nella risignificazione del rudere della chiesa madre di Gibellina, 1983-1997, a fondale del complesso della nuova piazza. Più fortemente riduttivo delle stratificazioni storiche della preesistenza, l’intervento di adattamento a museo del settecentesco Palazzo di Donnaregina, Madre a Napoli, 2003-2006, in cui la volontà di ripristino dello spazio dell’architettura settecentesca, comporta la rimozione degli ampliamenti ottocenteschi ed il generale rinnovamento delle superfici, pur nella sensibilità della scelta dell’allocamento delle funzioni.
_interventi per la ricostruzione della zona del Chiado, Lisbona, Portogallo,1988
_la misura dello spazio _gianluca burgio Lo spessore, la profondità e l’autorevolezza di un’opera di architettura proviene da una condizione in taluni casi indicibile dell’opera stessa. Àlvaro Siza Vieira riesce a trasmettere questa forza dell’architettura che si manifesta attraverso l’assoluta adeguatezza e misura. Le opere dell’architetto portoghese possiedono la capacità, grazie alla mano del maestro, di comprendere il luogo nel quale prendono vita e, in un incessante mutuo scambio con il luogo stesso, riorganizzano il senso dell’ambiente circostante. Le buone opere di architetture, che non sempre sono grandi opere, hanno il pregio di stabilirsi in un luogo senza prevaricare: le architetture di Siza stanno tra le cose come se ci fossero sempre state. Esse si guadagnano nel mondo uno spazio che deriva dal fatto che non impongono la loro natura su ciò che le circonda ma, al contrario, entrano in relazione con il cosiddetto contesto. Nelle foto di famiglia, si percepisce sempre chi è il nuovo arrivato: tuttavia il suo aspetto, pur nell’assoluta novità, è in sintonia con quello dei suoi simili, che lo accettano proprio per la sua diversità nell’identità. Qui, fuor di metafora, sarebbe necessario fare un lungo ragionamento, sui procedimenti
_casa del Tè, Ristorante Boa Nova, Leça da Palmeira, Portogallo, 1958-63 magistrali di Siza, che permettono al maestro di cogliere l’essenza delle cose. Per brevità faremo solo un cenno alla qualità sostanziale dei dettagli delle costruzioni. La precisione del dettaglio architettonico non è in Siza un vezzo fine a sé stesso, banalizzato dal dominio cieco della tecnica; esso è, al contrario, consapevolezza che dalla esattezza del dettaglio progettato,
nascerà un’opera ben costruita, che rispetterà in alcuni casi la tradizione, pur innovandola. Il sapere del maestro muratore, che conosce il latino, è un sapere quasi esoterico, fatto di studio, di passione per la consistenza materiale dell’architettura, la quale esprime la sua forza proprio nel farsi. La cura quasi maniacale del dettaglio che esprime l’opera di Siza, dà
consistenza alla sua architettura, le permette di sopravvivere al passare del tempo, proiettando in una dimensione di grande respiro la sua opera. L’architettura di Siza è, in definitiva, un’architettura che si trova sempre a suo “agio” tra le cose, perché trova la misura di sé in relazione all’altro da sè: “il termine agio indica infatti, secondo il suo
etimo, lo spazio accanto (adjacens, adjacentia) il luogo vuoto in cui è possibile per ciascuno muoversi liberamente, in una costellazione spaziale semantica in cui la prossimità spaziale confina con il tempo opportuno (ad-agio, aver agio) e la comodità con la giusta relazione” .
_speciale_siza _____________ lettere d’amore
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_è uno _ma davvero di famiglia viene qui?
_workshop _francesco mingrino
_piscine delle Maree, Leça da Palmeira, Portogallo, 1961-66
Nell’ambito della manifestazione che porta il maestro Siza nella nostra Università, Autodesk, sponsor ufficiale della mostra, attraverso i suoi centri di formazioni autorizzati qui in Sicilia Eureka Engineering di Palermo e lo studio Omphalos, nonché coorganizzatore della mostra insieme alla nostra facoltà, hanno organizzato un workshop che riproduce fedelmente, alcune, delle architetture più interessanti del maestro, scelte dal curatore della mostra, il prof Maurizio Oddo. Questo workshop, che vuole ricalcare la già avviata convenzione che vi è tra la nostra Facoltà e lo studio Omphalos, che permette agli studenti della Facoltà di Ingegneria ed Architettura della Kore di poter seguire i corsi con una scoutistica privilegiata, vuole, innanzitutto, far capire, attraverso il grado di fedeltà di restituzione di queste architetture, tra cui il Museo della Fondazione Iberê Camargo, di cui sotto abbiamo delle foto, come sia alto il livello che possono raggiungere gli studenti della Kore, attraverso l’uso dei programmi di progettazione che vengono loro insegnati all’interno dei corsi certificati Autodesk. Tra gli studenti che hanno partecipato a questo workshop, durante il quale è stato utilizzato il programma B.I.M. Revit 2011, troviamo Michaela Re, Mirco Alvano, Alessandro Ensabella, Adriano Furma, Salvo Torrisi ed Alberto Valguarnera, i cui lavori saranno inseriti nel catalogo della mostra.
_martina arena
_francesco mingrino
Non voglio avere la presunzione di scrivere un articolo che sia una sorta di biografia di Àlvaro Siza, un’interpretazione del suo lavoro e del suo pensiero, non avendo nel corso degli anni studiato in maniera minuziosa e approfondita la carriera di questo grande architetto. Avrei tanto voluto intervistarlo, per scrivere qualcosa che non sia un copia incolla dei vari libri, avrei posto domande diverse dalle solite che poniamo agli architetti quando vengono a trovarci, avrei voluto sapere cosa si prova ad essere un architetto così famoso, così in vista, così influente sulle giovani menti degli studenti, ma anche su quelle dei già architetti; chi di noi non ha mai osservato un’opera di Siza cercando l’ispirazione per un nuovo progetto? E lui lo sa? Credo di si, ma sarebbe stato bello sapere cosa scatta in lui a pensarci, se questo influisce nel suo modo di lavorare o di vivere, essere “Àlvaro Siza” ha decisamente un suo peso e per quanto ci riguarda incide sulle revisioni, sui voti di un esame di storia o di laboratorio, entra nelle nostre discussioni, nelle nostre ricerche internet, praticamente possiamo dire che Àlvaro è come uno di famiglia per ogni architetto e noi della Kore siamo lusingati di poter avere questo immenso onore che è la sua presenza nelle nostre aule.
Quando si è sentito nell’aria che si stava preparando quest’evento ho pensato: ”Ma davvero sta venendo qui?”, poi ho iniziato ad assistere a tutti i preparativi per la lectio, la mostra, l’allestimento e nella mia mente si è andata consolidando l’idea che avrei visto uno dei più grandi architetti contemporanei e proprio nella mia Università e nella mia città. Nel frattempo con i colleghi si parlava e mostravano la stessa perplessità e la stessa incredulità che alla fine si sono trasformate in estrema soddisfazione, perché era la loro Facoltà che stava facendo tutto questo e che lo stava organizzando per loro, per gli studenti, per dargli la possibilità di venire a contattato con una personalità, come quella del maestro Siza, unica al mondo. Quindi non c’è che da essere soddisfatti di quest’evento che da lustro e prestigio alla nostra Facoltà, attraverso il lavoro di coloro che la vivono tutti i giorni e di quelle persone che considerano la nostra Università uno strumento per migliorare il bagaglio culturale della nostra Città; quindi, anche qui, la nostra Facoltà dimostra di avere una marcia in più, di saper pensare davvero in grande anche quando si è, ancora, “piccoli”.
_Siza + Collovà: architettura chirurgica, intervento a cielo aperto. _claudio di forti
Gli studenti di Architettura ricollegano al dramma del terremoto del 1968 nella valle del Belice, la ricostruzione di Gibellina, che ha visto grandi nomi di fama mondiale dell’architettura e dell’arte apportare il loro contributo alla ricostruzione. Nel 1983, Àlvaro Siza interviene a Salemi, un paese limitrofo a Gibellina nonchè prima capitale italiana. Insieme a Roberto Collovà progettano per il centro storico di Salemi un intervento di grande interesse e che definirei "chirurgico".” Piccoli interventi mirati, di eccelsa qualità, che ambiscono ad un solo scopo: ricucire la città storica. Come dice lo stesso Collovà, il progetto è difficilmente descrivibile, occorrerebbero molti disegni per avere un quadro quanto più completo di tutto l’intervento. Il progetto degli spazi pubblici, in relazione alla nuova condizione delle preesistenze non più valutabili per la loro originaria funzionalità, consente di creare una complessa e inedita mescolanza tra il costruito e il nuovo. Ciò trova un momento di maggiore interesse attorno al ridisegno della piazza Alicia e della Chiesa Madre: il cambiamento della forma e l'idea di lavorare per sottrazioni, permette ai progettisti di ribaltare gli effetti devastanti del terremoto in altrettanti elementi di rifondazione. Si viene a creare così un grande spazio a cielo aperto dove, ciò che prima era un recinto chiuso, adesso è fruibile a tutti. Le ombre proiettate del transetto e dell'abside, nel loro reiterarsi quotidiano, ribadiscono l'invito a non dimenticare quanto è avvenuto tragicamente la notte del 14 gennaio 1968.
_speciale_siza __________________la mostra
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Àlvaro Siza Opere e Progetti in Mostra _note sulla mostra a Palazzo Militello e sulle due giornate ad Enna
_casa “do Pego”, Sintra, Portogallo, 2002-07
_sala lettura della biblioteca dell’Università di Aveiro, Portogallo, 1988-95
_Àlvaro Siza Vieira
_centro Galego di Arte Contemporanea, Santiago di Compostela, Spagna, 1988-1993
Organizzare una mostra di architettura non è facile, soprattutto quando si analizza l'opera di un maestro come Àlvaro Siza. L'arte e la professione dell'architetto, infatti, non prevedono alcuna esposizione: è l'architettura, a lavoro finito, a mostrare se stessa. Una mostra di architettura è, per così dire, innaturale; essa, a prima vista, è destinata a costruire un ossimoro che va ben oltre gli strumenti consueti e necessari per svolgere il lavoro dell'architettura. L'architettura è sempre stata e continua a essere l'edificio completato, lontano da ogni surrogato. Essenzialmente è l'edificio in sé che conta, senza trascurare il processo di ideazione, né tanto meno quello di realizzazione, gli strumenti e i metodi utilizzati. Eppure, oggi che la cultura architettonica è stata divisa in numerose narrazioni e sistemi di valore paralleli, si avverte la necessità o piuttosto il desiderio di esporre, dare notizia del lavoro svolto e, soprattutto, di mostrare il non costruito. Le mostre di architettura cominciano a emergere; esse, giorno dopo giorno, diventano un fatto reale, una realtà consolidata, un mezzo di comunicazione e di diffusione delle opere e di quei lavori, non eseguiti, altrimenti destinati a morire nei cassett. Si badi bene, si tratta soprattutto della cultura architettonica legata all'opera dei grandi autori in grado di seguire le teorie storiche e contemporanee che stiamo vivendo strettamente legate alle loro opere come una
interpretazione artistica o almeno creativa del mondo. E' il caso di Àlvaro Siza. Questa mostra, accompagnata da una Lectio magistralis del maestro portoghese, si pone l’ambizioso obiettivo di una sintesi operante dopo una cinquantennale carriera e trent’anni di continue ricerche. Essa scandaglia, attraverso molte delle sue opere più significative e note, l’universo del maestro portoghese presentato tramite schizzi, disegni, plastici e fotografie, oltre gli oggetti della sezione dedicata al design. Sebbene le sue opere talvolta non si somiglino – come accade a uno sguardo superficiale che osserva in sequenza i progetti più recenti - esse sono tra loro in perenne comunicazione; dalle Piscine delle Maree a Leça da Palmeira (Portogallo, 1961-1966), alla Fondazione Iberê Camargo Foundation, Porto Alegre (Brasile 19982008), attraverso la Facoltà di Architettura di Porto (Portogallo 1986-1996) - tutti progetti in mostra insieme a una ulteriore selezione del vasto universo Siza – il suo processo ideativo appare in tutta evidenza. Esporre architettura è esattamente questo: rivelare l'intero processo della realizzazione del progetto, costruito o no. Curare una mostra significa esporre sinteticamente, tutto il lavoro che sta dietro l'idea, il progetto e l'edificio. Mostrare se stesso non è un obiettivo di Àlvaro Siza. Egli lavora perché è un architetto e l'architettura è in lui. Esporre Àlvaro Siza è esporre le sue opere. Non è stato facile.
_maurizio oddo Aperto a una infinità di stimoli che lo portano continuamente a allargare i suoi temi di ricerca, Àlvaro Siza Veira è l’architetto contemporaneo che più di ogni altro, come sottolinea Rafael Moneo, rappresenta e interpreta il pensiero e i principi del Movimento Moderno. Il suo inestinguibile desiderio di conoscere lo conduce, infatti, a esplorare continuamente nuovi campi del progetto e strade anche geograficamente lontane: dal Portogallo alla Corea, dal Brasile all'Italia. Il processo compositivo, infatti, analizzato con sguardo attento alle tematiche del progetto e dei materiali mostra quanto importante rimanga il rapporto con i luoghi che, a partire da Porto, città in cui opera da sempre, sono considerati insostituibili campi di sperimentazione per mettere a punto le peculiarità della sua architettura e del carattere del suo ingegno. Una mostra su Àlvaro Siza segna una tappa ulteriore di un processo di ricerca trasversale che è il progetto, piccolo o grande che sia; una tappa di una storia, quella personale del maestro portoghese, in cui si deve anche saper leggere tra le righe come avviene con i suoi disegni di viaggio, appuntati nei carnets. Mi auguro che la tappa di Enna, interrogandosi sulla straordinarietà della influenza del pensiero siziano nell’età contemporanea, possa segnare un nuovo capitolo in questa lunga e entusiasmante storia.
_speciale_siza _______________________info
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_speciale_siza ____________________cultura
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