2006 Istituto di Filosofia Arturo Massolo Università di Urbino Isonomia
Aristotele e l’economia Italo Cubeddu Università degli studi di Urbino “Carlo Bo” Professore emerito
[email protected]
Abstract A page of the Nicomachean Ethics explains in what manner an architect (A) can give a house (C) in exchange for a given number of shoes (nD) from a cobbler B (E.N. 1133 a 7 ff.). The exchange takes place along the diagonals of a square which join the extreme points A-nD and B-C, and can be read as a geometrical proportion: (A+C):(B+D)=A:B and C:D. It is to this formula, which provides an instance of distributive justice, that the idea which Aristotle has of the political good leads back, a good identified with the justness that emerges from «a certain proportion» (Pol. 1282 b 16-17, E.N. 1131 a 29). The reciprocal exchange of goods «produces equality and preserves friendschip» between citizens of a state (E.N. 1163 b 32-35), and yet remains possible if money is used only to facilitate its execution and if the fact is recognized that the ratio of giving and having exists within things. Exchange, Aristotle concludes, «is prior to money» (E.N. 1133 b 27-28).
Italo Cubeddu
2
[...] il bene della politica è il giusto e[sti de; politiko;n ajgaqo;n to; divkaion. Politica, G 12, 1282 b 16-17
[...] il giusto è perciò una certa proporzione, e[ s tin
a[ r a
to;
divkaion ajnavlogovn ti. Etica a Nicomaco, E 3, 1131 a 29
Il giusto politico, spiega Aristotele nel settimo capitolo del quinto libro dell’Etica nicomachea, può essere naturale oppure per convenzione o legge: il primo vale dappertutto e non perché lo accettiamo o non lo accettiamo, mentre il secondo, prima di esserci, può essere in un modo o anche in un altro, non però quando sia stato stabilito. C’è chi ha pensato che le leggi della città siano tutte mutevoli dal momento che quelle naturali sono immutabili, il fuoco infatti brucia nello stesso modo in Grecia e in Persia; questo però non è vero in assoluto, ma solo in parte, per gli dèi non vale assolutamente e si può dire che anche da noi c’è un giusto naturale, sebbene tutto, qui, possa cambiare. Si sa, per esempio, che la mano destra è per natura quella più forte, ma qualcuno riesce a diventare ambidestro (lo stesso esempio si trova in Platone, Leg. VII, 794 D-795 D); ora questa distinzione vale per tutte le cose, sebbene non sia facile vedere quali di quelle mutevoli siano per natura e quali per legge o convenzione1. .
In un libro precedente, il terzo, Aristotele aveva trattato della deliberazione, che si rende necessaria per le cose fatte dall’uomo ma non per quelle eterne: non si delibera infatti sulla incommensurabilità della diagonale. Quando consideriamo i fatti umani, quello che cerchiamo sono i mezzi e non i fini: il medico non si domanda se deve occuparsi della salute, il commerciante non si chiede se debba procurarsi un guadagno. Si deve notare però che anche per questo genere di cose le ricerche si fanno servendosi del metodo dell’analisi, come quando si vuole costruire una figura geometrica. Se non tutte le ricerche sono deliberazioni (non lo sono quelle del matematico), il medico o chi intende acquistare beni debbono cercare, tra i mezzi possibili, quelli che consentono di
Isonomia 2006
Aristotele e l’economia
3
raggiungere il fine ovvero l’ultimo termine dell’analisi, che è poi il primo della costruzione2. I vocabolari ci dicono che l’aggettivo divkaio~, giusto, oltre che per ovvi riferimenti a comportamenti umani, può essere usato per dire che un corpo è ben proporzionato (divkaion sw`ma), che è come deve essere, uguale nelle parti che lo costituiscono, simmetrico (Galeno), oppure che l’acquisto di una cosa è conveniente perché ha il prezzo dovuto. Questo non succede soltanto nel greco antico, noi riprendiamo però la lettura del capitolo dell’Etica nicomachea dal quale ho ricavato il secondo motto completandola per la parte che ci interessa. Scrive ancora Aristotele: Infatti la proporzione non è propria soltanto dell’unità numerica, ma del numero in generale, ed è una uguaglianza di quattro termini. La proporzione discreta ne ha quattro, e ne ha quattro anche quella continua. Questa ne usa uno due volte e lo dice anche, per esempio che A sta a B come B sta a G. Così il giusto comprende almeno quattro termini e il loro rapporto è il medesimo, sono infatti divisi in modo simile quei segmenti [che rappresentano persone] e quelli che rappresentano la parte ricevuta da ciascuno [nel corso della lettura Aristotele rinviava evidentemente a una figura]. Dunque come il primo termine sta al secondo il terzo starà al quarto e, permutando, il primo al terzo e il secondo al quarto [...]. Il principio della giustizia distributiva è la congiunzione del primo termine con il terzo e del secondo con il quarto [...]. I matematici chiamano questa proporzione geometrica, infatti è quella in cui le somme [degli antecedenti con i conseguenti] stanno tra loro come un termine di ogni coppia sta all’altro (1131 a 30; b 15).
Da queste pagine ricaviamo due indicazioni che potranno accompagnare la nostra lettura dei capitoli della Politica (l’ottavo, il nono e il decimo del primo libro) e dell’Etica nicomachea (il quinto del quinto) che vengono citati per far dire a Aristotele quello che ha pensato dell’economia. Prima indicazione: la distinzione di legge naturale e legge per convenzione non è assoluta, l’esempio, che abbiamo visto, dell’ambidestro ci dice che non è impossibile introdurre un ordine naturale nei rapporti tra i cittadini di una povli~, che si può almeno tentare di farlo: se è vero che le azioni umane non hanno una necessità assoluta, se non sono “sempre” come la incommensurabilità della diagonale, possono presentarsi come un “per lo più” (un wJ~ ejpi; to; poluv) per cui riusciamo a ricondurle a un modello, a una causa formale che è anche una causa finale. Per Aristotele il compito del legislatore è quello di «abituare i cittadini al bene» (Etica nicomachea, B 1, 1103 b 3-4), a un sistema di rapporti che diciamo naturali quando ci Isonomia 2006
Italo Cubeddu
4
sembrano giustamente proporzionati. L’altra indicazione è quella che si ricava dalla definizione di ajnavlogon modellata sulla teoria delle proporzioni costruita da Eudosso, il matematico scienziato filosofo che reggeva l’Accademia l’anno in cui era arrivato nella scuola il giovane Aristotele che allora, nel 367, aveva diciassette anni (Platone era in Sicilia). La pagina che abbiamo letto dal quinto libro dell’Etica a Nicomaco ripete quello che si deve sapere della proporzione, compresa la possibilità di permutare e di sommare i termini che la costituiscono3. Nei Topici si può leggere un’altra definizione, riguarda la divisione condotta sul piano di un parallelogramma da una retta parallela a uno dei suoi lati, con questa operazione il lato e l’area della figura risultano simili per la sottrazione che hanno subíto di uno stesso numero di parti (Q 3, 158 b 29-35). Più interessante può diventare per noi un capitolo degli Analitici secondi, il quinto del primo libro, che richiama la conversione o alternanza dei termini di una proporzione (A:B = G:D, A:G = B:D) discutendo gli errori che si possono commettere nelle dimostrazioni di attributi universali. Aristotele dice a un certo punto che la proporzionalità ottenuta in questo modo vale non solo per i numeri in quanto tali, ma anche per le linee, per i solidi e «per le differenze di tempo», sempre in quanto tali (74 a 17-19). Da qui, per il riferimento alle determinazioni di tempo che entrano in una relazione incrociata, potremmo passare alla lettura del capitolo dell’Etica nicomachea, sarà bene però vedere prima quelli ricavati dalla Politica, per ritrovare qualcuna delle cose dette fin qui4. *** Politica, primo libro, capitolo ottavo Che cosa si identifichi o sia parte di che cosa, se l’economia si identifichi con l’acquisto di beni (con la crematistica; crhmatistikhv, da crh`ma, ciò di cui si ha bisogno, che viene usato; al plurale: gli averi, le ricchezze) oppure se questa sia una parte della prima o costituisca una specie a sé, per es. se abbia una propria natura diversa da quella dell’amministrazione domestica, e se della crematistica, che si occupa delle proprietà e dell’acquisto di beni, sia parte l’agricoltura, sono queste le domande che Aristotele si pone all’inizio del capitolo ottavo del primo libro della Politica. Il modo di interrogarsi è quello di chi fa uso del metodo delle divisioni cercando di raccogliere con l’induzione i dati che gli consentono di arrivare a una risposta. Aristotele parla di uomini e di Isonomia 2006
Aristotele e l’economia
5
animali che si procurano il cibo da sé, della natura che «non fa nulla di inutile e senza motivo» (1256 b 21) e che assegna a tutti i viventi il loro ruolo fissando una rete di rapporti che non richiedono lo scambio e il commercio al minuto (1256 a 40-b 20). C’è allora una forma di acquisto che è naturale, che è parte della amministrazione familiare e che deve procurare i beni necessari, quanto basta per raggiungere l’autosufficienza; a questa idea se ne lega un’altra che incontreremo di nuovo, quella del ben vivere (to; eu\ zh`n). Solone aveva torto quando diceva che la ricchezza non ha limiti per l’uomo, quella necessaria per la famiglia e per la città ne ha uno, e chi sta a capo della famiglia e dello stato deve apprendere come è fatta questa crematistica naturale (1256 b 35-39). 1256 a 4. Oij k onomiv a , economia. Ha preso il nome dalla casa (oi\ko~) abitata dalla famiglia, dal primo tipo di aggregazione (nel secondo capitolo dello stesso libro Aristotele cita Esiodo: «nella casa vengono prima la donna e il bue che ara») che si moltiplica nei villaggi e che nella città acquista l’ultima forma, quella di una comunità perfetta: «la natura di ogni cosa è il fine che porta a compimento la sua generazione, come avviene per l’uomo, per il cavallo e per la casa» (A 2, 1252 b 32-34). In un altro capitolo dello stesso libro, il terzo, spiega poi che gli elementi dell’amministrazione domestica sono quelli stessi della città e che della famiglia «è parte la proprietà» (1253 b 23). Nel dodicesimo dichiara ancora che tre sono le parti della amministrazione familiare, il padrone (e lo schiavo) che è poi il padre-re dei figli, e che come marito esercita un potere «politico» sulla moglie (1259 b 1). Questa divisione diventerà importante nella discussione delle varie forme di costituzione, l’Etica nicomachea indica le analogie (o paradeivgmata) che la famiglia mostra di avere con diverse forme di costituzione: il rapporto del padre con i figli fa pensare al regno (per questo Zeus è stato chiamato padre da Omero), quello che ha, come padrone, con lo schiavo è tirannico, infine quello che gli viene riconosciuto nei confronti della moglie è aristocratico, la sua è infatti un’autorità fondata sul merito (katæ ajxivan); se volesse comandare su tutto diventerebbe un oligarca, Q 10, 1160 b 22-36. 1256 a 1. Uno dei tanti riferimenti alle opere di Platone che si trovano nella Politica riguarda la comunanza delle donne, dei figli e della proprietà (Repubblica V); per quest’ultima Aristotele dichiara nel quarto capitolo del secondo libro che l’idea che «le Isonomia 2006
Italo Cubeddu
6
proprietà siano private e divengano comuni nell’uso è evidentemente quella migliore», 1263 a 37-40. 1256 a 16-b 30. La capacità che gli uomini hanno di procurarsi il cibo da sé—e non con gli scambi o con il commercio al minuto (kaphlikhv, fin qui sinonimo di aj l laghv , scambio in generale, baratto: 1256 a 40-1256 b)— è un possesso che la natura ha concesso a tutti gli animali; è chiaro poi, sostiene Aristotele, che ogni cosa che si collega con questo potere è stata fatta per l’uomo. Più avanti (vedi il successivo capitolo nono, 1257 a 15-20) Aristotele dirà del commercio al minuto che all’inizio era un’altra cosa, diversa dalla crematistica, il fatto se lo spiega immaginando un tempo in cui gli scambi sarebbero avvenuti ««fino al punto che poteva bastare», ossia per soddisfare bisogni elementari; nel seguito Aristotele riavvicinerà i due modi di acquisto con una critica che li colpisce entrambi, quando avrà visto per quali motivi e in che modo possono diventare innaturali. Per i riferimenti all’agricoltura, oltre all’indicazione data nelle righe 39-40 della pagina 1256 a («la maggior parte degli uomini vive della terra e delle piante coltivate»), vanno ricordate altre pagine dell’opera, sempre dal primo libro nel capitolo undicesimo (1258 b 12-22), poi nel quarto capitolo del quarto (1290 b 40 sgg.). Nel primo brano si legge un rapido elenco delle cose che deve saper fare l’agricoltore; è piuttosto sommario ma le attività indicate sono quelle che costituiscono la crematistica “in senso proprio”. Parla dei vantaggi che ottiene quando è esperto nell’acquisto di cavalli o di buoi o di pecore, quando conosce il modo in cui si debbono coltivare i campi e curare i boschi e quello di allevare api o altri animali, pesci o uccelli, dai quali potrebbe ricavare risorse. Segue, nelle righe 20 sgg., la divisione dell’attività mercantile in tre parti, la prima costituita dal commercio marittimo, la seconda dal prestito a interesse (tokismov~), l’ultima dal lavoro salariato (una forma intermedia sarebbe costituita dall’arte mineraria e dal taglio dei boschi). All’inizio della pagina 1259 fa anche i nomi di due autori di scritti sull’agricoltura, Caretide di Paro e Apollonio di Lemno, dei quali però non conosciamo nulla. Nel capitolo del quarto libro Aristotele introduce un elenco delle parti che costituiscono la città: per primi vengono gli agricoltori, che procurano il cibo, poi gli operai, il terzo posto è occupato dal mercato (ajgorai`on), dove si fanno gli acquisti e le vendite, all’ingrosso (ejmporiva~) e al minuto (kaphleiva~). Ricorda inoltre (1291 a 11 sgg.) che nella Repubblica (II, 369 Isonomia 2006
Aristotele e l’economia
7
B sgg.) Socrate ha proposto una classificazione simile ma insufficiente, qui dobbiamo registrare un’osservazione che precede l’elenco e che rinvia a questioni di metodo: la divisione delle parti della città deve essere fatta usando il procedimento induttivo (vedi sopra), che consente la divisione (diaiv r esi~) di un genere nelle sue specie e la distinzione di tipi animali in una tavola classificatoria costruita tenendo conto della diversa organizzazione, in ciascuno, degli organi che sono per tutti comuni5
.
1256 b 25-39. La proprietà, l’abbiamo già visto, deve essere contenuta nei limiti di quanto basta per garantire l’autosufficienza (aujtavrkeia; vedi anche sopra, 1256 b 4) della famiglia e della città e per consentire una ««vita buona». Nel terzo libro della Politica Aristotele ha scritto che «il vivere bene è il fine della città», di una «comunità di genti e di villaggi che conducono una vita perfetta e autosufficiente ossia, come diciamo, una vita bella e felice (to; zh`n eujdaimovnw~ kai; kalw`~)», 9, 1280 b 39-1281 a 2. Ancora sulla sua lettura del detto di Solone: c’è, per Aristotele, un limite della ricchezza perché non c’è nulla che sia illimitato, nel mondo che è nostro e per la scienza che ne abbiamo; quanto all’etica, dopo aver ripetuto che la virtù sta nel seguire la via di mezzo (mesovth~) tra due estremi, Aristotele ha aggiunto, trovandosi d’accordo con i pitagorici, che il male è dell’infinito e il bene di ciò che è limitato (Eth. Nic. B 6, 1106 b 28-30). *** Politica, primo libro, capitolo nove È il capitolo delle difficoltà. Alla fine Aristotele dice di aver mostrato il perché di due specie di crematistica, una necessaria, legata alla economia domestica, e una non necessaria, della quale ha indicato le cause. Le difficoltà incontrate per arrivare a questa conclusione vengono affrontate usando la tecnica delle divisioni e cercando le differenze tra le cose e tra i loro significati per negarne (o affermarne) le somiglianze. Vedi anche nei Topici il tredicesimo capitolo del primo libro. 1256 b 40-1257 a 20. La maggiore difficoltà: se non sono identiche, le due maniere di procurare beni «sono vicine o non troppo lontane». Ma una è naturale, l’altra è un’arte, Isonomia 2006
Italo Cubeddu
8
e tutte le arti, dirà più avanti, tendono senza fine a raggiungere il loro scopo, in questo caso all’accumulo incessante di beni (1257 b 25-30). Riconosciuta la vicinanza delle due forme di acquisto, Aristotele introduce (dalla pagina 1257 a 5) la distinzione tra valore d’uso e valore di scambio, che riguarda tutto ciò che si possiede; sono due usi che ineriscono per sé (kaqæ auJtovv) alla cosa, ma non per sé nello stesso modo, uno dei due può dirsi proprio, l’altro no. Il passo ci rimanda a un capitolo degli Analitici secondi dove vengono distinti gli attributi per sé che si dicono tali in quanto entrano nel discorso definitorio di una cosa (la pluralità, per esempio, che fa parte della nozione di numero) da quelli, anch’essi per sé ma derivati, che si possono dire solo precisando qual è la cosa già definita della quale sono un attributo (come dispari, che si dice del numero ma non di tutti i numeri), A 22, 84 a 11-18. Il fatto che si possa vendere o comprare non appartiene al che cos’è, all’ ei\do~ di una cosa. Va aggiunto poi (è un altro elemento che confermerebbe la vicinanza) che degli uomini alcuni hanno più, altri meno di quanto può bastare. Sulle cause di questo più e di questo meno il testo non si sofferma, l’accenno serve soltanto per poter dire che in origine lo scambio si limitava alla soddifazione di bisogni elementari (passo già citato nei riferimenti al capitolo precedente). 1256 a 19-31) Nelle righe precedenti Aristotele aveva detto che nella famiglia lo scambio non era necessario; ha pensato evidentemente che all’interno di un gruppo ristretto ognuno poteva attingere dai beni raccolti per l’uso comune. Ma la moltiplicazione di famiglie in luoghi diversi e sempre più distanti ha reso differenti la quantità e la qualità dei beni posseduti: da qui la necessità di scambiarli, dapprima con il baratto, che «non è innaturale» e che sembra mantenere ancora l’iniziale vicinanza; il baratto non sembra essere una crematistica, questa però è derivata (kata; lovgon, logicamente, precisa Aristotele) da quello. 1256 a 32-1257 b 31. Nel passo (ma non è il solo) si indovinano le riflessioni che l’autore ha fatto su cose accadute6 e che conosceva molto bene. Si riferisce alle importazioni e alle esportazioni, all’introduzione della moneta, che avrebbe determinato la nascita del commercio mercantile e indotto gli uomini a pensare che la ricchezza si identifica con il denaro. A questo punto introduce un altro argomento osservando che la Isonomia 2006
Aristotele e l’economia
9
moneta ha un valore solo legale; ripete poi un racconto fatto sul re Mida e conclude (righe 17-19) dicendo che dal momento che l’economia domestica e la crematistica legata al denaro appaiono ormai decisamente separate come lo sono il limite e l’illimitato «si è cercato giustamente un altro tipo di ricchezza». L’ultima parte del capitolo (1257 b 32-1258 a 18) contiene alcune osservazioni sulle motivazioni psicologiche di chi cerca di aumentare a dismisura il possesso del denaro7, rinunciando al «ben vivere» (vedi nelle pagine precedenti); segue la conclusione generale che è stata riportata all’inizio. *** Politica, libro primo, decimo capitolo C’è una crematistica della natura che nutre quanti ha generato; a questa debbono riferirsi il politico e chi dirige la casa servendosi di un’arte subordinata (uJphretikhv, 1258 a 34) di cui Aristotele qui non dice altro (ma dobbiamo ancora vedere le pagine trascritte dall’Etica nicomachea). Dice però di aver sciolto così il dubbio avanzato nelle prime righe del capitolo ottavo; a conclusione di questo, che è assai breve (1258 a 19-b 8) si legge la condanna dei traffici che gli uomini fanno tra loro scambiandosi denaro e non cose; l’usura è la forma di acquisto che più di ogni altra può dirsi contro natura. Concludendo la lettura di questa parte della Politica si possono rivedere tre righe del nono capitolo: chi vende le scarpe a uno che ne ha bisogno e lo fa «per ricavarne denaro o cibo» non ne fa certo un uso proprio, perché la scarpa non è stata fatta per lo scambio (1257 a 10-13), continua tuttavia a usare la moneta come un medio perché se ne serve o se ne servirà per acquistare cose. Lo stesso si deve dire di un passo dell’Etica nicomachea che dobbiamo ancora vedere (1133 b 10-12), parla della possibilità di usare il denaro per bisogni futuri, anche qui il ricorso alla moneta può rendere più facile o sicura la soddisfazione di bisogni differiti, uno scambio di cose o un baratto che si farà.
Isonomia 2006
Italo Cubeddu
10
*** Etica a Nicomaco, libro quinto, quinto capitolo 1132 b 21-32. All’opinione dei pitagorici e di Radamanto, sostenitori della legge del taglione, Aristotele oppone la distinzione di due tipi di giustizia discussi nei capitoli precedenti, quella distributiva di onori e ricchezze (capitolo 3), che si ottiene con una proporzione geometrica (A : B = G : D;) e quella correttiva dei danni che un privato può arrecare a un altro (capitolo 4); la correzione è affidata a un giudice dal quale ci si aspettano sentenze modellate secondo una proporzione o progressione aritmetica8. Da queste righe iniziali si può risalire alle prime pagine del libro che contengono una lunga discussione su che cos’è l’ingiusto e che cosa il giusto, sulla relazione della giustizia con la virtù, e la citazione di un detto comune: «nella giustizia (dikaiosuv n h) è compresa ogni virtù», il detto riconosce che la virtù perfetta è quella che si pratica non solo verso se stessi ma anche verso gli altri. Il passaggio ai capitoli successivi lo assicurano, nel secondo, le righe 6-8 della pagina 1130 b («è evidente che ci sono molte specie di giustizia, e una che è diversa dalla giustizia totale») e il passo che va dalla riga 30 della stessa pagina alla fine (1131 a 11), dove viene annunciata la discussione della giustizia distributiva e di quella correttiva (o, si potrebbe anche dire, giudiziaria). In mezzo Aristotele fa una dichiarazione di cui dobbiamo tener conto se vogliamo capire in che modo va letto il rapporto che stabilisce tra l’etica e la politica (e perché il discepolo non era del tutto d’accordo con il maestro Platone): «non è [...] la stessa cosa essere in tutto un uomo buono e un buon cittadino»9, 1130 a 29-30. 1133 a 1-7. Lo scambio come dono (metav d osi~) tiene unita la città, per questo gli uomini hanno eretto un tempio alle Grazie (Cavrite~), perché si ricordi l’obbligo di restituire i benefici ricevuti (si dice o si diceva una volta che un prestito senza interessi è un prestito “grazioso”). Dalla riga 7 un diagramma doveva illustrare l’esempio di uno scambio di cose “in diagonale”:
Isonomia 2006
Aristotele e l’economia
11
a
b
g
nd
Quello che segue immediatamente, fino alla riga 33, si può riassumere in breve: a indica un architetto e b un calzolaio, i due che devono scambiarsi quello che producono, la casa (g) e le scarpe (d). Lo scambio reciproco si fa anche se il prodotto dell’uno vale più di quello dell’altro, è necessario soltanto che vengano resi uguali. Per questo serve la moneta che misura ogni cosa, può dirci infatti quante paia di scarpe occorrono perché possano essere scambiate con una casa. La moneta è un’unità di misura nata per convenzione, può non avere sempre lo stesso valore (anche se tende a rimanere stabile) e può essere messa fuori corso. Una misura naturale è invece il bisogno, senza del quale lo scambio non ci sarebbe; il bisogno fa incontrare tutte le cose e le persone con le cose. Le ultime righe ripetono che «ci sarà la proporzione reciproca [il contraccambio, to; ajntipeponqov~] quando i prodotti saranno stati pareggiati, e il calzolaio e il contadino [che ha preso il posto dell’architetto] staranno nello stesso rapporto in cui stanno il prodotto dell’uno con il prodotto dell’altro». Più avanti, nel libro sull’amicizia, si legge il commento migliore, forse, di questo passo: «Nelle amicizie tra disuguali la proporzione produce uguaglianza e salva l’amicizia; così, in quella tra concittadini il calzolaio riceve per le sue scarpe —e il tessitore e gli altri artigiani per i loro prodotti— un pagamento pari al loro valore» (I 1, 1163 b 32-35). A ciascuno secondo quello che fa e secondo il merito (katæ ajxivan) che gli va riconosciuto per quello che fa. La proporzione garantisce che le gerarchie sociali non vengano alterate dai processi economici (Schefold, p. 42)? Posso dire, per ora, che lo scambio proporzionale è un esempio di giustizia distributiva10. Il brano successivo che chiude nel capitolo la parte che abbiamo letto contiene diverse cose. Dice che la proporzione non deve essere cercata dopo che lo scambio è avvenuto,
Isonomia 2006
Italo Cubeddu
12
altrimenti «uno degli estremi [a o b, nel diagramma] potrebbe avere un doppio vantaggio», 1133 b 1-2. Salto alcune righe per arrivare a quelle (14 sg.) dove si dice che ogni cosa deve essere valutata in moneta (tetimh`sqai), deve avere un prezzo. Le righe precedenti parlavano di una contrattazione privata? Per quello che abbiamo ricavato dal capitolo penso piuttosto che i prezzi dovessero subire il controllo di un magistrato o della comunità. Torno sulle righe precedenti, dove si ritrova l’affermazione che è l’incontro dei bisogni che rende necessario lo scambio, poi quella che il denaro rende possibili gli scambi nel futuro. Alla fine troviamo una variante della proporzione in diagonale che abbiamo immaginato disegnata nella prima colonna della stessa pagina (rr. 7-11). Può essere trascritta per intero: «Sia a una casa, b dieci mine e g un letto; se la casa vale la metà di b, ossia cinque mine, e il letto vale la decima parte della stessa quantità di denaro, sarà chiaro quanti letti sono uguali a una casa: cinque. Ma così sarà anche chiaro che lo scambio era prima [è prima] della moneta [hJ ajllagh; h\n pri;n to; novmisma]; perché non fa nessuna differenza dare per una casa cinque letti oppure il loro valore in denaro» (1133 b 23-28). Ho seguito alcuni editori che aggiungono nel diagramma davanti alla scarpa del calzolaio la lettera n in corsivo (nd). Lo suggerisce anche Heath (p. 274): le lettere a e b indicano un architetto e un calzolaio, che fabbricano case e fanno scarpe, il loro lavoro viene reso proporzionale assumendo un’unità di tempo (un’ora, oppure una settimana) che può misurare e rendere uguali le cose prodotte da entrambi.
Isonomia 2006
Aristotele e l’economia
13
Bibliografia Edizioni e traduzioni di riferimento - Aristotele, Politica: 1957, Aristotelis Politica, recognovit W. D. Ross, Oxford (Scriptorum Classicorum Bibliotheca Oxoniensis) 1973, Politica, Trattato sull’economia, traduzioni di Renato Laurenti, in Aristotele, Opere, volume nono, Editori Laterza, Roma-Bari 2002, Politica, introduzione, traduzione (con testo greco a fronte) e note di Carlo Augusto Viano, BUR, Milano - Aristotele, Etica Nicomachea: 1973, Etica Nicomachea, traduzione di Armando Plebe, in Aristotele, Opere, volume settimo, Editori Laterza, Roma-Bari 1996, Etica Nicomachea, a cura di Claudio Mazzarelli, testo greco a fronte, Rusconi, Milano (terza edizione) 2003, The Nicomachean Ethics, with an English Translation by H. Rackham, Harvard University Press, Cambridge (Mass.)-London (The Loeb Classical Library) - Senofonte: 2000, Economico, con un saggio di Diego Lanza, introduzione, traduzione (con testo greco a fronte) e note di Fabio Roscalla, BUR, Milano (seconda edizione) Letteratura Polyani, K., 1944, The Great Transformation, Rinehart & Company, Inc —, 1980, Economie primitive, arcaiche e moderne, a cura di George Dalton, traduzione di Nanni Negro, Einaudi, Torino
Isonomia 2006
Italo Cubeddu
14
Heath, Sir T., 1949, Mathematics in Aristotle, Thoemmes Press, Bristol Schefold, B., 2004, «Xenophons «Oikonomikos»: Der Anfang welcher Wirtschaftslehre?» in Scheffold, B., Beiträge zur ökonomischen Dogmengeschichte, hrsg. von V. Caspari, Wissenschaftliche Buchgesellschaft, Darmstadt (con licenza della casa editrice Wirtschaft und Finanzen, Hamburg), pp. 1-20 —, «Aristoteles : Der Klassiker des antiken Wirtschaftsdenkens», in Schefold, B., Beiträge zur ökonomischen Dogmengeschichte, hrsg. von V. Caspari, Wissenschaftliche Buchgesellschaft, Darmstadt (con licenza della casa editrice Wirtschaft und Finanzen, Hamburg), pp. 21-44
Isonomia 2006
Aristotele e l’economia
15
Note
1
(1134 b 18-35). A diversi editori non è sembrato chiaro, in questa pagina, il modo in cui si seguono gli argomenti (vedi la successione che ne propone Rackham, p. 294 in nota). Non si possono comunque avere dubbi sul risultato che Aristotele voleva raggiungere se si tiene conto (lo dico più avanti) dell’esempio dell’ambidestro e di una riga che si legge nel primo capitolo del libro B dell’Etica nicomachea. 2 (3, 112 b 11-24). Il passo si può confrontare con una pagina di Metafisica Q 9, 1051 a 21-28, dice che le dimostrazioni geometriche si fanno dividendo le figure. L’accostamento viene proposto da Heath, p. 270 sg.; l’autore ricorda il tovpo~ ajnaluovmeno~ del matematico Pappo di Alessandria. 3 La pagina di Aristotele si legge anche in Euclide: «Si dice che quattro grandezze sono nello stesso rapporto, una prima rispetto a una seconda e una terza rispetto a una quarta, quando risulti che equimultipli della prima e della terza [presi] secondo un multiplo qualsiasi e equimultipli della seconda e della quarta [presi pure] secondo un multiplo qualsiasi sono gli uni degli altri, cioè ciascuno dei due primi del suo corrispondente tra i secondi, o tutti e due maggiori o tutti e due uguali o tutti e due minori se considerati appunto nell’ordine rispettivo» (Elementi, a cura di A. Frajese e L. Maccioni, libro V, def. 5; UTET, Torino 1970, rist. 1988). 4 Sul capitolo degli Analitici posso dire che conferma l’attenzione di Aristotele per le possibilità offerte dal metodo delle divisioni da lui riformato in seguito a una critica radicale dell’uso che ne facevano i platonici. Le divisioni dei generi con la organizzazione di quelli subordinati avevano come obiettivo il fatto che la loro estensione dovesse annullarsi nel discorso definitorio ferma restando però la possibilità di impiegarli, in quanto predicati comuni intermedi di una o più colonne divisorie, per riferirli a realtà anche diverse per la specie o per il genere. Una somiglianza di funzioni doveva permettere di dire che la spina sta al pesce come l’osso sta all’uomo, la figura triangolare che la somma degli angoli uguale a 180° appartiene a triangoli specificamente diversi, e la coagulazione della linfa (una stessa causa) doveva spiegare la caduta delle foglie nella vite e nel fico (Analitici secondi, secondo libro, capitolo 17). Tornando sulla proporzione incrociata citata nel testo: le limitazioni indicate con l’«in quanto tale» potevano scomparire senza che scomparisse la possibilità di trovare analogie o proporzioni, per esempio, per grandezze commensurabili o incommensurabili. Su questo vedi di nuovo Heath, pp. 43-44. 5 Considerando le cose che Aristotele ha scritto sulla famiglia e sulla agricoltura (e quello che ancora dirà, come vedremo, sul valore d’uso e di scambio) diventa possibile un confronto con l’Economico di Senofonte che tenga conto della lunga dissertazione di Iscomaco (è, con Critobulo, il personaggio che nel dialogo discute con Socrate), che spiega a Socrate come si debba praticare l’arte dell’agricoltore (XVI 1 sgg.) e come da questa si possano ricavare guadagni (crhmavtisin ajpo; gewrgiva~, XXII 22 sgg.), poi dell’affermazione, fatta da Socrate e accolta da Critobulo, che c’è uno stretto legame tra la proprietà e il suo uso («se uno acquista un cavallo e non sa cavalcare [...] il cavallo per lui non è un bene», I 8; l’esempio è anche in Platone, Eryx., 403 A-C), infine di un lungo discorso sull’educazione della donna: Iscomaco racconta come la moglie è diventata «capace di governare la casa da sé», VIII 3 sgg. 6 Sono i fatti che hanno determinato la crescita dell’economia di Atene nel quinto secolo, dopo la conclusione delle guerre persiane e la costituzione della lega delio-attica nel 477, con i contributi ricevuti o con i tributi imposti agli alleati. Questi fatti li racconta la Storia dei greci di Gaetano De Sanctis (Firenze, ristampa del 1981, libro terzo, settimo capitolo, pp. 145-200), con molti dati sulla crescita della popolazione e sulla moltiplicazione dei centri urbani, sulle difficoltà dovute al numero eccessivo di piccoli proprietari terrieri, sullo sviluppo del commercio marittimo e dello scambio delle importazioni e delle importazioni, sull’incremento della produzione delle merci e della circolazione monetaria, poi sulle variazioni subite dal livello dei prezzi, sulla nascita delle banche, di un mercato di prestiti e di cambi, infine sulla creazione di un ordinamento finanziario non più rudimentale e disordinato. 7 Tra le motivazioni che non sono proprio psicologiche Aristotele ha visto anche la creazione di monopoli, monopwlivan .... kataskeuavzein, raccontando che Talete avrebbe versato caparre ai frantoi di Mileto in previsione di una abbondante raccolta di olive e che un siciliano avrebbe acquistato tutto il ferro uscito dalle officine del paese per imporre un suo prezzo ai commercianti che sarebbero venuti a chiederlo, Politica A 11, 1259 a 18 sgg. 8 Se AA, BB e GG sono uguali e GG sottrae a AA un segmento GD equivanente a AE aggiungendolo a GG, allora GD supererà EA di due segmenti, GD più GZ (equivalente a AE), e BB del segmento GD: A______ E _________________A B_________________________B
Isonomia 2006
Italo Cubeddu
16
G______ Z _________________G_____ D ouj [...] ga;r i{sw~ taujto;n ajndriv tæajgaqw`/ ei\nai kai; polivth/ pantiv. 10 Il principio della giustizia distributiva viene riproposto nel diagramma dello scambio proporzionale con una nuova figura della proporzione geometrica «in cui le somme [degli antecedenti con i conseguenti] stanno tra loro come un termine di ogni coppia sta all’altro», (a + g) : (b + d) = a : b, g : d. Vedi di nuovo la conclusione del passo di Eth. Nic. E 3, 1131 a 30 - b 15, citato all’inizio. 9
Isonomia 2006