Aprile 2016
A cura di Antonio Marchini
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INDICE CIRCOLARI - INAIL Circolare n. 9 del 17 marzo 2016. Elenco dei farmaci rimborsabili - INAIL Circolare n. 10 del 21 marzo 2016. Infortuni, certificati inviati dal medico - INAIL Circolare n. 14 del 25 marzo 2016. Infortunio in itinere - Agenzia delle Entrate. Circolare dell’8 aprile 2016n. 12/E. Risposte a quesiti in materia fiscale - Ministero del Lavoro. Nota 11 aprile 2016 n.13 (prot. n. 37/7363). Congedi parentali: termine minimo del preavviso e riferimento al CCNL - INPS Circolare 15 aprile 2016, n.65. Congedo indennizzato per le donne vittime di violenza di genere. PARERI - ARAN Orientamento applicativo RAL_1823 13 aprile 2016. Ferie e retribuzione INTERPELLI
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Ministero del Lavoro. Interpello n. 13 del 11 aprile 2016. Congedi parentali. Ministero del Lavoro. Interpello 11 aprile 2016 n. 14. Contratto di solidarietà difensivo – trasformazione part-time in full-time e viceversa
PROVVEDIMENTI IN GAZZETTA UFFICIALE
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Gazzetta ufficiale n. 79 del 5 aprile 2016. Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Decreto 24 febbraio 2016. Indennità di maternità iscritti alla gestione separata INPS
SENTENZE
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Corte di Cassazione. sentenza n. 6775 del 7 aprile 2016. Diritto di accesso al fascicolo personale Corte di Cassazione. Sentenza 15 aprile 2016 n. 7433/2016. Periodo di comporto e ferie.
APPROFONDIMENTI
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Legge 104. Permessi retribuiti Trasformazione full-time a part-time in prossimita’ della pensione Dimissioni telematiche
CIRCOLARI INAIL Circolare n. 9 del 17 marzo 2016. Elenco dei farmaci rimborsabili. Nota L’INAIL ha reso noto di aver ampliato l’elenco delle specialità farmaceutiche rimborsabili per prestazioni sanitarie necessarie al recupero/miglioramento dello stato psico-fisico degli infortunati e dei tecnopatici.
INAIL Circolare n. 10 del 21 marzo 2016. Infortuni, certificati inviati dal medico Nota Dal 22 marzo l'obbligo di invio telematico del certificato medico non spetta più al datore di lavoro del dipendente, vittima d’infortunio o di malattia professionale, ma al medico o alla struttura sanitaria che per prima gli presta assistenza. Per chiarire le modalità con cui dovranno operare medici, datori di lavoro e intermediari abilitati
INAIL Circolare n. 14 del 25 marzo 2016. Infortunio in itinere Nota
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L’INAILl riassume brevemente la disciplina giuridica dell’infortunio in itinere con specifico riferimento alle ipotesi in cui l'evento occorra a bordo del velocipede.
Agenzia delle Entrate. Circolare dell’8 aprile 2016n. 12/E. Risposte a quesiti in materia fiscale. Nota La circolare fornisce chiarimenti, fra l’altro sulle seguenti materie: • Agevolazioni ‘prima casa’ • Detrazioni • Dichiarazione precompilata e certificazione unica • Ristrutturazioni edilizie • Scontrini fiscali
Ministero del Lavoro. Nota 11 aprile 2016 n.13 (prot. n. 37/7363). Congedi parentali: termine minimo del preavviso e riferimento al CCNL Nota Rispondendo a una richiesta di interpello il Ministero ha chiarito che le clausole della contrattazione collettiva già vigenti prima del D.Lgs. n. 80/2015 - le quali facevano riferimento a un preavviso di 15 giorni per la richiesta del congedo parentale - continuano a valere anche in relazione alla individuazione dei nuovi termini di preavviso previsti in soli 5 giorni dal decreto di cui sopra.
INPS Circolare 15 aprile 2016, n.65. Congedo indennizzato per le donne vittime di violenza di genere. Nota L'Inps ha pubblicato la circolare n. 65 sul congedo indennizzato per le donne vittime di violenza di genere previsto dall’art. 24 del D.Lgs. n. 80/2015. L’Inps eroga l’indennità alle lavoratrici dipendenti vittime di violenza di genere del settore privato, escluse le lavoratrici addette ai servizi domestici e familiari. Per fruire del congedo e dell’indennità occorre avere un rapporto di lavoro in corso di svolgimento, ed essere inserite nei percorsi certificati dai servizi sociali del Comune di appartenenza, dai Centri antiviolenza o dalle Case Rifugio. Il congedo spetta per un periodo massimo di 3 mesi (90 giorni di astensione effettiva dall’attività lavorativa); tale periodo va fruito entro i 3 anni dalla data di inizio del percorso di protezione certificato.
PARERI AVVERTENZA PRECISIAMO CHE I PARERI PUBBLICATI RAPPRESENTANNO ESCLUSIVAMENTE L’OPINIONE DEGLI ENTI E DELLE ISTITUZIONI CHE LI EMANANO. PERTANTO, NON RAPPRESENTANTONO L’INTERPRETAZIONE E L’OPINIONE POLITICA DELLA FUNZIONE PUBBLICA CGIL.
ARAN Orientamento applicativo RAL_1823 13 aprile 2016. Ferie e retribuzione Nota L’orientamento, si è espresso in merito alla seguente problematica: “Come devono essere retribuite le giornate di ferie maturate e non godute in un determinato anno da un lavoratore titolare di posizione organizzativa ove ne fruisca nell’anno successivo” Il parere dell’Aran è nel senso che “durante il periodo di ferie, il dipendente ha diritto a percepire la medesima retribuzione che avrebbe percepito in caso di ordinaria presenza al lavoro. Si tratta di una regola che trova il suo preciso fondamento negli articoli sia della Costituzione (art. 36, comma 3) che del Codice civile (art. 2109) i quali, nel riconoscere al dipendente il diritto alle ferie, stabiliscono che queste devono essere retribuite. Il CCNL del 6 luglio 1995, all'art. 18, comma 1, nel ribadire tale principio, fornisce inoltre anche ulteriori specificazioni per l'esatta definizione della retribuzione da corrispondere al dipendente che fruisce delle ferie. Infatti, tale clausola prevede che al lavoratore, durante il periodo di ferie, debba essere corrisposta la normale retribuzione, escluse le indennità per prestazioni di lavoro straordinario e quelle che non sono corrisposte per dodici mensilità (art. 18, comma 1, del CCNL del 6.7.1995).” Alla luce di quanto sopra, l’avviso dell’Aran è che “la retribuzione da riconoscere al dipendente sia quella allo stesso spettante durante il periodo di fruizione delle ferie stesse.”
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INTERPELLI AVVERTENZA PRECISIAMO CHE GLI INTERPELLI PUBBLICATI RAPPRESENTANNO ESCLUSIVAMENTE L’OPINIONE DEGLI ENTI E DELLE ISTITUZIONI CHE LI EMANANO. PERTANTO, NON RAPPRESENTANTONO L’INTERPRETAZIONE E L’OPINIONE POLITICA DELLA FUNZIONE PUBBLICA CGIL.
Ministero del Lavoro. Interpello n. 13 del 11 aprile 2016. Congedi parentali. Nota Il Ministero ha risposto ad un quesito in merito alla corretta interpretazione della disciplina sui congedi parentali di cui all’art. 32, D.Lgs. n. 151/2001, così come modificato dall’art. 7, comma 1, lett. c), D.Lgs. n. 80/2015, recante misure per la conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro, in vigore dal 25 giugno 2015. In particolare l’istante chiede se, a seguito del suddetto intervento normativo che prevede per la richiesta di congedo un periodo di preavviso non inferiore a cinque giorni, le previsioni contenute nella contrattazione collettiva formatasi nella vigenza della precedente disciplina normativa possano continuare a ritenersi operative anche con rifermento al periodo di preavviso previgente, fissato nel termine non inferiore ai 15 giorni. La risposta in sintesi del Ministero “…Ciò premesso, in risposta al primo quesito, in considerazione del fatto che l’operatività delle misure introdotte nei termini previsti dal D.Lgs. n. 80/2015 resta condizionata alla verifica, effettuata in sede di monitoraggio periodico, circa la loro perdurante compatibilità finanziaria e tenuto altresì conto del fatto che il Legislatore del 2015 ribadisce, in continuità con la formulazione precedente dell’art. 32, comma 3, D.Lgs. n. 151/2001, la validità del rinvio alla contrattazione collettiva per la disciplina dell’istituto, si può ritenere che le clausole della contrattazione collettiva già vigenti alla data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 80/2015 continuano ad essere efficaci anche in relazione alla individuazione dei termini di preavviso nella stessa previsti. In particolare, deve ritenersi che i termini di preavviso minimi restino fissati in 15 giorni tutte le volte in cui la contrattazione collettiva abbia richiamato, ai fini della loro individuazione, il termine minimo previsto dalla normativa vigente al momento della definizione degli accordi. Per quanto concerne il secondo quesito, riguardante la possibile collocazione temporale alternativa del congedo da parte del datore di lavoro, va osservato che la giurisprudenza di legittimità qualifica il diritto alla fruizione del congedo in termini di diritto potestativo, in relazione al quale vige l’unico onere del rispetto del preavviso (cfr. Cass. 16 giugno 2008, n. 16207). Resta comunque ferma la possibilità – così come rappresentato con risposte ad interpello n. 31/2010 e n. 1/2012 in relazione ai permessi ex L. n. 104/1992 – di disciplinare la fruizione dei congedi attraverso accordi da prendere anche a cadenza mensile con i richiedenti o con le loro rappresentanze aziendali, volti a contemperare la necessità di buon andamento dell’attività imprenditoriale con il diritto alla cura della famiglia.”
Ministero del Lavoro. Interpello 11 aprile 2016 n. 14. Contratto di solidarietà difensivo – trasformazione part-time in full-time e viceversa Nota La Direzione Generale ha risposto ad un quesito in merito alla corretta interpretazione della disciplina in materia di contratto di solidarietà difensivo sancita dal D.Lgs. n. 148/2015. In particolare, l’istante chiede se in costanza di contratto di solidarietà sia possibile la trasformazione di contratti di lavoro part-time in contratti di lavoro full-time e viceversa, ferma restando l’assenza di incrementi dell’organico aziendale nell’ambito della categoria di personale interessata e nel rispetto del monte ore di solidarietà oggetto di accordo tra le parti per ciascuna categoria di lavoratori interessati. La risposta in sintesi del Ministero “…In particolare il comma 5 dell’art. 21 chiarisce come attraverso la stipula del contratto di solidarietà sotto forma di contratti collettivi aziendali le parti stabiliscano una riduzione dell’orario di lavoro al fine di evitare, in tutto o in parte, la riduzione o la dichiarazione di esubero del personale anche attraverso un suo più razionale impiego.
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Il Legislatore ha altresì precisato, che “la riduzione media oraria non può essere superiore al 60 per cento dell’orario giornaliero, settimanale o mensile dei lavoratori interessati al contratto di solidarietà” fermo restando che “per ciascun lavoratore, la percentuale di riduzione complessiva dell’orario di lavoro non può essere superiore al 70 per cento nell’arco dell’intero periodo per il quale il contratto di solidarietà è stipulato”. Si evidenzia, altresì, che a fronte di temporanee esigenze del datore di lavoro di incrementare l’attività, tali da richiedere l’espletamento di una prestazione ulteriore rispetto a quella concordata, comunque non eccedente l’orario di lavoro ordinario, resta ferma la possibilità per le parti di derogare alla riduzione precedentemente determinata in virtù di clausole, contenute nel contratto stesso, concernenti le modalità di attuazione della suddetta deroga. Al riguardo, con D.M. 13 gennaio 2016 n. 94033 questo Dicastero ha precisato che, in caso di variazioni che comportino una minore riduzione di orario, l’azienda ne dovrà dare comunicazione al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e all’INPS, mentre in caso di variazioni che comportino una maggiore riduzione di orario è necessario stipulare un nuovo contratto di solidarietà. Il Decreto inoltre prevede, in linea con la precedente disciplina, che è ammissibile l’applicazione della riduzione di orario nei confronti dei dipendenti con rapporto di lavoro part-time, qualora sia dimostrato il carattere strutturale del part-time nella preesistente organizzazione del lavoro. Dal quadro regolatorio sopra illustrato, quindi, emerge che eventuali modifiche alla riduzione media oraria originariamente concordata risultano compatibili con la ratio del contratto di solidarietà e non necessitano della definizione di un nuovo accordo, laddove le stesse comportino una minore riduzione di orario e siano attuate in conformità alle modalità derogatorie già previste. Di talché, in riferimento al quesito posto appare possibile, laddove il carattere strutturale del part-time sia stato già valutato, dare seguito alle istanze dei lavoratori, finalizzate, in virtù di esigenze personali fisiologicamente ricorrenti, alla trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a parziale e viceversa, qualora tali trasformazioni, non determinano alcuna variazione nelle percentuali di riduzione media oraria pattuite nell’accordo. In altri termini risultano compatibili con il contratto di solidarietà in essere e non richiedono la stipula di un ulteriore accordo soltanto quelle istanze di trasformazioni attuate nel rispetto della percentuale di riduzione media oraria pattuita – sia in riferimento a tutti i lavoratori coinvolti sia in riferimento al singolo lavoratore interessato – secondo i limiti percentuali legalmente prestabiliti. Qualora, invece, le trasformazioni in questione incidano sulle percentuali stabilite in sede di accordo sarà evidentemente necessario provvedere alla stipula di un nuovo contratto di solidarietà.”
PROVVEDIMENTI IN GAZZETTA UFFICIALE Gazzetta ufficiale n. 79 del 5 aprile 2016. Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Decreto 24 febbraio 2016. Indennità di maternità iscritti alla gestione separata INPS Nota Modifica del decreto 4 aprile 2002 in materia di attribuzione dell'indennità di maternità alle lavoratrici iscritte alla gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge n. 335/1995. A seguito della modifica apportata all’articolo 2 del decreto ministeriale 4 aprile 2002, in caso di adozione, nazionale o internazionale, e di affidamento preadottivo di un minore, le lavoratrici iscritte alla gestione separata hanno diritto all’indennità di maternità per un periodo di 5 mesi. L'Ente autorizzato, che ha curato la procedura di adozione internazionale certifica la data di ingresso del minore e l'avvio presso il tribunale italiano delle procedure di conferma della validità dell'adozione o di riconoscimento dell'affidamento preadottivo.
SENTENZE Corte di Cassazione. sentenza n. 6775 del 7 aprile 2016. Diritto di accesso al fascicolo personale Nota Con sentenza n. 6775 del 7 aprile 2016, la Corte di Cassazione ha affermato il diritto del lavoratore all’accesso del proprio fascicolo personale, contente i documenti e gli atti relativi al percorso professionale e al suo avanzamento di carriera come dipendente in costanza di rapporto di lavoro. I giudici della Suprema Corte hanno evidenziato come l’obbligo, in capo al datore di lavoro, di fornire il fascicolo personale del lavoratore deriva dal rispetto dei canoni di buona fede e correttezza che incombe sulle parti del rapporto di lavoro ai sensi degli artt. 1175 e 1375 cod. civ., oltre che della inerente necessaria trasparenza.
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Corte di Cassazione. Sentenza 15 aprile 2016 n. 7433/2016. Periodo di comporto e ferie. Nota La Corte di Cassazione ha affermato che se un lavoratore malato supera il periodo di comporto perché, pur chiedendo le ferie, queste non sono state concesse dal datore di lavoro (senza alcuna motivazione connessa ad esigenze organizzative), il successivo licenziamento va considerato come invalido. Tale decisione si inserisce nel solco di un orientamento giurisprudenziale secondo il quale è possibile sostituire la malattia con la fruizione delle ferie maturate ma non ancora godute, con il fine esplicito di sospendere la decorrenza del periodo di comporto.
APPROFONDIMENTI LEGGE 104. PERMESSI RETRIBUITI. C’è molta confusione su quali siano i permessi retribuiti previsti dalla Legge 104. Cerchiamo di fare chiarezza. Gli articoli di riferimento sono l’art. 33 della L. 104/1992 e gli art. 33 e 42 del D.lgs. 151/2001, come modificati dalla L. 183/2010 e dal D.lgs. 119/2011. (Fatte salve condizioni di miglior favore previsti dai singoli CCNL) Tali norme dispongono innanzitutto che i permessi retribuiti spettano ai lavoratori dipendenti: • disabili in situazione di gravità; • genitori, anche adottivi o affidatari, di figli disabili in situazione di gravità; • coniuge, parenti o affini entro il 2° grado di familiari disabili in situazione di gravità. Il diritto può essere esteso ai parenti e agli affini di terzo grado soltanto qualora i genitori o il coniuge della persona con disabilità grave abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti (L. 183/2010). Riguardo poi la tipologia di permessi, si specifica che i lavoratori disabili in situazione di gravità possono beneficiare alternativamente di: – riposi orari giornalieri di 1 ora o 2 ore a seconda dell’orario di lavoro; – tre giorni di permesso mensile (frazionabili in ore). Riguardo invece i genitori, anche adottivi o affidatari, di figli disabili in situazione di gravità, nonché del coniuge, dei parenti e affini entro il 2° grado di persone in situazione di disabilità grave, si deve distinguere fra: – età inferiore ai tre anni; – età compresa tra tre e otto anni; – età superiore agli otto anni. Nel primo caso, figli disabili in situazione di gravità con età inferiore ai tre anni, i genitori possono fruire, anche quando l’altro genitore non ha diritto (perché ad esempio è casalingo/a, lavoratrice/lavoratore autonomo), alternativamente di: - un prolungamento del congedo parentale (tale prolungamento può essere fruito dal termine del periodo di normale congedo parentale teoricamente fruibile dal genitore richiedente indipendentemente dal fatto che sia stato in precedenza utilizzato o esaurito; i giorni fruiti, fino all’ottavo anno di età del bambino, a titolo di congedo parentale ordinario e di prolungamento del congedo parentale non possono superare in totale i tre anni; - riposi orari giornalieri di 1 ora o 2 ore a seconda dell’orario di lavoro; - tre giorni di permesso mensile (frazionabili in ore), sia nel caso in cui l’altro genitore non lavori, sia nel caso in cui siano presenti altri familiari, anche lavoratori, che possono prestare assistenza. Nel secondo caso, figli disabili in situazione di gravità di età compresa tra tre e otto anni, i genitori possono fruire, anche quando l’altro genitore non ha diritto (perché ad esempio è casalingo/a, lavoratrice/lavoratore autonomo), alternativamente di: - un prolungamento del congedo parentale (tale prolungamento può essere fruito dal termine del periodo di normale congedo parentale teoricamente fruibile dal genitore richiedente indipendentemente dal fatto che sia stato in precedenza utilizzato o esaurito; i giorni fruiti, fino all’ottavo anno di età del bambino, a titolo di congedo parentale ordinario e di prolungamento del congedo parentale non possono superare in totale i tre anni; - tre giorni di permesso mensile (frazionabili in ore), sia nel caso in cui l’altro genitore non lavori, sia nel caso in cui siano presenti altri familiari, anche lavoratori, che possono prestare assistenza. Sia nel primo che nel secondo caso, i genitori di figli con disabilità grave hanno la possibilità di fruire dei giorni di permesso alternativamente, sempre nel limite dei tre giorni per soggetto disabile. Trattandosi di istituti speciali rispondenti alle medesime finalità di assistenza disabile in situazione di gravità, la fruizione dei benefici dei tre giorni di permesso mensili, del prolungamento del congedo parentale deve intendersi alternativa e non cumulativa nell’arco del mese.
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Infine nel terzo caso, i genitori dei figli disabili in situazione di gravità sopra gli 8 anni, nonché il coniuge, i parenti e gli affini entro il 2° grado di persone in situazione di disabilità grave possono usufruire di: - tre giorni di permesso mensile (frazionabili in ore). A titolo esemplificativo sono parenti di primo grado: genitori, figli; sono parenti di secondo grado: nonni, fratelli/sorelle, nipoti in quanto figli dei figli; sono affini di primo grado: suoceri, nuora, genero; sono affini di secondo grado: fratelli/sorelle del coniuge e nonni del coniuge. I genitori adottivi o affidatari possono fruire del prolungamento del congedo parentale per un periodo fino a tre anni, comprensivo del periodo di congedo parentale ordinario, nei primi otto anni decorrenti dalla data di ingresso in famiglia del minore riconosciuto disabile in situazione di gravità, indipendentemente dall’età del bambino all’atto dell’adozione o affidamento e comunque non oltre il compimento della maggiore età dello stesso. In tutti i casi sopra esposti, il diritto può essere esteso ai parenti e agli affini di terzo grado della persona con disabilità in situazione di gravità soltanto qualora i genitori o il coniuge della persona in situazione di disabilità grave abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti.
TRASFORMAZIONE FULL-TIME A PART-TIME IN PROSSIMITA’ DELLA PENSIONE N.B La trasformazione non riguarda le lavoratrici e i lavoratori pubblici. Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, di concerto con il Ministero dell’Economia, ha pubblicato il Decreto Interministeriale del 13 aprile 2015, con il quale fornisce chiarimenti in merito alla possibilità, da parte del lavoratore, di trasformare il rapporto di lavoro da full-time a part-time in prossimità dell’età pensionabile, così come previsto dal comma 284, dell’articolo 1, della Legge n. 208/2015 (c.d. Legge di Stabilità 2016). Queste le caratteristiche dell’agevolazione: I lavoratori dipendenti del settore privato, che hanno in corso un rapporto di lavoro a tempo pieno ed indeterminato e che maturano entro il 31 dicembre 2018 il requisito anagrafico per il conseguimento del diritto al trattamento pensionistico di vecchiaia e che hanno maturato i requisiti minimi di contribuzione per il diritto al predetto trattamento pensionistico di vecchiaia, possono, d’accordo con il datore di lavoro, trasformare il rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale con riduzione dell’orario di lavoro in misura compresa tra il 40 ed il 60%, con corresponsione mensile, da parte datoriale, di una somma pari alla contribuzione previdenziale ai fini pensionistici a carico del datore di lavoro relativa alla prestazione lavorativa non effettuata e con riconoscimento della contribuzione figurativa commisurata alla retribuzione corrispondente alla prestazione lavorativa non effettuata in ragione del contratto di lavoro a tempo parziale agevolato. Ai fini dell’accesso al beneficio, il lavoratore ed il datore di lavoro devono stipulare, previa certificazione Inps del possesso dei requisiti da parte del lavoratore, un contratto di riduzione dell’orario di lavoro, denominato “contratto di lavoro a tempo parziale agevolato” di durata pari al periodo intercorrente tra la data di accesso al beneficio e la data di maturazione, da parte del lavoratore, del requisito anagrafico per il diritto alla pensione di vecchiaia, nel quale è indicata la misura di riduzione. Il beneficio cessa al momento della maturazione, da parte del lavoratore, del requisito anagrafico per il conseguimento del diritto alla pensione di vecchiaia e qualora siano modificati i termini dell’accordo. La somma erogata dall’azienda è omnicomprensiva e non concorre alla formazione del reddito da lavoro dipendente e non è assoggettata ad alcuna forma di contribuzione previdenziale, ivi inclusa quella relativa all’assicurazione Inail. Una volta stipulato il contratto di lavoro a tempo parziale, l’azienda deve trasmettere detto contratto alla Direzione del Lavoro competente per territorio, ciò affinché possa rilasciare l’autorizzazione all’accesso al beneficio (entro 5 giorni lavorativi dalla ricezione dell’accordo). L’azienda, una volta acquisito il provvedimento autorizzatorio, ovvero trascorsi inutilmente i 5 giorni lavorativi, trasmette istanza telematica all’Inps, contenente il dato identificativo della certificazione al diritto, nonché le informazioni relative al contratto di lavoro e le informazioni necessarie ad operare la stima dell’onere del beneficio. Entro 5 giorni lavorativi, decorrenti dalla ricezione dell’istanza telematica, l’Inps comunica l’accoglimento o il rigetto. L’accoglimento dell’istanza presuppone la sussistenza dei requisiti del lavoratore e la disponibilità, per ciascuna delle annualità in cui si estende la durata del rapporto di lavoro a tempo parziale agevolato, delle risorse finanziarie. Qualora dal monitroraggio delle domande di accesso, risulti superato il limite massimo delle risorse assegnate, l’Inps respingerà la domanda. Al termine del rapporto, il datore di lavoro dovrà comunicare all’Inps ed alla Direzione territoriale del lavoro la cessazione del rapporto di lavoro a tempo parziale agevolato.
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DIMISSIONI TELEMATICHE (Non riguarda le lavoratrici e i lavoratori pubblici) Dallo scorso 13 marzo 2016 sono diventate una realtà le nuove dimissioni online, previste dal Jobs Act per combattere le dimissioni in bianco. La nuova procedura comporta l’invio delle dimissioni direttamente da parte del dipendente e non più soltanto la loro convalida. Resta comunque l’adempimento dell’invio della comunicazione di cessazione da parte del datore di lavoro. Vediamo come funziona il nuovo procedimento e quali sono gli adempimenti a carico del lavoratore, passo dopo passo. Richiesta del Pin dell’Inps Il primo passaggio relativo all’iter di dimissioni consiste nella richiesta all’Inps delle credenziali del lavoratore per l’accesso ai servizi online dell’Istituto: username, che coincide col proprio codice fiscale, e password, che è costituita da un codice Pin rilasciato dall’Ente. È possibile richiedere il pin direttamente online nel portale web dell’Inps (in questo caso la prima metà del codice è fornita immediatamente e l’altra metà arriva per posta all’indirizzo indicato dall’utente), oppure recandosi personalmente presso una sede territoriale dell’Istituto (in questo caso il rilascio è immediato, ma i tempi di attesa possono essere molto lunghi a causa della costante presenza di file agli sportelli). Ancora non è stata creata una possibilità di accesso mediante l’identità unica digitale Spid: l’identità Spid, pur essendo utile per accreditarsi ai servizi online dell’Inps, non è difatti valida per accedere al modulo di dimissioni online presso il portale web del Ministero del lavoro. Accreditamento presso un intermediario Il lavoratore può comunque fare a meno delle credenziali dell’Inps delegando un soggetto intermediario: sono abilitati all’invio della pratica di dimissioni i patronati, i sindacati, gli enti bilaterali e le commissioni di certificazione. In questo caso, sono gli operatori dell’Ente scelto dal dipendente ad accedere al sito Cliclavoro con la loro utenza ed a dover compilare la modulistica, previa identificazione del lavoratore dimissionario (che deve dunque munirsi di documento d’identità). Procedura online La nuova procedura di dimissioni si svolge interamente in modalità telematica. In primo luogo, il lavoratore deve reperire il modulo di dimissioni, o di recesso dal rapporto di lavoro, all’interno del portale del Ministero del lavoro, all’indirizzo www.lavoro.gov.it , per poi provvedere alla sua compilazione. Il Modulo è formato da 5 sezioni: le prime tre sono compilate in automatico, in quanto il sistema attinge alle informazioni relative al rapporto lavorativo direttamente dal portale delle comunicazioni obbligatorie (nel quale sono presenti i modelli Unilav, Uniurg, Vardatori, Unisomm), diverso a seconda della Regione. La quarta sezione del modello deve essere obbligatoriamente compilata dal lavoratore, mentre la quinta sezione è aggiornata automaticamente dal sistema. Una volta terminata la compilazione di tutte le sezioni, il sistema attribuisce una data di trasmissione al modulo, tramite una marca temporale, contenente un codice identificativo. Il modulo è poi inoltrato alla casella di posta elettronica certificata o di posta elettronica del datore di lavoro e alla direzione territoriale del lavoro (Dtl) competente, che lo visualizza tramite un apposito cruscotto. Notifica al datore di lavoro La procedura è considerata valida anche se le dimissioni sono comunicate al datore di lavoro via mail ordinaria e non tramite pec: tuttavia sono sorti forti dubbi in merito al caso in cui l’azienda non riceva la comunicazione via mail, visto che non è possibile provare l’avvenuta ricezione. Le dimissioni, secondo quanto prevede la normativa, in assenza di ricezione da parte del datore di lavoro non sono valide, in quanto si tratta di un atto unilaterale recettizio. Il Ministero si è limitato a specificare che la comunicazione al datore di lavoro, in caso di mancata conferma della ricezione, sarà inviata più volte. Non si ritiene valida, invece, la consegna a mano di copia cartacea della comunicazione inviata via raccomandata o consegnata direttamente al datore. A chi non si applicano. La nuova procedura non deve essere applicata: – ai lavoratori domestici (colf e badanti); – ai lavoratori pubblici; – ai lavoratori durante il periodo di prova; – ai co.co.co., tirocinanti e lavoratori autonomi. Dimissioni per giusta causa. Tramite la nuova procedura online è possibile anche presentare le dimissioni per giusta causa: a tal fine sono state inserite delle note in cui specificarne la motivazione. In questo modo il lavoratore è tutelato dalla possibilità di perdere la Naspi (la nuova indennità di disoccupazione)a causa delle dimissioni, mentre il datore di lavoro è tenuto a specificare la giusta causa nella comunicazione di cessazione. Quando si possono dare le dimissioni per giusta causa. I fatti che palesano tali inadempimenti datoriali non sono però stati tipizzati dal legislatore e tendono ad evolversi con lo sviluppo della società: si deve
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perciò fare riferimento alla situazione concreta e verificare se sussistono i requisiti di notevole gravità e rilevanza nell'alterazione dell'equilibrio contrattuale lavorativo. La giurisprudenza e i CCNL hanno comunque riconosciuto la persistenza di giusta causa nelle dimissioni necessitate dalle seguenti circostanze: • mancato o ritardato pagamento delle retribuzioni che deve però essere reiterato ed essere inerente a parti rilevanti della retribuzione; • mancato o ritardato versamento dei contributi a carico datore o a carico dipendente (si ricorda che l'omissione di questi ultimi integra anche la commissione da parte del datore del reato di appropriazione indebita); • molestie sessuali perpetrate dal datore nei confronti del dipendente sul posto di lavoro; • pretesa del datore di prestazioni illecite del dipendente; • peggioramento delle mansioni lavorative • modifica unilaterale di significative condizioni del rapporto di lavoro (ad es. mancata promozione ad una certa anzianità lavorativa concordata); • Vessazioni subite dal lavoratore (mobbing):, comportamento ingiurioso o offensivo nei confronti del dipendente, molestie sessuali, tutte azioni da intendersi commesse da parte del superiore gerarchico, del datore o dei colleghi. • trasferimento del lavoratore da una sede all'altra senza che sussistano ragioni tecniche, organizzative e produttive; • variazioni delle condizioni di lavoro a seguito di cessione aziendale; Illecito penale. Quando il comportamento datoriale costituisce un illecito penale, e causa dei danni anche morali al dipendente, può essere oggetto di una richiesta risarcitoria ordinaria. La procedura giudiziale di accertamento dell'illecito e condanna al risarcimento richiede un patrocinio tecnico. Effetti delle dimissioni per giusta causa. Come detto, le dimissioni che conseguano a tali fatti, diversamente dalle dimissioni volontarie, dipendono da un fatto estraneo alla volontà del lavoratore e si dicono perciò per giusta causa. Esse comportano uno stato di disoccupazione non riconducibile ad una scelta del lavoratore ed a lui non imputabile: per questa ragione consentono allo stesso di non doversi veder imputare l'indennità di mancato preavviso ed anzi di poterla chiedere (nella quantificazione prevista dal CCNL) come se fosse stato licenziato dal datore di lavoro. Contratti a tempo determinato. Nel caso di contratti di lavoro a tempo determinato il datore sarà invece tenuto a risarcire il danno causato con i fatti posti a fondamento delle dimissioni per giusta causa: la quantificazione di tale danno si computa con la sommatoria delle retribuzioni ancora da maturare fino alla naturale scadenza del periodo di lavoro indicato contrattualmente. Indennità di disoccupazione. Tanto nel caso di lavoro a tempo determinato che a tempo indeterminato, altra conseguenza delle dimissioni per giusta causa è la possibilità per il dipendente dimissionario di richiedere ed usufruire, se ne ha diritto, dell'indennità di disoccupazione ordinaria. Se il recesso è comunicato nel corso del periodo di prova, che deve essere obbligatoriamente pattuito per iscritto prima dell'inizio del rapporto, non può mai produrre gli effetti previsti nell'ipotesi di dimissioni per giusta causa: infatti, durante il periodo di prova ciascuna delle parti può recedere dal contratto senza obbligo di preavviso o di indennità. Tuttavia, se la prova è stabilita per un periodo minimo necessario, la facoltà di recesso non può esercitarsi prima della scadenza. Nel caso di recesso anticipato si ha solo l'obbligo di risarcire il danno per come effettivamente causato. Cosa succede dopo le dimissioni per giusta causa. Vista l'addebitata colpa dell'azienda sembrerà chiaro a tutti che il datore sarà sovente poco disposto a riconoscere l'esistenza dei presupposti per le dimissioni per giusta causa e, invece che pagare l'indennità di mancato preavviso dovuta, sarà propenso a chiederla al dipendente, magari per negare l'esistenza di circostanze che potrebbero causargli ben altri guai (si pensi alle omissioni contributive od alle molestie sessuali). In questo caso si deve sapere che è opportuno farsi assistere da subito da un avvocato specializzato che contesti tempestivamente i fatti accaduti chiedendo il risarcimento dei danni patiti, la corresponsione dell'indennità di mancato preavviso e, se del caso, l'errata detrazione della medesima indennità da parte del datore nell'ultimo cedolino. Le dimissioni per giusta causa non devono avvenire nell'immediatezza dei fatti come accade per la contestazione disciplinare a carico del dipendente, ma devono comunque essere tempestive. L'assistenza legale può essere preliminare alla fase di accertamento giudiziale dei fatti posti a fondamento delle dimissioni per giusta causa Revoca delle dimissioni. Tramite la stessa procedura prevista per l’invio delle dimissioni, è possibile, per il lavoratore, effettuare la revoca, entro 7 giorni dall’inoltro della comunicazione originaria. È disponibile, a tal fine, un apposito modulo di revoca all’interno del portale Clic Lavoro.
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Cambio della data. Se, dopo la presentazione delle dimissioni online, il lavoratore e il datore di lavoro si accordano per una data di cessazione diversa da quella comunicata (ad esempio perché il dipendente viene esonerato dal preavviso), non è necessario revocare le dimissioni e presentare una nuova comunicazione online. La procedura telematica, difatti, riguarda la sola manifestazione della volontà di dimettersi da parte del dipendente (sostituisce, cioè, la vecchia lettera di dimissioni). Datore e lavoratore sono pertanto liberi di accordarsi per modificare la data di decorrenza, dunque la durata del preavviso. È il datore di lavoro, come precedentemente accennato, tenuto a inviare la successiva comunicazione di cessazione, entro 5 giorni dalla data effettiva in cui il rapporto è terminato: non ha alcuna rilevanza, perciò, la data indicata nelle dimissioni telematiche. Abbandono del posto di lavoro. Se il lavoratore abbandona il posto di lavoro senza presentare le dimissioni, il datore di lavoro non può far altro che rilevare la giusta causa di licenziamento e cessare il rapporto. Sarà tenuto al pagamento della tassa sul licenziamento, nonostante si tratti di “dimissioni di fatto” , mentre il lavoratore potrà percepire la Naspi (l’attuale indennità di disoccupazione, ovviamente ricorrendone i requisiti). È questa una grave criticità rilevata dall’Ordine dei Consulenti del lavoro, purtroppo lasciata irrisolta dal Ministero, in quanto occorrerebbe una nuova normativa per cambiare la procedura in questo caso. Nonostante la severità e la complessità della nuova procedura di dimissioni, il rischio di dimissioni in bianco non è completamente scongiurato: il datore di lavoro, infatti, ben potrebbe “estorcere” le credenziali al lavoratore all’atto dell’assunzione o successivamente, al fine di presentare le dimissioni al suo posto. Vero è che questa fattispecie è punibile con ingenti sanzioni, ma la “falsità” delle dimissioni andrebbe provata dal lavoratore, cosa non affatto semplice. Dimissioni annullabili. Sono annullabili le dimissioni: • rassegnate da persona incapace di intendere e volere • rassegnate dal lavoratore, ma indotte dal datore di lavoro sotto minaccia di licenziamento, con onere della prova da parte del lavoratore • rassegnate per violenza morale esercitata dal datore di lavoro. Ai fini dell’annullabilità tale violenza può manifestarsi in modo variabile, indefinito e non esplicito o può agire come concausa, ravvisabile minaccia dell’esercizio di un diritto Causa matrimonio. A garanzia della spontaneità delle dimissioni della lavoratrice, le dimissioni sono considerate nulle, qualora inoltrate nel periodo di interdizione dal licenziamento in caso di matrimonio. Dimissioni della lavoratrice madre e del lavoratore padre. Le dimissioni della lavoratrice madre e del lavoratore padre: Nei primi 3 anni di vita del bambino vanno convalidate presso il Servizio ispettivo del ministero del lavoro. In caso di dimissioni presentate nel primo anno di vita del bambino la lavoratrice e il Lavoratore (se ha fruito del congedo di paternità) hanno diritto alle stesse indennità che spetterebbero in caso di licenziamento.
http://www.cgil.it/la-carta-dei-diritti-universali-del-lavoro/
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• Guida E-Book per i delegati eletti Fp Cgil nelle RSU 2015 http://www.fpcgil.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/30204
• Guida completa alla maternità e paternità http://www.fpcgil.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/18549
•
Guida tutela della malattia: i diritti e i doveri
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http://www.fpcgil.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/18549
• Orizzonte pensioni http://www.fpcgil.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/24122
• Guida in materia di Immigrazione e condizioni dello straniero http://www.fpcgil.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/18549
• Guida al Part-Time http://www.fpcgil.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/18549
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