ESERCIZIO GUIDATO
ANALIZZIAMO UN BREVE RACCONTO Il breve racconto che vi proponiamo qui a fianco, e che vi invitiamo a leggere con attenzione, è un ottimo esempio di corpo narrativo vitale e articolato. Si tratta de “I giorni perduti” ed è tratto dalla raccolta “Centottanta racconti” di uno dei più grandi autori italiani del Novecento, Dino Buzzati. Precedentemente, ricordate, abbiamo sottolineato alcuni elementi fondamentali: - La trama come strumento per dare vita al corpo narrativo; - La scelta delle parole per comunicare significati sottintesi; - La tecnica con cui lo scrittore riesce a “mostrare”, pur tenendosi in disparte, anche grazie a espedienti retorici, anziché limitarsi a “dire”; - L’importanza di coinvolgere il lettore. Vediamo ora come quanto appreso finora possa essere applicato al racconto di Buzzati.
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CHI E’ DINO BUZZATI Dino Buzzati (Belluno 1906 – Milano 1972) è stato redattore e inviato del “Corriere della Sera”. Tra le numerose opere di narrativa pubblicate ricordiamo “Barnabo delle montagne” (1933) – “Il segreto del Bosco Vecchio” (1935) – “Il deserto dei tartari” (1942) – “Paura alla Scala” (1949) – “Il crollo della Baliverna” (1954) – “Un amore” (1963) – “Le notti difficili” (1971).
I GIORNI PERDUTI Dino Buzzati Qualche giorno dopo aver preso possesso della sontuosa villa, Ernst Kazirra, rincasando, avvistò da lontano un uomo che con una cassa sulle spalle usciva da una porticina secondaria del muro di cinta, e caricava la cassa su di un camion. Non fece in tempo a raggiungerlo prima che fosse partito. Allora lo inseguì in auto. E il camion fece una lunga strada, fino all’estrema periferia della città, fermandosi sul ciglio di un vallone. Kazirra scese dall’auto e andò a vedere. Lo sconosciuto scaricò la cassa dal camion e, fatti pochi passi, la scaraventò nel botro; che era ingombro di migliaia e migliaia di altre casse uguali. Si avvicinò all’uomo e gli chiese: Ti ho visto portar fuori quella cassa dal mio parco. Cosa c’è dentro? E cosa sono tutte queste casse? 2
Quello lo guardò e sorrise: -
Ne ho ancora sul camion, da buttare. Non sai? Sono i giorni. Che giorni? I giorni tuoi. I miei giorni? I tuoi giorni perduti. I giorni che hai perso. Li aspettavi, vero? Sono venuti. Che hai fatto? Guardali, intatti, ancora gonfi. E adesso?
Kazirra guardò. Formavano un mucchio immenso. Scese giù per la scarpata e ne aprì uno. C’era dentro una strada d’autunno, e in fondo Graziella, la sua fidanzata, che se n’andava per sempre. E lui neppure la chiamava. Ne aprì un secondo. C’era una camera d’ospedale, e sul letto suo fratello Giosuè che stava male e lo aspettava. Ma lui era in giro per affari. Ne aprì un terzo. Al cancelletto della vecchia misera casa stava Duck, il fedele mastino, che lo attendeva da due anni, ridotto pelle e ossa. E lui non si sognava di tornare. Si sentì prendere da una certa cosa qui, alla bocca dello stomaco. Lo scaricatore stava dritto sul ciglio del vallone, immobile come un giustiziere. - Signore! – gridò Kazirra. – Mi ascolti. Lasci che mi porti via almeno questi tre giorni. La supplico. Almeno questi tre. Io sono ricco. Le darò tutto quello che vuole. Lo scaricatore fece un gesto con la destra, come per indicare un punto irraggiungibile, come per dire che era troppo tardi e che nessun rimedio era più possibile. Poi svanì nell’aria, e all’istante scomparve anche il gigantesco cumulo delle casse misteriose. E l’ombra della notte scendeva.
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ANALISI DEL TESTO
ANALIZZIAMO INSIEME IL RACCONTO Lavorare con la trama Incominciamo con alcune osservazioni di base. I personaggi sono due – il padrone della villa e un “ladro” – e in un certo senso anche le trame sono due: un apparente furto, e la scoperta di ciò che realmente viene rubato. E’ proprio sul tema del “furto” che verte questa storia: dapprima in modo apparentemente ovvio e lineare (un uomo esce da una villa portandosi via delle casse su un camion), poi, sottilmente, sul capovolgimento di chi è veramente il ladro, che cosa ha rubato e come lo ha fatto. In realtà il ladro è il padrone di casa, Ernst Kazirra, “ladro” dei suoi stessi giorni, che gli sono sfuggiti fra le dita. Si è derubato dei suoi rapporti umani per inseguire le sue ambizioni di carriera. Le cose rubate – il contenuto delle casse – non sono beni materiali, ma al contrario è il conseguimento dei beni materiali la causa del vero “furto”, quello dei suoi affetti, delle persone o del cane che gli erano affeziona ti.
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Scegliere le parole Come avviene questo colpo di scena? La risposta è semplice: con una svolta lessicale e semantica nel mezzo della storia, ovvero attraverso la scelta attenta delle parole e del loro significato. Quelle che all’inizio erano “casse” (sostantivo femminile) d’un tratto diventano “giorni” (sostantivo maschile): “Scese giù per la scarpata e ne aprì uno”. Il contrasto di significato è evidenziato dal verbo “aprì”, ovviamente riferito alla cassa, accanto al pronome maschile “uno”. Il racconto, che era iniziato in tono realistico, prosegue ora in uno stile che si potrebbe definire “realismo magico”, ove la “magia” s’insinua sottilmente (anche grammaticalmente) nello svolgimento della trama. Essa viene accettata come parte integrante della realtà del protagonista, che vede nelle casse i suoi giorni perduti, e quindi dal lettore che ravvisa il significato nascosto del “furto dei giorni”.
Coinvolgere il lettore Il lettore viene coinvolto nella storia grazie a lle scelte compiute dall’autore, fra cui l’impiego di un avverbio “errato” (ma solo a prima vista), come il pronome “uno” riferito alle casse, scelto però appositamente per colpire il lettore a un livello profondo, subliminale, cioè al di sotto del livello di coscienza: “Si sentì prendere da una certa cosa qui, alla bocca dello stomaco”. L’uso di “qui”, con la sua forza grammaticale di vicinanza, sposta immediatamente l’emozione di Kazirra alla bocca dello stomaco del lettore. Questo abile gioco di spostamenti del significato e fra le parti del discorso è un ottimo esempio di come l’ars rhetorica possa diventare uno strumento molto efficace. Ma non è tutto, il gioco di ribaltamento dei “furti” è sottolineato da altri due elementi: il passaggio dal “tu” al “lei” e il rovesciamento della posizione occupata dai personaggi. All’inizio, il signor Karizza si rivolge spregiativamente con il “tu” all’uomo che era uscito da una porticina secondaria della sua sontuosa villa: “Ti ho visto portar via quella cassa dal mio parco”. Poi, quando si rende conto che il ladro è lui stesso, cambia completamente tono e il lettore lo vede, giù nella scarpata, implorare: “Signore! Mi ascolti. Lasci che mi porti via almeno questi tre giorni. La supplico.”
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Kazirra, dal basso, cerca pateticamente di corrompere il “signore” offrendogli tutte le sue ricchezze, ma non è con i beni materiali che può recuperare gli affetti dei suoi giorni perduti.
Mostrare senza dire L’autore non ci dice “niente”. Anche l’evidente morale che ne possiamo trar re non è resa esplicita in nessun momento del racconto: la “vediamo” con i nostri occhi, la “sentiamo” qui, alla bocca dello stomaco, ed è per questo che ci rimane impressa a un livello non solo razionale, ma più profondo. Il vero contenuto del racconto si scopre strada facendo, seguendo la graduale presa di coscienza del protagonista. Con Kazirra inseguiamo il camion delle casse, ci fermiamo sul “ciglio” di un vallone e spalanchiamo gli occhi insieme a lui che “guarda”, “apre” e infine “grida”, quando vede che ormai è troppo tardi.
Rimanere in disparte Il significato che ognuno di noi può ravvisare nel racconto è tanto più ampio quanto più l’autore si è mantenuto in disparte, dietro le quinte delle sue stesse parole, trasformando noi stessi nel protagonista della storia attraverso i nostri occhi di lettori, testimoni “in diretta” di ciò che vede e sente il protagonista. Quanto di tutto ciò costituisca un’attività conscia o inconscia dipende solo da voi. Una lettura attiva può regalarvi qualcosa di molto prezioso, un’esperienza che unisce al “gusto” per un testo gradevole e ben costruito il “sapore” della scoperta di significati nascosti. Ed è questo il “nutrimento” che alla fine vi rimarrà dentro.
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ESERCIZIO
1. Ideate una breve storia attraverso il metodo delle 5 W (Chi, Cosa, Dove, Quando, Perché) 2. Buttate giù un breve soggetto che unisca questi elementi tra loro. (Fase ideazione) 3. Poi provate a stendere un piccolo racconto di non più di due pagine. (Fase stesura) 4. Con la seguente impostazione: Carattere Times New Roman 14; interlinea 1,15, numero pagine 2 5. Provate anche voi ad inviare un messaggio al lettore non dicendo “nulla” ma facendo arrivare “tutto” al lettore tra le righe. 6. Sforzatevi anche voi di “mostrare senza dire”
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