CINEMA
OCCHI(ALI) DA STAR
- Certo che Dio esiste, ci ha fatti a sua immagine e somiglianza! - Mi vedi? Dio porta gli occhiali secondo te? - Non con quella montatura (Woody Allen, “Amore e Guerra”, 1975)
A
ffascinante. Carismatico. Demenziale. Intellettuale. Irriverente. Lussurioso. Magnetico. Nervoso. Provocante. Sexy. Sfigato. I mille modi e più in un cui un paio di occhiali trasforma un volto, uno sguardo. I modi in cui
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CINEMA un accessorio crea un personaggio. Nella vita di tutti i giorni, ma ancora di più sullo schermo. Iconici: gli occhiali che diventano simbolo di un film, di un carattere, di uno stile di vita. Occhiali che non hanno più un marchio, una marca, un nome. Ma sono “come quelli di”. Di Maverick, ad esempio. Quando lo sguardo sornione di un Tom Cruise imberbe e ancora lontano da Scientology sbirciava da sopra le lenti a goccia da pilota in Top Gun, o si nascondeva dietro quegli stessi occhiali giocando un’accanita partita di beach volley in jeans e nulla più, le ragazze hanno sospirato, i ragazzi sono corsi a comprare un paio di occhiali identici per catturare un po’ del fascino scanzonato di Maverick (che secondo Time magazine ha fatto schizzare le vendite di quel preciso modello del 40% nel giro di poche settimane). E magari anche quello di Tom Cruise, che con gli occhiali da sole ha fatto sognare più di una volta. Ancora prima di Top Gun, con Risky Business, film che ha lanciato l’attore appena ventenne e ha contribuito non poco al revival del modello “alla Blues Brothers” negli anni Ottanta. E dopo, in Mission Impossible 2, film in cui gli occhiali sono protagonisti della fantastica scena iniziale. Titoli di testa: Tom Cruise a mani nude si arrampica su una parete a strapiombo su un canyon in una scalata mozzafiato. Dopo essere arrivato in cima un elicottero lo sorvola, un uomo prende la mira e spara un piccolo razzo. Dentro, ci sono gli occhiali in cui viene spiegata la prossima missione per l’agente Hunt. Poi il lancio, e l’esplosione a mezz’aria: da storia del cinema d’azione – oltre che un traino non indifferente per quel modello di occhiali. Seduzione e mistero. Sono lenti enormi, sproporzionate, quasi grottesche, mascherano il viso piccolo e ossuto di Audrey Hepbunrn in abito da sera nero mentre mangia una brioche sulla Quinta strada davanti
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alle vetrine di Tiffany, consegnando la creatura di Capote Holly Golightly all’Olimpo delle icone di stile. E ancora. Cosa fa scegliere a Humbert la pensioncina a conduzione familiare? È dubbioso fino a un minuto prima. Poi Dolores (Era Lo, semplicemente Lo al mattino, ritta nel suo metro e quarantasette con un calzino solo. Era Lola in pantaloni. Era Dolly a scuola. Era Dolores sulla linea tratteggiata dei documenti. Ma tra le mie braccia era sempre Lolita) si sfila gli occhiali a forma di cuore, e lui capitola. “Qual è stato il fattore decisivo? Il mio giardino?” chiede la madre della ninfetta “Le sue crostate di ciliege” risponde il professore, che ha lasciato la testa e buona parte della saggezza dietro quelle lenti troppo vezzose. Fondi di bottiglia. Non sappiamo in quanti sorridono a sentire il nome di Gigi Reder. Ma quando morì, nel 1998, furono in tanti a dire “addio, ragionier Filini”. Lui e la sua miopia devastante e quelle lenti a doppio fondo di bottiglia in una pesante montatura nera. Malinconicamente a fianco del rag. Ugo, spalla più comica del comico, animato da un insolito ottimismo che gli fa trascinare Fantozzi nelle avventure più tragiche. Un “nerd” vecchia maniera, prima che Clark Kent sdoganasse la montatura da bravo ragazzo miope per le tante ore di studio rendendola intrigante. Magici Secchioni. Già, Clark Kent. Quando gli occhiali fanno la differenza. Abissale, tra supereroe e uomo qualunque – anche un po’ noiosetto, a dire il vero. È uno dei grandi misteri irrisolti dei fumetti: come mai quando Superman indossa gli occhiali nessuno lo riconosce? Una risposta univoca non esiste, se non nel fatto che Clark Kent è in realtà l’identità segreta del Superman, e non viceversa come accade, ad esempio, per Batman o Spiderman, e che gli occhiali sono la sua maschera. E che occhiali! Una vera icona del “sec-
CINEMA chione”, una rivincita per tutti i portatori sani di lenti a fondo di bottiglia: chissà che, all’improvviso, non possano trasformarsi in un supereroe! (E rimanendo in tema, anche Peter Parker, quando non indossa i panni dell’Uomo Ragno, si nasconde spesso e volentieri dietro le lenti da miope). La stessa montatura (nera, spessa, ingombrante) è quella che ha trasformato Woody Allen in un personaggio dei suoi film, e viceversa. Lui li indossa continuamente, tanto da non separarsene nemmeno in quelle pellicole, come Amore e guerra, in cui sono un deciso anacronismo – a mettere in evidenza ancora di più l’effetto straniante dei dialoghi nel suo stile ironicamente surreale nella cornice della Russia napoleonica. Sono un tratto distintivo talmente forte da essere diventato l’icona della “tribù metropolitana” più inquietante dell’ultimo decennio: gli hipster, che hanno fatto del peggio della moda il loro tratto distintivo. Tutto ciò che non “dona” è ben accetto, occhialoni da vista al primo posto. E poco male se le diottrie sono a posto: si montano lenti trasparenti e il problema è risolto. Ancora un “quattrocchi” celebre, prima di tornare agli occhiali da sole che – non me ne vogliano i miopi, categoria a cui appartengo anch’io – sono indubbiamente più affascinanti. Un certo “maghetto con gli occhiali” ha sicuramente un merito, oltre a quello di aver intrattenuto e di intrattenere ancora generazioni di bambini e genitori: ha reso meno odiosi gli occhiali da vista alle elementari. Sormontati da una cicatrice a forma di saetta è meglio, certo, ma se li porta Harry Potter forse non sono così male. L’unica controindicazione? Daniel Radcliffe può avere speranze di una lunga e brillante carriera dopo-Potter solo se si rifiuterà categoricamente di indossare di nuovo un paio di lenti da vista. Altrimenti non
importa quale parte interpreterà: gli occhiali di Harry Potter sono a tal punto un’icona che chiunque lo immaginerà con una bacchetta magica in mano. On the Road. Ma torniamo all’aperto, con il vento nei capelli, le strade infinite dell’America da percorrere e occhiali a goccia dalle lenti chiare, perfetti anche quando il sole non c’è per macinare chilometri in moto. Montatura dorata che scintilla sotto il sole della California, ecco Peter Fonda in sella al suo chopper con la bandiera Usa aerografata sul serbatoio in Easy Rider. Farà una brutta fine, ma intanto che vita, che libertà, che sogno l’America! “Sono 126 miglia per Chicago. Abbiamo il serbatoio pieno, mezzo pacchetto di sigarette, è buio, e portiamo tutt’e due gli occhiali da sole”. Jake e Elwood sono pronti a partire. (Sempre che terremoti, inondazioni o invasioni di cavallette non li fermino). La divisa d’ordinanza dei Blues Brothers – completo scuro, camicia bianca, occhiali Wayfarer neri – entra a tal punto nella storia che il Grande Citazionista Quentin Tarantino ne fa il tratto distintivo delle sue Iene 12 anni dopo. A Las Vegas, invece, sembrano andare di moda modelli grandi, a mascherina, e lenti colorate: perfette per la follia del luogo, o meglio: per la paura e il delirio...Come quelli di Johnny Depp nell’omonimo film, gialli, che gli coprono metà faccia dando al suo personaggio un’aria ancora più allucinata di quanto già non facciano le droghe psichedeliche che trasformano tutto il film in un incubo lisergico. E poi il fenomeno degli ultimi anni, “Una notte da leoni”, in cui più d’uno dei folli protagonisti (neonato misterioso compreso) si ritrova sul naso un modello molto simile. Fantascientifici. Occhiali da sole scurissimi quando si parla di alieni o di mondi paralleli. Per gli uomini in
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CINEMA nero di Men in Black sono un vero strumento di lavoro. Non solo perché, come agenti segreti, un’aura di mistero è d’obbligo, ma soprattutto perché le lenti scure li proteggono dal “raggio cancella memoria”, indispensabile quando si deve far dimenticare alla folla del lunedì mattina che sì, è stato un piccolo blackout in metropolitana e no, enormi vermi alieni sotterranei non c’entrano nulla.
no il suo modello, ispirato al personaggio che interpreta, rotondi per i “ribelli” e più squadrati per gli Agenti, a rappresentare la naturalità del cerchio contro l’artificiosità del quadrato. Ma tutti, com’è ovvio, dalle forme avveniristiche, ultraleggeri e avvolgenti. Con un plus che in fase di produzione non sarà sfuggito: permettere ai fan di scegliere fra una decina di modelli diversi, in base allo stile e al personaggio preferito.
Dentro e fuori dalla realtà virtuale, tutti i protagonisti di “The Matrix” indossano gli occhiali da sole. Ognu-
Una piccola anticipazione di “Anche l’occhio vuole la sua parte”, di Francesco Festuccia, edito da Sovera Edizioni
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Flaminia Festuccia