REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI ROMA NONA SEZIONE CIVILE in composizione monocratica giudice unico dott. Antonella Izzo nei procedimenti riuniti iscritti ai nn. 27531/2008 e 14214/2009 R.G. tra L.A., M.F. elettivamente domiciliati in Roma, via (...), presso lo studio degli avv.ti M.C. e V.G., che li rappresentano e difendono per procura a margine degli atti di citazione - attori nella causa n. 27531/2008 r.g., attori/opponenti nella causa n. 14214/2009 r.g. e C.E. elettivamente domiciliato in Roma, piazza (...), presso lo studio dell'avv. P.L., che lo rappresenta e difende con l'avv. G.C. per procura a margine delle comparse di risposta - convenuto nella causa n. 27531/2008 r.g., convenuto/opposto nella causa n. 14214/2009 r.g. e C.O. convenuta contumace nella causa n. 27531/2008 ha emesso la seguente SENTENZA CONCLUSIONI DELLE PARTI Come da rispettivi atti di citazione e comparse di risposta. MOTIVI DELLA DECISIONE La prima domanda formulata dagli attori L. e M. con l'atto di citazione introduttivo della causa n. 27531/2008 ª volta alla condanna di E.C. e O.C. al risarcimento dei danni sul piano patrimoniale, esistenziale, morale, causati con la loro condotta illecita e quantificati in Euro 125.000,00 oltre interessi. E.C., medico convenzionato con il servizio sanitario nazionale, esercente attivit¢ professionale di medico di base presso il suo studio medico ubicato nell'appartamento di sua propriet¢ in Roma, via (...), dove ª ubicato anche lo studio odontoiatrico di sua figlia M.C., in concomitanza con il suo collocamento in
quiescenza cedette in locazione ai sig.ri L. e M., coniugi, entrambi medici convenzionati con il s.s.n., due stanze del suddetto appartamento da usare come studio medico, insieme con le parti comuni da condividere con la dott. M.C. Il contratto di locazione, stipulato in data 16.10.2004, con scadenza prevista per il 15.10.2004, rinnovabile tacitamente per eguale periodo in mancanza di disdetta con preavviso minimo di una anno, prevedeva una penale di Euro 20.000,00 a carico dei conduttori per il caso di recesso anticipato di questi ultimi dal contratto. Gli attori deducono di avere stipulato il contratto a seguito di una laboriosa trattativa, tenendo conto del vantaggio di esercitare la loro attivit¢ in uno studio
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che era stato per anni sede di identica attivit¢ professionale e nella prospettiva, nota alla controparte, di proseguire nella conduzione in locazione dello studio per un periodo ininterrotto di dodici anni. Essi riferiscono di avere acquisito circa 700 pazienti dell'uscente dott. C., con il quale avevano collaborato saltuariamente durante l'ultimo anno della sua attivit attivit¢. Assumono che, tuttavia, dopo alcuni mesi, il dott. C. chiese loro di poter continuare ad esercitare l'attivit¢ di medico di base per un giorno a settimana inizi´ a porre in essere una utilizzando i loro ricettari e che, al loro netto rifiuto, inizi serie di attivit¢ ostruzionistiche e sleali, successivamente supportate dalla dott. O.C. (altro medico convenzionato con il s.s.n. che venne ad esercitare la sua attivit¢ in uno studio ubicato nell'altro appartamento di propriet propriet¢ del C. adiacente a quello in cui si trovava lo studio degli attuali attori) consistenti essenzialmente nell'adoperarsi affinch« pazienti dei dott.ri L. e M. cambiassero medico di base e si iscrivessero presso la dott. C. e nel compiere anche atti di disturbo e di ingerenza
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nell'attivit¢ degli attori. Il C. comunic comunic´ agli attori sin dal 28.11.2006 la sua disdetta ci´ ª riferito dagli attori come un venire per la prima scadenza del 15.10.2010 e ci meno agli impegni presi, anche se non formalizzati nel contratto di locazione, al pari della cessione in locazione ad altro medico dell'appartamento adiacente, dopo che aveva assicurato ai dott.ri L. e M. che tale appartamento (che era precedentemente adibito a sua abitazione) non sarebbe stato mai adibito a studio medico.
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Gli attori dopo avere intentato contro il C. un procedimento cautelare per inibitoria di atti di concorrenza sleale (R.G. 2498/2007) definito con ordinanza di rigetto non reclamata, propongono la domanda di risarcimento danni in via ordinaria, avendo ormai abbandonato lo studio di via (...). d'ostacolo all'ammissibilit¢ della domanda proposta ai sensi dell'art. 2598 n. 3 c.c. il difetto della qualit¢ di imprenditori in capo alle parti.
In proposito si ritiene che il precedente comunitario (CGE 5.7.1991, causa 76/90), citato nell'ordinanza cautelare a supporto di una definizione estensiva del concetto di impresa e di imprenditore adottato in sede comunitaria, non sia pertinente, perch« concerne l'interpretazione dell'art. 59 (attuale art. 49) del Trattato CE riguardante la libera prestazione di servizi all'interno della Comunit¢, e la nozione di servizio, specificata dal successivo art. 60 (attuale art. 50) include espressamente, oltre alle attivit¢ di carattere commerciale, industriale ed artigiano, le attivit¢ delle libere professioni.
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Tuttavia la disciplina nazionale della concorrenza non ª assimilabile alla disciplina comunitaria della libera prestazione dei servizi all'interno della Comunit¢ Comunit¢ e dunque non pu´ risentire della nozione di servizio, comprensiva delle attivit¢ attivit¢ delle libere professioni, adottata in sede comunitaria a fini del tutto diversi. A conferma della correttezza di questa interpretazione si cita Cass. n. 560/2005, la cui massima si riporta per intero, omettendo solo il riferimento al caso concreto (si trattava di controversia tra avvocati): "Presupposto giuridico per la legittima configurabilit¢ configurabilit¢ di un atto di concorrenza sleale ª la sussistenza di una situazione di concorrenzialit¢ concorrenzialit tra due o pi» imprenditori (e la conseguente idoneit¢ idoneit¢ della condotta di uno dei due concorrenti cos che la ad arrecare pregiudizio all'altro, pur in assenza di danno attuale), cos® normativa dettata, in materia, dall'art. 2598 cod. civ. non pu´ pu ritenersi applicabile ai rapporti tra professionisti. La nozione di azienda di cui al n. 3 dell'art. 2598 sopra citato, difatti, coincide con quella di cui al precedente art. 2555, stesso « (pur essendo innegabile che, sotto il profilo meramente ontologico, codice, sicch« studi di liberi professionisti siano, di fatto, per personale, mezzi tecnici impiegati e quant'altro, assimilabili ad una azienda) l'intento del legislatore, inteso a differenziare nettamente la libera professione dall'attivit¢ dall'attivit d'impresa, va interpretato
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ed attuato nel senso della inapplicabilit¢ inapplicabilit "tout court" del regime di responsabilit¢ da concorrenza sleale ai rapporti tra liberi professionisti, e ci´ in via di interpretazione tanto diretta, quanto analogica, senza che possa, in contrario, invocarsi il disposto di cui all'art. 2105 cod. civ., funzionale alla disciplina della responsabilit¢ contrattuale del prestatore nei confronti del proprio datore di lavoro ed alla repressione di una fattispecie di concorrenza illecita, laddove l'art. 2598 attiene alla responsabilit¢ extracontrattuale tra imprenditori onde reprimerne comportamenti di concorrenza sleale.
Esclusa pertanto la configurabilit¢ a carico dei convenuti dello specifico illecito concorrenziale dedotto dagli attori, occorre accertare se i comportamenti dedotti in giudizio assumano rilevanza sotto il profilo generale di illiceit¢ di cui all'art. 2043 c.c. La conclusione non pu´ che essere negativa, in considerazione del fatto che gli attori non hanno riferito di specifici atti e comportamenti lesivi del loro onore o della loro reputazione professionale, limitandosi in proposito a deduzioni del tutto generiche. Il solo fatto che il C. abbia "promosso" la dott. C. a discapito degli attuali attori anche presso propri ex pazienti che si erano gi¢ iscritti presso questi
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ultimi non ª qualificabile come illecito extracontrattuale. Allo stesso modo non assume rilevanza sotto il profilo di cui all'art. 2043 c.c. il fatto che il C. abbia dato in locazione la sua ex abitazione, adiacente allo studio locato ai dott.ri L. e M., ad un altro medico, la dott. O.C. Le stesse considerazioni devono estendersi, logicamente, anche all'altra convenuta, per cui la domanda di condanna dei convenuti al risarcimento danni deve essere respinta. La seconda domanda proposta dagli attori con l'atto introduttivo della causa n. 27531/2008 ª volta alla risoluzione per fatto del C. del contratto di locazione stipulato tra le parti il 16.10.2004 e alla condanna del convenuto al risarcimento del danno da inadempimento contrattuale. Tale domanda deve essere decisa unitamente all'opposizione al decreto ingiuntivo n. 23356/2008 emesso da questo tribunale in danno di L. e M. su ricorso del C. per il pagamento della penale contrattuale, dato che i primi abbandonarono l'appartamento, cessando di fatto l'esecuzione del contratto prima della scadenza del 15.10.2010. Il recesso dei conduttori dal contratto ebbe luogo, com' com'ª pacifico, dopo che il C. aveva doto in locazione alla C. locali dell'appartamento int. 1 per uso di studio medico convenzionato con il s.s.n. e dopo che egli aveva comunicato a L. e M. la disdetta del contratto di locazione per la prima scadenza del 15.10.2010 con circa quattro anni di anticipo (28.11.2006).
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Sebbene la comunicazione di disdetta di per ss« fosse del tutto legittima, non altrettanto deve dirsi per quanto concerne la locazione alla dott. C. di locali ad uso studio medico convenzionato nell'appartamento adiacente a quello locato ai dott.ri L. e M. Si ricorda, infatti, che il contratto vincola le parti non solo a quanto ª espressamente convenuto nel regolamento contrattuale, ma anche a tutte le conseguenze che (art. 1374 c.c.) ne derivano secondo la legge o, in mancanza, secondo gli usi e l'equit¢.
La giurisprudenza si ª in passato pronunciata sull'interpretazione da dare alla nozione di equit¢ di cui all'art. 1374 c.c., indicando che essa "si identifica, nella cosiddetta equit¢ integrativa che incide sullo stesso contenuto del vincolo obbligatorio, introducendo specificazioni di disciplina del vincolo in vista della decisione del caso singolo" (Cass. n. 1742/89). "Siffatta funzione integrativa non modifica il contratto, con l'aggiungere ad esso qualcosa, in quanto le ulteriori conseguenze, che se ne fanno
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derivare secondo la legge, gli Usi e l'equit¢,, corrisponde all'intento voluto dalle parti" (Cass. n. 3065/72). Tale nozione di equit¢ ª strettamente contigua a quella di buona fede come criterio che deve informare l'esecuzione del contratto, ai sensi del successivo art. 1375 c.c. In proposito la giurisprudenza, dopo avere inizialmente negato un rilievo giuridico autonomo al principio del dovere di comportarsi secondo buona fede, affermando pu´ che un comportamento contrario ai doveri di buna fede e correttezza pu considerarsi fonte di responsabilit¢ soltanto se concreti la violazione di un diritto altrui direttamente riconosciuto da una norma giuridica (Cass. n. 960/1986), ha riconosciuto alla disposizione di cui all'art. 1375 c.c. la natura di fonte di un vero e proprio dovere giuridico, che impone a ciascuna delle parti di un contratto di agire in modo da preservare gli interessi dell'altra - a prescindere tanto da specifichi obblighi contrattuali quanto dal dovere extracontrattuale del neminem laedere fino al limite dell'interesse proprio del soggetto, che non ª tenuto al compimento di atti che comportino un apprezzabile sacrificio a suo carico (Cass. n. 3185/2003, n. 14726/2002, n. 12093/2001, n. 2503/1991).
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Nel caso in esame, il regolamento del contratto di locazione ai dott.ri L. e M. dei locali dell'appartamento in Roma, via (...) prevedeva espressamente la destinazione d'uso della porzione immobiliare locata all'esercizio della loro attivit attivit¢ professionale di medici, e, inoltre, prevedeva espressamente che fosse conservata inalterata la destinazione a studio dentistico odontoiatrico della stanza del medesimo appartamento esclusa dall'oggetto della locazione. In caso contrario i conduttori avrebbero avuto diritto a recedere dal contratto senza dover pagare alcuna penale (pag. 2 contratto 3 capoverso).
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La ratio di tale clausola, che tutelava dell'interesse dei conduttori a conservare immutata la destinazione d'uso della parte dell'appartamento esclusa dalla locazione, era evidentemente quella di prevenire possibili modifiche di tale destinazione d'uso che avrebbero potuto, in vario modo e per diverse ragioni, incidere negativamente sullo svolgimento della loro attivit¢ professionale medica. Tra queste ragioni vi era, certamente, anche quella di evitare una indesiderata
condivisione dello studio con altri medici esercenti la loro stessa attivit¢ (medici generici convenzionati con il s.s.n.). Se questa ª la ratio della clausola contrattuale riguardante la destinazione d'uso del locale interno all'appartamento int. 2, ª evidente che il C., al fine di preservare l'interesse dei conduttori consacrato nel contratto, doveva altres® astenersi dal consentire l'allocazione di uno studio medico generico convenzionato con il s.s.n. nell'appartamento int. 1, immediatamente contiguo all'int. 2, che, alla data di stipula del contratto di locazione, era destinato a sua abitazione e che, pertanto, non era stato preso in considerazione nella stesura del regolamento contrattuale.
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Si ritiene che una tale limitazione del diritto del proprietario dell'appartamento int. 1 di usarlo a proprio piacimento sia del tutto compatibile con il suo interesse economico e professionale. Il C., infatti, avrebbe potuto certamente esercitare la propria libera professione, non pi» convenzionata, presso tale appartamento (come egli riferisce di avere fatto) cos® come darlo in locazione a terzi in tutto o in parte, purch« apprezzabilmente diverse da anche per attivit¢ di studio professionale, purch« quella svolta dai dott.ri L. e M. presso l'appartamento int. 2. Pertanto il comportamento del C., ossia la concessione in locazione di pane dell'appartamento int. 1 alla dott. O.C. per uso di studio medico convenzionato con il servizio sanitario nazionale, integra un grave inadempimento contrattuale, che giustifica la risoluzione del contratto in danno del convenuto e quindi legittima il recesso degli attori dal contratto prima della scadenza del termine.
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Poich« peraltro gli attori non hanno dato prova del danno che assumono di avere subito come conseguenza, la domanda relativa deve essere respinta. In considerazione dell'accertata legittimit legittimit¢ del recesso degli attori dal contratto di locazione con il C., deve essere escluso il diritto al pagamento della penale contrattuale dedotto da quest'ultimo in sede monitoria, ed oggetto del decreto ingiuntivo n. 23356 emesso da questo tribunale il 1.12.2008, pubblicato il 24.12.2008, per l'importo di Euro 20.000,00 oltre interessi e spese.
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Il decreto ingiuntivo deve quindi essere revocato, in accoglimento dell'opposizione proposta dagli intimati, che ha dato origine al giudizio n. 14214/2009 r.g. La soccombenza reciproca giustifica la compensazione totale delle spese processuali tra le parti. P.Q.M. Definitivamente decidendo:
dichiara risolto per inadempimento di E.C. il contratto di locazione stipulato tra questi e A.L. e F.M.; revoca il decreto ingiuntivo n. 23356 emesso da questo tribunale il 1.12.2008, pubblicato il 24.12.2008; rigetta ogni altra domanda di entrambe le parti; compensa interamente tra le parti le spese processuali di entrambi i giudizi riuniti. Cos® deciso in Roma il 20 novembre 2012.
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Depositata in cancelleria il 27 novembre 2012.
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