inchiostro
1° marzo 2009 anno IX n. 4
Periodico a cura della Scuola di giornalismo diretta da Paolo Mieli nell’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli
www. unisob.na.it/inchiostro
Storia di Annarita
"Non staccheremo la spina": il racconto dei genitori della ragazza di Avellino in coma vigile dal 1996 di Rosa De Angelis ed Enza Petruzziello pag 3
L’aborto in Campania
Umano superumano
Liste d’attesa troppo lunghe, molte donne costrette a cambiare città per sottoporsi all’intervento di Rosa Lella pag 4
Guelfi & Ghibellini
Stato, Chiesa e scienza a confronto nel dibattito sulle questioni etiche nel nostro Paese di Laura Conti e Carmine Saviano pag 6 e 7
L’altra metà dell’amore Dal Gay Pride di Genova alle associazioni in Campania: un difficile percorso di Ylenia Gifuni e Simona Petricciuolo pag 12
Bioetica, terreno di conflitti di Beniamino Daniele “L’unica speranza di liberazione può risiedere nel recupero dell’autonomia e capacità critica di pensiero”: lo scriveva Theodor Adorno tra il 1944 e il 1947 nei suoi “Minima moralia”, una raccolta di aforismi nei quali il filosofo e sociologo tedesco, in anni in cui l’Europa raccoglieva i cocci della sua identità distrutta dai totalitarismi, rifletteva sul concetto di individuo. A distanza di sessant’anni, ci troviamo a riflettere sugli stessi temi: libertà e individuo. Riflessione che nasce anche stavolta in seguito a una durissima battaglia, non più combattuta sul campo tra eserciti contrapposti, ma giocata in aule giudiziarie, in parlamento e sugli organi di informazione. La tragica storia di Eluana Englaro ha risvegliato un’Italia che per troppo tempo ha rimandato la discussione di alcuni temi fondamentali o che troppo spesso li ha affrontati in maniera falsata. I redattori di Inchiostro, con “Umano super umano”, hanno tentato un difficile esperimento,
ovvero spogliarsi di qualsiasi convincimento personale e ideologico, per riportare i fatti - testamento biologico, aborto, contraccezione, diritti civili, etc. alle verità della scienza. Impresa più difficile del previsto. Manca una piena autonomia di pensiero, proprio come Adorno ravvisava nella seconda metà degli anni ’40; e non solo a causa dell’informazione distorta o delle strumentalizzazioni politiche, ma anche per la spinta emotiva che accompagna chi osserva o chi racconta certe storie. In questo giornale il lettore potrà trovare una panoramica sui temi attualmente - o nel recente passato - oggetto di discussione politica e spesso motivo di divisione tra mondo scientifico e religioso. A supporto ci sono storie di vita raccolte sul campo, indagini statistiche e ricerche scientifiche. Un giusto mix tra ciò che si trova sui manuali medici e giuridici e la vita di tutti i giorni. Elementi che abbiamo considerato fondamentali per un lettore che voglia costruirsi un pensiero autonomo, con la speranza, di chi ha scritto, che si possa affrontare con animo più sereno una generale riflessione sulla vita “in questo mondo alienato nel quale scriveva Adorno sessant’anni fa - la vita non vive”.
Il primo pareggio di Franceschini Il compito di Dario Franceschini, neoeletto segretario del Partito Democratico è quello non semplice di far cessare la ormai lunga serie di sconfitte del suo partito rispetto a quello incarnato dal Presidente del Consiglio. Con mossa geniale Franceschini ha iniziato a pareggiare già dal primo giorno. E infatti nel suo primo giorno da segretario ha giurato solennemente sulla Costituzione italiana. Proprio come ha fatto Berlusconi il suo primo giorno da Presidente del Consiglio. Uno pari. E via alla prossima. Il fratello di Abele
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Tutte le sentenze del caso Englaro Così i tribunali hanno deciso che si poteva “staccare la spina” di Antonio Crispino Quanto hanno pesato le sentenze dei giudici sulla vicenda Eluana Englaro? Quali sono gli articoli, i commi, le leggi, i principi ma anche le vacatio legis che hanno deciso sulla vita e sulla morte di Eluana? Sull’istanza di sospensione dell’alimentazione forzata si sono pronunciati il Tribunale di Lecco, il Tribunale amministrativo regionale, la Corte d’Appello di Milano, la Corte di Cassazione e infine la Corte Costituzionale. E’ stato tentato anche il ricorso alla Corte di Strasburgo che però ha respinto la richiesta (“irricevibile”, secondo i giudici) da parte di alcune associazioni di malati in stato vegetativo. Eluana ha 21 anni quando subisce un incidente stradale. Dopo quattro anni viene dichiarata “interdetta” con una sentenza, ossia incapace di provvedere ai propri interessi. Come suo tutore, cioè colui che la rappresenta in tutti i casi in cui è ammessa rappresentanza (è esclusa per i diritti personalissimi come il diritto alla salute, all’identità personale o all’immagine sociale), viene nominato il padre Beppino. Tutte le richieste avanzate dal genitore, quindi, per i giudici non sono il frutto di
In Europa non è solo questione di Convenzione Quando si parla di biomedicina a livello europeo si fa certamente riferimento alla "Convenzione di Oviedo sui diritti dell’uomo e sulla biomedicina" adottata nel 1997. E´ quella che ha introdotto il "consenso informato" e stabilito che un intervento nel campo della salute "non può essere effettuato se non dopo che la persona interessata abbia dato consenso libero e informato". La Convenzione, sin dalle disposizioni generali che affermano il primato dell´essere umano, non prende in esame un caso
una volontà paterna ma espressione di chi fa gli interessi della ragazza. La differenza non è da poco. Su questo punto ci sarà una lunga diatriba giudiziaria. Nelle prime sentenze (in particolare quella del 2 febbraio 2006) è proprio il tribunale adito a ribadire che “il tutore non è legittimato … a esprimere scelte al posto o nell’interesse dell’incapace in materia di diritti e atti personalissimi”. Questo stesso decreto viene riformato dalla sezione Persone e Minori della Corte d’Appello di Milano, che ne fa un’interpretazione diversa e riconosce in capo al rappresentante legale dell’incapace (ex art. 357 e 424 c.c.) il potere di cura della persona. La dimostrazione che la materia è inesplorata e confusa già l’avevano data i giudici della Corte d’Appello di Milano. Il 31 dicembre 1999 ammettevano la presenza di “un’incertezza normativa tale da non consentire l’adozione di una precisa decisione in merito all’istanza d’interruzione del trattamento di alimentazione/idratazione forzata”. Se si guardano le motivazioni delle sentenze, si nota come tutti i principi di
specifico come quello di Eluana Englaro. Tuttavia contempla situazioni d´urgenza in cui non sia possibile dare consenso. In questo caso ribadisce che si possa procedere immediatamente a qualsiasi intervento medico ma solo se "indispensabile per il beneficio della salute della persona interessata". L´altro caposaldo in materia è ritenuto la Carta dei diritti fondamentali dell´Unione Europa adottata a Nizza il 7 dicembre del 2000. In tale testo, però, si fa solo un generico riferimento al diritto alla vita e all´integrità della persona. Espressamente vietata, invece, qualsiasi pratica eugenetica e di clonazione. (A. C.)
legge alla base delle decisioni che hanno condotto alla morte di Eluana, erano state di segno opposto nei precedenti gradi di giudizio. Si passa dalla sentenza del Tribunale di Lecco in cui si ribadisce “il principio di necessaria e inderogabile prevalenza della vita umana anche innanzi a qualunque condizione patologica e a qualunque contraria espressione di volontà del malato” alla sentenza della Cassazione che invece mette “al primo posto la libertà di autodeterminazione terapeutica e il riconoscimento di tale diritto anche nei casi in cui il soggetto adulto non sia più in grado di manifestare la propria volontà”. In questo modo la Suprema Corte ritiene di interpretare al meglio gli articoli della Costituzione (artt. 2, 3, 13 e 32) in tema di libertà e rapporti etico-sociali. La svolta avviene quando la stessa Corte di Cassazione il 16 ottobre del 2007 stabilisce che “il giudice può autorizzare la disattivazione di tale presidio sanitario in presenza di alcuni presupposti”. Si riferisce all’accertamento dell’irreversibilità assoluta dello stato vegetativo e della volontà espressa del paziente. Da questo punto in poi la giurisprudenza cercherà di capire quando lo stato vegetativo si può definire permanente, cos’è l’accanimento terapeutico (che non si ritiene sussista nel caso di Eluana Englaro) ma soprattutto tenterà di ricostruire la volontà presunta di Eluana. Per fare questo sarà necessario attribuire a due sezioni diverse della stessa Corte il compito di tali accertamenti. In base a queste decisioni, la Corte d’Appello di Milano accetterà la richiesta di Beppino Englaro ritenendo che tale scelta “sia conforme anche al best interest della malata incapace” e che in questo modo possa fare gli interessi della rappresentata. Si afferma in diritto la convinzione che “nutrire e idratare i malati non autosufficienti e totalmente incapaci sia un obbligo cogente per il medico e un irrinunciabile dovere di solidarietà sociale che però perde di rilievo dinanzi la prioritaria importanza del fatto che Eluana, quando era ancora cosciente… non avrebbe voluto essere curata”.
La morte cerebrale non è stato vegetativo di Claudia Ceci Duemila pazienti in Italia sono in stato vegetativo. Ogni anno 20mila persone entrano in coma; un terzo ne esce senza riportare danni permanenti. Il 50 per cento di chi si risveglia resta disabile. Secondo il ministero della Salute, per più di 500 pazienti il coma evolve in stato vegetativo talvolta permanente. Come è successo a Eluana Englaro, tenuta in vita per 17 anni attraverso idratazione e alimentazione. I centri per pazienti in stato vegetativo cronico in Italia sono una quarantina (300 posti letto), quasi tutti al Nord. Lo stato vegetativo non va confuso con il coma o la morte cerebrale. Il Centro nazionale trapianti spiega il significato di ciascun termine: COMA: alterazione del regolare funzionamento del cervello con compromissione dello stato di coscienza. Le cellule cerebrali sono vive ed emettono un segnale elettrico. Il coma comprende più stadi di diversa gravità, incluso quello vegetativo persistente, ma è una situazione dinamica: può variare in senso regressivo o progressivo. Si tratta di pazienti vivi, sui quali va attuata qualsiasi terapia in grado di curarli.
STATO VEGETATIVO PERSISTENTE: le cellule cerebrali sono vive e mandano segnali elettrici rilevati dall’elettroencefalogramma. Il paziente può respirare in modo autonomo, mantiene un controllo sulle funzioni vegetative e una vitalità circolatoria, respiratoria e metabolica. Le funzioni cerebrali hanno una vitalità ridotta. MORTE CEREBRALE: il soggetto perde in modo irreversibile la capacità di respirare e le funzioni encefaliche; non ha controllo sulle funzioni vegetative. Le cellule cerebrali sono morte e l’encefalogramma è piatto. Il cervello è danneggiato sul piano della funzionalità e della percezione, e anche su quello anatomico: le cellule morte si decompongono e liberano enzimi che demoliscono le altre cellule innescando un meccanismo inarrestabile. È uno stato definitivo, coincide con la morte della persona.
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Annarita, la corsia in casa
Avellino, la scelta diversa della famiglia Giliberti di Rosa De Angelis ed Enza Petruzziello Ha gli occhi verdi. Uno sguardo dolce e coraggioso. Gabriele Giliberti è il papà di Annarita, in stato vegetativo da dodici anni. Ci accoglie nella sua casa, nel cuore di Montoro Inferiore, in provincia di Avellino. Con lui c’è la moglie, Franca, da sempre è vicino ad Annarita, oggi ventiquattrenne. La loro è una storia di amore e speranza. In casa Giliberti ogni giornata comincia alle sette. Tempi, ritmi e orari sono scanditi da una tabella che si ripete quotidianamente. La sveglia per Annarita è alle 7.30. Viene lavata e cambiata. Quaranta minuti di fisioterapia e musicoterapia. Poi trascorre due ore seduta. Alle 12.30 è nutrita attraverso la Peg, il sondino che le consente di alimentarsi e idratarsi. Il pomeriggio si ricomincia daccapo. Dopo qualche ora di riposo c’è la fisioterapia, due ore sulla sedia e di nuovo la Peg. Il dramma irrompe nella vita di Franca e Gabriele dodici anni e sei mesi fa. È il 1996 e la loro figlia più grande, Annarita, 12 anni, entra in uno stato di coma vigile, colpita da anossia cerebrale, a causa di una reazione allergica ad un banale antibiotico. Viene trasportata immediatamente all’ospedale Moscati di Avellino dove dopo venti giorni viene chiesto ai genitori l’espianto degli organi. Per i medici non c’è speranza di salvarla. Ma non è così per i genitori che decidono di portarla alla “Casa sollievo della Sofferenza” a San Giovanni Rotondo. Si tratta di un centro all’avanguardia, specializzato nell’assistenza ai pazienti come Annarita. Lì Franca impara a prendersi cura della figlia, ad accudirla come un’infermiera oltre che come una madre. A San Giovanni Annarita inizia a respirare autonomamente, un grande progresso ma purtroppo l’unico. Dopo sei mesi viene trasferita al centro “Maugeri” di Campoli del Monte Taburno, dove si cerca di risvegliarla. Nel frattempo in casa iniziano i lavori per accoglierla. Nella mente dei genitori risuona la frase che i medici di San Giovanni ripetevano: “La miglior cura per Annarita è la sua casa”. “Per noi lei fa parte della gioia della famiglia. - spiega il padre - Non c’è mai stato sconforto, solo la speranza perché ciò che non è vero oggi
domani può esserlo”. La medicina fa progressi continuamente e per Gabriele ogni scoperta può cambiare le cose. Ad alimentare la speranza c’è anche la fede. Nel soggiorno di casa è affissa una frase di san Paolo: “Siate ospitali. Alcuni accolsero angeli senza saperlo”. Per il padre il valore della vita di sua figlia è “nettamente superiore alla malattia”. Hanno fatto una scelta precisa: assisterla sempre e comunque. Ad aiutarli ci sono gli operatori sanitari dell’Asl Av2. Medicinali e assistenza sono a carico del servizio sanitario. Ma non basta. La famiglia si è fatta carico di tutte le spese per realizzare nella stanza di Annarita un ambiente adatto alle sue esigenze e un ascensore che collega il piano terra al primo. Ogni metro è pensato per lei. La temperatura della stanza è monitorata costantemente. • Più di 2mila in Italia i pazienti in stato vegetativo. Accanto al suo un • 20mila le persone che ogni altro letto, per anno entrano in coma. permettere ai • Per più di 500 malati il coma genitori di assievolve in stato vegetativo. sterla nelle ore • In Campania solo un centro notturne e camabilitato ai risvegli dal coma, la biarla di posizioFondazione “Maugeri” di Telese ne. “Mia figlia Terme, in provincia di Benevento. • Nel piano ospedaliero 2006non ha piaghe da 2008 previsti altri 2 centri speciadecubito “ ci dice lizzati: l’Ospedale SantobonoGabriele, segno Pausilipon di Napoli e l’Azienda della cura costanospedaliera Rummo di Benevento. te dedicata alla ragazza. Per lei la madre ha lasciato il lavoro e ha imparato le tecniche mediche usate per questo tipo di pazienti, tanto che per Franca si pensa ad una laurea honoris causa in medicina. È inevitabile una riflessione sulla vicenda di Eluana Englaro. “Per noi la vita è sacra – afferma il papà – va rispettata fino in fondo. Quando è morta Eluana è come se fosse morta una parte di Annarita”. “Nostra figlia cerca di comunicare – racconta Gabriele –. Stringerla tutti i giorni, amarla. Questa è la nostra gioia”.
Il libero arbitrio di Welby e Schiavo di Claudia Scognamiglio Da tempio sacro a involucro di passaggio il corpo è diventato il luogo della debacle politico-sociale. Dopo la morte di Eluana Englaro e ancor prima di Terri Schiavo, Piergiorgio Welby e Giovanni Nuvoli, torna in auge il dibattito sul significato assunto dal libero arbitrio e dal potere di decidere quando interrompere la propria vita. Terri Schiavo è morta in Florida nel marzo del 2005 dopo anni di stato vegetativo. La donna era entrata in coma nel 1990 a seguito di un attacco cardiaco. I genitori della Schiavo erano contrari al distacco della spina per il quale si era invece battuto a lungo il marito. A seguito di una lunga trafila giudiziaria Michael Schiavo è riuscito a esaudire la volontà della moglie di morire. “Vita è la donna che ti ama, il vento tra i capelli purtroppo ciò che mi è rimasto non è più vita, è solo un testardo e insensato accanimento nel mantenere attive delle funzioni biologiche”: queste le parole di Piergiorgio Welby, politico e attivista italiano scomparso nel dicembre del 2006. Welby era ammalato di sclerosi laterale amiotrofica, patologia che lo costrinse a letto attaccato a un respiratore automatico. Dopo anni di lotta per il riconoscimento del diritto alla ‘morte dolce’, è stato staccato l’apparecchio che lo teneva in vita e se n’è andato secondo la sua volontà, ascoltando la musica di Bob Dylan. La sua morte ha aperto una scia di polemiche sui limiti del diritto di autodeterminazione. Nella sua accezione filosofica il concetto di libero arbitrio si connota come la possibilità, lasciata al singolo, di operare liberamente le proprie scelte. Questa visione, oggi diventata baluardo contro il quale scettici e religiosi si scagliano, si contrappone alle concezioni deterministiche della vita per le quali la realtà è predeterminata e gli individui non possono compiere scelte già segnate prima della loro nascita.
La vita e la morte, concetti da definire di Marco Marino Il numero di casi di stato vegetativo, condi-
zione in cui il paziente perde le facoltà neuro-
logiche – cognitive, conservando le non cogni-
tive e il ciclo sonno-veglia, è in crescita grazie ai progressi della medicina che aiutano a
mantenere in vita persone destinate a morire. L’Organizzazione mondiale della Sanità ha
abolito la parola permanente conservando la
definizione di “stato vegetativo”, affiancata dalla sua durata. Secondo molte riviste scientifiche, si ha una diagnosi di stato vegetativo
dopo che per 12 mesi il paziente non ha mostrato miglioramenti rispetto alla fase di coma.
Nelle pubblicazione mediche però i pareri
sono tanti e diversi.
Il primo problema sorse sulla terminolo-
gia. Nel 1989 la World Medical Association,
definì lo stato vegetativo, “condizione di cronica perdita di coscienza diagnosticabile in
caso di assenza di consapevolezza di almeno 12 mesi”. Per l’American Neurological Associa-
tion invece, si poteva parlare di condizione
cronica nei casi protrattisi per oltre un mese senza implicazione di irreversibilità.
Nel 1994 la Multi Society Task Force, sul
New England Journal of Medicine, affermava
che la definizione di stato permanente, “non ha valore di certezza, ma di probabilità”. La questione si complica in merito alla gestione dei degenti. Le statistiche, in casi di coma e
stato vegetativo, dicono che quasi tutti i risvegli avvengono nei primi due mesi. La British
Medical Association e la American Academy of Neurology sostengono, a causa delle scarse
probabilità di risveglio, la sospensione dell’ali-
mentazione dopo 12 mesi. Per la Multi Society,
l’1,6% dei pazienti in coma recupera nel primo
anno. Secondo il Traumatic Coma Data Bank, la percentuale è del 14%. Nelle letteratura
medica esiste un solo caso di risveglio dopo
oltre un anno. Una ragazza in stato vegetativo dal 2005, operata a Torino nel 2007, si è risve-
gliata ed è in grado di nutrirsi, obbedire ai comandi e, se sostenuta, di mantenere la posi-
zione eretta. L’intervento è consistito nella sti-
molazione corticale extra durale bifocale del cervello, attraverso due piastrine collegate a un peacemaker.
Un caso destinato a fare storia, ma che non
pone fine alle divergenze mediche e bio-etiche sull’argomento.
VITA DA DONNA pagina 4
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L’esodo al femminile
Liste troppo lunghe per abortire, le campane cambiano città La legge 194 del 1978 disciplina l’interruzione volontaria di gravidanza e tutela le donne che intendono farvi ricorso. Stabilendo dei limiti temporali precisi, che non sempre è facile rispettare. Spesso liste d’attesa troppo lunghe costringono le donne a un difficile esodo, lì dove c’è un posto libero, per rientrare nei tempi. L’altra soluzione, non accessibile a tutte, è il ricorso al ricovero in strutture private. I dati Istat fotografano un aspetto poco noto del problema. di Rosa Lella Emigrare per abortire, lontano dalla propria città, in fuga da un tempo eroso da liste d’attesa affollate e medici obiettori di coscienza. Nell’ultimo rapporto Istat sull’Interruzione Volontaria di Gravidanza, nel 2005 la Campania con il 27% è la regione italiana con il più alto tasso di migrazione provinciale all’interno del proprio territorio. La media nazionale, invece, si attesta al 13%. La percentuale più bassa è il 6% della Basilicata. Ma in questo caso, ironia delle cifre, quasi il 50% degli aborti viene effettuato addirittura fuori dai confini regionali. Un dato impressionante se confrontato con il 5% di media nazionale degli aborti “fuori regione”. Un esodo e un paradosso: bisogna rispettare i tempi previsti, senza che i servizi necessari siano garantiti. Eppure la legge italiana ha fissato limiti precisi: l’aborto può essere praticato entro i primi 90 giorni di gestazione, cioè dal primo giorno dell'ultima mestruazione. Questo significa che, se ad esempio si ha un ritardo di 7 giorni, si è già al 37° giorno. A questo bisogna aggiungere il periodo di riflessione, non inferiore a 7 giorni, che il medi-
co è tenuto a suggerire alla paziente. E siamo già al 44° giorno: ovvero quasi la metà dei 90 giorni entro cui è consentito l’aborto. Per rispettare la legge, non è possibile indugiare. Si approfitta così del primo posto libero in una qualsiasi sala operatoria. Da una città all’altra della Campania, ecco come l’indagine Istat ha fotografato gli spostamenti nella regione delle donne che chiedono di abortire. Gli 11mila aborti in Campania nel 2005, su quasi 130mila in Italia, sono classificati, per ognuna delle 5 province, prima secondo la residenza della donna e poi in base alla provincia di intervento, cioè dove è stato praticato l’aborto. Incrociando i due prospetti si nota un notevole scarto tra i dati relativi a una stessa città. Quello più significativo riguarda Napoli e Caserta: le donne con residenza a Napoli che hanno abortito sono 5800. Gli aborti praticati a Napoli, invece, 3800. Al contrario, le donne con residenza a Caserta sono 1900. Gli aborti a Caserta, quasi 3300. Salerno: oltre 1600 le donne che hanno scelto di abortire. Oltre 1900 gli aborti praticati. Circa 600, le donne di Benevento. Quasi 700 gli aborti. Di residenza avellinese oltre 900 pazienti; 1200 gli aborti. Scartato il dramma degli aborti clandestini, una soluzione, per chi può permetterselo, è la sanità privata: in Campania oltre il 18% degli aborti, rispetto a una media nazionale del 9%, è praticato in case di cura o ambulatori privati. Un fenomeno rilevato a livello nazionale dall’Unione delle Donne Italiane. “Ci sono province – spiega Claudia Mattia – in cui solo alcuni ospedali praticano l’aborto. Così quando una struttura non consente a una donna il rispetto dei tempi previsti dalla legge, scatta la ricerca di un altro ospedale. E così inizia l’esodo”. “Una soluzione – spiega
Castel Volturno, medici in prima linea
Stefania Cantatore dell’Udi Napoli - potrebbe essere l’inserimento delle aree sanitarie specifiche(Consultori, Centri di Interruzione Volontaria di Gravidanza ecc..) nel Centro di Prenotazione Unico, in modo da conoscere in tempo la disponibilità ospedaliera. Troppi, inoltre, i ‘dissasuori’ che nelle strutture fanno pressione psicologica sulle donne che chiedono l’aborto”. “Non ci fanno entrare nei consultori – dice invece Paola Mancini, responsabile di Napoli del Movimento per la Vita - per le nostre campagne di informazione. Ci sono delle alternative all’aborto. Tra le nostre proposte, il Progetto Gemma. Si adotta una mamma con il proprio bambino per 18 mesi dandole un aiuto economico mensile di 1000 euro”. E sulla prevenzione il Movimento per la Vita è pronto a schierare anche in Campania i propri operatori per corsi di educazione sessuale nelle scuole. Nozione fondamentale: la contraccezione naturale. “Perché – continua Paola Mancini – è la donna che deve stare attenta a se stessa”. A se stessa o alle malattie sessualmente trasmissibili? In questo caso però subentra il problema che il preservativo non è un contraccettivo naturale.
vengono trattati come pazienti di serie A. E ciò vale soprattutto per le donne e i loro problemi, primi fra tutti i figli indesiderati, figli del marciapiede, figli ingombranti per il mestiere più antico del mondo. Figli di cui, soprattutto le nigeriane, vogliono liberarsi quando non sono di Lilly Viccaro ancora nati. La percentuale degli aborti delle immigrate, grazie anche all’incremento dell’informazione in materia, non ha avuto picchi verDa Giugliano a Formia: i chilometri e chilometri di costa, diveso l’alto, anzi, sono diminuiti sensibilmente. “Le immigrate che voglionuti tristemente celebri per la presenza di numerosi extracomunitano abortire sono in maggioranza le africane che si rivolgono prima ai ri, hanno un unico presidio sanitario. Si tratta della clinica Pinetagranconsultori e poi vengono da noi che offriamo soprattutto consulende di Castel Volturno, unica struttura ospedaliera a servire una fetta za – dice il ginecologo Giuseppe Delle Donne – e poi prestazioni medi popolazione sproporzionata: tutti quelli che abitano nei diche. Sono pazienti come le altre – continua il medico – hancentri di Castel Volturno, Cancello Arnone, Mondragone e an- “Le immigrate che no stanze singole, medici di primo livello, un trattamento giucora più già, fino ad arrivare all’ospedale San Rocco di Ses- vogliono abortire sto. Forse è per tanta mole di umanità e competenza che non sa Aurunca. E’ proprio alla Pinetagrande che arrivano tutti sono pazienti come si sono registrati cali nei ricoveri da quando è in vigore la legi casi immaginabili: un campionario che va dalle ferite da arma le altre: ricevono un ge che obbliga i medici a denunciare gli irregolari. “Seguiada fuoco a ricoveri per problemi cardiaci. E’ un ospedale che trattamento giusto” mo le gravidanze quando le accettano – precisa Delle Donne per la sua collocazione geografica cura le emergenze ma ha – facendo tracciati, ecografie, esami. Le immigrate sanno che anche un polo per le cure del cuore all’avanguardia. La clinica Pinenoi non facciamo differenze” Ed è così che si riducono anche i casi di tagrande fa fronte ad ogni tipo di trauma e ferite, malattie e patoloaborto quando gli ospedali e i consultori offrono maggiore e costangie. Tra i ricoveri sono molti quelli degli immigrati che a Castel Volturte informazione sulla prevenzione e sui metodi contraccettivi. L’aborno abitano da decenni e costituiscono una grossa fetta della popolato continua ad esserci per le italiane come per le straniere ma, per una zione. In molti sono clandestini ma la percentuale dei ricoveri, dopo volta, le statistiche paradossalmente proprio nel centro geografico della legge che obbliga i medici a denunciare gli irregolari, non si è abl’illegalità, parlano di dati pressoché uguali tra autoctone e immigrabassata. Gli immigrati comunque, nella clinica rivierasca, te. Potrebbe essere un incipit di vittoria.
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Quanti equivoci sulla pillola del giorno dopo In ospedale e al consultorio: ecco come averla e quanto costa di Brunella Rispoli Pronto Soccorso dell’ospedale “Pellegrini”, quartiere Montesanto. L’imbarazzo è reale, la richiesta - una prescrizione per la pillola del giorno dopo - è fittizia. Nell’affollata sala dell’ospedale ci rivolgiamo all’unica donna presente, un’infermiera. “Vediamo se il medico di turno oggi può farle la prescrizione. Non so se sia un obiettore..”. Ci imbattiamo nel primo equivoco. La pillola del giorno dopo è “un contraccettivo orale d’emergenza - come recita il foglietto illustrativo - che ha lo scopo di prevenire la gravidanza, in caso di rapporto sessuale non protetto o in caso di mancato funzionamento del sistema anticoncezionale”. Dopo alcuni episodi di farmacisti che si erano rifiutati di venderla nonostante la presenza di regolare prescrizione, la Federazione degli Ordini dei Farmacisti italiani ha sentito la necessità di ribadire che “l’unico caso di obiezione previsto nell’ordinamento italiano è per la legge 194 sull’interruzione di gravidanza”. Il farmacista ha quindi l’obbligo di venderla e il medico di prescriverla. L’infermiera ci spiega le possibili obiezioni del dottore: “E’ un farmaco abortivo”. Secondo equivoco: il levonogerstrel, il principio attivo della pillola, ha lo scopo di prevenire l’ovulazione nelle 72 ore successive al rapporto - durante le quali restano attivi gli spermatozoi - e prevenire così il concepimento. Nel 2005 l’Oms ha chiarito che “essa è inefficace dopo l’annidamento (dell’ovulo eventualmente fecondato, ndr) e non provoca l’aborto”.
Se una donna fosse già incinta mentre aspetta in quel Pronto Soccorso, la pillola non avrebbe alcun effetto. Il medico ci fa la ricetta senza problemi, a fronte di un documento che attesti la maggiore età. “E se fossi minorenne?”, chiediamo. “E’ meglio per te che tu non lo sia..”. Abbiamo un terzo problema. Ottenere una prescrizione se si hanno 17 anni e 11 mesi può essere complicato: la normativa prevede che sia un genitore a chiederla. In questo caso è meglio chiedere a un consultorio femminile; quello dove ci presentiamo ha anche uno “spazio adolescenti” ed è probabile che lì siano più elastici. Infatti non chiedono nessun documento. Il quarto problema è che una confezione di Norlevo, uno dei due farmaci in commercio, costa 11 euro e va acquistata insieme con un altro farmaco per prevenire lo spiacevole effetto collaterale del vomito. Costo totale: 19 euro. Sul foglietto illustrativo c’è scritto che in caso di vomito si deve assumere un’altra compressa. E comprare con la stessa ricetta un’altra confezione, poichè il blister ne contiene una. Spendiamo in tutto 30 euro.
Il dibattito sulla RU486 di Fabio Capasso La pillola abortiva sta per arrivare ufficialmente in Italia. Creata nell’88 dall’endocrinologo francese Etienne-Emile
Baulieu, l'RU486 è in commercio già dagli anni ’90. In Italia,
Portogallo e Ungheria il suo utilizzo è in fase di esame, mentre risulta regolarmente adottato in molti Paesi europei e negli Usa. La prima apparizione italiana risale al 2002, quando il
Comitato Etico della Regione Piemonte avvia un progetto per testare gli effetti della pillola. La sperimentazione parte anche in altre regioni, ma è più volte bloccata per verificare la com-
patibilità dell'RU486 con la legge sull'interruzione volontaria
di gravidanza n.194 del '78; si temono aborti a domicilio e danni per la salute. Secondo uno studio della statunitense Food and Drug Administration, su 460mila pazienti, 4 donne hanno perso la vita e tutte per un’infezione batterica atipica: il rischio di morte è dello 0,00087%. In Italia già 3.173 donne
l’hanno utilizzata, anche se la pillola abortiva non è registrata dall’Aifa (Agenzia Italiana del Farmaco). La cifra potrebbe sali-
re visto che dal 2005 al 2008 sono state importate
10.154 pillole di mifepristone (lo steroide sintetico della Ru486, ndr). Per effetto di un decreto legge del '97, ogni medico può importare farmaci non registrati se indispensabili per la salute dei pazienti. Una proce-
dura di importazione ‘caso per caso’ molto lunga che
ha permesso la raccolta di dati: l’RU486 funziona nel
94,5% dei casi. Il via libera dell'Aifa era atteso lo scorso dicembre, ma è slittato ai primi mesi del 2009.
Una confezione di Norlevo, conosciuto come "pillola del giorno dopo"
Interruzione di gravidanza: i dati di tre ospedali napoletani di Walter Medolla Interruzione volontaria della gravidanza, sono circa 800, in media, i casi a Napoli nell’arco di un anno. Una scelta importante che viene accompagnata, passo dopo passo, da specialisti e assistenti sociali presenti nei vari ospedali cittadini. Un percorso delicato, che parte dai consultori pubblici e arriva fino alle sale operatorie. “Le donne che decido“Alcune intendono no di abortire sostengono un colloquio prelimil’aborto come un nare con gli assistenti sociali, poi ci sono i precontraccettivo” lievi di sangue e urine e la visita ginecologica”, spiega la dottoressa Esmeralda Picardi, assistente sociale che ha condotto, per l’università Federico II, uno studio sugli aborti in tre ospedali napoletani. Secondo i dati raccolti presso il Loreto Mare, il Secondo Policlinico e l’Ospedale Cardarelli, le donne che si sottopongono all’IVG (interruzione volontaria di gravidanza), hanno, in media, un’età compresa tra i 27 e i 34 anni. “E’ un dato molto interessante che evidenzia
un disagio sociale di fondo e un livello d’istruzione medio basso – sottolinea la dottoressa Picardi –. Le utenti che ho incontrato all’ospedale, in colloqui face to face sono per lo più casalinghe, inoccupate, che molto spesso intendono l’aborto come una specie di forma contraccettiva. Purtroppo molte donne con cui ho parlato si erano già sottoposte a interruzioni di gravidanza, in casi limite anche 5 o 6 volte. C’è bisogno di un forte piano di sensibilizzazione che informi le donne sui metodi anticoncezionali”. I tempi per l’intervento sono di massimo 15 “L’Ivg è uno giorni, tempi tecnici che tengono, comunque, conto strumento di delle esigenze delle utenti che di solito sono già tutela per consapevoli e convinte della loro scelta. la donna” Nel solo ospedale Loreto Mare sono state 548, nel 2007, le interruzioni di gravidanza, “operazioni di pochi minuti, precedute da approfonditi esami anestesioligici” spiega la dottoressa Picardi. I metodi di aborto sono diversi a secondo dei casi. Il più diffuso è lo svuotamento strumentale che consiste nell’aspirazione del feto o embrione dall’utero. Per le gravidanze non superiori alle otto settimane è invece usata l’isterosuzione, cioè l’aspirazione dell’embrione attraverso una cannula inserita nell’utero, senza ricorrere alla dilatazione della cervice. L’interruzione di gravidanza è uno strumento di tutela per la donna regolato dalla legge 194/78, che all’articolo 4 stabilisce che “la donna che accusi circostanze per le quali la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità comporterebbero un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica [...] può rivolgersi a un consultorio pubblico o a una struttura socio-sanitaria a ciò abilitata”. Uno strumento di tutela che deve innanzitutto tenere conto della donna, della sua femminilità e soprattutto della sua sensibilità.
VITA DA DONNA pagina 6
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Il radicale convertito
Difende a schiena dritta le sue posizioni sui temi etici: Francesco Rutelli, dopo anni di battaglie al fianco dei Radicali, ha recentemente ribadito la sua appartenenza al mondo cattolico. In un intervento al congresso dei Radicali ha sottolineato la necessità di “una legge giusta sul testamento bologico che non comporti l’eutanasia”.
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L’ex punk comunista
Da punk ribelle filo sovietico a sostenitore dell’Opus Dei, l’ex leader dei C.C.C.P. Giovanni Lindo Ferretti ha recentemente dichiarato che “la medicina è un falso Dio molto pericoloso”. Alle ultime elezioni ha sostenuto la lista pro-life di Giuliano Ferrara e ha detto che “con la genetica si va incontro a un pericolo assurdo”.
“La vita su tutto”
Ramonda e l’etica della Chiesa di Laura Conti “L’esercizio della libertà parte dal cuore della persona. Unico limite è il diritto alla vita dell’altro”. Per Giovanni Paolo Ramonda, dal 2008 successore di don Oreste Benzi e responsabile generale della comunità Papa Giovanni XXIII,
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Il prete dei gay
È il prete più controverso, amato e disprezzato di Parma, don Luciano Scaccaglia, parroco di Santa Cristina, che ha rischiato la riduzione allo stato laicale per le sue dichiarazioni su omosessualità e fecondazione assistita. “Sono a favore dei Dico - ha dichiarato il parroco - la normalità non è nella sessualità, ma è nell’amore”.
L’azzurra pro staminali
Melania De Nichilo Rizzoli, medico e deputato del Pdl, vuole rendere disponibili a tutti quelle cellule che, attraverso un trapianto, le hanno salvato la vita da un grave tumore del sangue. “Le cellule staminali sono l’unica vera scoperta scientifica degli ultimi 20 anni, per questo la ricerca in questo campo va incentivata”. Ben. Dan.
Liberi di non credere
Guelfi & Ghibellini
Stato, diritti e ricerca per la Hack di L. C. “La libertà di autodeterminazione finisce là dove lede la libertà altrui”. Ha le idee molto chiare sui diritti civili e l’etica che deve ispirare lo Stato, per lei rigorosamente laica. Astrofisica e divulgatrice scientifica toscana, Margherita Hack,
l’etica è patrimonio della società civile e la persona umana il fondamento e il fine
classe 1922, è una delle menti più brillanti del nostro Paese. Non crede nel desti-
della convivenza politica.
no o in Dio, ma da sempre ha rivolto lo sguardo alle stelle. Dal ’97 in pensione (insegnava nell’Università di Trieste), la professores-
Piemontese, 48 anni, Ramonda è laureato in Teologia ed è consulente
sa Hack è impegnata nel "diffondere la conoscenza dell'astronomia e una men-
presso l’istituto di Sessuologia di Torino.
talità scientifica e razionale". In che misura la politica può e deve intervenire nella sfera privata? Quanto vale in Italia il principio di autodeterminazione?
La politica deve garantire anzitutto il principio di sussidiarietà sostenendo gli organi intermedi quali le associazioni o i sindacati, nello sviluppo
Non viene per nulla rispettato. Basta pensare al caso Englaro.
dei diritti. Il concepito, l’embrione o il malato terminale, in quanto sogget-
Qui i fondamentalisti cattolici vogliono imporre l’accettazione della vita
ti di diritto, devono essere tutelati dallo Stato. La vita è un dono per tutti e
come dono di Dio, ma anche i politici, in particolare gli esponenti del Pdl, hanno
va garantita in qualsiasi condizione. Anzi, quanto più è debole, tanto più va
dimostrato di essere quanto mai illiberali, pronti a contrastare la Costituzione, la
tutelata. Non capisco perché l’avversione dell’opinione pubblica alla pena
Cassazione e il Parlamento. Cosa ne pensa del testamento biologico?
di morte non sia estesa anche all’aborto o all’eutanasia. Questo non è in conflitto col principio di autodeterminazione?
È assolutamente necessario, senza le distorsioni previste dalla proposta di
Il criterio ultimo deve essere sempre il bene oggettvo, non quello
legge del Pdl che prevedono l’alimentazione e l’idratazione forzata. Nessuno può
soggettivo. Quando si sceglie l'autodistruzione con il suicidio, non si può impedire questo gesto? L’autodeterminazione non può essere assoluta; non deve ledere il diritto all’esistenza, alla famiglia, al lavoro, alla salute, alla scuola, al culto religioso. Quali provvedimenti potrebbe attuare lo Stato per tutelare questi diritti? Andrebbero potenziati la difesa della maternità e il sostegno economico e assistenziale per chi ha un parente in stato terminale o per i portatori di handicap. Qual è la sua opinione sul testamento biologico? Serve a ribadire i principi naturali che difendono l’esistenza e, perciò, bisogna vietare la sospensione di cure necessarie come l’alimentazione e l’idratazione, così come si deve rifiutare l’accanimento terapeutico. Spesso la politica italiana è scesa in campo su questioni etiche. È d’accordo? La politica deve tradurre i valori fondamentali in leggi che difendano la persona. Nel caso di Eluana c’è stato un ritardo delle istituzioni nell'emanare una legge per impedirne la morte. La scelta di ‘neutralità’ del presidente della Repubblica in realtà è stata sbilanciata e contraria al sentire del popolo italiano. Non ci può essere un dialogo tra i diversi gruppi di opinione? Il dialogo è possibile se ognuno ha la possibilità di dissentire e di fare pressione su chi ha compiti istituzionali. C’è differenza tra chi dice che un bambino può essere soppresso nel seno materno perché non voluto dai genitori e chi sostiene che ogni vita ha diritto di esistere.
Testamento biologico
Per Casavola serve una legge di principi di Carmine Saviano “D'informazione ce ne è stata tanta, anche se è stata più
impegnata a dimostrare tesi che a dar conto degli eventi”.
essere sottoposto a cure contro la sua volontà. Qual è la sua opinione sull'uso delle questioni etiche in politica?
su pure ipotesi basate sulla biografia della Englaro.
Si è trattato di una dedu-
zione sicuramente credibile e plausibile, ma non equivalente a una dichiarazione esplicita.
Il corpo di Eluana è stato teatro di scontro tra i poteri
dello Stato. Qual è la sua opinione in merito?
Sono rimasto esterrefatto. Ho ascoltato in questi giorni
Sono le parole del presidente del Comitato nazionale per la
sciocchezze madornali, del tipo “i giudici hanno ucciso la
Englaro. “Non si è posta la dovuta attenzione alla non ricon-
to la richiesta di sospendere le cure. Tutto ciò è stato confer-
vuole un’informazione che sia base per giudizi competenti e
in uno stato di Common Law, il giudice non è legislatore. Si è
L’etica deve essere laica. Il principio è: non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te, senza imporre fedi o ideologie, ma solo il rispetto delle leggi che regolano la convivenza civile. Come evitare che il dibattito sui temi etici degeneri in Italia? Avendo più sensibilità democratica e rispetto delle opinioni altrui, senza dubbio. Il legislatore dovrebbe stabilire norme per la convivenza civile e l’eguaglianza di tutti i cittadini e non leggi ad hoc. Qual è il peso di questo dibattito sulla ricerca scientifica italiana? Sulla ricerca biologica, ad esempio, pesano le pesanti interferenze del
bioetica Francesco Paolo Casavola a proposito del caso
Englaro”. I giudici della Corte di Cassazione hanno autorizza-
Vaticano. I limiti della legge 40 sulla fecondazione assistita e sulle staminali
ducibilità degli stati vegetativi ad un medesimo livello. Ci
mato da una sentenza della Corte Costituzionale. Non siamo
del disprezzo della laicità dello Stato.
ragionanti”.
creata un’opinione diffusa sui giudici, influenzata da un
embrionali sono l’esempio lampante dell’asservimento dei politici al Vaticano e Ma ci sono anche poli di eccellenza. Indubbiamente. Esistono ottimi centri di ricerca medica e biologica. Sono
immaginario collettivo ostile.
molto avanzati gli studi sulla fisica delle particelle e sull’astrofisica, grazie alla
non possono esistere lacune. L'art. 32 secondo comma della
sul testamento biologico?
ta in scarsa considerazione in Italia.
nella scelta delle cure mediche.
regole tecniche di dettaglio, perchè queste possono essere di
Quanto è importante una legge sul testamento biologico? È una questione essenziale, nel nostro ordinamento
Costituzione contiene il principio dell'autodeterminazione La giurisdizione sul caso Englaro si trovava a dover giu-
dicare un caso singolare, anomalo nella misura in cui la
volontà di sospendere le cure non si era manifestato in modo
chiaro. Era basato sulla ricostruzione di atteggiamenti di vita,
Quali dovrebbero essere le caratteristiche della legge Deve essere una legge per principi, non può contenere
volta in volta invalidate dal progresso della biologia.
I principi non possono che essere tre: l'autodetermina-
zione del paziente, il favor vitae e l’assoluto divieto di eutanasia.
partecipazione dell’Italia al Cern di Ginevra. È un peccato che la ricerca sia tenuChi dovrebbe regolamentarla? Gli enti come il CNR e le università. Le proposte dei ricercatori dovrebbero essere vagliate da esperti indipendenti. Sulla base dei loro giudizi, poi, il ministero potrebbe assegnare finanziamenti e personale.
MEDICINA E RICERCA pagina 8
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La speranza è nelle staminali I ricercatori studiano le cellule estratte all’estero di Rosanna Buonomo Cellule non specializzate, capaci di trasformarsi in qualunque altro tipo cellulare presente nel nostro organismo: le staminali sono considerate il futuro della medicina. I ricercatori sostengono che il loro impiego potrà portare alla cura di tumori, di malattie neurodegenerative, come il morbo di Alzheimer, il Parkinson e la sclerosi laterale amiotrofica; di patologie come il diabete. Si potranno riparare i tessuti danneggiati, come quello cardiaco o quello cerebrale. Con l’utilizzo delle staminali, soprattutto di quelle embrionali, la ricerca punta anche alla ricostruzione di interi organi. A differenza delle cellule adulte, già indirizzate verso la formazione di un tessuto specifico, le cellule estratte da embrioni sono ‘totipotenti’, in grado di svilupparsi in un intero organismo e persino in tessuti extra-embrionali. La ricerca scientifica sugli embrioni, però, nel nostro Paese continua ad essere osteggiata. Il motivo principale è etico: le cellule, per restare ‘totipotenti’, si devono estrarre entro il quinto giorno di vita dell’embrione, che viene inevitabilmente distrutto. C’è anche chi sottolinea la scarsa ‘controllabilità’ delle cellule embrionali, a differenza di quelle adulte, proprio perché non differenziate; inoltre sarebbe elevato il rischio di rigetto, poiché le embrio-
nali sono estranee all’organismo in cui vengono introdotte. La soluzione è una sola: sperimentare. In Italia, però, lo studio sulle embrionali è proibito. La legge 40 del febbraio 2004 sulla fecondazione assistita, seguita nel 2005 dal fallimento del referendum abrogativo, ha vietato di condurre esperimenti su embrioni umani, di produrli a scopo di ricerca, di crioconservarli e sopprimerli, anche se conservati nelle cliniche dell’infertilità. La legge, tuttavia, non vieta di studiare le cellule embrionali estratte all’estero nei Paesi in cui questa ricerca è consentita. Sono 11 i gruppi di ricercatori che studiano le embrionali in Italia. Tra questi, la squadra di Elena Cattaneo, che a Milano dirige il Laboratorio di ricerca sulle cellule staminali. La Cattaneo, cui si devono importanti scoperte sulla Corea di Huntington, si è anche dedicata a studi sulla riprogrammazione di cellule somatiche in embrionali. Ricerche sulla riprogrammazione cellulare sono state recentemente condotte anche dall’Istituto Telethon di Genetica e Medicina di Napoli, diretto da Maria Pia Cosma. Fibroplasti e altri tipi di cellule adulte sono state fuse con cellule embrionali insieme con una particolare proteina, la Wnt. Dopo la manipolazione, le cellule hanno perso le loro caratteristiche e sono diventate ‘pluripotenti’, non differenziate.
La banca del cordone Donare il sangue del cordone ombelicale significa offrire una concreta possibilità di cura a chi ha importanti patologie ematologiche come talassemia, leucemie e microcitemie. In Italia 17 strutture pubbliche si occupano della conservazione dei cordoni e sono collegate a più di 200 ospedali abilitati al prelievo. Ha 12 anni ed è siciliana la più grande banca d’Europa. Seconda nel mondo soltanto a quella di New York, la ‘Banca del cordone ombelicale’ di Sciacca ha salvato vite anche all’estero: nel 2004 sono stati curati due bambini di 6 anni, uno israeliano e l’altro francese. “Le staminali estratte dal cordone sono capaci di produrre gli elementi fondamentali del sangue” spiega la dottoressa Teresa Pustorino, a Sciacca fino al 2005. A differenza di quanto accade con le cellule midollari, inoltre, non è richiesta una compatibilità del 100%: “E’ sufficiente essere compatibili al 70% e il rischio di rigetto diminuisce considerevolmente”. Rispetto al midollo osseo, però, il cordone contiene un numero inferiore di cellule; per questo i trapianti possono essere eseguiti soltanto su bambini o su persone che non superano i 50 chili. Il prelievo di sangue placentare non comporta rischi. Una volta reciso il cordone, il sangue è aspirato, raccolto in una sacca e inviato alla banca. Entro 24 ore si effettuano le analisi cliniche. La sacca viene poi ‘crioconservata’, congelata in azoto liquido fino a -190 gradi. La ‘eterologa’ è l’unica possibile in Italia, tranne in casi particolari. “Conservare il cordone per il proprio bambino nel nostro Paese è possibile solo in alcuni centri, come la Banco di Mantova (svincolata dal divieto imposto dalla legge in quanto Onlus). Aumentano le donne che si rivolgono a strutture estere, pagando fino a 2.500 euro per 20 anni di crioconservazione” dice Giuseppe Consolo, vicepresidente dell’Onlus Osidea, associazione sarda che ha ideato una nuova formula di donazione. Convenzionata con la Crio Save di Bruxelles, l’Osidea ha proposto la donazione ‘autologa-solidale’: si conserva il sangue per altri pazienti e per il proprio bambino. R. B
Chi ri-cerca trova: l’esempio virtuoso della Regione Lazio di Simona Pizzuti Immaginate un'elica. Una proteina ha la stessa forma, nei casi più semplici. L'Ngf (nerve growth factor) è una proteina, un po' più complessa. Il fattore di crescita neuronale è stato scoperto da Rita Levi Montalcini in Brasile, nel dicembre 1952. Il Nobel per la medicina arriva nel 1986. Nel 2008 quest'elica un po’ goffa riprende quota grazie a un importante finanziamento. La proteina, che fa parte della famiglia delle neutrofine, alimenta le ricerche
degli scienziati del Cnr in sinergia con Ebri, Fondazione Santa Lucia, Regione Lazio e Filas Spa, la società regionale dedicata al sostegno all’innovazione. Il filo rosso che tiene uniti più poli d'eccellenza è il secolo di vita e di scoperte di Rita Levi Montalcini. Lo scorso luglio è stato autorizzato un finanziamento da 4 milioni e 650 mila euro al settore delle Neuroscienze sottoscritto dalla senatrice Rita Levi Montalcini in qualità di presidente della Fondazione Ebri, dal presidente del Cnr Luciano Maiani, dal presidente della Fondazione Santa Lucia, Maria Adriana Amadio, dal presidente della Regione Lazio Piero Marrazzo e dal presidente di Filas Spa Flaminia Saccà. E le ricerche sul fattore di crescita neuronale vanno avanti. Un milione e 550 mila euro per gli anni 2008, 2009 e 2010 servirà per attirare ri-cercatori italiani e stranieri che potranno essere inseriti nella struttura del Cerc, il Centro Europeo per la ricerca sul Cervello che ha sede a Roma. E' previsto anche il cofinanziamento al 50% di progetti di ricerca su varie tematiche, dalla
morte e sopravvivenza neuronale nelle patologie del sistema nervoso, alle interazioni tra sistema nervoso e immunitario, dai meccanismi di apprendimento e di memoria alla terapia genica. Perché il Nerve growth factor non serve solo al cervello. L'Alzheimer è una malattia caratterizzata da costi umani e sociali elevatissimi. Si stima che in Italia circa 500 mila persone siano colpite dal morbo e la cura di ciascun individuo costa fra 70 e 120 mila euro l'anno. Il principale responsabile della malattia di Alzheimer è un peptide, cioè una componente delle proteine, la cui produzione nelle cellule normali è soppressa dal Ngf. Il trucco sta nel determinare il meccanismo con cui il fattore di crescita neuronale blocca la produzione di questo peptide tossico. Ma la strada per metter a punto un farmaco efficace è ancora lunga. Bisogna produrre una sufficiente quantità di Ngf umano e trovare un modo per veicolarlo al cervello, in modo che possa superare la barriera emato-encefalica, altrimenti impermeabile. La ricerca continua.
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Il travaglio dei genitori in provetta
L’odissea delle coppie italiane alle prese con le restrizioni previste dalla legge 40 di Elio Tedone Pierre de Bresse, cantone francese dell´arrotondissement di Louhans. Qui si ritrovano gli iscritti alla Knos, l´associazione di cui fanno parte le coppie sterili che hanno deciso di ricorrere alla fecondazione eterologa. C´è chi ha donato ovuli e spermatozoi e chi è riuscito a diventare genitore grazie a quell´atto di solidarietà. Naturalmente ci sono i bimbi, figli della fecondazione eterologa. In Francia si può, così come in Spagna, in Belgio, in Olanda e in Slovacchia. In Germania è possibile solo la donazione di spermatozoi ma non di ovociti. In Italia la situazione attuale è il risultato di anni di lotta, di abusi, di quesiti referendari e soprattutto di una legge, la numero 40 del 19 feb-
braio 2004, nata con l´ambizioso proposito di fare chiarezza in quello che fino ad allora era il "far
west" della fecondazione assistita. Un provvedimento contestato, di difficile approvazione e attuazione perché tocca delicatissimi principi etici, terreno fertile per le strumentalizzazioni politiche e per le lotte tra cattolici e laici. Un provvedimento che spesso dimentica il dramma dei veri destinatari della legge, quell´11,3% delle coppie comprese tra i 25 e i 44 anni che non possono avere figli in Italia, tra i 50 e gli 80 milioni in tutto il mondo. Ma quali sono le linee guida dettate dal Governo? Sì alla procreazione medicalmente assistita solo se non vi sono "altri metodi terapeutici efficaci per rimuovere le cause di sterilità o infertilità". No alla Pma di tipo eterologo, è necessario il ricorso a seme o a ovociti di un donatore. Non devono essere prodotti più di tre embrioni e tutti devono essere impiantati. Divieto assoluto, quindi, al congelamento (crioconservazione) e alla distruzione degli embrioni, oltre che alla ricerca e alla diagnosi pre-impianto. Una legge spesso aggirata o smentita dalle sentenze dei tribunali. Come è successo per Daria, 27 anni e un marito infertile. Ha imposto ai medici di un ospedale milanese di impiantarle solo due dei tre embrioni previsti dalla legge 40 e di congelare il terzo perché rischiava un parto trigemellare con grossi rischi per i feti. Nel caso della donna sarda affetta da talassemia è stato necessario l´intervento giuridico. Il Tribunale di Cagliari ha smentito la
legge 40 autorizzando la diagnosi pre-impianto sull´embrione, che sarà impiantato solo se sano. Spesso le coppie restano imbrigliate nelle maglie di quella che gli addetti ai lavori considerano la legge più rigida in materia di fecondazione assistita. Per chi non vuole arrendersi resta la strada del "turismo procreativo". Basta trovare un Paese in cui la legislazione garantisca la fecondazione eterologa, in cui non esista il limite dei tre embrioni e dove siano permesse la crioconservazione e la diagnosi pre-impianto. Ovviamente tutto a proprie spese. Un ciclo di fertilizzazione in vitro (Fivet) costa oltre 4.000 euro. Per una donna di 35 anni potrebbero servire otto cicli per avere un figlio. A 45 anni, in via teorica, potrebbe essere necessario tentare la Fivet oltre 160 volte. Costi e sofferenze elevati non scoraggiano i "genitori in provetta". Ogni anno in Italia 50.000 coppie chiedono un consulto per l´infertilità. Prima dell´approvazione della legge 40 andavano all´estero in 1.315. Ora il numero è salito a 3.610, quasi il 200% in più. Di queste, 1.300 sceglieranno la Spagna, 775 il Belgio e 740 la Svizzera. Nel Paese elvetico non è ammessa la donazione di ovuli e la diagnosi pre-impianto e le coppie che vogliono accedere alla Pma devono presentare il certificato di matrimonio. Si può crioconservare lo zigote e accedere alla donazione del seme e tanto basta per renderla la meta più ambita dai cittadini del nord Italia. Nel 2007 oltre 500 coppie hanno provato a far nascere i propri figli sotto i celebri cavoletti di Bruxelles. Nel 2003 erano state 50. Il Belgio ci ha guadagnato due milioni di euro. E non ci si stupisce neanche sentendo che un terzo dei 936 bambini nati con la procreazione assistita in Maghreb sono figli di coppie italiane.
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La parata della discordia Verso il Gay Pride di Genova, i protagonisti si raccontano di Ylenia Gifuni La bandiera arcobaleno simbolo del Gay Pride quest’anno ingloba colori contrastanti. La marcia di avvicinamento al raduno nazionale di Genova del 27 giugno svela un quadro frammentato all’interno dell’universo omo-
e indipendente da Arcigay, il principale polo catalizzatore con i suoi 500 mila iscritti e i 60 circoli sparsi per lo Stivale. Il filo rosso che unisce gli omosessuali della Penisola non è il sesso, ma la gioia. La voglia di rivendicare l’orgoglio gay e chiedere il riconoscimento dei diritti civili. “L’Italia è l’unico paese europeo, a parte la Grecia, a non ave-
Gay Pride a Dublino
sessuale. Dal credo politico alla fede, dall’esibizione del corpo ai valori in cui credere. Sono tante le contraddizioni tra le varie anime delle associazioni Lgbt (lesbiche, gay, bisex e trans gender). Le polemiche strisciano e si insinuano in un corteo non ancora sceso in piazza, all’interno degli stereotipi che restituiscono un’immagine solo parziale di questo mondo. Eppure il confine non è netto e la separazione tra ostentazione e sobrietà non è immediata. Ogni movimento ha un suo statuto. E’ autonomo
re una legge che regoli giuridicamente le coppie di fatto”, denuncia Enrico Oliari, presidente di GayLib, l’unica associazione nazionale di centrodestra. La Costituzione garantisce piena tutela alla famiglia in quanto “società naturale fondata sul matrimonio”, ma non dice nulla a proposito dei legami tra due persone che, a prescindere dal sesso, non sono unite dal vincolo matrimoniale. “Manca una dialettica sindacale – aggiunge Oliari – e soprattutto un approccio pacato e moderato che punti al confronto, piutto-
L’altra metà dell’amore di Simona Petricciuolo La più conosciuta è l’Arcigay, ma non è la sola. A spulciare in rete se ne trovano a decine. Sono le associazioni omosessuali, impegnate nella promozione e sostegno alle persone, nel riconoscimento dei diritti civili e nella tutela giuridica. A Napoli ce ne sono tre: il circolo arcigay “Antinoo”, il circolo culturale arcilesbica “Le Maree” e I-Ken. Tutte e tre raccolgono sotto la propria sigla i gay, le lesbiche e i trans. Arcigay “Antinoo” è quella che organizza la maggior parte delle serate “a tema”. Sono infatti circa una dozzina i locali che vengono segnalati nel sito internet, con in programma soprattutto serate in discoteca. Tra le attività più specificamente legate al sociale è da segnalare invece “Telefonoamico”. Si tratta di un servizio, realizzato con la collaborazione della Provincia di Napoli, che vuole rispondere alle esigenze delle famiglie, delle scuole, dei cittadini, per offrire confronto, aiuto, coscienza e socializzazione. Leggermente più politicizzata, I-Ken nasce per dare una risposta “all’incapacità di ascolto di quasi tutti i partiti che ha causato insensibilità verso le istante omosessuali”, come si legge nel sito. “Accogliamo con interesse – spiegano i responsabili – un nuovo modo della politica di porsi nei confronti delle comunità omosessuali, riteniamo che il primo passo per accogliere le istanze sia ascoltare ciò che essa ha da dire. Vogliamo
sto che allo scontro, con le istituzioni”. In questo contesto il Pride diventa la vetrina ideale per far sentire la propria voce: “al di là delle differenze ideologiche ci saremo anche noi”, annuncia il leader di GayLib già militante di Alleanza Nazionale. Autoreferenziale è invece l’approccio del singolo individuo al corteo: c’è chi mette in mostra seni siliconati e mini vertiginose e chi predilige calze a rete e tacchi a spillo. “Su una parata di 100 mila persone gli esibizionisti, in genere, sono 10 o 20. Lontano dalle telecamere e dai taccuini dei cronisti, c’è un fiume di gente comune in abiti da passeggio, jeans e t-shirt colorate. I carri e le musiche fanno parte del carattere irriverente della festa”, ammette Marco Volante, portavoce della consulta Lgbt per il riconoscimento dei diritti civili in seno al Partito Democratico. Nella città medaglia d’oro della Resistenza e capitale europea della cultura, l’importante è partecipare. Indipendentemente dal colore politico. Se centrodestra e centrosinistra, almeno per questa volta, sembrano d’accordo, quest’anno sono stati i gruppi di cattolici omosessuali a distaccarsi dalla massa. Hanno contestato ad Arcigay la “mancanza di tatto per aver scelto, inizialmente, lo stesso giorno della celebrazione religiosa del Corpus Domini”. Riccardo Gottardi, segretario nazionale dell’associazione, ha rispedito le polemiche al mittente. La data è stata spostata, smentendo così la presenza di una precisa strategia ideologica: “Il 28 giugno è la giornata internazionale dell’orgoglio omosessuale. Consuetudine vuole che il raduno italiano si svolga il primo weekend del mese. Quest’anno il 6 e il 7 ci saranno le elezioni, di conseguenza abbiamo dovuto slittare di una settimana. La sovrapposizione è stata accidentale, anche perché nessuno di noi consulta il calendario liturgico prima di programmare un appuntamento”. Che ci si voglia appigliare o meno alla cattiva fede, resta la pregiudiziale che alcune associazioni hanno ritirato la propria adesione. E le motivazioni, ancora una volta, sono disparate. “Non aderiamo all’evento perché rifiutiamo le imposizioni dall’alto - incalza Emanuele Bresci del Comitato Gay e Lesbiche di Prato – non condividiamo la scelta del capoluogo ligure, preferivamo la Capitale per festeggiare i 40 anni del movimento omosessuale. Lo abbiamo fatto presente ad Arcigay e la risposta è stata categorica: prendere o lasciare, non si può dialogare con tutti. E’ stato allora che abbiamo deciso di farci da parte”.
una politica nuova capace di precorrere gli eventi senza inseguirli e che sperimenti nuovi percorsi per scuotere le menti, arricchirle, cambiarle”. Sul fronte femminile c’è poi il circolo di arcilesbica “Le Maree”, che offre alle donne lesbiche napoletane due appuntamenti fissi a settimana: il sabato pomeriggio in sede, e l’happy hour della domenica sera in un noto locale del centro cittadino, il Volver. Oltre a questo, esiste anche un centro d’ascolto, e ogni primo martedì del mese è previsto il gruppo di lettura “Circolo vizzzioso”. Non finisce qui, perché navigando in rete è facile trovare “Napoligaypress”, sito di informazione e divulgazione di tutte le notizie e le attività relative al mondo omosessuale napoletano. NapoliGayPress è infatti il primo blog di informazione, politica e cultura gay relativo a Napoli e alla Campania, realizzato da blogger, attivisti e appassionati di scrittura. Uscendo dai confini napoletani, si distingue infine ad Avellino l’associazione delle “Famiglie Arcobaleno”, quelle cioè composte da genitori omosessuali. Si tratta di una realtà fondata nel 2005 con lo scopo di promuovere, per la prima volta in Italia, il dibattito politico sull’omogenitorialità e promuoverne la tutela. L'associazione si batte perché norme a tutela dei diritti dei figli delle coppie conviventi trovino spazio nella legislazione italiana. Tra le attività culturali l'associazione nel 2006 ha prodotto un documentario da titolo “Le Famiglie Arcobaleno”, presentato al Torino GLBT (Gay, Lesbiche, Bisex e Trans) Film Festival nel 2007.
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Dico non Dico
Oltre 700mila coppie di fatto sono oggi prive di riconoscimento legale di Marco Perillo
La finestra sull’Europa
L’8 febbraio 2007 è una di Mariagrazia Petito Di Leo data importante per il secondo Governo Prodi; il Consiglio dei In Belgio (2000), Olanda (2001) e Spagna Ministri vara il testo del dise(2005) il matrimonio e la coabitazione gno di legge sui “Dico” per il legale sono riconosciuti senza distinzione riconoscimento giuridico in di sesso. In Polonia si aspetta solo l’approItalia di alcuni diritti e doveri nei rapporti di convivenza. vazione della Camera. Austria, Grecia, Un’iniziativa che fin dalla Irlanda, Malta, Italia e Slovacchia, non precampagna elettorale del 2006 vedono alcuna legislazione in materia di divide il centrosinistra e il unioni di fatto. Paese. Dopo numerosi dibattiPrevedono la Partnership Registrata, ti e polemiche il disegno non è senza distinzione di sesso, con il riconosciapprovato, complice la caduta mento di diritti molto simili a quelli previsti del Governo nel gennaio dal matrimonio religioso la Danimarca 2008. Da quel giorno, restano (primo Paese a farlo nel 1989), la Finlandia senza diritti almeno un milio(2002), il Lussemburgo (2004), il Regno Unito ne e mezzo di cittadini che, (2005), l'Ungheria (1996), la Croazia (2003) e secondo recenti dati Istat, la Slovenia (2005). Qui per le coppie omosesoptano per le“libere unioni”suali sono esclusi i diritti assistenziali. 700 mila oggi in Italia - al La Repubblica Ceca dal 2006 riconosce il posto del matrimonio. Secondo l’ex ddl, i decisioni più importanti e, in caso di morte, sceglie“Dico” sono “due persone maggiorenni, anche dello re sulla donazione degli organi, sul trattamento del stesso sesso, unite da reciproci vincoli affettivi che corpo e sulle celebrazioni funerarie. Come in un convivono stabilmente e si prestano assistenza e solimatrimonio regolare, un convivente avrebbe potuto darietà materiale e morale, non legate da vincoli di partecipare agli utili d’impresa dell’altro o vedere la matrimonio, parentela, affinità, adozione, tutela”. quota della tassa di successione scendere dall’8 al Regolarmente iscritti ai registri anagrafici di ogni 5%. Per il contratto di locazione, in caso di morte di Comune, avrebbero potuto ottenere diritti e tutele sul uno dei conviventi, il secondo poteva succedergli in lavoro dopo tre anni di convivenza e avrebbero avuto presenza di regolare testamento, godendo di trattariconosciuti i diritti di successione dopo nove. In menti previdenziali e pensionistici. Anche in materia materia di salute, ciascun convivente avrebbe potuto di permesso di soggiorno per un convivente straniedesignare l’altro come suo rappresentante per le
Chi si difende dalla famiglia di Alessandro Vaccaro I panni sporchi non sempre si lavano in famiglia. Lo sanno migliaia di donne e bambini, vittime ogni anno di molestie tra le mura domestiche, che si rivolgono ad associazioni antiviolenza per chiedere ascolto e sostegno morale. “Nel 2007 abbiamo ricevuto 303 segnalazioni - dice Maria Rosaria Ferre, coordinatrice del Centro Donna del Comune di Napoli -. Si tratta soprattutto di abusi psicologici e fisici a opera di ‘uomini padroni’. Una terza forma di violazione è di tipo economico: il divieto per la moglie di svolgere un lavoro retribuito fuori casa, la sottrazione del suo reddito, il controllo delle spese personali”. A Salerno è attiva la linea rosa di Spazio Donna, che nel 2008 ha registrato 750 casi di molestie familiari da tutta la provincia. “L’aspetto più difficile - spiega la responsabile Pina Mossuto - è convincere le vittime a denunciare. Hanno paura delle ritorsioni dei loro partner e di una trafila giudiziaria che fa rivivere l’incubo per anni. Oggi manca ancora un chiaro rifiuto della violenza maschile da parte delle istituzioni e a livello culturale”. La Campania è al terzo posto tra le regioni italiane, dietro Lazio e Lombardia, per numero di chiamate da parte dei minori al servizio d’emergenza di Telefono Azzurro. Secondo i dati della onlus relativi al periodo 2006-2008, tra le principali cause delle richieste d’aiuto vi sono i problemi relazionali in famiglia e le violenze domestiche.
ro ci sarebbero state agevolazioni. Gli unici obblighi, l’assistenza e la solidarietà reciproche con l’assegno alimentare in situazioni di disagio economico. Per le unioni civili, l’Italia è uno dei fanalini di coda dell’Europa e del mondo. Già nel 2000 l’UE aveva chiesto agli Stati membri di “garantire alle famiglie monoparentali, alle coppie non sposate e dello stesso sesso parità di diritti rispetto alle famiglie tradizionali”. Forse anche per questo i ministri dell’attuale Governo Renato Brunetta e Gianfranco Rotondi hanno lanciato la proposta dei “Didore” (‘Diritti e doveri di reciprocità dei conviventi’) che rappresenta una variante dei “Dico” senza oneri a carico dello Stato come le pensioni. Un’esplicita apertura alle “unioni di fatto” è stata la recente approvazione del nuovo Statuto della Regione Campania. Nel comma 1 dell’articolo 8 si parla di “riconoscimento e sostegno alla famiglia fondata sul matrimonio e alle unioni familiari nel rispetto della Costituzione”. Lo Statuto è stato approvato quasi all’unanimità dal Consiglio, fatta esclusione di Pietro Diodato di An che ha detto: “La mia coscienza cristiana non mi consente di votare a favore di uno Statuto che equipara la famiglia fondata sul matrimonio alle unioni di fatto”.
diritto ad avere informazioni sullo stato di salute del partner e all’eredità; l’obbligo del reciproco sostegno finanziario; l’educazione di bambini nati da precedenti vincoli eterosessuali, ma non l’adozione; in Svezia, dal 1994, è invece permessa anche l’adozione. In Germania (2001) è ammessa per legge una convivenza registrata simile al matrimonio civile. In Francia dal 1999 i Pacs garantiscono, senza distinzione di sesso, ampia tutela della convivenza (diritti di rilevanza pubblicistica, di patrimonio ed eredità; regolamentazione del rapporto di locazione). Il Portogallo (2001) riconosce le coppie di fatto, ma con diritti limitati rispetto a quelli del matrimonio (riconosciuti diritti riguardo al godimento di ferie, permessi e congedi familiari, diritto di preferenza nei trasferimenti per i dipendenti delle Pa; diritti in materia fiscale, patrimoniale ed ereditaria).
Inchiostro Anno IX numero 4 1° marzo 2009 chiuso in redazione giovedì 27 febbraio www.unisob.na.it/inchiostro Periodico a cura della Scuola di giornalismo diretta da Paolo Mieli nell’Università degli Studi Suor Orsola Benincasa Direttore editoriale Francesco M. De Sanctis
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inchiostro n. 4 – 2009
Una bussola per orientarsi di Filomena Leone Aborto, diritti civili, testamento biologico, università e ricerca. Vi sembrano argomenti difficili? Non avete tutti i torti, ma sono comunque accessibili. In che modo? Navigando in rete, usando una bussola. I quattro nostri punti cardinali sono rappresentati da questi temi. Se volete sapere qualcosa in più riguardo all’aborto, la direzione da seguire è quella nord. Volete scoprire cosa dice la Bibbia a tal proposito? Quello che state per leggere è a dir poco sorprendente. Il sito semprelottomarzo.wordpress.com riporta un articolo secondo il quale l’aborto non è mai menzionato nella Bibbia, nonostante sia stato praticato nella storia umana. Tragiche storie e testimonianze di donne ingannate e illuse dalla cultura di morte le possiamo leggere su postaborto.blogspot.com. Altri episodi li trovate sul sito dell’associazione onlus “Il Dono”. Se volete approfondire, invece, la questione dei diritti umani, bisogna andare verso Sud, in Sardegna per la precisione. Qui è appena nata l'associazione “Socialismo diritti riforme” su iniziativa dell’ex consigliera regionale Maria Grazia Calligaris. Visitate anche il sito www.diritticivili.it o www.diritticivilionline.it. Volete scaricare il modulo per compilare il vostro testamento biologico? Basta un clic a ovest su www.fondazioneveronesi.it: potrete scegliere in modo libero e consapevole come affrontare le incognite del futuro. A est è visitabile il materiale sull’università e la ricerca. Tutto ciò che volete sapere è sul sito ufficiale del Miur (www.miur.it). Troverete informazioni e documenti normativi.
UNIVERSITÀ DEGLI STUDÎ SUOR ORSOLA EVENTI BENINCASA Venerdì 13 marzo ore 16-30
Il cuore e l’acciaio
Anteprima nazionale del documentario de “La Storia siamo Noi” Venerdì 27 marzo ore 11
Raffaele Cantone al Forum della Scuola di Giornalismo Sabato 28 marzo ore 10-30
Il Sabato delle idee Lo spazio letterario Lunedì 6 aprile ore 10
Archeologia e Media
Un incontro-dibattito tra gli archeologi e il mondo della comunicazione Info: Ufficio Stampa – Dott. Roberto Conte 081-2522371
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